CODICE DI PROCEDURA
CIVILE
Libro primo
DISPOSIZIONI GENERALI
Titolo I: DEGLI ORGANI GIUDIZIARI
Capo I: DEL GIUDICE
Sezione I: DELLA GIURISDIZIONE E DELLA COMPETENZA IN GENERALE
Art. 1
(Giurisdizione dei giudici ordinari)
La giurisdizione civile, salvo speciali disposizioni di legge, è esercitata dai giudici ordinari secondo le norme del presente codice.
Art. 2
(Inderogabilità convenzionale della giurisdizione)
La giurisdizione italiana non
può essere convenzionalmente derogata a favore di una giurisdizione straniera,
nè di arbitri che pronuncino all'estero, salvo che si tratti di causa relativa
ad obbligazioni tra stranieri o tra uno straniero e un cittadino non residente
nè domiciliato nella Repubblica e la deroga risulti da atto scritto.
Articolo abrogato dall'art.
Art. 3
(Pendenza di lite davanti a giudice straniero)
La giurisdizione italiana non è
esclusa dalla pendenza davanti a un giudice straniero della medesima causa o di
altra con questa connessa.
N.B.: Articolo abrogato dall'art.
Art. 4
(Giurisdizione rispetto allo straniero)
Lo straniero può essere
convenuto davanti ai giudici della Repubblica:
1) se quivi è residente o domiciliato, anche elettivamente, o vi ha un
rappresentante che sia autorizzato a stare in giudizio a norma dell'articolo
77, oppure se ha accettato la giurisdizione italiana, salvo che la domanda sia
relativa a beni immobili situati all'estero;
2) se la domanda riguarda beni esistenti nella Repubblica o successioni
ereditarie di cittadino italiano o aperte nella Repubblica, oppure obbligazioni
quivi sorte o da eseguirsi;
3) se la domanda è connessa con altra pendente davanti al giudice italiano,
oppure riguarda provvedimenti cautelari da eseguirsi nella Repubblica o
relativi a rapporti dei quali il giudice italiano può conoscere;
4) se, nel caso reciproco, il giudice dello Stato al quale lo straniero
appartiene può conoscere delle domande proposte contro un cittadino italiano.
N.B.: Articolo abrogato dall'art.
Art. 5
(Momento determinante della giurisdizione e della competenza)
La giurisdizione e la
competenza si determinano con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto
esistente al momento della proposizione della domanda, e non hanno rilevanza
rispetto ad esse i successivi mutamenti della legge o dello stato medesimo.
Articolo così sostituito dall'art.
Art. 6
(Inderogabilità convenzionale della competenza)
La competenza non può essere
derogata per accordo delle parti, salvo che nei casi stabiliti dalla legge.
Sezione II: DELLA COMPETENZA PER MATERIA E VALORE
Art. 7
(Competenza del giudice di pace)
Il giudice di pace è competente per le cause relative a beni
mobili di valore non superiore a lire cinque milioni, quando dalla legge non
sono attribuite alla competenza di altro giudice.
Il giudice di pace è altresì competente per le cause di risarcimento del danno
prodotto dalla circolazione di veicoli e di natanti, purchè il valore della
controversia non superi lire trenta milioni.
Il giudice di pace è inoltre competente, con il limite di valore di cui al
secondo comma, per le cause di opposizione alle ingiunzioni di cui alla legge
24 novembre 1981, n. 689, salvo che con la sanzione pecuniaria sia stata anche
applicata una sanzione amministrativa accessoria. Resta ferma la competenza del
pretore in funzione di giudice del lavoro e per le cause di opposizione alle
ingiunzioni in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie (1).
E' competente qualunque ne sia il valore:
1) per le cause relative ad apposizione di termini ed osservanza delle distanze
stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento
degli alberi e delle siepi;
2) per le cause relative alla misura ed alle modalità d'uso dei servizi di
condominio di case;
3) per le cause relative a rapporti tra proprietari o detentori di immobili
adibiti a civile abitazione in materia di immissioni di fumo o di calore,
esalazioni, rumori, scuotimenti e simili propagazioni che superino la normale
tollerabilità;
4) per le cause di opposizione alle sanzioni amministrative irrogate in base
all'articolo 75 del testo unico approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (2).
Articolo così sostituito dall'art. 17, L. 21 novembre 1991, n. 374.
(1) Comma abrogato dall’art. 1, comma 1, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432.
(2) Numero abrogato dall’art. 1, comma 1, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432.
Art. 8 (Competenza del pretore) Il pretore è competente per le cause, anche se
relative a beni immobili, di valore non superiore a lire cinquanta milioni, in
quanto non siano di competenza del giudice di pace (1). E' competente,
qualunque ne sia il valore: 1) per le azioni possessorie, salvo il disposto
dell'articolo 704, e per le denunce di nuova opera e di danno temuto, salvo il
disposto dell'articolo 688, secondo comma; 2) per le cause relative ad
apposizione di termini e osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai
regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi (2);
3) per le cause relative a rapporti di locazione e di comodato di immobili
urbani e per quelle di affitto di aziende, in quanto non siano di competenza
delle sezioni specializzate agrarie; 4) per le cause relative alla misura e
alle modalità di uso dei servizi di condominio di case (2). ---------- N.B.:
Articolo così sostituito dalla L. 30 luglio 1984, n. 399. (1) Comma sostituito
dall’art. 18, L. 21 novembre 1991, n. 374 e successivamente così sostituito
dall’art. 2, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432. (2) Numero abrogato dall’art. 47, L.
21 novembre 1991, n. 374. Art. 9 (Competenza del tribunale) Il tribunale è
competente per tutte le cause che non sono di competenza del conciliatore o del
pretore. Il tribunale è altresì esclusivamente competente per tutte le cause in
materia di imposte e tasse, per quelle relative allo stato e alla capacità
delle persone e ai diritti onorifici, per la querela di falso, e, in generale,
per ogni causa di valore indeterminabile. Art. 10 (Determinazione del valore)
Il valore della causa, ai fini della competenza, si determina dalla domanda a
norma delle disposizioni seguenti. A tale effetto le domande proposte nello
stesso processo contro la medesima persona si sommano tra loro, e gli interessi
scaduti, le spese e i danni, anteriori alla proposizione si sommano col capitale.
Art. 11 (Cause relative a quote di obbligazione tra più parti) Se è chiesto da
più persone o contro più persone l'adempimento per quote di un'obbligazione, il
valore della causa si determina dall'intera obbligazione. Art. 12 (Cause
relative a rapporti obbligatori, a locazioni e a divisioni) Il valore delle
cause relative all'esistenza, alla validità o alla risoluzione di un rapporto
giuridico obbligatorio si determina in base a quella parte del rapporto che è
in contestazione. Nelle cause per finita locazione d'immobili il valore si
determina in base all'ammontare del fitto o della pigione per un anno, ma se
sorge controversia sulla continuazione della locazione, il valore si determina
cumulando i fitti o le pigioni relativi al periodo controverso (1). Il valore
delle cause per divisione si determina da quello della massa attiva da
dividersi. (1) Comma abrogato dall'art. 89, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art.
13 (Cause relative a prestazioni alimentari e a rendite) Nelle cause per
prestazioni alimentari periodiche, se il titolo è controverso, il valore si
determina in base all'ammontare delle somme dovute per due anni. Nelle cause
relative a rendite perpetue, se il titolo è controverso, il valore si determina
cumulando venti annualità; nelle cause relative a rendite temporanee o
vitalizie, cumulando le annualità domandate fino a un massimo di dieci. Le
regole del comma precedente si applicano anche per determinare il valore delle
cause relative al diritto del concedente. Art. 14 (Cause relative a somme di danaro
e a beni mobili) Nelle cause relative a somme di danaro o a beni mobili, il
valore si determina in base alla somma indicata o al valore dichiarato
dall'attore; in mancanza di indicazione o dichiarazione, la causa si presume di
competenza del giudice adito. Il convenuto può contestare, ma soltanto nella
prima difesa, il valore come sopra dichiarato o presunto; in tal caso il
giudice decide, ai soli fini della competenza, in base a quello che risulta
dagli atti e senza apposita istruzione. Se il convenuto non contesta il valore
dichiarato o presunto, questo rimane fissato, anche agli effetti del merito,
nei limiti della competenza del giudice adito. Art. 15 (Cause relative a beni
immobili) Il valore delle cause relative a beni immobili è determinato moltiplicando
il reddito dominicale del terreno e la rendita catastale del fabbricato alla
data della proposizione della domanda: per duecento per le cause relative alla
proprietà; per cento per le cause relative all'usufrutto, all'uso,
all'abitazione, alla nuda proprietà e al diritto dell'enfiteuta; per cinquanta
con riferimento al fondo servente per le cause relative alle servitù. Il valore
delle cause per il regolamento di confini si desume dal valore della parte di
proprietà controversa, se questa è determinata; altrimenti il giudice lo
determina a norma del comma seguente. Se per l'immobile all'atto della
proposizione della domanda non risulta il reddito dominicale o la rendita
catastale, il giudice determina il valore della causa secondo quanto emerge dagli
atti, se questi non offrono elementi per la stima, ritiene la causa di valore
indeterminabile. N.B.: Articolo così sostituito dalla L. 30 luglio 1984, n.
399. Art. 16 (Esecuzione forzata) Per la consegna e il rilascio di cose e per
l'espropriazione forzata di cose mobili e di crediti è competente il pretore.
Per l'espropriazione forzata di cose immobili è competente il tribunale. Se
cose mobili sono soggette all'espropriazione forzata insieme con l'immobile nel
quale si trovano, per l'espropriazione è competente il tribunale anche
relativamente ad esse. Per l'esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non
fare è competente il pretore. Art. 17 (Cause relative all'esecuzione forzata)
Il valore delle cause di opposizione all'esecuzione forzata si determina dal
credito per cui si procede; quello delle cause relative alle opposizioni
proposte da terzi a norma dell'articolo 619, dal valore dei beni controversi;
quello delle cause relative a controversie sorte in sede di distribuzione, dal
valore del maggiore dei crediti contestati. Sezione III: DELLA COMPETENZA PER
TERRITORIO Art. 18 (Foro generale delle persone fisiche) Salvo che la legge
disponga altrimenti, è competente il giudice del luogo in cui il convenuto ha
la residenza o il domicilio, e, se questi sono sconosciuti, quello del luogo in
cui il convenuto ha la dimora. Se il convenuto non ha residenza, nè domicilio,
nè dimora nella Repubblica o se la dimora è sconosciuta, è competente il
giudice del luogo in cui risiede l'attore. Art. 19 (Foro generale delle persone
giuridiche e delle associazioni non riconosciute) Salvo che la legge disponga
altrimenti, qualora sia convenuta una persona giuridica, è competente il
giudice del luogo dove essa ha sede. È competente altresì il giudice del luogo
dove la persona giuridica ha uno stabilimento e un rappresentante autorizzato a
stare in giudizio per l'oggetto della domanda. Ai fini della competenza, le
società non aventi personalità giuridica, le associazioni non riconosciute e i
comitati di cui agli articoli 36 e seguenti del codice civile hanno sede dove
svolgono attività in modo continuativo. Art. 20 (Foro facoltativo per le cause
relative a diritti di obbligazione) Per le cause relative a diritti di
obbligazione è anche competente il giudice del luogo in cui è sorta o deve
eseguirsi l'obbligazione dedotta in giudizio. Art. 21 (Foro per le cause
relative a diritti reali e ad azioni possessorie) Per le cause relative a
diritti reali su beni immobili e per quelle di cui ai numeri 2 e 3 dell'art. 8
è competente il giudice del luogo dove è posto l'immobile. Qualora l'immobile
sia compreso in più circoscrizioni giudiziarie, è competente il giudice della
circoscrizione nella quale è compresa la parte soggetta a maggior tributo verso
lo Stato; quando non è sottoposto a tributo, è competente ogni giudice nella
cui circoscrizione si trova una parte dell'immobile. Per le azioni possessorie
e per la denuncia di nuova opera e di danno temuto è competente il giudice del
luogo nel quale è avvenuto il fatto denunciato. Art. 22 (Foro per le cause
ereditarie) È competente il giudice del luogo dell'aperta successione per le
cause: 1) relative a petizione o divisione di eredità e per qualunque altra tra
coeredi fino alla divisione; 2) relative alla rescissione della divisione e
alla garanzia delle quote, purchè proposte entro un biennio dalla divisione; 3)
relative a crediti verso il defunto o legati dovuti dall'erede, purchè proposte
prima della divisione e in ogni caso entro un biennio dall'apertura della
successione; 4) contro l'esecutore testamentario, purchè proposte entro i
termini indicati nel numero precedente. Se la successione si è aperta fuori
della Repubblica, le cause suindicate sono di competenza del giudice del luogo
in cui è posta la maggior parte dei beni situati nella Repubblica, o, in
mancanza di questi, del luogo di residenza del convenuto o di alcuno dei
convenuti. Art. 23 (Foro per le cause tra soci e tra condomini) Per le cause
tra soci è competente il giudice del luogo dove ha sede la società; per le
cause tra condomini, il giudice del luogo dove si trovano i beni comuni o la
maggior parte di essi. Tale norma si applica anche dopo lo scioglimento della
società o del condominio, purchè la domanda sia proposta entro un biennio dalla
divisione. Art. 24 (Foro per le cause relative alle gestioni tutelari e
patrimoniali) Per le cause relative alla gestione di una tutela o di
un'amministrazione patrimoniale conferita per legge o per provvedimento
dell'autorità è competente il giudice del luogo d'esercizio della tutela o dell'amministrazione.
Art. 25 (Foro della pubblica amministrazione) Per le cause nelle quali è parte
un'amministrazione dello Stato è competente, a norma delle leggi speciali sulla
rappresentanza e difesa dello Stato in giudizio e nei casi ivi previsti, il giudice
del luogo dove ha sede l'ufficio dell'avvocatura dello Stato, nel cui distretto
si trova il giudice che sarebbe competente secondo le norme ordinarie. Quando
l'amministrazione è convenuta, tale distretto si determina con riguardo al
giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l'obbligazione o in cui si
trova la cosa mobile o immobile oggetto della domanda. Art. 26 (Foro
dell'esecuzione forzata) Per l'esecuzione forzata su cose mobili o immobili è
competente il giudice del luogo in cui le cose si trovano. Se le cose immobili
soggette all'esecuzione non sono interamente comprese nella circoscrizione di
un solo tribunale, si applica l'art. 21. Per l'espropriazione forzata di
crediti è competente il giudice del luogo dove risiede il terzo debitore. Per
l'esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare è competente il
giudice del luogo dove l'obbligo deve essere adempiuto. Art. 27 (Foro relativo
alle opposizioni all'esecuzione) Per le cause di opposizione all'esecuzione
forzata di cui agli artt. 615 e 619 è competente il giudice del luogo
dell'esecuzione, salva la disposizione dell'art. 480 terzo comma. Per le cause
di opposizione a singoli atti esecutivi è competente il giudice davanti al
quale si svolge l'esecuzione. Art. 28 (Foro stabilito per accordo delle parti)
La competenza per territorio può essere derogata per accordo delle parti, salvo
che per le cause previste nei numeri 1, 2, 3 e 5 dell'articolo 70, per i casi
di esecuzione forzata, di opposizione alla stessa, di procedimenti cautelari e
possessori, di procedimenti in camera di consiglio e per ogni altro caso in cui
l'inderogabilità sia disposta espressamente dalla legge. Art. 29 (Forma ed
effetti dell'accordo delle parti) L'accordo delle parti per la deroga della
competenza territoriale deve riferirsi ad uno o più affari determinati e
risultare da atto scritto. L'accordo non attribuisce al giudice designato
competenza esclusiva quando ciò non è espressamente stabilito. Art. 30 (Foro
del domicilio eletto) Chi ha eletto domicilio a norma dell'art. 47 del codice
civile può essere convenuto davanti al giudice del domicilio stesso. Sezione
IV: DELLE MODIFICAZIONI DELLA COMPETENZA PER RAGIONE DI CONNESSIONE Art. 31
(Cause accessorie) La domanda accessoria può essere proposta al giudice territorialmente
competente per la domanda principale affinchè sia decisa nello stesso processo,
osservata, quanto alla competenza per valore, la disposizione dell'art. 10
secondo comma. Può tuttavia essere proposta allo stesso giudice anche se eccede
la sua competenza per valore, qualora la competenza per la causa principale sia
determinata per ragione di materia. Art. 32 (Cause di garanzia) La domanda di
garanzia può essere proposta al giudice competente per la causa principale
affinchè sia decisa nello stesso processo, anche se eccede la sua competenza
per valore. * Art. 33 (Cumulo soggettivo) Le cause contro più persone che a
norma degli articoli 18 e 19 dovrebbero essere proposte davanti a giudici
diversi, se sono connesse per l'oggetto o per il titolo possono essere proposte
davanti al giudice del luogo di residenza o domicilio di una di esse, per
essere decise nello stesso processo. Art. 34 (Accertamenti incidentali) Il
giudice, se per legge o per esplicita domanda di una delle parti è necessario
decidere con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale che appartiene
per materia o valore alla competenza di un giudice superiore, rimette tutta la
causa a quest'ultimo, assegnando alle parti un termine perentorio per la
riassunzione della causa davanti a lui. Art. 35 (Eccezione di compensazione)
Quando è opposto in compensazione un credito che è contestato ed eccede la
competenza per valore del giudice adito, questi, se la domanda è fondata su
titolo non controverso o facilmente accertabile, può decidere su di essa e
rimettere le parti al giudice competente per la decisione relativa
all'eccezione di compensazione, subordinando, quando occorre, l'esecuzione
della sentenza alla prestazione di una cauzione; altrimenti provvede a norma
dell'articolo precedente. Art. 36 (Cause riconvenzionali) Il giudice competente
per la causa principale conosce anche delle domande riconvenzionali che
dipendono dal titolo dedotto in giudizio dall'attore o da quello che già
appartiene alla causa come mezzo di eccezione, purchè non eccedano la sua
competenza per materia o valore; altrimenti applica le disposizioni dei due
articoli precedenti. Sezione V: DEL DIFETTO DI GIURISDIZIONE, DELLA
INCOMPETENZA E DELLA LITISPENDENZA Art. 37 (Difetto di giurisdizione) Il
difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della pubblica
amministrazione o dei giudici speciali è rilevato, anche d'ufficio, in
qualunque stato e grado del processo. Il difetto di giurisdizione del giudice
italiano nei confronti dello straniero è rilevato dal giudice d'ufficio in
qualunque stato e grado del processo relativamente alle cause che hanno per
oggetto beni immobili situati all'estero; in ogni altro caso è rilevato
egualmente d'ufficio dal giudice se il convenuto è contumace e può essere
rilevato soltanto dal convenuto costituito che non abbia accettato
espressamente o tacitamente la giurisdizione italiana (1). (1) Comma abrogato
dall'art. 73, L. 31 maggio 1995, n. 218. Art. 38 (Incompetenza) L'incompetenza
per materia, quella per valore e quella per territorio nei casi previsti
dall'articolo 28 sono rilevate, anche d'ufficio, non oltre la prima udienza di
trattazione. L'incompetenza per territorio, fuori dei casi previsti
dall'articolo 28, è eccepita a pena di decadenza nella comparsa di risposta. L'eccezione
si ha per non proposta se non contiene l'indicazione del giudice che la parte
ritiene competente. Quando le parti costituite aderiscono a tale indicazione,
la competenza del giudice rimane ferma se la causa è riassunta entro tre mesi
dalla cancellazione dal ruolo. Le questioni di cui ai commi precedenti sono
decise, ai soli fini della competenza, in base a quello che risulta dagli atti
e, quando sia reso necessario dall'eccezione del convenuto o dal rilievo del
giudice, assunte sommarie informazioni. N.B.: Articolo così sostituito
dall'art. 4, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 39 (Litispendenza e continenza
di cause) Se una stessa causa è proposta davanti a giudici diversi, quello
successivamente adito, in qualunque stato e grado del processo, anche d'ufficio
dichiara con sentenza la litispendenza e dispone con ordinanza la cancellazione
della causa dal ruolo. Nel caso di continenza di cause, se il giudice
preventivamente adito è competente anche per la causa proposta successivamente,
il giudice di questa dichiara con sentenza la continenza e fissa un termine
perentorio entro il quale le parti debbono riassumere la causa davanti al primo
giudice. Se questi non è competente anche per la causa successivamente
proposta, la dichiarazione della continenza e la fissazione del termine sono da
lui pronunciate. La prevenzione è determinata dalla notificazione della
citazione. Art. 40 (Connessione) Se sono proposte davanti a giudici diversi più
cause le quali, per ragione di connessione possono essere decise in un solo
processo , il giudice fissa con sentenza alle parti un termine perentorio per
la riassunzione della causa accessoria davanti al giudice della causa
principale, e negli altri casi davanti a quello preventivamente adito. La
connessione non può essere eccepita dalle parti nè rilevata d'ufficio dopo la
prima udienza e la rimessione non può essere ordinata quando lo stato della
causa principale o preventivamente proposta non consente l'esauriente
trattazione e decisione delle cause connesse. Nei casi previsti negli articoli
31, 32, 34, 35 e 36, le cause, cumulativamente proposte o successivamente
riunite, debbono essere trattate e decise col rito ordinario, salva
l'applicazione del solo rito speciale quando una di tali cause rientri fra
quelle indicate negli articoli 409 e 442 (1). Qualora le cause connesse siano
assoggettate a differenti riti speciali debbono essere trattate e decise col
rito previsto per quella tra esse in ragione della quale viene determinata la
competenza o, in subordine, col rito previsto per la causa di maggior valore
(1). Se la causa è stata trattata con un rito diverso da quello divenuto
applicabile ai sensi del terzo comma, il giudice provvede a norma degli
articoli 426, 427 e 439 (1). Se una causa di competenza del giudice di pace sia
connessa per i motivi di cui agli articoli 31, 32, 34, 35 e 36 con altra causa
di competenza del pretore o del tribunale, le relative domande possono essere
proposte innanzi al pretore o al tribunale affinchè siano decise nello stesso
processo (2). Se le cause connesse ai sensi del sesto comma sono proposte
davanti al giudice di pace e al pretore o al tribunale, il giudice di pace deve
pronunziare anche d'ufficio la connessione a favore del pretore o del tribunale
(2). ---------- (1) Comma aggiunto dall'art. 5, L. 26 novembre 1990, n. 353.
(2) Comma aggiunto dall'art. 19, comma 1, L. 21 novembre 1991, n. 374. Sezione
VI: DEL REGOLAMENTO DI GIURISDIZIONE E DI COMPETENZA Art. 41 (Regolamento di
giurisdizione) Finchè la causa non sia decisa nel merito in primo grado,
ciascuna parte può chiedere alle sezioni unite della Corte di cassazione che
risolvano le questioni di giurisdizione di cui all'articolo 37. L'istanza si
propone con ricorso a norma degli articoli 364 e seguenti, e produce gli
effetti di cui all'articolo 367. La pubblica amministrazione che non è parte in
causa può chiedere in ogni stato e grado del processo che sia dichiarato dalle
sezioni unite della Corte di cassazione il difetto di giurisdizione del giudice
ordinario a causa dei poteri attribuiti dalla legge all'amministrazione stessa,
finchè la giurisdizione non sia stata affermata con sentenza passata in
giudicato. Art. 42 (Regolamento necessario di competenza) La sentenza che,
pronunciando sulla competenza anche ai sensi degli articoli 39 e 40, non decide
il merito della causa e i provvedimenti che dichiarano la sospensione del
processo ai sensi dell'articolo 295 possono essere impugnati soltanto con
istanza di regolamento di competenza. Articolo così sostituito dall'art. 6, L.
26 novembre 1990, n. 353. Art. 43 (Regolamento facoltativo di competenza) La
sentenza che ha pronunciato sulla competenza insieme col merito può essere
impugnata con l'istanza di regolamento di competenza oppure nei modi ordinari
quando insieme con la pronuncia sulla competenza si impugna quella sul merito.
La proposizione dell'impugnazione ordinaria non toglie alle altre parti la
facoltà di proporre l'istanza di regolamento. Se l'istanza di regolamento è
proposta prima dell'impugnazione ordinaria, i termini per la proposizione di
questa riprendono a decorrere dalla comunicazione della sentenza che regola la
competenza; se è proposta dopo, si applica la disposizione dell'articolo 48.
Art. 44 (Efficacia della sentenza che pronuncia sulla competenza) La sentenza
che, anche a norma degli articoli 39 e 40, dichiara l'incompetenza del giudice
che l'ha pronunciata, se non è impugnata con l'istanza di regolamento, rende
incontestabile l'incompetenza dichiarata e la competenza del giudice in essa
indicato se la causa è riassunta nei termini di cui all'articolo 50, salvo che
si tratti di incompetenza per materia o di incompetenza per territorio nei casi
previsti nell'articolo 28. Art. 45 (Conflitto di competenza) Quando, in seguito
alla sentenza che dichiara l'incompetenza del giudice adito per ragione di
materia o per territorio nei casi di cui all'articolo 28, la causa nei termini
di cui all'articolo 50 è riassunta davanti ad altro giudice, questi, se ritiene
di essere a sua volta incompetente, richiede d'ufficio il regolamento di
competenza. Art. 46 (Casi di inapplicabilità del regolamento di competenza) Le
disposizioni degli articoli 42 e 43 non si applicano nei giudizi davanti ai
conciliatori. Art. 47 (Procedimento del regolamento di competenza) L'istanza di
regolamento di competenza si propone alla Corte di cassazione con ricorso
sottoscritto dal procuratore o dalla parte, se questa si è costituita
personalmente. Il ricorso deve essere notificato alle parti che non vi hanno
aderito entro il termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione della
sentenza che abbia pronunciato sulla competenza o dalla notificazione
dell'impugnazione ordinaria nel caso previsto nell'articolo 43, secondo comma.
L'adesione delle parti può risultare anche dalla sottoscrizione del ricorso. La
parte che propone l'istanza, nei cinque giorni successivi all'ultima
notificazione del ricorso alle parti, deve chiedere ai cancellieri degli uffici
davanti ai quali pendono i processi che i relativi fascicoli siano rimessi alla
cancelleria della Corte di cassazione. Nel termine perentorio di venti giorni
dalla stessa notificazione deve depositare nella cancelleria il ricorso con i
documenti necessari. Il regolamento d'ufficio è richiesto con ordinanza dal
giudice, il quale dispone la rimessione del fascicolo di ufficio alla
cancelleria della Corte di cassazione. Le parti alle quali è notificato il
ricorso o comunicata l'ordinanza del giudice, possono, nei venti giorni
successivi, depositare nella cancelleria della Corte di cassazione scritture
difensive e documenti. N.B.: Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950,
n. 581. Art. 48 (Sospensione dei processi) I processi relativamente ai quali è
chiesto il regolamento di competenza sono sospesi dal giorno in cui è
presentata l'istanza al cancelliere a norma dell'articolo precedente o dalla
pronuncia dell'ordinanza che richiede il regolamento. Il giudice può
autorizzare il compimento degli atti che ritiene urgenti. Art. 49 (Sentenza di
regolamento di competenza) Il regolamento è pronunciato con sentenza in camera
di consiglio entro i venti giorni successivi alla scadenza del termine previsto
nell'art. 47 ultimo comma. Con la sentenza la Corte di cassazione statuisce
sulla competenza, dà i provvedimenti necessari per la prosecuzione del processo
davanti al giudice che dichiara competente e rimette, quando occorre, le parti
in termini affinchè provvedano alla loro difesa. Art. 50 (Riassunzione della
causa) Se la riassunzione della causa davanti al giudice dichiarato competente
avviene nel termine fissato nella sentenza dal giudice e in mancanza in quello
di sei mesi dalla comunicazione della sentenza di regolamento o della sentenza
che dichiara l'incompetenza del giudice adito, il processo continua davanti al
nuovo giudice. Se la riassunzione non avviene nei termini su indicati, il
processo si estingue. Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Sezione VII: DELL'ASTENSIONE, DELLA RICUSAZIONE E DELLA RESPONSABILITÀ DEI
GIUDICI Art. 51 (Astensione del giudice) Il giudice ha l'obbligo di astenersi:
1) se ha interesse nella causa o in altra vertente su identica questione di
diritto; 2) se egli stesso o la moglie è parente fino al quarto grado o legato
da vincoli di affiliazione, o è convivente o commensale abituale di una delle
parti o di alcuno dei difensori; 3) se egli stesso o la moglie ha causa
pendente o grave inamicizia o rapporti di credito o debito con una delle parti
o alcuno dei suoi difensori; 4) se ha dato consiglio o prestato patrocinio
nella causa, o ha deposto in essa come testimone, oppure ne ha conosciuto come
magistrato in altro grado del processo o come arbitro o vi ha prestato
assistenza come consulente tecnico; 5) se è tutore, curatore, procuratore,
agente o datore di lavoro di una delle parti; se, inoltre, è amministratore o
gerente di un ente, di un'associazione anche non riconosciuta, di un comitato,
di una società o stabilimento che ha interesse nella causa. In ogni altro caso
in cui esistono gravi ragioni di convenienza, il giudice può richiedere al capo
dell'ufficio l'autorizzazione ad astenersi: quando l'astensione riguarda il
capo dell'ufficio, l'autorizzazione è chiesta al capo dell'ufficio superiore.
Art. 52 (Ricusazione del giudice) Nei casi in cui è fatto obbligo al giudice di
astenersi, ciascuna delle parti può proporne la ricusazione mediante ricorso
contenente i motivi specifici e i mezzi di prova. Il ricorso, sottoscritto
dalla parte o dal difensore, deve essere depositato in cancelleria due giorni
prima dell'udienza, se al ricusante è noto il nome dei giudici che sono chiamati
a trattare o decidere la causa, e prima dell'inizio della trattazione o
discussione di questa nel caso contrario. La ricusazione sospende il processo.
Art. 53 (Giudice competente) Sulla ricusazione decide il pretore se è ricusato
un conciliatore o un vice pretore del mandamento; il presidente del tribunale
se è ricusato un pretore della circoscrizione; il collegio se è ricusato uno
dei componenti del tribunale o della corte. La decisione è pronunciata con
ordinanza non impugnabile, udito il giudice ricusato e assunte, quando occorre,
le prove offerte. Art. 54 (Ordinanza sulla ricusazione) L'ordinanza che
accoglie il ricorso designa il giudice che deve sostituire quello ricusato. La
ricusazione è dichiarata inammissibile, se non è stata proposta nelle forme e
nei termini fissati nell'articolo 52. L'ordinanza, che dichiara inammissibile o
rigetta la ricusazione, provvede sulle spese e condanna la parte o il difensore
che l'ha proposta a una pena pecuniaria non superiore a lire cinquemila.
Dell'ordinanza è data notizia dalla cancelleria al giudice e alle parti, le
quali debbono provvedere alla riassunzione della causa nel termine perentorio
di sei mesi. Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581. Art. 55
Abrogato dal D.P.R. 9 dicembre 1987, n. 497. Art. 56 Abrogato dal D.P.R. 9
dicembre 1987, n. 497. Capo II: DEL CANCELLIERE E DELL'UFFICIALE GIUDIZIARIO
Art. 57 (Attività del cancelliere) Il cancelliere documenta a tutti gli
effetti, nei casi e nei modi previsti dalla legge, le attività proprie e quelle
degli organi giudiziari e delle parti. Egli assiste il giudice in tutti gli
atti dei quali deve essere formato processo verbale. Quando il giudice provvede
per iscritto, salvo che la legge disponga altrimenti, il cancelliere stende la
scrittura e vi appone la sua sottoscrizione dopo quella del giudice. Art. 58
(Altre attività del cancelliere) Il cancelliere attende al rilascio di copie ed
estratti autentici dei documenti prodotti, all'iscrizione delle cause a ruolo,
alla formazione del fascicolo d'ufficio e alla conservazione di quelli delle
parti, alle comunicazioni e alle notificazioni prescritte dalla legge o dal
giudice, nonchè alle altre incombenze che la legge gli attribuisce. Art. 59
(Attività dell'ufficiale giudiziario) L'ufficiale giudiziario assiste il
giudice in udienza, provvede all'esecuzione dei suoi ordini, esegue la
notificazione degli atti e attende alle altre incombenze che la legge gli
attribuisce. Art. 60 (Responsabilità del cancelliere e dell'ufficiale
giudiziario) Il cancelliere e l'ufficiale giudiziario sono civilmente
responsabili: 1) quando, senza giusto motivo, ricusano di compiere gli atti che
sono loro legalmente richiesti oppure omettono di compierli nel termine che, su
istanza di parte, è fissato dal giudice dal quale dipendono o dal quale sono
stati delegati; 2) quando hanno compiuto un atto nullo con dolo o colpa grave.
Capo III: DEL CONSULENTE TECNICO, DEL CUSTODE E DEGLI ALTRI AUSILIARI DEL
GIUDICE Art. 61 (Consulente tecnico) Quando è necessario, il giudice può farsi assistere,
per il compimento di singoli atti o per tutto il processo, da uno o più
consulenti di particolare competenza tecnica. La scelta dei consulenti tecnici
deve essere normalmente fatta tra le persone iscritte in albi speciali formati
a norma delle disposizioni di attuazione al presente codice. Articolo così
sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581. Art. 62 (Attività del consulente)
Il consulente compie le indagini che gli sono commesse dal giudice e fornisce,
in udienza e in camera di consiglio, i chiarimenti che il giudice gli richiede
a norma degli articoli 194 e seguenti, e degli articoli 441 e 463. Art. 63
(Obbligo di assumere l'incarico e ricusazione del consulente) Il consulente
scelto tra gli iscritti in un albo ha l'obbligo di prestare il suo ufficio,
tranne che il giudice riconosca che ricorre un giusto motivo di astensione. Il
consulente può essere ricusato dalle parti per i motivi indicati nell'art. 51.
Della ricusazione del consulente conosce il giudice che l'ha nominato. Art. 64
(Responsabilità del consulente) Si applicano al consulente tecnico le
disposizioni del codice penale relative ai periti. In ogni caso, il consulente
tecnico che incorre in colpa grave nell'esecuzione degli atti che gli sono
richiesti, è punito con l'arresto fino a un anno o con l'ammenda fino a lire
venti milioni. Si applica l'art. 35 del codice penale. In ogni caso è dovuto il
risarcimento dei danni causati alle parti. Articolo così sostituito dalla L. 4
giugno 1985, n. 281. Art. 65 (Custode) La conservazione e l'amministrazione dei
beni pignorati o sequestrati sono affidate a un custode, quando la legge non
dispone altrimenti. Il compenso al custode è stabilito, con decreto, dal
pretore nel caso di nomina fatta dall'ufficiale giudiziario, e in ogni altro
caso dal giudice che l'ha nominato. Art. 66 (Sostituzione del custode) Il
giudice, d'ufficio o su istanza di parte, può disporre in ogni tempo la
sostituzione del custode. Il custode che non ha diritto a compenso può chiedere
in ogni tempo di essere sostituito; altrimenti può chiederlo soltanto per
giusti motivi. Il provvedimento di sostituzione è dato, con ordinanza non
impugnabile dal pretore o dal giudice di cui al secondo comma dell'articolo
precedente. Art. 67 (Responsabilità del custode) Ferme le disposizioni del
codice penale, il custode che non esegue l'incarico assunto può essere
condannato dal giudice a una pena pecuniaria non superiore a lire ventimila.
Egli è tenuto al risarcimento dei danni cagionati alle parti, se non esercita
la custodia da buon padre di famiglia. Art. 68 (Altri ausiliari) Nei casi
previsti dalla legge o quando ne sorge necessità, il giudice, il cancelliere o
l'ufficiale giudiziario si può fare assistere da esperti in una determinata
arte o professione e, in generale, da persona idonea al compimento di atti che
egli non è in grado di compiere da sè solo. Il giudice può commettere a un
notaio il compimento di determinati atti nei casi previsti dalla legge. Il
giudice può sempre richiedere l'assistenza della forza pubblica. Titolo II: DEL
PUBBLICO MINISTERO Art. 69 (Azione del pubblico ministero) Il pubblico
ministero esercita l'azione civile nei casi stabiliti dalla legge. Art. 70
(Intervento in causa del pubblico ministero) Il pubblico ministero deve
intervenire, a pena di nullità rilevabile d'ufficio: 1) nelle cause che egli
stesso potrebbe proporre; 2) nelle cause matrimoniali, comprese quelle di
separazione personale dei coniugi; 3) nelle cause riguardanti lo stato e la
capacità delle persone; 4) nelle cause collettive e nelle cause individuali di
lavoro in grado di appello (1); 5) negli altri casi previsti dalla legge. Deve
intervenire in ogni causa davanti alla Corte di cassazione. Può infine
intervenire in ogni altra causa in cui ravvisa un pubblico interesse. La Corte
costituzionale, con sentenza 25 giugno 1996, n. 214, ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non
prescrive l’intervento obbligatorio del pubblico ministero nei giudizi tra
genitori naturali che comportino "provvedimenti relativi ai figli",
nei sensi di cui agli artt. 9 della legge n. 898 del 1970 e 710 del codice di
procedura civile come risulta a seguito della sentenza n. 416 del 1992. (1)
Numero abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Art. 71 (Comunicazione degli
atti processuali al pubblico ministero) Il giudice, davanti al quale è proposta
una delle cause indicate nel primo comma dell'articolo precedente, ordina la
comunicazione degli atti al pubblico ministero affinchè possa intervenire. Lo
stesso ordine il giudice può dare ogni volta che ravvisi uno dei casi previsti
nell'ultimo comma dell'articolo precedente. Art. 72 (Poteri del pubblico
ministero) Il pubblico ministero, che interviene nelle cause che avrebbe potuto
proporre, ha gli stessi poteri che competono alle parti e li esercita nelle
forme che la legge stabilisce per queste ultime. Negli altri casi di intervento
previsti nell'art. 70, tranne che nelle cause davanti alla Corte di cassazione
il pubblico ministero può produrre documenti, dedurre prove, prendere conclusioni
nei limiti delle domande proposte dalle parti. Il pubblico ministero può
proporre impugnazioni contro le sentenze relative a cause matrimoniali, salvo
che per quelle di separazione personale dei coniugi. Lo stesso potere spetta al
pubblico ministero contro le sentenze che dichiarano l'efficacia o
l'inefficacia di sentenze straniere relative a cause matrimoniali, salvo che
per quelle di separazione personale dei coniugi. Nelle ipotesi prevedute nei
commi terzo e quarto, la facoltà di impugnazione spetta tanto al pubblico
ministero presso il giudice che ha pronunziato la sentenza quanto a quello
presso il giudice competente a decidere sull'impugnazione. Il termine decorre
dalla comunicazione della sentenza a norma dell'art. 133. Restano salve le
disposizioni dell'art. 397. Articolo così sostituito dalla L. 30 luglio 1950,
n. 534. Art. 73 (Astensione del pubblico ministero) Ai magistrati del pubblico
ministero che intervengono nel processo civile si applicano le disposizioni del
presente codice relative all'astensione dei giudici, ma non quelle relative
alla ricusazione. Art. 74 Articolo abrogato dal D.P.R. 9 dicembre 1987, n. 497.
Titolo III: DELLE PARTI E DEI DIFENSORI Capo I: DELLE PARTI Art. 75 (Capacità
processuale) Sono capaci di stare in giudizio le persone che hanno il libero
esercizio dei diritti che vi si fanno valere. Le persone che non hanno il
libero esercizio dei diritti non possono stare in giudizio se non
rappresentate, assistite o autorizzate secondo le norme che regolano la loro
capacità. Le persone giuridiche stanno in giudizio per mezzo di chi le
rappresenta a norma della legge o dello statuto. Le associazioni e i comitati,
che non sono persone giuridiche, stanno in giudizio per mezzo delle persone
indicate negli artt. 36 ss. del codice civile. La Corte costituzionale, con
sentenza n. 220 del 16 ottobre 1986, ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale del presente articolo nella parte in cui non prevede, ove emerga
una situazione di scomparsa del convenuto, la interruzione del processo e la
segnalazione, ad opera del giudice, del caso al pubblico ministero perchè
promuova la nomina di un curatore, nei cui confronti debba l'attore riassumere
il giudizio. Art. 76 Articolo abrogato Art. 77 (Rappresentanza del procuratore
e dell'institore) Il procuratore generale e quello preposto a determinati
affari non possono stare in giudizio per il preponente, quando questo potere
non è stato loro conferito espressamente, per iscritto, tranne che per gli atti
urgenti e per le misure cautelari. Tale potere si presume conferito al
procuratore generale di chi non ha residenza o domicilio nella Repubblica e
all'institore. Art. 78 (Curatore speciale) Se manca la persona a cui spetta la
rappresentanza o l'assistenza, e vi sono ragioni di urgenza, può essere nominato
all'incapace, alla persona giuridica o all'associazione non riconosciuta un
curatore speciale che li rappresenti o assista finchè subentri colui al quale
spetta la rappresentanza o l'assistenza. Si procede altresì alla nomina di un
curatore speciale al rappresentato, quando vi è conflitto d'interessi col
rappresentante. Art. 79 (Istanza di nomina del curatore speciale) La nomina del
curatore speciale di cui all'articolo precedente può essere in ogni caso
chiesta dal pubblico ministero. Può essere chiesta anche dalla persona che deve
essere rappresentata o assistita, sebbene incapace, nonchè dai suoi prossimi
congiunti e, in caso di conflitto di interessi, dal rappresentante. Può essere
inoltre chiesta da qualunque altra parte in causa che vi abbia interesse. Art.
80 (Provvedimento di nomina del curatore speciale) L'istanza per la nomina del
curatore speciale si propone al conciliatore, al pretore o al presidente
dell'ufficio giudiziario davanti al quale s'intende proporre la causa. Il
giudice, assunte le opportune informazioni e sentite possibilmente le persone
interessate, provvede con decreto. Questo è comunicato al pubblico ministero
affinchè provochi, quando occorre, i provvedimenti per la costituzione della
normale rappresentanza o assistenza dell'incapace, della persona giuridica o
dell'associazione non riconosciuta. Art. 81 (Sostituzione processuale) Fuori
dei casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può far valere nel
processo in nome proprio un diritto altrui. Capo II: DEI DIFENSORI Art. 82
(Patrocinio) Davanti al giudice di pace le parti possono stare in giudizio
personalmente nelle cause il cui valore non eccede lire un milione. Negli altri
casi, le parti non possono stare in giudizio se non col ministero o con
l'assistenza di un difensore. Il giudice di pace tuttavia, in considerazione
della natura ed entità della causa, con decreto emesso anche su istanza verbale
della parte, può autorizzarla a stare in giudizio di persona. Salvi i casi in
cui la legge dispone altrimenti, davanti al pretore, al tribunale e alla corte
d'appello le parti debbono stare in giudizio col ministero di un procuratore
legalmente esercente; e davanti alla Corte di cassazione col ministero di un
avvocato iscritto nell'apposito albo. Articolo così sostituito dall'art. 20, L.
21 novembre 1991, n. 374. Art. 83 (Procura alle liti) Quando la parte sta in
giudizio col ministero di un difensore, questi deve essere munito di procura.
La procura alle liti può essere generale o speciale, e deve essere conferita
con atto pubblico o scrittura privata autenticata. La procura speciale può
essere anche apposta in calce o a margine della citazione, del ricorso, del
controricorso, della comparsa di risposta o d'intervento, del precetto o della
domanda d'intervento nell'esecuzione. In tali casi l'autografia della
sottoscrizione della parte deve essere certificata dal difensore. La procura
speciale si presume conferita soltanto per un determinato grado del processo,
quando nell'atto non è espressa volontà diversa. La procura si considera
apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato che sia però congiunto
materialmente all'atto cui si riferisce. Articolo così modificato dall'art. 1,
L. 27 maggio 1997, n. 141. Art. 84 (Poteri del difensore) Quando la parte sta
in giudizio col ministero del difensore, questi può compiere e ricevere,
nell'interesse della parte stessa, tutti gli atti del processo che dalla legge
non sono ad essa espressamente riservati. In ogni caso non può compiere atti
che importano disposizione del diritto in contesa, se non ne ha ricevuto
espressamente il potere. Art. 85 (Revoca e rinuncia alla procura) La procura
può essere sempre revocata e il difensore può sempre rinunciarvi, ma la revoca
e la rinuncia non hanno effetto nei confronti dell'altra parte finchè non sia
avvenuta la sostituzione del difensore. Art. 86 (Difesa personale della parte)
La parte o la persona che la rappresenta o assiste, quando ha la qualità
necessaria per esercitare l'ufficio di difensore con procura presso il giudice
adito, può stare in giudizio senza il ministero di altro difensore. Art. 87
(Assistenza degli avvocati e del consulente tecnico) La parte può farsi
assistere da uno o più avvocati, e anche da un consulente tecnico nei casi e
con i modi stabiliti nel presente codice. Capo III: DEI DOVERI DELLE PARTI E
DEI DIFENSORI Art. 88 (Dovere di lealtà e di probità) Le parti e i loro
difensori hanno il dovere di comportarsi in giudizio con lealtà e probità. In
caso di mancanza dei difensori a tale dovere, il giudice deve riferirne alle autorità
che esercitano il potere disciplinare su di essi. Art. 89 (Espressioni
sconvenienti od offensive) Negli scritti presentati e nei discorsi pronunciati
davanti al giudice, le parti e i loro difensori non debbono usare espressioni
sconvenienti od offensive. Il giudice, in ogni stato dell'istruzione, può
disporre con ordinanza che si cancellino le espressioni sconvenienti od
offensive, e, con la sentenza che decide la causa, può inoltre assegnare alla
persona offesa una somma a titolo di risarcimento del danno anche non
patrimoniale sofferto, quando le espressioni offensive non riguardano l'oggetto
della causa. Capo IV: DELLE RESPONSABILITÀ DELLE PARTI PER LE SPESE E PER I
DANNI PROCESSUALI Art. 90 (Onere delle spese) Salve le disposizioni relative al
gratuito patrocinio, nel corso del processo ciascuna delle parti deve
provvedere alle spese degli atti che compie e di quelli che chiede, e deve
anticiparle per gli altri atti necessari al processo quando l'anticipazione è
posta a suo carico dalla legge o dal giudice. Art. 91 (Condanna alle spese) Il
giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la
parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte e ne
liquida l'ammontare insieme con gli onorari di difesa. Eguale provvedimento
emette nella sua sentenza il giudice che regola la competenza. Le spese della
sentenza sono liquidate dal cancelliere con nota in margine alla stessa; quelle
della notificazione della sentenza, del titolo esecutivo e del precetto sono
liquidate dall'ufficiale giudiziario con nota in margine all'originale e alla
copia notificata. I reclami contro le liquidazioni di cui al comma precedente
sono decisi con le forme previste negli artt. 287 e 288 dal capo dell'ufficio a
cui appartiene il cancelliere o l'ufficiale giudiziario. Art. 92 (Condanna alle
spese per singoli atti. Compensazione delle spese) . Il giudice, nel
pronunciare la condanna di cui all'articolo precedente, può escludere la
ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice, se le ritiene
eccessive o superflue; e può, indipendentemente dalla soccombenza, condannare
una parte al rimborso delle spese, anche non ripetibili, che, per trasgressione
al dovere di cui all'art. 88, essa ha causato all'altra parte. Se vi è
soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi, il giudice può
compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti. Se le parti si
sono conciliate, le spese si intendono compensate, salvo che le parti stesse
abbiano diversamente convenuto nel processo verbale di conciliazione. Art. 93
(Distrazione delle spese) Il difensore con procura può chiedere che il giudice,
nella stessa sentenza in cui condanna alle spese, distragga in favore suo e
degli altri difensori gli onorari non riscossi e le spese che dichiara di avere
anticipate. Finchè il difensore non abbia conseguito il rimborso che gli è
stato attribuito, la parte può chiedere al giudice, con le forme stabilite per
la correzione delle sentenze, la revoca del provvedimento, qualora dimostri di
aver soddisfatto il credito del difensore per gli onorari e le spese. Art. 94
(Condanna di rappresentanti o curatori) Gli eredi beneficiati, i tutori, i
curatori e in generale coloro che rappresentano o assistono la parte in
giudizio possono essere condannati personalmente, per motivi gravi che il
giudice deve specificare nella sentenza, alle spese dell'intero processo o di
singoli atti, anche in solido con la parte rappresentata o assistita. Art. 95
(Spese del processo di esecuzione) Le spese sostenute dal creditore procedente
e da quelli intervenuti che partecipano utilmente alla distribuzione sono a
carico di chi ha subito l'esecuzione, fermo il privilegio stabilito dal codice
civile. Art. 96 (Responsabilità aggravata) Se risulta che la parte soccombente
ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su
istanza dell'altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento
dei danni, che liquida, anche di ufficio, nella sentenza. Il giudice che
accerta l'inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un provvedimento
cautelare, o trascritta domanda giudiziaria o iscritta ipoteca giudiziale,
oppure iniziata o compiuta l'esecuzione forzata, su istanza della parte
danneggiata condanna al risarcimento dei danni l'attore o il creditore procedente,
che ha agito senza la normale prudenza. La liquidazione dei danni è fatta a
norma del comma precedente. Art. 97 (Responsabilità di più soccombenti) Se le
parti soccombenti sono più, il giudice condanna ciascuna di esse alle spese e
ai danni in proporzione del rispettivo interesse nella causa. Può anche
pronunciare condanna solidale di tutte o di alcune tra esse, quando hanno
interesse comune. Se la sentenza non statuisce sulla ripartizione delle spese e
dei danni, questa si fa per quote uguali. Art. 98 (Cauzione per le spese) Il
giudice istruttore, il pretore o il conciliatore, su istanza del convenuto, può
disporre con ordinanza che l'attore non ammesso al gratuito patrocinio presti
cauzione per il rimborso delle spese, quando vi è fondato timore che l'eventuale
condanna possa restare ineseguita. Se la cauzione non è prestata nel termine
stabilito, il processo si estingue. La Corte costituzionale, con sentenza n. 67
del 29 novembre 1960, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente
articolo. Titolo IV: DELL'ESERCIZIO DELL'AZIONE Art. 99 (Principio della
domanda) Chi vuole far valere un diritto in giudizio deve proporre domanda al
giudice competente. Art. 100 (Interesse ad agire) Per proporre una domanda o
per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse. Art. 101 (Principio
del contraddittorio) Il giudice, salvo che la legge disponga altrimenti, non
può statuire sopra alcuna domanda, se la parte contro la quale è proposta non è
stata regolarmente citata e non è comparsa. Art. 102 (Litisconsorzio
necessario) Se la decisione non può pronunciarsi che in confronto di più parti,
queste debbono agire o essere convenute nello stesso processo. Se questo è
promosso da alcune o contro alcune soltanto di esse, il giudice ordina
l'integrazione del contraddittorio in un termine perentorio da lui stabilito.
Art. 103 (Litisconsorzio facoltativo) Più parti possono agire o essere
convenute nello stesso processo, quando tra le cause che si propongono esiste
connessione per l'oggetto o per il titolo dal quale dipendono, oppure quando la
decisione dipende, totalmente o parzialmente, dalla risoluzione di identiche
questioni. Il giudice può disporre, nel corso della istruzione o nella
decisione, la separazione delle cause, se vi è istanza di tutte le parti,
ovvero quando la continuazione della loro riunione ritarderebbe o renderebbe
più gravoso il processo, e può rimettere al giudice inferiore le cause di sua
competenza. Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581. Art. 104
(Pluralità di domande contro la stessa parte) Contro la stessa parte possono
proporsi nel medesimo processo più domande anche non altrimenti connesse,
purchè sia osservata la norma dell'articolo 10 secondo comma. È applicabile la
disposizione del secondo comma dell'articolo precedente. Articolo così
sostituito dalla 14 luglio 1950, n. 581. Art. 105 (Intervento volontario)
Ciascuno può intervenire in un processo tra altre persone per far valere, in
confronto di tutte le parti o di alcune di esse, un diritto relativo all'oggetto
o dipendente dal titolo dedotto nel processo medesimo. Può altresì intervenire
per sostenere le ragioni di alcuna delle parti, quando vi ha un proprio
interesse. Art. 106 (Intervento su istanza di parte) Ciascuna parte può
chiamare nel processo un terzo al quale ritiene comune la causa o dal quale
pretende essere garantita. Art. 107 (Intervento per ordine del giudice) Il
giudice, quando ritiene opportuno che il processo si svolga in confronto di un
terzo al quale la causa è comune, ne ordina l'intervento. Art. 108
(Estromissione del garantito) Se il garante comparisce e accetta di assumere la
causa in luogo del garantito, questi può chiedere, qualora le altre parti non
si oppongano, la propria estromissione. Questa è disposta dal giudice con
ordinanza; ma la sentenza di merito pronunciata nel giudizio spiega i suoi
effetti anche contro l'estromesso. Art. 109 (Estromissione dell'obbligato) Se
si contende a quale di più parti spetta una prestazione e l'obbligato si
dichiara pronto a eseguirla a favore di chi ne ha diritto, il giudice può
ordinare il deposito della cosa o della somma dovuta e, dopo il deposito, può
estromettere l'obbligato dal processo. Art. 110 (Successione nel processo)
Quando la parte vien meno per morte o per altra causa, il processo è proseguito
dal successore universale o in suo confronto. Art. 111 (Successione a titolo
particolare nel diritto controverso) Se nel corso del processo si trasferisce
il diritto controverso per atto tra vivi a titolo particolare, il processo
prosegue tra le parti originarie. Se il trasferimento a titolo particolare
avviene a causa di morte, il processo è proseguito dal successore universale o
in suo confronto. In ogni caso il successore a titolo particolare può
intervenire o essere chiamato nel processo e, se le altre parti vi consentono,
l'alienante o il successore universale può esserne estromesso. La sentenza
pronunciata contro questi ultimi spiega sempre i suoi effetti anche contro il
successore a titolo particolare ed è impugnabile anche da lui, salve le norme
sull'acquisto in buona fede dei mobili e sulla trascrizione. Titolo V: DEI
POTERI DEL GIUDICE Art. 112 (Corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato) Il
giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa; e
non può pronunciare d'ufficio su eccezioni, che possono essere proposte
soltanto dalle parti. Art. 113 (Pronuncia secondo diritto) Nel pronunciare
sulla causa il giudice deve seguire le norme del diritto, salvo che la legge
gli attribuisca il potere di decidere secondo equità. Il giudice di pace decide
secondo equità le cause il cui valore non eccede lire due milioni (1). (1)
Comma così sostituito dall'art. 21, L. 21 novembre 1991, n. 374. Art. 114
(Pronuncia secondo equità a richiesta di parte) Il giudice, sia in primo grado
che in appello, decide il merito della causa secondo equità quando esso
riguarda diritti disponibili delle parti e queste gliene fanno concorde
richiesta. Art. 115 (Disponibilità delle prove) Salvi i casi previsti dalla
legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte
dalle parti o dal pubblico ministero. Può tuttavia, senza bisogno di prova,
porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella
comune esperienza. Art. 116 (Valutazione delle prove) Il giudice deve valutare
le prove secondo il suo prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga
altrimenti. Il giudice può desumere argomenti di prova dalle risposte che le
parti gli danno a norma dell'articolo seguente, dal loro rifiuto ingiustificato
a consentire le ispezioni che egli ha ordinate e, in generale, dal contegno
delle parti stesse nel processo. Art. 117 (Interrogatorio non formale delle
parti) Il giudice, in qualunque stato e grado del processo, ha facoltà di
ordinare la comparizione personale delle parti in contraddittorio tra loro per
interrogarle liberamente sui fatti della causa. Le parti possono farsi
assistere dai difensori. Art. 118 (Ordine d'ispezione di persone e di cose) Il
giudice può ordinare alle parti e ai terzi di consentire sulla loro persona o
sulle cose in loro possesso le ispezioni che appaiano indispensabili per
conoscere i fatti della causa, purchè ciò possa compiersi senza grave danno per
la parte o per il terzo, e senza costringerli a violare uno dei segreti
previsti negli articoli 351 e 352 del codice di procedura penale. Se la parte
rifiuta di eseguire tale ordine senza giusto motivo, il giudice può da questo
rifiuto desumere argomenti di prova a norma dell'articolo 116, secondo comma.
Se rifiuta il terzo, il giudice lo condanna a una pena pecuniaria non superiore
a lire ottomila. Art. 119 (Imposizione di cauzione) Il giudice, nel
provvedimento col quale impone una cauzione, deve indicare l'oggetto di essa,
il modo di prestarla, e il termine entro il quale la prestazione deve avvenire.
Art. 120 (Pubblicità della sentenza) Nei casi in cui la pubblicità della
decisione di merito può contribuire a riparare il danno, il giudice, su istanza
di parte, può ordinarla a cura e spese del soccombente, mediante inserzione per
estratto in uno o più giornali da lui designati. Se l'inserzione non avviene
nel termine stabilito dal giudice, può procedervi la parte a favore della quale
è stata disposta, con diritto a ripetere le spese dall'obbligato. Titolo VI:
DEGLI ATTI PROCESSUALI Capo I: DELLE FORME DEGLI ATTI E DEI PROVVEDIMENTI
Sezione I: DEGLI ATTI IN GENERALE Art. 121 (Libertà di forme) Gli atti del
processo, per i quali la legge non richiede forme determinate, possono essere
compiuti nella forma più idonea al raggiungimento del loro scopo. Art. 122 (Uso
della lingua italiana - Nomina dell'interprete) In tutto il processo è
prescritto l'uso della lingua italiana. Quando deve essere sentito chi non
conosce la lingua italiana, il giudice può nominare un interprete. Questi,
prima di esercitare le sue funzioni, presta giuramento davanti al giudice di
adempiere fedelmente il suo ufficio. Art. 123 (Nomina del traduttore) Quando
occorre procedere all'esame di documenti che non sono scritti in lingua
italiana, il giudice può nominare un traduttore, il quale presta giuramento a
norma dell'articolo precedente. Art. 124 (Interrogazione del sordo e del muto)
Se nel procedimento deve essere sentito un sordo, un muto o un sordomuto, le
interrogazioni e le risposte possono essere fatte per iscritto. Quando occorre,
il giudice nomina un interprete, il quale presta giuramento a norma
dell'articolo 122 ultimo comma. Art. 125 (Contenuto e sottoscrizione degli atti
di parte) Salvo che la legge disponga altrimenti, la citazione, il ricorso, la
comparsa, il controricorso, il precetto debbono indicare l'ufficio giudiziario,
le parti, l'oggetto, le ragioni della domanda e le conclusioni o la istanza, e,
tanto nell'originale quanto nelle copie da notificare, debbono essere
sottoscritti dalla parte, se essa sta in giudizio personalmente, oppure dal
difensore. La procura al difensore dell'attore può essere rilasciata in data
posteriore alla notificazione dell'atto, purchè anteriormente alla costituzione
della parte rappresentata. La disposizione del comma precedente non si applica
quando la legge richiede che la citazione sia sottoscritta dal difensore munito
di mandato speciale. Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 126 (Contenuto del processo verbale) Il processo verbale deve contenere
l'indicazione delle persone intervenute e delle circostanze di luogo e di tempo
nelle quali gli atti che documenta sono compiuti; deve inoltre contenere la
descrizione delle attività svolte e delle rilevazioni fatte, nonchè le
dichiarazioni ricevute. Il processo verbale è sottoscritto dal cancelliere. Se
vi sono altri intervenuti, il cancelliere, quando la legge non dispone
altrimenti, dà loro lettura del processo verbale e li invita a sottoscriverlo.
Se alcuno di essi non può o non vuole sottoscrivere, ne è fatta espressa
menzione. Sezione II: DELLE UDIENZE Art. 127 (Direzione dell'udienza) L'udienza
è diretta dal giudice singolo o dal presidente del collegio. Il giudice che la
dirige può fare o prescrivere quanto occorre affinchè la trattazione delle
cause avvenga in modo ordinato e proficuo, regola la discussione, determina i
punti sui quali essa deve svolgersi e la dichiara chiusa quando la ritiene
sufficiente. Art. 128 (Udienza pubblica) L'udienza in cui si discute la causa è
pubblica a pena di nullità, ma il giudice che la dirige può disporre che si
svolga a porte chiuse, se ricorrono ragioni di sicurezza dello Stato, di ordine
pubblico o di buon costume. Il giudice esercita i poteri di polizia per il
mantenimento dell'ordine e del decoro e può allontanare chi contravviene alle
sue prescrizioni. Art. 129 (Doveri di chi interviene o assiste all'udienza) Chi
interviene o assiste all'udienza non può portare armi o bastoni e deve stare a
capo scoperto e in silenzio. È vietato fare segni di approvazione o di
disapprovazione o cagionare in qualsiasi modo disturbo. Art. 130 (Redazione del
processo verbale) Il cancelliere redige il processo verbale di udienza sotto la
direzione del giudice. Il processo verbale è sottoscritto da chi presiede
l'udienza e dal cancelliere; di esso non si dà lettura, salvo espressa istanza
di parte. Sezione III:DEI PROVVEDIMENTI Art. 131 (Forma dei provvedimenti in
generale) La legge prescrive in quali casi il giudice pronuncia sentenza,
ordinanza o decreto. In mancanza di tali prescrizioni, i provvedimenti sono
dati in qualsiasi forma idonea al raggiungimento del loro scopo. Dei
provvedimenti collegiali è compilato sommario processo verbale, il quale deve
contenere la menzione della unanimità della decisione o del dissenso,
succintamente motivato, che qualcuno dei componenti del collegio, da indicarsi
nominativamente, abbia eventualmente espresso su ciascuna delle questioni
decise. Il verbale, redatto dal meno anziano dei componenti togati del collegio
e sottoscritto da tutti i componenti del collegio stesso, è conservato a cura
del presidente in plico sigillato presso la cancelleria dell'ufficio (1). (1)
Comma aggiunto dall'art. 16, L. 13 aprile 1988, n. 117. La Corte
costituzionale, con sentenza 19 gennaio 1989, n. 18, ha dichiarato
l'illegittimità del predetto art. 16 nella parte cui dispone che "è
compilato sommario processo verbale" anzichè "può, se uno dei
componenti l'organo collegiale lo richieda, essere compilato sommario processo
verbale". Art. 132 (Contenuto della sentenza) La sentenza è pronunciata in
nome del popolo italiano e reca l'intestazione: Repubblica italiana. Essa deve
contenere: 1) l'indicazione del giudice che l'ha pronunciata; 2) l'indicazione
delle parti e dei loro difensori; 3) le conclusioni del pubblico ministero e
quelle delle parti; 4) la concisa esposizione dello svolgimento del processo e
dei motivi in fatto e in diritto della decisione; 5) il dispositivo, la data
della deliberazione e la sottoscrizione del giudice. La sentenza emessa dal
giudice collegiale è sottoscritta soltanto dal presidente e dal giudice
estensore. Se il presidente non può sottoscrivere per morte o per altro
impedimento, la sentenza viene sottoscritta dal componente più anziano del
collegio, purchè prima della sottoscrizione sia menzionato l'impedimento; se
l'estensore non può sottoscrivere la sentenza per morte o altro impedimento è
sufficiente la sottoscrizione del solo presidente, purchè prima della
sottoscrizione sia menzionato l'impedimento (1). (1) Comma così sostituito
dalla L. 8 agosto 1977, n. 532. Art. 133 (Pubblicazione e comunicazione della
sentenza) La sentenza è resa pubblica mediante deposito nella cancelleria del
giudice che l'ha pronunciata. Il cancelliere dà atto del deposito in calce alla
sentenza e vi appone la data e la firma, ed entro cinque giorni, mediante
biglietto contenente il dispositivo, ne dà notizia alle parti che si sono
costituite. Art. 134 (Forma, contenuto e comunicazione dell'ordinanza)
L'ordinanza è succintamente motivata. Se è pronunciata in udienza, è inserita
nel processo verbale; se è pronunciata fuori dell'udienza, è scritta in calce
al processo verbale oppure in foglio separato, munito della data e della
sottoscrizione del giudice o, quando questo è collegiale, del presidente. Il
cancelliere comunica alle parti l'ordinanza pronunciata fuori dell'udienza,
salvo che la legge ne prescriva la notificazione. Art. 135 (Forma e contenuto
del decreto) Il decreto è pronunciato d'ufficio o su istanza anche verbale
della parte. Se è pronunciato su ricorso, è scritto in calce al medesimo.
Quando l'istanza è proposta verbalmente, se ne redige processo verbale e il
decreto è inserito nello stesso. Il decreto non è motivato, salvo che la
motivazione sia prescritta espressamente dalla legge; è dato ed è sottoscritto
dal giudice o, quando questo è collegiale, dal presidente. Sezione IV: DELLE
COMUNICAZIONI E DELLE NOTIFICAZIONI Art. 136 (Comunicazioni) Il cancelliere,
con biglietto di cancelleria in carta non bollata, fa le comunicazioni che sono
prescritte dalla legge o dal giudice al pubblico ministero, alle parti, al
consulente, agli altri ausiliari del giudice e ai testimoni, e dà notizia di
quei provvedimenti per i quali è disposta dalla legge tale forma abbreviata di
comunicazione. Il biglietto è consegnato dal cancelliere al destinatario, che
ne rilascia ricevuta, o è notificato dall'ufficiale giudiziario (1). (1) Comma
così sostituito dalla L. 7 febbraio 1979, n. 59. Art. 137 (Notificazioni) Le
notificazioni, quando non è disposto altrimenti, sono eseguite dall'ufficiale
giudiziario, su istanza di parte o su richiesta del pubblico ministero o del
cancelliere. L'ufficiale giudiziario esegue la notificazione mediante consegna
al destinatario di copia conforme all'originale dell'atto da notificarsi. Art.
138 (Notificazione in mani proprie) L'ufficiale giudiziario può sempre eseguire
la notificazione mediante consegna della copia nelle mani proprie del
destinatario, ovunque lo trovi nell'ambito della circoscrizione dell'ufficio
giudiziario al quale è addetto. Se il destinatario rifiuta di ricevere la
copia, l'ufficiale giudiziario ne dà atto nella relazione, e la notificazione
si considera fatta in mani proprie. Art. 139 (Notificazione nella residenza,
nella dimora o nel domicilio) Se non avviene nel modo previsto nell'articolo
precedente, la notificazione deve essere fatta nel comune di residenza del
destinatario, ricercandolo nella casa di abitazione o dove ha l'ufficio o
esercita l'industria o il commercio. Se il destinatario non viene trovato in
uno di tali luoghi, l'ufficiale giudiziario consegna copia dell'atto a una
persona di famiglia o addetta alla casa, all'ufficio o all'azienda, purchè non
minore di quattordici anni o non palesemente incapace. In mancanza delle
persone indicate nel comma precedente, la copia è consegnata al portiere dello
stabile dove è l'abitazione, l'ufficio o l'azienda, e, quando anche il portiere
manca, a un vicino di casa che accetti di riceverla. Il portiere o il vicino
deve sotto scrivere l'originale, e l'ufficiale giudiziario dà notizia al
destinatario dell'avvenuta notificazione dell'atto, a mezzo di lettera
raccomandata. Se il destinatario vive abitualmente a bordo di una nave
mercantile, l'atto può essere consegnato al capitano o a chi ne fa le veci.
Quando non è noto il comune di residenza, la notificazione si fa nel comune di
dimora, e, se anche questa è ignota, nel comune di domicilio, osservate in
quanto è possibile le disposizioni precedenti. Art. 140 (Irreperibilità o
rifiuto di ricevere la copia) Se non è possibile eseguire la consegna per irreperibilità
o per incapacità o rifiuto delle persone indicate nell'articolo precedente,
l'ufficiale giudiziario deposita la copia nella casa del comune dove la
notificazione deve eseguirsi, affigge avviso del deposito alla porta
dell'abitazione o dell'ufficio o dell'azienda del destinatario, e gliene dà
notizia per raccomandata con avviso di ricevimento. Art. 141 (Notificazione
presso il domiciliatario) La notificazione degli atti a chi ha eletto domicilio
presso una persona o un ufficio può essere fatta mediante consegna di copia
alla persona o al capo dell'ufficio in qualità di domiciliatario, nel luogo
indicato nell'elezione. Quando l'elezione di domicilio è stata inserita in un
contratto, la notificazione presso il domiciliatario è obbligatoria, se così è
stato espressamente dichiarato. La consegna, a norma dell'art. 138, della copia
nelle mani della persona o del capo dell'ufficio presso i quali si è eletto
domicilio, equivale a consegna nelle mani proprie del destinatario. La
notificazione non può essere fatta nel domicilio eletto se è chiesta dal
domiciliatario o questi è morto o si è trasferito fuori della sede indicata
nell'elezione di domicilio o è cessato l'ufficio. Art. 142 (Notificazione a
persona non residente, nè dimorante, nè domiciliata nella Repubblica) Salvo
quanto disposto nel terzo comma, se il destinatario non ha residenza, dimora o
domicilio nello Stato e non vi ha eletto domicilio o costituito un procuratore
a norma dell'art. 77, l'atto è notificato mediante affissione di copia nell'albo
dell'ufficio giudiziario davanti al quale si procede e mediante spedizione di
altra copia al destinatario per mezzo della posta in piego raccomandato (1).
Una terza copia è consegnata al pubblico ministero, che ne cura la trasmissione
al Ministero degli affari esteri per la consegna alla persona alla quale è
diretta. Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano soltanto nei
casi in cui risulta impossibile eseguire la notificazione in uno dei modi
consentiti dalle Convenzioni internazionali e dagli artt. 30 e 75 del D.P.R. 5
gennaio 1967, n. 200 (2). (1) Comma così sostituito dalla L. 6 febbraio 1981,
n. 42. (2) Comma aggiunto dalla L. 6 febbraio 1981, n. 42. Successivamente la
Corte costituzionale, con sentenza 3 marzo 1994, n. 69, ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale del presente comma, nella parte in cui non prevede che la
notificazione all'estero del sequestro si perfezioni, ai fini dell'osservanza
del prescritto termine, con il tempestivo compimento delle formalità imposte al
notificante dalle Convenzioni internazionali e dagli articoli 30 e 75 del
D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200. Art. 143 (Notificazione a persona di residenza,
dimora e domicilio sconosciuti) Se non sono conosciuti la residenza, la dimora
e il domicilio del destinatario e non vi è il procuratore previsto
nell'articolo 77, l'ufficiale giudiziario esegue la notificazione mediante
deposito di copia dell'atto nella casa comunale dell'ultima residenza o, se
questa è ignota, in quella del luogo di nascita del destinatario, e mediante
affissione di altra copia nell'albo dell'ufficio giudiziario davanti al quale
si procede. Se non sono noti nè il luogo dell'ultima residenza nè quello di
nascita, l'ufficiale giudiziario consegna una copia dell'atto al pubblico
ministero. Nei casi previsti nel presente articolo e nei primi due commi
dell'articolo precedente, la notificazione si ha per eseguita nel ventesimo
giorno successivo a quello in cui sono compiute le formalità prescritte (1).
(1) Comma così sostituito dalla L. 6 febbraio 1981, n. 42. La Corte
costituzionale, con sentenza 3 marzo 1994, n. 69, ha poi dichiarato
l'illegittimità costituzionale di questo comma nella parte in cui non prevede
che la notificazione all'estero del sequestro si perfezioni, ai fini
dell'osservanza del prescritto termine, con il tempestivo compimento delle
formalità imposte al notificante dalle Convenzioni internazionali e dagli
articoli 30 e 75 del D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200. Art. 144 (Notificazione
alle amministrazioni dello Stato) Per le amministrazioni dello Stato si
osservano le disposizioni delle leggi speciali che prescrivono la notificazione
presso uffici dell'Avvocatura dello Stato. Fuori dei casi previsti nel comma
precedente, le notificazioni si fanno direttamente presso l'amministrazione
destinataria, a chi la rappresenta nel luogo in cui risiede il giudice davanti
al quale si procede. Esse si eseguono mediante consegna di copia nella sede
dell'ufficio al titolare o alle persone indicate nell'articolo seguente. Art.
145 (Notificazione alle persone giuridiche) La notificazione alle persone
giuridiche si esegue nella loro sede, mediante consegna di copia dell'atto al
rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o, in
mancanza, ad altra persona addetta alla sede stessa. La notificazione alle
società non aventi personalità giuridica, alle associazioni non riconosciute e
ai comitati di cui agli articoli 36 e seguenti del codice civile si fa a norma
del comma precedente, nella sede indicata nell'articolo 19 secondo comma. Se la
notificazione non può essere eseguita a norma dei commi precedenti e nell'atto
è indicata la persona fisica che rappresenta l'ente si osservano le
disposizioni degli articoli 138, 139 e 141. Art. 146 (Notificazione a militari
in attività di servizio) Se il destinatario è militare in attività di servizio
e la notificazione non è eseguita in mani proprie, osservate le disposizioni di
cui agli articoli 139 e seguenti, si consegna una copia al pubblico ministero,
che ne cura l'invio al comandante del corpo al quale il militare appartiene.
Art. 147 (Tempo delle notificazioni) Le notificazioni non possono farsi dal 1°
ottobre al 31 marzo prima delle ore 7 e dopo le ore 19; dal 1° aprile al 30
settembre prima delle ore 6 e dopo le ore 20. Art. 148 (Relazione di notificazione)
L'ufficiale giudiziario certifica l'eseguita notificazione mediante relazione
da lui datata e sottoscritta, apposta in calce all'originale e alla copia
dell'atto. La relazione indica la persona alla quale è consegnata la copia e le
sue qualità, nonchè il luogo della consegna, oppure le ricerche, anche
anagrafiche, fatte dall'ufficiale giudiziario, i motivi della mancata consegna
e le notizie raccolte sulla reperibilità del destinatario. Art. 149
(Notificazione a mezzo del servizio postale) Se non ne è fatto espresso divieto
dalla legge, la notificazione può eseguirsi anche a mezzo del servizio postale.
In tale caso l'ufficiale giudiziario scrive la relazione di notificazione
sull'originale e sulla copia dell'atto, facendovi menzione dell'ufficio postale
per mezzo del quale spedisce la copia al destinatario in piego raccomandato con
avviso di ricevimento. Quest'ultimo è allegato all'originale. Art. 150
(Notificazione per pubblici proclami) Quando la notificazione nei modi ordinari
è sommamente difficile per il rilevante numero dei destinatari o per la
difficoltà di identificarli tutti, il capo dell'ufficio giudiziario davanti al
quale si procede e, in caso di procedimento davanti al pretore, il presidente
del tribunale, nella cui circoscrizione è posta la pretura, può autorizzare, su
istanza della parte interessata e sentito il pubblico ministero, la
notificazione per pubblici proclami. L'autorizzazione è data con decreto stesso
in calce all'atto da notificarsi; in esso sono designati, quando occorre, i
destinatari ai quali la notificazione deve farsi nelle forme ordinarie e sono
indicati i modi che appaiono più opportuni per portare l'atto a conoscenza
degli altri interessati. In ogni caso, copia dell'atto è depositata nella casa
comunale del luogo in cui ha sede l'ufficio giudiziario davanti al quale si
promuove o si svolge il processo, e un estratto di esso è inserito nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica e nel foglio degli annunzi legali delle
province dove risiedono i destinatari o si presume che risieda la maggior parte
di essi. La notificazione si ha per avvenuta quando, eseguito ciò che è
prescritto nel presente articolo, l'ufficiale giudiziario deposita una copia
dell'atto, con la relazione e i documenti giustificativi dell'attività svolta,
nella cancelleria del giudice davanti al quale si procede. Questa forma di
notificazione non è ammessa nei procedimenti davanti al conciliatore. Art. 151
(Forme di notificazione ordinate dal giudice) Il giudice può prescrivere, anche
d'ufficio, con decreto steso in calce all'atto, che la notificazione sia
eseguita in modo diverso da quello stabilito dalla legge, e anche per mezzo di
telegramma collazionato con avviso di ricevimento quando lo consigliano
circostanze particolari o esigenze di maggiore celerità. Capo II: DEI TERMINI
Art. 152 (Termini legali e termini giudiziari) I termini per il compimento
degli atti del processo sono stabiliti dalla legge; possono essere stabiliti
dal giudice anche a pena di decadenza, soltanto se la legge lo permette espressamente.
I termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li
dichiari espressamente perentori. Art. 153 (Improrogabilità dei termini
perentori) I termini perentori non possono essere abbreviati o prorogati,
nemmeno sull'accordo delle parti. Art. 154 (Prorogabilità del termine
ordinatorio) Il giudice, prima della scadenza, può abbreviare o prorogare,
anche d'ufficio, il termine che non sia stabilito a pena di decadenza. La
proroga non può avere una durata superiore al termine originario. Non può
essere consentita proroga ulteriore, se non per motivi particolarmente gravi e
con provvedimento motivato. Art. 155 (Computo dei termini) Nel computo dei
termini a giorni o ad ore, si escludono il giorno o l'ora iniziali. Per il
computo dei termini a mesi o ad anni, si osserva il calendario comune. I giorni
festivi si computano nel termine. Se il giorno di scadenza è festivo la
scadenza è prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo. Capo III:
DELLA NULLITÀ DEGLI ATTI Art. 156 (Rilevanza della nullità) Non può essere
pronunciata la nullità per inosservanza di forme di alcun atto del processo, se
la nullità non è comminata dalla legge. Può tuttavia essere pronunciata quando
l'atto manca dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello
scopo. La nullità non può mai essere pronunciata, se l'atto ha raggiunto lo
scopo a cui è destinato. * Art. 157 (Rilevabilità e sanatoria della nullità)
Non può pronunciarsi la nullità senza istanza di parte, se la legge non dispone
che sia pronunciata di ufficio. Soltanto la parte nel cui interesse è stabilito
un requisito può opporre la nullità dell'atto per la mancanza del requisito
stesso, ma deve farlo nella prima istanza o difesa successiva all'atto o alla
notizia di esso. La nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato
causa, nè da quella che vi ha rinunciato anche tacitamente. Art. 158 (Nullità
derivante dalla costituzione del giudice) La nullità derivante da vizi relativi
alla costituzione del giudice o all'intervento del pubblico ministero è
insanabile e deve essere rilevata d'ufficio, salva la disposizione dell'art.
161. Art. 159 (Estensione della nullità) La nullità di un atto non importa
quella degli atti precedenti, nè di quelli successivi che ne sono indipendenti.
La nullità di una parte dell'atto non colpisce le altre parti che ne sono
indipendenti. Se il vizio impedisce un determinato effetto, l'atto può tuttavia
produrre gli altri effetti ai quali è idoneo. Art. 160 (Nullità della
notificazione) La notificazione è nulla se non sono osservate le disposizioni
circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia, o se vi è
incertezza assoluta sulla persona a cui è fatta o sulla data, salva
l'applicazione degli articoli 156 e 157. Art. 161 (Nullità della sentenza) La
nullità delle sentenze soggette ad appello o a ricorso per cassazione può
essere fatta valere soltanto nei limiti e secondo le regole proprie di questi
mezzi di impugnazione. Questa disposizione non si applica quando la sentenza
manca della sottoscrizione del giudice. Art. 162 (Pronuncia sulla nullità) Il
giudice che pronuncia la nullità deve disporre, quando sia possibile, la
rinnovazione degli atti ai quali la nullità si estende. Se la nullità degli
atti del processo è imputabile al cancelliere, all'ufficiale giudiziario o al
difensore, il giudice, col provvedimento col quale la pronuncia, pone le spese
della rinnovazione a carico del responsabile e, su istanza di parte, con la
sentenza che decide la causa può condannare quest'ultimo al risarcimento dei
danni causati dalla nullità a norma dell'articolo 60 n. 2. Libro Secondo DEL
PROCESSO DI COGNIZIONE Titolo I: DEL PROCEDIMENTO DAVANTI AL TRIBUNALE Capo I:
DELL'INTRODUZIONE DELLA CAUSA Sezione I: DELLA CITAZIONE E DELLA COSTITUZIONE
DELLE PARTI Art. 163 (Contenuto della citazione) La domanda si propone mediante
citazione a comparire a udienza fissa. Il presidente del tribunale stabilisce
al principio dell'anno giudiziario, con decreto approvato dal primo presidente
della Corte di appello, i giorni della settimana e le ore delle udienze
destinate esclusivamente alla prima comparizione delle parti. L'atto di
citazione deve contenere: 1) l'indicazione del tribunale davanti al quale la
domanda è proposta; 2) il nome, il cognome e la residenza dell'attore, il nome,
il cognome, la residenza o il domicilio o la dimora del convenuto e delle
persone che rispettivamente li rappresentano o li assistono. Se attore o
convenuto è una persona giuridica, un'associazione non riconosciuta o un
comitato, la citazione deve contenere la denominazione o la ditta, con
l'indicazione dell'organo o ufficio che ne ha la rappresentanza in giudizio; 3)
la determinazione della cosa oggetto della domanda; 4) l'esposizione dei fatti
e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le
relative conclusioni; 5) l'indicazione specifica dei mezzi di prova dei quali
l'attore intende valersi e in particolare dei documenti che offre in
comunicazione; 6) il nome e il cognome del procuratore e l'indicazione della
procura, qualora questa sia stata già rilasciata; 7) l'indicazione del giorno
dell'udienza di comparizione; l'invito al convenuto a costituirsi nel termine
di venti giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite
dall'articolo 166, ovvero di dieci giorni prima in caso di abbreviazione dei
termini, e a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai
sensi dell'articolo 168-bis, con l'avvertimento che la costituzione oltre i
suddetti termini implica le decadenze di cui all'articolo 167 (1). L'atto di
citazione, sottoscritto a norma dell'art. 125, è consegnato dalla parte o dal
procuratore all'ufficiale giudiziario, il quale lo notifica a norma degli artt.
137 e seguenti. Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581. (1) Comma
così sostituito dall'art. 7, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 163 bis (Termini
per comparire) Tra il giorno della notificazione della citazione e quello
dell'udienza di comparizione debbono intercorrere termini liberi non minori di
sessanta giorni se il luogo della notificazione si trova in Italia e di
centoventi giorni se si trova all'estero (1). Nelle cause che richiedono pronta
spedizione il presidente può, su istanza dell'attore e con decreto motivato in
calce dell'atto originale e delle copie della citazione, abbreviare fino alla
metà i termini indicati dal primo comma. Se il termine assegnato dall'attore
ecceda il minimo indicato dal primo comma, il convenuto, costituendosi prima
della scadenza del termine minimo, può chiedere al presidente del tribunale
che, sempre osservata la misura di quest'ultimo termine, l'udienza per la
comparizione delle parti sia fissata con congruo anticipo su quella indicata
dall'attore. Il presidente provvede con decreto, che deve essere comunicato dal
cancelliere all'attore, almeno cinque giorni liberi prima dell'udienza fissata
dal presidente. Articolo aggiunto dalla L. 14 luglio 1950, n. 581. (1) Comma
così sostituito dall'art. 8, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 164 (Nullità
della citazione) La citazione è nulla se è omesso o risulta assolutamente
incerto alcuno dei requisiti stabiliti nei numeri 1) e 2) dell'articolo 163, se
manca l'indicazione della data dell'udienza di comparizione, se è stato
assegnato un termine a comparire inferiore a quello stabilito dalla legge
ovvero se manca l'avvertimento previsto dal numero 7) dell'articolo 163. Se il
convenuto non si costituisce in giudizio, il giudice, rilevata la nullità della
citazione ai sensi del primo comma, ne dispone d'ufficio la rinnovazione entro
un termine perentorio. Questa sana i vizi e gli effetti sostanziali e
processuali della domanda si producono sin dal momento della prima
notificazione. Se la rinnovazione non viene eseguita, il giudice ordina la
cancellazione della causa dal ruolo e il processo si estingue a norma
dell'articolo 307, comma terzo. La costituzione del convenuto sana i vizi della
citazione e restano salvi gli effetti sostanziali e processuali di cui al
secondo comma; tuttavia, se il convenuto deduce l'inosservanza dei termini a
comparire o la mancanza dell'avvertimento previsto dal numero 7) dell'articolo
163, il giudice fissa una nuova udienza nel rispetto dei termini. La citazione
è altresì nulla se è omesso o risulta assolutamente incerto il requisito
stabilito nel numero 3) dell'articolo 163 ovvero se manca l'esposizione dei
fatti di cui al numero 4) dello stesso articolo. Il giudice, rilevata la
nullità ai sensi del comma precedente, fissa all'attore un termine perentorio
per rinnovare la citazione o, se il convenuto si è costituito, per integrare la
domanda. Restano ferme le decadenze maturate e salvi i diritti quesiti
anteriormente alla rinnovazione o alla integrazione. Nel caso di integrazione
della domanda, il giudice fissa l'udienza ai sensi dell'ultimo comma dell'art.
183 e si applica l'articolo 167. Articolo così sostituito dall'art. 9, L. 26
novembre 1990, n. 353. Art. 165 (Costituzione dell'attore) L'attore, entro
dieci giorni dalla notificazione della citazione al convenuto, ovvero entro
cinque giorni nel caso di abbreviazione di termini a norma del secondo comma
dell'articolo 163 bis, deve costituirsi in giudizio a mezzo del procuratore, o
personalmente nei casi consentiti dalla legge, depositando in cancelleria la
nota d'iscrizione a ruolo e il proprio fascicolo contenente l'originale della
citazione, la procura e i documenti offerti in comunicazione. Se si costituisce
personalmente, deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune ove
ha sede il tribunale. Se la citazione è notificata a più persone, l'originale
della citazione deve essere inserito nel fascicolo entro dieci giorni
dall'ultima notificazione. Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n.
581 Art. 166 (Costituzione del convenuto) Il convenuto deve costituirsi a mezzo
del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge, almeno venti
giorni prima dell'udienza di comparizione fissata nell'atto di citazione, o
almeno dieci giorni prima nel caso di abbreviazione di termini a norma del
secondo comma dell'articolo 163-bis, ovvero almeno venti giorni prima
dell'udienza fissata a norma dell'articolo 168-bis, quinto comma, depositando
in cancelleria il proprio fascicolo contenente la comparsa di cui all'articolo
167 con la copia della citazione notificata, la procura e i documenti che offre
in comunicazione. Articolo sostituito dall'art. 10, L. 26 novembre 1990, n. 353
e successivamente così modificato dall'art. 1, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571.
Art. 167 (Comparsa di risposta) Nella comparsa di risposta il convenuto deve
proporre tutte le sue difese prendendo posizione sui fatti posti dall'attore a
fondamento della domanda, indicare i mezzi di prova di cui intende valersi e i
documenti che offre in comunicazione, formulare le conclusioni. A pena di
decadenza deve proporre le eventuali domande riconvenzionali . Se è omesso o
risulta assolutamente incerto l’oggetto o il titolo della domanda
riconvenzionale, il giudice, rilevata la nullità, fissa al convenuto un termine
perentorio per integrarla. Restano ferme le decadenze maturate e salvi i
diritti acquisiti anteriormente alla integrazione (1). Se intende chiamare un
terzo in causa, deve farne dichiarazione nella stessa comparsa e provvedere ai
sensi dell'articolo 269. Articolo così sostituito dall'art. 11, L. 26 novembre
1990, n. 353. (1) Comma così sostituito dall’art. 3, D.L. 18 ottobre 1995, n.
432. Art. 168 (Iscrizione della causa a ruolo e formazione del fascicolo
d'ufficio) All'atto della costituzione dell'attore, o, se questi non si è
costituito, all'atto della costituzione del convenuto, su presentazione della
nota d'iscrizione a ruolo, il cancelliere iscrive la causa nel ruolo generale.
Contemporaneamente il cancelliere forma il fascicolo d'ufficio, nel quale
inserisce la nota d'iscrizione a ruolo, copia dell'atto di citazione, delle
comparse e delle memorie in carta non bollata e, successivamente, i processi
verbali d'udienza, i provvedimenti del giudice, gli atti di istruzione e la
copia del dispositivo delle sentenze. Articolo così sostituito dalla L. 14
luglio 1950, n. 581. Art. 168 bis (Designazione del giudice istruttore) Formato
un fascicolo d'ufficio a norma dell'articolo precedente, il cancelliere lo
presenta senza indugio al presidente del tribunale, il quale, con decreto
scritto in calce della nota d'iscrizione al ruolo, designa il giudice istruttore
davanti al quale le parti debbono comparire, se non creda di procedere egli
stesso all'istruzione. Nei tribunali divisi in più sezioni il presidente
assegna la causa ad una di esse, e il presidente di questa provvede nelle
stesse forme alla designazione del giudice istruttore. La designazione del
giudice istruttore deve in ogni caso avvenire non oltre il secondo giorno
successivo alla costituzione della parte più diligente. Subito dopo la
designazione del giudice istruttore il cancelliere iscrive la causa sul ruolo
della sezione, su quello del giudice istruttore e gli trasmette il fascicolo
(1). Se nel giorno fissato per la comparizione il giudice istruttore designato
non tiene udienza, la comparizione delle parti è d'ufficio rimandata all'udienza
immediatamente successiva tenuta dal giudice designato (1). Il giudice
istruttore può differire, con decreto da emettere entro cinque giorni dalla
presentazione del fascicolo, la data della prima udienza fino ad un massimo di
quarantacinque giorni. In tal caso il cancelliere comunica alle parti
costituite la nuova data della prima udienza (2). (1) Comma così sostituito
dall'art. 12, L. 26 novembre 1990, n. 353. (2) Comma sostituito dall'art. 12,
L. 26 novembre 1990, n. 353 e successivamente così modificato dall'art. 2, D.L.
7 ottobre 1994, n. 571. Art. 169 (Ritiro dei fascicoli di parte) Ciascuna parte
può ottenere dal giudice istruttore l'autorizzazione di ritirare il proprio
fascicolo dalla cancelleria; ma il fascicolo deve essere di nuovo depositato ogni
volta che il giudice lo disponga. Ciascuna parte ha la facoltà di ritirare il
fascicolo all'atto della rimessione della causa al collegio a norma
dell'articolo 189, ma deve restituirlo al più tardi al momento del deposito
della comparsa conclusionale. Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950,
n. 581. Art. 170 (Notificazioni e comunicazioni nel corso del procedimento)
Dopo la costituzione in giudizio tutte le notificazioni e le comunicazioni si
fanno al procuratore costituito, salvo che la legge disponga altrimenti. E'
sufficiente la consegna di una sola copia dell'atto, anche se il procuratore è
costituito per più parti. Le notificazioni e le comunicazioni alla parte che
sia costituita personalmente si fanno nella residenza dichiarata o nel domicilio
eletto. Le comparse e le memorie consentite dal giudice si comunicano mediante
deposito in cancelleria oppure mediante notificazione o mediante scambio
documentato con l'apposizione sull'originale, in calce o in margine, del visto
della parte o del procuratore. Il giudice può prescrivere per singoli atti che
si segua una o altra di queste forme. Art. 171 (Ritardata costituzione delle
parti) Se nessuna delle parti si costituisce nei termini stabiliti, si
applicano le disposizioni dell'articolo 307, primo e secondo comma. Se una
delle parti si è costituita entro il termine rispettivamente a lei assegnato,
l'altra parte può costituirsi successivamente fino alla prima udienza, ma
restano ferme per il convenuto le decadenze di cui all'articolo 167 (1). La parte
che non si costituisce neppure in tale udienza è dichiarata contumace con
ordinanza del giudice istruttore, salva la disposizione dell'articolo 291.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581. (1) Comma così
sostituito dall'art. 13, L. 26 novembre 1990, n. 353. Sezione II: DELLA
DESIGNAZIONE DEL GIUDICE ISTRUTTORE Art. 172 Articolo abrogato dalla L. 14
luglio 1950, n. 581 Art. 173 Articolo abrogato dalla L. 14 luglio 1950, n. 581
Art. 174 (Immutabilità del giudice istruttore) Il giudice designato è investito
di tutta l'istruzione della causa e della relazione al collegio. Soltanto in
caso di assoluto impedimento o di gravi esigenze di servizio può essere
sostituito con decreto del presidente. La sostituzione può essere disposta,
quando è indispensabile, anche per il compimento dei singoli atti. Capo II:
DELL'ISTRUZIONE DELLA CAUSA Sezione I: DEI POTERI DEL GIUDICE ISTRUTTORE IN
GENERALE Art. 175 (Direzione del procedimento) Il giudice istruttore esercita
tutti i poteri intesi al più sollecito e leale svolgimento del procedimento.
Egli fissa le udienze successive e i termini entro i quali le parti debbono
compiere gli atti processuali. Quando il giudice ha omesso di provvedere a
norma del comma precedente, si applica la disposizione dell'articolo 289. Art.
176 (Forma dei provvedimenti) Tutti i provvedimenti del giudice istruttore,
salvo che la legge disponga altrimenti, hanno la forma dell'ordinanza. Le
ordinanze pronunciate in udienza si ritengono conosciute dalle parti presenti e
da quelle che dovevano comparirvi; quelle pronunciate fuori dell'udienza sono
comunicate a cura del cancelliere entro i tre giorni successivi. Art. 177
(Effetti e revoca delle ordinanze) Le ordinanze, comunque motivate, non possono
mai pregiudicare la decisione della causa. Salvo quanto disposto dal seguente
comma, le ordinanze possono essere sempre modificate o revocate dal giudice che
le ha pronunciate. Non sono modificabili nè revocabili dal giudice che le ha
pronunciate: 1) le ordinanze pronunciate sull'accordo delle parti, in materia
della quale queste possono disporre; esse sono tuttavia revocabili dal giudice
istruttore o dal collegio, quando vi sia l'accordo di tutte le parti; 2) le
ordinanze dichiarate espressamente non impugnabili dalla legge; 3) le ordinanze
per le quali la legge predisponga uno speciale mezzo di reclamo (1); 4) le
ordinanze per le quali sia stato proposto reclamo a norma dell'articolo
seguente (2). (1) Punto così modificato dall'art. 14, L. 26 novembre 1990, n.
353. (2) Punto abrogato dall'art. 89, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 178
(Controllo del collegio sulle ordinanze) Le parti, senza bisogno di mezzi di
impugnazione, possono proporre al collegio, quando la causa è rimessa a questo
a norma dell'art. 189, tutte le questioni risolute dal giudice istruttore con
ordinanza revocabile. L'ordinanza del giudice istruttore, che non operi in
funzione di giudice unico, quando dichiara l'estinzione del processo è
impugnabile dalle parti con reclamo immediato al collegio (1). Il reclamo deve
essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni decorrente dalla
pronuncia della ordinanza se avvenuta in udienza, o altrimenti decorrente dalla
comunicazione dell'ordinanza medesima. Il reclamo è presentato con semplice
dichiarazione nel verbale d'udienza, o con ricorso al giudice istruttore. Se il
reclamo è presentato in udienza, il giudice assegna nella stessa udienza, ove
le parti lo richiedono, il termine per la comunicazione di una memoria, e
quello successivo per la comunicazione di una replica. Se il reclamo è proposto
con ricorso, questo è comunicato a mezzo della cancelleria alle altre parti,
insieme con decreto, in calce, del giudice istruttore, che assegna un termine
per la comunicazione dell'eventuale memoria di risposta. Scaduti tali termini,
il collegio provvede entro i quindici giorni successivi (2). Scaduti i termini
previsti dal comma precedente, il collegio, entro i quindici giorni successivi,
provvede in camera di consiglio con ordinanza, alla quale si applicano le
disposizioni dell'articolo 279 quarto comma, e dell'articolo 280 (3). Il
provvedimento del collegio è limitato all'ammissibilità e alla rilevanza del
mezzo di prova, e pertanto le parti non possono sottoporgli conclusioni di
merito, nè totali nè parziali. Tuttavia il collegio, su richiesta di parte o
d'ufficio, può limitarsi a rimettere con l'ordinanza le parti al giudice
istruttore per gli adempimenti previsti dagli articoli 189 e 190 (3).
L'esecuzione dell'ordinanza è sospesa durante il termine per proporre reclamo e
durante il giudizio su questo, salvo che il giudice istruttore, nei casi
d'urgenza, l'abbia dichiarata esecutiva nonostante reclamo (3). (1) Comma così
sostituito dall'art. 15, comma 1, L. 26 novembre 1990, n. 353. (2) Comma così
modificato dall'art. 15, comma 2, L. 26 novembre 1990, n. 353. (3) Comma
abrogato dall'art. 89, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 179 (Ordinanze di
condanna a pene pecuniarie) Se la legge non dispone altrimenti, le condanne a
pene pecuniarie previste nel presente codice sono pronunciate con ordinanza del
giudice istruttore. L'ordinanza pronunciata in udienza in presenza
dell'interessato e previa contestazione dell'addebito non è impugnabile;
altrimenti il cancelliere la notifica al condannato, il quale, nel termine
perentorio di tre giorni, può proporre reclamo con ricorso allo stesso giudice
che l'ha pronunciata. Questi, valutate le giustificazioni addotte, pronuncia
sul reclamo con ordinanza non impugnabile. Le ordinanze di condanna previste
nel presente articolo costituiscono titolo esecutivo. Sezione II: DELLA
TRATTAZIONE DELLA CAUSA Art. 180 (Udienza di prima comparizione e forma della
trattazione) (°) All’udienza fissata per la prima comparizione delle parti il
giudice istruttore verifica d’ufficio la regolarità del contraddittorio e,
quando occorre, pronuncia i provvedimenti previsti dall’articolo 102, secondo
comme, dall’articolo 164, dall’articolo 167, dall’articolo 182 e dall’articolo
291, primo comma (1). La trattazione della causa davanti al giudice istruttore
è orale. Se richiesto, il giudice istruttore può autorizzare comunicazioni di
comparse a norma dell’ultimo comma dell’articolo 170. In ogni caso fissa a data
successiva la prima udienza di trattazione, assegnando al convenuto un termine
perentorio non inferiore a venti giorni prima di tale udienza per proporre le
eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio (1). Della
trattazione della causa si redige processo verbale, nel quale si inseriscono le
conclusioni delle parti e i provvedimenti che il giudice pronuncia in udienza.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581. (°) Rubrica così
sostituita dall’art. 4, comma 1, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432. (1) L’originario
primo comma è stato sostituito con gli attuali primo e secondo comma dall’art.
4, comma 1, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432. Art. 181 (Mancata comparizione delle
parti) Se nessuna delle parti comparisce nella prima udienza, il giudice fissa
una udienza successiva, di cui il cancelliere dà comunicazioni alle parti
costituite. Se nessuna delle parti comparisce alla nuova udienza il giudice,
con ordinanza non impugnabile, dispone la cancellazione della causa dal ruolo
(1). Se l'attore costituito non comparisce alla prima udienza, e il convenuto
non chiede che si proceda in assenza di lui, il giudice fissa una nuova
udienza, della quale il cancelliere dà comunicazione all'attore. Se questi non
comparisce alla nuova udienza, il giudice, se il convenuto non chiede che si
proceda in assenza di lui, ordina che la causa sia cancellata dal ruolo e
dichiara l'estinzione del processo. Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio
1950, n. 581. (1) Comma modificato dall’art. 16, L. 26 novembre 1990, n. 353 e
successivamente così modificato dall’art. 4, comma 1 bis, D.L. 18 ottobre 1995,
n. 432. Art. 182 (Difetto di rappresentanza o di autorizzazione) Il giudice
istruttore verifica d'ufficio la regolarità della costituzione delle parti e,
quando occorre, le invita a completare o a mettere in regola gli atti e i
documenti che riconosce difettosi. Quando rileva un difetto di rappresentanza,
di assistenza o di autorizzazione, il giudice può assegnare alle parti un
termine per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o
l'assistenza, o per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, salvo che si
sia avverata una decadenza. Art. 183 (Prima udienza di trattazione) Nella prima
udienza di trattazione il giudice istruttore interroga liberamente le parti
presenti e, quando la natura della causa lo consente, tenta la conciliazione.
La mancata comparizione delle parti senza giustificato motivo costituisce
comportamento valutabile ai sensi del secondo comma dell'articolo 116. Le parti
hanno facoltà di farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale, il
quale deve essere a conoscenza dei fatti della causa. La procura deve essere
conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata, e deve attribuire
al procuratore il potere di conciliare o transigere la controversia. La mancata
conoscenza, senza gravi ragioni, dei fatti della causa da parte del procuratore
è valutabile ai sensi del secondo comma dell'articolo 116. Il giudice richiede
alle parti, sulla base dei fatti allegati, i chiarimenti necessari e indica le
questioni rilevabili d'ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione.
Nella stessa udienza l'attore può proporre le domande e le eccezioni che sono
conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal
convenuto. Può altresì chiedere di essere autorizzato a chiamare un terzo ai
sensi degli articoli 106 e 269, terzo comma, se l'esigenza è sorta dalle difese
del convenuto. Entrambe le parti possono precisare e modificare le domande, le
eccezioni e le conclusioni già formulate (1). Se richiesto, il giudice fissa un
termine perentorio non superiore a trenta giorni per il deposito di memorie
contenenti precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle
conclusioni già proposte. Concede altresì alle parti un successivo termine
perentorio non superiore a trenta giorni per replicare alle domande ed eccezioni
nuove o modificate dall’altra parte e per proporre le eccezioni che sono
conseguenza delle domande e delle eccezioni medesime. Con la stessa ordinanza
il giudice fissa l'udienza per i provvedimenti di cui all'articolo 184 (1).
Articolo così sostituito dall'art. 17, L. 26 novembre 1990, n. 353. (1) Comma
così sostituito dall’art. 5, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432. Art. 184 (Deduzioni
istruttorie) Salva l'applicazione dell'articolo 187 il giudice istruttore, se
ritiene che siano ammissibili e rilevanti, ammette i mezzi di prova proposti;
ovvero, su istanza di parte, rinvia ad altra udienza, assegnando un termine
entro il quale le parti possono produrre documenti e indicare nuovi mezzi di
prova, nonchè altro termine per l'eventuale indicazione di prova contraria. I
termini di cui al comma precedente sono perentori. Nel caso in cui vengano
disposti d'ufficio mezzi di prova, ciascuna parte può dedurre, entro un termine
perentorio assegnato dal giudice, i mezzi di prova che si rendono necessari in
relazione ai primi. Articolo così sostituito dall'art. 18, L. 26 novembre 1990,
n. 353. Art. 184 bis (Rimessione in termini) La parte che dimostra di essere
incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile può chiedere al giudice
istruttore di essere rimessa in termini (1). Il giudice provvede a norma
dell'articolo 294, secondo e terzo comma. Articolo aggiunto dall'art. 19, L. 26
novembre 1990, n. 353. (1) Comma così sostituito dall’art. 6, D.L. 18 ottobre
1995, n. 432. Art. 185 (Tentativo di conciliazione) Se la natura della causa lo
consente, il giudice istruttore, nella prima udienza, deve cercare di
conciliare le parti, disponendo, quando occorre, la loro comparizione personale
(1). Il tentativo di conciliazione può essere rinnovato in qualunque momento
dell'istruzione. Quando le parti si sono conciliate, si forma processo verbale
della convenzione conclusa. Il processo verbale costituisce titolo esecutivo.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581. (1) Comma abrogato
dall'art. 89, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 186 (Pronuncia dei
provvedimenti) Sulle domande e sulle eccezioni delle parti, il giudice
istruttore, sentite le loro ragioni, dà in udienza i provvedimenti opportuni;
ma può anche riservarsi di pronunciarli entro i cinque giorni successivi. Art.
186 bis (Ordinanza per il pagamento di somme non contestate) Su istanza di
parte il giudice istruttore può disporre, fino al momento della precisazione
delle conclusioni, il pagamento delle somme non contestate dalle parti
costituite. L'ordinanza costituisce titolo esecutivo e conserva la sua
efficacia in caso di estinzione del processo. L'ordinanza è soggetta alla
disciplina delle ordinanze revocabili di cui agli articoli 177, primo e secondo
comma, e 178, primo comma. Articolo aggiunto dall'art. 20, L. 26 novembre 1990,
n. 353. Art. 186 ter (Istanza di ingiunzione) Fino al momento della
precisazione delle conclusioni, quando ricorrano i presupposti di cui all'art.
633, primo comma, n. 1), e secondo comma, e di cui all'art. 634, la parte può
chiedere al giudice istruttore, in ogni stato del processo, di pronunciare con
ordinanza ingiunzione di pagamento o di consegna. L'ordinanza deve contenere i
provvedimenti previsti dall'art. 641, ultimo comma, ed è dichiarata
provvisoriamente esecutiva ove ricorrano i presupposti di cui all'art. 642,
nonchè, ove la controparte non sia rimasta contumace, quelli di cui all'art.
648, primo comma. La provvisoria esecutorietà non può essere mai disposta ove
la controparte abbia disconosciuto la scrittura privata prodotta contro di lei
o abbia proposto querela di falso contro l'atto pubblico. L'ordinanza è
soggetta alla disciplina delle ordinanze revocabili di cui agli articoli 177 e
178, primo comma. Se il processo si estingue l'ordinanza che non ne sia già
munita acquista efficacia esecutiva ai sensi dell'art. 653, primo comma. Se la
parte contro cui è pronunciata l'ingiunzione è contumace, l'ordinanza deve
essere notificata ai sensi e per gli effetti dell'art. 644. In tal caso
l'ordinanza deve altresì contenere l'espresso avvertimento che, ove la parte
non si costituisca entro il termine di venti giorni dalla notifica, diverrà
esecutiva ai sensi dell'art. 647. L'ordinanza dichiarata esecutiva costituisce
titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale. Articolo aggiunto dall'art.
21, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 186 quater (Ordinanza successiva alla
chiusura dell’istruzione) Esaurita l’istruzione, il giudice istruttore, su
istanza della parte che ha proposto domanda di condanna al pagamento di somme
ovvero alla consegna o al rilascio di beni, può disporre con ordinanza il
pagamento ovvero la consegna o il rilascio, nei limiti per cui ritiene già
raggiunta la prova. Con l’ordinanza il giudice provvede sulle spese
processuali. L’ordinanza è titolo esecutivo. Essa è revocabile con la sentenza
che definisce il giudizio. Se, dopo la pronuncia dell’ordinanza, il processo si
estingue, l’ordinanza acquista l’efficacia della sentenza impugnabile
sull’oggetto dell’istanza. La parte intimata può dichiarare di rinunciare alla
pronuncia della sentenza, con atto notificato all’altra parte e depositato in
cancelleria. Dalla data del deposito dell’atto modificato, l’ordinanza acquista
l’efficacia della sentenza impugnabile sull’oggetto dell’istanza. Articolo
aggiunto dall’art. 7, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432. Art. 187 (Provvedimenti del
giudice istruttore) Il giudice istruttore, se ritiene che la causa sia matura
per la decisione di merito senza bisogno di assunzione di mezzi di prova,
rimette le parti davanti al collegio. Può rimettere le parti al collegio
affinchè sia decisa separatamente una questione di merito avente carattere
preliminare, solo quando la decisione di essa può definire il giudizio. Il
giudice provvede analogamente se sorgono questioni attinenti alla giurisdizione
o alla competenza o ad altre pregiudiziali, ma può anche disporre che siano
decise unitamente al merito. Qualora il collegio provveda a norma dell'articolo
279, secondo comma, numero 4), i termini di cui all'articolo 184, non concessi
prima della rimessione al collegio, sono assegnati dal giudice istruttore, su
istanza di parte, nella prima udienza dinanzi a lui (1). Il giudice dà ogni
altra disposizione relativa al processo. Articolo così sostituito dalla L. 14
luglio 1950, n. 581. (1) Comma così modificato dall'art. 22, L. 26 novembre
1990, n. 353. Art. 188 (Attività istruttoria del giudice) Il giudice istruttore
provvede all'assunzione dei mezzi di prova e, esaurita l'istruzione, rimette le
parti al collegio per la decisione a norma dell'articolo seguente. Art. 189
(Rimessione al collegio) Il giudice istruttore, quando rimette la causa al
collegio, a norma dei primi tre commi dell'articolo 187 o dell'articolo 188,
invita le parti a precisare davanti a lui le conclusioni che intendono
sottoporre al collegio stesso, nei limiti di quelle formulate negli atti
introduttivi o a norma dell'art. 183. Le conclusioni di merito debbono essere
interamente formulate anche nei casi previsti dall'articolo 187, secondo e
terzo comma (1). La rimessione investe il collegio di tutta la causa, anche
quando avviene a norma dell'articolo 187, secondo e terzo comma. Articolo così
sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581. (1) Comma così sostituito dall'art.
23, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 190 (Comparse conclusionali e memorie) Le
comparse conclusionali debbono essere depositate entro il termine perentorio di
sessanta giorni dalla rimessione della causa al collegio e le memorie di
replica entro i venti giorni successivi. Per il deposito delle comparse
conclusionali il giudice istruttore, quando rimette la causa al collegio, può
fissare un termine più breve, comunque non inferiore a venti giorni. Articolo
così sostituito dall'art. 24, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 190 bis
(Decisione del giudice istruttore in funzione di giudice unico) Per le cause
che devono essere decise dal giudice istruttore in funzione di giudice unico,
questi, fatte precisare le conclusioni ai sensi dell'articolo 189, dispone lo
scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica ai sensi dell'articolo
190 e, quindi, deposita la sentenza in cancelleria entro sessanta giorni dalla
scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica. Se una delle
parti lo richiede il giudice, disposto lo scambio delle sole comparse
conclusionali ai sensi dell'articolo 190, fissa l'udienza di discussione non
oltre sessanta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle comparse
conclusionali; la sentenza è depositata in cancelleria entro i sessanta giorni
successivi. Articolo aggiunto dall'art. 25, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Sezione III: DELL'ISTRUZIONE PROBATORIA § 1: DELLA NOMINA E DELLE INDAGINI DEL
CONSULENTE TECNICO Art. 191 (Nomina del consulente tecnico) Nei casi di cui
agli articoli 61 e seguenti il giudice istruttore, con l'ordinanza prevista
nell'articolo 187 ultimo comma o con altra successiva, nomina un consulente
tecnico e fissa l'udienza nella quale questi deve comparire. Possono essere
nominati più consulenti soltanto in caso di grave necessità o quando la legge
espressamente lo dispone. Art. 192 (Astensione e ricusazione del consulente)
L'ordinanza è notificata al consulente tecnico a cura del cancelliere, con
invito a comparire all'udienza fissata dal giudice. Il consulente che non
ritiene di accettare l'incarico o quello che, obbligato a prestare il suo
ufficio, intende astenersi, deve farne denuncia o istanza al giudice che l'ha
nominato almeno tre giorni prima dell'udienza di comparizione; nello stesso
termine le parti debbono proporre le loro istanze di ricusazione, depositando nella
cancelleria ricorso al giudice istruttore. Questi provvede con ordinanza non
impugnabile. Art. 193 (Giuramento del consulente) All'udienza di comparizione
il giudice istruttore ricorda al consulente l'importanza delle funzioni che è
chiamato ad adempiere, e ne riceve il giuramento di bene e fedelmente adempiere
le funzioni affidategli al solo scopo di fare conoscere ai giudici la verità.
Art. 194 (Attività del consulente) Il consulente tecnico assiste alle udienze
alle quali è invitato dal giudice istruttore; compie, anche fuori della
circoscrizione giudiziaria, le indagini di cui all'articolo 62, da sè solo o
insieme col giudice secondo che questi dispone. Può essere autorizzato a
domandare chiarimenti alle parti, ad assumere informazioni da terzi e a
eseguire piante, calchi e rilievi. Anche quando il giudice dispone che il
consulente compia indagini da sè solo, le parti possono intervenire alle
operazioni in persona e a mezzo dei propri consulenti tecnici e dei difensori,
e possono presentare al consulente, per iscritto o a voce, osservazioni e
istanze. Art. 195 (Processo verbale e relazione) Delle indagini del consulente
si forma processo verbale, quando sono compiute con l'intervento del giudice
istruttore, ma questi può anche disporre che il consulente rediga relazione
scritta. Se le indagini sono compiute senza l'intervento del giudice, il
consulente deve farne relazione, nella quale inserisce anche le osservazioni e
le istanze delle parti. La relazione deve essere depositata in cancelleria nel
termine che il giudice fissa. Art. 196 (Rinnovazione delle indagini e
sostituzione del consulente) Il giudice ha sempre la facoltà di disporre la
rinnovazione delle indagini e, per gravi motivi, la sostituzione del consulente
tecnico. Art. 197 (Assistenza all'udienza e audizione in camera di consiglio)
Quando lo ritiene opportuno il presidente invita il consulente tecnico ad
assistere alla discussione davanti al collegio e ad esprimere il suo parere in
camera di consiglio in presenza delle parti, le quali possono chiarire e
svolgere le loro ragioni per mezzo dei difensori. Art. 198 (Esame contabile)
Quando è necessario esaminare documenti contabili e registri, il giudice
istruttore può darne incarico al consulente tecnico, affidandogli il compito di
tentare la conciliazione delle parti. Il consulente sente le parti e, previo
consenso di tutte, può esaminare anche documenti e registri non prodotti in
causa. Di essi tuttavia, senza il consenso di tutte le parti, non può fare
menzione nei processi verbali o nella relazione di cui all'articolo 195. Art.
199 (Processo verbale di conciliazione) Se le parti si conciliano, si redige
processo verbale della conciliazione, che è sottoscritto dalle parti e dal
consulente tecnico e inserito nel fascicolo d'ufficio. Il giudice istruttore
attribuisce con decreto efficacia di titolo esecutivo al processo verbale. Art.
200 (Mancata conciliazione) Se la conciliazione delle parti non riesce, il
consulente espone i risultati delle indagini compiute e il suo parere in una
relazione, che deposita in cancelleria nel termine fissato dal giudice
istruttore. Le dichiarazioni delle parti, riportate dal consulente nella
relazione, possono essere valutate dal giudice a norma dell'articolo 116
secondo comma. Art. 201 (Consulente tecnico di parte) Il giudice istruttore,
con l'ordinanza di nomina del consulente, assegna alle parti un termine entro
il quale possono nominare, con dichiarazione ricevuta dal cancelliere, un loro
consulente tecnico. Il consulente della parte, oltre ad assistere a norma dell'articolo
194 alle operazioni del consulente del giudice, partecipa all'udienza e alla
camera di consiglio ogni volta che vi interviene il consulente del giudice, per
chiarire e svolgere con l'autorizzazione del presidente, le sue osservazioni
sui risultati delle indagini tecniche. § 2: DELL'ASSUNZIONE DEI MEZZI DI PROVA
IN GENERALE Art. 202 (Tempo, luogo e modo dell'assunzione) Quando dispone mezzi
di prova, il giudice istruttore, se non può assumerli nella stessa udienza,
stabilisce il tempo, il luogo e il modo dell'assunzione. Se questa non si
esaurisce nell'udienza fissata, il giudice ne differisce la prosecuzione ad un
giorno prossimo. Art. 203 (Assunzione fuori della circoscrizione del tribunale)
Se i mezzi di prova debbono assumersi fuori della circoscrizione del tribunale,
il giudice istruttore delega a procedervi il pretore del luogo, salvo che le
parti richiedano concordemente e il presidente del tribunale consente che vi si
trasferisca il giudice stesso. Nell'ordinanza di delega al pretore, il giudice
fissa il termine entro il quale la prova deve assumersi e l'udienza di
comparizione delle parti per la prosecuzione del giudizio. Il pretore, su
istanza della parte interessata, procede all'assunzione del mezzo di prova e
d'ufficio ne rimette il processo verbale al giudice istruttore prima
dell'udienza fissata per la prosecuzione del giudizio, anche se l'assunzione
non è esaurita. Le parti possono rivolgere al giudice istruttore, direttamente
o a mezzo del pretore delegato, istanza per la proroga del termine. Art. 204
(Rogatorie alle autorità estere e ai consoli italiani) Le rogatorie dei giudici
italiani alle autorità estere per l'esecuzione di provvedimenti istruttori sono
trasmesse per via diplomatica. Quando la rogatoria riguarda cittadini italiani
residenti all'estero, il giudice istruttore delega il console competente, che
provvede a norma della legge consolare. Per l'assunzione dei mezzi di prova e
la prosecuzione del giudizio, il giudice pronuncia i provvedimenti previsti
negli ultimi tre commi dell'articolo precedente. Art. 205 (Risoluzione degli
incidenti relativi alla prova) Il giudice che procede all'assunzione dei mezzi
di prova, anche se delegato a norma dell'articolo 203, pronuncia con ordinanza
su tutte le questioni che sorgono nel corso della stessa. Art. 206 (Assistenza
delle parti all'assunzione) Le parti possono assistere personalmente
all'assunzione dei mezzi di prova. Art. 207 (Processo verbale dell'assunzione)
Dell'assunzione dei mezzi di prova si redige processo verbale sotto la direzione
del giudice. Le dichiarazioni delle parti e dei testimoni sono riportate in
prima persona e sono lette al dichiarante che le sottoscrive. Il giudice,
quando lo ritiene opportuno, nel riportare le dichiarazioni descrive il
contegno della parte e del testimone. Art. 208 (Decadenza dall'assunzione) Se
non si presenta la parte su istanza della quale deve iniziarsi o proseguirsi la
prova, il giudice istruttore la dichiara decaduta dal diritto di farla
assumere, salvo che l'altra parte presente non ne chieda l'assunzione. La parte
interessata può chiedere nell'udienza successiva al giudice la revoca
dell'ordinanza che ha pronunciato la sua decadenza dal diritto di assumere la
prova. Il giudice dispone la revoca con ordinanza, quando riconosce che la mancata
comparizione è stata cagionata da causa non imputabile alla stessa parte.
Articolo così sostituito dall'art. 26, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 209
(Chiusura dell'assunzione) Il giudice istruttore dichiara chiusa l'assunzione
quando sono eseguiti i mezzi ammessi o quando, dichiarata la decadenza di cui
all'articolo precedente, non vi sono altri mezzi da assumere, oppure quando
egli ravvisa superflua, per i risultati già raggiunti, la ulteriore assunzione.
§ 3: DELL'ESIBIZIONE DELLE PROVE Art. 210 (Ordine di esibizione alla parte o al
terzo) Negli stessi limiti entro i quali può essere ordinata a norma
dell'articolo 118 l'ispezione di cose in possesso di una parte o di un terzo,
il giudice istruttore, su istanza di parte, può ordinare all'altra parte o a un
terzo di esibire in giudizio un documento o altra cosa di cui ritenga
necessaria l'acquisizione al processo. Nell'ordinare l'esibizione, il giudice
dà i provvedimenti opportuni circa il tempo, il luogo e il modo
dell'esibizione. Se l'esibizione importa una spesa, questa deve essere in ogni
caso anticipata dalla parte che ha proposta l'istanza di esibizione. Art. 211
(Tutela dei diritti del terzo) Quando l'esibizione è ordinata ad un terzo, il
giudice istruttore deve cercare di conciliare nel miglior modo possibile
l'interesse della giustizia col riguardo dovuto ai diritti del terzo, e prima
di ordinare l'esibizione può disporre che il terzo sia citato in giudizio,
assegnando alla parte istante un termine per provvedervi. Il terzo può sempre
fare opposizione contro l'ordinanza di esibizione, intervenendo nel giudizio
prima della scadenza del termine assegnatogli. Art. 212 (Esibizione di copia
del documento e dei libri di commercio) Il giudice istruttore può disporre che,
in sostituzione dell'originale, si esibisca una copia anche fotografica o un
estratto autentico del documento. Nell'ordinare l'esibizione di libri di
commercio o di registri al fine di estrarne determinate partite, il giudice, su
istanza dell'interessato, può disporre che siano prodotti estratti, per la
formazione dei quali nomina un notaio e, quando occorre, un esperto affinchè lo
assista. Art. 213 (Richiesta d'informazioni alla pubblica amministrazione)
Fuori dei casi previsti negli articoli 210 e 211, il giudice può richiedere
d'ufficio alla pubblica amministrazione le informazioni scritte relative ad
atti e documenti dell'amministrazione stessa, che è necessario acquisire al
processo. § 4: DEL RICONOSCIMENTO E DELLA VERIFICAZIONE DELLA SCRITTURA PRIVATA
Art. 214 (Disconoscimento della scrittura privata) Colui contro il quale è
prodotta una scrittura privata, se intende disconoscerla, è tenuto a negare
formalmente la propria scrittura o la propria sottoscrizione. Gli eredi o
aventi causa possono limitarsi a dichiarare di non conoscere la scrittura o la
sottoscrizione del loro autore. Art. 215 (Riconoscimento tacito della scrittura
privata) La scrittura privata prodotta in giudizio si ha per riconosciuta: 1)
se la parte, alla quale la scrittura è attribuita o contro la quale è prodotta,
è contumace, salva la disposizione dell'articolo 293 terzo comma; 2) se la
parte comparsa non la disconosce o non dichiara di non conoscerla nella prima
udienza o nella prima risposta successiva alla produzione. Quando nei casi
ammessi dalla legge la scrittura è prodotta in copia autentica, il giudice
istruttore può concedere un termine per deliberare alla parte che ne fa istanza
nei modi di cui al numero 2. Art. 216 (Istanza di verificazione) La parte che
intende valersi della scrittura disconosciuta deve chiederne la verificazione,
proponendo i mezzi di prova che ritiene utili e producendo o indicando le
scritture che possono servire di comparazione. L'istanza per la verificazione
può anche proporsi in via principale con citazione, quando la parte dimostra di
avervi interesse; ma se il convenuto riconosce la scrittura, le spese sono
poste a carico dell'attore. Art. 217 (Custodia della scrittura e provvedimenti
istruttori) Quando è chiesta la verificazione, il giudice istruttore dispone le
cautele opportune per la custodia del documento, stabilisce il termine per il
deposito in cancelleria delle scritture di comparazione, nomina, quando
occorre, un consulente tecnico e provvede all'ammissione delle altre prove. Nel
determinare le scritture che debbono servire di comparazione, il giudice
ammette, in mancanza di accordo delle parti, quelle la cui provenienza dalla
persona che si afferma autrice della scrittura è riconosciuta oppure accertata
per sentenza di giudice o per atto pubblico. Art. 218 (Scritture di comparazione
presso depositari) Se le scritture di comparazione si trovano presso depositari
pubblici o privati e l'asportazione non ne è vietata, il giudice istruttore può
disporre il deposito in cancelleria in un termine da lui fissato. Se la
comparazione deve eseguirsi nel luogo dove si trovano le scritture, il giudice
dà le disposizioni necessarie per le operazioni, che debbono compiersi in
presenza del depositario. Art. 219 (Redazione di scritture di comparazione) Il
giudice istruttore può ordinare alla parte di scrivere sotto dettatura, anche
alla presenza del consulente tecnico. Se la parte invitata a comparire
personalmente non si presenta o rifiuta di scrivere senza giustificato motivo,
la scrittura si può ritenere riconosciuta. Art. 220 (Pronuncia del collegio)
Sull'istanza di verificazione pronuncia sempre il collegio. Il collegio, nella
sentenza che dichiara la scrittura o la sottoscrizione di mano della parte che
l'ha negata, può condannare quest'ultima a una pena pecuniaria non inferiore a
lire duemila e non superiore a lire quarantamila. § 5: DELLA QUERELA DI FALSO
Art. 221 (Modo di proposizione e contenuto della querela) La querela di falso
può proporsi tanto in via principale quanto in corso di causa in qualunque
stato e grado di giudizio, finchè la verità del documento non sia stata
accertata con sentenza passata in giudicato. La querela deve contenere, a pena
di nullità, l'indicazione degli elementi e delle prove della falsità, e deve
essere proposta personalmente dalla parte oppure a mezzo di procuratore
speciale, con atto di citazione o con dichiarazione da unirsi al verbale
d'udienza. È obbligatorio l'intervento nel processo del pubblico ministero.
Art. 222 (Interpello della parte che ha prodotto la scrittura) Quando è
proposta querela di falso in corso di causa, il giudice istruttore interpella
la parte che ha prodotto il documento se intende valersene in giudizio. Se la
risposta è negativa, il documento non è utilizzabile in causa; se è
affermativa, il giudice, che ritiene il documento rilevante, autorizza la
presentazione della querela nella stessa udienza o in una successiva; ammette i
mezzi istruttori che ritiene idonei, e dispone i modi e i termini della loro
assunzione. Art. 223 (Processo verbale di deposito del documento) Nell'udienza
in cui è presentata la querela, si forma processo verbale di deposito nelle
mani del cancelliere del documento impugnato. Il processo verbale è redatto in
presenza del pubblico ministero e delle parti, e deve contenere la descrizione
dello stato in cui il documento si trova, con indicazione delle cancellature,
abrasioni, aggiunte, scritture interlineari e di ogni altra particolarità che
vi si riscontra. Il giudice istruttore, il pubblico ministero e il cancelliere
appongono la firma sul documento. Il giudice può anche ordinare che di esso sia
fatta copia fotografica. Art. 224 (Sequestro del documento) Se il documento
impugnato di falso si trova presso un depositario, il giudice istruttore può
ordinarne il sequestro con le forme previste nel codice di procedura penale,
dopo di che si redige il processo verbale di cui all'articolo precedente. Se
non è possibile il deposito del documento in cancelleria, il giudice dispone le
necessarie cautele per la conservazione di esso e redige il processo verbale
alla presenza del depositario, nel luogo dove il documento si trova. Art. 225
(Decisione sulla querela) Sulla querela di falso pronuncia sempre il collegio.
Il giudice istruttore può rimettere le parti al collegio per la decisione sulla
querela indipendentemente dal merito. In tal caso, su istanza di parte, può
disporre che la trattazione della causa continui davanti a sè relativamente a
quelle domande che possono essere decise indipendentemente dal documento
impugnato. Art. 226 (Contenuto della sentenza) Il collegio, con la sentenza che
rigetta la querela di falso, ordina la restituzione del documento e dispone
che, a cura del cancelliere, sia fatta menzione della sentenza sull'originale o
sulla copia che ne tiene luogo; condanna inoltre la parte querelante a una pena
pecuniaria non inferiore a lire quattromila e non superiore a lire
quarantamila. Con la sentenza che accerta la falsità il collegio, anche
d'ufficio, dà le disposizioni di cui all'articolo 480 del codice di procedura
penale Art. 227 (Esecuzione della sentenza che ha pronunciato sulla querela)
L'esecuzione delle sentenze previste nell'articolo precedente non può aver
luogo prima che siano passate in giudicato. Se non è richiesta dalle parti,
l'esecuzione è promossa dal pubblico ministero a spese del soccombente con
l'osservanza, in quanto applicabili, delle norme dell'articolo 481 del codice
di procedura penale. § 6: DELLA CONFESSIONE GIUDIZIALE E DELL'INTERROGATORIO
FORMALE Art. 228 (Confessione giudiziale) La confessione giudiziale è spontanea
o provocata mediante interrogatorio formale. Art. 229 (Confessione spontanea)
La confessione spontanea può essere contenuta in qualsiasi atto processuale
firmato dalla parte personalmente, salvo il caso dell'articolo 117. Art. 230
(Modo dell'interrogatorio) L'interrogatorio deve essere dedotto per articoli
separati e specifici. Il giudice istruttore procede all'assunzione
dell'interrogatorio nei modi e termini stabiliti nell'ordinanza che l'ammette.
Non possono farsi domande su fatti diversi da quelli formulati nei capitoli, ad
eccezione delle domande su cui le parti concordano e che il giudice ritiene
utili; ma il giudice può sempre chiedere i chiarimenti opportuni sulle risposte
date. Art. 231 (Risposta) La parte interrogata deve rispondere personalmente.
Essa non può servirsi di scritti preparati, ma il giudice istruttore può
consentirle di valersi di note o appunti, quando deve fare riferimento a nomi o
a cifre, o quando particolari circostanze lo consigliano. Art. 232 (Mancata
risposta) Se la parte non si presenta o rifiuta di rispondere senza
giustificato motivo, il collegio, valutato ogni altro elemento di prova, può
ritenere come ammessi i fatti dedotti nell'interrogatorio. Il giudice
istruttore, che riconosce giustificata la mancata presentazione della parte per
rispondere all'interrogatorio, dispone per l'assunzione di esso anche fuori
della sede giudiziaria. § 7: DEL GIURAMENTO Art. 233 (Deferimento del
giuramento decisorio) Il giuramento decisorio può essere deferito in qualunque
stato della causa davanti al giudice istruttore, con dichiarazione fatta
all'udienza dalla parte o dal procuratore munito di mandato speciale o con atto
sottoscritto dalla parte. Esso deve essere formulato in articoli separati, in
modo chiaro e specifico. Art. 234 (Riferimento) Finchè non abbia dichiarato di
essere pronta a giurare, la parte, alla quale il giuramento decisorio è stato
deferito, può riferirlo all'avversario nei limiti fissati dal codice civile.
Art. 235 (Irrevocabilità) La parte, che ha deferito o riferito il giuramento
decisorio, non può più revocarlo quando l'avversario ha dichiarato di essere
pronto a prestarlo. Art. 236 (Caso di revocabilità) Se nell'ammettere il
giuramento decisorio il giudice modifica la formula proposta dalla parte,
questa può revocarlo. Art. 237 (Risoluzione delle contestazioni) Le
contestazioni sorte tra le parti circa l'ammissione del giuramento decisorio
sono decise dal collegio. L'ordinanza del collegio che ammette il giuramento
deve essere notificata personalmente alla parte. Art. 238 (Prestazione) Il
giuramento decisorio è prestato personalmente dalla parte ed è ricevuto dal
giudice istruttore. Questi ammonisce il giurante sull'importanza religiosa e
morale dell'atto e sulle conseguenze penali delle dichiarazioni false, e quindi
lo invita a giurare (1). Il giurante, in piedi, pronuncia a chiara voce le
parole: "consapevole della responsabilità che col giuramento assumo
davanti a Dio e agli uomini, giuro...", e continua ripetendo le parole
della formula su cui giura (1). (1) La Corte costituzionale, con sentenza 8
ottobre 1996, n. 334, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del primo
comma limitatamente alle parole "religiosa e" e del secondo comma
limitatamente alle parole "davanti a Dio e agli uomini". Art. 239
(Mancata prestazione) La parte alla quale il giuramento decisorio è deferito,
se non si presenta senza giustificato motivo all'udienza all'uopo fissata, o,
comparendo, rifiuta di prestarlo o non lo riferisce all'avversario, soccombe
rispetto alla domanda o al punto di fatto relativamente al quale il giuramento
è stato ammesso; e del pari soccombe la parte avversaria, se rifiuta di
prestare il giuramento che le è riferito. Il giudice istruttore, se ritiene
giustificata la mancata comparizione della parte che deve prestare il
giuramento, provvede a norma dell'articolo 232 secondo comma. Art. 240
(Deferimento del giuramento suppletorio) Nelle cause riservate alla decisione
collegiale, il giuramento suppletorio può essere deferito esclusivamente dal
collegio. Articolo così modificato dall'art. 27, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 241 (Ammissibilità e contenuto del giuramento d'estimazione) Il giuramento
sul valore della cosa domandata può essere deferito dal collegio a una delle
parti, soltanto se non è possibile accertare altrimenti il valore della cosa
stessa. In questo caso il collegio deve anche determinare la somma fino a
concorrenza della quale il giuramento avrà efficacia. Art. 242 (Divieto di
riferire il giuramento suppletorio) Il giuramento deferito d'ufficio a una
delle parti non può da questa essere riferito all'altra. Art. 243 (Rinvio alle
norme sul giuramento decisorio) Per la prestazione del giuramento deferito
d'ufficio si applicano le disposizioni relative al giuramento decisorio. § 8:
DELLA PROVA PER TESTIMONI Art. 244 (Modo di deduzione) La prova per testimoni
deve essere dedotta mediante indicazione specifica delle persone da interrogare
e dei fatti, formulati in articoli separati, sui quali ciascuna di esse deve
essere interrogata. La parte contro la quale la prova è proposta, anche quando
si oppone all'ammissione, deve indicare a sua volta nella prima risposta le
persone che intende fare interrogare e deve dedurre per articoli separati i
fatti sui quali debbono essere interrogate (1). Il giudice istruttore, secondo
le circostanze, può assegnare un termine perentorio alle parti per formulare o
integrare tali indicazioni. (1) Comma abrogato dall'art. 89, L. 26 novembre
1990, n. 353. Art. 245 (Ordinanza di ammissione) Con l'ordinanza che ammette la
prova il giudice istruttore riduce le liste dei testimoni sovrabbondanti ed
elimina i testimoni che non possono essere sentiti per legge. La rinuncia fatta
da una parte all'audizione dei testimoni da essa indicati non ha effetto se le
altre non vi aderiscono e se il giudice non vi consente. Art. 246 (Incapacità a
testimoniare) Non possono essere assunte come testimoni le persone aventi nella
causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio.
Art. 247 (Divieto di testimoniare) Non possono deporre il coniuge ancorchè
separato, i parenti o affini in linea retta e coloro che sono legati a una
delle parti da vincoli di affiliazione, salvo che la causa verta su questioni
di stato, di separazione personale o relative a rapporti di famiglia. La Corte
costituzionale, con sentenza 23 luglio 1974, n. 248, ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale del presente articolo. Art. 248 (Audizione dei
minori degli anni quattordici) I minori degli anni quattordici possono essere
sentiti solo quando la loro audizione è resa necessaria da particolari
circostanze. Essi non prestano giuramento. La Corte costituzionale, con
sentenza 11 giugno 1975, n. 139, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale
del presente articolo. Art. 249 (Facoltà d'astensione) Si applicano
all'audizione dei testimoni le disposizioni degli articoli 351 e 352 del codice
di procedura penale relative alla facoltà d'astensione dei testimoni. Art. 250
(Intimazione ai testimoni) L'ufficiale giudiziario, su richiesta della parte
interessata, intima ai testimoni ammessi dal giudice istruttore di comparire
nel luogo, nel giorno e nell'ora fissati, indicando il giudice che assume la
prova e la causa nella quale debbono essere sentiti. Art. 251 (Giuramento dei
testimoni) I testimoni sono esaminati separatamente. Il giudice istruttore
ammonisce il testimone sulla importanza religiosa e morale del giuramento e
sulle conseguenze penali delle dichiarazioni false o reticenti, e legge la
formula: "consapevole della responsabilità che con il giuramento assumete
davanti a Dio e agli uomini, giurate di dire la verità, null'altro che la
verità". Quindi il testimone, in piedi, presta il giuramento pronunciando
le parole: "lo giuro" (1). (1) La Corte costituzionale, con sentenza
n. 117 del 10 ottobre 1979, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del
presente comma nella parte in cui non contiene l'inciso "se
credente". Successivamente la stessa Corte, con sentenza 5 maggio 1995, n.
149, ha dichiarato l'illegittimità del comma nella parte in cui prevede: a) che
il giudice istruttore "ammonisce il testimone sull'importanza religiosa,
se credente, e morale del giuramento e sulle", anzichè stabilire che il
giudice istruttore "avverte il testimone dell'obbligo di dire la verità e
delle"; b) che il giudice istruttore "legge la formula: "Consapevole
della responsabilità che con il giuramento assumete davanti a Dio, se credente,
e agli uomini, giurate di dire la verità, null'altro che la verità",
anzichè stabilire che il giudice istruttore "lo invita a rendere la
seguente dichiarazione: "Consapevole della responsabilità morale e
giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità
e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza"; c) "Quindi il
testimone, in piedi, presta il giuramento pronunciando le parole: "lo
giuro". Art. 252 (Identificazione dei testimoni) Il giudice istruttore
richiede al testimone il nome, il cognome, il luogo e la data di nascita, l'età
e la professione, lo invita a dichiarare se ha rapporti di parentela, affinità,
affiliazione o dipendenza con alcuna delle parti, oppure interesse nella causa.
Le parti possono fare osservazioni sull'attendibilità del testimone, e questi
deve fornire in proposito i chiarimenti necessari. Delle osservazioni e dei
chiarimenti si fa menzione nel processo verbale prima dell'audizione del
testimone. Art. 253 (Interrogazioni e risposte) Il giudice istruttore interroga
il testimone sui fatti intorno ai quali è chiamato a deporre. Può altresì
rivolgergli, d'ufficio o su istanza di parte, tutte le domande che ritiene utili
a chiarire i fatti medesimi. È vietato alle parti e al pubblico ministero di
interrogare direttamente i testimoni. Alle risposte dei testimoni si applica la
disposizione dell'articolo 231. Art. 254 (Confronto dei testimoni) Se vi sono
divergenze tra le deposizioni di due o più testimoni, il giudice istruttore, su
istanza di parte o d'ufficio, può disporre che essi siano messi a confronto.
Art. 255 (Mancata comparizione dei testimoni) Se il testimone regolarmente
intimato non si presenta, il giudice istruttore può ordinare una nuova
intimazione oppure disporne l'accompagnamento all'udienza stessa o ad altra
successiva. Con la medesima ordinanza lo condanna a una pena pecuniaria non
inferiore a lire quattrocento e non superiore a lire ottomila, oltre che alle
spese causate dalla mancata presentazione. Se il testimone si trova
nell'impossibilità di presentarsi o ne è esentato dalla legge o dalle
convenzioni internazionali, il giudice si reca nella sua abitazione o nel suo
ufficio; e, se questi sono situati fuori della circoscrizione del tribunale,
delega all'esame il pretore del luogo. Art. 256 (Rifiuto di deporre e falsità
della testimonianza) Se il testimone, presentandosi, rifiuta di giurare o di
deporre senza giustificato motivo, o se vi è fondato sospetto che egli non
abbia detto la verità o sia stato reticente, il giudice istruttore lo denuncia
al pubblico ministero, al quale trasmette copia del processo verbale. Il
giudice può anche ordinare l'arresto del testimone. Art. 257 (Assunzione di
nuovi testimoni e rinnovazione dell'esame) Se alcuno dei testimoni si
riferisce, per la conoscenza dei fatti, ad altre persone, il giudice istruttore
può disporre d'ufficio che esse siano chiamate a deporre. Il giudice può anche
disporre che siano sentiti i testimoni dei quali ha ritenuto l'audizione
superflua a norma dell'articolo 245 o dei quali ha consentito la rinuncia; e
del pari può disporre che siano nuovamente esaminati i testimoni già
interrogati, al fine di chiarire la loro deposizione o di correggere irregolarità
avveratesi nel precedente esame. § 9: DELLE ISPEZIONI, DELLE RIPRODUZIONI
MECCANICHE E DEGLI ESPERIMENTI Art. 258 (Ordinanza d'ispezione) L'ispezione di
luoghi, di cose mobili e immobili, o delle persone è disposta dal giudice
istruttore, il quale fissa il tempo, il luogo e il modo dell'ispezione. Art.
259 (Modo dell'ispezione) All'ispezione procede personalmente il giudice
istruttore, assistito, quando occorre, da un consulente tecnico, anche se
l'ispezione deve eseguirsi fuori della circoscrizione del tribunale, tranne che
esigenze di servizio gli impediscano di allontanarsi dalla sede. In tal caso
delega il pretore a norma dell'articolo 203. Art. 260 (Ispezione corporale) Il
giudice istruttore può astenersi dal partecipare all'ispezione corporale e
disporre che vi proceda il solo consulente tecnico. All'ispezione corporale
deve procedersi con ogni cautela diretta a garantire il rispetto della persona.
Art. 261 (Riproduzioni, copie ed esperimenti) Il giudice istruttore può
disporre che siano eseguiti rilievi, calchi e riproduzioni anche fotografiche
di oggetti, documenti e luoghi, e, quando occorre, rilevazioni cinematografiche
o altre che richiedono l'impiego di mezzi, strumenti o procedimenti meccanici.
Egualmente, per accertare se un fatto sia o possa essersi verificato in un dato
modo, il giudice può ordinare di procedere alla riproduzione del fatto stesso,
facendone eventualmente eseguire la rilevazione fotografica o cinematografica.
Il giudice presiede all'esperimento e, quando occorre, ne affida l'esecuzione a
un esperto che presta giuramento a norma dell'articolo 193. Art. 262 (Poteri
del giudice istruttore) Nel corso dell'ispezione o dell'esperimento il giudice
istruttore può sentire testimoni per informazioni e dare i provvedimenti
necessari per l'esibizione della cosa o per accedere alla località. Può anche
disporre l'accesso in luoghi appartenenti a persone estranee al processo,
sentite se è possibile queste ultime, e prendendo in ogni caso le cautele
necessarie alla tutela dei loro interessi. § 10: DEL RENDIMENTO DEI CONTI Art.
263 (Presentazione e accettazione del conto) Se il giudice ordina la
presentazione di un conto, questo deve essere depositato in cancelleria con i
documenti giustificativi, almeno cinque giorni prima dell'udienza fissata per
la discussione di esso. Se il conto viene accettato, il giudice istruttore ne
dà atto nel processo verbale e ordina il pagamento delle somme che risultano
dovute. L'ordinanza non è impugnabile e costituisce titolo esecutivo. Art. 264
(Impugnazione e discussione) La parte che impugna il conto deve specificare le
partite che intende contestare. Se chiede un termine per la specificazione, il
giudice istruttore fissa un'udienza per tale scopo. Se le parti, in seguito
alla discussione, concordano nel risultato del conto, il giudice provvede a
norma del secondo comma dell'articolo precedente. In ogni caso il giudice può
disporre, con ordinanza non impugnabile il pagamento del sopravanzo che risulta
dal conto o dalla discussione dello stesso. Art. 265 (Giuramento) Il collegio
può ammettere il creditore a determinare con giuramento le somme a lui dovute,
se la parte tenuta al rendiconto non lo presenta o rimane contumace. Si applica
in tal caso la disposizione dell'articolo 241. Il collegio può altresì ordinare
a chi rende il conto di asseverare con giuramento le partite per le quali non
si può, o non si suole richiedere ricevuta; ma può anche ammetterle senza
giuramento, quando sono verosimili e ragionevoli. Art. 266 (Revisione del conto
approvato) La revisione del conto che la parte ha approvato può essere chiesta,
anche in separato processo, soltanto in caso di errore materiale, omissione,
falsità o duplicazione di partite. Sezione IV: DELL'INTERVENTO DI TERZI E DELLA
RIUNIONE DI PROCEDIMENTI § 1: DELL'INTERVENTO DI TERZI Art. 267 (Costituzione
del terzo interveniente) Per intervenire nel processo a norma dell'articolo
105, il terzo deve costituirsi presentando in udienza o depositando in
cancelleria una comparsa formata a norma dell'articolo 167 con le copie per le
altre parti, i documenti e la procura. Il cancelliere dà notizia
dell'intervento alle altre parti, se la costituzione del terzo non è avvenuta
in udienza. Art. 268 (Termine per l'intervento) L'intervento può aver luogo
sino a che non vengano precisate le conclusioni. Il terzo non può compiere atti
che al momento dell'intervento non sono più consentiti ad alcuna altra parte,
salvo che comparisca volontariamente per l'integrazione necessaria del
contraddittorio. Articolo così sostituito dall'art. 28, L. 26 novembre 1990, n.
353. Art. 269 (Chiamata di un terzo in causa) Alla chiamata di un terzo nel
processo a norma dell'articolo 106, la parte provvede mediante citazione a
comparire nell'udienza fissata dal giudice istruttore ai sensi del presente
articolo, osservati i termini dell'articolo 163-bis. Il convenuto che intenda
chiamare un terzo in causa deve, a pena di decadenza, farne dichiarazione nella
comparsa di risposta e contestualmente chiedere al giudice istruttore lo
spostamento della prima udienza allo scopo di consentire la citazione del terzo
nel rispetto dei termini dell'articolo 163-bis. Il giudice istruttore, entro
cinque giorni dalla richiesta, provvede con decreto a fissare la data della
nuova udienza. Il decreto è comunicato dal cancelliere alle parti costituite.
La citazione è notificata al terzo a cura del convenuto. Ove, a seguito delle
difese svolte dal convenuto nella comparsa di risposta, sia sorto l'interesse
dell'attore a chiamare in causa un terzo, l'attore deve, a pena di decadenza,
chiederne l'autorizzazione al giudice istruttore nella prima udienza. Il
giudice istruttore, se concede l'autorizzazione, fissa una nuova udienza allo
scopo di consentire la citazione del terzo nel rispetto dei termini
dell'articolo 163-bis. La citazione è notificata al terzo a cura dell'attore
entro il termine perentorio stabilito dal giudice. La parte che chiama in causa
il terzo deve depositare la citazione notificata entro il termine previsto
dall'articolo 165, e il terzo deve costituirsi a norma dell'articolo 166.
Nell'ipotesi prevista dal terzo comma, restano ferme per le parti le
preclusioni ricollegate alla prima udienza di trattazione, ma il termine
eventuale di cui all'ultimo comma dell'articolo 183 è fissato dal giudice
istruttore nella udienza di comparizione del terzo, e i termini di cui
all'articolo 184 decorrono con riferimento alla udienza successiva a quella di
comparizione del terzo. Articolo così sostituito dall'art. 29, L. 26 novembre
1990, n. 353. Art. 270 (Chiamata di un terzo per ordine del giudice) La
chiamata di un terzo nel processo a norma dell'articolo 107 può essere ordinata
in ogni momento dal giudice istruttore per una udienza che all'uopo egli fissa.
Se nessuna delle parti provvede alla citazione del terzo, il giudice istruttore
dispone con ordinanza non impugnabile la cancellazione della causa dal ruolo.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581. Art. 271
(Costituzione del terzo chiamato) Al terzo si applicano, con riferimento
all'udienza per la quale è citato, le disposizioni degli articoli 166 e 167,
primo comma. Se intende chiamare a sua volta in causa un terzo, deve farne
dichiarazione a pena di decadenza nella comparsa di risposta ed essere poi
autorizzato dal giudice ai sensi del terzo comma dell'articolo 269. Articolo
così sostituito dall'art. 30, L. 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente la
Corte costituzionale, con sentenza 23 luglio 1997, n. 260, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non
prevede per il terzo chiamato in causa l'applicazione dell'art. 167, secondo
comma, del presente codice. Art. 272 (Decisione delle questioni relative
all'intervento) Le questioni relative all'intervento sono decise dal collegio
insieme col merito, salvo che il giudice istruttore disponga a norma
dell'articolo 187 secondo comma. § 2: DELLA RIUNIONE DEI PROCEDIMENTI Art. 273
(Riunione di procedimenti relativi alla stessa causa) Se più procedimenti
relativi alla stessa causa pendono davanti allo stesso giudice, questi, anche d'ufficio,
ne ordina la riunione. Se il giudice istruttore o il presidente della sezione
ha notizia che per la stessa causa pende procedimento davanti ad altro giudice
o ad altra sezione dello stesso tribunale, ne riferisce al presidente, il
quale, sentite le parti, ordina con decreto la riunione, determinando la
sezione o designando il giudice davanti al quale il procedimento deve
proseguire. Art. 274 (Riunione di procedimenti relativi a cause connesse) Se
più procedimenti relativi a cause connesse pendono davanti allo stesso giudice,
questi, anche d'ufficio, può disporne la riunione. Se il giudice istruttore o
il presidente della sezione ha notizia che per una causa connessa pende
procedimento davanti ad altro giudice o davanti ad altra sezione dello stesso
tribunale, ne riferisce al presidente, il quale, sentite le parti, ordina con
decreto che le cause siano chiamate alla medesima udienza davanti allo stesso
giudice o alla stessa sezione per i provvedimenti opportuni. Art. 274 bis
(Rapporti tra collegio e giudice istruttore in funzione di giudice unico) Il
collegio, quando rileva che una causa, rimessa dinanzi a lui per la decisione,
deve essere decisa dal giudice istruttore in funzione di giudice unico, rimette
la causa dinanzi a quest'ultimo con ordinanza non impugnabile. Il giudice
istruttore provvede ai sensi dell'articolo 190-bis. Il giudice istruttore,
quando rileva che una causa, riservata per la decisione dinanzi a sè in
funzione di giudice unico, deve essere rimessa al collegio, provvede ai sensi degli
articoli 187, 188 e 189. In caso di connessione tra cause attribuite al
collegio e cause attribuite al giudice istruttore in funzione di giudice unico,
questi ne ordina la riunione e, all'esito dell'istruttoria, le rimette, ai
sensi dell'articolo 189, al collegio, il quale si pronuncia su tutte le
domande, a meno che non sia disposta la separazione ai sensi dell'articolo 279,
secondo comma, numero 5). Alla nullità derivante dalla inosservanza delle
disposizioni di legge relative alla composizione del tribunale giudicante si
applicano gli articoli 158 e 161, primo comma. Articolo aggiunto dall'art. 31,
L. 26 novembre 1990, n. 353. Capo III: DELLA DECISIONE DELLA CAUSA Art. 275
(Decisione del collegio) Rimessa la causa al collegio, la sentenza è depositata
in cancelleria entro sessanta giorni dalla scadenza del termine per il deposito
delle memorie di replica di cui all'articolo 190. Ciascuna delle parti, nel
precisare le conclusioni, può chiedere che la causa sia discussa oralmente
dinanzi al collegio. In tal caso, fermo restando il rispetto dei termini
indicati nell'articolo 190 per il deposito delle difese scritte, la richiesta
deve essere riproposta al presidente del tribunale alla scadenza del termine
per il deposito delle memorie di replica. Il presidente provvede sulla
richiesta fissando con decreto la data dell'udienza di discussione, da tenersi
entro sessanta giorni. Nell'udienza il giudice istruttore fa la relazione orale
della causa. Dopo la relazione, il presidente ammette le parti alla discussione;
la sentenza è depositata in cancelleria entro i sessanta giorni successivi.
Articolo così sostituito dall'art. 32, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 276
(Deliberazione) La decisione è deliberata in segreto nella camera di consiglio.
Ad essa possono partecipare soltanto i giudici che hanno assistito alla
discussione. Il collegio, sotto la direzione del presidente, decide
gradatamente le questioni pregiudiziali proposte dalle parti o rilevabili
d'ufficio e quindi il merito della causa. La decisione è presa a maggioranza di
voti. Il primo a votare è il relatore, quindi l'altro giudice e infine il
presidente. Se intorno a una questione si prospettano più soluzioni e non si
forma la maggioranza alla prima votazione, il presidente mette ai voti due
delle soluzioni per escluderne una, quindi mette ai voti la non esclusa e
quella eventualmente restante, e così successivamente finchè le soluzioni siano
ridotte a due, sulle quali avviene la votazione definitiva. Chiusa la
votazione, il presidente scrive e sottoscrive il dispositivo. La motivazione è
quindi stesa dal relatore, a meno che il presidente non creda di stenderla egli
stesso o affidarla all'altro giudice. Art. 277 (Pronuncia sul merito) Il
collegio nel deliberare sul merito deve decidere tutte le domande proposte e le
relative eccezioni, definendo il giudizio. Tuttavia il collegio, anche quando
il giudice istruttore gli ha rimesso la causa a norma dell'articolo 187 primo
comma, può limitare la decisione ad alcune domande, se riconosce che per esse
soltanto non sia necessaria un'ulteriore istruzione, e se la loro sollecita
definizione è di interesse apprezzabile per la parte che ne ha fatto istanza.
Art. 278 (Condanna generica - Provvisionale) Quando è già accertata la
sussistenza di un diritto, ma è ancora controversa la quantità della
prestazione dovuta, il collegio, su istanza di parte, può limitarsi a
pronunciare con sentenza la condanna generica alla prestazione, disponendo con
ordinanza che il processo prosegua per la liquidazione. In tal caso il collegio,
con la stessa sentenza e sempre su istanza di parte, può altresì condannare il
debitore al pagamento di una provvisionale, nei limiti della quantità per cui
ritiene già raggiunta la prova. Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio
1950, n. 581. Art. 279 (Forma dei provvedimenti del collegio) Il collegio
quando provvede soltanto su questioni relative all'istruzione della causa,
senza definire il giudizio, pronuncia ordinanza. Il collegio pronuncia
sentenza: 1) quando definisce il giudizio, decidendo questioni di giurisdizione
o di competenza; 2) quando definisce il giudizio, decidendo questioni
pregiudiziali attinenti al processo o questioni preliminari di merito; 3)
quando definisce il giudizio, decidendo totalmente il merito; 4) quando,
decidendo alcune delle questioni di cui ai numeri 1, 2 e 3, non definisce il
giudizio e impartisce distinti provvedimenti per l'ulteriore istruzione della
causa; 5) quando, valendosi della facoltà di cui agli articoli 103, secondo
comma, e 104, secondo comma, decide solo alcune delle cause fino a quel momento
riunite, e con distinti provvedimenti dispone la separazione delle altre cause
e l'ulteriore istruzione riguardo alle medesime, ovvero la rimessione al
giudice inferiore delle cause di sua competenza. I provvedimenti per
l'ulteriore istruzione, previsti dai numeri 4 e 5, sono dati con separata
ordinanza. I provvedimenti del collegio, che hanno forma di ordinanza, comunque
motivati, non possono mai pregiudicare la decisione della causa; salvo che la
legge disponga altrimenti, essi sono modificabili e revocabili dallo stesso
collegio, e non sono soggetti ai mezzi di impugnazione previsti per le
sentenze. Le ordinanze del collegio sono sempre immediatamente esecutive.
Tuttavia, quando sia stato proposto appello immediato contro una delle sentenze
previste dal n. 4 del secondo comma, il giudice istruttore, su istanza concorde
delle parti, qualora ritenga che i provvedimenti dell'ordinanza collegiale
siano dipendenti da quelli contenuti nella sentenza impugnata, può disporre con
ordinanza non impugnabile che l'esecuzione o la prosecuzione dell'ulteriore
istruttoria sia sospesa sino alla definizione del giudizio di appello.
L'ordinanza è depositata in cancelleria insieme con la sentenza. Articolo così
sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581. Art. 280 (Contenuto e disciplina
dell'ordinanza del collegio) Con la sua ordinanza il collegio fissa l'udienza
per la comparizione delle parti davanti al giudice istruttore o davanti a sè
nel caso previsto nell'articolo seguente. Il cancelliere inserisce l'ordinanza
nel fascicolo di ufficio e ne dà tempestiva comunicazione alle parti a norma
dell'articolo 176 secondo comma. Per effetto dell'ordinanza il giudice
istruttore è investito di tutti i poteri per l'ulteriore trattazione della causa.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581. Art. 281
(Rinnovazione di prove davanti al collegio) Quando ne ravvisa la necessità, il
collegio, anche d'ufficio, può disporre la riassunzione davanti a sè di uno o
più mezzi di prova. Capo IV: DELL'ESECUTORIETÀ E DELLA NOTIFICAZIONE DELLE
SENTENZE Art. 282 (Esecuzione provvisoria) La sentenza di primo grado è
provvisoriamente esecutiva tra le parti. Articolo così sostituito dall'art. 33,
L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 283 (Provvedimenti sull'esecuzione
provvisoria in appello) Il giudice d'appello su istanza di parte, proposta con
l'impugnazione principale o con quella incidentale, quando ricorrono gravi
motivi, sospende in tutto o in parte l'efficacia esecutiva o l'esecuzione della
sentenza impugnata. Articolo così sostituito dall'art. 34, L. 26 novembre 1990,
n. 353. Art. 284 Articolo abrogato dalla L. 14 luglio 1950, n. 581. Art. 285
(Modo di notificazione della sentenza) La notificazione della sentenza, al fine
della decorrenza del termine per l'impugnazione, si fa, su istanza di parte, a
norma dell'articolo 170 primo e terzo comma. Art. 286 (Notificazione nel caso
d'interruzione) Se dopo la chiusura della discussione si è avverato uno dei
casi previsti nell'articolo 299, la notificazione della sentenza si può fare,
anche a norma dell'articolo 303 secondo comma, a coloro ai quali spetta stare
in giudizio. Se si è avverato uno dei casi previsti nell'articolo 301, la
notificazione si fa alla parte personalmente. Capo V: DELLA CORREZIONE DELLE SENTENZE
E DELLE ORDINANZE Art. 287 (Casi di correzione) Le sentenze contro le quali non
sia stato proposto appello e le ordinanze non revocabili possono essere
corrette, su ricorso di parte, dallo stesso giudice che le ha pronunciate,
qualora egli sia incorso in omissioni o in errori materiali o di calcolo. Art.
288 (Procedimento di correzione) Se tutte le parti concordano nel chiedere la
stessa correzione, il giudice provvede con decreto. Se è chiesta da una delle
parti, il giudice, con decreto da notificarsi insieme col ricorso a norma
dell'articolo 170 primo e terzo comma, fissa l'udienza nella quale le parti
debbono comparire davanti a lui. Sull'istanza il giudice provvede con
ordinanza, che deve essere annotata sull'originale del provvedimento. Se è chiesta
la correzione di una sentenza dopo un anno dalla pubblicazione, il ricorso e il
decreto debbono essere notificati alle altre parti personalmente. Le sentenze
possono essere impugnate relativamente alle parti corrette nel termine
ordinario decorrente dal giorno in cui è stata notificata l'ordinanza di
correzione. Art. 289 (Integrazione dei provvedimenti istruttori) I
provvedimenti istruttori, che non contengono la fissazione dell'udienza
successiva o del termine entro il quale le parti debbono compiere gli atti
processuali, possono essere integrati, su istanza di parte o d'ufficio, entro
il termine perentorio di sei mesi dall'udienza in cui i provvedimenti furono
pronunciati, oppure dalla loro notificazione o comunicazione se prescritte.
L'integrazione è disposta dal presidente del collegio nel caso di provvedimento
collegiale e dal giudice istruttore negli altri casi, con decreto che è
comunicato a tutte le parti a cura del cancelliere. Articolo così sostituito
dalla L. 14 luglio 1950, n. 581. Capo VI: DEL PROCEDIMENTO IN CONTUMACIA Art.
290 (Contumacia dell'attore) Nel dichiarare la contumacia dell'attore a norma
dell'articolo 171 ultimo comma, il giudice istruttore, se il convenuto ne fa
richiesta, ordina che sia proseguito il giudizio e dà le disposizioni previste
nell'articolo 187, altrimenti dispone che la causa sia cancellata dal ruolo, e
il processo si estingue. Art. 291 (Contumacia del convenuto) Se il convenuto
non si costituisce e il giudice istruttore rileva un vizio che importi nullità
nella notificazione della citazione, fissa all'attore un termine perentorio per
rinnovarla. La rinnovazione impedisce ogni decadenza. Se il convenuto non si
costituisce neppure all'udienza fissata a norma del comma precedente, il
giudice provvede a norma dell'articolo 171, ultimo comma. Se l'ordine di
rinnovazione della citazione di cui al primo comma non è eseguito, il giudice
ordina la cancellazione della causa dal ruolo e il processo si estingue a norma
dell'articolo 307, comma terzo. Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio
1950, n. 581. Art. 292 (Notificazione e comunicazione di atti al contumace)
L'ordinanza che ammette l'interrogatorio o il giuramento, e le comparse
contenenti domande nuove o riconvenzionali da chiunque proposte sono notificate
personalmente al contumace nei termini che il giudice istruttore fissa con
ordinanza (1). Le altre comparse si considerano comunicate con il deposito in
cancelleria e con l'apposizione del visto del cancelliere sull'originale. Tutti
gli altri atti non sono soggetti a notificazione o comunicazione. Le sentenze
sono notificate alla parte personalmente. La Corte costituzionale, con sentenza
28 novembre 1986, n. 250, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del
presente articolo nella parte in cui non prevede la notificazione al contumace
del verbale in cui si dà atto della produzione della scrittura privata nei
procedimenti di cognizione ordinaria dinanzi al pretore e al conciliatore, di
cui al titolo II del libro II del c.p.c. (1) La Corte costituzionale, sentenza 6
giugno 1989, n. 317, ha dichiarato l'illegittimità del presente comma, in
relazione all'art. 215, n. 1, dello stesso codice, nella parte in cui non
prevede la notificazione al contumace del verbale in cui si da atto della
produzione della scrittura privata non indicata in atti notificati in
precedenza. Art. 293 (Costituzione del contumace) La parte che è stata
dichiarata contumace può costituirsi in ogni momento del procedimento fino
all'udienza in cui la causa è rimessa al collegio a norma dell'articolo 189. La
costituzione può avvenire mediante deposito di una comparsa, della procura e
dei documenti in cancelleria o mediante comparizione all'udienza. In ogni caso
il contumace che si costituisce può disconoscere, nella prima udienza o nel
termine assegnatogli dal giudice istruttore, le scritture contro di lui
prodotte. Art. 294 (Rimessione in termini) Il contumace che si costituisce può
chiedere al giudice istruttore di essere ammesso a compiere attività che gli
sarebbero precluse, se dimostra che la nullità della citazione o della sua
notificazione gli ha impedito di avere conoscenza del processo o che la
costituzione è stata impedita da causa a lui non imputabile. Il giudice, se
ritiene verosimili i fatti allegati, ammette, quando occorre, la prova dell'impedimento,
e quindi provvede sulla rimessione in termini delle parti. I provvedimenti
previsti nel comma precedente sono pronunciati con ordinanza. Le disposizioni
dei commi precedenti si applicano anche se il contumace che si costituisce
intende svolgere, senza il consenso delle altre parti, attività difensive che
producono ritardo nella rimessione al collegio della causa che sia già matura
per la decisione rispetto alle parti già costituite. Articolo così sostituito
dalla L. 14 luglio 1950, n. 581. Capo VII: DELLA SOSPENSIONE, INTERRUZIONE ED
ESTINZIONE DEL PROCESSO Sezione I: DELLA SOSPENSIONE DEL PROCESSO Art. 295
(Sospensione necessaria) Il giudice dispone che il processo sia sospeso in ogni
caso in cui egli stesso o altro giudice deve risolvere una controversia, dalla
cui definizione dipende la decisione della causa. Articolo così sostituito
dall'art. 35, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 296 (Sospensione su istanza
delle parti) Il giudice istruttore, su istanza di tutte le parti, può disporre
che il processo rimanga sospeso per un periodo non superiore a quattro mesi.
Art. 297 (Fissazione della nuova udienza dopo la sospensione) Se col
provvedimento di sospensione non è stata fissata l'udienza in cui il processo
deve proseguire, le parti debbono chiederne la fissazione entro il termine
perentorio di sei mesi dalla cessazione della causa di sospensione di cui
all'art. 3 del codice di procedura penale o dal passaggio in giudicato della
sentenza che definisce la controversia civile o amministrativa di cui all'articolo
295 (1). Nell'ipotesi dell'articolo precedente l'istanza deve essere proposta
dieci giorni prima della scadenza del termine di sospensione. L'istanza si
propone con ricorso al giudice istruttore o, in mancanza, al presidente del
tribunale. Il ricorso, col decreto che fissa l'udienza, è notificato a cura
dell'istante alle altre parti nel termine stabilito dal giudice. Articolo così
sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581. (1) La Corte costituzionale, con
sentenza 4 marzo 1970, n. 34, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del
presente comma nella parte in cui dispone la decorrenza del termine utile per
la richiesta di fissazione della nuova udienza dalla cessazione della causa di
sospensione anzichè dalla conoscenza che ne abbiano le parti del processo
sospeso. Art. 298 (Effetti della sospensione) Durante la sospensione non
possono essere compiuti atti del procedimento. La sospensione interrompe i
termini in corso, i quali ricominciano a decorrere dal giorno della nuova
udienza fissata nel provvedimento di sospensione o nel decreto di cui
all'articolo precedente. Sezione II: DELL'INTERRUZIONE DEL PROCESSO Art. 299
(Morte o perdita della capacità prima della costituzione) Se prima della
costituzione in cancelleria o all'udienza davanti al giudice istruttore,
sopravviene la morte oppure la perdita della capacità di stare in giudizio di
una delle parti o del suo rappresentante legale o la cessazione di tale
rappresentanza, il processo è interrotto, salvo che coloro ai quali spetta di
proseguirlo si costituiscano volontariamente, oppure l'altra parte provveda a
citarli in riassunzione, osservati i termini di cui all'articolo 163 bis.
Articolo così sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857. Art. 300 (Morte o
perdita della capacità della parte costituita o del contumace) Se alcuno degli
eventi previsti nell'articolo precedente si avvera nei riguardi della parte che
si è costituita a mezzo di procuratore, questi lo dichiara in udienza o lo
notifica alle altre parti. Dal momento di tale dichiarazione o notificazione il
processo è interrotto, salvo che avvenga la costituzione volontaria o la
riassunzione a norma dell'articolo precedente. Se la parte è costituita
personalmente, il processo è interrotto al momento dell'evento. Se questo
riguarda la parte dichiarata contumace, il processo è interrotto dal momento in
cui il fatto interruttivo è notificato o è certificato dall'ufficiale
giudiziario nella relazione di notificazione di uno dei provvedimenti di cui
all'articolo 292. Se alcuno degli eventi previsti nell'articolo precedente si
avvera o è notificato dopo la chiusura della discussione davanti al collegio,
esso non produce effetto se non nel caso di riapertura dell'istruzione. La
Corte costituzionale, con sentenza 16 ottobre 1986, n. 220, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non
prevede, ove emerga una situazione di scomparsa del convenuto, la interruzione
del processo e la segnalazione, ad opera del giudice, del caso al pubblico
ministero perchè promuova la nomina di un curatore, nei cui confronti debba
l'attore riassumere il giudizio. Art. 301 (Morte o impedimento del procuratore)
Se la parte è costituita a mezzo di procuratore, il processo è interrotto dal
giorno della morte, radiazione o sospensione del procuratore stesso. In tal
caso si applica la disposizione dell'articolo 299. Non sono cause
d'interruzione la revoca della procura o la rinuncia ad essa. Art. 302
(Prosecuzione del processo) Nei casi previsti negli articoli precedenti la
costituzione per proseguire il processo può avvenire all'udienza o a norma
dell'articolo 166. Se non è fissata alcuna udienza, la parte può chiedere con
ricorso al giudice istruttore o, in mancanza, al presidente del tribunale la
fissazione dell'udienza. Il ricorso e il decreto sono notificati alle altre
parti a cura dell'istante. Art. 303 (Riassunzione del processo) Se non avviene
la prosecuzione del processo a norma dell'articolo precedente, l'altra parte
può chiedere la fissazione dell'udienza, notificando quindi il ricorso e il
decreto a coloro che debbono costituirsi per proseguirlo. In caso di morte
della parte il ricorso deve contenere gli estremi della domanda, e la
notificazione entro un anno dalla morte può essere fatta collettivamente e
impersonalmente agli eredi, nell'ultimo domicilio del defunto. Se vi sono altre
parti in causa, il decreto è notificato anche ad esse. Se la parte che ha
ricevuto la notificazione non comparisce all'udienza fissata, si procede in sua
contumacia. Art. 304 (Effetti dell'interruzione) In caso d'interruzione del
processo si applica la disposizione dell'articolo 298. Art. 305 (Mancata
prosecuzione o riassunzione) Il processo deve essere proseguito o riassunto
entro il termine perentorio di sei mesi dall'interruzione, altrimenti si estingue.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581. Successivamente la
Corte Costituzionale, con sentenza 15 dicembre 1967, n. 139, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del presente articolo per la parte in cui fa
decorrere dalla data dell'interruzione del processo il termine per la sua
prosecuzione o la sua riassunzione anche nei casi regolati dal precedente art.
301. Con successiva sentenza 6 luglio 1971, n. 159, la stessa Corte ha esteso
l'illegittimità alla parte in cui si dispone che il termine utile per la
prosecuzione o per la riassunzione del processo interrotto ai sensi dell'art.
299 e dell'art. 300 c.p.c. decorre dall'interruzione anzichè dalla data in cui
le parti ne abbiano avuto conoscenza. Sezione III: DELL'ESTINZIONE DEL PROCESSO
Art. 306 (Rinuncia agli atti del giudizio) Il processo si estingue per rinuncia
agli atti del giudizio quando questa è accettata dalle parti costituite che
potrebbero aver interesse alla prosecuzione. L'accettazione non è efficace se
contiene riserve o condizioni. Le dichiarazioni di rinuncia e di accettazione
sono fatte dalle parti o da loro procuratori speciali, verbalmente all'udienza
o con atti sottoscritti e notificati alle altre parti. Il giudice, se la
rinuncia e l'accettazione sono regolari, dichiara l'estinzione del processo. Il
rinunciante deve rimborsare le spese alle altre parti, salvo diverso accordo
tra loro. La liquidazione delle spese è fatta dal giudice istruttore con
ordinanza non impugnabile. Art. 307 (Estinzione del processo per inattività
delle parti) Se dopo la notificazione della citazione nessuna delle parti siasi
costituita entro il termine stabilito dall'articolo 166, ovvero, se, dopo la
costituzione delle stesse, il giudice, nei casi previsti dalla legge, abbia
ordinata la cancellazione della causa dal ruolo, il processo, salvo il disposto
del secondo comma dell'articolo 181 e dell'articolo 290, deve essere riassunto
davanti allo stesso giudice nel termine perentorio di un anno, che decorre
rispettivamente dalla scadenza del termine per la costituzione del convenuto a
norma dell'articolo 166, o dalla data del provvedimento di cancellazione;
altrimenti il processo si estingue. Il processo, una volta riassunto a norma
del precedente comma, si estingue se nessuna delle parti siasi costituita,
ovvero se nei casi previsti dalla legge il giudice ordini la cancellazione
della causa dal ruolo. Oltre che nei casi previsti dai commi precedenti, e
salvo diverse disposizioni di legge, il processo si estingue altresì qualora le
parti alle quali spetta di rinnovare la citazione, o di proseguire, riassumere
o integrare il giudizio, non vi abbiano provveduto entro il termine perentorio
stabilito dalla legge, o dal giudice che dalla legge sia autorizzato a
fissarlo. Quando la legge autorizza il giudice a fissare il termine, questo non
può essere inferiore ad un mese nè superiore a sei. L'estinzione opera di
diritto, ma deve essere eccepita dalla parte interessata prima di ogni altra
sua difesa. Essa è dichiarata con ordinanza del giudice istruttore, ovvero con
sentenza del collegio, se dinanzi a questo venga eccepita. Articolo così
sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581. Art. 308 (Comunicazione e
impugnabilità dell'ordinanza) L'ordinanza che dichiara l'estinzione è
comunicata a cura del cancelliere se è pronunciata fuori della udienza. Contro
di essa è ammesso reclamo nei modi di cui all'articolo 178 commi terzo, quarto
e quinto. Il collegio provvede in camera di consiglio con sentenza, se respinge
il reclamo, e con ordinanza non impugnabile, se l'accoglie. Articolo così
sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581. Art. 309 (Mancata comparizione
all'udienza) Se nel corso del processo nessuna delle parti si presenta
all'udienza, il giudice provvede a norma del primo comma dell'articolo 181. Articolo
così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581. Art. 310 (Effetti
dell'estinzione del processo) L'estinzione del processo non estingue l'azione.
L'estinzione rende inefficaci gli atti compiuti, ma non le sentenze di merito
pronunciate nel corso del processo e quelle che regolano la competenza. Le
prove raccolte sono valutate dal giudice a norma dell'articolo 116 secondo
comma. Le spese del processo estinto stanno a carico delle parti che le hanno
anticipate. Titolo II: DEL PROCEDIMENTO DAVANTI AL PRETORE E AL GIUDICE DI PACE
Capo I: DISPOSIZIONI COMUNI Art. 311 (Rinvio alle norme relative al
procedimento davanti al tribunale) Il procedimento davanti al pretore e al
giudice di pace, per tutto ciò che non è regolato nel presente titolo o in
altre espresse disposizioni, è retto dalle norme relative al procedimento
davanti al tribunale, in quanto applicabili. Articolo così sostituito dall'art.
22, L. 21 novembre 1991, n. 374. Art. 312 (Poteri istruttori del giudice) Il
pretore o il giudice di pace può disporre d'ufficio la prova testimoniale
formulandone i capitoli, quando le parti nell'esposizione dei fatti si sono
riferite a persone che appaiono in grado di conoscere la verità. Articolo così
sostituito dall'art. 23, L. 21 novembre 1991, n. 374. Art. 313 (Querela di
falso) Se è proposta querela di falso, il pretore o il giudice di pace, quando
ritiene il documento impugnato rilevante per la decisione, sospende il giudizio
e rimette le parti davanti al tribunale per il relativo procedimento. Può anche
disporre a norma dell'articolo 225, secondo comma. Articolo così sostituito
dall'art. 24, L. 21 novembre 1991, n. 374. Capo II: DISPOSIZIONI SPECIALI PER
IL PROCEDIMENTO DAVANTI AL PRETORE Art. 314 (Decisione a seguito di trattazione
scritta) Il pretore, quando ritiene la causa matura per la decisione, invita le
parti a precisare le conclusioni, dispone lo scambio delle comparse
conclusionali e delle memorie di replica ai sensi dell'articolo 190 e, quindi,
deposita la sentenza in cancelleria entro trenta giorni dalla scadenza del
termine per il deposito delle memorie di replica. Articolo così sostituito
dall'art. 38, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 315 (Conservazione di
documenti) I documenti prodotti dalle parti possono essere inseriti nel
fascicolo d'ufficio e ivi conservati fino alla definizione del giudizio.
Articolo così sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857. Capo III:
DISPOSIZIONI SPECIALI PER IL PROCEDIMENTO DAVANTI AL GIUDICE DI PACE Art. 316
(Forma della domanda) Davanti al giudice di pace la domanda si propone mediante
citazione a comparire a udienza fissa. La domanda si può anche proporre
verbalmente. Di essa il giudice di pace fa redigere processo verbale che, a
cura dell'attore, è notificato con citazione a comparire a udienza fissa.
Articolo sostituito dall'art. 40, L. 26 novembre 1990, n. 353 e successivamente
così sostituito dall'art. 25, comma 2, L. 21 novembre 1991, n. 374. Art. 317
(Rappresentanza davanti al giudice di pace) Davanti al giudice di pace le parti
possono farsi rappresentare da persona munita di mandato scritto in calce alla
citazione o in atto separato, salvo che il giudice ordini la loro comparizione
personale. Il mandato a rappresentare comprende sempre quello a transigere e a
conciliare. Articolo sostituito dall'art. 41, L. 26 novembre 1990, n. 353 e
successivamente così sostituito dall'art. 26, L. 21 novembre 1991, n. 374. Art.
318 (Contenuto della domanda) La domanda, comunque proposta, deve contenere,
oltre l'indicazione del giudice e delle parti, l'esposizione dei fatti e
l'indicazione dell'oggetto (1). Tra il giorno della notificazione di cui
all'articolo 316 e quello della comparizione devono intercorrere termini liberi
non minori di quelli previsti dall'articolo 163-bis, ridotti alla metà. Se la
citazione indica un giorno nel quale il giudice di pace non tiene udienza, la
comparizione è d'ufficio rimandata all'udienza immediatamente successiva.
Articolo sostituito dall'art. 42, L. 26 novembre 1990, n. 353 e successivamente
così sostituito dall'art. 27, L. 21 novembre 1991, n. 374. (1) La Corte
costituzionale, con sentenza 22 aprile 1997, n. 110, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui non
prevede che l'atto introduttivo del giudizio dinanzi al giudice di pace debba
contenere l'indicazione della scrittura privata che l'attore offre in
comunicazione. Art. 319 (Costituzione delle parti) Le parti si costituiscono
depositando in cancelleria la citazione o il processo verbale di cui
all'articolo 316 con la relazione della notificazione e, quando occorre, la
procura, oppure presentando tali documenti al giudice in udienza. Le parti, che
non hanno precedentemente dichiarato la residenza o eletto domicilio nel comune
in cui ha sede l'ufficio del giudice di pace, debbono farlo con dichiarazione
ricevuta nel processo verbale al momento della costituzione. Articolo
sostituito dall'art. 43, L. 26 novembre 1990, n. 353 e successivamente così
sostituito dall'art. 28, L. 21 novembre 1991, n. 374. Art. 320 (Trattazione
della causa) Nella prima udienza il giudice di pace interroga liberamente le
parti e tenta la conciliazione. Se la conciliazione riesce se ne redige
processo verbale a norma dell'articolo 185, ultimo comma. Se la conciliazione
non riesce, il giudice di pace invita le parti a precisare definitivamente i
fatti che ciascuna pone a fondamento delle domande, difese ed eccezioni, a
produrre i documenti e a richiedere i mezzi di prova da assumere. Quando sia
reso necessario dalle attività svolte dalle parti in prima udienza, il giudice
di pace fissa per una sola volta una nuova udienza per ulteriori produzioni e
richieste di prova. I documenti prodotti dalle parti possono essere inseriti
nel fascicolo di ufficio ed ivi conservati fino alla definizione del giudizio.
Articolo sostituito dall'art. 44, L. 26 novembre 1990, n. 353 e successivamente
così sostituito dall'art. 29, L. 21 novembre 1991, n. 374. Art. 321 (Decisione)
Il giudice di pace, quando ritiene matura la causa per la decisione, invita le
parti a precisare le conclusioni e a discutere la causa. La sentenza è
depositata in cancelleria entro quindi giorni dalla discussione. Articolo
sostituito dall'art. 45, L. 26 novembre 1990, n. 353 e successivamente così
sostituito dall'art. 30, L. 21 novembre 1991, n. 374. Art. 322 (Conciliazione in
sede non contenziosa) L'istanza per la conciliazione in sede non contenziosa è
proposta anche verbalmente al giudice di pace competente per territorio secondo
le disposizioni della sezione III, capo I, titolo I, del libro primo. Il
processo verbale di conciliazione in sede non contenziosa costituisce titolo
esecutivo a norma dell'articolo 185, ultimo comma, se la controversia rientra
nella competenza del giudice di pace. Negli altri casi il processo verbale ha
valore di scrittura privata riconosciuta in giudizio. Articolo sostituito
dall'art. 46, L. 26 novembre 1990, n. 353 e successivamente così sostituito
dall'art. 31, L. 21 novembre 1991, n. 374. Titolo III: DELLE IMPUGNAZIONI Capo
I: DELLE IMPUGNAZIONI IN GENERALE Art. 323 (Mezzi di impugnazione) I mezzi per
impugnare le sentenze, oltre al regolamento di competenza nei casi previsti
dalla legge, sono: l'appello, il ricorso per cassazione, la revocazione e
l'opposizione di terzo. Art. 324 (Cosa giudicata formale) Si intende passata in
giudicato la sentenza che non è più soggetta nè a regolamento di competenza, nè
ad appello, nè a ricorso per cassazione, nè a revocazione per i motivi di cui
ai numeri 4 e 5 dell'articolo 395. Art. 325 (Termini per le impugnazioni) Il
termine per proporre l'appello, la revocazione e l'opposizione di terzo di cui
all'art. 404, secondo comma, è di trenta giorni. E' anche di trenta giorni il
termine per proporre la revocazione e l'opposizione di terzo sopra menzionata
contro le sentenze delle corti di appello (1). Il termine per proporre il
ricorso per cassazione è di giorni sessanta. (1) Comma sostituito dall'art. 47,
L. 26 novembre 1990, n. 353 e successivamente così sostituito dall'art. 32, L.
21 novembre 1991, n. 374. Art. 326 (Decorrenza dei termini) I termini stabiliti
nell'articolo precedente sono perentori e decorrono dalla notificazione della
sentenza, tranne per i casi previsti nei numeri 1, 2, 3 e 6 dell'art. 395 e
negli articoli 397 e 404 secondo comma, riguardo ai quali il termine decorre
dal giorno in cui è stato scoperto il dolo o la falsità o la collusione o è
stato recuperato il documento o è passata in giudicato la sentenza di cui al n.
6 dell'art. 395, o il pubblico ministero ha avuto conoscenza della sentenza.
Nel caso previsto nell'art. 332, l'impugnazione proposta contro una parte fa
decorrere nei confronti dello stesso soccombente il termine per proporla contro
le altre parti. Art. 327 (Decadenza dall'impugnazione) Indipendentemente dalla
notificazione, l'appello, il ricorso per cassazione e la revocazione per i
motivi indicati nei numeri 4 e 5 dell'art. 395 non possono proporsi dopo
decorso un anno dalla pubblicazione della sentenza. Questa disposizione non si
applica quando la parte contumace dimostra di non avere avuto conoscenza del
processo per nullità della citazione o della notificazione di essa, e per
nullità della notificazione degli atti di cui all'art. 292. Art. 328
(Decorrenza dei termini contro gli eredi della parte defunta) Se, durante la
decorrenza del termine di cui all'art. 325, sopravviene alcuno degli eventi
previsti nell'art. 299, il termine stesso è interrotto e il nuovo decorre dal
giorno in cui la notificazione della sentenza è rinnovata. Tale rinnovazione
può essere fatta agli eredi collettivamente e impersonalmente, nell'ultimo
domicilio del defunto. Se dopo sei mesi dalla pubblicazione della sentenza si
verifica alcuno degli eventi previsti nell'art. 299, il termine di cui
all'articolo precedente è prorogato per tutte le parti di sei mesi dal giorno
dell'evento. La Corte costituzionale, con sentenza 3 marzo 1986, n. 41, ha
dichiarato l'illegittimità costituzionale di questo articolo nella parte in cui
non prevede tra i motivi di interruzione del termine di cui all'art. 325
c.p.c., la morte, la radiazione e la sospensione dall'albo del procuratore
costituito, sopravvenute nel corso del termine stesso. Art. 329 (Acquiescenza
totale o parziale) Salvi i casi di cui ai numeri 1, 2, 3 e 6 dell'art. 395,
l'acquiescenza risultante da accettazione espressa o da atti incompatibili con
la volontà di avvalersi delle impugnazioni ammesse dalla legge ne esclude la
proponibilità. L'impugnazione parziale importa acquiescenza alle parti della
sentenza non impugnate. Art. 330 (Luogo di notificazione dell'impugnazione) Se
nell'atto di notificazione della sentenza la parte ha dichiarato la sua
residenza o eletto domicilio nella circoscrizione del giudice che l'ha
pronunciata, l'impugnazione deve essere notificata nel luogo indicato;
altrimenti si notifica presso il procuratore costituito o nella residenza dichiarata
o nel domicilio eletto per il giudizio. L'impugnazione può essere notificata
nei luoghi sopra menzionati collettivamente e impersonalmente agli eredi della
parte defunta dopo la notificazione della sentenza. Quando manca la
dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio e, in ogni caso, dopo un
anno dalla pubblicazione della sentenza, l'impugnazione, se è ancora ammessa
dalla legge, si notifica personalmente a norma degli articoli 137 e seguenti.
Art. 331 (Integrazione del contraddittorio in cause inscindibili) Se la
sentenza pronunciata tra più parti in causa inscindibile o in cause tra loro
dipendenti non è stata impugnata nei confronti di tutte, il giudice ordina
l'integrazione del contraddittorio fissando il termine nel quale la
notificazione deve essere fatta e, se è necessario, l'udienza di comparizione.
L'impugnazione è dichiarata inammissibile se nessuna delle parti provvede
all'integrazione nel termine fissato. Art. 332 (Notificazione dell'impugnazione
relativa a cause scindibili) Se l'impugnazione di una sentenza pronunciata in
cause scindibili è stata proposta soltanto da alcuna delle parti o nei
confronti di alcuna di esse, il giudice ne ordina la notificazione alle altre,
in confronto delle quali l'impugnazione non è preclusa o esclusa, fissando il
termine nel quale la notificazione deve essere fatta e, se è necessario,
l'udienza di comparizione. Se la notificazione ordinata dal giudice non
avviene, il processo rimane sospeso fino a che non siano decorsi i termini
previsti negli articoli 325 e 327 primo comma. Art. 333 (Impugnazioni
incidentali) Le parti alle quali sono state fatte le notificazioni previste
negli articoli precedenti debbono proporre, a pena di decadenza, le loro
impugnazioni in via incidentale nello stesso processo. Art. 334 (Impugnazioni
incidentali tardive) Le parti, contro le quali è stata proposta impugnazione e
quelle chiamate ad integrare il contraddittorio a norma dell'articolo 331,
possono proporre impugnazione incidentale anche quando per esse è decorso il
termine o hanno fatto acquiescenza alla sentenza. In tal caso, se
l'impugnazione principale è dichiarata inammissibile l'impugnazione incidentale
perde ogni efficacia. Art. 335 (Riunione delle impugnazioni separate) Tutte le
impugnazioni proposte separatamente contro la stessa sentenza debbono essere
riunite, anche d'ufficio, in un solo processo. Art. 336 (Effetti della riforma
o della cassazione) La riforma o la cassazione parziale ha effetto anche sulle
parti della sentenza dipendenti dalla parte riformata o cassata. La riforma o
la cassazione estende i suoi effetti ai provvedimenti e agli atti dipendenti
dalla sentenza riformata o cassata (1). (1) Comma così sostituito dall'art. 48,
L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 337 (Sospensione dell'esecuzione e dei processi)
L'esecuzione della sentenza non è sospesa per effetto dell'impugnazione di
essa, salve le disposizioni degli articoli 283, 373, 401 e 407 (1). Quando
l'autorità di una sentenza è invocata in diverso processo, questo può essere
sospeso se tale sentenza è impugnata. (1) Comma così sostituito dall'art. 49,
L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 338 (Effetti dell'estinzione del procedimento
di impugnazione) L'estinzione del procedimento d'appello o di revocazione nei
casi previsti nei numeri 4 e 5 dell'art. 395 fa passare in giudicato la
sentenza impugnata, salvo che ne siano stati modificati gli effetti con
provvedimenti pronunciati nel procedimento estinto. Capo II: DELL'APPELLO Art.
339 (Appellabilità delle sentenze) Possono essere impugnate con appello le sentenze
pronunciate in primo grado, purchè l'appello non sia escluso dalla legge o
dall'accordo delle parti a norma dell'articolo 360, secondo comma. E'
inappellabile la sentenza che il giudice ha pronunciato secondo equità a norma
dell'articolo 114. Sono altresì inappellabili le sentenze del giudice di pace
pronunziate secondo equità (1). Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio
1950, n. 581. (1) Comma così sostituito dall'art. 33, L. 21 novembre 1991, n.
374. Art. 340 (Riserva facoltativa d'appello contro sentenze non definitive)
Contro le sentenze previste dall'articolo 278 e dal n. 4 del secondo comma
dell'articolo 279, l'appello può essere differito, qualora la parte soccombente
ne faccia riserva, a pena di decadenza, entro il termine per appellare e, in
ogni caso, non oltre la prima udienza dinanzi al giudice istruttore successiva
alla comunicazione della sentenza stessa. Quando sia stata fatta la riserva di
cui al precedente comma, l'appello deve essere proposto unitamente a quello
contro la sentenza che definisce il giudizio o con quello che venga proposto,
dalla stessa o da altra parte, contro altra sentenza successiva che non
definisca il giudizio. La riserva non può più farsi, e se già fatta rimane
priva di effetto, quando contro la stessa sentenza da alcuna delle parti sia
proposto immediatamente appello. Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio
1950, n. 581. Art. 341 (Giudice dell'appello) L'appello contro le sentenze del
pretore e del tribunale si propone rispettivamente al tribunale e alla corte di
appello nella cui circoscrizione ha sede il giudice che ha pronunciato la
sentenza. L'appello contro le sentenze del giudice di pace si propone al
tribunale nel cui circondario ha sede il giudice che ha pronunciato la sentenza
(1). Articolo così sostituito dalla L. 30 luglio 1984, n. 399. (1) Comma
aggiunto dall'art. 34, L. 21 novembre 1991, n. 374. Art. 342 (Forma
dell'appello) L'appello si propone con citazione contenente l'esposizione
sommaria dei fatti ed i motivi specifici dell'impugnazione nonchè le
indicazioni prescritte nell'articolo 163. Tra il giorno della citazione e
quello della prima udienza di trattazione devono intercorrere termini liberi
non minori di quelli previsti dall'articolo 163-bis. Articolo così sostituito
dall'art. 50, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 343 (Modo e termine
dell'appello incidentale) L'appello incidentale si propone, a pena di
decadenza, nella comparsa di risposta, all'atto della costituzione in
cancelleria ai sensi dell'articolo 166 (1). Se l'interesse a proporre l'appello
incidentale sorge dall'impugnazione proposta da altra parte che non sia
l'appellante principale, tale appello si propone nella prima udienza successiva
alla proposizione dell'impugnazione stessa. (1) Comma così sostituito dall'art.
51, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 344 (Intervento in appello) Nel giudizio
d'appello è ammesso soltanto l'intervento dei terzi, che potrebbero proporre
opposizione a norma dell'articolo 404. Art. 345 (Domande ed eccezioni nuove)
Nel giudizio d'appello non possono proporsi domande nuove e, se proposte,
debbono essere dichiarate inammissibili d'ufficio. Possono tuttavia domandarsi
gli interessi, i frutti e gli accessori maturati dopo la sentenza impugnata,
nonchè il risarcimento dei danni sofferti dopo la sentenza stessa. Non possono
proporsi nuove eccezioni, che non siano rilevabili anche d'ufficio. Non sono
ammessi nuovi mezzi di prova, salvo che il collegio non li ritenga
indispensabili ai fini della decisione della causa ovvero che la parte dimostri
di non aver potuto proporli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non
imputabile. Può sempre deferirsi il giuramento decisorio. Articolo così
sostituito dall'art. 52, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 346 (Decadenza dalle
domande e dalle eccezioni non riproposte) Le domande e le eccezioni non accolte
nella sentenza di primo grado, che non sono espressamente riproposte in
appello, si intendono rinunciate. Art. 347 (Forme e termini della costituzione
in appello) La costituzione in appello avviene secondo le forme e i termini per
i procedimenti davanti al tribunale (1). L'appellante deve inserire nel proprio
fascicolo copia della sentenza appellata. Il cancelliere provvede a norma
dell'art. 168 e richiede la trasmissione del fascicolo d'ufficio al cancelliere
del giudice di primo grado. (1) Comma così sostituito dall'art. 53, L. 26
novembre 1990, n. 353. Art. 348 (Improcedibilità dell'appello) L'appello è
dichiarato improcedibile, anche d'ufficio, se l'appellante non si costituisce
in termini. Se l'appellante non compare alla prima udienza, benchè si sia
anteriormente costituito, il collegio, con ordinanza non impugnabile, rinvia la
causa ad una prossima udienza, della quale il cancelliere dà comunicazione
all'appellante. Se anche alla nuova udienza l'appellante non compare, l'appello
è dichiarato improcedibile anche d'ufficio. Articolo così sostituito dall'art.
54, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 349 N.B.: Articolo abrogato dal D.P.R. 17
ottobre 1950, n. 857. Art. 350 (Trattazione) La trattazione dell'appello è
collegiale. Nella prima udienza di trattazione il collegio verifica la regolare
costituzione del giudizio e, quando occorre, ordina l'integrazione di esso o la
notificazione prevista dall'articolo 332, oppure dispone che si rinnovi la
notificazione dell'atto di appello. Nella stessa udienza il collegio dichiara
la contumacia dell'appellato, provvede alla riunione degli appelli proposti
contro la stessa sentenza e procede al tentativo di conciliazione ordinando,
quando occorre, la comparizione personale delle parti. Articolo così sostituito
dall'art. 55, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 351 (Provvedimenti
sull'esecuzione provvisoria) Sull'istanza di cui all'articolo 283 il collegio
provvede con ordinanza nella prima udienza. La parte, mediante ricorso al
presidente del collegio, può chiedere che la decisione sulla sospensione sia
pronunziata prima dell'udienza di comparizione. Il presidente del collegio, con
decreto in calce al ricorso, ordina la comparizione delle parti davanti al
collegio in camera di consiglio. Con lo stesso decreto, se ricorrono giusti
motivi di urgenza, può disporre provvisoriamente l'immediata sospensione
dell'efficacia esecutiva o dell'esecuzione della sentenza; in tal caso
all'udienza in camera di consiglio il collegio conferma, modifica o revoca il
decreto con ordinanza non impugnabile. Articolo così sostituito dall'art. 56,
L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 352 (Decisione) Esaurita l'attività prevista
negli articoli 350 e 351, il collegio, ove non provveda ai sensi dell'articolo
356, invita le parti a precisare le conclusioni e dispone lo scambio delle
comparse conclusionali e delle memorie di replica ai sensi dell'articolo 190;
la sentenza è depositata in cancelleria entro sessanta giorni dalla scadenza
del termine per il deposito delle memorie di replica. Ciascuna delle parti, nel
precisare le conclusioni, può chiedere che la causa sia discussa oralmente
dinanzi al collegio. In tal caso, fermo restando il rispetto dei termini
indicati nell'articolo 190 per il deposito delle difese scritte, la richiesta
deve essere riproposta al presidente della Corte alla scadenza del termine per
il deposito delle memorie di replica. Il presidente provvede sulla richiesta
fissando con decreto la data dell'udienza di discussione da tenersi entro
sessanta giorni; con lo stesso decreto designa altresì il relatore. La
discussione è preceduta dalla relazione della causa; la sentenza è deposita in
cancelleria entro i sessanta giorni successivi. Articolo così sostituito
dall'art. 57, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 353 (Rimessione al primo
giudice per ragioni di giurisdizione o di competenza) Il giudice d'appello, se
riforma la sentenza di primo grado dichiarando che il giudice ordinario ha
sulla causa la giurisdizione negata dal primo giudice, pronuncia sentenza con
la quale rimanda le parti davanti al primo giudice. Le parti debbono riassumere
il processo nel termine perentorio di sei mesi dalla notificazione della
sentenza. Se contro la sentenza d'appello è proposto ricorso per cassazione, il
termine è interrotto. La disposizione del primo comma si applica anche quando
il pretore, in riforma della sentenza del conciliatore, dichiara la competenza
di questo (1). (1) Comma abrogato dall'art. 89, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 354 (Rimessione al primo giudice per altri motivi) Fuori dei casi previsti
nell'articolo precedente, il giudice d'appello non può rimettere la causa al
primo giudice, tranne che dichiari nulla la notificazione della citazione
introduttiva, oppure riconosca che nel giudizio di primo grado doveva essere
integrato il contraddittorio o non doveva essere estromessa una parte, ovvero
dichiari la nullità della sentenza di primo grado a norma dell'articolo 161
secondo comma. Il giudice d'appello rimette la causa al primo giudice anche nel
caso di riforma della sentenza che ha pronunciato sull'estinzione del processo
a norma e nelle forme dell'articolo 308. Nei casi di rimessione al primo
giudice previsti nei commi precedenti, si applicano le disposizioni
dell'articolo 353. Se il giudice d'appello dichiara la nullità di altri atti
compiuti in primo grado, ne ordina, in quanto possibile, la rinnovazione a
norma dell'articolo 356. Articolo così sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950,
n. 857. Art. 355 (Provvedimenti sulla querela di falso) Se nel giudizio d'appello
è proposta querela di falso, il giudice, quando ritiene il documento impugnato
rilevante per la decisione della causa, sospende con ordinanza il giudizio, e
fissa alle parti un termine perentorio entro il quale debbono riassumere la
causa di falso davanti al tribunale. Art. 356 (Ammissione e assunzione di
prove) Ferma l'applicabilità della norma di cui al numero 4), del secondo comma
dell'articolo 279, il giudice d'appello, se dispone l'assunzione di una prova
oppure la rinnovazione totale o parziale dell'assunzione già avvenuta in primo
grado o comunque dà disposizioni per effetto delle quali il procedimento deve
continuare, pronuncia ordinanza e provvede a norma degli articoli 191 e
seguenti (1). Quando sia stato proposto appello immediato contro una delle
sentenze previste dal n. 4 del secondo comma dell'articolo 279, il giudice
d'appello non può disporre nuove prove riguardo alle domande e alle questioni,
rispetto alle quali il giudice di primo grado, non definendo il giudizio, abbia
disposto, con separata ordinanza, la prosecuzione dell'istruzione. Articolo
così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581. (1) Comma così sostituito
dall'art. 58, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 357 (Reclamo contro ordinanze)
Le ordinanze con le quali l'istruttore abbia dichiarato, a norma dell'articolo
350 secondo comma, la inammissibilità o l'improcedibilità dell'appello, ovvero
l'estinzione del procedimento d'appello, e le ordinanze sulla esecuzione
provvisoria previste dall'articolo 351, possono essere impugnate con reclamo al
collegio nel termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione. Il reclamo
si propone con le forme previste dall'articolo 178 terzo, quarto e quinto
comma. Il collegio pronuncia sul reclamo in camera di consiglio, salvo che,
trattandosi delle ordinanze previste dall'art. 350 secondo comma, alcuna delle
parti, prima della scadenza del termine per la comunicazione della memoria di
replica, proponga istanza al presidente del collegio, perchè il reclamo sia
discusso in udienza. In tal caso il presidente fissa l'udienza per la
discussione, con decreto che è comunicato alle parti a cura del cancelliere. La
decisione è pronunciata con sentenza se è respinto il reclamo contro le
ordinanze previste dall'art. 350 secondo comma; negli altri casi è pronunciata
con ordinanza non impugnabile. Articolo abrogato dall'art. 89, L. 26 novembre
1990, n. 353. Art. 358 (Non riproponibilità d'appello dichiarato inammissibile
o improcedibile) L'appello dichiarato inammissibile o improcedibile non può
essere riproposto, anche se non è decorso il termine fissato dalla legge. Art.
359 (Rinvio alle norme relative al procedimento davanti al tribunale) Nei
procedimenti d'appello davanti alla Corte o al tribunale si osservano, in
quanto applicabili, le norme dettate per il procedimento di primo grado davanti
al tribunale, se non sono incompatibili con le disposizioni del presente capo.
Davanti al pretore si osservano anche nei procedimenti d'appello le norme del
procedimento di primo grado, in quanto applicabili (1). (1) Comma abrogato
dall'art. 89, L. 26 novembre 1990, n. 353. Capo III: DEL RICORSO PER CASSAZIONE
Sezione I: DEI PROVVEDIMENTI IMPUGNABILI E DEI RICORSI Art. 360 (Sentenze
impugnabili e motivi di ricorso) Le sentenze pronunciate in grado di appello o
in unico grado, possono essere impugnate con ricorso per cassazione: 1) per
motivi attinenti alla giurisdizione; 2) per violazione delle norme sulla
competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza; 3) per
violazione o falsa applicazione di norme di diritto; 4) per nullità della
sentenza o del procedimento; 5) per omessa, insufficiente o contraddittoria
motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti
o rilevabile d'ufficio (1). Può inoltre essere impugnata con ricorso per
cassazione una sentenza appellabile del tribunale, se le parti sono d'accordo
per omettere l'appello; ma in tal caso l'impugnazione può proporsi soltanto per
violazione o falsa applicazione di norme di diritto. Articolo così sostituito
dalla L. 14 luglio 1950, n. 581. (1) L'alinea del primo comma è stato così
modificato dall'art. 59, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 361 (Riserva
facoltativa di ricorso contro sentenze non definitive) Contro le sentenze
previste dall'articolo 278 e dal n. 4) del secondo comma dell'articolo 279, il
ricorso per cassazione può essere differito, qualora la parte soccombente ne
faccia riserva, a pena di decadenza, entro il termine per la proposizione del
ricorso, e in ogni caso non oltre la prima udienza successiva alla comunicazione
della sentenza stessa (1). Qualora sia stata fatta la riserva di cui al
precedente comma, il ricorso deve essere proposto unitamente a quello contro la
sentenza che definisce il giudizio, o con quello che venga proposto, dalla
stessa o da altra parte, contro altra sentenza successiva che non definisca il
giudizio. La riserva non può farsi, e se già fatta rimane priva di effetto,
quando contro la stessa sentenza da alcuna delle parti sia proposto
immediatamente ricorso. Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n.
581. (1) Comma così sostituito dall'art. 60, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art.
362 (Altri casi di ricorso) Possono essere impugnate con ricorso per
cassazione, nel termine di cui all'articolo 325 secondo comma, le decisioni in
grado d'appello o in unico grado di un giudice speciale, per motivi attinenti
alla giurisdizione del giudice stesso. Possono essere denunciati in ogni tempo
con ricorso per cassazione: 1) i conflitti positivi o negativi di giurisdizione
tra giudici speciali, o tra questi e i giudici ordinari; 2) i conflitti
negativi di attribuzione tra la pubblica amministrazione e il giudice
ordinario. Art. 363 (Ricorso nell'interesse della legge) Quando le parti non
hanno proposto ricorso nei termini di legge o vi hanno rinunciato, il
procuratore generale presso la Corte di cassazione può proporre ricorso per
chiedere che sia cassata la sentenza nell'interesse della legge. In tal caso le
parti non possono giovarsi della cassazione della sentenza. Art. 364 Articolo
abrogato dalla L. 18 ottobre 1977, n. 793. Art. 365 (Sottoscrizione del
ricorso) Il ricorso è diretto alla corte e sottoscritto, a pena
d'inammissibilità, da un avvocato iscritto nell'apposito albo, munito di
procura speciale. Art. 366 (Contenuto del ricorso) Il ricorso deve contenere, a
pena d'inammissibilità: 1) l'indicazione delle parti; 2) l'indicazione della
sentenza o decisione impugnata; 3) l'esposizione sommaria dei fatti della
causa; 4) i motivi per i quali si chiede la cassazione, con l'indicazione delle
norme di diritto su cui si fondano; 5) l'indicazione della procura, se
conferita con atto separato e, nel caso di ammissione al gratuito patrocinio,
del relativo decreto (1). Se il ricorrente non ha eletto domicilio in Roma, le
notificazioni gli sono fatte presso la cancelleria della Corte di cassazione.
Nel caso previsto nell'art. 360, secondo comma, l'accordo delle parti deve
risultare mediante visto apposto sul ricorso dalle altre parti o dai loro
difensori muniti di procura speciale, oppure mediante atto separato da unirsi
al ricorso stesso. (1) Numero così sostituito dalla L. 18 ottobre 1977, n. 793.
Art. 367 (Sospensione del processo di merito) Una copia del ricorso per
cassazione proposto a norma dell'articolo 41, primo comma, è depositata, dopo
la notificazione alle altre parti, nella cancelleria del giudice davanti a cui
pende la causa, il quale sospende il processo se non ritiene l'istanza
manifestamente inammissibile o la contestazione della giurisdizione
manifestamente infondata. Il giudice istruttore o il collegio provvede con
ordinanza (1). Se la Corte di cassazione dichiara la giurisdizione del giudice
ordinario, le parti debbono riassumere il processo entro il termine perentorio
di sei mesi dalla comunicazione della sentenza. Articolo così sostituito dalla
L. 14 luglio 1950, n. 581. (1) Comma così sostituito dall'art. 61, L. 26
novembre 1990, n. 353. Art. 368 (Questione di giurisdizione sollevata dal
prefetto) Nel caso previsto nell'art. 41, secondo comma, la richiesta per la
decisione della Corte di cassazione è fatta dal prefetto con decreto motivato.
Il decreto è notificato, su richiesta del prefetto, alle parti e al procuratore
della Repubblica presso il tribunale, se la causa pende davanti a questo o
davanti a un pretore, oppure al procuratore generale presso la Corte di
appello, se pende davanti alla Corte. Il pubblico ministero comunica il decreto
del prefetto al capo dell'ufficio giudiziario davanti al quale pende la causa.
Questi sospende il procedimento con decreto che è notificato alle parti a cura
del pubblico ministero entro dieci giorni dalla sua pronuncia, sotto pena di
decadenza della richiesta. La Corte di cassazione è investita della questione
di giurisdizione con ricorso a cura della parte più diligente, nel termine
perentorio di trenta giorni dalla notificazione del decreto. Si applica la
disposizione dell'ultimo comma dell'articolo precedente. Art. 369 (Deposito del
ricorso) Il ricorso deve essere depositato nella cancelleria della corte, a
pena d'improcedibilità, nel termine di giorni venti dall'ultima notificazione
alle parti contro le quali è proposto. Insieme col ricorso debbono essere
depositati, sempre a pena d'improcedibilità: 1) il decreto di concessione del
gratuito patrocinio (1); 2) copia autentica della sentenza o della decisione
impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta, tranne che
nei casi di cui ai due articoli precedenti; oppure copia autentica dei
provvedimenti dai quali risulta il conflitto nei casi di cui ai nn. 1 e 2
dell'articolo 362; 3) la procura speciale, se questa è conferita con atto
separato; 4) gli atti e i documenti sui quali il ricorso si fonda. Il
ricorrente deve chiedere alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la
sentenza impugnata o del quale si contesta la giurisdizione la trasmissione
alla cancelleria della Corte di cassazione del fascicolo d'ufficio; tale
richiesta è restituita dalla cancelleria al richiedente munita di visto, e deve
essere depositata insieme col ricorso. (1) Numero così sostituito dalla L. 18
ottobre 1977, n. 793. Art. 370 (Controricorso) La parte contro la quale il
ricorso è diretto, se intende contraddire, deve farlo mediante controricorso da
notificarsi al ricorrente nel domicilio eletto entro venti giorni dalla
scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso. In mancanza di tale
notificazione, essa non può presentare memorie, ma soltanto partecipare alla
discussione orale. Al controricorso si applicano le norme degli articoli 365 e
366, in quanto è possibile. Il controricorso è depositato nella cancelleria
della corte entro venti giorni dalla notificazione, insieme con gli atti e i
documenti e con la procura speciale, se conferita con atto separato. Art. 371
(Ricorso incidentale) La parte di cui all'articolo precedente deve proporre con
l'atto contenente il controricorso l'eventuale ricorso incidentale contro la
stessa sentenza. La parte alla quale è stato notificato il ricorso per
integrazione a norma degli articoli 331 e 332 deve proporre l'eventuale ricorso
incidentale nel termine di quaranta giorni dalla notificazione, con atto
notificato al ricorrente principale e alle altre parti nello stesso modo del
ricorso principale. Al ricorso incidentale si applicano le disposizioni degli
articoli 365, 366 e 369 (1). Per resistere al ricorso incidentale può essere
notificato un controricorso a norma dell'articolo precedente. Se il ricorrente
principale deposita la copia della sentenza o della decisione impugnata, non è
necessario che la depositi anche il ricorrente per incidente. (1) Comma così
sostituito dalla L. 18 ottobre 1977, n. 793. Art. 371 bis (Deposito dell'atto
di integrazione del contraddittorio) Qualora la Corte abbia ordinato
l'integrazione del contraddittorio, assegnando alle parti un termine perentorio
per provvedervi, il ricorso notificato, contenente nell'intestazione le parole
"atto di integrazione del contraddittorio", deve essere depositato
nella cancelleria della Corte stessa, a pena di improcedibilità, entro venti
giorni dalla scadenza del termine assegnato. Articolo aggiunto dall'art. 62, L.
26 novembre 1990, n. 353. Art. 372 (Produzione di altri documenti) Non è
ammesso il deposito di atti e documenti non prodotti nei precedenti gradi del
processo, tranne di quelli che riguardano la nullità della sentenza impugnata e
l'ammissibilità del ricorso e del controricorso. Il deposito dei documenti
relativi all'ammissibilità può avvenire indipendentemente da quello del ricorso
e del controricorso, ma deve essere notificato mediante elenco, alle altre
parti. Art. 373 (Sospensione dell'esecuzione) Il ricorso per cassazione non
sospende la esecuzione della sentenza. Tuttavia il giudice che ha pronunciato
la sentenza impugnata può, su istanza di parte e qualora dall'esecuzione possa
derivare grave e irreparabile danno, disporre con ordinanza non impugnabile che
l'esecuzione sia sospesa o che sia prestata congrua cauzione. L'istanza si
propone con ricorso al conciliatore, al pretore o al presidente del collegio,
il quale, con decreto in calce al ricorso, ordina la comparizione delle parti
rispettivamente d'innanzi a sè o al collegio in camera di consiglio. Copia del
ricorso e del decreto sono notificate al procuratore dell'altra parte, ovvero
alla parte stessa, se questa sia stata in giudizio senza ministero di difensore
o non si sia costituita nel giudizio definito con la sentenza impugnata. Con lo
stesso decreto, in caso di eccezionale urgenza può essere disposta
provvisoriamente l'immediata sospensione dell'esecuzione (1). Articolo così
sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581. (1) Comma così sostituito dall'art.
63, L. 26 novembre 1990, n. 353. Sezione II: DEL PROCEDIMENTO E DEI
PROVVEDIMENTI Art. 374 (Pronuncia a sezioni unite) La Corte pronuncia a sezioni
unite nei casi previsti nel n. 1 dell'articolo 360 e nell'articolo 362. Inoltre
il primo presidente può disporre che la Corte pronunci a sezioni unite sui
ricorsi che presentano una questione di diritto già decisa in senso difforme
dalle sezioni semplici, e su quelli che presentano una questione di massima di
particolare importanza. In tutti gli altri casi la Corte pronuncia a sezione
semplice. Art. 375 (Pronuncia in camera di consiglio) Oltre che per il caso di
regolamento di competenza, la Corte, sia a sezioni unite che a sezione
semplice, pronuncia in camera di consiglio con ordinanza quando, su richiesta
del pubblico ministero o d'ufficio, riconosce di dover dichiarare
l'inammissibilità del ricorso principale e di quello incidentale, pronunciare
il rigetto di entrambi per mancanza dei motivi previsti nell'articolo 360,
ordinare la integrazione del contraddittorio o la notificazione di cui
all'articolo 332, oppure dichiarare la estinzione del processo per avvenuta
rinuncia (1). La Corte, se ritiene che non ricorrono le ipotesi di cui al comma
precedente, rinvia la causa alla pubblica udienza (1). Le conclusioni del
pubblico ministero sono notificate almeno venti giorni prima dell'adunanza
della Corte in camera di consiglio agli avvocati delle parti, i quali hanno
facoltà di presentare memorie entro il termine di cui all'articolo 378. (1) Comma
così sostituito dall'art. 64, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 376
(Assegnazione dei ricorsi alle sezioni) I ricorsi sono assegnati alle sezioni
unite o alle sezioni semplici dal primo presidente. La parte, che ritiene di
competenza delle sezioni unite un ricorso assegnato a una sezione semplice, può
proporre al primo presidente istanza di rimessione alle sezioni unite, fino a
dieci giorni prima dell'udienza di discussione del ricorso. All'udienza della
sezione semplice, la rimessione può essere disposta soltanto su richiesta del
pubblico ministero o d'ufficio, con ordinanza inserita nel processo verbale.
Art. 377 (Fissazione dell'udienza o dell'adunanza in camera di consiglio) Il
primo presidente, su presentazione del ricorso a cura del cancelliere, fissa
l'udienza o l'adunanza della camera di consiglio e nomina il relatore per i
ricorsi assegnati alle sezioni unite. Per i ricorsi assegnati alle sezioni
semplici provvede allo stesso modo il presidente della sezione. Dell'udienza è
data comunicazione dal cancelliere agli avvocati delle parti almeno venti
giorni prima. Articolo così sostituito dall'art. 65, L. 26 novembre 1990, n.
353. Art. 378 (Deposito di memorie di parte) Le parti possono presentare le
loro memorie in cancelleria non oltre cinque giorni prima della udienza. Art.
379 (Discussione) All'udienza il relatore riferisce i fatti rilevanti per la
decisione del ricorso, il contenuto del provvedimento impugnato e, in
riassunto, se non vi è discussione delle parti, i motivi del ricorso e del
controricorso. Dopo la relazione il presidente invita gli avvocati delle parti
a svolgere le loro difese. Quindi il pubblico ministero espone oralmente le sue
conclusioni motivate. Non sono ammesse repliche, ma gli avvocati delle parti
possono nella stessa udienza presentare alla corte brevi osservazioni per
iscritto sulle conclusioni del pubblico ministero. Art. 380 (Deliberazione
della sentenza) La Corte, dopo la discussione della causa, delibera, nella
stessa seduta, la sentenza in camera di consiglio (1). Si applica alla
deliberazione della Corte la disposizione dell'articolo 276. (1) Comma così
sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581. Art. 381 Articolo abrogato dalla L.
18 ottobre 1977, n. 793. Art. 382 (Decisione delle questioni di giurisdizione e
di competenza) La Corte, quando decide una questione di giurisdizione,
statuisce su questa, determinando, quando occorre, il giudice competente.
Quando cassa per violazione delle norme sulla competenza, statuisce su questa.
Se riconosce che il giudice del quale si impugna il provvedimento e ogni altro
giudice difettano di giurisdizione, cassa senza rinvio. Egualmente provvede in
ogni altro caso in cui ritiene che la causa non poteva essere proposta o il
processo proseguito. Art. 383 (Cassazione con rinvio) La Corte, quando accoglie
il ricorso per motivi diversi da quelli richiamati nell'articolo precedente,
rinvia la causa ad altro giudice di grado pari a quello che ha pronunciato la
sentenza cassata. Nel caso previsto dall'articolo 360 secondo comma, la causa
può essere rinviata al giudice che avrebbe dovuto pronunciare sull'appello al
quale le parti hanno rinunciato. La Corte, se riscontra una nullità del
giudizio di primo grado per la quale il giudice d'appello avrebbe dovuto
rimettere le parti al primo giudice, rinvia la causa a quest'ultimo. Art. 384
(Enunciazione del principio di diritto e decisione della causa nel merito) La
Corte, quando accoglie il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme
di diritto, enuncia il principio di diritto al quale il giudice di rinvio deve
uniformarsi ovvero decide la causa nel merito qualora non siano necessari
ulteriori accertamenti di fatto. Articolo così sostituito dall'art. 66, L. 26
novembre 1990, n. 353. Art. 385 (Provvedimenti sulle spese) La Corte, se
rigetta il ricorso, condanna il ricorrente alle spese. Se cassa senza rinvio o
per violazione delle norme sulla competenza, provvede sulle spese di tutti i
precedenti giudizi, liquidandole essa stessa o rimettendone la liquidazione al
giudice che ha pronunciato la sentenza cassata. Se rinvia la causa ad altro
giudice, può provvedere sulle spese del giudizio di cassazione o rimetterne la
pronuncia al giudice di rinvio. Art. 386 (Effetti della decisione sulla
giurisdizione) La decisione sulla giurisdizione è determinata dall'oggetto
della domanda e, quando prosegue il giudizio, non pregiudica le questioni sulla
pertinenza del diritto e sulla proponibilità della domanda. Art. 387 (Non
riproponibilità del ricorso dichiarato inammissibile o improcedibile) Il
ricorso dichiarato inammissibile o improcedibile, non può essere riproposto,
anche se non è scaduto il termine fissato dalla legge. Art. 388 (Trasmissione
di copia del dispositivo al giudice di merito) Copia del dispositivo della
sentenza è trasmessa dal cancelliere della Corte a quello del giudice che ha
pronunciato la sentenza impugnata, affinchè ne sia presa nota in margine
all'originale di quest'ultimo. Art. 389 (Domande conseguenti alla cassazione)
Le domande di restituzione o di riduzione in pristino e ogni altra conseguente
alla sentenza di cassazione si propongono al giudice di rinvio e, in caso di
cassazione senza rinvio, al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata.
Art. 390 (Rinuncia) La parte può rinunciare al ricorso principale o incidentale
finchè non sia cominciata la relazione all'udienza, o sia notificata la
richiesta del pubblico ministero di cui all'art. 375. La rinuncia deve farsi
con atto sottoscritto dalla parte e dal suo avvocato o anche da questo solo se
è munito di mandato speciale a tale effetto. L'atto di rinuncia è notificato
alle parti costituite o comunicato agli avvocati delle stesse, che vi appongono
il visto. Art. 391 (Pronuncia sulla rinuncia) Sulla rinuncia la Corte provvede
con sentenza quando deve decidere altri ricorsi contro lo stesso provvedimento,
altrimenti provvede con ordinanza. L'ordinanza o la sentenza, che provvede
sulla rinuncia, condanna il rinunciante alle spese (1). L'ordinanza ha
efficacia di titolo esecutivo. La condanna non è pronunciata, se alla rinuncia
hanno aderito le altre parti personalmente o i loro avvocati autorizzati con
mandato speciale. (1) Comma così sostituito dalla L. 18 ottobre 1977, n. 793.
Art. 391 bis (Correzione degli errori materiali e revocazione delle sentenze
della Corte di cassazione) Se la sentenza pronunciata dalla Corte di cassazione
è affetta da errore materiale o di calcolo ai sensi dell'articolo 287 ovvero da
errore di fatto ai sensi dell'articolo 395, numero 4), la parte interessata può
chiederne la correzione o la revocazione con ricorso ai sensi degli articoli
365 e seguenti da notificare entro il termine perentorio di sessanta giorni
dalla notificazione della sentenza, ovvero di un anno dalla pubblicazione della
sentenza stessa. Sul ricorso la Corte pronuncia in camera di consiglio a norma
dell'articolo 375. La pendenza del termine per la revocazione della sentenza
della Corte di cassazione non impedisce il passaggio in giudicato della
sentenza impugnata con ricorso per cassazione respinto. In caso di impugnazione
per revocazione della sentenza della Corte di cassazione non è ammessa la
sospensione dell'esecuzione della sentenza passata in giudicato, nè è sospeso
il giudizio di rinvio o il termine per riassumerlo. Articolo aggiunto dall'art.
67, L. 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente la Corte Costituzionale, con
sentenza 18 aprile 1996, n. 119, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale
del presente articolo nella parte in cui prevede un termine per la proposizione
dell’istanza di correzione degli errori materiali delle sentenze della Corte di
cassazione. Sezione III: DEL GIUDIZIO DI RINVIO Art. 392 (Riassunzione della
causa) La riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio può essere
fatta da ciascuna delle parti non oltre un anno dalla pubblicazione della
sentenza della Corte di cassazione. La riassunzione si fa con citazione, la
quale è notificata personalmente a norma degli articoli 137 e seguenti. Art.
393 (Estinzione del processo) Se la riassunzione non avviene entro il termine
di cui all'articolo precedente, o si avvera successivamente a essa una causa di
estinzione del giudizio di rinvio, l'intero processo si estingue; ma la
sentenza della Corte di cassazione conserva il suo effetto vincolante anche nel
nuovo processo che sia instaurato con la riproposizione della domanda. Art. 394
(Procedimento in sede di rinvio) In sede di rinvio si osservano le norme
stabilite per il procedimento davanti al giudice al quale la Corte ha rinviato
la causa. In ogni caso deve essere prodotta copia autentica della sentenza di
cassazione. Le parti conservano la stessa posizione processuale che avevano nel
procedimento in cui fu pronunciata la sentenza cassata. Nel giudizio di rinvio
può deferirsi il giuramento decisorio, ma le parti non possono prendere
conclusioni diverse da quelle prese nel giudizio nel quale fu pronunciata la
sentenza cassata, salvo che la necessità delle nuove conclusioni sorga dalla
sentenza di cassazione. Capo IV: DELLA REVOCAZIONE Art. 395 (Casi di
revocazione) Le sentenze pronunciate in grado di appello o in unico grado
possono essere impugnate per revocazione: 1) se sono l'effetto del dolo di una
delle parti in danno dell'altra (1); 2) se si è giudicato in base a prove
riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza oppure che la parte
soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima della
sentenza. 3) se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti
decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza
maggiore o per fatto dell'avversario; 4) se la sentenza è l'effetto di un
errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Vi è questo
errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui
verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l'inesistenza di
un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell'uno quanto
nell'altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la
sentenza ebbe a pronunciare; 5) se la sentenza è contraria ad altra precedente
avente fra le parti autorità di cosa giudicata, purchè non abbia pronunciato
sulla relativa eccezione; 6) se la sentenza è effetto del dolo del giudice,
accertato con sentenza passata in giudicato. La Corte costituzionale, con
sentenza 30 gennaio 1986, n. 17, ha dichiarato l'illegittimità di questo
articolo nella parte in cui non prevede la revocazione delle sentenze della
Corte di cassazione rese su ricorsi basati sull'art. 360, n. 4, del codice di
procedura civile ed affette dall'errore di cui all'art. 395, n. 4, c.p.c.. Con
successiva sentenza n. 558 del 20 dicembre 1989 la stessa Corte ha dichiarato
l'illegittimità dell'art. 395, prima parte, e n. 4 c.p.c. nella parte in cui
non prevede la revocazione per errore di fatto avverso i provvedimenti di
convalida di sfratto e licenza per finita locazione e di convalida di sfratto
per morosità emessi in assenza o per mancata opposizione dell'intimato. (1) La
Corte costituzionale, con sentenza 20 febbraio 1995, n. 51, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del numero 1) del presente articolo nella parte
in cui non prevede la revocazione avverso i provvedimenti di convalida di
sfratto per morosità che siano l'effetto del dolo di una delle parti in danno
dell'altra. Art. 396 (Revocazione delle sentenze per le quali è scaduto il
termine per l'appello) Le sentenze per le quali è scaduto il termine per
l'appello possono essere impugnate per revocazione nei casi dei nn. 1, 2, 3 e 6
dell'articolo precedente, purchè la scoperta del dolo o della falsità o il
recupero dei documenti o la pronuncia della sentenza di cui al n. 6 siano
avvenuti dopo la scadenza del termine suddetto. Se i fatti menzionati nel comma
precedente avvengono durante il corso del termine per l'appello, il termine
stesso è prorogato dal giorno dell'avvenimento in modo da raggiungere i trenta
giorni da esso. Art. 397 (Revocazione proponibile dal pubblico ministero) Nelle
cause in cui l'intervento del pubblico ministero è obbligatorio a norma
dell'articolo 70 primo comma, le sentenze previste nei due articoli precedenti
possono essere impugnate per revocazione dal pubblico ministero: 1) quando la
sentenza è stata pronunciata senza che egli sia stato sentito; 2) quando la
sentenza è l'effetto della collusione posta in opera dalle parti per frodare la
legge. Art. 398 (Proposizione della domanda) La revocazione si propone con
citazione davanti allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata.
La citazione deve indicare, a pena d'inammissibilità, il motivo della
revocazione e le prove relative alla dimostrazione dei fatti di cui ai numeri
1, 2, 3 e 6 dell'articolo 395, del giorno della scoperta o dell'accertamento
del dolo o della falsità, o del recupero dei documenti. La citazione deve
essere sottoscritta da un difensore munito di procura speciale (1). La
proposizione della revocazione non sospende il termine per proporre il ricorso
per cassazione o il procedimento relativo. Tuttavia il giudice davanti a cui è
proposta la revocazione, su istanza di parte, può sospendere l'uno o l'altro
fino alla comunicazione della sentenza che abbia pronunciato sulla revocazione,
qualora ritenga non manifestamente infondata la revocazione proposta (2). (1)
Comma così sostituito dalla L. 18 ottobre 1977, n. 793. (2) Comma così
sostituito dall'art. 68, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 399 (Deposito della
citazione e della risposta) Se la revocazione è proposta davanti al tribunale o
alla corte d'appello, la citazione deve essere depositata, a pena di
improcedibilità, entro venti giorni dalla notificazione nella cancelleria del
giudice adito insieme con la copia autentica della sentenza impugnata (1). Le
altre parti debbono costituirsi nello stesso termine mediante deposito in
cancelleria di una comparsa contenente le loro conclusioni. Se la revocazione è
proposta davanti al pretore o al conciliatore il deposito e la costituzione di
cui ai due commi precedenti debbono farsi a norma dell'articolo 314. (1) Comma
così sostituito dalla L. 18 dicembre 1977, n. 793. Art. 400 (Procedimento)
Davanti al giudice adito si osservano le norme stabilite per il procedimento
davanti a lui, in quanto non derogate da quelle del presente capo. Art. 401
(Sospensione dell'esecuzione) Il giudice della revocazione può pronunciare su
istanza di parte inserita nell'atto di citazione, la ordinanza prevista
nell'articolo 373, con lo stesso procedimento in camera di consiglio ivi
stabilito. Articolo così sostituito dalla L. 18 ottobre 1977, n. 793. Art. 402
(Decisione) Con la sentenza che pronuncia la revocazione il giudice decide il
merito della causa e dispone l'eventuale restituzione di ciò che siasi
conseguito con la sentenza revocata (1). Il giudice, se per la decisione del
merito della causa ritiene di dover disporre nuovi mezzi istruttori, pronuncia,
con sentenza, la revocazione della sentenza impugnata e rimette con ordinanza
le parti davanti all'istruttore (2). (1) Comma così sostituito dalla L. 18
ottobre 1977, n. 793. (2) Comma così sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n.
857. Art. 403 (Impugnazione della sentenza di revocazione) Non può essere
impugnata per revocazione la sentenza pronunciata nel giudizio di revocazione.
Contro di essa sono ammessi i mezzi d'impugnazione ai quali era originariamente
soggetta la sentenza impugnata per revocazione. Capo V: DELL'OPPOSIZIONE DI
TERZO Art. 404 (Casi di opposizione di terzo) Un terzo può fare opposizione
contro la sentenza passata in giudicato o comunque esecutiva pronunciata tra
altre persone quando pregiudica i suoi diritti (1). Gli aventi causa e i
creditori di una delle parti possono fare opposizione alla sentenza, quando è
l'effetto di dolo o collusione a loro danno. La Corte costituzionale ha
dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in
cui non ammette: - l'opposizione di terzo avverso l'ordinanza di convalida di
sfratto per finita locazione, emanata per la mancata comparizione dell'intimato
o per la mancata opposizione dell'intimato pur comparso (sentenza 7 giugno
1984, n. 167). - l'opposizione di terzo avverso l'ordinanza di sfratto per
morosità (sentenza 25 ottobre 1985, n. 237). - l'opposizione di terzo avverso
l'ordinanza con la quale il pretore dispone l'affrancazione del fondo ex art. 4
della legge 22 luglio 1966, n. 607 (sentenza 20 dicembre 1988, n. 1105). (1) La
Corte costituzionale, con sentenza n. 192 del 26 maggio 1995, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del primo comma, nella parte in cui non ammette
l'opposizione di terzo avverso l'ordinanza di convalida di licenza per finita
locazione. Art. 405 (Domanda di opposizione) L'opposizione è proposta davanti
allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza, secondo le forme prescritte
per il procedimento davanti a lui. La citazione deve contenere, oltre agli
elementi di cui all'art. 163, anche l'indicazione della sentenza impugnata e,
nel caso del secondo comma dell'articolo precedente l'indicazione del giorno in
cui il terzo è venuto a conoscenza del dolo o della collusione, e della
relativa prova. Art. 406 (Procedimento) Davanti al giudice adito si osservano
le norme stabilite per il procedimento davanti a lui, in quanto non derogate da
quelle del presente capo. Art. 407 (Sospensione dell'esecuzione) Il giudice
dell'opposizione può pronunciare, su istanza di parte inserita nell'atto di
citazione, l'ordinanza prevista nell'art. 373, con lo stesso procedimento in
camera di consiglio ivi stabilito. Articolo così sostituito dal D.P.R. 17
ottobre 1950, n. 857. Art. 408 (Decisione) Il giudice, se dichiara
inammissibile o improcedibile la domanda o la rigetta per infondatezza dei
motivi, condanna l'opponente al pagamento di una pena pecuniaria di lire
quattrocento se la sentenza impugnata è del conciliatore, di lire seicento se è
del pretore, di lire milleduecento se è del tribunale e di lire
duemilaquattrocento in ogni altro caso. Titolo IV: NORME PER LE CONTROVERSIE IN
MATERIA DI LAVORO Capo I: DELLE CONTROVERSIE INDIVIDUALI DI LAVORO Sezione I:
DISPOSIZIONI GENERALI Art. 409 (Controversie individuali di lavoro) Si
osservano le disposizioni del presente capo nelle controversie relative a: 1)
rapporti di lavoro subordinato privato, anche se non inerenti all'esercizio di
una impresa; 2) rapporti di mezzadria, di colonia parziaria, di
compartecipazione agraria, di affitto a coltivatore diretto, nonchè rapporti
derivanti da altri contratti agrari, salva la competenza delle sezioni specializzate
agrarie; 3) rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri
rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera
continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere
subordinato; 4) rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici che svolgono
esclusivamente o prevalentemente attività economica; 5) rapporti di lavori dei
dipendenti di enti pubblici ed altri rapporti di lavoro pubblico, semprechè non
siano devoluti dalla legge ad altro giudice. Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533. Art. 410 (Tentativo facoltativo di conciliazione) Chi
intende proporre in giudizio una domanda relativa ai rapporti previsti
dall'articolo precedente, e non ritiene di avvalersi delle procedure di
conciliazione previste dai contratti e accordi collettivi, può promuovere anche
tramite una associazione sindacale il tentativo di conciliazione presso la
commissione di conciliazione, nella cui circoscrizione si trova l'azienda o una
qualsiasi dipendenza di questa, alla quale è addetto il lavoratore, o presso la
quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto. La
commissione, ricevuta la richiesta, tenta la conciliazione della controversia,
convocando le parti, per una riunione da tenersi non oltre dieci giorni dal
ricevimento della richiesta. Con provvedimento del direttore dell'ufficio
provinciale del lavoro e della massima occupazione è istituita in ogni
provincia, presso l'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione,
una commissione provinciale di conciliazione composta dal direttore
dell'ufficio stesso o da un suo delegato, in qualità di presidente, da quattro
rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei datori di lavoro e da
quattro rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei lavoratori,
designati dalle rispettive organizzazioni sindacali maggiormente
rappresentative su base nazionale. Commissioni di conciliazione possono essere
istituite, con le stesse modalità e con la medesima composizione di cui al
precedente comma, anche presso le sezioni zonali degli uffici provinciali del
lavoro e della massima occupazione. Le commissioni, quando se ne ravvisi la
necessità, affidano il tentativo di conciliazione a proprie sottocommissioni,
presiedute dal direttore dell'ufficio provinciale del lavoro e della massima
occupazione o da un suo delegato, che rispecchino la composizione prevista dal
precedente terzo comma. In ogni caso per la validità della riunione è
necessaria la presenza del presidente e di almeno un rappresentante dei datori
di lavoro e di uno dei lavoratori. Ove la riunione della commissione non sia
possibile per la mancata presenza di almeno uno dei componenti di cui al
precedente comma, il direttore dell'ufficio provinciale del lavoro certifica
l'impossibilità di procedere al tentativo di conciliazione. Articolo così
sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Art. 411 (Processo verbale di
conciliazione) Se la conciliazione riesce, si forma processo verbale che deve
essere sottoscritto dalle parti e dal presidente del collegio che ha esperito
il tentativo, il quale certifica l'autografia della sottoscrizione delle parti
o la loro impossibilità di sottoscrivere. Il processo verbale è depositato a
cura delle parti o dell'ufficio provinciale del lavoro e della massima
occupazione nella cancelleria della pretura nella cui circoscrizione è stato
formato. Il pretore, su istanza della parte interessata, accertata la
regolarità formale del verbale di conciliazione, lo dichiara esecutivo con
decreto. Se il tentativo di conciliazione si è svolto in sede sindacale, il
processo verbale di avvenuta conciliazione è depositato presso l'ufficio
provinciale del lavoro e della massima occupazione a cura di una delle parti o
per il tramite di un'associazione sindacale. Il direttore, o un suo delegato,
accertatane la autenticità, provvede a depositarlo nella cancelleria della
pretura nella cui circoscrizione è stato redatto. Il pretore, su istanza della
parte interessata, accertata la regolarità formale del verbale di
conciliazione, lo dichiara esecutivo con decreto. Articolo così sostituito
dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Art. 412 (Processo verbale di mancata
conciliazione) Se la conciliazione non riesce, si forma processo verbale: in
esso le parti possono indicare la soluzione, anche parziale, nella quale
concordano, precisando, quando è possibile, l'ammontare del credito che spetta
al lavoratore. In quest'ultimo caso il processo verbale acquista efficacia di
titolo esecutivo, osservate le disposizioni di cui all'articolo 411. L'ufficio
provinciale del lavoro e della massima occupazione ha l'obbligo di rilasciare,
alla parte che ne faccia richiesta, copia del verbale nel termine di cinque
giorni. Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Sezione II: DEL
PROCEDIMENTO § 1: DEL PROCEDIMENTO DI PRIMO GRADO Art. 413 (Giudice competente)
Le controversie previste dall'articolo 409 sono in primo grado di competenza
del pretore in funzione di giudice del lavoro. Competente per territorio è il
giudice nella cui circoscrizione è sorto il rapporto ovvero si trova l'azienda
o una sua dipendenza alla quale è addetto il lavoratore o presso la quale egli
prestava la sua opera al momento della fine del rapporto. Tale competenza
permane dopo il trasferimento dell'azienda o la cessazione di essa o della sua
dipendenza, purchè la domanda sia proposta entro sei mesi dal trasferimento o
dalla cessazione. Competente per territorio per le controversie previste dal
numero 3) dell'articolo 409 è il giudice nella cui circoscrizione si trova il
domicilio dell'agente, del rappresentante di commercio ovvero del titolare
degli altri rapporti di collaborazione di cui al predetto numero 3)
dell'articolo 409 (1). Qualora non trovino applicazione le disposizioni dei
commi precedenti, si applicano quelle dell'articolo 18. Sono nulle le clausole
derogative della competenza per territorio. Articolo così sostituito dalla L.
11 agosto 1973, n. 533. (1) Comma aggiunto dall'art. 1, L. 11 febbraio 1992, n.
128. Art. 414 (Forma della domanda) La domanda si propone con ricorso, il quale
deve contenere: 1) l'indicazione del giudice; 2) il nome, il cognome, nonchè la
residenza o il domicilio eletto dal ricorrente nel comune in cui ha sede il
giudice adito, il nome, il cognome e la residenza o il domicilio o la dimora
del convenuto; se ricorrente o convenuto è una persona giuridica,
un'associazione non riconosciuta o un comitato, il ricorso deve indicare la
denominazione o ditta nonchè la sede del ricorrente o del convenuto; 3) la
determinazione dell'oggetto della domanda; 4) l'esposizione dei fatti e degli
elementi di diritto sui quali si fonda la domanda con le relative conclusioni;
5) l'indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende
avvalersi e in particolare dei documenti che si offrono in comunicazione.
Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Art. 415 (Deposito
del ricorso e decreto di fissazione dell'udienza) Il ricorso è depositato nella
cancelleria del giudice competente insieme con i documenti in esso indicati. Il
giudice, entro cinque giorni dal deposito del ricorso, fissa, con decreto,
l'udienza di discussione, alla quale le parti sono tenute a comparire
personalmente. Tra il giorno del deposito del ricorso e l'udienza di
discussione non devono decorrere più di sessanta giorni. Il ricorso, unitamente
al decreto di fissazione dell'udienza, deve essere notificato al convenuto, a
cura dell'attore, entro dieci giorni dalla data di pronuncia del decreto, salvo
quanto disposto dall'articolo 417. Tra la data di notificazione al convenuto e
quella dell'udienza di discussione deve intercorrere un termine non minore di
trenta giorni. Il termine di cui al comma precedente è elevato a quaranta
giorni e quello di cui al terzo comma è elevato a ottanta giorni nel caso in cui
la notificazione prevista dal quarto comma debba effettuarsi all'estero.
Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Art. 416
(Costituzione del convenuto) Il convenuto deve costituirsi almeno dieci giorni
prima della udienza, dichiarando la residenza o eleggendo domicilio nel comune
in cui ha sede il giudice adito. La costituzione del convenuto si effettua
mediante deposito in cancelleria di una memoria difensiva, nella quale devono
essere proposte, a pena di decadenza, le eventuali domande in via
riconvenzionale e le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili
d'ufficio. Nella stessa memoria il convenuto deve prendere posizione, in
maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione, circa i fatti
affermati dall'attore a fondamento della domanda, proporre tutte le sue difese
in fatto e in diritto ed indicare specificamente, a pena di decadenza, i mezzi
di prova dei quali intende avvalersi ed in particolare i documenti che deve
contestualmente depositare. Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973,
n. 533. Art. 417 (Costituzione e difesa personali delle parti) In primo grado
la parte può stare in giudizio personalmente quando il valore della causa non
eccede le lire duecentocinquantamila. La parte che sta in giudizio
personalmente propone la domanda nelle forme di cui all'articolo 414 o si
costituisce nelle forme di cui all'articolo 416 con elezione di domicilio
nell'ambito del territorio della Repubblica. Può proporre la domanda anche
verbalmente davanti al pretore che ne fa redigere processo verbale. Il ricorso
o il processo verbale con il decreto di fissazione dell'udienza devono essere
notificati al convenuto e allo stesso attore a cura della cancelleria entro i
termini di cui all'articolo 415. Alle parti che stanno in giudizio
personalmente ogni ulteriore atto o memoria deve essere notificato dalla
cancelleria. Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Art. 418
(Notificazione della domanda riconvenzionale) Il convenuto che abbia proposta
una domanda in via riconvenzionale a norma del secondo comma dell'articolo 416
deve, con istanza contenuta nella stessa memoria, a pena di decadenza dalla
riconvenzionale medesima, chiedere al giudice che, a modifica del decreto di
cui al secondo comma dell'articolo 415, pronunci, non oltre cinque giorni, un
nuovo decreto per la fissazione dell'udienza. Tra la proposizione della domanda
riconvenzionale e l'udienza di discussione non devono decorrere più di
cinquanta giorni. Il decreto che fissa l'udienza deve essere notificato
all'attore a cura dell'ufficio, unitamente alla memoria difensiva, entro dieci
giorni dalla data in cui è stato pronunciato. Tra la data di notificazione
all'attore del decreto pronunciato a norma del primo comma e quella
dell'udienza di discussione deve intercorrere un termine non minore di
venticinque giorni. Nel caso in cui la notificazione del decreto debba farsi
all'estero il termine di cui al secondo comma è elevato a settanta giorni, e
quello di cui al comma precedente è elevato a trentacinque giorni. Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Art. 419 (Intervento
volontario) Salvo che sia effettuato per l'integrazione necessaria del
contraddittorio, l'intervento del terzo ai sensi dell'articolo 105 non può aver
luogo oltre il termine stabilito per la costituzione del convenuto, con le
modalità previste dagli articoli 414 e 416 in quanto applicabili. Articolo così
sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. La Corte costituzionale, con
sentenza n. 193 del 29 giugno 1983, ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale di questo articolo nella parte in cui, ove un terzo spieghi
intervento volontario, non attribuisce al giudice il potere-dovere di fissare -
con il rispetto del termine di cui all'art. 415, comma 5 (elevabile a quaranta
giorni allorquando la notificazione ad alcune delle parti originarie contumaci
debba effettuarsi all'estero) - una nuova udienza, non meno di dieci giorni
prima della quale potranno le parti originarie depositare memorie, e di
disporre che, entro cinque giorni, siano notificati alle parti originarie il
provvedimento di fissazione e la memoria dell'interveniente, e che sia
notificato a quest'ultimo il provvedimento di fissazione della nuova udienza.
Art. 420 (Udienza di discussione della causa) Nell'udienza fissata per la
discussione della causa il giudice interroga liberamente le parti presenti e
tenta la conciliazione della lite. La mancata comparizione personale delle
parti, senza giustificato motivo, costituisce comportamento valutabile dal
giudice ai fini della decisione. Le parti possono, se ricorrono gravi motivi,
modificare le domande, eccezioni e conclusioni già formulate, previa
autorizzazione del giudice. Le parti hanno facoltà di farsi rappresentare da un
procuratore generale o speciale, il quale deve essere a conoscenza dei fatti
della causa. La procura deve essere conferita con atto pubblico o scrittura
privata autenticata e deve attribuire al procuratore il potere di conciliare o
transigere la controversia. La mancata conoscenza, senza gravi ragioni, dei
fatti della causa da parte del procuratore è valutata dal giudice ai fini della
decisione. Il verbale di conciliazione ha efficacia di titolo esecutivo. Se la
conciliazione non riesce e il giudice ritiene la causa matura per la decisione,
o se sorgono questioni attinenti alla giurisdizione o alla competenza o ad
altre pregiudiziali la cui decisione può definire il giudizio, il giudice
invita le parti alla discussione e pronuncia sentenza anche non definitiva
dando lettura del dispositivo. Nella stessa udienza ammette i mezzi di prova
già proposti dalle parti e quelli che le parti non abbiano potuto proporre
prima, se ritiene che siano rilevanti, disponendo, con ordinanza resa
nell'udienza, per la loro immediata assunzione. Qualora ciò non sia possibile,
fissa altra udienza, non oltre dieci giorni dalla prima, concedendo alle parti,
ove ricorrano giusti motivi, un termine perentorio non superiore a cinque
giorni prima dell'udienza di rinvio per il deposito in cancelleria di note
difensive. Nel caso in cui vengano ammessi nuovi mezzi di prova, a norma del
quinto comma, la controparte può dedurre i mezzi di prova che si rendano
necessari in relazione a quelli ammessi, con assegnazione di un termine
perentorio di cinque giorni. Nell'udienza fissata a norma del precedente comma
il giudice ammette, se rilevanti, i nuovi mezzi di prova dedotti dalla
controparte e provvede alla loro assunzione. L'assunzione delle prove deve
essere esaurita nella stessa udienza o, in caso di necessità, in udienza da tenersi
nei giorni feriali immediatamente successivi. Nel caso di chiamata in causa a
norma degli articoli 102, secondo comma, 106 e 107 il giudice fissa una nuova
udienza e dispone che, entro cinque giorni, siano notificati al terzo il
provvedimento nonchè il ricorso introduttivo e l'atto di costituzione del
convenuto, osservati i termini di cui ai commi terzo, quinto e sesto
dell'articolo 415. Il termine massimo entro il quale deve tenersi la nuova
udienza decorre dalla pronuncia del provvedimento di fissazione. Il terzo
chiamato deve costituirsi non meno di dieci giorni prima dell'udienza fissata,
depositando la propria memoria a norma dell'articolo 416. A tutte le
notificazioni e comunicazioni occorrenti provvede l'ufficio. Le udienze di mero
rinvio sono vietate. Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 421 (Poteri istruttori del giudice) Il giudice indica alle parti in ogni
momento le irregolarità degli atti e dei documenti che possono essere sanate
assegnando un termine per provvedervi, salvo gli eventuali diritti quesiti. Può
altresì disporre d'ufficio in qualsiasi momento l'ammissione di ogni mezzo di
prova, anche fuori dei limiti stabiliti dal codice civile, ad eccezione del
giuramento decisorio, nonchè la richiesta di informazioni e osservazioni, sia
scritte che orali, alle associazioni sindacali indicate dalle parti. Si osserva
la disposizione del comma sesto dell'articolo precedente. Dispone, su istanza
di parte, l'accesso sul luogo di lavoro, purchè necessario al fine dell'accertamento
dei fatti, e dispone altresì, se ne ravvisa l'utilità, l'esame dei testimoni
sul luogo stesso. Il giudice, ove lo ritenga necessario, può ordinare la
comparizione, per interrogarle liberamente sui fatti della causa, anche di
quelle persone che siano incapaci di testimoniare a norma dell'articolo 246 o a
cui sia vietato a norma dell'articolo 247. Articolo così sostituito dalla L. 11
agosto 1973, n. 533. Art. 422 (Registrazione su nastro) Il giudice può
autorizzare la sostituzione della verbalizzazione da parte del cancelliere con
la registrazione su nastro delle deposizioni di testi e delle audizioni delle
parti o di consulenti. Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n.
533. Art. 423 (Ordinanze per il pagamento di somme) Il giudice, su istanza di
parte, in ogni stato del giudizio, dispone con ordinanza il pagamento delle
somme non contestate. Egualmente, in ogni stato del giudizio, il giudice può,
su istanza del lavoratore, disporre con ordinanza il pagamento di una somma a
titolo provvisorio quando ritenga il diritto accertato e nei limiti della
quantità per cui ritiene già raggiunta la prova. Le ordinanze di cui ai commi
precedenti costituiscono titolo esecutivo. L'ordinanza di cui al secondo comma
è revocabile con la sentenza che decide la causa. Articolo così sostituito
dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Art. 424 (Assistenza del consulente tecnico)
Se la natura della controversia lo richiede, il giudice, in qualsiasi momento,
nomina uno o più consulenti tecnici, scelti in albi speciali, a norma
dell'articolo 61. A tal fine il giudice può disporre ai sensi del sesto comma
dell'articolo 420. Il consulente può essere autorizzato a riferire verbalmente
ed in tal caso le sue dichiarazioni sono integralmente raccolte a verbale,
salvo quanto previsto dal precedente articolo 422. Se il consulente chiede di
presentare relazione scritta, il giudice fissa un termine non superiore a venti
giorni, non prorogabile, rinviando la trattazione ad altra udienza. Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Art. 425 (Richiesta di
informazioni e osservazioni alle associazioni sindacali) Su istanza di parte,
l'associazione sindacale indicata dalla stessa ha facoltà di rendere in
giudizio, tramite un suo rappresentante, informazioni e osservazioni orali o scritte.
Tali informazioni e osservazioni possono essere rese anche nel luogo di lavoro
ove sia stato disposto l'accesso ai sensi del terzo comma dell'articolo 421. A
tal fine, il giudice può disporre ai sensi del sesto comma dell'articolo 420.
Il giudice può richiedere alle associazioni sindacali il testo dei contratti e
accordi collettivi di lavoro, anche aziendali, da applicare nella causa.
Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Art. 426 (Passaggio
dal rito ordinario al rito speciale) Il pretore quando rileva che una causa
promossa nelle forme ordinarie riguarda uno dei rapporti previsti dall'articolo
409, fissa con ordinanza l'udienza di cui all'articolo 420 e il termine
perentorio entro il quale le parti dovranno provvedere all'eventuale
integrazione degli atti introduttivi mediante deposito di memorie e documenti
in cancelleria. Nell'udienza come sopra fissata provvede a norma degli articoli
che precedono. Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Successivamente la Corte costituzionale, con sentenza 14 gennaio 1977, n. 14,
ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del combinato disposto dell'art.
426 del codice di procedura civile, come modificato dall'art. 1, della legge 11
agosto 1973, n. 533 (sul nuovo rito del lavoro), e dell'articolo 20 della legge
medesima nella parte in cui, con riguardo alle cause pendenti al momento
dell'entrata in vigore della legge, non è prevista la comunicazione anche alla
parte contumace dell'ordinanza che fissa la udienza di discussione ed il
termine perentorio per l'integrazione degli atti. Art. 427 (Passaggio dal rito
speciale al rito ordinario) Il pretore quando rileva che una causa promossa
nelle forme stabilite dal presente capo riguarda un rapporto diverso da quelli
previsti dall'articolo 409, se la causa stessa rientra nella sua competenza
dispone che gli atti siano messi in regola con le disposizioni tributarie,
altrimenti la rimette con ordinanza al giudice competente, fissando un termine
perentorio non superiore a trenta giorni per la riassunzione con il rito
ordinario. In tal caso le prove acquisite durante lo stato di rito speciale
avranno l'efficacia consentita dalle norme ordinarie. Articolo così sostituito
dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Art. 428 (Incompetenza del giudice) Quando una
causa relativa ai rapporti di cui all'articolo 409 sia stata proposta a giudice
incompetente, l'incompetenza può essere eccepita dal convenuto soltanto nella
memoria difensiva di cui all'articolo 416 ovvero rilevata d'ufficio dal giudice
non oltre la udienza di cui all'articolo 420. Quando l'incompetenza sia stata
eccepita o rilevata ai sensi del comma precedente, il giudice rimette la causa
al pretore in funzione di giudice del lavoro, fissando un termine perentorio
non superiore a trenta giorni per la riassunzione con rito speciale. Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Art. 429 (Pronuncia della
sentenza) Nell'udienza, il giudice, esaurita la discussione orale e udite le
conclusioni delle parti, pronuncia sentenza con cui definisce il giudizio dando
lettura del dispositivo. Se il giudice lo ritiene necessario, su richiesta
delle parti, concede alle stesse un termine non superiore a dieci giorni per il
deposito di note difensive, rinviando la causa all'udienza immediatamente successiva
alla scadenza del termine suddetto, per la discussione e la pronuncia della
sentenza. Il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di
somme di denaro per crediti di lavoro, deve determinare, oltre gli interessi
nella misura legale, il maggior danno eventualmente subito dal lavoratore per
la diminuzione di valore del suo credito, condannando al pagamento della somma
relativa con decorrenza dal giorno della maturazione del diritto. Articolo così
sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Art. 430 (Deposito della sentenza)
La sentenza deve essere depositata in cancelleria entro quindici giorni dalla
pronuncia. Il cancelliere ne dà immediata comunicazione alle parti. Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Art. 431 (Esecutorietà della
sentenza) Le sentenze che pronunciano condanna a favore del lavoratore per
crediti derivanti dai rapporti di cui all'articolo 409 sono provvisoriamente
esecutive. All'esecuzione si può procedere con la sola copia del dispositivo,
in pendenza del termine per il deposito della sentenza. Il giudice di appello
può disporre con ordinanza non impugnabile che l'esecuzione sia sospesa quando
dalla stessa possa derivare all'altra parte gravissimo danno. La sospensione
disposta a norma del comma precedente può essere anche parziale e, in ogni
caso, l'esecuzione provvisoria resta autorizzata fino alla somma di lire
cinquecentomila. Le sentenze che pronunciano condanna a favore del datore di
lavoro sono provvisoriamente esecutive e sono soggette alla disciplina degli
articoli 282 e 283 (1). Il giudice di appello può disporre con ordinanza non
impugnabile che l'esecuzione sia sospesa in tutto o in parte quando ricorrono
gravi motivi (1). Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. (1)
Comma aggiunto dall'art. 69, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 432 (Valutazione
equitativa delle prestazioni) Quando sia certo il diritto ma non sia possibile
determinare la somma dovuta, il giudice la liquida con valutazione equitativa.
Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. § 2: DELLE
IMPUGNAZIONI Art. 433 (Giudice d'appello) L'appello contro le sentenze
pronunciate nei processi relativi alle controversie previste nell'articolo 409
deve essere proposto con ricorso davanti al tribunale territorialmente
competente in funzione di giudice del lavoro. Ove l'esecuzione sia iniziata,
prima della notificazione della sentenza, l'appello può essere proposto con
riserva dei motivi che dovranno essere presentati nel termine di cui
all'articolo 434. Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 434 (Deposito del ricorso in appello) Il ricorso deve contenere
l'esposizione sommaria dei fatti e i motivi specifici dell'impugnazione, nonchè
le indicazioni prescritte dall'articolo 414. Il ricorso deve essere depositato
nella cancelleria del tribunale entro trenta giorni dalla notificazione della
sentenza, oppure entro quaranta giorni nel caso in cui la notificazione abbia
dovuto effettuarsi all'estero. Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto
1973, n. 533. Art. 435 (Decreto del presidente) Il presidente del tribunale
entro cinque giorni dalla data di deposito del ricorso nomina il giudice
relatore e fissa, non oltre sessanta giorni dalla data medesima, l'udienza di
discussione dinanzi al collegio. L'appellante, nei dieci giorni successivi al
deposito del decreto, provvede alla notifica del ricorso e del decreto
dell'appellato (1). Tra la data di notificazione all'appellato e quella
dell'udienza di discussione deve intercorrere un termine non minore di
venticinque giorni. Nel caso in cui la notificazione prevista dal secondo comma
deve effettuarsi all'estero, i termini di cui al primo e al terzo comma sono
elevati, rispettivamente, a ottanta e sessanta giorni. Articolo così sostituito
dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. (1) La Corte costituzionale, con sentenza 14
gennaio 1977, n. 15, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente
comma nella parte in cui non dispone che l'avvenuto deposito del decreto
presidenziale di fissazione dell'udienza di discussione sia comunicato
all'appellante e che da tale comunicazione decorra il termine per la
notificazione all'appellato. Art. 436 (Costituzione dell'appellato e appello
incidentale) L'appellato deve costituirsi almeno dieci giorni prima della udienza.
La costituzione dell'appellato si effettua mediante deposito in cancelleria del
fascicolo e di una memoria difensiva, nella quale deve essere contenuta
dettagliata esposizione di tutte le sue difese. Se propone appello incidentale,
l'appellato deve esporre nella stessa memoria i motivi specifici su cui fonda
l'impugnazione. L'appello incidentale deve essere proposto, a pena di
decadenza, nella memoria di costituzione, da notificarsi, a cura
dell'appellato, alla controparte almeno dieci giorni prima dell'udienza fissata
a norma dell'articolo precedente. Si osservano, in quanto applicabili, le
disposizioni dell'articolo 416. Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto
1973, n. 533. Art. 437 (Udienza di discussione) Nell'udienza il giudice
incaricato fa la relazione orale della causa. Il collegio, sentiti i difensori
delle parti, pronuncia sentenza dando lettura del dispositivo nella stessa
udienza. Non sono ammesse nuove domande ed eccezioni. Non sono ammessi nuovi
mezzi di prova, tranne il giuramento estimatorio, salvo che il collegio, anche
d'ufficio, li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa. È
salva la facoltà delle parti di deferire il giuramento decisorio in qualsiasi
momento della causa. Qualora ammetta le nuove prove, il collegio fissa, entro
venti giorni, l'udienza nella quale esse debbono essere assunte e deve essere
pronunciata la sentenza. In tal caso il collegio con la stessa ordinanza può
adottare i provvedimenti di cui all'articolo 423. Sono applicabili le
disposizioni di cui ai commi secondo e terzo dell'articolo 429. Articolo così
sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Art. 438 (Deposito della sentenza
di appello) Il deposito della sentenza di appello è effettuato con l'osservanza
delle norme di cui all'articolo 430. Si applica il disposto del secondo comma
dell'articolo 431. Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533.
Art. 439 (Cambiamento del rito in appello) Il tribunale, se ritiene che il
procedimento in primo grado non si sia svolto secondo il rito prescritto,
procede a norma degli articoli 426 e 427. Articolo così sostituito dalla L. 11
agosto 1973, n. 533. Art. 440 (Appellabilità delle sentenze) Sono inappellabili
le sentenze che hanno deciso una controversia di valore non superiore a lire
cinquantamila. Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Art.
441 (Consulente tecnico in appello) Il collegio, nell'udienza di cui al primo
comma dell'articolo 437, può nominare un consulente tecnico rinviando ad altra
udienza da fissarsi non oltre trenta giorni. In tal caso con la stessa
ordinanza può adottare i provvedimenti di cui all'articolo 423. Il consulente
deve depositare il proprio parere almeno dieci giorni prima della nuova
udienza. Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Capo II:
DELLE CONTROVERSIE IN MATERIA DI PREVIDENZA E DI ASSISTENZA OBBLIGATORIE Art.
442 (Controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie) Nei
procedimenti relativi a controversie derivanti dall'applicazione delle norme
riguardanti le assicurazioni sociali, gli infortuni sul lavoro, le malattie
professionali, gli assegni familiari nonchè ogni altra forma di previdenza e di
assistenza obbligatorie, si osservano le disposizioni di cui al capo primo di
questo titolo. Anche per le controversie relative alla inosservanza degli
obblighi di assistenza e di previdenza derivanti da contratti e accordi
collettivi si osservano le disposizioni di cui al capo primo di questo titolo.
Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Successivamente la
Corte costituzionale, con sentenza 12 aprile 1991, n. 156, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale dell'articolo, nella parte in cui non prevede
che il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di
denaro per crediti relativi a prestazioni di previdenza sociale, deve
determinare, oltre gli interessi nella misura legale, il maggior danno
eventualmente subito dal titolare per la diminuzione del valore del suo
credito, applicando l'indice dei prezzi calcolato dall'ISTAT per la scala
mobile nel settore dell'industria e condannando al pagamento della somma
relativa con decorrenza dal giorno in cui si sono verificate le condizioni
legali di responsabilità dell'istituto o ente debitore per il ritardo
dell'adempimento. Con sentenza n. 196 del 27 aprile 1993, la stessa Corte ha
dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo nella parte in cui non
prevede, quando il giudice pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme
di denaro per crediti relativi a prestazioni di assistenza sociale
obbligatoria, il medesimo trattamento dei crediti relativi a prestazioni di
previdenza sociale in ordine agli interessi legali e al risarcimento del
maggior danno sofferto dal titolare per la diminuzione di valore del suo credito.
Art. 443 (Rilevanza del procedimento amministrativo) La domanda relativa alle
controversie in materia di previdenza e assistenza obbligatorie di cui al primo
comma dell'articolo 442 non è procedibile se non quando siano esauriti i
procedimenti prescritti dalle leggi speciali per la composizione in sede
amministrativa o siano decorsi i termini ivi fissati per il compimento dei
procedimenti stessi o siano, comunque, decorsi centottanta giorni dalla data in
cui è stato proposto il ricorso amministrativo. Se il giudice nella prima
udienza di discussione rileva l'improcedibilità della domanda a norma del comma
precedente, sospende il giudizio e fissa all'attore un termine perentorio di
sessanta giorni per la presentazione del ricorso in sede amministrativa. Il processo
deve essere riassunto, a cura dell'attore, nel termine perentorio di
centottanta giorni che decorre dalla cessazione della causa della sospensione.
Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Art. 444 (Giudice
competente) Le controversie in materia di previdenza e di assistenza
obbligatorie indicate nell'articolo 442 sono di competenza del pretore, in
funzione di giudice del lavoro, che ha sede nel capoluogo della circoscrizione
del tribunale nella quale risiede l'attore. Se la controversia in materia di
infortuni sul lavoro e malattie professionali riguarda gli addetti alla
navigazione marittima o alla pesca marittima, è competente il pretore, in
funzione di giudice del lavoro, del luogo in cui ha sede l'ufficio del porto di
iscrizione della nave. Per le controversie relative agli obblighi dei datori di
lavoro e all'applicazione delle sanzioni civili per l'inadempimento di tali
obblighi, è competente il pretore, in funzione di giudice del lavoro, del luogo
in cui ha sede l'ufficio dell'ente. Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto
1973, n. 533. Art. 445 (Consulente tecnico) Nei processi regolati nel presente
capo, relativi a domande di prestazioni previdenziali o assistenziali che
richiedano accertamenti tecnici, il giudice nomina uno o più consulenti tecnici
scelti in appositi albi, ai sensi dell'articolo 424. Nei casi di particolare
complessità il termine di cui all'articolo 424 può essere prorogato fino a
sessanta giorni. Articolo così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Art.
446 (Istituti di patronato e di assistenza sociale) Gli istituti di patronato e
di assistenza sociale legalmente riconosciuti possono, su istanza
dell'assistito, in ogni grado del giudizio, rendere informazioni e osservazioni
orali o scritte nella forma di cui all'articolo 425. Articolo così sostituito
dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Art. 447 (Esecuzione provvisoria) Le sentenze
pronunciate nei giudizi relativi alle controversie di cui all'articolo 442 sono
provvisoriamente esecutive. Si applica il disposto dell'articolo 431. Articolo
così sostituito dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Art. 447 bis (Norme
applicabili alle controversie in materia di locazione, di comodato e di
affitto) Le controversie di cui all'articolo 8, secondo comma, numero 3), sono
disciplinate dagli articoli 414, 415, 416, 417, 418, 419, 420, 421, primo
comma, 422, 423, primo e terzo comma, 424, 425, 426, 427, 428, 429, primo e
secondo comma, 430, 433, 434, 435, 436, 437, 438, 439, 440, 441, in quanto
applicabili. Per le controversie relative ai rapporti di cui all'articolo 8,
secondo comma, numero 3), è competente il giudice del luogo dove si trova la
cosa. Sono nulle le clausole di deroga alla competenza. Il giudice può disporre
d'ufficio, in qualsiasi momento, l'ispezione della cosa e l'ammissione di ogni
mezzo di prova, ad eccezione del giuramento decisorio, nonchè la richiesta di
informazioni, sia scritte che orali, alle associazioni di categoria indicate
dalle parti. Le sentenze di condanna di primo grado sono provvisoriamente esecutive.
All'esecuzione si può procedere con la sola copia del dispositivo in pendenza
del termine per il deposito della sentenza. Il giudice d'appello può disporre
con ordinanza non impugnabile che l'efficacia esecutiva o l'esecuzione siano
sospese quando dalle stesse possa derivare all'altra parte gravissimo danno.
Articolo aggiunto dall'art. 70, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 448 Articolo
abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Art. 449 Articolo abrogato dalla L.
11 agosto 1973, n. 533. Art. 450 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n.
533. Art. 451 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Art. 452
Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Art. 453 Articolo abrogato
dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Art. 454 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto
1973, n. 533. Art. 455 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Art.
456 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Art. 457 Articolo
abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Art. 458 Articolo abrogato dalla L.
11 agosto 1973, n. 533. Art. 459 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n.
533. Art. 460 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Art. 461
Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Art. 462 Articolo abrogato
dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Art. 463 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto
1973, n. 533. Art. 464 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Art.
465 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Art. 466 Articolo
abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Art. 467 Articolo abrogato dalla L.
11 agosto 1973, n. 533. Art. 468 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n.
533. Art. 469 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Art. 470
Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Art. 471 Articolo abrogato
dalla L. 11 agosto 1973, n. 533. Art. 472 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto
1973, n. 533. Art. 473 Articolo abrogato dalla L. 11 agosto 1973, n. 533 Libro
Terzo DEL PROCESSO DI ESECUZIONE Titolo I: DEL TITOLO ESECUTIVO E DEL PRECETTO
Art. 474 Titolo esecutivo L'esecuzione forzata non può avere luogo che in virtù
di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile. Sono titoli
esecutivi: 1) le sentenze, e i provvedimenti ai quali la legge attribuisce
espressamente efficacia esecutiva; 2) le cambiali, nonchè gli altri titoli di
credito e gli atti ai quali la legge attribuisce espressamente la stessa
efficacia; 3) gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale
autorizzato dalla legge a riceverli, relativamente alle obbligazioni di somme di
danaro in essi contenute. Art. 475 Spedizione in forma esecutiva Le sentenze e
gli altri provvedimenti dell'autorità giudiziaria e gli atti ricevuti da notaio
o da altro pubblico ufficiale, per valere come titolo per l'esecuzione forzata,
debbono essere muniti della formula esecutiva, salvo che la legge disponga
altrimenti. La spedizione del titolo in forma esecutiva può farsi soltanto alla
parte a favore della quale fu pronunciato il provvedimento o stipulata
l'obbligazione, o ai suoi successori, con indicazione in calce della persona
alla quale è spedita. La spedizione in forma esecutiva consiste
nell'intestazione "Repubblica italiana - In nome della legge" e
nell'apposizione da parte del cancelliere o notaio o altro pubblico ufficiale,
sull'originale o sulla copia, della seguente formula: "comandiamo a tutti
gli ufficiali giudiziari che ne siano richiesti e a chiunque spetti, di mettere
a esecuzione il presente titolo, al pubblico ministero di darvi assistenza, e a
tutti gli ufficiali della forza pubblica di concorrervi, quando ne siano
legalmente richiesti". Art. 476 Altre copie in forma esecutiva Non può
spedirsi senza giusto motivo più di una copia in forma esecutiva alla stessa
parte. Le ulteriori copie sono chieste dalla parte interessata, in caso di provvedimento
con ricorso al capo dell'ufficio che l'ha pronunciato, e negli altri casi al
presidente del tribunale nella cui circoscrizione l'atto fu formato.
Sull'istanza si provvede con decreto. Il cancelliere, il notaio o altro
pubblico ufficiale che contravviene alle disposizioni del presente articolo è
condannato a una pena pecuniaria non superiore a lire quattromila, con decreto
del capo dell'ufficio o del presidente del tribunale competente a norma del
secondo comma. Art. 477 Efficacia del titolo esecutivo contro gli eredi Il
titolo esecutivo contro il defunto ha efficacia contro gli eredi, ma si può
loro notificare il precetto soltanto dopo dieci giorni dalla notificazione del
titolo. Entro un anno dalla morte, la notificazione può farsi agli eredi collettivamente
e impersonalmente, nell'ultimo domicilio del defunto. Art. 478 Prestazione
della cauzione Se l'efficacia del titolo esecutivo è subordinata a cauzione,
non si può iniziare l'esecuzione forzata finchè quella non sia stata prestata.
Della prestazione si fa constare con annotazione in calce o in margine al
titolo spedito in forma esecutiva, o con atto separato che deve essere unito al
titolo. Art. 479 Notificazione del titolo esecutivo e del precetto Se la legge
non dispone altrimenti, l'esecuzione forzata deve essere preceduta dalla
notificazione del titolo in forma esecutiva e del precetto. La notificazione
del titolo esecutivo deve essere fatta dalla parte personalmente a norma degli
articoli 137 e seguenti; ma, se esso è costituito da una sentenza, la
notificazione, entro l'anno dalla pubblicazione, può essere fatta a norma
dell'articolo 170. Il precetto può essere redatto di seguito al titolo
esecutivo ed essere notificato insieme con questo, purchè la notificazione sia
fatta alla parte personalmente. Art. 480 Forma del precetto Il precetto
consiste nell'intimazione di adempiere l'obbligo risultante dal titolo
esecutivo entro un termine non minore di dieci giorni, salva l'autorizzazione
di cui all'articolo 482, con l'avvertimento che, in mancanza, si procederà a
esecuzione forzata. Il precetto deve contenere a pena di nullità l'indicazione
delle parti, della data di notificazione del titolo esecutivo, se questa è
fatta separatamente, o la trascrizione integrale del titolo stesso, quando è
richiesta dalla legge. In quest'ultimo caso l'ufficiale giudiziario, prima
della relazione di notificazione, deve certificare di avere riscontrato che la
trascrizione corrisponde esattamente al titolo originale. Il precetto deve
inoltre contenere la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio della
parte istante nel comune in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione.
In mancanza le opposizioni al precetto si propongono davanti al giudice del
luogo in cui è stato notificato, e le notificazioni alla parte istante si fanno
presso la cancelleria del giudice stesso. Il precetto deve essere sottoscritto
a norma dell'articolo 125 e notificato alla parte personalmente a norma degli
articoli 137 e seguenti. Art. 481 Cessazione dell'efficacia del precetto Il
precetto diventa inefficace, se nel termine di novanta giorni dalla sua
notificazione non è iniziata l'esecuzione. Se contro il precetto è proposta
opposizione, il termine rimane sospeso e riprende a decorrere a norma
dell'articolo 627. Art. 482 Termine ad adempiere Non si può iniziare
l'esecuzione forzata prima che sia decorso il termine indicato nel precetto e
in ogni caso non prima che siano decorsi dieci giorni dalla notificazione di
esso; ma il capo dell'ufficio competente per l'esecuzione, se vi è pericolo nel
ritardo, può autorizzare l'esecuzione immediata, con cauzione o senza.
L'autorizzazione è data con decreto scritto in calce al precetto e trascritto a
cura dell'ufficiale giudiziario nella copia da notificarsi. Titolo II:
DELL'ESPROPRIAZIONE FORZATA Capo I: DELL'ESPROPRIAZIONE FORZATA IN GENERALE
Sezione I: DEI MODI E DELLE FORME DELL'ESPROPRIAZIONE FORZATA IN GENERALE Art.
483 Cumulo dei mezzi di espropriazione Il creditore può valersi cumulativamente
dei diversi mezzi di espropriazione forzata previsti dalla legge; ma, su
opposizione del debitore, il giudice dell'esecuzione immobiliare, quando è
iniziata anche questa, negli altri casi il pretore, con ordinanza non
impugnabile, possono limitare l'espropriazione al mezzo che il creditore sceglie
o, in mancanza, a quello che il giudice stesso determina. Art. 484 Giudice
dell'esecuzione L'espropriazione è diretta da un giudice. Nei tribunali la
nomina del giudice dell'esecuzione è fatta dal presidente, su presentazione a
cura del cancelliere del fascicolo entro due giorni da che è stato formato.
Nelle preture fornite di più magistrati la nomina è fatta dal dirigente a norma
del comma precedente. Si applicano al giudice della esecuzione le disposizioni
degli articoli 174 e 175. Art. 485 Audizione degli interessati Quando la legge
richiede, o il giudice ritiene necessario, che le parti ed eventualmente altri
interessati siano sentiti il giudice stesso fissa con decreto l'udienza alla
quale il creditore pignorante, i creditori intervenuti, il debitore ed
eventualmente gli altri interessati debbono comparire davanti a lui. Il decreto
è comunicato dal cancelliere. Se risulta o appare probabile che alcuna delle
parti non sia comparsa per cause indipendenti dalla sua volontà, il giudice
dell'esecuzione fissa una nuova udienza della quale il cancelliere dà
comunicazione alla parte non comparsa. Art. 486 Forma delle domande e delle
istanze Le domande e le istanze che si propongono al giudice dell'esecuzione,
se la legge non dispone altrimenti, sono proposte oralmente quando avvengono
all'udienza, e con ricorso da depositarsi in cancelleria negli altri casi. Art.
487 Forma dei provvedimenti del giudice Salvo che la legge disponga altrimenti,
i provvedimenti del giudice dell'esecuzione sono dati con ordinanza, che può
essere dal giudice stesso modificata o revocata finchè non abbia avuto
esecuzione. Per le ordinanze del giudice dell'esecuzione si osservano le
disposizioni degli articoli 176 e seguenti in quanto applicabili e quella
dell'articolo 186. Art. 488 Fascicolo dell'esecuzione Il cancelliere forma per
ogni procedimento d'espropriazione un fascicolo, nel quale sono inseriti tutti
gli atti compiuti dal giudice, dal cancelliere e dall'ufficiale giudiziario e
gli atti e documenti depositati dalle parti e dagli eventuali interessati. Il
pretore o il presidente del tribunale competente per l'esecuzione o il giudice
dell'esecuzione stessa può autorizzare il creditore a depositare, in luogo
dell'originale, una copia autentica del titolo esecutivo, con obbligo di presentare
l'originale a ogni richiesta del giudice. Art. 489 Luogo delle notificazioni e
delle comunicazioni Le notificazioni e le comunicazioni ai creditori pignoranti
si fanno nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto nell'atto di
precetto; quelle ai creditori intervenuti, nella residenza dichiarata o nel
domicilio eletto nella domanda d'intervento. In mancanza di dichiarazione di
residenza o di elezione di domicilio le notificazioni possono farsi presso la
cancelleria del giudice competente per l'esecuzione . Art. 490 Pubblicità degli
avvisi Quando la legge dispone che di un atto esecutivo sia data pubblica
notizia, un avviso contenente tutti i dati, che possono interessare il
pubblico, deve essere affisso per tre giorni continui nell'albo dell'ufficio
giudiziario davanti al quale si svolge il procedimento esecutivo. In caso di
espropriazione immobiliare il medesimo avviso è inserito nel foglio degli
annunzi legali della provincia in cui ha sede lo stesso ufficio giudiziario. Il
giudice può anche disporre che l'avviso sia inserito una o più volte in
determinati giornali e, quando occorre, che sia divulgato con le forme della
pubblicità commerciale. Sezione II: DEL PIGNORAMENTO Art. 491 Inizio
dell'espropriazione Salva l'ipotesi prevista nell'art. 502, l'espropriazione
forzata si inizia col pignoramento. Art. 492 Forma del pignoramento Salve le
forme particolari previste nei capi seguenti, il pignoramento consiste in una
ingiunzione che l'ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersi da
qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente
indicato i beni che si assoggettano alla espropriazione e i frutti di essi.
Quando la legge richiede che l'ufficiale giudiziario nel compiere il
pignoramento sia munito del titolo esecutivo, il pretore o il presidente del
tribunale competente per l'esecuzione può concedere al creditore
l'autorizzazione prevista nell'articolo 488 secondo comma. Art. 493
Pignoramenti su istanza di più creditori Più creditori possono con unico
pignoramento colpire il medesimo bene. Il bene sul quale è stato compiuto un
pignoramento può essere pignorato successivamente su istanza di uno o più
creditori. Ogni pignoramento ha effetto indipendente, anche se è unito ad altri
in unico processo. Art. 494 Pagamento nelle mani dell'ufficiale giudiziario Il
debitore può evitare il pignoramento versando nelle mani dell'ufficiale
giudiziario la somma per cui si procede e l'importo delle spese, con l'incarico
di consegnarli al creditore. All'atto del versamento si può fare riserva di
ripetere la somma versata. Può altresì evitare il pignoramento di cose,
depositando nelle mani dell'ufficiale giudiziario, in luogo di esse, come
oggetto di pignoramento, una somma di denaro eguale all'importo del credito o
dei crediti per cui si procede e delle spese, aumentato di due decimi. Articolo
così sostituito dalla Legge 14 luglio 1950, n. 581. Art. 495 Conversione del
pignoramento In qualsiasi momento anteriore alla vendita, il debitore può
chiedere di sostituire alle cose pignorate una somma di denaro pari all'importo
delle spese e dei crediti del creditore pignorante e dei creditori intervenuti.
Unitamente all'istanza deve essere depositata in cancelleria, a pena di
inammissibilità, la somma corrispondente ad un quinto dell'importo del credito
per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti dei creditori
intervenuti, indicati nei rispettivi atti di intervento. La somma è depositata
dal cancelliere presso un istituto di credito indicato dal giudice. La somma da
sostituire al bene pignorato è determinata con ordinanza dal giudice
dell'esecuzione, sentite le parti. Con l'ordinanza che ammette la sostituzione,
il giudice dispone che le cose pignorate siano liberate dal pignoramento e che
la somma versata vi sia sottoposta in loro vece. Qualora il debitore ometta il
versamento dell'importo determinato dal giudice ai sensi del terzo comma, la
somma versata unitamente alla presentazione dell'istanza forma parte dei beni
pignorati. L'istanza può essere avanzata una sola volta, a pena di inammissibilità.
Articolo così sostituito dall'art. 71, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 496
Riduzione del pignoramento Su istanza del debitore o anche d'ufficio, quando il
valore dei beni pignorati è superiore all'importo delle spese e dei crediti di
cui all'articolo precedente, il giudice, sentiti il creditore pignorante e i
creditori intervenuti, può disporre la riduzione del pignoramento. Art. 497
Cessazione dell'efficacia del pignoramento Il pignoramento perde efficacia
quando dal suo compimento sono trascorsi novanta giorni senza che sia stata
chiesta l'assegnazione o la vendita. Sezione III: DELL'INTERVENTO DEI CREDITORI
Art. 498 Avviso ai creditori iscritti Debbono essere avvertiti
dell'espropriazione i creditori che sui beni pignorati hanno un diritto di prelazione
risultante da pubblici registri. A tal fine è notificato a ciascuno di essi, a
cura del creditore pignorante ed entro cinque giorni dal pignoramento, un
avviso contenente l'indicazione del creditore pignorante, del credito per il
quale si procede, del titolo e delle cose pignorate. In mancanza della prova di
tale notificazione, il giudice non può provvedere sull'istanza di assegnazione
o di vendita. Art. 499 Intervento Oltre i creditori indicati nell'articolo
precedente, possono intervenire nella esecuzione gli altri creditori, ancorchè
non privilegiati. Il ricorso deve contenere l'indicazione del credito e quella
del titolo di esso, la domanda per partecipare alla distribuzione della somma
ricavata e la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel comune
in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione. Art. 500 Effetti
dell'intervento L'intervento dà diritto a partecipare alla distribuzione della
somma ricavata, e, secondo le disposizioni contenute nei capi seguenti, può
anche dare diritto a partecipare all'espropriazione del bene pignorato e a
provocarne i singoli atti. Sezione IV: DELLA VENDITA E DELLA ASSEGNAZIONE Art.
501 Termine dilatorio del pignoramento L'istanza di assegnazione o di vendita
dei beni pignorati non può essere proposta se non decorsi dieci giorni dal
pignoramento, tranne che per le cose deteriorabili, delle quali può essere
disposta l'assegnazione o la vendita immediata. Art. 502 Termine per
l'assegnazione o la vendita del pegno Salve le disposizioni speciali del codice
civile, per l'espropriazione delle cose date in pegno e dei mobili soggetti ad
ipoteca si seguono le norme del presente codice, ma l'assegnazione o la vendita
può essere chiesta senza che sia stata preceduta da pignoramento. In tal caso
il termine per la istanza di assegnazione o di vendita decorre dalla
notificazione del precetto. Art. 503 Modi della vendita forzata La vendita
forzata può farsi con incanto o senza, secondo le forme previste nei capi
seguenti. Art. 504 Cessazione della vendita forzata Se la vendita è fatta in
più volte o in più lotti, deve cessare quando il prezzo già ottenuto raggiunge
l'importo delle spese e dei crediti menzionati nell'articolo 495 primo comma.
Art. 505 Assegnazione Il creditore pignorante può chiedere l'assegnazione dei
beni pignorati, nei limiti e secondo le regole contenute nei capi seguenti. Se
sono intervenuti altri creditori, l'assegnazione può essere chiesta a vantaggio
di uno solo o di più, d'accordo fra tutti. Art. 506 Valore minimo per
l'assegnazione L'assegnazione può essere fatta soltanto per un valore non
inferiore alle spese di esecuzione e ai crediti aventi diritto a prelazione
anteriore a quello dell'offerente. Se il valore eccede quello indicato nel
comma precedente, sull'eccedenza concorrono l'offerente e gli altri creditori,
osservate le cause di prelazione che li assistono. Art. 507 Forma
dell'assegnazione L'assegnazione si fa mediante ordinanza del giudice
dell'esecuzione contente l'indicazione dell'assegnatario, del creditore
pignorante, di quelli intervenuti, del debitore, ed eventualmente del terzo
proprietario, del bene assegnato e del prezzo di assegnazione. Art. 508
Assunzione di debiti da parte dell'aggiudicatario o dell'assegnatario Nel caso
di vendita o di assegnazione di un bene gravato da pegno o da ipoteca,
l'aggiudicatario o assegnatario, con l'autorizzazione del giudice
dell'esecuzione, può concordare col creditore pignoratizio o ipotecario
l'assunzione del debito con le garanzie ad esso inerenti, liberando il
debitore. In tal caso nel provvedimento di vendita o di assegnazione si deve
menzionare l'assunzione del debito. Sezione V: DELLA DISTRIBUZIONE DELLA SOMMA
RICAVATA Art. 509 Composizione della somma ricavata La somma da distribuire è
formata da quanto proviene a titolo di prezzo o conguaglio delle cose vendute o
assegnate, di rendita o provento delle cose pignorate, di multa e risarcimento
di danno da parte dell'aggiudicatario. Art. 510 Distribuzione della somma
ricavata Se vi è un solo creditore pignorante senza intervento di altri
creditori, il giudice dell'esecuzione, sentito il debitore, dispone a favore
del creditore pignorante il pagamento di quanto gli spetta per capitale,
interessi e spese. In caso diverso, la somma ricavata è dal giudice distribuita
tra i creditori a norma delle disposizioni contenute nei capi seguenti, con
riguardo alle cause legittime di prelazione. Il residuo della somma ricavata è
consegnato al debitore o al terzo che ha subito l'espropriazione. Art. 511
Domanda di sostituzione I creditori di un creditore avente diritto alla
distribuzione possono chiedere di essere a lui sostituiti, proponendo domanda a
norma dell'articolo 499 secondo comma. Il giudice dell'esecuzione provvede alla
distribuzione anche nei loro confronti, ma le contestazioni relative alle loro
domande non possono ritardare la distribuzione tra gli altri creditori
concorrenti. Art. 512 Risoluzione delle controversie Se, in sede di
distribuzione, sorge controversia tra creditori concorrenti o tra creditori e
debitori o terzo assoggettato all'espropriazione circa la sussistenza o
l'ammontare di uno o più crediti o circa la sussistenza di diritti di
prelazione, il giudice dell'esecuzione provvede all'istruzione della causa, se
è competente; altrimenti rimette le parti davanti al giudice competente a norma
dell'articolo 17, fissando un termine perentorio per la riassunzione. Il
giudice, se non sospende totalmente il procedimento, provvede alla
distribuzione della parte della somma ricavata non controversa. Articolo così
sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857. Capo II: DELL'ESPROPRIAZIONE
MOBILIARE PRESSO IL DEBITORE Sezione I : DEL PIGNORAMENTO Art. 513 Ricerca
delle cose da pignorare L'ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo e
del precetto, può ricercare le cose da pignorare nella casa del debitore e
negli altri luoghi a lui appartenenti. Può anche ricercarle sulla persona del
debitore, osservando le opportune cautele per rispettarne il decoro. Quando è
necessario aprire porte, ripostigli o recipienti, vincere la resistenza opposta
dal debitore o da terzi, oppure allontanare persone che disturbano l'esecuzione
del pignoramento, l'ufficiale giudiziario provvede secondo le circostanze,
richiedendo, quando occorre, l'assistenza della forza pubblica. Il pretore, su
ricorso del creditore, può autorizzare con decreto l'ufficiale giudiziario a
pignorare cose determinate che non si trovano in luoghi appartenenti al
debitore, ma delle quali egli può direttamente disporre. In ogni caso
l'ufficiale giudiziario può sottoporre a pignoramento, secondo le norme della
presente sezione, le cose del debitore che il terzo possessore consente di
esibirgli. Art. 514 Cose mobili assolutamente impignorabili Oltre alle cose
dichiarate impignorabili da speciali disposizioni di legge, non si possono
pignorare: 1) le cose sacre e quelle che servono all'esercizio del culto; 2)
l'anello nuziale, i vestiti, la biancheria, i letti, i tavoli per la
consumazione dei pasti con le relative sedie, gli armadi guardaroba, i
cassettoni, il frigorifero, le stufe ed i fornelli di cucina anche se a gas o
elettrici, la lavatrice, gli utensili di casa e di cucina unitamente ad un
mobile idoneo a contenerli, in quanto indispensabili al debitore ed alle
persone della sua famiglia con lui conviventi; sono tuttavia esclusi i mobili,
meno i letti, di rilevante valore economico, anche per accertato pregio
artistico o di antiquariato; 3) i commestibili e i combustibili necessari per
un mese al mantenimento del debitore e delle altre persone indicate nel numero
precedente; 4) gli strumenti, gli oggetti e i libri indispensabili per
l'esercizio della professione, dell'arte o del mestiere del debitore; 5) le
armi e gli oggetti che il debitore ha l'obbligo di conservare per l'adempimento
di un pubblico servizio; 6) le decorazioni al valore, le lettere, i registri e
in generale gli scritti di famiglia, nonchè i manoscritti, salvo che formino
parte di una collezione. Articolo così sostituito dalla L. 8 maggio 1971, n.
302. Art. 515 Cose mobili relativamente impignorabili Le cose, che il proprietario
di un fondo vi tiene per il servizio e la coltivazione del medesimo, possono
essere pignorate separatamente dall'immobile soltanto in mancanza di altri
mobili; tuttavia il pretore, su istanza del debitore e sentito il creditore,
può escludere dal pignoramento, con ordinanza non impugnabile, quelle tra le
cose suindicate che sono di uso necessario per la coltura del fondo o può anche
permetterne l'uso, sebbene pignorate, con le opportune cautele per la loro
conservazione e ricostituzione. Le stesse disposizioni il pretore può dare
relativamente alle cose destinate dal coltivatore al servizio o alla
coltivazione del fondo. Art. 516 Cose pignorabili in particolari circostanze di
tempo I frutti non ancora raccolti o separati dal suolo non possono essere pignorati
separatamente dall'immobile a cui accedono, se non nelle ultime sei settimane
anteriori al tempo ordinario della loro maturazione, tranne che il creditore
pignorante si assuma le maggiori spese della custodia. I bachi da seta possono
essere pignorati solo quando sono nella maggior parte sui rami per formare il
bozzolo. Art. 517 Scelta delle cose da pignorare Il pignoramento, quando non
v'è pregiudizio per il creditore, deve essere eseguito preferibilmente sulle
cose indicate dal debitore. In ogni caso l'ufficiale giudiziario deve preferire
il danaro contante, gli oggetti preziosi e i titoli di credito che ritiene di
sicura realizzazione. Art. 518 Forma del pignoramento L'ufficiale giudiziario
redige delle sue operazioni processo verbale, nel quale dà atto
dell'ingiunzione di cui all'articolo 492 e descrive le cose pignorate,
determinandone approssimativamente il valore, con l'assistenza, quando occorre,
di uno stimatore da lui scelto. Se il pignoramento cade su frutti non ancora
raccolti o separati dal suolo o su bachi da seta, l'ufficiale giudiziario ne
descrive la natura, la qualità e l'ubicazione. Nel processo verbale l'ufficiale
giudiziario fa relazione delle disposizioni date per conservare le cose
pignorate. Se il debitore non è presente, l'ufficiale giudiziario rivolge
l'ingiunzione alle persone indicate nell'articolo 139 secondo comma, e consegna
loro un avviso dell'ingiunzione stessa per il debitore. In mancanza di dette
persone affigge l'avviso alla porta dell'immobile in cui ha eseguito il pignoramento.
Il processo verbale col titolo esecutivo e il precetto deve essere depositato
in cancelleria entro le ventiquattrore dal compimento delle operazioni. Il
cancelliere al momento del deposito forma il fascicolo dell'esecuzione. Art.
519 Tempo del pignoramento Il pignoramento non può essere eseguito nei giorni
festivi nè fuori delle ore indicate nell'articolo 147, salvo che ne sia data
autorizzazione dal pretore. Il pignoramento iniziato nelle ore prescritte può
essere proseguito fino al suo compimento. Art. 520 Custodia dei mobili
pignorati L'ufficiale giudiziario consegna al cancelliere della pretura il
danaro, i titoli di credito e gli oggetti preziosi colpiti dal pignoramento. Il
danaro deve essere depositato dal cancelliere nelle forme dei depositi
giudiziari, mentre i titoli di credito e gli oggetti preziosi sono custoditi
nei modi che il pretore determina. Per la conservazione delle altre cose
l'ufficiale giudiziario provvede trasportandole in un luogo di pubblico
deposito o affidandole a un custode. Art. 521 Nomina e obblighi del custode Non
possono essere nominati custode il creditore o il suo coniuge senza il consenso
del debitore, nè il debitore o le persone della sua famiglia che convivono con
lui senza il consenso del creditore. Il custode sottoscrive il processo verbale
dal quale risulta la sua nomina. Al fine della conservazione delle cose
pignorate, l'ufficiale giudiziario autorizza il custode a lasciarle
nell'immobile appartenente al debitore o a trasportarle altrove. Il custode non
può usare delle cose pignorate senza l'autorizzazione del pretore e deve
rendere il conto a norma dell'art. 593. Art. 522 Compenso del custode Il
custode non ha diritto a compenso se non l'ha chiesto e se non gli è stato
riconosciuto dall'ufficiale giudiziario all'atto della nomina. Nessun compenso
può attribuirsi alle persone indicate nel primo comma dell'articolo precedente.
Art. 523 Unione di pignoramenti L'ufficiale giudiziario, che trova un
pignoramento già iniziato da altro ufficiale giudiziario, continua le
operazioni insieme con lui. Essi redigono unico processo verbale. Art. 524
Pignoramento successivo L'ufficiale giudiziario, che trova un pignoramento già
compiuto, ne dà atto nel processo verbale descrivendo i mobili precedentemente
pignorati, e quindi procede al pignoramento degli altri beni o fa constare nel
processo verbale che non ve ne sono. Il processo verbale è depositato in
cancelleria e inserito nel fascicolo formato in base al primo pignoramento, se
quello successivo è compiuto anteriormente alla udienza prevista nell'articolo
525 secondo comma, ovvero alla presentazione del ricorso per l'assegnazione o
la vendita dei beni pignorati nella ipotesi prevista nel terzo comma
dell'articolo 525. In tal caso il cancelliere ne dà notizia al creditore primo
pignorante e l'esecuzione si svolge in unico processo. Il pignoramento
successivo, se è compiuto dopo l'udienza di cui sopra ovvero dopo la
presentazione del ricorso predetto, ha gli effetti di un intervento tardivo
rispetto ai beni colpiti dal primo pignoramento. Se colpisce altri beni, per
questi ha luogo separato processo. Articolo così sostituito dal D.P.R. 17
ottobre 1950, n. 857. Sezione II: DELL'INTERVENTO DEI CREDITORI Art. 525
Condizione a tempo dell'intervento Possono intervenire a norma dell'articolo
499 tutti coloro che nei confronti del debitore hanno un credito certo, liquido
ed esigibile. Per gli effetti di cui agli articoli seguenti l'intervento deve
avere luogo non oltre la prima udienza fissata per l'autorizzazione della
vendita o per l'assegnazione. Di tale intervento il cancelliere dà notizia al
creditore pignorante. Qualora il valore dei beni pignorati, determinato a norma
dell'articolo 518, non superi le lire dieci milioni, l'intervento di cui al
comma precedente deve aver luogo non oltre la data di presentazione del
ricorso, prevista dall'articolo 529 (1). Articolo così sostituito dalla L. 14
luglio 1950, n. 581. (1) Comma così sostituito dall'art. 72, L. 26 novembre
1990, n. 353. Art. 526 Facoltà dei creditori intervenuti I creditori
intervenuti a norma del secondo comma e del terzo comma dell'articolo
precedente partecipano all'espropriazione dei mobili pignorati e, se muniti di
titolo esecutivo, possono provocarne i singoli atti. Articolo così sostituito
dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857. Art. 527 Diritto dei creditori intervenuti
alla distribuzione Ai creditori intervenuti a norma dell'articolo 525 secondo e
terzo comma il creditore pignorante ha facoltà di indicare, alla udienza o con
atto notificato e, in ogni caso, non oltre i cinque giorni successivi alla
comunicazione fattagli dal cancelliere, l'esistenza di altri beni del debitore
utilmente pignorabili, e di invitarli ad estendere il pignoramento se sono
forniti di titolo esecutivo o, altrimenti, ad anticipare le spese necessarie
per l'estensione. Se i creditori intervenuti non si giovano, senza giusto
motivo, delle indicazioni loro fatte o non rispondono all'invito entro il
termine di dieci giorni, il creditore pignorante ha diritto di essere loro
preferito in sede di distribuzione. Articolo così sostituito dal D.P.R. 17
ottobre 1950, n. 857. Art. 528 Intervento tardivo I creditori chirografari che
intervengono oltre l'udienza indicata nell'articolo 525 secondo comma, ovvero
oltre la data di presentazione del ricorso per l'assegnazione o la vendita dei
beni pignorati nell'ipotesi prevista nell'articolo 525 terzo comma, ma prima
del provvedimento di distribuzione, concorrono alla distribuzione della parte
della somma ricavata che sopravanza dopo soddisfatti i diritti del creditore
pignorante e di quelli intervenuti in precedenza. I creditori che hanno un
diritto di prelazione sulle cose pignorate, anche se intervengono a norma del
comma precedente, concorrono alla distribuzione della somma ricavata in ragione
dei loro diritti di prelazione. Articolo così sostituito dal D.P.R. 17 ottobre
1950, n. 857. Sezione III: DELL'ASSEGNAZIONE E DELLA VENDITA Art. 529 Istanza
di assegnazione o di vendita Decorso il termine di cui all'articolo 501, il
creditore pignorante e ognuno dei creditori intervenuti muniti di titolo
esecutivo possono chiedere la distribuzione del danaro e la vendita di tutti
gli altri beni. Dei titoli di credito e delle altre cose il cui valore risulta
dal listino di borsa o di mercato possono chiedere anche l'assegnazione. Al
ricorso si deve unire il certificato d'iscrizione dei privilegi gravanti sui
mobili pignorati. Art. 530 Provvedimento per l'assegnazione o per
l'autorizzazione della vendita Sull'istanza di cui all'articolo precedente il
pretore fissa l'udienza per l'audizione delle parti. All'udienza le parti
possono fare osservazioni circa l'assegnazione e circa il tempo e le modalità
della vendita e debbono proporre, a pena di decadenza, le opposizioni agli atti
esecutivi, se non sono già decadute dal diritto di proporle. Se non vi sono
opposizioni o se su di esse si raggiunge l'accordo delle parti comparse, il
pretore dispone con ordinanza l'assegnazione o la vendita. Se vi sono
opposizioni il pretore le decide con sentenza e dispone con ordinanza
l'assegnazione o la vendita. Qualora ricorra l'ipotesi prevista dal terzo comma
dell'articolo 525, e non siano intervenuti creditori fino alla presentazione
del ricorso, il pretore provvederà con decreto per l'assegnazione o la vendita;
altrimenti provvederà a norma dei commi precedenti, ma saranno sentiti soltanto
i creditori intervenuti nel termine previsto dal terzo comma dell'articolo 525.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581. Art. 531 Vendita di
frutti pendenti o di speciali beni mobili La vendita di frutti pendenti non può
essere disposta se non per il tempo della loro maturazione, salvo diverse
consuetudini locali. La vendita dei bachi da seta non può essere fatta prima
che siano in bozzoli. Delle cose indicate nell'articolo 515 il pretore può differire
la vendita per il periodo che ritiene necessario a soddisfare le esigenze
dell'azienda agraria. Art. 532 Vendita a mezzo di commissionario Quando lo
ritiene opportuno, il pretore può disporre che le cose pignorate siano affidate
a un commissionario, affinchè proceda alla vendita. Nello stesso provvedimento
il pretore, sentito quando occorre uno stimatore, fissa il prezzo minimo della
vendita e l'importo globale fino al raggiungimento del quale la vendita deve
essere eseguita, e può imporre al commissionario una cauzione. Se il valore
delle cose risulta dal listino di borsa o di mercato, la vendita non può essere
fatta a prezzo inferiore al minimo ivi segnato. ---------- N.B.: Articolo così
sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857. Art. 533 Obblighi del
commissionario Il commissionario non può vendere se non per contanti. Egli è
tenuto in ogni caso a documentare le operazioni di vendita mediante
certificato, fattura o fissato bollato in doppio esemplare, uno dei quali deve
essere consegnato al cancelliere col prezzo ricavato dalla vendita, nel termine
stabilito dal pretore nel suo provvedimento. Qualora la vendita senza incanto
non avvenga nel termine di un mese dal provvedimento di autorizzazione, il
commissionario, salvo che il termine sia prorogato su istanza di tutti i
creditori intervenuti, deve riconsegnare i beni, affinchè siano venduti
all'incanto. Il compenso al commissionario è stabilito dal pretore con decreto.
Articolo così sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857. Art. 534 Vendita all'incanto
Quando la vendita deve essere fatta ai pubblici incanti, il pretore, col
provvedimento di cui all'articolo 530, stabilisce il giorno, l'ora e il luogo
in cui deve eseguirsi, e ne affida l'esecuzione al cancelliere o all'ufficiale
giudiziario o a un istituto all'uopo autorizzato. Nello stesso provvedimento il
pretore può disporre che, oltre alla pubblicità prevista dal primo comma
dell'articolo 490, sia data anche una pubblicità straordinaria a norma del
comma terzo dello stesso articolo. Articolo così sostituito dal D.P.R. 17
ottobre 1950, n. 857. Art. 535 Prezzo base dell'incanto Se il valore delle cose
risulta da listino di borsa o di mercato, il prezzo base è determinato dal
minimo del giorno precedente alla vendita. In ogni altro caso il pretore, nel
provvedimento di cui all'articolo 530, sentito quando occorre uno stimatore,
fissa il prezzo di apertura dell'incanto o autorizza, se le circostanze lo
consigliano, la vendita al migliore offerente senza determinare il prezzo
minimo. Art. 536 Trasporto e ricognizione delle cose da vendere Chi è
incaricato della vendita fa trasportare, quando occorre, le cose pignorate nel
luogo stabilito per l'incanto, e può richiedere l'intervento della forza
pubblica. In ogni caso, prima di addivenire agli incanti deve fare, in concorso
col custode, la ricognizione degli oggetti da vendersi, confrontandoli con la
descrizione contenuta nel processo verbale di pignoramento. Art. 537 Modo
dell'incanto Le cose da vendere si offrono singolarmente oppure a lotti secondo
la convenienza, per il prezzo base di cui all'articolo 535. L'aggiudicazione al
maggiore offerente segue quando, dopo una duplice pubblica enunciazione del
prezzo raggiunto, non è fatta una maggiore offerta. Se la vendita non può
compiersi nel giorno stabilito, è continuata nel primo giorno seguente non
festivo. Dell'incanto si redige processo verbale, che si deposita
immediatamente nella cancelleria. Art. 538 Nuovo incanto Quando una cosa messa
all'incanto resta invenduta, il cancelliere ne dà notizia alle parti. Se delle
cose invendute nessuno dei creditori chiede l'assegnazione per il prezzo
fissato a norma dell'articolo 535 secondo comma, il pretore ordina un nuovo
incanto nel quale è ammessa qualsiasi offerta. Art. 539 Vendita o assegnazione
degli oggetti d'oro e d'argento Gli oggetti d'oro e d'argento non possono in
nessun caso essere venduti per un prezzo inferiore al valore intrinseco. Se
restano invenduti, sono assegnati per tale valore ai creditori. Art. 540
Pagamento del prezzo e rivendita La vendita all'incanto si fa per contanti. Se
il prezzo non è pagato, si procede immediatamente a nuovo incanto, a spese e
sotto la responsabilità dell'aggiudicatario inadempiente. La somma ricavata
dalla vendita è immediatamente consegnata al cancelliere per essere depositata
con le forme dei depositi giudiziari. Sezione IV: DELLA DISTRIBUZIONE DELLA
SOMMA RICAVATA Art. 541 Distribuzione amichevole Se i creditori concorrenti
chiedono la distribuzione della somma ricavata secondo un piano concordato, il
pretore, sentito il debitore, provvede in conformità. Art. 542 Distribuzione
giudiziale Se i creditori non raggiungono l'accordo di cui all'articolo
precedente o il pretore non l'approva, ognuno di essi può chiedere che si
proceda alla distribuzione della somma ricavata. Il pretore, sentite le parti,
distribuisce la somma ricavata a norma degli articoli 510 e seguenti e ordina
il pagamento delle singole quote. Capo III: DELL'ESPROPRIAZIONE PRESSO TERZI
Sezione I: DEL PIGNORAMENTO E DELL'INTERVENTO Art. 543 Forma del pignoramento
Il pignoramento di crediti del debitore verso terzi o di cose del debitore che
sono in possesso di terzi, si esegue mediante atto notificato personalmente al
terzo e al debitore a norma degli articoli 137 e seguenti. L'atto deve
contenere, oltre all'ingiunzione al debitore di cui all'articolo 492: 1)
l'indicazione del credito per il quale si procede, del titolo esecutivo e del
precetto; 2) l'indicazione, almeno generica, delle cose o delle somme dovute e
l'intimazione al terzo di non disporne senza ordine di giudice; 3) la
dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel comune in cui ha sede
il pretore competente; 4) la citazione del terzo e del debitore a comparire
davanti al pretore del luogo di residenza del terzo, affinchè questi faccia la
dichiarazione di cui all'articolo 547 e il debitore sia presente alla
dichiarazione e agli atti ulteriori. Nell'indicare l'udienza di comparizione si
deve rispettare il termine previsto nell'articolo 501. L'ufficiale giudiziario,
che ha proceduto alla notificazione dell'atto, è tenuto a depositare
immediatamente l'originale nella cancelleria della pretura per la formazione
del fascicolo previsto nell'articolo 488. In tale fascicolo debbono essere
inseriti il titolo esecutivo e il precetto che il creditore pignorante deve
depositare in cancelleria al momento della costituzione prevista nell'articolo
314. Art. 544 Pegno o ipoteca a garanzia del credito pignorato Se il credito
pignorato è garantito da pegno, s'intima a chi detiene la cosa data in pegno di
non eseguirne la riconsegna senza ordine di giudice. Se il credito pignorato è
garantito da ipoteca, l'atto di pignoramento deve essere annotato nei libri
fondiari. Art. 545 Crediti impignorabili Non possono essere pignorati i crediti
alimentari, tranne che per causa di alimenti e sempre con l'autorizzazione del
pretore e per la parte da lui determinata mediante decreto. Non possono essere
pignorati crediti aventi per oggetto sussidi di grazia o di sostentamento a
persone comprese nell'elenco dei poveri, oppure sussidi dovuti per maternità,
malattie e funerali da casse di assicurazione, da enti di assistenza o da
istituti di beneficenza. Le somme dovute dai privati a titolo di stipendio, di
salario di altra indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego comprese
quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate per crediti
alimentari nella misura autorizzata dal pretore. Tali somme possono essere
pignorate nella misura di un quinto per i tributi dovuti allo Stato, alle
province e ai comuni, ed in eguale misura per ogni altro credito. Il
pignoramento per il simultaneo concorso delle cause indicate precedentemente
non può estendersi oltre la metà dell'ammontare delle somme predette. Restano
in ogni caso ferme le altre limitazioni contenute in speciali disposizioni di
legge. Art. 546 Obblighi del terzo Dal giorno in cui gli è notificato l'atto
previsto nell'articolo 543, il terzo è soggetto, relativamente alle cose e alle
somme da lui dovute, agli obblighi che la legge impone al custode. Art. 547
Dichiarazione del terzo Con dichiarazione all'udienza il terzo, personalmente o
a mezzo di mandatario speciale, deve specificare di quali cose o di quali somme
è debitore o si trova in possesso, e quando ne deve eseguire il pagamento o la
consegna. Deve altresì specificare i sequestri precedentemente eseguiti presso
di lui e le cessioni che gli sono state notificate o che ha accettato. Il
creditore pignorante deve chiamare nel processo il sequestrante nel termine
perentorio fissato dal giudice. Art. 548 Mancata o contestata dichiarazione del
terzo Se il terzo non comparisce all'udienza stabilita o, comparendo, rifiuta
di fare la dichiarazione, o se intorno a questa sorgono contestazioni, il
pretore, su istanza di parte, provvede all'istruzione della causa a norma del
libro secondo, se essa non eccede i limiti della sua competenza; altrimenti
rimette le parti davanti al tribunale competente, assegnando loro un termine
perentorio per la riassunzione. Se il terzo non fa la dichiarazione neppure nel
corso del giudizio di primo grado, può essere applicata nei suoi confronti la
disposizione dell'articolo 232 primo comma. Articolo così sostituito dal D.P.R.
17 ottobre 1950, n. 857. Art. 549 Accertamento dell'obbligo del terzo Con la
sentenza che definisce il giudizio di cui all'articolo precedente, il giudice,
se accerta l'esistenza del diritto del debitore nei confronti del terzo, fissa
alle parti un termine perentorio per la prosecuzione del processo esecutivo.
Art. 550 Pluralità di pignoramenti Il terzo deve indicare i pignoramenti che
sono stati eseguiti presso di lui. Se altri pignoramenti sono eseguiti dopo che
il terzo abbia fatto la sua dichiarazione, egli può limitarsi a richiamare la
dichiarazione precedente e i pignoramenti ai quali si riferiva. Si applicano le
disposizioni dell'articolo 524 secondo e terzo comma. Art. 551 Intervento
L'intervento di altri creditori è regolato a norma degli articoli 525 e
seguenti. Agli effetti di cui all'articolo 526 l'intervento non deve avere
luogo oltre la prima udienza di comparizione delle parti. Sezione II:
DELL'ASSEGNAZIONE E DELLA VENDITA Art. 552 Assegnazione e vendita di cose
dovute dal terzo Se il terzo si dichiara o è dichiarato possessore di cose
appartenenti al debitore, il pretore, sentite le parti, provvede per
l'assegnazione o la vendita delle cose mobili a norma degli articoli 529 e
seguenti, o per l'assegnazione dei crediti a norma dell'articolo seguente. Art.
553 Assegnazione e vendita di crediti Se il terzo si dichiara o è dichiarato
debitore di somme esigibili immediatamente o in termine non maggiore di novanta
giorni, il pretore le assegna in pagamento, salvo esazione ai creditori
concorrenti. Se le somme dovute dal terzo sono esigibili in termine maggiore, o
si tratta di censi o di rendite perpetue o temporanee, e i creditori non ne
chiedano d'accordo l'assegnazione, si applicano le regole richiamate
nell'articolo precedente per la vendita di cose mobili. Il valore delle rendite
perpetue e dei censi, quando sono assegnati ai creditori, deve essere ragguagliato
in ragione di cento lire di capitale per cinque lire di rendita. Art. 554 Pegno
o ipoteca a garanzia del credito assegnato Se il credito assegnato o venduto è
garantito da pegno, il pretore dispone che la cosa data in pegno sia affidata
all'assegnatario o aggiudicatario del credito oppure ad un terzo che designa,
sentite le parti. Se il credito assegnato o venduto è garantito da ipoteca, il
provvedimento di assegnazione o l'atto di vendita va annotato nei libri
fondiari. Capo IV: DELL'ESPROPRIAZIONE IMMOBILIARE Sezione I: DEL PIGNORAMENTO
Art. 555 Forma del pignoramento Il pignoramento immobiliare si esegue mediante
notificazione al debitore e successiva trascrizione di un atto nel quale gli si
indicano esattamente, con gli estremi richiesti dal codice civile per la
individuazione dell'immobile ipotecato, i beni e i diritti immobiliari che si
intendono sottoporre a esecuzione, e gli si fa l'ingiunzione prevista
nell'articolo 492. Immediatamente dopo la notificazione l'ufficiale giudiziario
consegna copia autentica dell'atto con le note di trascrizione al competente
conservatore dei registri immobiliari, che trascrive l'atto e gli restituisce
una delle note. Le attività previste nel comma precedente possono essere
compiute anche dal creditore pignorante, al quale l'ufficiale giudiziario, se
richiesto, deve consegnare gli atti di cui sopra. Art. 556 Espropriazione di
mobili insieme con immobili Il creditore può fare pignorare insieme
coll'immobile anche i mobili che lo arredano, quando appare opportuno che
l'espropriazione avvenga unitariamente. In tal caso l'ufficiale giudiziario
forma atti separati per l'immobile e per i mobili, ma li deposita insieme nella
cancelleria del tribunale. Art. 557 Deposito dell'atto di pignoramento
L'ufficiale giudiziario che ha eseguito il pignoramento deve depositare
immediatamente nella cancelleria del tribunale competente per l'esecuzione
l'atto di pignoramento e, appena possibile, la nota di trascrizione
restituitagli dal conservatore dei registri immobiliari. Il creditore
pignorante deve depositare il titolo esecutivo e il precetto entro cinque
giorni dal pignoramento e, nell'ipotesi di cui all'articolo 555 ultimo comma,
la nota di trascrizione appena restituitagli dal conservatore dei registri
immobiliari. Il cancelliere al momento del deposito dell'atto di pignoramento
forma il fascicolo dell'esecuzione. Art. 558 Limitazione dell'espropriazione Se
un creditore ipotecario estende il pignoramento a immobili non ipotecati a suo
favore, il giudice dell'esecuzione può applicare il disposto dell'articolo 496,
oppure può sospenderne la vendita fino al compimento di quella relativa agli
immobili ipotecati. Art. 559 Custodia dei beni pignorati Col pignoramento il
debitore è costituito custode dei beni pignorati e di tutti gli accessori
compresi le pertinenze e i frutti, senza diritto a compenso. Su istanza del
creditore pignorante o di un creditore intervenuto, il giudice dell'esecuzione,
sentito il debitore, può nominare custode una persona diversa dallo stesso
debitore. Art. 560 Modo della custodia Il debitore e il terzo nominato custode
debbono rendere il conto a norma dell'articolo 593. Ad essi è fatto divieto di
dare in locazione l'immobile pignorato se non sono autorizzati dal giudice
dell'esecuzione. Con l'autorizzazione del giudice il debitore può continuare ad
abitare nell'immobile pignorato, occupando i locali strettamente necessari a
lui e alla sua famiglia. Se il debitore dimostra di non avere altri mezzi di
sostentamento, il giudice può anche concedergli un assegno alimentare sulle
rendite, nei limiti dello stretto necessario. Art. 561 Pignoramento successivo
Il conservatore dei registri immobiliari, se nel trascrivere un atto di
pignoramento trova che sugli stessi beni è stato eseguito un altro
pignoramento, ne fa menzione nella nota di trascrizione che restituisce. L'atto
di pignoramento con gli altri documenti indicati nell'articolo 557 è depositato
in cancelleria e inserito nel fascicolo formato in base al primo pignoramento,
se quello successivo è compiuto anteriormente all'udienza prevista
nell'articolo 563 secondo comma. In tal caso l'esecuzione si svolge in unico
processo. Se il pignoramento successivo è compiuto dopo l'udienza di cui sopra,
si applica l'articolo 524 ultimo comma. Art. 562 Inefficacia del pignoramento e
cancellazione della trascrizione Se il pignoramento diviene inefficace per il
decorso del termine previsto nell'articolo 497, il giudice dell'esecuzione con
l'ordinanza di cui all'articolo 630 dispone che sia cancellata la trascrizione.
Il conservatore dei registri immobiliari provvede alla cancellazione su
presentazione dell'ordinanza. Sezione II: DELL'INTERVENTO DEI CREDITORI Art.
563 Condizioni e tempo dell'intervento Possono intervenire a norma
dell'articolo 499 tutti coloro che nei confronti del debitore hanno un credito,
anche se sottoposto a termine o a condizione. Per gli effetti di cui
all'articolo seguente l'intervento deve avere luogo non oltre la prima udienza
fissata per l'autorizzazione della vendita. Art. 564 Facoltà dei creditori intervenuti
I creditori intervenuti a norma del secondo comma dell'articolo precedente
partecipano all'espropriazione dell'immobile pignorato e, se muniti di titolo
esecutivo, possono provocarne i singoli atti. Art. 565 Intervento tardivo I
creditori chirografari che intervengono oltre l'udienza indicata nell'articolo
563 secondo comma, ma prima di quella prevista nell'articolo 596, concorrono
alla distribuzione di quella parte della somma ricavata che sopravanza dopo
soddisfatti i diritti del creditore pignorante e di quelli intervenuti in
precedenza e a norma dell'articolo seguente. Art. 566 Intervento dei creditori
iscritti e privilegiati I creditori iscritti e i privilegiati che intervengono
oltre l'udienza indicata nell'articolo 563 secondo comma, ma prima di quella
prevista nell'articolo 596, concorrono alla distribuzione della somma ricavata
in ragione dei loro diritti di prelazione, e, quando sono muniti di titolo
esecutivo, possono provocare atti dell'espropriazione. Sezione III: DELLA
VENDITA E DELLA ASSEGNAZIONE § 1: DISPOSIZIONI GENERALI Art. 567 Istanza di
vendita Decorso il termine di cui all'articolo 501, il creditore pignorante e
ognuno dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo possono chiedere la
vendita dell'immobile pignorato. Al ricorso si debbono unire l'estratto del
catasto e delle mappe censuarie, i certificati delle iscrizioni e trascrizioni
relative all'immobile pignorato e il certificato del tributo diretto verso lo
Stato. Art. 568 Determinazione del valore dell'immobile Agli effetti
dell'espropriazione il valore dell'immobile si determina a norma dell'articolo
15 primo comma. Per il diritto del direttario, il valore, agli effetti
indicati, si determina in base agli otto decimi di quello calcolato a norma
dell'articolo 13 ultimo comma. Se il bene non è soggetto a tributo diretto
verso lo Stato o se per qualsiasi ragione il giudice ritiene che il valore
determinato a norma delle disposizioni precedenti sia manifestamente
inadeguato, il valore è determinato dal giudice stesso sulla base degli
elementi forniti dalle parti e di quelli che gli può fornire un esperto da lui
nominato. Art. 569 Provvedimento per l'autorizzazione della vendita Sulla
istanza di cui all'articolo 567 il giudice dell'esecuzione fissa l'udienza per
l'audizione delle parti e dei creditori di cui all'articolo 498 che non siano
intervenuti. All'udienza le parti possono fare osservazioni circa il tempo e le
modalità della vendita e debbono proporre, a pena di decadenza, le opposizioni
agli atti esecutivi, se non sono già decadute dal diritto di proporle. Se non
vi sono opposizioni o se su di esse si raggiunge l'accordo delle parti
comparse, il giudice dispone con ordinanza la vendita, la quale si fa a norma
degli articoli seguenti, se egli non ritiene opportuno che si svolga col
sistema dell'incanto. Se vi sono opposizioni il tribunale le decide con
sentenza e quindi il giudice dell'esecuzione dispone la vendita con ordinanza.
Con la medesima ordinanza il giudice fissa il termine entro il quale essa deve
essere notificata, a cura del creditore che ha chiesto la vendita o di un altro
autorizzato, ai creditori di cui all'articolo 498 che non sono comparsi. § 2:
VENDITA SENZA INCANTO Art. 570 Avviso della vendita Dell'ordine di vendita è
dato dal cancelliere, a norma dell'articolo 490, pubblico avviso contenente
l'indicazione del debitore, degli estremi previsti nell'articolo 555 e del
valore dell'immobile determinato a norma dell'articolo 568, con l'avvertimento
che maggiori informazioni possono essere fornite dalla cancelleria del
tribunale. Art. 571 Offerte d'acquisto Ognuno, tranne il debitore, è ammesso a
offrire per l'acquisto dell'immobile pignorato personalmente o a mezzo di
procuratore legale anche a norma dell'articolo 579 ultimo comma. L'offerente
deve presentare nella cancelleria dichiarazione contenente la indicazione del
prezzo, del tempo e modo del pagamento e ogni altro elemento utile alla
valutazione dell'offerta. Se un termine più lungo non è fissato dall'offerente,
l'offerta non può essere revocata prima di venti giorni. L'offerta non è
efficace se è inferiore al prezzo determinato a norma dell'articolo 568 e se
l'offerente non presta cauzione in misura non inferiore al decimo del prezzo da
lui proposto. Art. 572 Deliberazione sull'offerta Sull'offerta il giudice
dell'esecuzione sente le parti e i creditori iscritti non intervenuti. Se
l'offerta non supera di almeno un quarto il valore dell'immobile determinato a
norma dell'articolo 568, è sufficiente il dissenso di un creditore intervenuto
a farla respingere. Se supera questo limite, il giudice può fare luogo alla
vendita, quando ritiene che non vi è seria probabilità di migliore vendita
all'incanto. Si applica anche in questo caso la disposizione dell'articolo 577.
Art. 573 Gara tra gli offerenti Se vi sono più offerte, il giudice
dell'esecuzione convoca gli offerenti e li invita a una gara sull'offerta più
alta. Se la gara non può aver luogo per mancanza di adesione degli offerenti,
il giudice può disporre la vendita a favore del maggiore offerente oppure ordinare
l'incanto. Art. 574 Provvedimenti relativi alla vendita Il giudice
dell'esecuzione, quando fa luogo alla vendita, dispone con decreto il modo del
versamento del prezzo e il termine, dalla comunicazione del decreto, entro il
quale il versamento deve farsi, e, quando questo è avvenuto, pronuncia il
decreto previsto nell'articolo 586. Si applica anche a questa forma di vendita
la disposizione dell'articolo 583. Se il prezzo non è depositato a norma del
decreto di cui al primo comma, il giudice provvede a norma dell'articolo 587.
Art. 575 Termine delle offerte senza incanto Se il decreto di cui al primo
comma dell'articolo precedente non è pronunciato entro due mesi dalla
pubblicazione dell'avviso previsto nell'articolo 570, il giudice
dell'esecuzione ordina l'incanto. Su istanza del creditore pignorante o di un
creditore intervenuto il giudice può prorogare tale termine fino a quattro
mesi. § 3: VENDITA CON INCANTO Art. 576 Contenuto del provvedimento che dispone
la vendita Il giudice dell'esecuzione, quando ordina l'incanto, stabilisce,
sentito quando occorre un esperto: 1) se la vendita si deve fare in uno o più
lotti; 2) il prezzo base dell'incanto determinato a norma dell'articolo 568; 3)
il giorno e l'ora dell'incanto; 4) il termine che deve decorrere tra il
compimento delle forme di pubblicità e l'incanto, nonchè le eventuali forme di
pubblicità straordinaria a norma dell'articolo 490 ultimo comma; 5) l'ammontare
della cauzione e il termine entro il quale deve essere prestata dagli
offerenti; 6) la misura minima dell'aumento da apportarsi alle offerte; 7) il
termine, non superiore a sessanta giorni dall'aggiudicazione, entro il quale il
prezzo deve essere depositato e le modalità del deposito. L'ordinanza è
pubblicata a cura del cancelliere. Art. 577 Indivisibilità dei fondi La
divisione in lotti non può essere disposta se l'immobile costituisce un'unità
colturale o se il frazionamento ne potrebbe impedire la razionale coltivazione.
Art. 578 Delega a compiere la vendita Se una parte dei beni pignorati è situata
nella circoscrizione di altro tribunale, con l'ordinanza che dispone la vendita
il giudice dell'esecuzione può stabilire che l'incanto avvenga, per quella
parte, davanti al tribunale del luogo in cui è situata. In tal caso, copia
dell'ordinanza è trasmessa dal cancelliere al presidente del tribunale
delegato, il quale nomina un giudice per l'esecuzione della vendita. Art. 579
Persone ammesse agli incanti Salvo quanto è disposto nell'articolo seguente,
ognuno, eccetto il debitore, è ammesso a fare offerte all'incanto. Le offerte
debbono essere fatte personalmente o a mezzo di mandatario munito di procura
speciale. I procuratori legali possono fare offerte per persone da nominare.
Art. 580 Prestazione della cauzione Per offrire all'incanto è necessario avere
prestato la cauzione a norma dell'ordinanza di cui all'articolo 576, e avere
depositato in cancelleria l'ammontare approssimativo delle spese di vendita. Se
l'offerente non diviene aggiudicatario, la cauzione e il deposito per le spese
gli vengono restituiti dopo la chiusura dell'incanto. Art. 581 Modalità
dell'incanto L'incanto ha luogo davanti al giudice dell'esecuzione, nella sala
delle udienze pubbliche, col sistema della candela vergine. Le offerte non sono
efficaci se non superano il prezzo base o l'offerta precedente nella misura
indicata nelle condizioni di vendita. Subito dopo ciascuna offerta si accendono
successivamente fino a tre candele che durino ciascuna un minuto circa. Quando
la terza candela si è spenta senza che sia fatta una maggiore offerta,
l'immobile è aggiudicato all'ultimo offerente. Ogni offerente cessa di essere
tenuto per la sua offerta quando essa è superata da un'altra, anche se poi
questa è dichiarata nulla. Art. 582 Dichiarazione di residenza o elezione di
domicilio dell'aggiudicatario L'aggiudicatario deve dichiarare la propria
residenza o eleggere domicilio nel comune in cui ha sede il giudice che ha
proceduto alla vendita. In mancanza le notificazioni e comunicazioni possono
essergli fatte presso la cancelleria del giudice stesso. Art. 583
Aggiudicazione per persona da nominare Il procuratore legale, che è rimasto
aggiudicatario per persona da nominare, deve dichiarare in cancelleria nei tre
giorni dall'incanto il nome della persona per la quale ha fatto l'offerta, depositando
il mandato. In mancanza, l'aggiudicazione diviene definitiva al nome del
procuratore. Art. 584 Offerte dopo l'incanto Avvenuto l'incanto, possono ancora
essere fatte offerte di acquisto entro il termine di dieci giorni, ma non sono
efficaci se il prezzo offerto non supera di un sesto quello raggiunto
nell'incanto. Tali offerte si fanno a norma dell'articolo 571 e, prima di
procedere alla gara di cui all'articolo 573, il cancelliere dà pubblico avviso
dell'offerta più alta a norma dell'articolo 570. Art. 585 Versamento del prezzo
L'aggiudicatario deve versare il prezzo nel termine e nel modo fissati
dall'ordinanza che dispone la vendita a norma dell'articolo 576, e consegnare
al cancelliere il documento comprovante l'avvenuto versamento. Se l'immobile è
stato aggiudicato a un creditore ipotecario o l'aggiudicatario è stato
autorizzato ad assumersi un debito garantito da ipoteca, il giudice
dell'esecuzione può limitare, con suo decreto, il versamento alla parte del
prezzo occorrente per le spese e per la soddisfazione degli altri creditori che
potranno risultare capienti. Art. 586 Trasferimento del bene espropriato
Avvenuto il versamento del prezzo, il giudice dell'esecuzione può sospendere la
vendita quando ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a
quello giusto, ovvero pronunciare decreto col quale trasferisce
all'aggiudicatario il bene espropriato, ripetendo la descrizione contenuta
nell'ordinanza che dispone la vendita e ordinando che si cancellino le
trascrizioni dei pignoramenti e le iscrizioni ipotecarie, se queste ultime non
si riferiscono ad obbligazioni assuntesi dall'aggiudicatario a norma
dell'articolo 508 (1). Il decreto contiene altresì l'ingiunzione al debitore o
al custode di rilasciare l'immobile venduto. Esso costituisce titolo per la
trascrizione della vendita sui libri fondiari e titolo esecutivo per il
rilascio. (1) Comma così modificato dall'art. 19 bis, D.L. 13 maggio 1991, n.
152. Art. 587 Inadempienza dell'aggiudicatario Se il prezzo non è depositato
nel termine stabilito, il giudice dell'esecuzione con decreto dichiara la
decadenza dell'aggiudicatario, pronuncia la perdita della cauzione a titolo di
multa e quindi dispone un nuovo incanto. Per il nuovo incanto si procede a
norma degli articoli 576 e seguenti. Se il prezzo che se ne ricava, unito alla
cauzione confiscata, risulta inferiore a quello dell'incanto precedente,
l'aggiudicatario inadempiente è tenuto al pagamento della differenza. Art. 588
Esito negativo dell'incanto Se la vendita all'incanto non ha luogo per mancanza
di offerte, ogni creditore nel termine di dieci giorni può fare istanza di
assegnazione a norma dell'articolo seguente. Art. 589 Istanza di assegnazione
L'istanza di assegnazione deve contenere l'offerta di pagamento di una somma
non inferiore a quella prevista nell'articolo 506 e al prezzo determinato a
norma dell'articolo 568. Art. 590 Provvedimento di assegnazione Decorsi dieci
giorni da quello dell'incanto andato deserto, il giudice dell'esecuzione
dispone l'audizione delle parti e dei creditori iscritti non intervenuti.
All'udienza il giudice, se vi sono domande di assegnazione, provvede su di
esse, fissando il termine entro il quale l'assegnatario deve versare
l'eventuale conguaglio. Avvenuto il versamento, il giudice pronuncia il decreto
di trasferimento a norma dell'articolo 586. Art. 591 Provvedimento di
amministrazione giudiziaria o di nuovo incanto All'udienza di cui all'articolo
precedente il giudice dell'esecuzione, se non vi sono domande di assegnazione o
se non crede di accoglierle, dispone l'amministrazione giudiziaria a norma
degli articoli 592 e seguenti, oppure ordina che si proceda a nuovo incanto. In
quest'ultimo caso, il giudice può stabilire diverse condizioni di vendita e
diverse forme di pubblicità, fissando un prezzo base inferiore di un quinto a
quello precedente. Sezione IV: DELL'AMMINISTRAZIONE GIUDIZIARIA Art. 592 Nomina
dell'amministratore giudiziario L'amministrazione giudiziaria dell'immobile è
disposta per un tempo non superiore a tre anni e affidata a uno o più creditori
o a un istituto all'uopo autorizzato, oppure allo stesso debitore se tutti i
creditori vi consentono. All'amministratore si applica il disposto degli
articoli 65 e seguenti. Art. 593 Rendiconto L'amministratore, nel termine
fissato dal giudice dell'esecuzione, e in ogni caso alla fine di ciascun
trimestre, deve presentare in cancelleria il conto della sua gestione e
depositare le rendite disponibili nei modi stabiliti dal giudice. Al termine
della gestione l'amministratore deve presentare il rendiconto finale. I conti
parziali e quello finale debbono essere approvati dal giudice. Questi, con
ordinanza non impugnabile, risolve le contestazioni che sorgono in merito ad
essi, applicando le disposizioni degli articoli 263 e seguenti. Art. 594
Assegnazione delle rendite Durante il corso dell'amministrazione giudiziaria,
il giudice dell'esecuzione può disporre che le rendite riscosse siano assegnate
ai creditori secondo le norme degli articoli 596 e seguenti. Art. 595
Cessazione dell'amministrazione giudiziaria In ogni momento il creditore
pignorante o uno dei creditori intervenuti può chiedere che il giudice
dell'esecuzione, sentite le altre parti, proceda a nuovo incanto o
all'assegnazione dell'immobile. Durante l'amministrazione giudiziaria ognuno
può fare offerta di acquisto a norma degli articoli 571 e seguenti.
L'amministrazione cessa, e deve essere ordinato un nuovo incanto, quando viene
a scadere il termine previsto nell'ordinanza di cui all'articolo 592, tranne
che il giudice, su richiesta di tutte le parti, non ritenga di poter concedere
una o più proroghe che non prolunghino complessivamente l'amministrazione oltre
i tre anni. Sezione V: DELLA DISTRIBUZIONE DELLA SOMMA RICAVATA Art. 596
Formazione del progetto di distribuzione Se non si può provvedere a norma
dell'articolo 510 primo comma, il giudice dell'esecuzione, non più tardi di
trenta giorni dal versamento del prezzo, provvede a formare un progetto di
distribuzione contenente la graduazione dei creditori che vi partecipano, e lo
deposita in cancelleria affinchè possa essere consultato dai creditori e dal
debitore, fissando l'udienza per la loro audizione. Tra la comunicazione
dell'invito e l'udienza debbono intercorrere almeno dieci giorni. Art. 597
Mancata comparizione La mancata comparizione alla prima udienza e in quella
fissata a norma dell'articolo 485 ultimo comma importa approvazione del
progetto per gli effetti di cui all'articolo seguente. Art. 598 Approvazione
del progetto Se il progetto è approvato o si raggiunge l'accordo tra tutte le
parti, se ne dà atto nel processo verbale e il giudice dell'esecuzione ordina
il pagamento delle singole quote, altrimenti si applica la disposizione
dell'articolo 512. Capo V: DELL'ESPROPRIAZIONE DI BENI INDIVISI Art. 599
Pignoramento Possono essere pignorati i beni indivisi anche quando non tutti i
comproprietari sono obbligati verso il creditore. In tal caso del pignoramento
è notificato avviso, a cura del creditore pignorante, anche agli altri
comproprietari, ai quali è fatto divieto di lasciare separare dal debitore la
sua parte delle cose comuni senza ordine di giudice. Art. 600 Convocazione dei
comproprietari Il giudice dell'esecuzione, su istanza del creditore pignorante
o dei comproprietari e sentiti tutti gli interessati, provvede, quando è possibile,
alla separazione della quota in natura spettante al debitore. Se la separazione
non è possibile, può ordinare la vendita della quota indivisa o disporre che si
proceda alla divisione a norma del codice civile. Art. 601 Divisione Se si deve
procedere alla divisione, l'esecuzione è sospesa finchè sulla divisione stessa
non sia intervenuto un accordo fra le parti o pronunciata una sentenza avente i
requisiti di cui all'articolo 627. Avvenuta la divisione, la vendita o
l'assegnazione dei beni attribuiti al debitore ha luogo secondo le norme
contenute nei capi precedenti. Capo VI: DELL'ESPROPRIAZIONE CONTRO IL TERZO
PROPRIETARIO Art. 602 Modo dell'espropriazione Quando oggetto
dell'espropriazione è un bene gravato da pegno o da ipoteca per un debito altrui,
oppure un bene la cui alienazione da parte del debitore è stata revocata per
frode, si applicano le disposizioni contenute nei capi precedenti, in quanto
non siano modificate dagli articoli che seguono. Art. 603 Notificazione del
titolo esecutivo e del precetto Il titolo esecutivo e il precetto debbono
essere notificati anche al terzo. Nel precetto deve essere fatta espressa
menzione del bene del terzo che si intende espropriare. Art. 604 Disposizioni
particolari Il pignoramento e in generale gli atti d'espropriazione si compiono
nei confronti del terzo, al quale si applicano tutte le disposizioni relative
al debitore, tranne il divieto di cui all'articolo 579 primo comma. Ogni volta
che a norma dei capi precedenti deve essere sentito il debitore, è sentito
anche il terzo. Titolo III: DELL'ESECUZIONE PER CONSEGNA O RILASCIO Art. 605
Precetto per consegna o rilascio Il precetto per consegna di beni mobili o
rilascio di beni immobili deve contenere, oltre le indicazioni di cui
all'articolo 480, anche la descrizione sommaria dei beni stessi. Se il titolo
esecutivo dispone circa il termine della consegna o del rilascio, l'intimazione
va fatta con riferimento a tale termine. Art. 606 Modo della consegna Decorso
il termine indicato nel precetto, l'ufficiale giudiziario, munito del titolo
esecutivo e del precetto, si reca sul luogo in cui le cose si trovano e le
ricerca a norma dell'articolo 513; quindi ne fa consegna alla parte istante o a
persona da lei designata. Art. 607 Cose pignorate Se le cose da consegnare sono
pignorate, la consegna non può avere luogo, e la parte istante deve fare valere
le sue ragioni mediante opposizione a norma degli articoli 619 e seguenti. Art.
608 Modo del rilascio L'ufficiale giudiziario comunica almeno tre giorni prima
alla parte, che è tenuta a rilasciare l'immobile, il giorno e l'ora in cui
procederà. Nel giorno e nell'ora stabiliti, l'ufficiale giudiziario, munito del
titolo esecutivo e del precetto, si reca sul luogo dell'esecuzione e, facendo
uso, quando occorre, dei poteri a lui consentiti dall'articolo 513, immette la
parte istante o una persona da lei designata nel possesso dell'immobile, del
quale le consegna le chiavi, ingiungendo agli eventuali detentori di
riconoscere il nuovo possessore. Art. 609 Provvedimenti circa i mobili estranei
all'esecuzione Se nell'immobile si trovano cose mobili appartenenti alla parte
tenuta al rilascio e che non debbono essere consegnate, l'ufficiale
giudiziario, se la stessa parte non le asporta immediatamente, può disporne la
custodia sul posto anche a cura della parte istante, se consente di custodirle,
o il trasporto in altro luogo. Se le cose sono pignorate o sequestrate,
l'ufficiale giudiziario dà immediatamente notizia dell'avvenuto rilascio al
creditore su istanza del quale fu eseguito il pignoramento o il sequestro, e al
pretore per l'eventuale sostituzione del custode. Art. 610 Provvedimenti
temporanei Se nel corso dell'esecuzione sorgono difficoltà che non ammettono
dilazione, ciascuna parte può chiedere al pretore, anche verbalmente, i
provvedimenti temporanei occorrenti. Titolo IV: DELL'ESECUZIONE FORZATA DI
OBBLIGHI DI FARE O DI NON FARE Art. 612 Provvedimento Chi intende ottenere
l'esecuzione forzata di una sentenza di condanna per violazione di un obbligo
di fare o di non fare, dopo la notificazione del precetto, deve chiedere con
ricorso al pretore che siano determinate le modalità dell'esecuzione. Il
pretore provvede sentita la parte obbligata. Nella sua ordinanza designa
l'ufficiale giudiziario che deve procedere all'esecuzione e le persone che
debbono provvedere al compimento dell'opera non eseguita o alla distruzione di
quella compiuta. Art. 613 Difficoltà sorte nel corso dell'esecuzione
L'ufficiale giudiziario può farsi assistere dalla forza pubblica e deve
chiedere al pretore le opportune disposizioni per eliminare le difficoltà che
sorgono nel corso dell'esecuzione. Il pretore provvede con decreto. Art. 614
Rimborso delle spese Al termine dell'esecuzione o nel corso di essa, la parte
istante presenta al pretore la nota delle spese anticipate vistata
dall'ufficiale giudiziario con domanda di decreto d'ingiunzione. Il pretore,
quando riconosce giustificate le spese denunciate, provvede con decreto a norma
dell'articolo 642. Titolo V: DELLE OPPOSIZIONI Capo I: DELLE OPPOSIZIONI DEL
DEBITORE E DEL TERZO ASSOGGETTATO ALL'ESECUZIONE Sezione I:DELLE OPPOSIZIONI
ALL'ESECUZIONE Art. 615 Forma dell'opposizione Quando si contesta il diritto
della parte istante a procedere ad esecuzione forzata e questa non è ancora
iniziata, si può proporre opposizione al precetto con citazione davanti al
giudice competente per materia o valore e per territorio a norma dell'articolo
27. Quando è iniziata l'esecuzione, l'opposizione di cui al comma precedente e
quella che riguarda la pignorabilità dei beni si propongono con ricorso al
giudice dell'esecuzione stessa. Questi fissa con decreto l'udienza di
comparizione delle parti davanti a sè e il termine perentorio per la
notificazione del ricorso e del decreto. Art. 616 Provvedimenti del giudice
dell'esecuzione Se competente per la causa è l'ufficio giudiziario al quale
appartiene il giudice dell'esecuzione, questi provvede all'istruzione a norma
degli articoli 175 e seguenti; altrimenti rimette le parti davanti all'ufficio
giudiziario competente per valore, assegnando un termine perentorio per la
riassunzione della causa. Sezione II: DELLE OPPOSIZIONI AGLI ATTI ESECUTIVI
Art. 617 Forma dell'opposizione Le opposizioni relative alla regolarità formale
del titolo esecutivo e del precetto si propongono, prima che sia iniziata
l'esecuzione, davanti al giudice indicato nell'articolo 480 terzo comma, con
atto di citazione da notificarsi nel termine perentorio di cinque giorni dalla
notificazione del titolo esecutivo o del precetto. Le opposizioni di cui al
comma precedente che sia stato impossibile proporre prima dell'inizio
dell'esecuzione e quelle relative alla notificazione del titolo esecutivo e del
precetto e ai singoli atti di esecuzione si propongono con ricorso al giudice
dell'esecuzione nel termine perentorio di cinque giorni dal primo atto di
esecuzione, se riguardano il titolo esecutivo o il precetto, oppure dal giorno
in cui i singoli atti furono compiuti. Art. 618 Provvedimenti del giudice
dell'esecuzione Il giudice dell'esecuzione fissa con decreto l'udienza di
comparizione delle parti davanti a sè e il termine perentorio per la
notificazione del ricorso e del decreto, e dà, nei casi urgenti, i
provvedimenti opportuni. All'udienza dà con ordinanza i provvedimenti che
ritiene indilazionabili e provvede a norma degli articoli 175 e seguenti
all'istruzione della causa, che è poi decisa dal collegio con sentenza non
impugnabile. Sono altresì non impugnabili le sentenze pronunciate a norma
dell'articolo precedente primo comma. Sezione III: OPPOSIZIONE IN MATERIA DI
LAVORO, DI PREVIDENZA E DI ASSISTENZA Art. 618 bis Procedimento Per le materie
trattate nei Capi I e II del titolo IV del libro secondo, le opposizioni
all'esecuzione e agli atti esecutivi sono disciplinate dalle norme previste per
le controversie individuali di lavoro in quanto applicabili. Resta ferma la
competenza del giudice dell'esecuzione nei casi previsti dal secondo comma
dell'art. 615 e dal secondo comma dell'art. 617. Sezione e articolo aggiunti
dall'art. 3, L. 13 agosto 1973, n. 533. Capo II: DELLE OPPOSIZIONI DI TERZI
Art. 619 Forma dell'opposizione Il terzo che pretende avere la proprietà o
altro diritto reale sui beni pignorati può proporre opposizione con ricorso al
giudice dell'esecuzione, prima che sia disposta la vendita o l'assegnazione dei
beni. Il giudice fissa con decreto l'udienza di comparizione delle parti
davanti a sè e il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del
decreto. Se all'udienza le parti non raggiungono un accordo, il giudice, quando
è competente l'ufficio giudiziario al quale appartiene, provvede all'istruzione
della causa a norma degli articoli 175 e seguenti; altrimenti fissa
all'opponente un termine perentorio per la riassunzione della causa davanti
all'ufficio giudiziario competente per valore. Art. 620 Opposizione tardiva Se
in seguito alla opposizione il giudice non sospende la vendita dei beni mobili
o se l'opposizione è proposta dopo la vendita stessa, i diritti del terzo si
fanno valere sulla somma ricavata. Art. 621 Limiti della prova testimoniale Il
terzo opponente non può provare con testimoni il suo diritto sui beni mobili
pignorati nella casa o nell'azienda del debitore, tranne che l'esistenza del
diritto stesso sia resa verosimile dalla professione o dal commercio esercitati
dal terzo o dal debitore. Art. 622 Opposizione della moglie del debitore
L'opposizione non può essere proposta dalla moglie convivente col debitore,
relativamente ai beni mobili pignorati nella casa di lui, tranne che per i beni
dotali o per i beni che essa provi, con atto di data certa, esserle appartenuti
prima del matrimonio o esserle pervenuti per donazione o successione a causa di
morte. La Corte costituzionale, con sentenza 15 dicembre 1967, n. 143, ha
dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo. Titolo VI:
DELLA SOSPENSIONE E DELL'ESTINZIONE DEL PROCESSO Capo I: DELLA SOSPENSIONE DEL
PROCESSO Art. 623 Limiti della sospensione Salvo che la sospensione sia
disposta dalla legge o dal giudice davanti al quale è impugnato il titolo
esecutivo, l'esecuzione forzata non può essere sospesa che con provvedimento
del giudice dell'esecuzione. Art. 624 Sospensione per opposizione
all'esecuzione Se è proposta opposizione all'esecuzione a norma degli articoli
615 secondo comma e 619, il giudice dell'esecuzione, concorrendo gravi motivi,
sospende, su istanza di parte, il processo con cauzione o senza. Il giudice
sospende totalmente o parzialmente la distribuzione della somma ricavata quando
sorge una delle controversie previste nell'articolo 512. Art. 625 Procedimento
Sull'istanza per la sospensione del processo di cui all'articolo precedente, il
giudice dell'esecuzione provvede con ordinanza, sentite le parti. Nei casi
urgenti, il giudice può disporre la sospensione con decreto, nel quale fissa
l'udienza di comparizione delle parti. Alla udienza provvede con ordinanza.
Art. 626 Effetti della sospensione Quando il processo è sospeso, nessun atto
esecutivo può essere compiuto, salvo diversa disposizione del giudice
dell'esecuzione. Art. 627 Riassunzione Il processo esecutivo deve essere
riassunto con ricorso nel termine perentorio fissato dal giudice
dell'esecuzione e, in ogni caso, non più tardi di sei mesi dal passaggio in
giudicato della sentenza di primo grado o dalla comunicazione della sentenza
d'appello che rigetta l'opposizione. Articolo così sostituito dalla L. 14
luglio 1950, n. 581. Art. 628 Sospensione del termine di efficacia del
pignoramento La opposizione ai singoli atti esecutivi sospende il decorso del
termine previsto nell'articolo 497. Capo II: DELL'ESTINZIONE DEL PROCESSO Art.
629 Rinuncia Il processo si estingue se, prima dell'aggiudicazione o
dell'assegnazione, il creditore pignorante e quelli intervenuti muniti di
titolo esecutivo rinunciano agli atti. Dopo la vendita il processo si estingue
se rinunciano agli atti tutti i creditori concorrenti. In quanto possibile, si
applicano le disposizioni dell'articolo 306. Art. 630 Inattività delle parti
Oltre che nei casi espressamente previsti dalla legge, il processo esecutivo si
estingue quando le parti non lo proseguono o non lo riassumono nel termine
perentorio stabilito dalla legge o dal giudice. L'estinzione opera di diritto,
ma deve essere eccepita dalla parte interessata prima di ogni altra sua difesa,
salvo il disposto dell'articolo successivo. L'estinzione è dichiarata con
ordinanza del giudice dell'esecuzione, la quale è comunicata a cura del
cancelliere, se è pronunciata fuori dall'udienza. Contro l'ordinanza che
dichiara l'estinzione ovvero rigetta l'eccezione relativa è ammesso reclamo con
l'osservanza delle forme di cui all'articolo 178 terzo, quarto e quinto comma.
Il collegio provvede in camera di consiglio con sentenza (1). Articolo così
sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 847. (1) La Corte costituzionale, con
sentenza 17 dicembre 1981, n. 195, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale
del presente comma nella parte in cui non estende, in relazione all'art. 629
c.p.c., il reclamo previsto dall'art. 630, ultimo comma, all'ordinanza del
giudice dell'esecuzione dichiarativa dell'estinzione del processo esecutivo per
rinuncia agli atti. Art. 631 Mancata comparizione all'udienza Se nel corso del
processo esecutivo nessuna delle parti si presenta all'udienza, il giudice
dell'esecuzione fissa una udienza successiva di cui il cancelliere dà comunicazione
alle parti. Se nessuna delle parti si presenta alla nuova udienza, il giudice
dichiara con ordinanza l'estinzione del processo esecutivo. Si applica l'ultimo
comma dell'articolo precedente. Articolo così sostituito dal D.P.R. 17 ottobre
1950, n. 847. Art. 632 Effetti dell'estinzione del processo Se l'estinzione del
processo esecutivo si verifica prima dell'aggiudicazione o dell'assegnazione,
essa rende inefficaci gli atti compiuti; se avviene dopo l'aggiudicazione o
l'assegnazione, la somma ricavata è consegnata al debitore. Avvenuta
l'estinzione del processo, il custode rende al debitore il conto, che è
discusso e chiuso davanti al giudice della esecuzione. Si applica la
disposizione dell'articolo 310 ultimo comma. Libro Quarto DEI PROCEDIMENTI SPECIALI
Titolo I: DEI PROCEDIMENTI SOMMARI Capo I: DEL PROCEDIMENTO DI INGIUNZIONE Art.
633 Condizioni di ammissibilità Su domanda di chi è creditore di una somma
liquida di danaro o di una determinata quantità di cose fungibili, o di chi ha
diritto alla consegna di una cosa mobile determinata, il giudice competente
pronuncia ingiunzione di pagamento o di consegna: 1) se del diritto fatto
valere si dà prova scritta; 2) se il credito riguarda onorari per prestazioni
giudiziali o stragiudiziali o rimborso di spese fatte da avvocati, procuratori,
cancellieri, ufficiali giudiziari o da chiunque altro ha prestato la sua opera
in occasione di un processo; 3) se il credito riguarda onorari, diritti o
rimborsi spettanti ai notai a norma della loro legge professionale, oppure ad
altri esercenti una libera professione o arte, per la quale esiste una tariffa
legalmente approvata. L'ingiunzione può essere pronunciata anche se il diritto
dipende da una controprestazione o da una condizione, purchè il ricorrente
offra elementi atti a far presumere l'adempimento della controprestazione o
l'avveramento della condizione. L'ingiunzione non può essere pronunciata se la
notificazione all'intimato di cui all'art. 643 deve avvenire fuori della
Repubblica. Art. 634 Prova scritta Sono prove scritte idonee a norma del numero
1 dell'articolo precedente le polizze e promesse unilaterali per scrittura
privata e i telegrammi, anche se mancanti dei requisiti prescritti dal codice
civile. Per i crediti relativi a somministrazioni di merci e di danaro, nonchè
per prestazioni di servizi, fatte da imprenditori che esercitano un'attività
commerciale, anche a persone che non esercitano tale attività, sono altresì
prove scritte idonee gli estratti autentici delle scritture contabili di cui
agli art. 2214 e seguenti del codice civile, purchè bollate e vidimate nelle
forme di legge e regolarmente tenute, nonchè gli estratti autentici delle
scritture contabili prescritte dalle leggi tributarie, quando siano tenute con
l'osservanza delle norme stabilite per tali scritture (1). (1) Comma così
modificato dall’art. 8, comma 3, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432. Art. 635 Prova
scritta per i crediti dello Stato e degli enti pubblici Per i crediti dello
Stato, o di enti o istituti soggetti a tutela o vigilanza dello Stato, sono
prove idonee anche i libri o registri della pubblica amministrazione, quando un
funzionario all'uopo autorizzato o un notaio ne attesta la regolare tenuta a
norma delle leggi e dei regolamenti. Restano salve le disposizioni delle leggi
sulla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato e degli enti o
istituti sopra indicati. Per i crediti derivanti da omesso versamento agli enti
di previdenza e di assistenza dei contributi relativi ai rapporti indicati
nell'art. 459 (1) secondo comma, sono altresì prove idonee gli accertamenti
eseguiti dall'ispettorato corporativo e dai funzionari degli enti. (1) L'art.
459 citato è stato abrogato dalla Legge 11 agosto 1973, n. 533. Vedi, ora, art.
442. Art. 636 Parcella delle spese e prestazioni Nei casi previsti nei numeri 2
e 3 dell'art. 633, la domanda deve essere accompagnata dalla parcella delle
spese e prestazioni, munita della sottoscrizione del ricorrente e corredata dal
parere della competente associazione professionale. Il parere non occorre se l'ammontare
delle spese e delle prestazioni è determinato in base a tariffe obbligatorie.
Il giudice, se non rigetta il ricorso a norma dell'art. 640, deve attenersi al
parere nei limiti della somma domandata, salva la correzione degli errori
materiali. Art. 637 Giudice competente Per l'ingiunzione è competente il
conciliatore, il pretore o il presidente del tribunale, che sarebbe competente
per la domanda proposta in via ordinaria. Per i crediti previsti nel numero 2
dell'art. 633 è competente anche il capo dell'ufficio giudiziario che ha deciso
la causa alla quale il credito si riferisce. Gli avvocati e i procuratori
possono altresì proporre domanda d'ingiunzione contro i propri clienti al
giudice competente per valore del luogo dove ha sede l'associazione professionale
alla quale sono iscritti: e i notai possono proporla, osservate le disposizioni
relative alla competenza per valore, al pretore del mandamento in cui si trova
il loro ufficio o al presidente del tribunale nella cui circoscrizione ha sede
il Consiglio notarile dal quale dipendono. Art. 638 Forma della domanda e
deposito La domanda di ingiunzione si propone con ricorso contenente, oltre i
requisiti indicati nell'art. 125, l'indicazione delle prove che si producono.
Il ricorso deve contenere altresì l'indicazione del procuratore del ricorrente
oppure, quando è ammessa la costituzione di persona, la dichiarazione di
residenza o l'elezione di domicilio nel comune dove ha sede il giudice adito.
Se manca l'indicazione del procuratore oppure la dichiarazione di residenza o
l'elezione di domicilio, le notificazioni al ricorrente possono essere fatte
presso la cancelleria. Il ricorso è depositato in cancelleria insieme con i
documenti che si allegano; questi non possono essere ritirati fino alla
scadenza del termine stabilito nel decreto d'ingiunzione a norma dell'art. 641.
Art. 639 Ricorso per consegna di cose fungibili Quando la domanda riguarda la
consegna di una determinata quantità di cose fungibili, il ricorrente deve
dichiarare la somma di danaro che è disposto ad accettare in mancanza della
prestazione in natura, a definitiva liberazione dell'altra parte. Il giudice,
se ritiene la somma dichiarata non proporzionata, prima di pronunciare sulla
domanda può invitare il ricorrente a produrre un certificato della Camera di
commercio, industria e agricoltura. Art. 640 Rigetto della domanda Il giudice
se ritiene insufficientemente giustificata la domanda, dispone che il
cancelliere ne dia notizia al ricorrente, invitandolo a provvedere alla prova.
Se il ricorrente non risponde all'invito o non ritira il ricorso oppure se la
domanda non è accoglibile, il giudice la rigetta con decreto motivato. Tale
decreto non pregiudica la riproposizione della domanda, anche in via ordinaria.
Art. 641 Accoglimento della domanda Se esistono le condizioni previste
nell'art. 633, il giudice, con decreto motivato, ingiunge all'altra parte di
pagare la somma o di consegnare la cosa o la quantità di cose chieste o invece
di queste la somma di cui all'articolo 639 nel termine di quaranta giorni, con
l'espresso avvertimento che nello stesso termine può essere fatta opposizione a
norma degli articoli seguenti e che, in mancanza di opposizione, si procederà a
esecuzione forzata (1). Quando concorrono giusti motivi, il termine può essere
ridotto fino a dieci giorni oppure aumentato fino a sessanta. Se l'intimato
risiede nelle province libiche o in territori soggetti alla sovranità italiana,
il termine non può essere minore di trenta nè maggiore di centoventi giorni
(2). Nel decreto (eccetto per quello emesso sulla base di titoli che hanno già
efficacia esecutiva secondo le vigenti disposizioni), il giudice liquida le
spese e le competenze e ne ingiunge il pagamento (3). (1) Comma così modificato
dall’art. 8, comma 1, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432. (2) Comma così modificato
dall’art. 8, comma 2, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432. (3) Comma così sostituito
dalla L. 10 maggio 1976, n. 358. Successivamente, la Corte costituzionale, con
sentenza 31 dicembre 1986, n. 303, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale
del presente comma, per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione,
nella parte in cui non consente la liquidazione delle spese e competenze
all'istante che abbia già a proprio favore un titolo esecutivo. Art. 642
Esecuzione provvisoria Se il credito è fondato su cambiale, assegno bancario,
assegno circolare, certificato di liquidazione di borsa, o su atto ricevuto da
notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato, il giudice, su istanza del
ricorrente, ingiunge al debitore di pagare o consegnare senza dilazione,
autorizzando in mancanza l'esecuzione provvisoria del decreto e fissando il
termine ai soli effetti dell'opposizione. L'esecuzione provvisoria può essere
concessa anche se vi è pericolo di grave pregiudizio nel ritardo, ma il giudice
può imporre al ricorrente una cauzione. In tali casi il giudice può anche
autorizzare l'esecuzione senza l'osservanza del termine di cui all'art. 482.
Art. 643 Notificazione del decreto L'originale del ricorso e del decreto rimane
depositato in cancelleria. Il ricorso e il decreto sono notificati per copia
autentica a norma degli art. 137 e seguenti. La notificazione determina la
pendenza della lite. Art. 644 Mancata notificazione del decreto Il decreto
d'ingiunzione diventa inefficace qualora la notificazione non sia eseguita nel
termine di sessanta giorni dalla pronuncia, se deve avvenire nel territorio
della Repubblica escluse le province libiche, e di novanta giorni negli altri
casi; ma la domanda può essere riproposta. N.B.: Articolo così modificato
dall’art. 8, comma 3 bis, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432. Art. 645 Opposizione
L'opposizione si propone davanti all'ufficio giudiziario al quale appartiene il
giudice che ha emesso il decreto, con atto di citazione notificato al
ricorrente nei luoghi di cui all'art. 638. Contemporaneamente l'ufficiale
giudiziario deve notificare avviso dell'opposizione al cancelliere affinchè ne
prenda nota sull'originale del decreto. In seguito all'opposizione il giudizio
si svolge secondo le norme del procedimento ordinario davanti al giudice adito;
ma i termini di comparizione sono ridotti a metà. Articolo così sostituito dal
D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 847. Art. 646 Opposizione ai decreti riguardanti
crediti di lavoro Quando il decreto è stato pronunciato per crediti dipendenti
da rapporti individuali di lavoro, entro cinque giorni dalla notificazione
l'atto di opposizione deve essere denunciato a norma dell'articolo 430
all'associazione sindacale legalmente riconosciuta alla quale appartiene
l'opponente. In tale caso il termine per la comparizione in giudizio decorre
dalla scadenza del ventesimo giorno successivo a quello della notificazione
dell'opposizione. Durante il corso del termine, stabilito per il tentativo di
conciliazione, l'opponente può chiedere con ricorso al pretore o al presidente
la sospensione dell'esecuzione provvisoria del decreto. Il giudice provvede con
decreto, che, in caso di accoglimento dell'istanza, deve essere notificato alla
controparte. Articolo così sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 847. Art.
647 Esecutorietà per mancata opposizione o per mancata attività dell'opponente
Se non è stata fatta opposizione nel termine stabilito, oppure l'opponente non
si è costituito, il conciliatore, il pretore o il presidente, su istanza anche
verbale del ricorrente, dichiara esecutivo il decreto. Nel primo caso il
giudice deve ordinare che sia rinnovata la notificazione, quando risulta o
appare probabile che l'intimato non abbia avuto conoscenza del decreto. Quando
il decreto è stato dichiarato esecutivo a norma del presente articolo,
l'opposizione non può essere più proposta nè proseguita, salvo il disposto
dell'art. 650, e la cauzione eventualmente prestata è liberata. Art. 648
Esecuzione provvisoria in pendenza di opposizione Il giudice istruttore, se
l'opposizione non è fondata su prova scritta o di pronta soluzione, può
concedere, con ordinanza non impugnabile, l'esecuzione provvisoria del decreto,
qualora non sia stata concessa a norma dell'art. 642. Deve in ogni caso
concederla, se la parte che l'ha chiesta offre cauzione per l'ammontare delle
eventuali restituzioni, spese e danni (1). (1) La Corte costituzionale, con
sentenza 4 maggio 1984, n. 137, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale
del presente comma nella parte in cui dispone che nel giudizio di opposizione
il giudice istruttore, se la parte che ha chiesto l'esecuzione provvisoria del
decreto d'ingiunzione offre cauzione per l'ammontare delle eventuali
restituzioni, spese e danni, debba e non già possa concederla sol dopo aver
delibato gli elementi probatori di cui all'art. 648, primo comma, e la
corrispondenza della offerta cauzione all'entità degli oggetti indicati nel
secondo comma dello stesso art. 48. Art. 649 Sospensione dell'esecuzione
provvisoria Il giudice istruttore, su istanza dell'opponente, quando ricorrono
gravi motivi, può, con ordinanza non impugnabile, sospendere l'esecuzione
provvisoria del decreto concessa a norma dell'art. 642. Art. 650 Opposizione
tardiva L'intimato può fare opposizione anche dopo scaduto il termine fissato
nel decreto, se prova di non averne avuta tempestiva conoscenza per
irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore (1). In
questo caso l'esecutorietà può essere sospesa a norma dell'articolo precedente.
L'opposizione non è più ammessa decorsi dieci giorni dal primo atto di
esecuzione. (1) La Corte costituzionale, con sentenza 20 maggio 1976, n. 120,
ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in
cui non consente l'opposizione tardiva dell'intimato che pur avendo avuto
conoscenza del decreto ingiuntivo, non abbia potuto, per caso fortuito o forza
maggiore, fare opposizione entro il termine fissato nel decreto. Art. 651
Articolo abrogato dalla L. 18 ottobre 1977, n. 793. Art. 652 Conciliazione Se nel
giudizio di opposizione, le parti si conciliano, il giudice, con ordinanza non
impugnabile, dichiara o conferma l'esecutorietà del decreto oppure riduce la
somma o la quantità a quella stabilita dalle parti. In quest'ultimo caso,
rimane ferma la validità degli atti esecutivi compiuti e dell'ipoteca iscritta
fino a concorrenza della somma o quantità ridotta. Della riduzione deve
effettuarsi apposita annotazione nei registri immobiliari. Art. 653 Rigetto o
accoglimento parziale dell'opposizione Se l'opposizione è rigettata con
sentenza passata in giudicato o provvisoriamente esecutiva, oppure è dichiarata
con ordinanza l'estinzione del processo, il decreto, che non ne sia già munito,
acquista efficacia esecutiva. Se l'opposizione è accolta solo in parte, il titolo
esecutivo è costituito esclusivamente dalla sentenza, ma gli atti di esecuzione
già compiuti in base al decreto conservano i loro effetti nei limiti della
somma o della quantità ridotta. Con la sentenza che rigetta totalmente o in
parte l'opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso sulla base dei titoli
aventi efficacia esecutiva in base alle vigenti disposizioni, il giudice
liquida anche le spese e gli onorari del decreto ingiuntivo (1). (1) Comma
aggiunto dalla L. 10 maggio 1976, n. 358. Successivamente la Corte
costituzionale, con sentenza 31 dicembre 1986, n. 303, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale dello stesso comma per contrasto con gli
articoli 3 e 24 Cost., nella parte in cui non consente la liquidazione delle
spese e competenze all'istante che abbia già a proprio favore un titolo
esecutivo. Art. 654 Dichiarazione di esecutorietà ed esecuzione L'esecutorietà
non disposta con la sentenza o con l'ordinanza di cui all'articolo precedente è
conferita con decreto del conciliatore, del pretore o del presidente scritto in
calce all'originale del decreto d'ingiunzione. Ai fini dell'esecuzione non
occorre una nuova notificazione del decreto esecutivo; ma nel precetto deve
farsi menzione del provvedimento che ha disposto l'esecutorietà e dell'apposizione
della formula. Art. 655 Iscrizione d'ipoteca I decreti dichiarati esecutivi a
norma degli artt. 642, 647 e 648 e quelli rispetto ai quali è rigettata
l'opposizione costituiscono titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale.
Art. 656 Impugnazioni Il decreto d'ingiunzione, divenuto esecutivo a norma
dell'art. 647, può impugnarsi per revocazione nei casi indicati nei numeri 1,
2, 5 e 6 dell'art. 395 e con opposizione di terzo nei casi previsti nell'art.
404, comma 2. Capo II: DEL PROCEDIMENTO PER CONVALIDA DI SFRATTO Art. 657
Intimazione di licenza e di sfratto per finita locazione Il locatore o il
concedente può intimare al conduttore, all'affittuario coltivatore diretto, al
mezzadro o al colono licenza per finita locazione, prima della scadenza del
contratto, con la contestuale citazione per la convalida, rispettando i termini
prescritti dal contratto, dalla legge o dagli usi locali. Può altresì intimare
lo sfratto, con la contestuale citazione per la convalida, dopo la scadenza del
contratto, se, in virtù del contratto stesso o per effetto di atti o
intimazioni precedenti, è esclusa la tacita riconduzione. Art. 658 Intimazione
di sfratto per morosità Il locatore può intimare al conduttore lo sfratto con
le modalità stabilite nell'articolo precedente anche in caso di mancato
pagamento del canone di affitto alle scadenze, e chiedere nello stesso atto
l'ingiunzione di pagamento per i canoni scaduti (1). Se il canone consiste in
derrate, il locatore deve dichiarare a norma dell'articolo 639 la somma che è
disposto ad accettare in sostituzione. (1) Comma così sostituito dalla L. 30
luglio 1984, n. 399. Art. 659 Rapporto di locazione d'opera Se il godimento di
un immobile è il corrispettivo anche parziale di una prestazione d'opera,
l'intimazione di licenza o di sfratto con la contestuale citazione per la
convalida, a norma degli articoli precedenti, può essere fatta quando il
contratto viene a cessare per qualsiasi causa. Art. 660 Forma dell'intimazione
Le intimazioni di licenza o di sfratto indicate negli articoli precedenti
debbono essere notificate a norma degli articoli 137 e seguenti, esclusa la
notificazione al domicilio eletto. Il locatore deve dichiarare nell'atto la
propria residenza o eleggere domicilio nel comune dove ha sede il giudice adito,
altrimenti l'opposizione prevista nell'articolo 668 e qualsiasi altro atto del
giudizio possono essergli notificati presso la cancelleria. La citazione per la
convalida, redatta a norma dell’articolo 125, in luogo dell’invito e
dell’avvertimento al convenuto previsti dall’articolo 163, terzo comma, numero
7), deve contenere, con l’invito a comparire nell’udienza indicata,
l’avvertimento che se non comparisce o, comparendo, non si oppone, il giudice
convalida la licenza o lo sfratto ai sensi dell’articolo 663 (1). Tra il giorno
della notificazione dell’intimazione e quello dell’udienza debbono intercorrere
termini liberi non minori di venti giorni. Nelle cause che richiedono pronta
spedizione il pretore può, su istanza dell’intimante, con decreto motivato,
scritto in calce all’originale e alle copie dell’intimazione, abreviare fino
alla metà i termini di comparizione (1). Le parti si costituiscono depositando
in cancelleria l’intimazione con la relazione di notificazione o la comparsa di
risposta, oppure presentando tali atti al giudice in udienza (1). Ai fini
dell’opposizione e del compimento delle attività previste negli articoli da 663
a 666, è sufficiente la comparizione personale dell’intimato (1). Se
l'intimazione non è stata notificata in mani proprie, l'ufficiale giudiziario
deve spedire avviso all'intimato dell'effettuata notificazione a mezzo di
lettera raccomandata, e allegare all'originale dell'atto la ricevuta di
spedizione. (1) Comma inserito dall’art. 8, comma 3 ter, D.L. 18 ottobre 1995,
n. 432. Art. 661 Giudice competente Quando si intima la licenza o lo sfratto,
la citazione a comparire deve farsi inderogabilmente davanti al pretore del
luogo in cui si trova la cosa locata. Articolo così sostituito dalla L. 30
luglio 1984, n. 339. Art. 662 Mancata comparizione del locatore Gli effetti
dell'intimazione cessano, se il locatore non comparisce all'udienza fissata
nell'atto di citazione. Art. 663 Mancata comparizione o mancata opposizione
dell'intimato Se l'intimato non comparisce o comparendo non si oppone, il
giudice convalida la licenza o lo sfratto e dispone con ordinanza in calce alla
citazione l'apposizione su di essa della formula esecutiva; ma il giudice deve
ordinare che sia rinnovata la citazione, se risulta o appare probabile che
l'intimato non abbia avuto conoscenza della citazione stessa o non sia potuto
comparire per caso fortuito o forza maggiore. Nel caso che l'intimato non sia
comparso, la formula esecutiva ha effetto dopo 30 giorni dalla data
dell'apposizione (1). Se lo sfratto è stato intimato per mancato pagamento del
canone, la convalida è subordinata all'attestazione in giudizio del locatore o
del suo procuratore che la morosità persiste. In tale caso il giudice può
ordinare al locatore di prestare una cauzione. (1) Comma aggiunto dalla L. 22
dicembre 1973, n. 841. Art. 664 Pagamento dei canoni Nel caso previsto
nell'articolo 658, il giudice adito pronuncia separato decreto d'ingiunzione
per l'ammontare dei canoni scaduti e da scadere fino all'esecuzione dello
sfratto, e per le spese relative all'intimazione. Il decreto è esteso in calce
ad una copia dell'atto di intimazione presentata dall'istante, da conservarsi
in cancelleria. Il decreto è immediatamente esecutivo, ma contro di esso può
essere proposta opposizione a norma del capo precedente. L'opposizione non
toglie efficacia all'avvenuta risoluzione del contratto. Art. 665 Opposizione,
provvedimenti del giudice Se l'intimato comparisce e oppone eccezioni non
fondate su prova scritta, il giudice, su istanza del locatore, se non
sussistono gravi motivi in contrario, pronuncia ordinanza non impugnabile di
rilascio, con riserva delle eccezioni del convenuto. L'ordinanza è
immediatamente esecutiva, ma può essere subordinata alla prestazione di una
cauzione per i danni e le spese. Art. 666 Contestazione sull'ammontare dei
canoni Se è intimato lo sfratto per mancato pagamento del canone, e il
convenuto nega la propria morosità contestando l'ammontare della somma pretesa,
il giudice può disporre con ordinanza il pagamento della somma non controversa
e concedere all'uopo al convenuto un termine non superiore a venti giorni. Se
il conduttore non ottempera all'ordine di pagamento, il giudice convalida
l'intimazione di sfratto e, nel caso previsto nell'articolo 658, pronuncia
decreto ingiuntivo per il pagamento dei canoni. Art. 667 Mutamento del rito
Pronunciati i provvedimenti previsti dagli articoli 665 e 666, il giudizio
prosegue nelle forme del rito speciale, previa ordinanza di mutamento di rito
ai sensi dell'articolo 426. Articolo così sostituito dall'art. 73, L. 26
novembre 1990, n. 353. Art. 668 Opposizione dopo la convalida Se l'intimazione
di licenza o di sfratto è stata convalidata in assenza dell'intimato, questi
può farvi opposizione provando di non averne avuto tempestiva conoscenza per
irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore (1). Se
sono decorsi dieci giorni dall'esecuzione, l'opposizione non è più ammessa, e
la cauzione, prestata a norma dell'articolo 663 terzo comma, è liberata.
L'opposizione si propone davanti al pretore nelle forme prescritte per
l'opposizione al decreto di ingiunzione in quanto applicabili (2).
L'opposizione non sospende il processo esecutivo, ma il giudice, con ordinanza
non impugnabile, può disporne la sospensione per gravi motivi, imponendo,
quando lo ritiene opportuno una cauzione all'opponente. (1) La Corte
costituzionale, con sentenza 18 maggio 1972, n. 89, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del presente comma limitatamente alla parte in
cui non consente la tardiva opposizione all'intimato che, pur avendo avuto
conoscenza della citazione, non sia potuto comparire all'udienza per caso
fortuito o forza maggiore. (2) Comma così sostituito dalla L. 30 luglio 1984,
n. 399. Art. 669 Giudizio separato per il pagamento di canoni Se nel caso
previsto nell'articolo 658 il locatore non chiede il pagamento dei canoni, la
pronuncia sullo sfratto risolve la locazione, ma lascia impregiudicata ogni
questione sui canoni stessi. Capo III: DEI PROCEDIMENTI CAUTELARI Sezione I:
DEI PROCEDIMENTI CAUTELARI IN GENERALE Art. 669 bis Forma della domanda La
domanda si propone con ricorso depositato nella cancelleria del giudice
competente. Articolo aggiunto dall'art. 74, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art.
669 ter Competenza anteriore alla causa Prima dell'inizio della causa di merito
la domanda si propone al giudice competente a conoscere del merito. Se
competente per la causa di merito è il conciliatore, la domanda si propone al
pretore. Se il giudice italiano non è competente a conoscere la causa di
merito, la domanda si propone al giudice, che sarebbe competente per materia o
valore, del luogo in cui deve essere eseguito il provvedimento cautelare. A
seguito della presentazione del ricorso il cancelliere forma il fascicolo
d'ufficio e lo presenta senza ritardo al presidente del Tribunale o al pretore
dirigente il quale designa il magistrato cui è affidata la trattazione del
procedimento. Articolo aggiunto dall'art. 74, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art.
669 quater Competenza in corso di causa Quando vi è causa pendente per il
merito la domanda deve essere proposta al giudice della stessa. Se la causa
pende davanti al tribunale la domanda si propone all'istruttore oppure, se
questi non è ancora designato o il giudizio è sospeso o interrotto, al presidente,
il quale provvede ai sensi dell'ultimo comma dell'articolo 669 ter. Se la causa
pende davanti al conciliatore, la domanda si propone al pretore. In pendenza
dei termini per proporre l'impugnazione, la domanda si propone al giudice che
ha pronunziato la sentenza. Se la causa pende davanti al giudice straniero, e
il giudice italiano non è competente a conoscere la causa di merito, si applica
il terzo comma dell'articolo 669 ter. Il terzo comma dell'articolo 669 ter si
applica altresì nel caso in cui l'azione civile è stata esercitata o trasferita
nel processo penale, salva l'applicazione del comma 2 dell'articolo 316 del
codice di procedura penale. Articolo aggiunto dall'art. 74, L. 26 novembre
1990, n. 353. Art. 669 quinquies Competenza in caso di clausola compromissoria,
di compromesso o di pendenza del giudizio arbitrale Se la controversia è
oggetto di clausola compromissoria o è compromessa in arbitri o se è pendente
il giudizio arbitrale, la domanda si propone al giudice che sarebbe stato competente
a conoscere del merito. Articolo aggiunto dall'art. 74, Legge 26 novembre 1990,
n. 353. Art. 669 sexies Procedimento Il giudice sentite le parti, omessa ogni
formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più
opportuno agli atti di istruzione indispensabili in relazione ai presupposti e
ai fini del provvedimento richiesto, e provvede con ordinanza all'accoglimento
o al rigetto della domanda. Quando la convocazione della controparte potrebbe
pregiudicare l'attuazione del provvedimento, provvede con decreto motivato
assunte ove occorra sommarie informazioni. In tal caso fissa, con lo stesso
decreto, l'udienza di comparizione delle parti davanti a sè entro un termine
non superiore a quindici giorni assegnando all'istante un termine perentorio
non superiore ad otto giorni per la notificazione del ricorso e del decreto. A
tale udienza il giudice, con ordinanza, conferma, modifica o revoca i
provvedimenti emanati con decreto. Nel caso in cui la notificazione debba
effettuarsi all'estero, i termini di cui al comma precedente sono triplicati.
Articolo aggiunto dall'art. 74, Legge 26 novembre 1990, n. 353. Art. 669
septies Provvedimento negativo L'ordinanza di incompetenza non preclude la
riproposizione della domanda. L'ordinanza di rigetto non preclude la
riproposizione dell'istanza per il provvedimento cautelare quando si
verifichino mutamenti delle circostanze o vengano dedotte nuove ragioni di
fatto o di diritto. Se l'ordinanza di incompetenza o di rigetto è pronunciata
prima dell'inizio della causa di merito, con essa il giudice provvede
definitivamente sulle spese del procedimento cautelare. La condanna alle spese
è immediatamente esecutiva ed è opponibile ai sensi degli articoli 645 e
seguenti in quanto applicabili, nel termine perentorio di venti giorni dalla
pronuncia dell'ordinanza se avvenuta in udienza o altrimenti dalla sua
comunicazione. Articolo aggiunto dall'art. 74, Legge 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 669 octies Provvedimento di accoglimento L'ordinanza di accoglimento, ove
la domanda sia stata proposta prima dell'inizio della causa di merito, deve
fissare un termine perentorio non superiore a trenta giorni per l'inizio del
giudizio di merito, salva l'applicazione dell'ultimo comma dell'articolo 669
novies. In mancanza di fissazione del termine da parte del giudice, la causa di
merito deve essere iniziata entro il termine perentorio di trenta giorni. Il
termine decorre dalla pronuncia dell'ordinanza se avvenuta in udienza o
altrimenti dalla sua comunicazione. Nel caso in cui la controversia sia oggetto
di compromesso o di clausola compromissoria, la parte, nei termini di cui ai
commi precedenti, deve notificare all'altra un'atto nel quale dichiara la
propria intenzione di promuovere il procedimento arbitrale, propone la domanda
e procede, per quanto le spetta, alla nomina degli arbitri (1). Articolo
aggiunto dall'art. 74, L. 26 novembre 1990, n. 353. (1) Comma aggiunto
dall'art. 1, L. 5 gennaio 1994, n. 25. Art. 669 novies Inefficacia del
provvedimento cautelare Se il procedimento di merito non è iniziato nel termine
perentorio di cui all'articolo 669 octies, ovvero se successivamente al suo
inizio si estingue, il provvedimento cautelare perde la sua efficacia. In
entrambi i casi, il giudice che ha emesso il provvedimento, su ricorso della
parte interessata, convocate le parti con decreto in calce al ricorso,
dichiara, se non c'è contestazione, con ordinanza avente efficacia esecutiva,
che il provvedimento è divenuto inefficace e dà le disposizioni necessarie per
ripristinare la situazione precedente. In caso di contestazione l'ufficio
giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il provvedimento
cautelare decide con sentenza provvisoriamente esecutiva, salva la possibilità
di emanare in corso di causa i provvedimenti di cui all'articolo 669 decies. Il
provvedimento cautelare perde altresì efficacia se non è stata versata la
cauzione di cui all'articolo 669 undecies, ovvero se con sentenza, anche non
passata in giudicato, è dichiarato inesistente il diritto a cautela del quale
era stato concesso. In tal caso i provvedimenti di cui al comma precedente sono
pronunciati nella stessa sentenza o, in mancanza, con ordinanza a seguito di
ricorso al giudice che ha emesso il provvedimento. Se la causa di merito è
devoluta alla giurisdizione di un giudice straniero o ad arbitrato italiano o
estero, il provvedimento cautelare, oltre che nei casi previsti nel primo e nel
terzo comma, perde altresì efficacia: 1) se la parte che l'aveva richiesto non
presenta domanda di esecutorietà in Italia della sentenza straniera o del lodo
arbitrale entro i termini eventualmente previsti a pena di decadenza dalla
legge o dalle convenzioni internazionali; 2) se sono pronunciati sentenza
straniera, anche non passata in giudicato, o lodo arbitrale che dichiarino
inesistente il diritto per il quale il provvedimento era stato concesso. Per la
dichiarazione di inefficacia del provvedimento cautelare e per le disposizioni
di ripristino si applica il secondo comma del presente articolo. Articolo
aggiunto dall'art. 74, L. 26 novembre 1990, 353. Art. 669 decies Revoca e
modifica Nel corso dell'istruzione il giudice istruttore della causa di merito
può, su istanza di parte, modificare o revocare con ordinanza il provvedimento
cautelare anche se emesso anteriormente alla causa se si verificano mutamenti
nelle circostanze. Se la causa di merito è devoluta alla giurisdizione di un
giudice straniero o ad arbitrato, ovvero se l'azione civile è stata esercitata
o trasferita nel processo penale, i provvedimenti previsti dal presente
articolo devono essere richiesti al giudice che ha emanato il provvedimento
cautelare. Articolo aggiunto dall'art. 74, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art.
669 undecies Cauzione Con il provvedimento di accoglimento o di conferma ovvero
con il provvedimento di modifica il giudice può imporre all'istante, valutata
ogni circostanza, una cauzione per l'eventuale risarcimento dei danni. Articolo
aggiunto dall'art. 74, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 669 duodecies
Attuazione Salvo quanto disposto dagli articoli 677 e seguenti in ordine ai
sequestri, l'attuazione delle misure cautelari aventi ad oggetto somme di
denaro avviene nelle forme degli articoli 491 e seguenti in quanto compatibili,
mentre l'attuazione delle misure cautelari aventi ad oggetto obblighi di
consegna, rilascio, fare o non fare avviene sotto il controllo del giudice che
ha emanato il provvedimento cautelare il quale ne determina anche le modalità
di attuazione e, ove sorgano difficoltà o contestazioni, dà con ordinanza i
provvedimenti opportuni, sentite le parti. Ogni altra questione va proposta nel
giudizio di merito. Articolo aggiunto dall'art. 74, Legge 26 novembre 1990, n.
353. Art. 669 terdecies Reclamo contro i provvedimenti cautelari Contro
l'ordinanza con la quale, prima dell'inizio o nel corso della causa di merito,
sia stato concesso un provvedimento cautelare è ammesso reclamo nei termini
previsti dall'art. 739, secondo comma. Il reclamo contro i provvedimenti del
pretore si propone al tribunale, quello contro i provvedimenti del giudice
singolo del tribunale si propone al collegio, del quale non può far parte il
giudice che ha emanato il provvedimento reclamato. Quando il provvedimento
cautelare è stato emesso dalla Corte d'appello, il reclamo si propone ad altra
sezione della stessa Corte o, in mancanza, alla Corte d'appello più vicina. Il
procedimento è disciplinato dagli articoli 737 e 738. Il collegio, convocate le
parti, pronuncia, non oltre venti giorni dal deposito del ricorso, ordinanza
non impugnabile con la quale conferma, modifica o revoca il provvedimento
cautelare. Il reclamo non sospende l'esecuzione del provvedimento; tuttavia il
presidente del tribunale o della Corte investiti del reclamo, quando per motivi
sopravvenuti il provvedimento arrechi grave danno, può disporre con ordinanza
non impugnabile la sospensione dell'esecuzione o subordinarla alla prestazione
di congrua cauzione. Articolo aggiunto dall'art. 74, L. 26 novembre 1990, n.
353. Successivamente la Corte costituzionale, con sentenza 23 giugno 1994, n.
253, ne ha dichiarato l'illegittimità costituzionale nella parte in cui non
ammette il reclamo ivi previsto, anche avverso l'ordinanza con cui sia stata
rigettata la domanda di provvedimento cautelare. Art. 669 quaterdecies Ambito
di applicazione Le disposizioni della presente sezione si applicano ai
provvedimenti previsti nelle sezioni II, III e V di questo capo, nonchè, in
quanto compatibili, agli altri provvedimenti cautelari previsti dal codice
civile e dalle leggi speciali. L'articolo 669 septies si applica altresì ai
provvedimenti di istruzione preventiva previsti dalla sezione IV di questo
capo. Articolo aggiunto dall'art. 74, L. 26 novembre 1990, n. 353. Sezione II:
DEL SEQUESTRO Art. 670 Sequestro giudiziario Il giudice può autorizzare il sequestro
giudiziario: 1) di beni mobili o immobili, aziende o altre universalità di
beni, quando ne è controversa la proprietà o il possesso, ed è opportuno
provvedere alla loro custodia o alla loro gestione temporanea; 2) di libri,
registri, documenti, modelli, campioni e di ogni altra cosa da cui si pretende
desumere elementi di prova, quando è controverso il diritto alla esibizione o
alla comunicazione; ed è opportuno provvedere alla loro custodia temporanea.
Art. 671 Sequestro conservativo Il giudice, su istanza del creditore che ha
fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito, può autorizzare il
sequestro conservativo di beni mobili o immobili del debitore o delle somme e
cose a lui dovute, nei limiti in cui la legge ne permette il pignoramento. Art.
672 Articolo abrogato dall'art. 89, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 673
Articolo abrogato dall'art. 89, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 674 Cauzione
Articolo abrogato dall'art. 89, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 675 Termine
d'efficacia del provvedimento Il provvedimento che autorizza il sequestro perde
efficacia, se non è eseguito entro il termine di trenta giorni dalla pronuncia.
Art. 676 Custodia nel caso di sequestro giudiziario Nel disporre il sequestro
giudiziario, il giudice nomina il custode, stabilisce i criteri e i limiti
dell'amministrazione delle cose sequestrate e le particolari cautele idonee a
render più sicura la custodia e a impedire la divulgazione dei segreti. Il
giudice può nominare custode quello dei contendenti che offre maggiori garanzie
e dà cauzione. Il custode della cosa sequestrata ha gli obblighi e i diritti
previsti negli articoli 521, 522 e 560. Art. 677 Esecuzione del sequestro
giudiziario Il sequestro giudiziario si esegue a norma degli articoli 605 e
seguenti, in quanto applicabili, omessa la notificazione del precetto per
consegna o rilascio nonchè la comunicazione di cui all'articolo 608, primo
comma. L'articolo 608, primo comma, è applicabile se il custode sia persona
diversa dal detentore (1). Il giudice, col provvedimento di autorizzazione del
sequestro o successivamente, può ordinare al terzo detentore del bene
sequestrato di esibirlo o di consentire l'immediata immissione in possesso del
custode. Al terzo si applica la disposizione dell'articolo 211. Articolo così
sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581. (1) Comma così sostituito dalla L.
23 maggio 1951, n. 400. Art. 678 Esecuzione del sequestro conservativo sui
mobili Il sequestro conservativo sui mobili e sui crediti si esegue secondo le
norme stabilite per il pignoramento presso il debitore o presso terzi. In
questo ultimo caso il sequestrante deve, con l'atto di sequestro, citare il
terzo a comparire davanti al pretore del luogo di residenza del terzo stesso
per rendere la dichiarazione di cui all'articolo 547. Il giudizio sulle
controversie relative all'accertamento dell'obbligo del terzo è sospeso fino
all'esito di quello sul merito, a meno che il terzo non chieda l'immediato
accertamento dei propri obblighi (1). Se il credito è munito di privilegio sugli
oggetti da sequestrare, il giudice può provvedere nei confronti del terzo
detentore, a norma del secondo comma dell'articolo precedente. Si applica
l'articolo 610 se nel corso della esecuzione del sequestro sorgono difficoltà
che non ammettono dilazione. Articolo così sostituito dalla Legge 14 luglio
1950, n. 581. (1) Comma così sostituito dall'art. 75, Legge 26 novembre 1990,
n. 353. Art. 679 Esecuzione del sequestro conservativo sugli immobili Il
sequestro conservativo sugli immobili si esegue con la trascrizione del
provvedimento presso l'ufficio del conservatore dei registri immobiliari del
luogo in cui i beni sono situati. Per la custodia dell'immobile si applica la
disposizione dell'articolo 559. Art. 680 Articolo abrogato dall'art. 89, L. 26
novembre 1990, n. 353. Art. 681 Articolo abrogato dall'art. 89, L. 26 novembre
1990, n. 353. Art. 682 Articolo abrogato dall'art. 89, L. 26 novembre 1990, n.
353. Art. 683 Articolo abrogato dall'art. 89, Legge 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 684 Revoca del sequestro Il debitore può ottenere dal giudice istruttore,
con ordinanza non impugnabile, la revoca del sequestro conservativo, prestando
idonea cauzione per l'ammontare del credito che ha dato causa al sequestro e
per le spese, in ragione del valore delle cose sequestrate. Art. 685 Vendita
delle cose deteriorabili In caso di pericolo di deterioramento delle cose che
formano oggetto del sequestro, il giudice, con lo stesso provvedimento di
concessione o con altro successivo, può ordinarne la vendita nei modi stabiliti
per le cose pignorate. Il prezzo ricavato dalla vendita rimane sequestrato in
luogo delle cose vendute. Art. 686 Conversione del sequestro conservativo in
pignoramento Il sequestro conservativo si converte in pignoramento al momento
in cui il creditore sequestrante ottiene sentenza di condanna esecutiva. Se i
beni sequestrati sono stati oggetto di esecuzione da parte di altri creditori,
il sequestrante partecipa con essi alla distribuzione della somma ricavata.
Art. 687 Casi speciali di sequestro Il giudice può ordinare il sequestro delle
somme o delle cose che il debitore ha offerto o messo comunque a disposizione
del creditore per la sua liberazione, quando è controverso l'obbligo o il modo
del pagamento o della consegna, o l'idoneità della cosa offerta. Sezione III:
DEI PROCEDIMENTI DI DENUNCIA DI NUOVA OPERA E DI DANNO TEMUTO Art. 688 Forma
dell'istanza La denuncia di nuova opera o di danno tenuto si propone con
ricorso al pretore competente a norma dell'articolo 21. Quando vi è causa
pendente per il merito, la denuncia si propone a norma dell'articolo 669 quater
(1). (1) Comma così sostituito dall'art. 76, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art.
689 Articolo abrogato dall'art. 89, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 690
Articolo abrogato dall'art. 89, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 691
Contravvenzione al divieto del giudice Se la parte alla quale è fatto divieto
di compiere l'atto dannoso o di mutare lo stato di fatto contravviene
all'ordine, il giudice, su ricorso della parte interessata, può disporre con
ordinanza che le cose siano rimesse al pristino stato a spese del
contravventore. Sezione IV: DEI PROCEDIMENTI DI ISTRUZIONE PREVENTIVA Art. 692
Assunzione di testimoni Chi ha fondato motivo di temere che siano per mancare
uno o più testimoni, le cui deposizioni possono essere necessarie in una causa
da proporre, può chiedere che ne sia ordinata l'audizione a futura memoria.
Art. 693 Istanza L'istanza si propone con ricorso al giudice che sarebbe
competente per la causa di merito. In caso d'eccezionale urgenza, l'istanza può
anche proporsi al pretore del luogo in cui la prova deve essere assunta. Il
ricorso deve contenere l'indicazione dei motivi dell'urgenza e dei fatti sui
quali debbono essere interrogati i testimoni, e l'esposizione sommaria delle
domande o eccezioni alle quali la prova è preordinata. Art. 694 Ordine di
comparizione Il presidente del tribunale, il pretore o il conciliatore fissa,
con decreto, l'udienza di comparizione e stabilisce il termine perentorio per
la notificazione del decreto. Art. 695 Ammissione del mezzo di prova Il
presidente del tribunale, il pretore o il conciliatore, assunte, quando
occorre, sommarie informazioni, provvede con ordinanza non impugnabile e, se
ammette l'esame testimoniale, fissa l'udienza per l'assunzione e designa il
giudice che deve procedervi. Art. 696 Accertamento tecnico e ispezione
giudiziale Chi ha urgenza di far verificare, prima del giudizio, lo stato di
luoghi o la qualità o la condizione di cose, può chiedere, a norma degli
articoli 692 e seguenti, che sia disposto un accertamento tecnico o
un'ispezione giudiziale (1). Il presidente del tribunale, il pretore o il
conciliatore provvede nelle forme stabilite negli articoli 694 e 695, in quanto
applicabili, nomina il consulente tecnico e fissa la data dell'inizio delle
operazioni. (1) La Corte costituzionale, con sentenza 22 ottobre 1990, n. 471,
ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in
cui non consente di disporre accertamento tecnico o ispezione giudiziale sulla
persona dell'istante. Art. 697 Provvedimenti in caso di eccezionale urgenza In
caso di eccezionale urgenza, il presidente del tribunale, il pretore o il
conciliatore può pronunciare i provvedimenti indicati negli articoli 694 e 695
con decreto, dispensando il ricorrente dalla notificazione alle altri parti; in
tal caso può nominare un procuratore, che intervenga per le parti non presenti
all'assunzione della prova. Non oltre il giorno successivo, a cura del
cancelliere, deve essere fatta notificazione immediata del decreto alle parti
non presenti all'assunzione. Art. 698 Assunzione ed efficacia delle prove
preventive Nell'assunzione preventiva dei mezzi di prova si applicano, in
quanto possibile, gli articoli 191 e seguenti. L'assunzione preventiva dei
mezzi di prova non pregiudica le questioni relative alla loro ammissibilità e
rilevanza, nè impedisce la loro rinnovazione nel giudizio di merito. I processi
verbali delle prove non possono essere prodotti, nè richiamati, nè riprodotti
in copia nel giudizio di merito, prima che i mezzi di prova siano stati
dichiarati ammissibili nel giudizio stesso. Art. 699 Istruzione preventiva in
corso di causa L'istanza di istruzione preventiva può anche essere proposta in
corso di causa e durante l'interruzione o la sospensione del giudizio. Il
giudice provvede con ordinanza. Sezione V: DEI PROVVEDIMENTI D'URGENZA Art. 700
Condizioni per la concessione Fuori dei casi regolati nelle precedenti sezioni
di questo capo, chi ha fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente
per far valere il suo diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un
pregiudizio imminente e irreparabile, può chiedere con ricorso al giudice i
provvedimenti d'urgenza, che appaiono, secondo le circostanze, più idonei ad
assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito. Art. 701
Articolo abrogato dall'art. 89, L. 26 novembre 1990, n. 353. Art. 702 Articolo
abrogato dall'art. 89, L. 26 novembre 1990, n. 353. Capo IV: DEI PROCEDIMENTI
POSSESSORI Art. 703 Domanda di reintegrazione e di manutenzione nel possesso Le
domande di reintegrazione e di manutenzione nel possesso si propongono con
ricorso al pretore competente a norma dell'articolo 21. Il giudice provvede ai
sensi degli articoli 669 bis e seguenti. Articolo così modificato dall'art. 77,
Legge 26 novembre 1990, n. 353. Art. 704 Domande di provvedimento possessorio
nel corso di giudizio petitorio Ogni domanda relativa al possesso, per fatti
che avvengono durante la pendenza del giudizio petitorio, deve essere proposta
davanti al giudice di quest'ultimo. Può essere tuttavia domandata al pretore la
reintegrazione del possesso; in tale caso il pretore dà i provvedimenti
temporanei indispensabili e rimette le parti davanti al giudice del petitorio.
Art. 705 Divieto di proporre giudizio petitorio Il convenuto nel giudizio
possessorio non può proporre giudizio petitorio, finchè il primo giudizio non
sia definito e la decisione non sia stata eseguita (1). Il convenuto può
tuttavia proporre il giudizio petitorio quando dimostra che l'esecuzione del
provvedimento possessorio non può compiersi per fatto dell'attore. (1) La Corte
costituzionale, con sentenza 3 febbraio 1992, n. 25, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui subordina
la proposizione del giudizio petitorio alla definizione della controversia
possessoria e all'esecuzione della decisione nel caso che ne derivi o possa
derivarne un pregiudizio irreparabile al convenuto. Titolo II: DEI PROCEDIMENTI
IN MATERIA DI FAMIGLIA E DI STATO DELLE PERSONE Capo I: DELLA SEPARAZIONE
PERSONALE DEI CONIUGI Art. 706 Forma della domanda La domanda di separazione
personale si propone al tribunale del luogo in cui il coniuge convenuto ha
residenza o domicilio, con ricorso contenente l'esposizione dei fatti sui quali
la domanda è fondata. Il presidente fissa con decreto il giorno della
comparizione dei coniugi davanti a sè e il termine per la notificazione del
ricorso e del decreto. Art. 707 Comparizione personale delle parti I coniugi
debbono comparire personalmente davanti al presidente senza assistenza di
difensore (1). Se il ricorrente non si presenta, la domanda non ha effetto. Se
non si presenta il coniuge convenuto, il presidente può fissare un nuovo giorno
per la comparizione, ordinando che la notificazione del ricorso e del decreto
gli sia rinnovata. (1) La Corte costituzionale, con sentenza 30 giugno 1971, n.
151, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma nella
parte in cui ai coniugi, comparsi personalmente davanti al presidente del tribunale,
e in caso di mancata conciliazione, è inibito di essere assistiti dai
rispettivi difensori. Art. 708 Tentativo di conciliazione, provvedimenti del
presidente Il presidente deve sentire i coniugi prima separatamente e poi
congiuntamente, procurando di conciliarli. Se i coniugi si conciliano, il
presidente fa redigere processo verbale della conciliazione. Se il coniuge
convenuto non comparisce o la conciliazione non riesce, il presidente, anche
d'ufficio, dà con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che reputa
opportuni nell'interesse dei coniugi e della prole, nomina il giudice
istruttore e fissa l'udienza di comparizione delle parti davanti a questo. Se
si verificano mutamenti nelle circostanze, l'ordinanza del presidente può
essere revocata o modificata dal giudice istruttore a norma dell'articolo 177.
La Corte costituzionale, con sentenza 30 giugno 1971, n. 151, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui ai
coniugi, comparsi personalmente davanti al presidente del tribunale, e in caso
di mancata conciliazione, è inibito di essere assistiti dai rispettivi
difensori. Art. 709 Notificazione della fissazione dell'udienza L'ordinanza con
la quale il presidente fissa l'udienza di comparizione davanti al giudice
istruttore è notificata a cura dell'attore al convenuto non comparso, nel
termine perentorio stabilito nell'ordinanza stessa, ed è comunicata al pubblico
ministero. Art. 710 Modificabilità dei provvedimenti relativi alla separazione
dei coniugi Le parti possono sempre chiedere, con le forme del procedimento in
camera di consiglio, la modificazione dei provvedimenti riguardanti i coniugi e
la prole conseguenti la separazione. Il tribunale, sentite le parti, provvede
alla eventuale ammissione di mezzi istruttori e può delegare per l'assunzione
uno dei suoi componenti. Ove il procedimento non possa essere immediatamente
definito, il tribunale può adottare provvedimenti provvisori e può
ulteriormente modificarne il contenuto nel corso del procedimento. Articolo
così sostituito dall'art. 1, L. 29 luglio 1988, n. 331. Successivamente, la
Corte costituzionale, con sentenza 9 novembre 1992, n. 416, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non
prevede la partecipazione del pubblico ministero per la modifica dei
provvedimenti riguardanti la prole. Art. 711 Separazione consensuale Nel caso
di separazione consensuale previsto nell'articolo 158 del codice civile, il
presidente, su ricorso di entrambi i coniugi, deve sentirli nel giorno da lui
stabilito e procurare di conciliarli nel modo indicato nell'articolo 708. Se il
ricorso è presentato da uno solo dei coniugi, si applica l'articolo 706 ultimo
comma. Se la conciliazione non riesce, si dà atto nel processo verbale del
consenso dei coniugi alla separazione e delle condizioni riguardanti i coniugi
stessi e la prole. La separazione consensuale acquista efficacia con la
omologazione del tribunale, il quale provvede in camera di consiglio su
relazione del presidente. Le condizioni della separazione consensuale sono
modificabili a norma dell'articolo precedente. Capo II: DELL'INTERDIZIONE E
DELL'INABILITAZIONE Art. 712 Forma della domanda La domanda per interdizione o
inabilitazione si propone con ricorso diretto al tribunale del luogo dove la
persona nei confronti della quale è proposta ha residenza o domicilio. Nel
ricorso debbono essere esposti i fatti sui quali la domanda è fondata e debbono
essere indicati il nome e il cognome e la residenza del coniuge, dei parenti entro
il quarto grado, degli affini entro il secondo grado e, se vi sono, del tutore
o curatore, dell'interdicendo o dell'inabilitando. Art. 713 Provvedimenti del
presidente Il presidente ordina la comunicazione del ricorso al pubblico
ministero. Quando questi gliene fa richiesta, può con decreto rigettare
senz'altro la domanda, altrimenti nomina il giudice istruttore e fissa
l'udienza di comparizione davanti a lui del ricorrente, dell'interdicendo o
dell'inabilitando e delle altre persone indicate nel ricorso, le cui
informazioni ritenga utili (1). Il ricorso e il decreto sono notificati a cura
del ricorrente, entro il termine fissato nel decreto stesso, alle persone
indicate nel comma precedente; il decreto è comunicato al pubblico ministero.
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 5 luglio 1968, n. 87, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del presente comma, secondo periodo, nella parte
in cui permette al tribunale di rigettare senz'altro, e cioè senza istituire
contraddittorio con la parte istante, la domanda d'interdizione o
d'inabilitazione, ove il pubblico ministero ne faccia richiesta, in riferimento
agli artt. 24 e 111 Cost. Art. 714 Istruzione preliminare All'udienza, il
giudice istruttore, con l'intervento del pubblico ministero, procede all'esame
dell'interdicendo o dell'inabilitando, sente il parere delle altre persone
citate, interrogandole sulle circostanze che ritiene rilevanti ai fini della
decisione e può disporre anche d'ufficio l'assunzione di ulteriori
informazioni, esercitando tutti i poteri istruttori previsti nell'articolo 419
del codice civile. Art. 715 Impedimento a comparire dell'interdicendo o
dell'inabilitando Se per legittimo impedimento l'interdicendo o l'inabilitando
non può presentarsi davanti al giudice istruttore, questi, con l'intervento del
pubblico ministero, si reca per sentirlo nel luogo dove si trova. Art. 716
Capacità processuale dell'interdicendo e dell'inabilitando L'interdicendo e
l'inabilitando possono stare in giudizio e compiere da soli tutti gli atti del
procedimento, comprese le impugnazioni, anche quando è stato nominato il tutore
o il curatore provvisorio previsto negli articoli 419 e 420 del codice civile.
Art. 717 Nomina del tutore e del curatore provvisorio Il tutore o il curatore
provvisorio di cui all'articolo precedente è nominato, anche d'ufficio, con
decreto del giudice istruttore. Finchè non sia pronunciata la sentenza sulla
domanda d'interdizione o d'inabilitazione, lo stesso giudice istruttore può
revocare la nomina, anche d'ufficio. Art. 718 Legittimazione all'impugnazione
La sentenza che provvede sulla domanda d'interdizione o di inabilitazione può
essere impugnata da tutti coloro che avrebbero avuto diritto di proporre la
domanda, anche se non parteciparono al giudizio, e del tutore o curatore nominato
con la stessa sentenza. Art. 719 Termine per l'impugnazione Il termine per la
impugnazione decorre per tutte le persone indicate nell'articolo precedente
dalla notificazione della sentenza, fatta nelle forme ordinarie a tutti coloro
che parteciparono al giudizio. Se è stato nominato un tutore o curatore
provvisorio, l'atto di impugnazione deve essere notificato anche a lui. Art.
720 Revoca dell'interdizione o dell'inabilitazione Per la revoca
dell'interdizione o dell'inabilitazione si osservano le norme stabilite per la
pronuncia di esse. Coloro che avevano diritto di promuovere l'interdizione e
l'inabilitazione possono intervenire nel giudizio di revoca per opporsi alla
domanda, e possono altresì impugnare la sentenza pronunciata nel giudizio di revoca,
anche se non parteciparono al giudizio. Capo III:DISPOSIZIONI RELATIVE
ALL'ASSENZA E ALLA DICHIARAZIONE DI MORTE PRESUNTA Art. 721 Provvedimenti
conservativi nell'interesse dello scomparso I provvedimenti indicati
nell'articolo 48 del codice civile sono pronunciati dal tribunale in camera di
consiglio, su ricorso degli interessati, sentito il pubblico ministero. Art.
722 Domanda per dichiarazione d'assenza La domanda per dichiarazione d'assenza
si propone con ricorso, nel quale debbono essere indicati il nome e cognome e
la residenza dei presunti successori legittimi dello scomparso e, se esistono,
del suo procuratore o rappresentante legale. Art. 723 Fissazione dell'udienza
di comparizione Il presidente del tribunale fissa con decreto l'udienza per la
comparizione davanti a sè o ad un giudice da lui designato del ricorrente e di
tutte le persone indicate nel ricorso a norma dell'articolo precedente, e
stabilisce il termine entro il quale la notificazione deve essere fatta a cura
del ricorrente. Può anche ordinare che il decreto sia pubblicato in uno o più
giornali. Il decreto è comunicato al pubblico ministero. Art. 724 Procedimento
Il giudice interroga le persone comparse sulle ulteriori informazioni e quindi
riferisce in camera di consiglio per i provvedimenti del tribunale, che questo
pronuncia con sentenza. Art. 725 Immissione in possesso temporaneo Il tribunale
provvede in camera di consiglio sulle domande per apertura di atti di ultima
volontà e per immissione nel possesso temporaneo dei beni dell'assente, quando
sono proposte da coloro che sarebbero eredi legittimi. Se la domanda è proposta
da altri interessati, il giudizio si svolge nelle forme ordinarie in
contraddittorio di coloro che sarebbero eredi legittimi. Con lo stesso
provvedimento col quale viene ordinata l'immissione nel possesso temporaneo,
sono determinate la cauzione o le altre cautele previste nell'articolo 50,
ultimo comma, del codice civile, e sono date le disposizioni opportune per la
conservazione delle rendite riservate all'assente a norma dell'articolo 53
dello stesso codice. Art. 726 Domanda per dichiarazione di morte presunta La
domanda per dichiarazione di morte presunta si propone con ricorso, nel quale
debbono essere indicati il nome, cognome e domicilio dei presunti successori
legittimi dello scomparso e, se esistono, del suo procuratore o rappresentante
legale e di tutte le altre persone, che a notizia del ricorrente, perderebbero
diritti o sarebbero gravate da obbligazioni, per effetto della morte dello
scomparso. Art. 727 Pubblicazione della domanda Il presidente del tribunale
nomina un giudice a norma dell'articolo 723 e ordina che a cura del ricorrente
la domanda, entro il termine che egli stesso fissa, sia inserita per estratto,
due volte consecutive a distanza di dieci giorni, nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica e in due giornali, con invito a chiunque abbia notizie dello
scomparso di farle pervenire al tribunale entro sei mesi dall'ultima
pubblicazione. Se tutte le inserzioni non vengono eseguite entro il termine
fissato la domanda s'intende abbandonata. Il presidente del tribunale può anche
disporre altri mezzi di pubblicità. Art. 728 Comparizione Decorsi sei mesi
dalla data dell'ultima pubblicazione, il giudice, su istanza del ricorrente,
fissa con decreto l'udienza di comparizione davanti a sè del ricorrente e delle
persone indicate nel ricorso a norma dell'articolo 726 e il termine per la
notificazione del ricorso e del decreto a cura del ricorrente. Il decreto è
comunicato al pubblico ministero. Il giudice interroga le persone comparse
sulle circostanze che ritiene rilevanti; può disporre che siano assunte
ulteriori informazioni, e quindi riferisce in camera di consiglio per i
provvedimenti del tribunale, che questo pronuncia con sentenza. Art. 729
Pubblicazione della sentenza . La sentenza che dichiara l'assenza o la morte
presunta deve essere inserita per estratto nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica e in due giornali indicati nella sentenza stessa. Il tribunale può
anche disporre altri mezzi di pubblicità. Le inserzioni possono essere eseguite
a cura di qualsiasi interessato e valgono come notificazione. Copia della
sentenza (1) e dei giornali nei quali è stato pubblicato l'estratto deve essere
depositata nella cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza, per
l'annotazione sull'originale. Recte: Gazzetta Ufficiale. Art. 730 Esecuzione La
sentenza che dichiara l'assenza o la morte presunta non può essere eseguita
prima che sia passata in giudicato e che sia compiuta l'annotazione di cui
all'articolo precedente. Art. 731 Comunicazione all'ufficio di stato civile Il
cancelliere dà notizia, a norma dell'articolo 133 secondo comma, all'ufficio
dello stato civile competente della sentenza di dichiarazione di morte
presunta. Capo IV: DISPOSIZIONI RELATIVE AI MINORI, AGLI INTERDETTI E AGLI
INABILITATI Art. 732 Provvedimenti su parere del giudice tutelare I
provvedimenti relativi ai minori, agli interdetti e agli inabilitati sono
pronunciati dal tribunale in camera di consiglio, salvo che la legge disponga
altrimenti. Quando il tribunale deve pronunciare un provvedimento
nell'interesse di minori, interdetti o inabilitati sentito il parere del
giudice tutelare, il parere stesso deve essere prodotto dal ricorrente insieme
col ricorso. Qualora non sia prodotto, il presidente provvede a richiederlo
d'ufficio. Art. 733 Vendita di beni Se, nell'autorizzare la vendita di beni di
minori, interdetti o inabilitati, il tribunale stabilisce che essa deve farsi
ai pubblici incanti, designa per procedervi un ufficiale giudiziario della
pretura del luogo in cui si trovano i beni mobili, oppure un cancelliere della
stessa pretura o un notaio del luogo in cui si trovano i beni immobili.
L'ufficiale designato per la vendita procede all'incanto con l'osservanza delle
norme degli artt. 534 e ss., in quanto applicabili, e premesse le forme di
pubblicità ordinate dal tribunale. Art. 734 Esito negativo dell'incanto Se al
primo incanto non è fatta offerta superiore o uguale al prezzo fissato dal
tribunale a norma dell'art. 376, primo comma, del codice civile, l'ufficiale
designato ne dà atto nel processo verbale e trasmette copia di questo al
tribunale che ha autorizzato la vendita. Il tribunale, se non crede di revocare
l'autorizzazione o disporre una nuova vendita su prezzo base inferiore,
autorizza la vendita a trattative private. Capo V: DEI RAPPORTI PATRIMONIALI
TRA I CONIUGI Art. 735 Sostituzione dell'amministratore del patrimonio
familiare La sostituzione dell'amministratore del patrimonio familiare può
essere chiesta, nel caso previsto nell'art. 174 del codice civile, dall'altro
coniuge o da uno dei prossimi congiunti, o dal pubblico ministero, e, nel caso
previsto nell'art. 176, da uno dei figli maggiorenni o emancipati, da un
prossimo congiunto o dal pubblico ministero. Art. 736 Procedimento La domanda
per i provvedimenti previsti nell'art. precedente si propone con ricorso. Il
presidente del tribunale fissa con decreto un giorno per la comparizione degli
interessati davanti a sè o a un giudice da lui designato e stabilisce il
termine per la notificazione del ricorso e del decreto. Dopo l'audizione delle
parti, il presidente o il giudice designato assume le informazioni che crede
opportune e quindi riferisce sulla domanda al tribunale, che decide in camera
di consiglio con ordinanza non impugnabile. Capo VI. DISPOSIZIONI COMUNI AI
PROCEDIMENTI IN CAMERA DI CONSIGLIO Art. 737 Forma della domanda e del
provvedimento I provvedimenti, che debbono essere pronunciati in camera di
consiglio, si chiedono con ricorso al giudice competente e hanno forma di
decreto motivato, salvo che la legge disponga altrimenti. Art. 738 Procedimento
Il presidente nomina tra i componenti del collegio un relatore, che riferisce
in camera di consiglio. Se deve essere sentito il pubblico ministero, gli atti sono
a lui previamente comunicati ed egli stende le sue conclusioni in calce al
provvedimento del presidente. Il giudice può assumere informazioni. Art. 739
Reclami delle parti Contro i decreti del giudice tutelare si può proporre
reclamo con ricorso al tribunale, che pronuncia in camera di consiglio. Contro
i decreti pronunciati dal tribunale in camera di consiglio in primo grado si
può proporre reclamo con ricorso alla Corte d'appello, che pronuncia anch'essa
in camera di consiglio. Il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio
di dieci giorni dalla comunicazione del decreto, se è dato in confronto di una
sola parte, o dalla notificazione se è dato in confronto di più parti. Salvo
che la legge disponga altrimenti, non è ammesso reclamo contro i decreti della
Corte d'appello e contro quelli del tribunale pronunciati in sede di reclamo.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581. Art. 740 Reclami del
pubblico ministero Il pubblico ministero, entro dieci giorni dalla
comunicazione, può proporre reclamo contro i decreti del giudice tutelare e
contro quelli del tribunale per i quali è necessario il suo parere. Art. 741
Efficacia dei provvedimenti I decreti acquistano efficacia quando sono decorsi
i termini di cui agli articoli precedenti senza che sia stato proposto reclamo.
Se vi sono ragioni d'urgenza, il giudice può tuttavia disporre che il decreto
abbia efficacia immediata. Art. 742 Revocabilità dei provvedimenti I decreti
possono essere in ogni tempo modificati o revocati, ma restano salvi i diritti
acquistati in buona fede dai terzi in forza di convenzioni anteriori alla
modificazione o alla revoca. Art. 742 bis Ambito di applicazione degli articoli
precedenti Le disposizioni del presente capo si applicano a tutti i
procedimenti in camera di consiglio, ancorchè non regolati dai capi precedenti
o che non riguardino materia di famiglia o di stato delle persone. Articolo
aggiunto dalla L. 14 luglio 1950, n. 581. Titolo III: DELLA COPIA E DELLA
COLLAZIONE DI ATTI PUBBLICI Art. 743 Copia degli atti Qualunque depositario
pubblico, autorizzato a spedire copia degli atti che detiene, deve rilasciarne
copia autentica, ancorchè l'istante o i suoi autori non siano stati parte
nell'atto, sotto pena dei danni e delle spese, salve le disposizioni speciali
della legge sulle tasse di registro e bollo. La copia d'un testamento pubblico
non può essere spedita durante la vita del testatore, tranne che a sua istanza,
della quale si fa menzione nella copia. Art. 744 Copie o estratti da pubblici
registri I cancellieri e i depositari di pubblici registri sono tenuti,
eccettuati i casi determinati dalla legge, a spedire a chiunque ne faccia
istanza le copie e gli estratti degli atti giudiziari da essi detenuti, sotto
pena dei danni e delle spese. Art. 745 Rifiuto o ritardo nel rilascio Nel caso
di rifiuto o di ritardo da parte dei cancellieri o dei depositari di cui
all'articolo precedente, l'istante può ricorrere al conciliatore, al pretore o
al presidente del tribunale o della corte presso cui il cancelliere o depositario
esercita le sue funzioni. Nel caso di rifiuto o di ritardo da parte dei
pubblici depositari di cui all'articolo 743, l'istante può ricorrere al
presidente del tribunale nella cui circoscrizione il depositario esercita le
sue funzioni. Il presidente, il pretore, o il conciliatore provvede con
decreto, sentito il pubblico ufficiale. Art. 746 Collazione di copie Chi ha
ottenuto la copia di un atto pubblico a norma dell'articolo 743 ha diritto di
collazionarla con l'originale in presenza del depositario. Se questi si
rifiuta, può ricorrere al pretore del mandamento nel quale il depositario
esercita le sue funzioni. Il pretore, sentito il depositario, dà con decreto le
disposizioni opportune per la collazione e può eseguirla egli stesso recandosi
nell'ufficio del depositario. Titolo IV: DEI PROCEDIMENTI RELATIVI ALL'APERTURA
DELLE SUCCESSIONI Capo I: DISPOSIZIONI GENERALI Art. 747 Autorizzazione alla
vendita dei beni ereditari L'autorizzazione a vendere beni ereditari si chiede
con ricorso diretto per i mobili al pretore e per gli immobili al tribunale del
luogo in cui si è aperta la successione. Nel caso in cui i beni appartengano a
incapaci deve essere sentito il giudice tutelare. Il giudice provvede sul
ricorso con decreto, contro il quale è ammesso reclamo a norma dell'articolo
739. Se l'istanza di autorizzazione a vendere riguarda l'oggetto d'un legato di
specie, il ricorso deve essere notificato al legatario. Art. 748 Forma della
vendita La vendita dei beni ereditari deve compiersi nelle forme previste per
la vendita dei beni dei minori. Il giudice, quando occorre, fissa le modalità
per la conservazione e il reimpiego del prezzo ricavato. Art. 749 Procedimento
per la fissazione dei termini L'istanza per fissazione di un termine entro il
quale una persona deve emettere una dichiarazione o compiere un determinato
atto, se non è proposta nel corso di un giudizio, si propone con ricorso al
pretore del luogo in cui si è aperta la successione. Il pretore fissa con
decreto l'udienza di comparizione del ricorrente e della persona alla quale il
termine deve essere imposto e stabilisce il termine entro il quale il ricorso e
il decreto debbono essere notificati, a cura del ricorrente, alla persona
stessa. Il pretore provvede con ordinanza, contro la quale è ammesso reclamo a
norma dell'articolo 739. Il tribunale provvede con ordinanza non impugnabile in
camera di consiglio, previa audizione degli interessati a norma del comma
precedente. Le stesse forme si osservano per chiedere la proroga di un termine
stabilito dalla legge. La proroga del termine stabilito dal giudice si chiede
al giudice stesso. Art. 750 Provvedimenti del presidente del tribunale relativi
alle cauzioni e agli esecutori testamentari L'istanza per l'imposizione di una
cauzione a carico dell'erede o del legatario, nei casi previsti dalla legge, è
proposta, quando non vi è giudizio pendente, con ricorso al presidente del
tribunale del luogo in cui si è aperta la successione. Il presidente fissa con
decreto l'udienza di comparizione del ricorrente e dell'erede o legatario
davanti a sè e stabilisce il termine entro il quale il ricorso e il decreto
debbono essere loro notificati. Il presidente stabilisce le modalità e
l'ammontare della cauzione con ordinanza, contro la quale è ammesso reclamo al
presidente della Corte d'appello a norma dell'articolo 739. Il presidente della
Corte d'appello provvede con ordinanza non impugnabile, previa audizione degli
interessati a norma del comma precedente. Le stesse forme si osservano nei casi
previsti negli articoli 708 e 710 del codice civile, relativamente agli
esecutori testamentari. Art. 751 Scelta dell'onerato L'istanza per la scelta
prevista nell'articolo 631, ultimo comma, del codice civile è proposta con
ricorso, che deve essere notificato a colui al quale spettava il diritto di
scelta e all'onerato. La scelta è fatta dal presidente del tribunale con
decreto. Capo II: DELL'APPOSIZIONE E DELLA RIMOZIONE DEI SIGILLI Sezione I:
DELL'APPOSIZIONE DEI SIGILLI Art. 752 Giudice competente All'apposizione dei
sigilli procede il pretore. Nei comuni in cui non ha sede il pretore, i sigilli
possono essere apposti in caso di urgenza, dal conciliatore. Il processo
verbale è trasmesso immediatamente al pretore. Art. 753 Persone che possono
chiedere l'apposizione Possono chiedere l'apposizione dei sigilli: 1)
l'esecutore testamentario; 2) coloro che possono avere diritto alla
successione; 3) le persone che coabitavano col defunto, o che al momento della
morte erano addette al suo servizio, se il coniuge, gli eredi o alcuno di essi
sono assenti dal luogo; 4) i creditori. L'istanza si propone mediante ricorso,
nel quale il proponente deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel
comune in cui ha sede la pretura. Art. 754 Apposizione d'ufficio L'apposizione
dei sigilli è disposta d'ufficio o su richiesta del pubblico ministero nei casi
seguenti: 1) se il coniuge o alcuno degli eredi è assente dal luogo; 2) se tra
gli eredi vi sono minori o interdetti e manca il tutore o il curatore; 3) se il
defunto è stato depositario pubblico, oppure ha rivestito cariche o funzioni
per effetto delle quali si ritiene che possano trovarsi presso di lui atti
della pubblica amministrazione o comunque di carattere riservato. La
disposizione di questo articolo non si applica nei casi indicati nei numeri 1 e
2, se il defunto ha disposto altrimenti con testamento. Nel caso indicato nel
numero 3 i sigilli si appongono soltanto sugli oggetti depositati, o ai locali
o mobili nei quali possono trovarsi gli atti ivi enunciati. Art. 755 Poteri del
pretore Se le porte sono chiuse, o si incontrano ostacoli all'apposizione dei
sigilli, o sorgono altre difficoltà, tanto prima quanto durante l'apposizione,
il pretore può ordinare l'apertura delle porte e dare gli altri provvedimenti
opportuni. Art. 756 Custodia delle chiavi Le chiavi delle serrature, sulle
quali sono stati apposti i sigilli, finchè non sia ordinata la rimozione di
questi, debbono essere custodite dal cancelliere. Art. 757 Conservazione di
testamenti e di carte Se nel procedere all'apposizione dei sigilli si trovano
testamenti o altre carte importanti, il pretore provvede alla conservazione di
essi. Se non può provvedervi nello stesso giorno, nel processo verbale descrive
la forma esterna delle carte, e le chiude in un involto da lui sigillato e sottoscritto
in presenza delle parti, fissando il giorno e l'ora in cui emetterà i
provvedimenti ulteriori. Art. 758 Cose su cui non si possono apporre sigilli e
cose deteriorabili Se vi sono oggetti sui quali non è possibile apporre i
sigilli, o che sono necessari all'uso personale di coloro che abitano nella
casa, se ne fa descrizione nel processo verbale. Delle cose che possono
deteriorarsi, il pretore può ordinare con decreto la vendita immediata,
incaricando un commissionario a norma degli articoli 532 e seguenti. Art. 759
Informazioni e nomina del custode Durante le operazioni di apposizione dei
sigilli, il pretore assume le informazioni che ritiene opportune allo scopo di
accertare che nessuna cosa sia stata asportata. Per la conservazione delle cose
sigillate nomina un custode. Art. 760 Apposizione di sigilli durante e dopo
l'inventario L'apposizione dei sigilli che viene chiesta durante l'inventario
può aver luogo soltanto per gli oggetti non inventariati. Esaurito
l'inventario, non si fa luogo all'apposizione dei sigilli, salvo che
l'inventario sia impugnato. Art. 761 Accesso nei luoghi sigillati Il pretore e
il cancelliere non possono entrare nei luoghi chiusi con l'apposizione dei
sigilli, finchè non ne sia stata ordinata la rimozione a norma dell'articolo
762, salvo che il pretore disponga con decreto motivato l'accesso per urgenti
motivi. Sezione II: DELLA RIMOZIONE DEI SIGILLI Art. 762 Termine I sigilli non
possono essere rimossi e l'inventario non può essere eseguito se non dopo tre
giorni dall'apposizione, salvo che il pretore per cause urgenti stabilisca
altrimenti con decreto motivato. Se alcuno degli eredi è minore non emancipato,
non si può procedere alla rimozione dei sigilli finchè non gli sia stato
nominato un tutore o un curatore speciale. Art. 763 Provvedimento di rimozione
La rimozione dei sigilli è ordinata con decreto dal pretore su istanza di
alcuna delle persone indicate nell'articolo 753 numeri 1, 2 e 4. Nei casi
previsti nell'articolo 754 può essere ordinata anche d'ufficio e, se ricorrano
le ipotesi di cui ai numeri 2 e 3, la rimozione deve essere seguita
dall'inventario. L'istanza e il decreto sono stesi di seguito al processo
verbale di apposizione. Art. 764 Opposizione Chiunque vi ha interesse può fare
opposizione alla rimozione dei sigilli con dichiarazione inserita nel processo
verbale di apposizione o con ricorso al pretore. Il pretore fissa con decreto
una udienza per la comparizione delle parti e stabilisce il termine perentorio
entro il quale il decreto stesso deve essere notificato a cura dell'opponente.
Il pretore provvede con ordinanza non impugnabile, e, se ordina la rimozione,
può disporre che essa sia seguita dall'inventario e può dare le opportune
cautele per la conservazione delle cose che sono oggetto di contestazione. Art.
765 Ufficiale procedente La rimozione dei sigilli è eseguita dall'ufficiale che
può procedere all'inventario a norma dell'articolo 769. Se non occorre
l'inventario, la rimozione è eseguita dal cancelliere della pretura. Nei comuni
in cui non ha sede la pretura la rimozione può essere eseguita dal cancelliere
del conciliatore. Art. 766 Avviso alle persone interessate Non si può procedere
alla rimozione dei sigilli senza che ne sia stato dato avviso, nelle forme
stabilite nell'articolo 772, alle persone indicate nell'articolo 771. Art. 767
Alterazioni nello stato dei sigilli L'ufficiale che procede alla rimozione dei
sigilli deve innanzitutto riconoscerne lo stato. Se trova in essi qualche
alterazione, deve sospendere ogni operazione ulteriore, facendone
immediatamente rapporto al pretore, il quale si trasferisce sul luogo per le
verificazioni occorrenti e per i provvedimenti necessari anche per la
prosecuzione dell'inventario. Art. 768 Disposizione generale Le disposizioni di
questo capo si osservano in ogni altro caso in cui si debba procedere ad
apposizione o rimozione di sigilli, salvo che la legge stabilisca altrimenti.
Capo III: DELL'INVENTARIO Art. 769 Istanza L'inventario può essere chiesto al
pretore dalle persone che hanno diritto di ottenere la rimozione dei sigilli ed
è eseguito dal cancelliere della pretura o da un notaio designato dal defunto
con testamento o nominato dal pretore. L'istanza si propone con ricorso, nel
quale il richiedente deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune
in cui ha sede la pretura. Il pretore provvede con decreto. Art. 770 Inventario
da eseguirsi dal notaio Quando all'inventario deve procedere un notaio, il
cancelliere gli consegna, ritirandone ricevuta: 1) le chiavi da lui custodite a
norma dell'articolo 756; 2) copia del processo verbale di apposizione dei
sigilli, dell'istanza e del decreto di rimozione; 3) una nota delle opposizioni
che sono state proposte con indicazione del nome, cognome degli opponenti e
della loro residenza o del domicilio da essi eletto. La copia indicata nel
numero 2 e la nota indicata nel numero 3 sono unite all'inventario. Art. 771
Persone che hanno diritto ad assistere all'inventario Hanno diritto ad
assistere alla formazione dell'inventario: 1) il coniuge superstite; 2) gli
eredi legittimi presunti; 3) l'esecutore testamentario, gli eredi istituiti e i
legatari; 4) i creditori che hanno fatto opposizione alla rimozione dei
sigilli. Art. 772 Avviso dell'inizio dell'inventario L'ufficiale che procede
all'inventario deve dare avviso, almeno tre giorni prima, alle persone indicate
nell'articolo precedente del luogo, giorno e ora in cui darà inizio alle
operazioni. L'avviso non è necessario per le persone che non hanno residenza o
non hanno eletto domicilio nella circoscrizione del tribunale, nella quale si
procede all'inventario; ma in loro vece deve essere avvertito il notaio che, su
istanza di chi ha chiesto l'inventario, è nominato con decreto dal pretore per
rappresentarli. Art. 773 Nomina di stimatore L'ufficiale che procede
all'inventario nomina, quando occorre, uno o più stimatori per la valutazione
degli oggetti mobili. Art. 774 Rinvio delle operazioni Quando l'inventario non
può essere ultimato nel giorno del suo inizio, l'ufficiale che vi procede ne
rinvia la continuazione a un giorno prossimo, avvertendone verbalmente le parti
presenti. Art. 775 Processo verbale d'inventario Il processo verbale
d'inventario contiene: 1) la descrizione degli immobili, mediante l'indicazione
della loro natura, della loro situazione, dei loro confini e dei numeri del
catasto e delle mappe censuarie; 2) la descrizione e la stima dei mobili, con
la specificazione del peso o del marchio per gli oggetti d'oro e d'argento; 3)
l'indicazione della quantità e specie delle monete per il danaro contante; 4)
l'indicazione delle altre attività e passività; 5) la descrizione delle carte,
scritture e note relative allo stato attivo e passivo, le quali debbono essere
firmate in principio e in fine dall'ufficiale procedente. Lo stesso ufficiale
deve accertare sommariamente lo stato dei libri e dei registri di commercio,
firmarne i fogli, e lineare gli intervalli. Se alcuno degli interessati
contesta l'opportunità d'inventariare qualche oggetto, l'ufficiale lo descrive
nel processo verbale, facendo menzione delle osservazioni e istanze delle
parti. Art. 776 Consegna delle cose mobili inventariate Le cose mobili e le
carte inventariate sono consegnate alla persona indicata dalle parti
interessate, o, in mancanza, nominata con decreto del pretore, su istanza di una
delle parti, sentite le altre. Art. 777 Applicabilità delle norme agli altri
casi di inventario Le disposizioni contenute in questo capo (sezione) si
applicano a ogni inventario ordinato dalla legge, salve le formalità speciali
stabilite dal codice civile per l'inventario dei beni dei minori. Capo IV: DEL
BENEFICIO DI INVENTARIO Art. 778 Reclami contro lo stato di graduazione I
reclami contro lo stato di graduazione previsti nell'articolo 501 del codice
civile sono proposti al pretore o al tribunale competente per valore del luogo
dell'aperta successione. Il valore della causa è determinato da quello
dell'attivo ereditario calcolato sulla stima di inventario dei mobili e a norma
dell'articolo 15 per gli immobili. I reclami si propongono con citazione da notificarsi
all'erede e a coloro i cui diritti sono contestati, e sono decisi in unico
giudizio. Art. 779 Istanza di liquidazione proposta dai creditori e legatari
L'istanza dei creditori e legatari prevista nell'articolo 509 del codice civile
si propone con ricorso. Il pretore fissa con decreto l'udienza di comparizione
dell'erede e di coloro che hanno presentato le dichiarazioni di credito. Il
decreto è comunicato alle parti dal cancelliere. Il pretore provvede
sull'istanza con ordinanza, contro la quale è ammesso reclamo a norma
dell'articolo 739. Il tribunale provvede con ordinanza non impugnabile in
camera di consiglio, previa audizione degli interessati a norma del comma
precedente. L'istanza di nomina non può essere accolta e la nomina avvenuta
deve essere revocata in sede di reclamo, se alcuno dei creditori si oppone e
dichiara di voler far valere la decadenza dell'erede dal beneficio
d'inventario. Se l'erede contesta l'esistenza delle condizioni previste
nell'articolo 509 del codice civile, il pretore rimette le parti davanti al
giudice competente, fissando un termine perentorio per la riassunzione e
disponendo gli opportuni mezzi conservativi, compresa eventualmente la nomina
del curatore. Articolo così sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857. Art.
780 Domanda dell'erede contro l'eredità Le domande dell'erede con beneficio
d'inventario contro l'eredità sono proposte contro gli altri eredi. Se non vi
sono eredi o se tutti propongono la stessa domanda, il giudice nomina un
curatore in rappresentanza dell'eredità. Capo V: DEL CURATORE DELL'EREDITÀ
GIACENTE Art. 781 Notificazione del decreto di nomina Il decreto di nomina del
curatore dell'eredità giacente è notificato alla persona nominata a cura del
cancelliere, nel termine stabilito nello stesso decreto. Art. 782 Vigilanza del
pretore L'amministrazione del curatore si svolge sotto la vigilanza del
pretore. Questi, quando lo crede opportuno, può prefiggere, con decreto,
termini per la presentazione dei conti della gestione, e può in ogni tempo revocare
o sostituire il curatore. Gli atti del curatore che eccedono l'ordinaria
amministrazione debbono essere autorizzati dal pretore. Art. 783 Vendita di
beni ereditari La vendita di beni mobili deve essere promossa dal curatore nei
trenta giorni successivi alla formazione dell'inventario, salvo che il pretore,
con decreto motivato, non disponga altrimenti. La vendita dei beni immobili può
essere autorizzata dal tribunale con decreto in camera di consiglio soltanto
nei casi di necessità o utilità evidente. Titolo V: DELLO SCIOGLIMENTO DI
COMUNIONI Art. 784 Litisconsorzio necessario Le domande di divisione ereditaria
o di scioglimento di qualsiasi altra comunione debbono proporsi in confronto di
tutti gli eredi o condomini e dei creditori opponenti se vi sono. Art. 785
Pronuncia sulla domanda di divisione Se non sorgono contestazioni sul diritto
alla divisione, essa è disposta con ordinanza dal giudice istruttore;
altrimenti questi provvede a norma dell'articolo 187. Art. 786 Direzione delle
operazioni Le operazioni di divisione sono dirette dal giudice istruttore, il
quale, anche nel corso di esse, può delegarne la direzione a un notaio. Art.
787 Vendita di mobili Quando occorre procedere alla vendita di mobili, censi o
rendite, il giudice istruttore o il notaio delegato procede a norma degli
articoli 534 e seguenti, se non sorge controversia sulla necessità della
vendita. Se sorge controversia, la vendita non può essere disposta se non con
sentenza del collegio. Art. 788 Vendita di immobili Quando occorre procedere
alla vendita di immobili, il giudice istruttore provvede con ordinanza a norma
degli articoli 576 e seguenti, se non sorge controversia sulla necessità della
vendita. Se sorge controversia, la vendita non può essere disposta se non con
sentenza del collegio. L'incanto si svolge davanti al giudice istruttore che,
quando occorre, può disporre altri incanti a norma dell'articolo 591. Quando le
operazioni sono affidate a un notaio, questi provvede direttamente alla
vendita, a norma delle disposizioni del presente articolo. Art. 789 Progetto di
divisione e contestazioni su di esso Il giudice istruttore predispone un
progetto di divisione che deposita in cancelleria e fissa con decreto l'udienza
di discussione del progetto, ordinando la comparizione dei condividenti e dei
creditori intervenuti. Il decreto è comunicato alle parti. Se non sorgono
contestazioni, il giudice istruttore, con ordinanza non impugnabile, dichiara
esecutivo il progetto, altrimenti provvede a norma dell'articolo 187. In ogni
caso il giudice istruttore dà con ordinanza le disposizioni necessarie per
l'estrazione a sorte dei lotti. Art. 790 Operazioni davanti al notaio Se a
dirigere le operazioni di divisione è stato delegato un notaio, questi dà
avviso, almeno cinque giorni prima, ai condividenti e ai creditori intervenuti
del luogo, giorno e ora in cui le operazioni avranno inizio. Le operazioni si
svolgono alla presenza delle parti, assistite, se lo richiedono e a loro spese,
dai propri procuratori. Se nel corso delle operazioni sorgono contestazioni in
ordine alle stesse, il notaio redige apposito processo verbale che trasmette al
giudice istruttore. Questi fissa con decreto un'udienza per la comparizione
delle parti, alle quali il decreto stesso è comunicato dal cancelliere. Sulle
contestazioni il giudice provvede con ordinanza. Art. 791 Progetto di divisione
formato dal notaio Il notaio redige unico processo verbale delle operazioni
effettuate. Formato il progetto delle quote e dei lotti, se le parti non si
accordano su di esso, il notaio trasmette il processo verbale al giudice
istruttore, entro cinque giorni dalla sottoscrizione. Il giudice provvede come
al penultimo comma dell'articolo precedente per la fissazione dell'udienza di
comparizione delle parti e quindi emette i provvedimenti di sua competenza a
norma dell'articolo 187. L'estrazione dei lotti non può avvenire se non in base
a ordinanza del giudice, emessa a norma dell'articolo 789 ultimo comma o a
sentenza passata in giudicato. Titolo VI: DEL PROCESSO DI LIBERAZIONE DEGLI IMMOBILI
DALLE IPOTECHE Art. 792 Deposito del prezzo L'acquirente che ha dichiarato al
precedente proprietario e ai creditori iscritti di volere liberare l'immobile
acquistato dalle ipoteche deve chiedere, con ricorso al presidente del
tribunale competente per la espropriazione, la determinazione dei modi per il
deposito del prezzo offerto. Il presidente provvede con decreto. Se non sono
state fatte richieste di espropriazione nei quaranta giorni successivi alla
notificazione della dichiarazione al precedente proprietario e ai creditori
iscritti, l'acquirente, nel termine perentorio di sessanta giorni dalla
notificazione, deve depositare nei modi prescritti dal presidente del tribunale
il prezzo offerto e presentare nella cancelleria il certificato del deposito, il
titolo d'acquisto col certificato di trascrizione, un estratto autentico dello
stato ipotecario e l'originale dell'atto notificato al precedente proprietario
e ai creditori iscritti. Art. 793 Convocazione dei creditori Su presentazione
da parte del cancelliere dei documenti indicati nell'articolo precedente, il
presidente designa con decreto un giudice per il procedimento e fissa l'udienza
di comparizione dell'acquirente, del precedente proprietario e dei creditori
iscritti, e stabilisce il termine perentorio entro il quale il decreto deve
essere notificato alle altre parti, a cura dell'acquirente. Art. 794
Provvedimenti del giudice All'udienza il giudice, accertata la regolarità del
deposito e degli atti del procedimento, dispone con ordinanza la cancellazione
delle ipoteche iscritte anteriormente alla trascrizione del titolo
dell'acquirente che ha chiesto la liberazione, e quindi provvede alla
distribuzione del prezzo a norma degli articoli 596 e seguenti. Art. 795
Espropriazione Se è fatta istanza di espropriazione, il giudice, verificate le
condizioni stabilite dalla legge per l'ammissibilità di essa, dispone con
decreto che si proceda a norma degli articoli 567 e seguenti. La vendita non
può essere fatta che all'incanto a norma degli articoli 576 e seguenti.
L'incanto si apre sul prezzo offerto dal creditore istante. Alla distribuzione
della somma ricavata partecipano, oltre ai creditori privilegiati e ipotecari,
i creditori dell'acquirente. Quest'ultimo ha diritto di essere collocato nella
graduazione con privilegio per le spese sopportate per la dichiarazione di
liberazione. Titolo VII: DELL'EFFICACIA DELLE SENTENZE STRANIERE E
DELL'ESECUZIONE DI ALTRI ATTI DI AUTORITÀ STRANIERE Art. 796 Giudice competente
Chi vuol far valere nella Repubblica una sentenza straniera deve proporre
domanda mediante citazione davanti alla Corte d'appello del luogo in cui la
sentenza deve avere attuazione. La dichiarazione di efficacia può essere
chiesta in via diplomatica, quando ciò è consentito dalle convenzioni internazionali
oppure dalla reciprocità. In questo caso, se la parte interessata non ha
costituito un procuratore, il presidente della Corte d'appello, su richiesta
del pubblico ministero, nomina un curatore speciale per proporre la domanda.
L'intervento del pubblico ministero è sempre necessario. Articolo abrogato, a
decorrere dal 31 dicembre 1996, dall'art. 73, L. 31 maggio 1995, n. 218. Art.
797 Condizioni per la dichiarazione di efficacia La Corte d'appello dichiara
con sentenza l'efficacia nella Repubblica della sentenza straniera quando
accerta: 1) che il giudice dello Stato nel quale la sentenza è stata
pronunciata poteva conoscere della causa secondo i principi sulla competenza
giurisdizionale vigenti nell'ordinamento italiano; 2) che la citazione è stata
notificata in conformità alla legge del luogo dove si è svolto il giudizio ed è
stato in essa assegnato un congruo termine a comparire; 3) che le parti si sono
costituite in giudizio secondo la legge del luogo o la contumacia è stata
accertata e dichiarata validamente in conformità della stessa legge; 4) che la
sentenza è passata in giudicato secondo la legge del luogo in cui è stata
pronunciata; 5) che essa non è contraria ad altra sentenza pronunciata da un
giudice italiano; 6) che non è pendente davanti a un giudice italiano un
giudizio per il medesimo oggetto e tra le stesse parti, istituito prima del
passaggio in giudicato della sentenza straniera; 7) che la sentenza non
contiene disposizioni contrarie all'ordine pubblico italiano. Ai fini
dell'attuazione il titolo è costituito dalla sentenza straniera e da quella
della Corte d'appello che ne dichiara l'efficacia. Articolo abrogato, a
decorrere dal 31 dicembre 1996, dall'art. 73, L. 31 maggio 1995, n. 218. Art.
798 Riesame del merito Su domanda del convenuto la Corte di appello procede al
riesame del merito della causa, quando la sentenza è stata pronunciata in
contumacia, o quando ricorre alcuno dei casi indicati nei numeri 1, 2, 3, 4 e 6
dell'articolo 395. In questi casi la corte, secondo i risultati della
istruzione e della discussione, decide sul merito, oppure dichiara l'efficacia
della sentenza straniera. Articolo abrogato, a decorrere dal 31 dicembre 1996,
dall'art. 73, L. 31 maggio 1995, n. 218. Art. 799 Dichiarazione di efficacia in
giudizio pendente La sentenza straniera può essere fatta valere anche in corso
di giudizio, quando il giudice di questo accerta che ricorrono le condizioni
indicate nell'articolo 797. Tale accertamento produce effetti soltanto nel
giudizio in cui la sentenza straniera è fatta valere. Ma, se vi procede la
Corte d'appello competente a norma dell'articolo 796, l'efficacia della
sentenza può essere, su istanza di parte, espressamente dichiarata a tutti gli
effetti. Se la parte contro la quale è fatta valere la sentenza domanda il
riesame del merito a norma dell'articolo precedente, il giudice sospende il
procedimento e fissa un termine perentorio per proporre la domanda di riesame
davanti alla Corte d'appello competente. Articolo abrogato, a decorrere dal 31
dicembre 1996, dall'art. 73, Legge 31 maggio 1995, n. 218. Art. 800 Sentenze
arbitrali straniere Le disposizioni degli articoli precedenti si applicano
anche alle sentenze arbitrali straniere, pronunciate tra stranieri o tra uno
straniero e un cittadino oppure tra cittadini domiciliati o residenti
all'estero, purchè non riguardino le controversie che non possono formare
oggetto di compromesso a norma dell'articolo 806 e, secondo la legge del luogo
in cui sono state pronunciate, abbiano efficacia di una sentenza dell'autorità
giudiziaria. Articolo abrogato dall'art. 24, L. 5 gennaio 1994, n. 25. Art. 801
Provvedimenti stranieri di volontaria giurisdizione Agli atti di giudici
stranieri in materia di volontaria giurisdizione, quando si vuole farli valere
in Italia, è attribuita efficacia nella Repubblica a norma degli articoli 796 e
797 in quanto applicabili. Articolo abrogato, a decorrere dal 31 dicembre 1996,
dall'art. 73, L. 31 maggio 1995, n. 218. Art. 802 Assunzione di mezzi di prova
disposti da giudici stranieri Le sentenze e i provvedimenti di giudici
stranieri riguardanti esami di testimoni, accertamenti tecnici, giuramenti,
interrogatori o altri mezzi di prova da assumersi nelle Repubblica sono resi
esecutivi con decreto della Corte d'appello del luogo in cui si deve procedere
a tali atti, sentito il pubblico ministero. Se l'assunzione dei mezzi di prova
è chiesta dalla parte interessata, l'istanza è proposta alla Corte mediante
ricorso, al quale deve essere unita copia autentica della sentenza o del
provvedimento che ha ordinato gli atti chiesti. Se l'assunzione è domandata
dallo stesso giudice, la richiesta deve essere trasmessa in via diplomatica. La
Corte delibera in camera di consiglio e, qualora autorizzi l'assunzione,
rimette gli atti al giudice competente. Articolo abrogato, a decorrere dal 31
dicembre 1996, dall'art. 73, Legge 31 maggio 1995, n. 218. Art. 803 Esecuzione
richiesta in via diplomatica Se la richiesta per l'assunzione di mezzi di prova
di atti di istruzione è fatta in via diplomatica e la parte interessata non ha
costituito un procuratore che ne promuova l'assunzione, i provvedimenti
necessari per questa sono pronunciati d'ufficio dal giudice procedente, e le
notificazioni sono fatte a cura del cancelliere. Quando i mezzi richiesti lo
esigono, lo stesso giudice può nominare d'ufficio un procuratore che
rappresenti la parte interessata. Articolo abrogato, a decorrere dal 31
dicembre 1996, dall'art. 73, L. 31 maggio 1995, n. 218. Art. 804 Atti pubblici
ricevuti all'estero L'efficacia esecutiva nella Repubblica degli atti
contrattuali ricevuti da pubblico ufficiale in paese estero è dichiarata con
sentenza della Corte d'appello del luogo in cui l'atto deve eseguirsi, previo
accertamento che l'atto ha forza esecutiva nel paese estero nel quale è stato
ricevuto e che non contiene disposizioni contrarie all'ordine pubblico
italiano. Articolo abrogato, a decorrere dal 31 dicembre 1996, dall'art. 73, L.
31 maggio 1995, n. 218. Art. 805 Notificazione di atti giudiziari di autorità
straniere La notificazione di citazioni a comparire davanti ad autorità
straniere o di altri atti provenienti da uno stato estero è autorizzata dal
pubblico ministero presso il tribunale, nella cui giurisdizione la
notificazione si deve eseguire. La notificazione richiesta in via diplomatica è
eseguita, a cura del pubblico ministero, da un ufficiale giudiziario da lui
richiesto. Articolo abrogato, a decorrere dal 31 dicembre 1996, dall'art. 73,
L. 31 maggio 1995, n. 218. Titolo VIII: DELL'ARBITRATO Capo I: DEL COMPROMESSO
E DELLA CLAUSOLA COMPROMISSORIA Art. 806 Compromesso Le parti possono far
decidere da arbitri le controversie tra di loro insorte, tranne quelle previste
negli articoli 409 e 442, quelle che riguardano questioni di stato e di
separazione personale tra coniugi e le altre che non possono formare oggetto di
transazione. Art. 807 Forma del compromesso Il compromesso deve, a pena di
nullità, essere fatto per iscritto e determinare l'oggetto della controversia.
La forma scritta s'intende rispettata anche quando la volontà delle parti è
espressa per telegrafo o telescrivente (1). Al compromesso si applicano le
disposizioni che regolano la validità dei contratti eccedenti l'ordinaria
amministrazione. (1) Comma aggiunto dall'art. 2, Legge 5 gennaio 1994, n. 25.
Art. 808 Clausola compromissoria Le parti, nel contratto che stipulano o in un
atto separato, possono stabilire che le controversie nascenti dal contratto
medesimo siano decise da arbitri, purchè si tratti di controversie che possono
formare oggetto di compromesso. La clausola compromissoria deve risultare da
atto avente la forma richiesta per il compromesso ai sensi dell'art. 807, commi
1° e 2°. Le controversie di cui all'articolo 409 possono essere decise da
arbitri solo se ciò sia previsto nei contratti e accordi collettivi di lavoro,
purchè ciò avvenga, a pena di nullità, senza pregiudizio della facoltà delle
parti di adire l'autorità giudiziaria. La clausola compromissoria contenuta in
contratti o accordi collettivi o in contratti individuali di lavoro è nulla ove
autorizzi gli arbitri a pronunciare secondo equità ovvero dichiari il lodo non
impugnabile. La validità della clausola compromissoria deve essere valutata in
modo autonomo rispetto al contratto al quale si riferisce; tuttavia, il potere
di stipulare il contratto comprende il potere di convenire la clausola
compromissoria. Articolo così sostituito dall'art. 3, Legge 5 gennaio 1994, n.
25. Art. 809 Numero e modo di nomina degli arbitri Gli arbitri possono essere
uno o più, purchè in numero dispari. Il compromesso o la clausola
compromissoria deve contenere la nomina degli arbitri oppure stabilire il
numero di essi e il modo di nominarli. In caso di indicazione di un numero pari
di arbitri, l'ulteriore arbitro, se le parti non hanno diversamente convenuto,
è nominato dal presidente del tribunale nei modi previsti dall'articolo 810.
Qualora manchi l'indicazione del numero degli arbitri e le parti non si
accordino a riguardo, gli arbitri sono tre e, in mancanza di nomina, se le
parti non hanno diversamente convenuto, provvede il presidente del tribunale
nei modi previsti dall'articolo 810 (1). (1) Comma così sostituito dall'art. 4,
Legge 5 gennaio 1994, n. 25. Capo II: DEGLI ARBITRI Art. 810 Nomina degli
arbitri Quando a norma del compromesso o della clausola compromissoria gli
arbitri debbono essere nominati dalle parti, ciascuna di esse, con atto
notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, può rendere noto all'altra
l'arbitro o gli arbitri che essa nomina, con invito a procedere alla
designazione dei propri. La parte, alla quale è rivolto l'invito, deve
notificare, nei venti giorni successivi, le generalità dell'arbitro o degli
arbitri da essa nominati. In mancanza, la parte che ha fatto l'invito può
chiedere, mediante ricorso, che la nomina sia fatta dal presidente del tribunale
nella cui circoscrizione è la sede dell'arbitrato. Se le parti non hanno ancora
determinato tale sede, il ricorso è presentato al presidente del tribunale del
luogo in cui è stato stipulato il compromesso o il contratto al quale si
riferisce la clausola compromissoria oppure, se tale luogo è all'estero, al
presidente del tribunale di Roma. Il presidente, sentita, quando occorre,
l'altra parte, provvede con ordinanza non impugnabile (1). La stessa
disposizione si applica se la nomina di uno o più arbitri sia dal compromesso o
dalla clausola compromissoria demandata all'autorità giudiziaria o se, essendo
demandata a un terzo, questi non vi abbia provveduto. (1) Comma così sostituito
dall'art. 5, Legge 5 gennaio 1994, n. 25. Art. 811 Sostituzione di arbitri
Quando per qualsiasi motivo vengano a mancare tutti o alcuni degli arbitri
nominati, si provvede alla loro sostituzione secondo quanto è stabilito per la
loro nomina nel compromesso o nella clausola compromissoria. Se la parte a cui
spetta o il terzo non vi provvede o se il compromesso o la clausola
compromissoria nulla dispongono al riguardo, si applicano le disposizioni
dell'articolo precedente. Art. 812 Capacità di essere arbitro Gli arbitri
possono essere sia cittadini italiani sia stranieri (1). Non possono essere
arbitri i minori, gli interdetti, gli inabilitati, i falliti, e coloro che sono
sottoposti a interdizione dai pubblici uffici. (1) Comma così sostituito dalla
Legge 9 febbraio 1983, n. 28. Art. 813 Accettazione e obblighi degli arbitri
L'accettazione degli arbitri deve essere data per iscritto e può risultare
dalla sottoscrizione del compromesso. Gli arbitri debbono pronunciare il lodo
entro il termine stabilito dalle parti o dalla legge; in mancanza, nel caso di
annullamento del lodo per questo motivo, sono tenuti al risarcimento dei danni.
Sono egualmente tenuti al risarcimento dei danni se dopo l'accettazione
rinunciano all'incarico senza giustificato motivo. Se le parti non hanno
diversamente convenuto, l'arbitro che omette o ritarda di compiere un atto
relativo alle sue funzioni, può essere sostituito d'accordo tra le parti o dal
terzo a ciò incaricato dal compromesso o dalla clausola compromissoria. In
mancanza, decorso il termine di quindici giorni da apposita diffida comunicata
per mezzo di lettera raccomandata all'arbitro per ottenere l'atto, ciascuna
delle parti può proporre ricorso al presidente del tribunale nella cui
circoscrizione è la sede dell'arbitrato. Il presidente, sentite le parti,
provvede con ordinanza non impugnabile e, ove accerti l'omissione o il ritardo,
dichiara la decadenza dell'arbitro e provvede alla sua sostituzione. Articolo
così sostituito dall'art. 6, Legge 5 gennaio 1994, n. 25. Art. 814 Diritti
degli arbitri Gli arbitri hanno diritto al rimborso delle spese e all'onorario
per l'opera prestata, salvo che vi abbiano rinunciato al momento
dell'accettazione o con atto scritto successivo. Le parti sono tenute
solidalmente al pagamento, salvo rivalsa tra loro. Quando gli arbitri
provvedono direttamente alla liquidazione delle spese e dell'onorario, tale
liquidazione non è vincolante per le parti se esse non l'accettano. In tal caso
l'ammontare delle spese e dell'onorario è determinato con ordinanza non
impugnabile dal presidente del tribunale indicato nell'articolo 810 secondo
comma, su ricorso degli arbitri e sentite le parti. L'ordinanza è titolo
esecutivo contro le parti. Art. 815 Ricusazione degli arbitri La parte può
ricusare l'arbitro, che essa non ha nominato, per i motivi indicati
nell'articolo 51. La ricusazione è proposta mediante ricorso al presidente del
tribunale indicato nell'articolo 810, secondo comma, entro il termine
perentorio di dieci giorni dalla notificazione della nomina o dalla
sopravvenuta conoscenza della causa di ricusazione. Il presidente pronuncia con
ordinanza non impugnabile, sentito l'arbitro ricusato e assunte, quando
occorre, sommarie informazioni (1). (1) Comma così sostituito dall'art. 7,
Legge 5 gennaio 1994, n. 25. Capo III: DEL PROCEDIMENTO Art. 816 Svolgimento
del procedimento Le parti determinano la sede dell'arbitrato nel territorio
della Repubblica; altrimenti provvedono gli arbitri nella loro prima riunione.
Le parti possono stabilire nel compromesso, nella clausola compromissoria o con
atto scritto separato, purchè anteriore all'inizio del giudizio arbitrale, le
norme che gli arbitri debbono osservare nel procedimento. In mancanza di tali
norme gli arbitri hanno facoltà di regolare lo svolgimento del giudizio nel
modo che ritengono più opportuno. Essi debbono in ogni caso assegnare alle
parti i termini per presentare documenti e memorie, e per esporre le loro
repliche. Gli atti di istruzione possono essere delegati dagli arbitri ad uno
di essi. Su tutte le questioni che si presentano nel corso del procedimento gli
arbitri provvedono con ordinanza non soggetta a deposito e revocabile tranne
che nel caso previsto nell'articolo 819. Articolo così sostituito dall'art. 8,
Legge 5 gennaio 1994, n. 25. Art. 817 Eccezione d'incompetenza La parte, che
non eccepisce nel corso del procedimento arbitrale che le conclusioni delle
altre parti esorbitano dai limiti del compromesso o della clausola
compromissoria, non può, per questo motivo, impugnare di nullità il lodo.
Articolo così modificato dall'art. 9, Legge 5 gennaio 1994, n. 25. Art. 818 Provvedimenti
cautelari Gli arbitri non possono concedere sequestri, nè altri provvedimenti
cautelari. Il giudice, che ha concesso un sequestro relativamente a una
controversia compromessa in arbitri, pronuncia anche sulla convalida di esso,
senza pregiudizio della causa di merito. Lo stesso giudice, quando è
intervenuta la pronuncia degli arbitri, provvede all'eventuale revoca del
sequestro (1). (1) Comma abrogato dall'art. 89, Legge 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 819 Questioni incidentali Se nel corso del procedimento sorge una
questione che per legge non può costituire oggetto di giudizio arbitrale, gli
arbitri, qualora ritengano che il giudizio ad essi affidato dipende dalla
definizione di tale questione, sospendono il procedimento. Fuori di tali
ipotesi gli arbitri decidono tutte le questioni insorte nel giudizio arbitrale.
Nel caso previsto dal primo comma il termine stabilito nell'articolo 820 resta
sospeso fino al giorno in cui una delle parti notifichi agli arbitri la
sentenza passata in giudicato che ha deciso la causa incidentale; ma se il
termine che resta a decorrere ha una durata inferiore a sessanta giorni, è
prorogato di diritto fino a raggiungere i sessanta giorni. Articolo così
sostituito dall'art. 10, Legge 5 gennaio 1994, n. 25. Art. 819 bis Connessione
La competenza degli arbitri non è esclusa dalla connessione tra la controversia
ad essi deferita ed una causa pendente dinanzi al giudice. Articolo aggiunto
dall'art. 11, Legge 5 gennaio 1994, n. 25. Art. 819 ter Assunzione delle
testimonianze Gli arbitri possono assumere direttamente presso di sè la
testimonianza, ovvero deliberare di assumere la deposizione del testimone, ove
questi vi consenta, nella sua abitazione o nel suo ufficio. Possono altresì
deliberare di assumere la deposizione richiedendo al testimone di fornire per
iscritto risposte a quesiti nel termine che essi stessi stabiliscono. Articolo
aggiunto dall'art. 12, L. 5 gennaio 1994, n. 25. Capo IV: DEL LODO Rubrica così
sostituita dall'art. 15, Legge 5 gennaio 1994, n. 25. Art. 820 Termini per la
decisione Se le parti non hanno disposto altrimenti, gli arbitri debbono
pronunciare il lodo nel termine di centottanta giorni dall'accettazione della
nomina. Se gli arbitri sono più e l'accettazione non è avvenuta
contemporaneamente da parte di tutti, il termine decorre dall'ultima
accettazione. Il termine è sospeso quando è proposta istanza di ricusazione e
fino alla pronuncia su di essa, ed è interrotto quando occorre procedere alla
sostituzione degli arbitri. Quando debbono essere assunti mezzi di prova o sia
stato pronunciato lodo non definitivo, gli arbitri possono prorogare per una
sola volta il termine e per non più di centottanta giorni. Nel caso di morte di
una delle parti il termine è prorogato di trenta giorni. Le parti, d'accordo,
possono consentire con atto scritto la proroga del termine. Articolo così
sostituito dall'art. 13, L. 5 gennaio 1994, n. 25. Art. 821 Rilevanza del
decorso del termine Il decorso del termine indicato nell'articolo precedente
non può essere fatto valere come causa di nullità del lodo se la parte, prima
della deliberazione del lodo risultante dal dispositivo sottoscritto dalla
maggioranza degli arbitri, non abbia notificato alla altre parti e agli arbitri
che intende far valere la loro decadenza. Articolo così modificato dall'art.
14, Legge 5 gennaio 1994, n. 25. Art. 822 Norme per la deliberazione (.) Gli
arbitri decidono secondo le norme di diritto, salvo che le parti li abbiano
autorizzati con qualsiasi espressione a pronunciare secondo equità. Art. 823 Deliberazione
e requisiti del lodo Il lodo è deliberato a maggioranza di voti dagli arbitri
riuniti in conferenza personale ed è quindi redatto per iscritto. Esso deve
contenere: 1) l'indicazione delle parti; 2) l'indicazione dell'atto di
compromesso o della clausola compromissoria e dei requisiti relativi; 3)
l'esposizione sommaria dei motivi; 4) il dispositivo; 5) l'indicazione della
sede dell'arbitrato e del luogo o del modo in cui è stato deliberato (1); 6) la
sottoscrizione di tutti gli arbitri, con l'indicazione del giorno, mese ed anno
in cui è apposta; la sottoscrizione può avvenire anche in luogo diverso da
quello della deliberazione ed anche all'estero; se gli arbitri sono più di uno,
le varie sottoscrizioni, senza necessità di ulteriore conferenza personale,
possono avvenire in luoghi diversi (2). Tuttavia è valido il lodo sottoscritto
dalla maggioranza degli arbitri, purchè si dia atto che esso è stato deliberato
in conferenza personale di tutti, con l'espressa dichiarazione che gli altri
non hanno voluto o non hanno potuto sottoscriverlo. Il lodo ha efficacia
vincolante tra le parti dalla data della sua ultima sottoscrizione (3). (1)
Numero così sostituito dall'art. 16, L. 5 gennaio 1994, n. 25. (2) Numero così
sostituito dalla L. 9 febbraio 1983, n. 28. (3) Comma aggiunto dalla L. 9
febbraio 1983, n. 28. Art. 824 Luogo di pronuncia Il lodo deve essere
pronunciato nel territorio della Repubblica. Articolo abrograto dall'art. 16,
L. 5 gennaio 1994, n. 25. Art. 825 Deposito del lodo Gli arbitri redigono il
lodo in tanti originali quante sono le parti e ne danno comunicazione a
ciascuna parte, mediante consegna di un originale, anche con spedizione in
plico raccomandato, entro dieci giorni dalla data dell'ultima sottoscrizione.
La parte che intende fare eseguire il lodo nel territorio della Repubblica è
tenuta a depositarlo in originale o in copia conforme, insieme con l'atto di
compromesso o con l'atto contenente la clausola compromissoria o con documento
equipollente, in originale o in copia conforme, nella cancelleria della pretura
nella cui circoscrizione è la sede dell'arbitrato. Il pretore, accertata la
regolarità formale del lodo, lo dichiara esecutivo con decreto. Il lodo reso
esecutivo è soggetto a trascrizione, in tutti i casi nei quali sarebbe soggetta
a trascrizione la sentenza avente il medesimo contenuto. Del deposito e del
provvedimento del pretore è data notizia dalla cancelleria alle parti nei modi
stabiliti nell'articolo 133, secondo comma. Contro il decreto del pretore che
nega l'esecutorietà del lodo è ammesso reclamo mediante ricorso al tribunale,
entro trenta giorni dalla comunicazione; il tribunale, sentite le parti,
provvede in camera di consiglio con ordinanza non impugnabile. Articolo così
sostituito dall'art. 17, Legge 5 gennaio 1994, n. 25. Art. 826 Correzione del
lodo (1) Il lodo può essere corretto, su istanza di parte, dagli stessi arbitri
che lo hanno pronunziato, qualora questi siano incorsi in omissioni o in errori
materiali o di calcolo. Gli arbitri, sentite le parti, provvedono entro venti
giorni. Del provvedimento è data comunicazione alle parti, anche con spedizione
in plico raccomandato, entro 10 dieci giorni dalla data dell'ultima
sottoscrizione. Se il lodo è già stato depositato, la correzione è richiesta al
pretore del luogo in cui lo stesso è depositato. Si applica le disposizioni
dell'art. 288 in quanto compatibili. Articolo così sostituito dall'art. 18,
Legge 5 gennaio 1994, n. 25. (1) Rubrica così sostituita dall'art. 13, Legge 5
gennaio 1994, n. 25. Capo V: DELLE IMPUGNAZIONI Art. 827 Mezzi di impugnazione
Il lodo è soggetto soltanto all'impugnazione per nullità, per revocazione o per
opposizione di terzo. I mezzi di impugnazione possono essere proposti
indipendentemente dal deposito del lodo. Il lodo che decide parzialmente il
merito della controversia è immediatamente impugnabile, ma il lodo che risolve
alcune delle questioni insorte senza definire il giudizio arbitrale è
impugnabile solo unitamente al lodo definitivo. Articolo così sostituito
dall'art. 19, Legge 5 gennaio 1994, n. 25. Art. 828 Impugnazione per nullità
L'impugnazione per nullità si propone, nel termine di novanta giorni dalla
notificazione del lodo, davanti alla corte d'appello nella cui circoscrizione è
la sede dell'arbitrato. L'impugnazione non è più proponibile decorso un anno
dalla data dell'ultima sottoscrizione. L'istanza per la correzione del lodo non
sospende il termine per l'impugnazione; tuttavia il lodo può essere impugnato
relativamente alle parti corrette nei termini ordinari, a decorrere dalla
notificazione della pronuncia di correzione. Articolo così sostituito dall'art.
20, Legge 5 gennaio 1994, n. 25. Art. 829 Casi di nullità L'impugnazione per
nullità è ammessa, nonostante qualunque rinuncia, nei casi seguenti: 1) se il
compromesso è nullo; 2) se gli arbitri non sono stati nominati con le forme e
nei modi prescritti nei capi I e II del presente titolo, purchè la nullità sia
stata dedotta nel giudizio arbitrale; 3) se il lodo è stato pronunciato da chi
non poteva essere nominato arbitro a norma dell'articolo 812; 4) se il lodo ha
pronunciato fuori dei limiti del compromesso o non ha pronunciato su alcuno
degli oggetti del compromesso o contiene disposizioni contraddittorie, salva la
disposizione dell'articolo 817; 5) se il lodo non contiene i requisiti indicati
nei numeri 3, 4, 5 e 6 del secondo comma dell'articolo 823, salvo il disposto
del terzo comma di detto articolo; 6) se il lodo è stato pronunciato dopo la
scadenza del termine indicato nell'articolo 820, salvo il disposto dell'articolo
821; 7) se nel procedimento non sono state osservate le forme prescritte per i
giudizi sotto pena di nullità, quando le parti ne avevano stabilita
l'osservanza a norma dell'articolo 816 e la nullità non è stata sanata; 8) se
il lodo è contrario ad altro precedente lodo non più impugnabile o a precedente
sentenza passata in giudicato tra le parti, purchè la relativa eccezione sia
stata dedotta nel giudizio arbitrale; 9) se non è stato osservato nel
procedimento arbitrale il principio del contraddittorio. L'impugnazione per
nullità è altresì ammessa se gli arbitri nel giudicare non hanno osservato le
regole di diritto, salvo che le parti li avessero autorizzati a decidere
secondo equità, o avessero dichiarato il lodo non impugnabile. Nel caso
previsto nell'articolo 808, secondo comma, il lodo è soggetto all'impugnazione
anche per violazione e falsa applicazione dei contratti e accordi collettivi.
Articolo così sostituito dall'art. 21, Legge 5 gennaio 1994, n. 25. Art. 830
Decisione sull'impugnazione per nullità La corte d'appello, quando accoglie
l'impugnazione, dichiara con sentenza la nullità del lodo; qualora il vizio
incida soltanto su una parte del lodo che sia scindibile dalle altre, dichiara
la nullità parziale del lodo. Salvo volontà contraria di tutte le parti, la
corte d'appello pronuncia anche sul merito, se la causa è in condizione di
essere decisa, ovvero rimette con ordinanza la causa all'istruttore, se per la
decisione del merito è necessaria una nuova istruzione. In pendenza del
giudizio, su istanza di parte, la corte d'appello può sospendere con ordinanza
l'esecutorietà del lodo. Articolo così sostituito dall'art. 22, Legge 5 gennaio
1994, n. 25. Art. 831 Revocazione ed opposizione di terzo Il lodo, nonostante
qualsiasi rinuncia, è soggetto a revocazione nei casi indicati nei numeri 1),
2), 3) e 6) dell'articolo 395, osservati i termini e le forme stabiliti nel
libro secondo. Se i casi di cui al primo comma si verificano durante il corso
del processo di impugnazione per nullità, il termine per la proposizione della
domanda di revocazione è sospeso fino alla comunicazione della sentenza che
abbia pronunciato sulla nullità. Il lodo è soggetto ad opposizione di terzo nei
casi indicati nell'articolo 404. Le impugnazioni per revocazione e per opposizione
di terzo si propongono davanti alla corte d'appello nella cui circoscrizione è
la sede dell'arbitrato. La corte d'appello può riunire le impugnazioni per
nullità, per revocazione e per opposizione di terzo nello stesso processo,
salvo che lo stato della causa preventivamente proposta non consenta
l'esauriente trattazione e decisione delle altre cause. Articolo così
sostituito dall'art. 23, Legge 5 gennaio 1994, n. 25. Capo VI: DELL'ARBITRATO
INTERNAZIONALE (Capo aggiunto dall'art. 24, Legge 5 gennaio 1994, n. 25) Art.
832 Arbitrato internazionale Qualora alla data della sottoscrizione della
clausola compromissoria o del compromesso almeno una delle parti risieda o
abbia la propria sede effettiva all'estero oppure qualora debba essere eseguita
all'estero una parte rilevante delle prestazioni nascenti dal rapporto al quale
la controversia si riferisce, le disposizioni dei capi da I a V del presente
titolo si applicano all'arbitrato in quanto non derogate dal presente capo.
Sono in ogni caso salve le norme stabilite in convenzioni internazionali. Art.
833 Forma della clausola compromissoria La clausola compromissoria contenuta in
condizioni generali di contratto oppure in moduli o formulari non è soggetta
all'approvazione specifica prevista dagli articoli 1341 e 1342 del codice
civile. E' valida la clausola compromissoria contenuta in condizioni generali
che siano recepite in un accordo scritto delle parti, purchè le parti abbiano
avuto conoscenza della clausola o avrebbero dovuto conoscerla usando l'ordinaria
diligenza. Art. 834 Norme applicabili al merito Le parti hanno facoltà di
stabilire d'accordo tra loro le norme che gli arbitri debbono applicare al
merito della controversia oppure di disporre che gli arbitri pronuncino secondo
equità. Se le parti non provvedono, si applica la legge con la quale il
rapporto è più strettamente collegato. In entrambi i casi gli arbitri tengono
conto delle indicazioni del contratto e degli usi del commercio. Art. 835
Lingua dell'arbitrato Se le parti non hanno diversamente convenuto, la lingua
del procedimento è determinata dagli arbitri, tenuto conto delle circostanze.
Art. 836 Ricusazione degli arbitri La ricusazione degli arbitri è regolata
dall'art. 815, se le parti non hanno diversamente convenuto. Art. 837 Deliberazione
del lodo Il lodo è deliberato a maggioranza di voti dagli arbitri riuniti in
conferenza personale, anche videotelefonica, salvo che le parti abbiano
deliberato diversamente, ed è quindi redatto per iscritto. Art. 838
Impugnazione All'arbitrato internazionale non si applicano le disposizioni
dell'articolo 829, secondo comma, dell'articolo 830, secondo comma, e
dell'articolo 831 se le parti non hanno diversamente convenuto. Capo VII: DEI
LODI STRANIERI (Capo aggiunto dall'art. 24, Legge 5 gennaio 1994, n. 25) Art.
839 Riconoscimento ed esecuzione dei lodi stranieri Chi vuol far valere nella
Repubblica un lodo straniero deve proporre ricorso al presidente della corte
d'appello nella cui circoscrizione risiede l'altra parte; se tale parte non
risiede in Italia è competente la corte d'appello di Roma. Il ricorrente deve
produrre il lodo in originale o in copia conforme, insieme con l'atto di
compromesso, o documento equipollente, in originale o in copia conforme.
Qualora i documenti di cui al secondo comma non siano redatti in lingua
italiana la parte istante deve altresì produrne una produzione certificata
conforme. Il presidente della corte d'appello, accertata la regolarità formale
del lodo, dichiara con decreto l'efficacia del lodo straniero nella Repubblica,
salvochè: 1) la controversia non potesse formare oggetto di compromesso secondo
la legge italiana; 2) il lodo contenga disposizioni contrarie all'ordine
pubblico. Art. 840 Opposizione Contro il decreto che accorda o nega l'efficacia
del lodo straniero è ammessa opposizione da proporsi con citazione dinanzi alla
corte d'appello entro trenta giorni dalla comunicazione, nel caso di decreto
che nega l'efficacia, ovvero dalla notificazione nel caso di decreto che
l'accorda. In seguito all'opposizione il giudizio si svolge a norma degli
articoli 645 e seguenti in quanto applicabili. La corte d'appello pronuncia con
sentenza impugnabile per cassazione. Il riconoscimento o l'esecuzione del lodo
straniero sono rifiutati dalla corte d'appello se nel giudizio di opposizione
la parte contro la quale il lodo invocato prova l'esistenza di una delle
seguenti circostanze: 1) le parti della convenzione arbitrale erano incapaci in
base alla legge ad essi applicabile oppure la convenzione arbitrale non era
valida secondo la legge alla quale le parti l'hanno sottoposta o, in mancanza
di indicazione a tale proposito, secondo la legge dello Stato in cui il lodo è
stato pronunciato; 2) la parte nei cui confronti il lodo invocato non è stata
informata della designazione dell'arbitro o del procedimento arbitrale o
comunque è stata nell'impossibilità di far valere la propria difesa nel
procedimento stesso; 3) il lodo ha pronunciato su una controversia non
contemplata nel compromesso o nella clausola compromissoria, oppure fuori dei limiti
del compromesso o della clausola compromissoria; tuttavia, se le statuizioni
del lodo che concernono questioni sottoposte ad arbitrato possono essere
separate da quelle che riguardano questioni non sottoposte ad arbitrato, le
prime possono essere riconosciute e dichiarate esecutive; 4) la costituzione
del collegio arbitrale o il procedimento arbitrale non sono stati conformi
all'accordo delle parti o, in mancanza di tale accordo, alla legge del luogo di
svolgimento dell'arbitrato; 5) il lodo non è ancora divenuto vincolante per le
parti o è stato annullato o sospeso da un'autorità competente dello Stato nel
quale, o secondo la legge del quale, è stato reso. Allorchè l'annullamento o la
sospensione dell'efficacia del lodo straniero siano stati richiesti
all'autorità competente indicata nel numero 5) del terzo comma, la corte
d'appello può sospendere il procedimento per il riconoscimento o l'esecuzione
del lodo; su istanza della parte che ha richiesto l'esecuzione può, in caso di
sospensione, ordinare che l'altra parte presti idonea garanzia. Il
riconoscimento o l'esecuzione del lodo straniero sono altresì rifiutati
allorchè la corte d'appello accerta che: 1) la controversia non potesse formare
oggetto di compromesso secondo la legge italiana; 2) il lodo contenga
disposizioni contrarie all'ordine pubblico. Sono in ogni caso salve le norme
stabilite in convenzioni internazionali.