CODICE CIVILE
Disposizioni sulla legge in generale
Capo I
Delle fonti del diritto
Art. 1 - Indicazione delle fonti
Sono fonti del diritto:
1. le leggi;
2. i regolamenti;
3. (abrogato) le norme corporative;
4. gli usi.
Art. 2 Leggi
La formazione delle leggi e l'emanazione degli atti del Governo aventi forza di
legge sono disciplinate da leggi di carattere costituzionale. (Costit. 70 e
seguenti, 87 e seguenti).
Art. 3 Regolamenti
Il potere regolamentare del Governo è disciplinato da leggi di carattere
costituzionale. Il potere regolamentare di altre autorità è esercitato nei
limiti delle rispettive competenze, in conformità delle leggi particolari.
Art. 4 Limiti della disciplina regolamentari
I regolamenti non possono contenere norme contrarie alle disposizioni delle
leggi. I regolamenti emanati a norma del secondo comma dell'art. 3 non possono
nemmeno dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo.
Art. 5 Norme corporative (abrogato)
Sono norme corporative le ordinanze corporative, gli accordi economici
collettivi, i contratti collettivi di lavoro e le sentenze della magistratura
del lavoro nelle controversie collettive.
Art. 6 Formazione ed efficacia delle norme corporative
(abrogato)
La formazione e l'efficacia delle norme corporative sono disciplinate nel
Codice Civile (2063 - 2081) e in leggi particolari.
Art. 7 Limiti della disciplina corporativa (abrogato)
Le norme corporative non possono derogare alle disposizioni imperative delle
leggi e dei regolamenti.
Art. 8 Usi Nelle materie regolate dalle leggi e dai
regolamenti gli usi hanno efficacia solo in quanto sono da essi richiamati. (2°
comma abrogato). Le norme corporative prevalgono sugli usi, anche se richiamati
dalle leggi e dai regolamenti, salvo che in esse sia diversamente disposto.
Art. 9 Raccolte di usi Gli usi pubblicati nelle raccolte
ufficiali degli enti e degli organi a ciò autorizzati si presumono esistenti
fino a prova contraria.
Capo II
Dell'applicazione della legge in generale
Art. 10 Inizio dell'obbligatorietà delle leggi e dei
regolamenti Le leggi e i regolamenti divengono obbligatori nel decimoquinto
giorno successivo a quello della loro pubblicazione, salvo che sia altrimenti
disposto. (2° comma abrogato) Le norme corporative divengono obbligatorie nel
giorno successivo a quello della pubblicazione, salvo che in esse sia
altrimenti disposto. Art. 11 Efficacia della legge nel tempo La legge non
dispone che per l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo (Costit. 25). (2°
comma abrogato) I contratti collettivi di lavoro possono stabilire per la loro
efficacia una data anteriore alla pubblicazione, purché non preceda quella
della stipulazione. Art. 12 Interpretazione della legge Nell'applicare la legge
non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal
significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla
intenzione del legislatore. Se una controversia non può essere decisa con una
precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili
o materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i
princìpi generali dell'ordinamento giuridico dello Stato. Art. 13 Esclusione
dell'applicazione analogica delle norme corporative (abrogato) Le norme
corporative non possono essere applicate a casi simili o a materie analoghe a
quelli da esse contemplati. Art. 14 Applicazione delle leggi penali ed
eccezionali Le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad
altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati
(Costit. 25; Cod. Pen. 2). Art. 15 Abrogazione delle leggi Le leggi non sono
abrogate che da leggi posteriori per dichiarazione espressa del legislatore, o
per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova
legge regola l'intera materia già regolata dalla legge anteriore. Art. 16
Trattamento dello straniero Lo straniero è ammesso a godere dei diritti civili
attribuiti al cittadino a condizione di reciprocità e salve le disposizioni
contenute in leggi speciali. Questa disposizione vale anche per le persone
giuridiche straniere (2505). Nota - Gli artt. da 17 a 31 del presente Capo sono
stati abrogati dall'art. 73, L. 31 maggio 1995, n. 218, sul sistema italiano di
diritto internazionale privato, in vigore dal 2 settembre 199 Art. 17 Legge
regolatrice dello stato e della capacità delle persone e dei rapporti di
famiglia (abrogato) Lo stato e la capacità delle persone e i rapporti di
famiglia sono regolati dalla legge dello Stato al quale esse appartengono.
Tuttavia uno straniero, se compie nella Repubblica un atto per il quale sia
incapace secondo la sua legge nazionale, è considerato capace se per tale atto
secondo la legge italiana sia capace il cittadino, salvo che si tratti di
rapporti di famiglia, di successioni per causa di morte, di donazioni, ovvero
di atti di disposizioni di immobili situati all'estero. Art. 18 Legge
regolatrice dei rapporti personali tra coniugi (abrogato) I rapporti personali
tra coniugi di diversa cittadinanza sono regolati dall'ultima legge nazionale
che sia stata loro comune durante il matrimonio o, in mancanza di essa, dalla
legge nazionale del marito al tempo della celebrazione del matrimonio. Art. 19
Legge regolatrice dei rapporti patrimoniali tra coniugi (abrogato) I rapporti
patrimoniali tra coniugi sono regolati dalla legge nazionale del marito al
tempo della celebrazione del matrimonio. Il cambiamento di cittadinanza dei
coniugi non influisce sui rapporti patrimoniali, salve le convenzioni tra i
coniugi in base alla nuova legge nazionale comune. Art. 20 Legge regolatrice
dei rapporti tra genitori e figli (abrogato) I rapporti tra genitori e figli
sono regolati dalla legge nazionale del padre, ovvero da quella della madre se
soltanto la maternità è accertata o se soltanto la madre ha legittimato il
figlio. I rapporti tra adottante e adottato sono regolati dalla legge nazionale
dell'adottante al tempo dell'adozione. Art. 21 Legge regolatrice della tutela
(abrogato) La tutela e gli altri istituti di protezione degli incapaci sono
regolati dalla legge nazionale dell'incapace. Art. 22 Legge regolatrice del
possesso, della proprietà e degli altri diritti sulle cose (abrogato) Il
possesso, la proprietà e gli altri diritti sulle cose mobili e immobili sono
regolati dalla legge del luogo nel quale le cose si trovano. Art. 23 Legge
regolatrice delle successioni per causa di morte (abrogato) Le successioni per
causa di morte sono regolate, ovunque siano i beni, dalla legge dello Stato al
quale apparteneva, al momento della morte, la persona della cui eredita si
tratta. Art. 24 Legge regolatrice delle donazioni (abrogato) Le donazioni sono
regolate dalla legge nazionale del donante. Art. 25 Legge regolatrice delle
obbligazioni (abrogato) Le obbligazioni che nascono da contratto sono regolate
dalla legge nazionale dei contraenti, se è comune; altrimenti da quella del
luogo nel quale il contratto è stato conchiuso. E' salva in ogni caso la
diversa volontà delle parti. Le obbligazioni non contrattuali sono regolate
dalla legge del luogo ove e avvenuto il fatto dal quale esse derivano. Art. 26
Legge regolatrice della forma degli atti (abrogato) La forma degli atti tra
vivi e degli atti di ultima volontà è regolata dalla legge del luogo nel quale
l'atto è compiuto o da quella che regola la sostanza dell'atto, ovvero dalla
legge nazionale del disponente o da quella dei contraenti, se è comune. Le
forme di pubblicità degli atti di costituzione, di trasmissione e di estinzione
dei diritti sulle cose sono regolate dalla legge del luogo in cui le cose
stesse si trovano. Art. 27 Legge regolatrice del processo (abrogato) La
competenza e la forma del processo sono regolate dalla legge del luogo in cui
il processo si svolge Art. 28 Efficacia delle leggi penali e di polizia
(abrogato) Le leggi penali e quelle di polizia e sicurezza pubblica obbligano
tutti coloro che si trovano nel territorio dello Stato. Art. 29 Apolidi
(abrogato) Se una persona non ha cittadinanza, si applica la legge del luogo
dove risiede in tutti i casi nei quali, secondo le disposizioni che precedono,
dovrebbe applicarsi la legge nazionale. Art. 30 Rinvio ad altra legge
(abrogato) Quando, ai termini degli articoli precedenti, si deve applicare una
legge straniera, si applicano le disposizioni della legge stessa senza tener
conto del rinvio da essa fatto ad altra legge. Art. 31 Limiti derivanti
dall'ordine pubblico e dal buon costume (abrogato) Nonostante le disposizioni
degli articoli precedenti, in nessun caso le leggi e gli atti di uno Stato
estero, gli ordinamenti e gli atti di qualunque istituzione o ente, o le
private disposizioni e convenzioni possono aver effetto nel territorio dello
Stato, quando siano contrari all'ordine pubblico o al buon costume. Legge 31
maggio 1995, n. 218 Riforma del sistema italiano di Diritto internazionale
privato Titolo I Disposizioni generali Art. 1 Oggetto della legge La presente
legge determina l'ambito della giurisdizione italiana, pone i criteri per
l'individuazione del diritto applicabile e disciplina l'efficacia delle
sentenze e degli atti stranieri. Art. 2 Convenzioni internazionali Le
disposizioni della presente legge non pregiudicano l'applicazione delle
convenzioni internazionali in vigore per l'Italia. Nell'interpretazione di tali
convenzioni si terrà conto del loro carattere internazionale e dell'esigenza
della loro applicazione uniforme. Legge 31 maggio 1995, n. 218 Riforma del
sistema italiano di Diritto internazionale privato Titolo II Giurisdizione
italiana Art. 3 Ambito della giurisdizione La giurisdizione italiana sussiste
quando il convenuto è domiciliato o residente in Italia o vi ha un
rappresentante che sia autorizzato a stare in giudizio a norma dell'art. 77
Cod. Proc. Civ. e negli altri casi in cui è prevista dalla legge. La
giurisdizione sussiste inoltre in base ai criteri stabiliti dalle Sezioni 2, 3
e 4 del Titolo II della Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e
l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale e protocollo,
firmati a Bruxelles il 27 settembre 1968, resi esecutivi con la L. 21 giugno
1971, n. 804, e successive modificazioni in vigore per l'Italia, anche allorché
il convenuto non sia domiciliato nel territorio di uno Stato contraente, quando
si tratti di una delle materie comprese nel campo di applicazione della
Convenzione. Rispetto alle altre materie la giurisdizione sussiste anche in
base ai criteri stabiliti per la competenza per territorio. Art. 4 Accettazione
e deroga della giurisdizione Quando non vi sia giurisdizione in base all'art.
3, essa nondimeno sussiste se le parti l'abbiano convenzionalmente accettata e
tale accettazione sia provata per iscritto, ovvero il convenuto compaia nel
processo senza eccepire il difetto di giurisdizione nel primo atto difensivo.
La giurisdizione italiana può essere convenzionalmente derogata a favore di un
giudice straniero o di un arbitrato estero se la deroga e provata per iscritto
e la causa verte su diritti disponibili. La deroga è inefficace se il giudice o
gli arbitri indicati declinano la giurisdizione o comunque non possono
conoscere della causa. Art. 5 Azioni reali relative ad immobili siti all'estero
La giurisdizione italiana non sussiste rispetto ad azioni reali aventi ad
oggetto beni immobili situati all'estero. Art. 6 Questioni preliminari Il
giudice italiano conosce, incidentalmente, le questioni che non rientrano nella
giurisdizione italiana e la cui soluzione è necessaria per decidere sulla
domanda proposta. Art. 7 Pendenza di un processo straniero Quando, nel corso
del giudizio, sia eccepita la previa pendenza tra le stesse parti di domanda
avente il medesimo oggetto e il medesimo titolo dinanzi a un giudice straniero,
il giudice italiano, se ritiene che il provvedimento straniero possa produrre
effetto per l'ordinamento italiano, sospende il giudizio. Se il giudice
straniero declina la propria giurisdizione o se il provvedimento straniero non
è riconosciuto nell'ordinamento italiano, il giudizio in Italia prosegue,
previa riassunzione ad istanza della parte interessata. La pendenza della causa
innanzi al giudice straniero si determina secondo la legge dello Stato in cui
il processo si svolge. Nel caso di pregiudizialità di una causa straniera, il
giudice italiano può sospendere il processo se ritiene che il provvedimento
straniero possa produrre effetti per l'ordinamento italiano. Art. 8 Momento
determinante della giurisdizione Per la determinazione della giurisdizione
italiana si applica l'art. 5 Cod. Proc. Civ. Tuttavia la giurisdizione sussiste
se i fatti e le norme che la determinano sopravvengono nel corso del processo.
Art. 9 Giurisdizione volontaria In materia di giurisdizione volontaria, la
giurisdizione sussiste, oltre che nei casi specificamente contemplati dalla
presente legge e in quelli in cui è prevista la competenza per territorio di un
giudice italiano quando il provvedimento richiesto concerne un cittadino
italiano o una persona residente in Italia o quando esso riguarda situazioni o
rapporti ai quali è applicabile la legge italiana. Art. 10 Materia cautelare In
materia cautelare, la giurisdizione italiana sussiste quando il provvedimento
deve essere eseguito in Italia o quando il giudice italiano ha giurisdizione
nel merito. Art. 11 Rilevabilità del difetto di giurisdizione Il difetto di
giurisdizione può essere rilevato, in qualunque stato e grado del processo,
soltanto dal convenuto costituito che non abbia espressamente o tacitamente
accettato la giurisdizione italiana. E' rilevato dal giudice d'ufficio, sempre
in qualunque stato e grado del processo, se il convenuto e contumace, se
ricorre l'ipotesi di cui all'art. 5, ovvero se la giurisdizione italiana è
esclusa per effetto di una norma internazionale. Art. 12 Legge regolatrice del
processo Il processo civile che si svolge in Italia è regolato dalla legge
italiana. Legge 31 maggio 1995, n. 218 Riforma del sistema italiano di Diritto
internazionale privato Titolo III Diritto applicabile Capo I Disposizioni
generali Art. 13 Rinvio Quando negli articoli successivi è richiamata la legge
straniera, si tiene conto del rinvio operato dal diritto internazionale privato
straniero alla legge di un altro Stato: a. se il diritto di tale Stato accetta
il rinvio; b. se si tratta di rinvio alla legge italiana. L'applicazione del comma
1 è tuttavia esclusa: a. nei casi in cui le disposizioni della presente legge
rendono applicabile la legge straniera sulla base della scelta effettuata in
tal senso dalle parti interessate; b. riguardo alle disposizioni concernenti la
forma degli atti; c. in relazione alle disposizioni del Capo XI del presente
Titolo. Nei casi di cui agli artt. 33, 34 e 35 si tiene conto del rinvio
soltanto se esso conduce all'applicazione di una legge che consente lo
stabilimento della filiazione. Quando la presente legge dichiara in ogni caso
applicabile una convenzione internazionale si segue sempre, in materia di
rinvio, la soluzione adottata dalla convenzione. Art. 14 Conoscenza della legge
straniera applicabile L'accertamento della legge straniera e compiuto d'ufficio
dal giudice. A tal fine questi può avvalersi, oltre che degli strumenti
indicati dalle convenzioni internazionali, di informazioni acquisite per il
tramite del Ministero di grazia e giustizia; può altresì interpellare esperti o
istituzioni specializzate. Qualora il giudice non riesca ad accertare la legge
straniera indicata, neanche con l'aiuto delle parti, applica la legge
richiamata mediante altri criteri di collegamento eventualmente previsti per la
medesima ipotesi normativa. In mancanza si applica la legge italiana. Art. 15
Interpretazione e applicazione della legge straniera La legge straniera è
applicata secondo i propri criteri di interpretazione e di applicazione nel
tempo. Art. 16 Ordine pubblico La legge straniera non è applicata se i suoi effetti
sono contrari all'ordine pubblico. In tal caso si applica la legge richiamata
mediante altri criteri di collegamento eventualmente previsti per la medesima
ipotesi normativa. In mancanza si applica la legge italiana. Art. 17 Norme di
applicazione necessaria E' fatta salva la prevalenza sulle disposizioni che
seguono delle norme italiane che, in considerazione del loro oggetto e del loro
scopo, debbono essere applicate nonostante il richiamo alla legge straniera.
Art. 18 Ordinamenti plurilegislativi Se nell'ordinamento dello Stato richiamato
dalle disposizioni della presente legge coesistono più sistemi normativi a base
territoriale o personale, la legge applicabile si determina secondo i criteri
utilizzati da quell'ordinamento. Se tali criteri non possono essere
individuati, si applica il sistema normativo con il quale il caso di specie
presenta il collegamento più stretto. Art. 19 Apolidi, rifugiati e persone con
più cittadinanze Nei casi in cui le disposizioni della presente legge
richiamano la legge nazionale di una persona, se questa è apolide o rifugiata
si applica la legge dello Stato del domicilio, o in mancanza, la legge dello
Stato di residenza. Se la persona ha più cittadinanze, si applica la legge di
quello tra gli Stati di appartenenza con il quale essa ha il collegamento più
stretto. Se tra le cittadinanze vi è quella italiana, questa prevale. Capo II
Capacità e diritti delle persone fisiche Art. 20 Capacità giuridica delle
persone fisiche La capacità giuridica delle persone fisiche è regolata dalla
loro legge nazionale. Le condizioni speciali di capacità, prescritte dalla
legge regolatrice di un rapporto, sono disciplinate dalla stessa legge. Art. 21
Commorienza Quando occorre stabilire la sopravvivenza di una persona ad
un'altra e non consta quale di esse sia morta prima, il momento della morte si
accerta in base alla legge regolatrice del rapporto rispetto al quale
l'accertamento rileva. Art. 22 Scomparsa, assenza e morte presunta I
presupposti e gli effetti della scomparsa, dell'assenza e della morte presunta
di una persona sono regolati dalla sua ultima legge nazionale. Sussiste la
giurisdizione italiana per le materie di cui al comma 1: a. se l'ultima legge
nazionale della persona era quella italiana; b. se l'ultima residenza della
persona era in Italia; c. se l'accertamento della scomparsa, dell'assenza o
della morte presunta può produrre effetti giuridici nell'ordinamento italiano.
Art. 23 Capacità di agire delle persone fisiche La capacità di agire delle
persone fisiche è regolata dalla loro legge nazionale. Tuttavia, quando la
legge regolatrice di un atto prescrive condizioni speciali di capacità di
agire, queste sono regolate dalla stessa legge. In relazione a contratti tra
persone che si trovano nello stesso Stato, la persona considerata capace dalla
legge dello Stato in cui il contratto è concluso può invocare l'incapacità
derivante dalla propria legge nazionale solo se l'altra parte contraente, al
momento della conclusione del contratto, era a conoscenza di tale incapacità o
l'ha ignorata per sua colpa. In relazione agli atti unilaterali, la persona
considerata capace dalla legge dello Stato in cui l'atto è compiuto può
invocare l'incapacità derivante dalla propria legge nazionale soltanto se ciò
non rechi pregiudizio a soggetti che senza loro colpa hanno fatto affidamento
sulla capacità dell'autore dell'atto. Le limitazioni di cui ai commi 2 e 3 non
si applicano agli atti relativi a rapporti di famiglia e di successione per
causa di morte, ne agli atti relativi a diritti reali su immobili situati in
uno Stato diverso da quello in cui l'atto è compiuto. Art. 24 Diritti della
personalità L'esistenza ed il contenuto dei diritti della personalità sono
regolati dalla legge nazionale del soggetto; tuttavia i diritti che derivano da
un rapporto di famiglia sono regolati dalla legge applicabile a tale rapporto.
Le conseguenze della violazione dei diritti di cui al comma 1 sono regolate
dalla legge applicabile alla responsabilità per fatti illeciti. Capo III
Persone giuridiche Art. 25 Società ed altri enti l. Le società, le
associazioni, le fondazioni ed ogni altro ente, pubblico o privato, anche se
privo di natura associativa, sono disciplinati dalla legge dello Stato nel cui
territorio è stato perfezionato il procedimento di costituzione. Si applica,
tuttavia, la legge italiana se la sede dell'amministrazione è situata in
Italia, ovvero se in Italia si trova l'oggetto principale di tali enti. In
particolare sono disciplinati dalla legge regolatrice dell'ente: a. la natura
giuridica; b. la denominazione o ragione sociale; c. la costituzione, la
trasformazione e l'estinzione; d. la capacità; e. la formazione, i poteri e le
modalità di funzionamento degli organi; f. la rappresentanza dell'ente; g. le
modalità di acquisto e di perdita della qualità di associato o socio nonché i
diritti e gli obblighi inerenti a tale qualità; h. la responsabilità per le
obbligazioni dell'ente; i. le conseguenze delle violazioni della legge o
dell'atto costitutivo. I trasferimenti della sede statutaria in altro Stato e
le fusioni di enti con sede in Stati diversi hanno efficacia soltanto se posti
in essere conformemente alle leggi di detti Stati interessati. Capo IV Rapporti
di famiglia Art. 26 Promessa di matrimonio La promessa di matrimonio e le
conseguenze della sua violazione sono regolate dalla legge nazionale comune dei
nubendi o, in mancanza, dalla legge italiana. Art. 27 Condizioni per contrarre
matrimonio La capacità matrimoniale e le altre condizioni per contrarre
matrimonio sono regolate dalla legge nazionale di ciascun nubendo al momento
del matrimonio. Resta salvo lo stato libero che uno dei nubendi abbia
acquistato per effetto di un giudicato italiano o riconosciuto in Italia. Art.
28 Forma del matrimonio Il matrimonio è valido, quanto alla forma, se è
considerato tale dalla legge del luogo di celebrazione o dalla legge nazionale
di almeno uno dei coniugi al momento della celebrazione o dalla legge dello
Stato di comune residenza in tale momento. Art. 29 Rapporti personali tra
coniugi I rapporti personali tra coniugi sono regolati dalla legge nazionale
comune. I rapporti personali tra coniugi aventi diverse cittadinanze o più
cittadinanze comuni sono regolati dalla legge dello Stato nel quale la vita
matrimoniale è prevalentemente localizzata. Art. 30 Rapporti patrimoniali tra
coniugi I rapporti patrimoniali tra coniugi sono regolati dalla legge
applicabile ai loro rapporti personali. I coniugi possono tuttavia convenire
per iscritto che i loro rapporti patrimoniali sono regolati dalla legge dello
Stato di cui almeno uno di essi è cittadino o nel quale almeno uno di essi
risiede. L'accordo dei coniugi sul diritto applicabile è valido se è
considerato tale dalla legge scelta o da quella del luogo in cui l'accordo è
stato stipulato. Il regime dei rapporti patrimoniali fra coniugi regolato da
una legge straniera è opponibile ai terzi solo se questi ne abbiano avuto
conoscenza o lo abbiano ignorato per loro colpa. Relativamente ai diritti reali
su beni immobili, l'opponibilità è limitata ai casi in cui siano state rispettate
le forme di pubblicità prescritte dalla legge dello Stato in cui i beni si
trovano. Art. 31 Separazione personale e scioglimento del matrimonio La
separazione personale e lo scioglimento del matrimonio sono regolati dalla
legge nazionale comune dei coniugi al momento della domanda di separazione o di
scioglimento del matrimonio; in mancanza si applica la legge dello Stato nel
quale la vita matrimoniale risulta prevalentemente localizzata. La separazione
personale e lo scioglimento del matrimonio, qualora non siano previsti dalla
legge straniera applicabile, sono regolati dalla legge italiana. Art. 32
Giurisdizione in materia di nullità, annullamento, separazione personale e
scioglimento del matrimonio In materia di nullità e di annullamento del matrimonio,
di separazione personale e di scioglimento del matrimonio, la giurisdizione
italiana sussiste, oltre che nei casi previsti dall'art. 3, anche quando uno
dei coniugi è cittadino italiano o il matrimonio e stato celebrato in Italia.
Art. 33 Filiazione Lo stato di figlio è determinato dalla legge nazionale del
figlio al momento della nascita. E' legittimo il figlio considerato tale dalla
legge dello Stato di cui uno dei genitori e cittadino al momento della nascita
del figlio. La legge nazionale del figlio al momento della nascita regola i
presupposti e gli effetti dell'accertamento e della contestazione dello stato
di figlio. Lo stato di figlio legittimo, acquisito in base alla legge nazionale
di uno dei genitori, non può essere contestato che alla stregua di tale legge.
Art. 34 Legittimazione La legittimazione per susseguente matrimonio è regolata
dalla legge nazionale del figlio nel momento in cui essa avviene o dalla legge
nazionale di uno dei genitori nel medesimo momento. Negli altri casi, la
legittimazione è regolata dalla legge dello Stato di cui e cittadino, al
momento della domanda, il genitore nei cui confronti il figlio viene
legittimato. Per la legittimazione destinata ad avere effetto dopo la morte del
genitore legittimante, si tiene conto della sua cittadinanza al momento della
morte. Art. 35 Riconoscimento di figlio naturale Le condizioni per il
riconoscimento del figlio naturale sono regolate dalla legge nazionale del
figlio al momento della nascita o, se più favorevole, dalla legge nazionale del
soggetto che fa il riconoscimento, nel momento in cui questo avviene. La
capacità del genitore di fare il riconoscimento è regolata dalla sua legge
nazionale. La forma del riconoscimento è regolata dalla legge dello Stato in
cui esso e fatto o da quella che ne disciplina la sostanza. Art. 36 Rapporti
tra genitori e figli I rapporti personali e patrimoniali tra genitori e figli,
compresa la potestà dei genitori, sono regolati dalla legge nazionale del
figlio. Art. 37 Giurisdizione in materia di filiazione In materia di filiazione
e di rapporti personali fra genitori e figli la giurisdizione italiana
sussiste, oltre che nei casi previsti rispettivamente da gli artt. 3 e 9, anche
quando uno dei genitori o il figlio è cittadino italiano o risiede in Italia. Capo
V Adozione Art. 38 Adozione I presupposti, la costituzione e la revoca
dell'adozione sono regolati dal diritto nazionale dell'adottante o degli
adottanti se comune o, in mancanza, dal diritto dello Stato nel quale gli
adottanti sono entrambi residenti, ovvero da quello dello Stato nel quale la
loro vita matrimoniale è prevalentemente localizzata, al momento dell'adozione.
Tuttavia si applica il diritto italiano quando è richiesta al giudice italiano
l'adozione di un minore, idonea ad attribuirgli lo stato di figlio legittimo.
E' in ogni caso salva l'applicazione della legge nazionale dell'adottando
maggiorenne per la disciplina dei consensi che essa eventualmente richieda.
Art. 39 Rapporti fra adottato e famiglia adottiva I rapporti personali e
patrimoniali fra l'adottato e l'adottante o gli adottanti ed i parenti di
questi sono regolati dal diritto nazionale dell'adottante o degli adottanti se
comune o, in mancanza, dal diritto dello Stato nel quale gli adottanti sono
entrambi residenti ovvero da quello dello Stato nel quale la loro vita
matrimoniale è prevalentemente localizzata. Art. 40 Giurisdizione in materia di
adozione I giudici italiani hanno giurisdizione in materia di adozione
allorché: a. gli adottanti o uno di essi o l'adottando sono cittadini italiani
ovvero stranieri residenti in Italia; b. l'adottando è un minore in stato di
abbandono in Italia. In materia di rapporti personali o patrimoniali fra
l'adottato e l'adottante o gli adottanti ed i parenti di questi i giudici
italiani hanno giurisdizione, oltre che nelle ipotesi previste dall'art. 3,
ogni qualvolta l'adozione si è costituita in base al diritto italiano. Art. 41
Riconoscimento dei provvedimenti stranieri in materia di adozione I
provvedimenti stranieri in materia di adozione sono riconoscibili in Italia ai
sensi degli artt. 64, 65 e 66. Restano ferme le disposizioni delle leggi
speciali in materia di adozione dei minori. Capo VI Protezione degli incapaci e
obblighi alimentari Art. 42 Giurisdizione e legge applicabile in materia di protezione
dei minori La protezione dei minori è in ogni caso regolata dalla Convenzione
dell'Aja del 5 ottobre 1961, sulla competenza delle autorità e sulla legge
applicabile in materia di protezione dei minori, resa esecutiva con la L. 24
ottobre 1980, n. 742. Le disposizioni della Convenzione si applicano anche alle
persone considerate minori soltanto dalla loro legge nazionale, nonché alle
persone la cui residenza abituale non si trova in uno degli Stati contraenti.
Art. 43 Protezione dei maggiori d'età I presupposti e gli effetti delle misure
di protezione degli incapaci maggiori di età, nonché i rapporti fra l'incapace
e chi ne ha la cura, sono regolati dalla legge nazionale dell'incapace.
Tuttavia, per proteggere in via provvisoria e urgente la persona o i beni
dell'incapace, il giudice italiano può adottare le misure previste dalla legge
italiana. Art. 44 Giurisdizione in materia di protezione dei maggiori d'età l.
La giurisdizione italiana in materia di misure di protezione degli incapaci
maggiori di età sussiste, oltre che nei casi previsti dagli artt. 3 e 9, anche
quando esse si rendono necessarie per proteggere, in via provvisoria e urgente,
la persona o i beni dell'incapace che si trovino in Italia. Quando in base
all'art. 66 nell'ordinamento italiano si producono gli effetti di un
provvedimento straniero in materia di capacità di uno straniero, la
giurisdizione italiana sussiste per pronunciare i provvedimenti modificativi o
integrativi eventualmente necessari. Art. 45 Obbligazioni alimentari nella famiglia
Le obbligazioni alimentari nella famiglia sono in ogni caso regolate dalla
Convenzione dell'Aja del 2 ottobre 1973 sulla legge applicabile alle
obbligazioni alimentari, resa esecutiva con la L. 24 ottobre 1980, n. 745. Capo
VII Successioni Art. 46 Successione per causa di morte La successione per causa
di morte è regolata dalla legge nazionale del soggetto della cui eredità si
tratta, al momento della morte. Il soggetto della cui eredità si tratta può
sottoporre, con dichiarazione espressa in forma testamentaria, l'intera
successione alla legge dello Stato in cui risiede. La scelta non ha effetto se
al momento della morte il dichiarante non risiedeva più in tale Stato.
Nell'ipotesi di successione di un cittadino italiano, la scelta non pregiudica
i diritti che la legge italiana attribuisce ai legittimari residenti in Italia
al momento della morte della persona della cui successione si tratta. La
divisione ereditaria è regolata dalla legge applicabile alla successione, salvo
che i condividenti, d'accordo fra loro, abbiano designato la legge del luogo
d'apertura della successione o del luogo ove si trovano uno o più beni
ereditari. Art. 47 Capacità di testare La capacità di disporre per testamento,
di modificarlo o di revocarlo è regolata dalla legge nazionale del disponente
al momento del testamento, della modifica o della revoca. Art. 48 Forma del
testamento Il testamento è valido, quanto alla forma, se è considerato tale
dalla legge dello Stato nel quale il testatore ha disposto, ovvero dalla legge
dello Stato di cui il testatore, al momento del testamento o della morte, era
cittadino o dalla legge dello Stato in cui aveva il domicilio o la residenza.
Art. 49 Successione dello Stato Quando la legge applicabile alla successione,
in mancanza di successibili, non attribuisce la successione allo Stato, i beni
ereditari esistenti in Italia sono devoluti allo Stato italiano. Art. 50
Giurisdizione in materia successoria In materia successoria la giurisdizione
italiana sussiste: a. se il defunto era cittadino italiano al momento della
morte; b. se la successione si è aperta in Italia; c. se la parte dei beni
ereditari di maggiore consistenza economica è situata in Italia; d. se il
convenuto è domiciliato o residente in Italia o ha accettato la giurisdizione
italiana, salvo che la domanda sia relativa a beni immobili situati all'estero;
e. se la domanda concerne beni situati in Italia. Capo VIII Diritti reali Art.
51 Possesso e diritti reali Il possesso, la proprietà e gli altri diritti reali
sui beni mobili ed immobili sono regolati dalla legge dello Stato in cui i beni
si trovano. La stessa legge ne regola l'acquisto e la perdita, salvo che in
materia successoria e nei casi in cui l'attribuzione di un diritto reale
dipenda da un rapporto di famiglia o da un contratto. Art. 52 Diritti reali su
beni in transito I diritti reali su beni in transito sono regolati dalla legge
del luogo di destinazione. Art. 53 Usucapione di beni mobili L'usucapione di
beni mobili e regolata dalla legge dello Stato in cui il bene si trova al
compimento del termine prescritto. Art. 54 Diritti su beni immateriali I
diritti su beni immateriali sono regolati dalla legge dello Stato di
utilizzazione. Art. 55 Pubblicità degli atti relativi ai diritti reali La
pubblicità degli atti di costituzione, trasferimento ed estinzione dei diritti
reali è regolata dalla legge dello Stato in cui il bene si trova al momento
dell'atto. Capo IX Donazioni Art. 56 Donazioni Le donazioni sono regolate dalla
legge nazionale del donante al momento della donazione. Il donante può, con
dichiarazione espressa contestuale alla donazione, sottoporre la donazione
stessa alla legge dello Stato in cui egli risiede. La donazione è valida,
quanto alla forma, se è considerata tale dalla legge che ne regola la sostanza
oppure dalla legge dello Stato nel quale l'atto è compiuto. Capo X Obbligazioni
contrattuali Art. 57 Obbligazioni contrattuali Le obbligazioni contrattuali
sono in ogni caso regolate dalla Convenzione di Roma del 19 giugno 1980 sulla
legge applicabile alle obbligazioni contrattuali resa esecutiva con la L. 18
dicembre 1984, n. 975, senza pregiudizio delle altre convenzioni
internazionali, in quanto applicabili. Capo XI Obbligazioni non contrattuali
Art. 58 Promessa unilaterale La promessa unilaterale è regolata dalla legge
dello Stato in cui viene manifestata. Art. 59 Titoli di credito La cambiale, il
vaglia cambiario e l'assegno sono in ogni caso regolati dalle disposizioni
contenute nelle Convenzioni di Ginevra del 7 giugno 1930, sui conflitti di
legge in materia di cambiale e di vaglia cambiario, di cui al R.D.L. 25 agosto
1932, n. 1130, convertito dalla L. 22 dicembre 1932, n. 1946, c del 19 marzo
1931, sui conflitti di legge in materia di assegni bancari, di cui al R.D.L. 24
agosto 1933, n. 1077, convertito dalla L. 4 gennaio 1934, n.61. Tali
disposizioni si applicano anche alle obbligazioni assunte fuori dei territori
degli Stati contraenti o allorché esse designino la legge di uno Stato non
contraente. Gli altri titoli di credito sono regolati dalla legge dello Stato
il cui titolo è stato emesso. Tuttavia le obbligazioni diverse da quella
principale sono regolate dalla legge dello Stato in cui ciascuna è stata
assunta. Art. 60 Rappresentanza volontaria La rappresentanza volontaria è
regolata dalla legge dello Stato in cui il rappresentante ha la propria sede
d'affari sempre che egli agisca a titolo professionale e che tale sede sia
conosciuta o conoscibile dal terzo. In assenza di tali condizioni si applica la
legge dello Stato in cui il rappresentante esercita in via principale i suoi
poteri nel caso concreto. L'atto di conferimento dei poteri di rappresentanza è
valido, quanto alla forma, se considerato tale dalla legge che ne regola la
sostanza oppure dalla legge dello Stato in cui e posto in essere. Art. 61 Obbligazioni
nascenti dalla legge La gestione di affari altrui, l'arricchimento senza causa,
il pagamento dell'indebito e le altre obbligazioni legali, non diversamente
regolate dalla presente legge, sono sottoposti alla legge dello Stato in cui si
è verificato il fatto da cui deriva l'obbligazione. Art. 62 Responsabilità per
fatto illecito La responsabilità per fatto illecito è regolata dalla legge
dello Stato in cui si è verificato l'evento. Tuttavia il danneggiato può
chiedere l'applicazione della legge dello Stato in cui si è verificato il fatto
che ha causato il danno. Qualora il fatto illecito coinvolga soltanto cittadini
di un medesimo Stato in esso residenti, si applica la legge di tale Stato. Art.
63 Responsabilità extracontrattuale per danno da prodotto La responsabilità per
danno da prodotto è regolata, a scelta del danneggiato, dalla legge dello Stato
in cui si trova il domicilio o l'amministrazione del produttore, oppure da
quella dello Stato in cui il prodotto è stato acquistato, a meno che il produttore
provi che il prodotto vi è stato immesso in commercio senza il suo consenso.
Legge 31 maggio 1995, n. 218 Riforma del sistema italiano di Diritto
internazionale privato Titolo IV Efficacia di sentenze e atti stranieri Art. 64
Riconoscimento di sentenze straniere La sentenza straniera è riconosciuta in
Italia senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento quando: a. il
giudice che l'ha pronunciata poteva conoscere della causa secondo i principi
sulla competenza giurisdizionale propri dell'ordinamento italiano; b. l'atto
introduttivo del giudizio è stato portato a conoscenza del convenuto in
conformità a quanto previsto dalla legge del luogo dove si è svolto il processo
e non sono stati violati i diritti essenziali della difesa; c. le parti si sono
costituite in giudizio secondo la legge del luogo dove si è svolto il processo
o la contumacia è stata dichiarata in conformità a tale legge; d. essa è
passata in giudicato secondo la legge del luogo in cui è stata pronunziata; e.
essa non è contraria ad altra sentenza pronunziata da un giudice italiano
passata in giudicato; f. non pende un processo davanti a un giudice italiano
per il medesimo oggetto e fra le stesse parti, che abbia avuto inizio prima del
processo straniero; g. le sue disposizioni non producono effetti contrari
all'ordine pubblico. Art. 65 Riconoscimento di provvedimenti stranieri Hanno
effetto in Italia i provvedimenti stranieri relativi alla capacità delle
persone nonché all'esistenza di rapporti di famiglia o di diritti della personalità
quando essi sono stati pronunciati dalle autorità dello Stato la cui legge è
richiamata dalle norme della presente legge o producono effetti
nell'ordinamento di quello Stato, anche se pronunciati da autorità di altro
Stato, purché non siano contrari all'ordine pubblico e siano stati rispettati i
diritti essenziali della difesa. Art. 66 Riconoscimento di provvedimenti
stranieri di giurisdizione volontaria I provvedimenti stranieri di volontaria
giurisdizione sono riconosciuti senza che sia necessario il ricorso ad alcun
procedimento, sempre che siano rispettate le condizioni di cui all'art. 65, in
quanto applicabili, quando sono pronunziati dalle autorità dello Stato la cui
legge è richiamata dalle disposizioni della presente legge, o producono effetti
nell'ordinamento di quello Stato ancorché emanati da autorità di altro Stato,
ovvero sono pronunciati da un'autorità che sia competente in base a criteri
corrispondenti a quelli propri dell'ordinamento italiano. Art. 67 Attuazione di
sentenze e provvedimenti stranieri di giurisdizione volontaria e contestazione
del riconoscimento In caso di mancata ottemperanza o di contestazione del
riconoscimento della sentenza straniera o del provvedimento straniero di
volontaria giurisdizione, ovvero quando sia necessario procedere ad esecuzione
forzata, chiunque vi abbia interesse può chiedere alla Corte d'Appello del
luogo di attuazione l'accertamento dei requisiti del riconoscimento. La
sentenza straniera o il provvedimento straniero di volontaria giurisdizione, unitamente
al provvedimento che accoglie la domanda di cui al comma 1, costituiscono
titolo per l'attuazione e l'esecuzione forzata. Se la contestazione ha luogo
nel corso di un processo, il giudice adito pronuncia con efficacia limitata al
giudizio. Art. 68 Attuazione ed esecuzione di atti pubblici ricevuti all'estero
Le norme di cui all'art. 67 si applicano anche rispetto all'attuazione e
all'esecuzione forzata in Italia di atti pubblici ricevuti in uno Stato estero
e ivi muniti di forza esecutiva. Art. 69 Assunzione di mezzi di prova disposti
da giudici stranieri Le sentenze e i provvedimenti di giudici stranieri
riguardanti esami di testimoni, accertamenti tecnici, giuramenti, interrogatori
o altri mezzi di prova da assumersi nella Repubblica sono resi esecutivi con
decreto della Corte d'Appello del luogo in cui si deve procedere a tali atti.
Se l'assunzione dei mezzi di prova è chiesta dalla parte interessata, l'istanza
è proposta alla Corte mediante ricorso, al quale deve essere unita copia
autentica della sentenza o del provvedimento che ha ordinato gli atti chiesti.
Se l'assunzione è domandata dallo stesso giudice, la richiesta deve essere
trasmessa in via diplomatica. La Corte delibera in camera di consiglio e,
qualora autorizzi l'assunzione, rimette gli atti al giudice competente. Può
disporsi l'assunzione di mezzi di prova o l'espletamento di altri atti
istruttori non previsti dall'ordinamento italiano sempreché essi non
contrastino con i princìpi dell'ordinamento stesso. L'assunzione o
l'espletamento richiesti sono disciplinati dalla legge italiana. Tuttavia si
osservano le forme espressamente richieste dal l'autorità giudiziaria straniera
in quanto compatibili con i principi dell'ordinamento italiano. Art. 70
Esecuzione richiesta in via diplomatica Se la richiesta per l'assunzione di
mezzi di prova di atti di istruzione è fatta in via diplomatica e la parte
interessata non ha costituito un procuratore che ne promuova l'assunzione, i
provvedimenti necessari per questa sono pronunciati d'ufficio dal giudice
procedente e le notificazioni sono fatte a cura del cancelliere. Art. 71
Notificazione di atti di autorità straniere La notificazione di citazioni a
comparire davanti ad autorità straniere o di altri atti provenienti da uno
Stato estero è autorizzata dal pubblico ministero presso il tribunale nella cui
giurisdizione la notificazione si deve eseguire. La notificazione richiesta in
via diplomatica è eseguita, a cura del pubblico ministero, da un ufficiale
giudiziario da lui richiesto. La notificazione avviene secondo le modalità
previste dalla legge italiana. Tuttavia si osservano le modalità richieste
dall'autorità straniera in quanto compatibili con i princìpi dell'ordinamento
italiano. In ogni caso l'atto può essere consegnato, da chi procede alla notificazione,
al destinatario che lo accetti volontariamente. Legge 31 maggio 1995, n. 218
Riforma del sistema italiano di Diritto internazionale privato Titolo V
Disposizioni transitorie Art. 72 Disposizioni transitorie La presente legge si
applica in tutti i giudizi iniziati dopo la data della sua entrata in vigore,
fatta salva l'applicabilità alle situazioni esaurite prima di tale data delle
previgenti norme di diritto internazionale privato. I giudizi pendenti sono
decisi dal giudice italiano se i fatti e le norme che determinano la
giurisdizione sopravvengono nel corso del processo. Art. 73 Abrogazione di
norme incompatibili Sono abrogati gli articoli dal 17 al 31 delle disposizioni
sulla legge in generale premesse al Codice Civile, nonché gli artt. 2505 e 2509
Cod. Civ. e gli artt. 2, 3, 4 e 37, secondo comma, e quelli dal 796 all'805
Cod. Proc. Civ. Art. 74 Entrata in vigore La presente legge entra in vigore
novanta giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana. Codice Civile Libro Primo Delle persone e della famiglia
Titolo I Delle persone fisiche Art. 1 Capacità giuridica La capacità giuridica
si acquista dal momento della nascita. I diritti che la legge riconosce a
favore del concepito sono subordinati all'evento della nascita (462, 687, 715,
784). (3° comma abrogato). Art. 2 Maggiore età. Capacità di agire La maggiore
età è fissata al compimento del diciottesimo anno. Con la maggiore eta si
acquista la capacità di compiere tutti gli atti per i quali non sia stabilita una
età diversa. Sono salve le leggi speciali che stabiliscono un'età inferiore in
materia di capacità a prestare il proprio lavoro. In tal caso il minore è
abilitato all'esercizio dei diritti e delle azioni che dipendono dal contratto
di lavoro. Art. 3 (abrogato) Art. 4 Commorienza Quando un effetto giuridico
dipende dalla sopravvivenza di una persona a un'altra e non consta quale di
esse sia morta prima, tutte si considerano morte nello stesso momento. Art. 5
Atti di disposizione del proprio corpo Gli atti di disposizione del proprio
corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente della integrità
fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge, all'ordine pubblico o al
buon costume (1418). Art. 6 Diritto al nome Ogni persona ha diritto al nome che
le è per legge attribuito. Nel nome si comprendono il prenome e il cognome. Non
sono ammessi cambiamenti, aggiunte o rettifiche al nome, se non nei casi e con
le formalità dalla legge indicati. Art. 7 Tutela del diritto al nome La
persona, alla quale si contesti il diritto all'uso del proprio nome o che possa
risentire pregiudizio dall'uso che altri indebitamente ne faccia, può chiedere
giudizialmente la cessazione del fatto lesivo, salvo il risarcimento dei danni
(2563). L'autorità giudiziaria può ordinare che la sentenza sia pubblicata in
uno o più giornali. Art. 8 Tutela del nome per ragioni familiari Nel caso
previsto dall'articolo precedente, l'azione può essere promossa anche da chi,
pur non portando il nome contestato o indebitamente usato, abbia alla tutela
del nome un interesse fondato su ragioni familiari degne d'essere protette.
Art. 9 Tutela dello pseudonimo Lo pseudonimo, usato da una persona in modo che
abbia acquistato l'importanza del nome, può essere tutelato ai sensi dell'art.
7. Art. 10 Abuso dell'immagine altrui Qualora l'immagine di una persona o dei
genitori, del coniuge o dei figli sia stata esposta o pubblicata fuori dei casi
in cui l'esposizione o la pubblicazione e dalla legge consentita, ovvero con
pregiudizio al decoro o alla reputazione della persona stessa o dei detti
congiunti, l'autorità giudiziaria, su richiesta dell'interessato, può disporre
che cessi l'abuso, salvo il risarcimento dei danni. Codice Civile Libro Primo
Delle persone e della famiglia Titolo II Delle persone giuridiche Capo I
Disposizioni generali Art. 11 Persone giuridiche pubbliche Le Province e i
Comuni, nonché gli enti pubblici riconosciuti come persone giuridiche, godono
dei diritti secondo le leggi e gli usi osservati come diritto pubblico (824 e
seguenti). Art. 12 Persone giuridiche private Le associazioni, le fondazioni e
le altre istituzioni di carattere privato acquistano la personalità giuridica
mediante il riconoscimento concesso con decreto del Presidente della
Repubblica. Per determinate categorie di enti che esercitano la loro attività
nell'ambito della Provincia, il Governo può delegare ai prefetti la facoltà di
riconoscerli con loro decreto (att. 1, 2). Art. 13 Società Le società sono
regolate dalle disposizioni contenute nel libro V (2247 e seguenti). Capo II
Delle associazioni e delle fondazioni Art. 14 Atto costitutivo Le associazioni
e le fondazioni devono essere costituite con atto pubblico (1350, 2643). La
fondazione può essere disposta anche con testamento (600). Art. 15 Revoca dell'atto
costitutivo della fondazione L'atto di fondazione può essere revocato dal
fondatore fino a quando non sia intervenuto il riconoscimento, ovvero il
fondatore non abbia fatto iniziare l'attività dell'opera da lui disposta. La
facoltà di revoca non si trasmette agli eredi. Art. 16 Atto costitutivo e
statuto. Modificazioni L'atto costitutivo e lo statuto devono contenere la
denominazione dell'ente, l'indicazione dello scopo, del patrimonio e della
sede, nonché le norme sull'ordinamento e sulla amministrazione. Devono anche
determinare, quando trattasi di associazioni, i diritti e gli obblighi degli
associati e le condizioni della loro ammissione; e, quando trattasi di
fondazioni, i criteri e le modalità di erogazione delle rendite. L'atto
costitutivo e lo statuto possono inoltre contenere le norme relative alla
estinzione dell'ente e alla devoluzione del patrimonio, e, per le fondazioni,
anche quelle relative alla loro trasformazione (28). Le modificazioni dell'atto
costitutivo e dello statuto devono essere approvate dall'autorità governativa
nelle forme indicate nell'art. 12 (att. 4). Art. 17 Acquisto di immobili e
accettazione di donazioni, eredità e legati La persona giuridica non può
acquistare beni immobili, né accettare donazioni o eredita, né conseguire
legati senza l'autorizzazione governativa (473, 782; att. 5-7). Senza questa
autorizzazione, l'acquisto e l'accettazione non hanno effetto. Art. 18
Responsabilità degli amministratori Gli amministratori sono responsabili verso
l'ente secondo le norme del mandato (1710 e seguenti). E' però esente da
responsabilità quello degli amministratori il quale non abbia partecipato
all'atto che ha causato il danno, salvo il caso in cui, essendo a cognizione
che l'atto si stava per compiere, egli non abbia fatto constare del proprio
dissenso (2392). Art. 19 Limitazioni del potere di rappresentanza Le
limitazioni del potere di rappresentanza, che non risultano dal registro
indicato nell'art. 33, non possono essere opposte ai terzi, salvo che si provi
che essi ne erano a conoscenza (1353, 2298, 2384). Art. 20 Convocazione
dell'assemblea delle associazioni L'assemblea delle associazioni deve essere
convocata dagli amministratori una volta l'anno per l'approvazione del
bilancio. L'assemblea deve essere inoltre convocata quando se ne ravvisa la
necessità o quando ne è fatta richiesta motivata da almeno un decimo degli
associati. In quest'ultimo caso, se gli amministratori non vi provvedono, la
convocazione può essere ordinata dal Presidente del tribunale (att. 8). Art. 21
Deliberazioni dell'assemblea Le deliberazioni dell'assemblea sono prese a
maggioranza di voti e con la presenza di almeno la metà degli associati. In
seconda convocazione la deliberazione è valida qualunque sia il numero degli
intervenuti. Nelle deliberazioni di approvazione del bilancio e in quelle che
riguardano la loro responsabilità gli amministratori non hanno voto. Per
modificare l'atto costitutivo o lo statuto, se in essi non è altrimenti
disposto, occorrono la presenza di almeno tre quarti degli associati e il voto
favorevole della maggioranza dei presenti. Per deliberare lo scioglimento
dell'associazione e la devoluzione del patrimonio occorre il voto favorevole di
almeno tre quarti degli associati (11). Art. 22 Azioni di responsabilità contro
gli amministratori Le azioni di responsabilità contro gli amministratori delle
associazioni per fatti da loro compiuti sono deliberate dall'assemblea e sono
esercitate dai nuovi amministratori o dai liquidatori (2941). Art. 23
Annullamento e sospensione delle deliberazioni Le deliberazioni dell'assemblea
contrarie alla legge, all'atto costitutivo o allo statuto possono essere
annullate su istanza degli organi dell'ente, di qualunque associato o del
pubblico ministero. L'annullamento della deliberazione non pregiudica i diritti
acquistati dai terzi di buona fede in base ad atti compiuti in esecuzione della
deliberazione medesima (1445, 2377). Il Presidente del tribunale o il giudice
istruttore, sentiti gli amministratori dell'associazione, può sospendere, su
istanza di colui che l'ha proposto l'impugnazione, l'esecuzione della
deliberazione impugnata, quando sussistono gravi motivi. Il decreto di
sospensione deve essere motivato ed è notificato agli amministratori (att. 10).
L'esecuzione delle deliberazioni contrarie all'ordine pubblico o al buon
costume può essere sospesa anche dall'autorità governativa (att. 9). Art. 24
Recesso ed esclusione degli associati La qualità di associato non è
trasmissibile, salvo che la trasmissione sia consentita dall'atto costitutivo o
dallo statuto. L'associato può sempre recedere dall'associazione se non ha
assunto l'obbligo di farne parte per un tempo determinato. La dichiarazione di
recesso deve essere comunicata per iscritto agli amministratori e ha effetto
con lo scadere dell'anno in corso, purché sia fatta almeno tre mesi prima.
L'esclusione d'un associato non può essere deliberata dall'assemblea che per
gravi motivi; l'associato può ricorrere all'autorità giudiziaria entro sei mesi
dal giorno in cui gli è stata notificata la deliberazione. Gli associati, che
abbiano receduto o siano stati esclusi o che comunque abbiano cessato di
appartenere all'associazione, non possono ripetere i contributi versati, né
hanno alcun diritto sul patrimonio dell'associazione. Art. 25 Controllo sull'amministrazione
delle fondazioni L'autorità governativa esercita il controllo e la vigilanza
sull'amministrazione delle fondazioni; provvede alla nomina e alla sostituzione
degli amministratori o dei rappresentanti, quando le disposizioni contenute
nell'atto di fondazione non possono attuarsi; annulla, sentiti gli
amministratori, con provvedimento definitivo, le deliberazioni contrarie a
norme imperative, all'atto di fondazione, all'ordine pubblico o al buon
costume; può sciogliere l'amministrazione e nominare un commissario
straordinario, qualora gli amministratori non agiscano in conformità dello
statuto e dello scopo della fondazione o della legge. L'annullamento della
deliberazione non pregiudica i diritti acquistati dai terzi di buona fede in
base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione medesima (1445, 2377).
Le azioni contro gli amministratori per fatti riguardanti la loro
responsabilità devono essere autorizzate dall'autorità governativa e sono
esercitate dal commissario straordinario, dai liquidatori o dai nuovi
amministratori. Art. 26 Coordinamento di attività e unificazione di
amministrazione L'autorità governativa può disporre il coordinamento della
attività di più fondazioni ovvero l'unificazione della loro amministrazione,
rispettando, per quanto è possibile, la volontà del fondatore. Art. 27
Estinzione della persona giuridica Oltre che per le cause previste nell'atto
costitutivo e nello statuto, la persona giuridica si estingue quando lo scopo è
stato raggiunto o è divenuto impossibile. Le associazioni si estinguono inoltre
quando tutti gli associati sono venuti a mancare. L'estinzione è dichiarata
dall'autorità governativa, su istanza di qualunque interessato o anche
d'ufficio (att. 10). Art. 28 Trasformazione delle fondazioni Quando lo scopo è
esaurito o divenuto impossibile o di scarsa utilità, o il patrimonio e divenuto
insufficiente, l'autorità governativa, anziché dichiarare estinta la
fondazione, può provvedere alla sua trasformazione, allontanandosi il meno
possibile dalla volontà del fondatore. La trasformazione non e ammessa quando i
fatti che vi darebbero luogo sono considerati nell'atto di fondazione come
causa di estinzione della persona giuridica e di devoluzione dei beni a terze
persone. Le disposizioni del primo comma di questo articolo e dell'art. 26 non
si applicano alle fondazioni destinate a vantaggio soltanto di una o più
famiglie determinate (att. 10). Art. 29 Divieto di nuove operazioni Gli
amministratori non possono compiere nuove operazioni, appena è stato loro comunicato
il provvedimento che dichiara l'estinzione della persona giuridica o il
provvedimento con cui l'autorità, a norma di legge, ha ordinato lo scioglimento
dell'associazione, o appena è stata adottata dall'assemblea la deliberazione di
scioglimento dell'associazione medesima. Qualora trasgrediscano a questo
divieto, assumono responsabilità personale e solidale (1292). Art. 30
Liquidazione Dichiarata l'estinzione della persona giuridica o disposto lo
scioglimento dell'associazione, si procede alla liquidazione del patrimonio
secondo le norme di attuazione del codice (att. 11-21). Art. 31 Devoluzione dei
beni I beni della persona giuridica, che restano dopo esaurita la liquidazione,
sono devoluti in conformità dell'atto costitutivo o dello statuto. Qualora
questi non dispongano, se trattasi di fondazione, provvede l'autorità
governativa, attribuendo i beni ad altri enti che hanno fini analoghi, se
trattasi di associazione, si osservano le deliberazioni dell'assemblea che ha
stabilito lo scioglimento e, quando anche queste mancano, provvede nello stesso
modo l'autorità governativa. I creditori che durante la liquidazione non hanno
fatto valere il loro credito possono chiedere il pagamento a coloro ai quali i
beni sono stati devoluti, entro l'anno della chiusura della liquidazione, in
proporzione e nei limiti di ciò che hanno ricevuto (2964 e seguenti). Art. 32
Devoluzione dei beni con destinazione particolare Nel caso di trasformazione o
di scioglimento di un ente, al quale sono stati donati o lasciati beni con
destinazione a scopo diverso da quello proprio dell'ente, l'autorità
governativa devolve tali beni, con lo stesso onere, ad altre persone
giuridiche, che hanno fini analoghi. Art. 33 Registrazione delle persone
giuridiche In ogni provincia e istituito un pubblico registro delle persone
giuridiche (att. 22 e seguenti). Nel registro devono indicarsi la data
dell'atto costitutivo, quella del decreto di riconoscimento, la denominazione,
lo scopo, il patrimonio, la durata, qualora sia stata determinata, la sede
della persona giuridica e il cognome e il nome degli amministratori con la
menzione di quelli ai quali è attribuita la rappresentanza. La registrazione
può essere disposta anche d'ufficio. Gli amministratori di un'associazione o di
una fondazione non registrata, benché riconosciuta, rispondono personalmente e
solidalmente, insieme con la persona giuridica, delle obbligazioni assunte
(1292). Art. 34 Registrazione di atti Nel registro devono iscriversi anche le
modificazioni dell'atto costitutivo e dello statuto, dopo che sono state
approvate dall'autorità governativa, il trasferimento della sede e
l'istituzione di sedi secondarie, la sostituzione degli amministratori con
indicazione di quelli ai quali spetta la rappresentanza, le deliberazioni di
scioglimento, i provvedimenti che ordinano lo scioglimento o dichiarano
l'estinzione, il cognome e il nome dei liquidatori. Se l'iscrizione non ha
avuto luogo, i fatti indicati non possono essere opposti ai terzi, a meno che
si provi che questi ne erano a conoscenza. Art. 35 Disposizione penale Gli
amministratori e i liquidatori che non richiedono le iscrizioni prescritte
dagli artt. 33 e 34, nel termine e secondo le modalità stabiliti dalle norme di
attuazione del codice (att. 25 e seguenti) sono puniti con l'ammenda da L.
20.000 a L. 1.000.000. Capo III Delle associazioni non riconosciute e dei
comitati Art. 36 Ordinamento e amministrazione delle associazioni non
riconosciute L'ordinamento interno e l'amministrazione delle associazioni non
riconosciute come persone giuridiche sono regolati dagli accordi degli
associati. Le dette associazioni possono stare in giudizio nella persona di
coloro ai quali, secondo questi accordi, e conferita la presidenza o la
direzione (Cod. Proc. Civ. 75, 78). Art. 37 Fondo comune I contributi degli
associati e i beni acquistati con questi contributi costituiscono il fondo
comune dell'associazione. Finche questa dura, i singoli associati non possono
chiedere la divisione del fondo comune, né pretendere la quota in caso di
recesso. Art. 38 Obbligazioni Per le obbligazioni assunte dalle persone che
rappresentano l'associazione i terzi possono far valere i loro diritti sul
fondo comune. Delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmente e
solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell'associazione
(Cod. Proc. Civ. 19). Art. 39 Comitati I comitati di soccorso o di beneficienza
e i comitati promotori di opere pubbliche, monumenti, esposizioni, mostre,
festeggiamenti e simili sono regolati dalle disposizioni seguenti, salvo quanto
e stabilito nelle leggi speciali. Art. 40 Responsabilità degli organizzatori
Gli organizzatori e coloro che assumono la gestione dei fondi raccolti sono
responsabili personalmente e solidalmente della conservazione dei fondi e della
loro destinazione allo scopo annunziato. Art. 41 Responsabilità dei componenti.
Rappresentanza in giudizio Qualora il comitato non abbia ottenuto la
personalità giuridica (12), i suoi componenti rispondono personalmente e
solidalmente delle obbligazioni assunte. I sottoscrittori sono tenuti soltanto
a effettuare le oblazioni promesse. Il comitato può stare in giudizio nella
persona del Presidente (Cod. Proc. Civ. 75). Art. 42 Diversa destinazione dei
fondi Qualora i fondi raccolti siano insufficienti allo scopo, o questo non sia
più attuabile, o, raggiunto lo scopo, si abbia un residuo di fondi, l'autorità
governativa stabilisce la devoluzione dei beni, se questa non è stata
disciplinata al momento della costituzione. Titolo III Del domicilio e della
residenza Art. 43 Domicilio e residenza Il domicilio di una persona è nel luogo
in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi (Cod.
Proc. Civ. 139). La residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora
abituale. Art. 44 Trasferimento della residenza e del domicilio Il
trasferimento della residenza non può essere opposto ai terzi di buona fede, se
non è stato denunciato nei modi prescritti dalla legge (att. 31). Quando una
persona ha nel medesimo luogo il domicilio e la residenza e trasferisce questa
altrove, di fronte ai terzi di buona fede si considera trasferito pure il
domicilio, se non si è fatta una diversa dichiarazione nell'atto in cui e stato
denunciato il trasferimento della residenza. Art. 45 Domicilio dei coniugi del
minore e dell'interdetto Ciascuno dei coniugi ha il proprio domicilio nel luogo
in cui ha stabilito la sede principale dei propri affari o interessi. Il minore
ha il domicilio nel luogo di residenza della famiglia o quello del tutore. Se i
genitori sono separati o il loro matrimonio è stato annullato o sciolto o ne
sono cessati gli effetti civili o comunque non hanno la stessa residenza, il
minore ha il domicilio del genitore con il quale convive. L'interdetto ha il
domicilio del tutore (343). Art. 46 Sede delle persone giuridiche Quando la
legge fa dipendere determinati effetti dalla residenza o dal domicilio, per le
persone giuridiche si ha riguardo al luogo in cui e stabilita la loro sede
(Cod. Proc. Civ. 141, 145). Nei casi in cui la sede stabilita ai sensi
dell'art. 16 o la sede risultante dal registro è diversa da quella effettiva, i
terzi possono considerare come sede della persona giuridica anche questa ultima
(33). Art. 47 Elezione di domicilio Si può eleggere domicilio speciale per
determinati atti o affari. Questa elezione deve farsi espressamente per
iscritto (1350). Titolo IV Dell'assenza e della dichiarazione di morte presunta
Capo I Dell'assenza Art. 48 Curatore dello scomparso Quando una persona non è
più comparsa nel luogo del suo ultimo domicilio o dell'ultima sua residenza
(43) e non se ne hanno più notizie, il tribunale dell'ultimo domicilio o
dell'ultima residenza su istanza degli interessati o dei presunti successori
legittimi, o del pubblico ministero, può nominare un curatore che rappresenti,
la persona in giudizio o nella formazione degli inventari e dei conti e nelle
liquidazioni o divisioni in cui sia interessata, e può dare gli altri
provvedimenti necessari alla conservazione del patrimonio dello scomparso (Cod.
Proc. Civ. 721). Se vi è un legale rappresentante, non si fa luogo alla nomina
del curatore. Se vi è un procuratore, il tribunale provvede soltanto per gli
atti che il medesimo non può fare. Art. 49 Dichiarazione di assenza Trascorsi
due anni dal giorno a cui risale l'ultima notizia, i presunti successori
legittimi e chiunque ragionevolmente creda di avere sui beni dello scomparso
diritti dipendenti dalla morte di lui possono domandare al tribunale
competente, secondo l'articolo precedente, che ne sia dichiarata l'assenza
(Cod. Proc. Civ. 722 e seguenti). Art. 50 Immissione nel possesso temporaneo
dei beni Divenuta eseguibile la sentenza che dichiara l'assenza, il tribunale,
su istanza di chiunque vi abbia interesse o del pubblico ministero, ordina
l'apertura degli atti di ultima volontà dell'assente, se vi sono. Coloro che
sarebbero eredi testamentari o legittimi, se l'assente fosse morto nel giorno a
cui risale l'ultima notizia di lui, o i loro rispettivi eredi (479) possono
domandare l'immissione nel possesso temporaneo dei beni. I legatari, i donatari
e tutti quelli ai quali spetterebbero diritti dipendenti dalla morte
dell'assente possono domandare di essere ammessi all'esercizio temporaneo di
questi diritti. Coloro che per effetto della morte dell'assente sarebbero
liberati da obbligazioni possono essere temporaneamente esonerati
dall'adempimento di esse salvo che si tratti delle obbligazioni alimentari
previste dall'art. 434. Per ottenere l'immissione nel possesso l'esercizio
temporaneo dei diritti o la liberazione temporanea delle obbligazioni si deve
dare cauzione nella somma determinata dal tribunale, se taluno non sia in grado
di darla il tribunale può stabilire altre cautele, avuto riguardo alla qualità
delle persone e alla loro parentela con l'assente. Art. 51 Assegno alimentare a
favore del coniuge dell'assente Il coniuge dell'assente, oltre ciò che gli
spetta per effetto del regime patrimoniale dei coniugi e per titolo di
successione, può ottenere dal tribunale, in caso di bisogno, un assegno
alimentare da determinarsi secondo le condizioni della famiglia e l'entità del
patrimonio dell'assente. Art. 52 Effetti della immissione nel possesso
temporaneo L'immissione nel possesso temporaneo dei beni deve essere preceduto
dalla formazione dell'inventario dei beni (Cod. Proc. Civ. 769 e seguenti). Essa
attribuisce a coloro che l'ottengono e ai loro successori l'amministrazione dei
beni dell'assente, la rappresentanza di lui in giudizio e il godimento delle
rendite dei beni nei limiti stabiliti nell'articolo seguente. Art. 53 Godimento
dei beni Gli ascendenti, i discendenti e il coniuge immessi nel possesso
temporaneo dei beni ritengono a loro profitto la totalità delle rendite. Gli
altri devono riservare all'assente il terzo delle rendite. Art. 54 Limiti alla
disponibilità dei beni Coloro che hanno ottenuto l'immissione nel possesso
temporaneo dei beni non possono alienarli, ipotecarli o sottoporli a pegno, se
non per necessità o utilità evidente riconosciuta dal tribunale. Il tribunale
nell'autorizzare questi atti dispone circa l'uso e l'impiego delle somme
ricavate. Art. 55 Immissione di altri nel possesso temporaneo Se durante il
possesso temporaneo taluno prova di avere avuto, al giorno a cui risale
l'ultima notizia dell'assente, un diritto prevalente o eguale a quello del
possessore, può escludere questo dal possesso o farvisi associare; ma non ha
diritto ai frutti (820, 1148) se non dal giorno della domanda giudiziale. Art.
56 Ritorno dell'assente o prova della sua esistenza Se durante il possesso
temporaneo l'assente ritorna o è provata l'esistenza di lui, cessano gli
effetti della dichiarazione di assenza, salva, se occorre, l'adozione di
provvedimenti per la conservazione del patrimonio a norma dell'art. 48. I
possessori temporanei dei beni devono restituirli; ma fino al giorno della loro
costituzione in mora (1219) continuano a godere i vantaggi attribuiti dagli
artt. 52 e 53, e gli atti compiuti ai sensi dell'art. 54 restano irrevocabili.
Se l'assenza e stata volontaria e non è giustificata, l'assente perde il
diritto di farsi restituire le rendite riservategli dalla norma dell'art. 53.
Art. 57 Prova della morte dell'assente Se durante il possesso temporaneo è
provata la morte dell'assente, la successione si apre a vantaggio di coloro che
al momento della morte erano i suoi eredi o legatari. Si applica anche in
questo caso la disposizione del secondo comma dell'articolo precedente. Capo II
Della dichiarazione di morte presunta Art. 58 Dichiarazione di morte presunta
dell'assente Quando sono trascorsi dieci anni dal giorno a cui risale l'ultima notizia
dell'assente, il tribunale competente secondo l'art. 48, su istanza del
pubblico ministero o di taluna delle persone indicate nei capoversi dell'art.
50, può con sentenza dichiarare presunta la morte dell'assente nel giorno a cui
risale l'ultima notizia. In nessun caso la sentenza può essere pronunziata se
non sono trascorsi nove anni dal raggiungimento della maggiore età
dell'assente. Può essere dichiarata la morte presunta anche se sia mancata la
dichiarazione di assenza. Art. 59 Termine per la rinnovazione dell'istanza
L'istanza, quando è stata rigettata, non può essere riproposta prima che siano
decorsi almeno due anni. Art. 60 Altri casi di dichiarazione di morte presunta
Oltre che nel caso indicato nell'art. 58, può essere dichiarata la morte presunta
nei casi seguenti: * quando alcuno è scomparso in operazioni belliche alle
quali ha preso parte, sia nei corpi armati, sia al seguito di essi, o alle
quali si è comunque trovato presente, senza che si abbiano più notizie di lui,
e sono trascorsi due anni dall'entrata in vigore del trattato di pace o, in
mancanza di questo, tre anni dalla fine dell'anno in cui sono cessate le
ostilità; * quando alcuno e stato fatto prigioniero dal nemico, o da questo
internato o comunque trasportato in paese straniero, e sono trascorsi due anni
dall'entrata in vigore del trattato di pace, o, in mancanza di questo, tre anni
dalla fine dell'anno in cui sono cessate le ostilità, senza che si siano avute
notizie di lui dopo l'entrata in vigore del trattato di pace ovvero dopo la
cessazione delle ostilità; * quando alcuno e scomparso per un infortunio e non
si hanno più notizie di lui, dopo due anni dal giorno dell'infortunio o, se il
giorno non e conosciuto, dopo due anni dalla fine del mese o, se neppure il
mese è conosciuto, dalla fine dell'anno in cui l'infortunio e avvenuto. Art. 61
Data della morte presunta Nei casi previsti dai nn. 1 e 3 dell'articolo
precedente, la sentenza determina il giorno e possibilmente l'ora a cui risale
la scomparsa nell'operazione bellica o nell'infortunio, e nel caso indicato dal
n. 2 il giorno a cui risale l'ultima notizia. Qualora non possa determinarsi
l'ora, la morte presunta si ha per avvenuta alla fine del giorno indicato. Art.
62 Condizioni e forme della dichiarazione di morte presunta La dichiarazione di
morte presunta nei casi indicati dall'art. 60 può essere domandata quando non
si e potuto procedere agli accertamenti richiesti dalla legge per la
compilazione dell'atto di morte. Questa dichiarazione è pronunziata con
sentenza del tribunale su istanza del pubblico ministero o di alcuna delle
persone indicate nei capoversi dell'art. 50. Il tribunale, qualora non ritenga
di accogliere l'istanza di dichiarazione di morte presunta, può dichiarare
l'assenza dello scomparso (49 e seguenti; Cod. Proc. Civ. 726). Art. 63 Effetti
della dichiarazione di morte presunta dell'assente Divenuta eseguibile la
sentenza indicata nell'art. 58, coloro che ottennero l'immissione nel possesso
temporaneo dei beni dell'assente o i loro successori possono disporre
liberamente dei beni. Coloro ai quali fu concesso l'esercizio temporaneo dei
diritti o la liberazione temporanea dalle obbligazioni di cui all'art. 50
conseguono l'esercizio definitivo dei diritti o la liberazione definitiva dalle
obbligazioni. Si estinguono inoltre le obbligazioni. alimentari indicate nel
quarto comma dell'art. 50. In ogni caso cessano le cauzioni e le altre cautele
che sono state imposte. Art. 64 Immissione nel possesso e inventario Se non v'e
stata immissione nel possesso temporaneo dei beni, gli aventi diritto indicati
nei capoversi dell'art. 50 o i loro successori conseguono il pieno esercizio
dei diritti loro spettanti, quando è diventata eseguibile la sentenza
menzionata nell'art. 58. Coloro che prendono possesso dei beni devono fare
precedere l'inventario dei beni (Cod. Proc. Civ. 769 e seguenti). Parimenti
devono far precedere l'inventario dei beni coloro che succedono per effetto
della dichiarazione di morte presunta nei casi indicati dall'art. 60. Art. 65
Nuovo matrimonio del coniuge Divenuta eseguibile la sentenza che dichiara la
morte presunta, il coniuge può contrarre nuovo matrimonio (68, 117). Art. 66
Prova dell'esistenza della persona di cui è stata dichiarata la morte presunta
La persona di cui e stata dichiarata la morte presunta, se ritorna o ne è
provata l'esistenza, ricupera i beni nello stato in cui si trovano e ha diritto
di conseguire il prezzo di quelli alienati, quando esso sia tuttora dovuto, o i
beni nei quali sia stato investito (73). Essa ha altresì diritto di pretendere
l'adempimento delle obbligazioni considerate estinte ai sensi del secondo comma
dell'art. 63. Se è provata la data della sua morte, il diritto previsto nel
primo comma di questo articolo compete a coloro che a quella data sarebbero
stati i suoi eredi o legatari. Questi possono inoltre pretendere l'adempimento
delle obbligazioni considerate estinte ai sensi del secondo comma dell'art. 63
per il tempo anteriore alla data della morte. Sono salvi in ogni caso gli
effetti delle prescrizioni e delle usucapioni (1158 e seguenti; 2934 e
seguenti). Art. 67 Dichiarazione di esistenza o accertamento della morte La
dichiarazione di esistenza della persona di cui e stata dichiarata la morte
presunta e l'accertamento della morte possono essere sempre fatti, su richiesta
del pubblico ministero o di qualunque interessato, in contraddittorio di tutti
coloro che furono parti nel giudizio in cui fu dichiarata la morte presunta.
Art. 68 Nullità del nuovo matrimonio Il matrimonio contratto a norma dell'art.
65 è nullo, qualora la persona della quale fu dichiarata la morte presunta
ritorni o ne sia accertata l'esistenza. Sono salvi gli effetti civili del
matrimonio dichiarato nullo (128). La nullità non può essere pronunziata nel
caso in cui è accertata la morte, anche se avvenuta in una data posteriore a
quella del matrimonio (117). Capo III Delle ragioni eventuali che competono
alla persona di cui si ignora l'esistenza o di cui è stata dichiarata la morte
presunta Art. 69 Diritti spettanti alla persona di cui si ignora l'esistenza
Nessuno e ammesso a reclamare un diritto in nome della persona di cui si ignora
l'esistenza, se non prova che la persona esisteva quando il diritto e nato.
Art. 70 Successione alla quale sarebbe chiamata la persona di cui si ignora
l'esistenza Quando s'apre una successione alla quale sarebbe chiamata in tutto
o in parte una persona di cui s'ignora l'esistenza, la successione e devoluta a
coloro ai quali sarebbe spettata in mancanza della detta persona, salvo il
diritto di rappresentazione (467 e seguenti). Coloro ai quali e devoluta la
successione devono innanzi tutto procedere all'inventario dei beni (Cod. Proc.
Civ. 769 e seguenti) e devono dare cauzione (1179; Cod. Proc. Civ. 50, 725).
Art. 71 Estinzione dei diritti spettanti alla persona di cui si ignora
l'esistenza Le disposizioni degli articoli precedenti non pregiudicano la
petizione di eredità (533 e seguenti) né gli altri diritti spettanti alla
persona di cui s'ignora l'esistenza o ai suoi eredi o aventi causa, salvi gli
effetti della prescrizione (2934 e seguenti) o dell'usucapione (1158 e
seguenti). La restituzione dei frutti non è dovuta se non dal giorno della
costituzione in mora (821, 1219). Art. 72 Successione a cui sarebbe chiamata la
persona della quale è stata dichiarata la morte presunta Quando s'apre una
successione alla quale sarebbe chiamata in tutto o in parte una persona di cui
è stata dichiarata la morte presunta (58 e seguenti), coloro ai quali, in sua
mancanza, e devoluta la successione devono innanzi tutto procedere all'inventario
dei beni (Cod. Proc. Civ. 769). Art. 73 Estinzione dei diritti spettanti alla
persona di cui è stata dichiarata la morte presunta Se la persona di cui è
stata dichiarata la morte presunta ritorna o ne è provata l'esistenza al
momento dell'apertura della successione, essa o i suoi eredi o aventi causa
possono esercitare la petizione di eredita (533 e seguenti) e far valere ogni
altro diritto, ma non possono recuperare i beni se non nello stato in cui si
trovano, e non possono ripetere che il prezzo di quelli alienati, quando è
ancora dovuto, o i beni nei quali esso e stato investito, salvi gli effetti
della prescrizione o dell'usucapione (1158 e seguenti; 2934 e seguenti). Si
applica la disposizione del secondo comma dell'art. 71. Titolo V Della parentela
e dell'affinità Art. 74 Parentela La parentela è il vincolo tra le persone che
discendono da uno stesso stipite. Art. 75 Linee della parentela Sono parenti in
linea retta le persone di cui l'una discende dall'altra; in linea collaterale
quelle che, pur avendo uno stipite comune, non discendono l'una dall'altra.
Art. 76 Computo dei gradi Nella linea retta si computano altrettanti gradi
quante sono le generazioni, escluso lo stipite. Nella linea collaterale i gradi
si computano dalle generazioni, salendo da uno dei parenti fino allo stipite
comune e da questo discendendo all'altro parente, sempre restando escluso lo
stipite. Art. 77 Limite della parentela La legge non riconosce il vincolo di
parentela oltre il sesto grado (572), salvo che per alcuni effetti specialmente
determinati. Art. 78 Affinità L'affinità è il vincolo tra un coniuge e i
parenti dell'altro coniuge. Nella linea e nel grado in cui taluno è parente
d'uno dei due coniugi, egli è affine dell'altro coniuge. L'affinità non cessa
per la morte, anche senza prole, del coniuge da cui deriva, salvo che per
alcuni effetti specialmente determinati (434). Cessa se il matrimonio è
dichiarato nullo, salvi gli effetti di cui all'art. 87, n. 4. Titolo VI Del
matrimonio Capo I Della promessa di matrimonio Art. 79 Effetti La promessa di
matrimonio non obbliga a contrarlo ne ad eseguire ciò che si fosse convenuto
per il caso di non adempimento. Art. 80 Restituzione dei doni Il promittente
può domandare la restituzione dei doni fatti a causa della promessa di
matrimonio, se questo non è stato contratto (785, 2694). La domanda non è
proponibile dopo un anno dal giorno in cui s'e avuto il rifiuto di celebrare il
matrimonio o dal giorno della morte di uno dei promittenti. Art. 81
Risarcimento dei danni La promessa di matrimonio fatta vicendevolmente per atto
pubblico o per scrittura privata da una persona maggiore di età o dal minore
ammesso a contrarre matrimonio a norma dell'art. 84, oppure risultante dalla
richiesta della pubblicazione, obbliga il promittente che senza giusto motivo
ricusi di eseguirla a risarcire il danno cagionato all'altra parte per le spese
fatte e per le obbligazioni contratte a causa di quella promessa. Il danno è
risarcito entro il limite in cui le spese e le obbligazioni corrispondono alla
condizione delle parti (2056). Lo stesso risarcimento è dovuto dal promittente
che con la propria colpa ha dato giusto motivo al rifiuto dell'altro. La
domanda non è proponibile dopo un anno dal giorno del rifiuto di celebrare il
matrimonio (2964 e seguenti). Capo II Del matrimonio celebrato davanti a
ministri del culto cattolico e del matrimonio celebrato davanti a ministri dei
culti ammessi nello stato Art. 82 Matrimonio celebrato davanti a ministri del
culto cattolico Il matrimonio celebrato davanti a un ministro del culto
cattolico e regolato in conformità del Concordato con la Santa Sede e delle
leggi speciali sulla materia. Art. 83 Matrimonio celebrato davanti a ministri
dei culti ammessi nello Stato Il matrimonio celebrato davanti a ministri dei culti
ammessi nello Stato è regolato dalle disposizioni del capo seguente, salvo
quanto è stabilito nella legge speciale concernente tale matrimonio. Capo III
Del matrimonio celebrato davanti all'ufficiale dello stato civile Sezione I
Delle condizioni necessarie per contrarre matrimonio Art. 84 Età I minori di
età non possono contrarre matrimonio. Il tribunale, su istanza
dell'interessato, accertata la sua maturità psico-fisica e la fondatezza delle
ragioni addotte, sentito il pubblico ministero, i genitori o il tutore, può con
decreto emesso in camera di consiglio ammettere per gravi motivi al matrimonio
chi abbia compiuto sedici anni. Il decreto è comunicato al pubblico ministero,
agli sposi, ai genitori e al tutore. Contro il decreto può essere proposto reclamo,
con ricorso alla corte d'appello, nel termine perentorio di dieci giorni dalla
comunicazione. La corte d'appello decide con ordinanza non impugnabile, emessa
in camera di consiglio. Il decreto acquista efficacia quando è decorso il
termine previsto nel quarto comma, senza che sia stato proposto reclamo. Art.
85 Interdizione per infermità di mente Non può contrarre matrimonio
l'interdetto per infermità di mente (116, 117, 119, 414 e seguenti). Se
l'istanza di interdizione è soltanto promossa, il pubblico ministero può
richiedere che si sospenda la celebrazione del matrimonio; in tal caso la
celebrazione non può aver luogo finché la sentenza che ha pronunziato
sull'istanza non sia passata in giudicato (Cod. Proc. Civ. 324). Art. 86
Libertà di stato Non può contrarre matrimonio chi è vincolato da un matrimonio
precedente (65, 116, 117, 124, c.p. 556). Art. 87 Parentela, affinità, adozione
e affiliazione Non possono contrarre matrimonio fra loro: * gli ascendenti e i
discendenti in linea retta, legittimi o naturali; * i fratelli e le sorelle
germani, consanguinei o uterini; * lo zio e la nipote, la zia e il nipote; *
gli affini in linea retta; il divieto sussiste anche nel caso in cui l'affinità
deriva dal matrimonio dichiarato nullo o sciolto o per il quale è stata
pronunciata la cessazione degli effetti civili; * gli affini in linea
collaterale in secondo grado; * l'adottante, l'adottato e i suoi discendenti; *
i figli adottivi della stessa persona; * l'adottato e i figli dell'adottante; *
l'adottato e il coniuge dell'adottante, l'adottante e il coniuge dell'adottato.
* divieti contenuti nei nn. 6, 7, 8 e 9 sono applicabili all'affiliazione. I
divieti contenuti nei nn. 2 e 3 si applicano anche se il rapporto dipende da
filiazione naturale. Il tribunale, su ricorso degli interessati, con decreto
emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, può autorizzare
il matrimonio nei casi indicati dai nn. 3 e 5, anche se si tratti di
affiliazione o di filiazione naturale. L'autorizzazione può essere accordata
anche nel caso indicato dal n. 4 quando l'affinità deriva da matrimonio
dichiarato nullo. Il decreto è notificato agli interessati e al pubblico
ministero. Si applicano le disposizioni dei commi quarto, quinto e sesto
dell'art. 84. Art. 88 Delitto Non possono contrarre matrimonio tra loro le
persone delle quali l'una è stata condannata per omicidio consumato o tentato
sul coniuge dell'altra (116, 117). Se ebbe luogo soltanto rinvio a giudizio
ovvero fu ordinata la cattura, si sospende la celebrazione del matrimonio fino
a quando non è pronunziata sentenza di proscioglimento. Art. 89 Divieto
temporaneo di nuove nozze Non può contrarre matrimonio la donna, se non dopo
trecento giorni dallo scioglimento, dall'annullamento o dalla cessazione degli
effetti civili del precedente matrimonio. Sono esclusi dal divieto i casi in
cui lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del precedente
matrimonio siano stati pronunciati in base all'art. 3, n. 2, lett. b) ed f),
della L. 1° dicembre 1970, n. 898, e nei casi in cui il matrimonio sia stato
dichiarato nullo per impotenza, anche soltanto a generare, di uno dei coniugi.
Il tribunale con decreto emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico
ministero, può autorizzare il matrimonio quando è inequivocabilmente escluso lo
stato di gravidanza o se risulta da sentenza passata in giudicato che il marito
non ha convissuto con la moglie, nei trecento giorni precedenti lo
scioglimento, l'annullamento o la cessazione degli effetti civili del
matrimonio. Si applicano le disposizioni dei commi quarto, quinto e sesto
dell'art. 84 e del comma quinto dell'art. 87. Il divieto cessa dal giorno in
cui la gravidanza è terminata. Art. 90 Assenza del minore Con il decreto di cui
all'art. 84 il tribunale o la corte di appello nominano, se le circostanze lo
esigono, un curatore speciale che assista il minore nella stipulazione delle
convenzioni matrimoniali. Art. 91 Diversità di razza o di nazionalità
(abrogato) Art. 92 Matrimonio del Re Imperatore e dei Principi Reali (omissis)
Sezione II Delle formalità preliminari del matrimonio Art. 93 Pubblicazione La
celebrazione del matrimonio dev'essere preceduta dalla pubblicazione fatta a
cura dell'ufficiale dello stato civile. La pubblicazione consiste
nell'affissione alla porta della casa comunale di un atto dove si indica il
nome, il cognome, la professione, il luogo di nascita e la residenza degli
sposi, se essi siano maggiori o minori di età, nonché il luogo dove intendono
celebrare il matrimonio. L'atto deve anche indicare il nome del padre e il nome
e il cognome della madre degli sposi, salvi i casi in cui la legge vieta questa
menzione (115, 138). Art. 94 Luogo della pubblicazione La pubblicazione deve
essere richiesta all'ufficiale dello stato civile del comune dove uno degli sposi
ha la residenza ed è fatta nei comuni di residenza degli sposi. Se la residenza
non dura da un anno, la pubblicazione deve farsi anche nel comune della
precedente residenza. L'ufficiale dello stato civile cui si domanda la
pubblicazione provvede a chiederla agli ufficiali degli altri comuni nei quali
la pubblicazione deve farsi. Essi devono trasmettere all'ufficiale dello stato
civile richiedente il certificato dell'eseguita pubblicazione. Art. 95 Durata
della pubblicazione L'atto di pubblicazione resta affisso alla porta della casa
comunale almeno per otto giorni, comprendenti due domeniche successive (100,
115, 138). Art. 96 Richiesta della pubblicazione La richiesta della
pubblicazione deve farsi da ambedue gli sposi o da persona che ne ha da essi ricevuto
speciale incarico (81, 135). Art. 97 Documenti per la pubblicazione Chi
richiede la pubblicazione deve presentare all'ufficiale dello stato civile un
estratto per riassunto dell'atto di nascita di entrambi gli sposi, nonché ogni
altro documento necessario a provare la libertà degli sposi. Coloro che
esercitano o hanno esercitato la potestà debbono dichiarare all'ufficiale di
stato civile al quale viene rivolta la richiesta di pubblicazione, sotto la
propria personale responsabilità, che gli sposi non si trovano in alcuna delle
condizioni che impediscono il matrimonio a norma dell'art. 87, di cui debbono
prendere conoscenza attraverso la lettura chiara e completa fatta
dall'ufficiale di stato civile, con ammonizione delle conseguenze penali delle
dichiarazioni mendaci. La dichiarazione prevista al comma precedente è resa e
sottoscritta dinanzi all'ufficiale di stato civile ed autenticata dallo stesso.
Si applicano le disposizioni degli artt. 20, 24 e 26 della L. 4 gennaio 1968,
n. 15. In difetto della dichiarazione prevista nel secondo comma, l'ufficiale
di stato civile accerta d'ufficio, esclusivamente mediante esame dell'atto
integrale di nascita, l'assenza di impedimento di parentela o di affinità a
termini e per gli effetti di cui all'art. 87. Qualora i richiedenti non
presentino i documenti necessari, l'ufficiale di stato civile provvede su loro
domanda a richiederli. (l) Articolo cosi modificato dalla L. 19 maggio 1971, n.
423 e successivamente dalla L. 19 maggio 1975, n. 151. Art. 98 Rifiuto della
pubblicazione L'ufficiale dello stato civile che non crede di poter procedere
alla pubblicazione rilascia un certificato coi motivi del rifiuto (112,138).
Contro il rifiuto è dato ricorso al tribunale, che provvede in camera di
consiglio, sentito il pubblico ministero (Cod. Proc. Civ. 737 e seguenti). Art.
99 Termine per la celebrazione del matrimonio Il matrimonio non può essere
celebrato prima del quarto giorno dopo compiuta la pubblicazione. Se il
matrimonio non è celebrato nei centottanta giorni successivi, la pubblicazione
si considera come non avvenuta. Art. 100 Riduzione del termine e omissione
della pubblicazione Il tribunale, su istanza degli interessati, con decreto non
impugnabile emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, può ridurre,
per gravi motivi, il termine della pubblicazione. In questo caso la riduzione
del termine è dichiarata nella pubblicazione. Può anche autorizzare, con le
stesse modalità, per cause gravissime, l'omissione della pubblicazione, quando
venga presentato un atto di notorietà con il quale quattro persone, ancorché
parenti degli sposi, dichiarano con giuramento, davanti al pretore del
mandamento di uno degli sposi, di ben conoscerli, indicando esattamente il nome
e cognome, la professione e la residenza dei medesimi e dei loro genitori, e
assicurano sulla loro coscienza che nessuno degli impedimenti stabiliti dagli
artt. 85, 86, 87, 88 e 89 si oppone al matrimonio. Il pretore deve far
precedere all'atto di notorietà la lettura di detti articoli e ammonire i
dichiaranti sull'importanza della loro attestazione e sulla gravità delle
possibili conseguenze. Quando è stata autorizzata la omissione della
pubblicazione, gli sposi, per essere ammessi alla celebrazione del matrimonio,
devono presentare all'ufficiale dello stato civile, insieme col decreto di
autorizzazione, gli atti previsti dall'art. 97. Art. 101 Matrimonio in
imminente pericolo di vita Nel caso di imminente pericolo di vita di uno degli
sposi, l'ufficiale dello stato civile del luogo può procedere alla celebrazione
del matrimonio senza pubblicazione e senza l'assenso al matrimonio, se questo è
richiesto, purché gli sposi prima giurino che non esistono tra loro impedimenti
non suscettibili di dispensa (86, 87). L'ufficiale dello stato civile dichiara nell'atto
di matrimonio il modo con cui ha accertato l'imminente pericolo di vita (Cod.
Nav. 204, 834). Sezione III Delle opposizioni al matrimonio Art. 102 Persone
che possono fare opposizione I genitori e, in mancanza loro, gli altri
ascendenti e i collaterali entro il terzo grado (76) possono fare opposizione
al matrimonio dei loro parenti per qualunque causa che osti alla sua
celebrazione. Se uno degli sposi è soggetto a tutela (343 e seguenti) o a cura
(390 e seguenti), il diritto di fare opposizione compete anche al tutore o al
curatore. Il diritto di opposizione compete anche al coniuge della persona che
vuole contrarre un altro matrimonio. Quando si tratta di matrimonio in
contravvenzione all'art. 89, il diritto di opposizione spetta anche, se il precedente
matrimonio fu sciolto (149), ai parenti del precedente marito e, se il
matrimonio fu dichiarato nullo (117 e seguenti), a colui col quale il
matrimonio era stato contratto e ai parenti di lui. Il pubblico ministero deve
sempre fare opposizione al matrimonio, se sa che vi osta un impedimento o se
gli consta l'infermità di mente di uno degli sposi, nei confronti del quale, a
causa dell'età, non possa essere promossa l'interdizione (414 e seguenti). Art.
103 Atto di opposizione L'atto di opposizione deve dichiarare la qualità che
attribuisce all'opponente il diritto di farla, le cause dell'opposizione, e
contenere l'elezione di domicilio nel comune dove siede il tribunale L'atto
deve essere notificato nella forma della citazione (Cod. Proc. Civ. 137, 163)
agli sposi e all'ufficiale dello stato civile del comune nel quale il
matrimonio deve essere celebrato. Art. 104 Effetti dell'opposizione
L'opposizione fatta da chi ne ha facoltà, per causa ammessa dalla legge,
sospende la celebrazione del matrimonio sino a che con sentenza passata in
giudicato sia rimossa l'opposizione. Se l'opposizione è respinta, l'opponente,
che non sia un ascendente o il pubblico ministero, può essere condannato al
risarcimento dei danni. Art. 105 Matrimonio del Re Imperatore e dei Principi
Reali (omissis) Sezione IV Della celebrazione del matrimonio Art. 106 Luogo
della celebrazione Il matrimonio deve essere celebrato pubblicamente nella casa
comunale (110) davanti all'ufficiale dello stato civile al quale fu fatta la
richiesta di pubblicazione (94, 109). Art. 107 Forma della celebrazione Nel
giorno indicato dalle parti l'ufficiale dello stato civile, alla presenza di
due testimoni, anche se parenti, dà lettura agli sposi degli artt. 143, 144 e
147; riceve da ciascuna delle parti personalmente, l'una dopo l'altra, la
dichiarazione che esse si vogliono prendere rispettivamente in marito e in
moglie, e di seguito dichiara che esse sono unite in matrimonio. L'atto di
matrimonio deve essere compilato immediatamente dopo la celebrazione. Art. 108
Inapponibilità di termini e condizioni La dichiarazione degli sposi di
prendersi rispettivamente in marito e in moglie non può essere sottoposta ne a
termine ne a condizione (1353). Se le parti aggiungono un termine o una
condizione, l'ufficiale dello stato civile non può procedere alla celebrazione
del matrimonio. Se ciò nonostante il matrimonio è celebrato, il termine e la
condizione si hanno per non apposti (138). Art. 109 Celebrazione in un comune
diverso Quando vi è necessità o convenienza di celebrare il matrimonio in un
comune diverso da quello indicato nell'art. 106, l'ufficiale dello stato
civile, trascorso il termine stabilito nel primo comma dell'art. 99, richiede
per iscritto l'ufficiale del luogo dove il matrimonio si deve celebrare. La richiesta
è menzionata nell'atto di celebrazione e in esso inserita. Nel giorno
successivo alla celebrazione del matrimonio, l'ufficiale davanti al quale esso
fu celebrato invia, per la trascrizione, copia autentica dell'atto
all'ufficiale da cui fu fatta la richiesta. Art. 110 Celebrazione fuori della
casa comunale Se uno degli sposi, per infermità o per altro impedimento
giustificato all'ufficio dello stato civile, è nell'impossibilità di recarsi
alla casa comunale, l'ufficiale si trasferisce col segretario nel luogo in cui
si trova lo sposo impedito, e ivi, alla presenza di quattro testimoni, procede
alla celebrazione del matrimonio secondo l'art. 107. Art. 111 Celebrazione per
procura I militari e le persone che per ragioni di servizio si trovano al seguito
delle forze armate possono, in tempo di guerra, celebrare il matrimonio per
procura. La celebrazione del matrimonio per procura può anche farsi se uno
degli sposi risiede all'estero e concorrono gravi motivi da valutarsi dal
tribunale nella cui circoscrizione risiede l'altro sposo. L'autorizzazione è
concessa con decreto non impugnabile emesso in camera di consiglio, sentito il
pubblico ministero. La procura deve contenere l'indicazione della persona con
la quale il matrimonio si deve contrarre. La procura deve essere fatta per atto
pubblico (2699); i militari e le persone al seguito delle forze armate, in
tempo di guerra, possono farla nelle forme speciali ad essi consentite. Il
matrimonio non può essere celebrato quando sono trascorsi centottanta giorni da
quello in cui la procura è stata rilasciata. La coabitazione, anche temporanea
dopo la celebrazione del matrimonio, elimina gli effetti della revoca della
procura, ignorata dall'altro coniuge al momento della celebrazione. Art. 112
Rifiuto della celebrazione L'ufficiale dello stato civile non può rifiutare la
celebrazione del matrimonio se non per una causa ammessa dalla legge. Se la
rifiuta, deve rilasciare un certificato con l'indicazione dei motivi (98,138).
Contro il rifiuto è dato ricorso al tribunale che provvede in camera di
consiglio, sentito il pubblico ministero (Cod. Proc. Civ. 737 e seguenti). Art.
113 Matrimonio celebrato davanti a un apparente ufficiale dello stato civile Si
considera celebrato davanti all'ufficiale dello stato civile il matrimonio che
sia stato celebrato dinanzi a persona la quale, senza avere la qualità di
ufficiale dello stato civile, ne esercitava pubblicamente le funzioni, a meno
che entrambi gli sposi, al momento della celebrazione, abbiano saputo che la
detta persona non aveva tale qualità. Art. 114 Matrimonio del Re Imperatore e
dei Principi Reali (omissis) Sezione V Del matrimonio dei cittadini in paese
straniero e degli stranieri nello Stato Art. 115 Matrimonio del cittadino
all'estero Il cittadino è soggetto alle disposizioni contenute nella sezione
prima di questo capo, anche quando contrae matrimonio in paese straniero
secondo le forme ivi stabilite (84 e seguenti). La pubblicazione deve anche
farsi nello Stato a norma degli artt. 93, 94 e 95. Se il cittadino non risiede
nello Stato, la pubblicazione si fa nel comune dell'ultimo domicilio (43). Art.
116 Matrimonio dello straniero nello Stato Lo straniero che vuole contrarre
matrimonio nello Stato deve presentare all'ufficiale dello stato civile una
dichiarazione dell'autorità competente del proprio paese, dalla quale risulti
che giusta le leggi a cui è sottoposto nulla osta al matrimonio. Anche lo
straniero è tuttavia soggetto alle disposizioni contenute negli artt. 85, 86,
87, nn.1, 2 e 4, 88 e 89. Lo straniero che ha domicilio o residenza nello Stato
deve inoltre far fare la pubblicazione secondo le disposizioni di questo codice
(93 e seguenti). Sezione VI Della nullità del matrimonio Art. 117 Matrimonio
contratto con violazione degli artt. 84, 86, 87 e 88 Il matrimonio contratto
con violazione degli artt. 86, 87 e 88 può essere impugnato dai coniugi, dagli
ascendenti prossimi, dal pubblico ministero e da tutti coloro che abbiano per
impugnarlo un interesse legittimo e attuale (125,127). Il matrimonio contratto
con violazione dell'art. 84 può essere impugnato dai coniugi, da ciascuno dei
genitori e dal pubblico ministero. La relativa azione di annullamento può
essere proposta personalmente dal minore non oltre un anno dal raggiungimento
della maggiore età. La domanda, proposta dal genitore o dal pubblico ministero,
deve essere respinta ove, anche in pendenza del giudizio, il minore abbia
raggiunto la maggiore età ovvero vi sia stato concepimento o procreazione e in
ogni caso sia accertata la volontà del minore di mantenere in vita il vincolo
matrimoniale. Il matrimonio contratto dal coniuge dell'assente non può essere
impugnato finché dura l'assenza. Nei casi in cui si sarebbe potuta accordare
l'autorizzazione ai sensi del quarto comma dell'art. 87, il matrimonio non può
essere impugnato dopo un anno dalla celebrazione. La disposizione del primo
comma del presente articolo si applica anche nel caso di nullità del matrimonio
previsto dall'art. 68. Art. 118 (abrogato) Art. 119 Interdizione Il matrimonio
di chi è stato interdetto per infermità di mente può essere impugnato dal
tutore, dal pubblico ministero e da tutti coloro che abbiano un interesse
legittimo se, al tempo del matrimonio, vi era già sentenza di interdizione
passata in giudicato, ovvero se la interdizione è stata pronunziata
posteriormente ma l'infermità esisteva al tempo del matrimonio. Può essere
impugnato, dopo revocata l'interdizione, anche dalla persona che era
interdetta. L'azione non può essere proposta se, dopo revocata l'interdizione,
vi è stata coabitazione per un anno. Art. 120 Incapacità di intendere o di
volere Il matrimonio può essere impugnato da quello dei coniugi che, quantunque
non interdetto, provi di essere stato incapace di intendere o di volere, per
qualunque causa, anche transitoria, al momento della celebrazione del
matrimonio. L'azione non può essere proposta se vi è stata coabitazione per un
anno dopo che il coniuge incapace ha recuperato la pienezza delle facoltà
mentali. Art. 121 (abrogato) Art. 122 Violenza ed errore Il matrimonio può
essere impugnato da quello dei coniugi il cui consenso è stato estorto con
violenza o determinato da timore di eccezionale gravità derivante da cause
esterne allo sposo. Il matrimonio può altresì essere impugnato da quello dei
coniugi il cui consenso è stato dato per effetto di errore sull'identità della
persona o di errore essenziale su qualità personali dell'altro coniuge.
L'errore sulle qualità personali è essenziale qualora, tenute presenti le
condizioni dell'altro coniuge, si accerti che lo stesso non avrebbe prestato il
suo consenso se l'avesse esattamente conosciute e purché l'errore riguardi: *
l'esistenza di una malattia fisica o psichica o di una anomalia o deviazione
sessuale, tali da impedire lo svolgimento della vita coniugale; * l'esistenza di
una sentenza di condanna per delitto non colposo alla reclusione non inferiore
a cinque anni, salvo il caso di intervenuta riabilitazione prima della
celebrazione del matrimonio. L'azione di annullamento non può essere proposta
prima che la sentenza sia divenuta irrevocabile; * la dichiarazione di
delinquenza abituale o professionale; * la circostanza che l'altro coniuge sia
stato condannato per delitti concernenti la prostituzione a pena non inferiore
a due anni. L'azione di annullamento non può essere proposta prima che la
condanna sia divenuta irrevocabile; * lo stato di gravidanza causato da persona
diversa dal soggetto caduto in errore, purché vi sia stato disconoscimento ai
sensi dell'art. 233, se la gravidanza è stata portata a termine. L'azione non
può essere proposta se vi è stata coabitazione per un anno dopo che siano
cessate la violenza o le cause che hanno determinato il timore ovvero sia stato
scoperto l'errore. Art. 123 Simulazione Il matrimonio può essere impugnato da
ciascuno dei coniugi quando gli sposi abbiano convenuto di non adempiere agli
obblighi e di non esercitare i diritti da esso discendenti. L'azione non può
essere proposta decorso un anno dalla celebrazione del matrimonio ovvero nel
caso in cui i contraenti abbiano convissuto come coniugi successivamente alla
celebrazione medesima. Art. 124 Vincolo di precedente matrimonio Il coniuge può
in qualunque tempo impugnare il matrimonio dell'altro coniuge; se si oppone la
nullità del primo matrimonio, tale questione deve essere preventivamente
giudicata (86, 117). Art. 125 Azione del pubblico ministero L'azione di nullità
non può essere promossa dal pubblico ministero dopo la morte di uno dei
coniugi. Art. 126 Separazione dei coniugi in pendenza del giudizio Quando è
proposta domanda di nullità del matrimonio, il Tribunale può, su istanza di uno
dei coniugi, ordinare la loro separazione temporanea durante il giudizio; può
ordinarla anche d'ufficio, se ambedue i coniugi o uno di essi sono minori o
interdetti. Art. 127 Intrasmissibilità dell'azione L'azione per impugnare il
matrimonio non si trasmette agli eredi se non quando il giudizio è già pendente
alla morte dell'attore. Art. 128 Matrimonio putativo Se il matrimonio è
dichiarato nullo, gli effetti del matrimonio valido si producono, in favore dei
coniugi, fino alla sentenza che pronunzia la nullità, quando i coniugi stessi
lo hanno contratto in buona fede, oppure quando il loro consenso è stato
estorto con violenza o determinato da timore di eccezionale gravità derivante
da cause esterne agli sposi. Gli effetti del matrimonio valido si producono
anche rispetto ai figli nati o concepiti durante il matrimonio dichiarato
nullo, nonché rispetto ai figli nati prima del matrimonio e riconosciuti
anteriormente alla sentenza che dichiara la nullità. Se le condizioni indicate
nel primo comma si verificano per uno solo dei coniugi, gli effetti valgono
soltanto in favore di lui e dei figli. Il matrimonio dichiarato nullo,
contratto in malafede da entrambi i coniugi, ha gli effetti del matrimonio valido
rispetto ai figli nati o concepiti durante lo stesso, salvo che la nullità
dipenda da bigamia o incesto. Nell'ipotesi di cui al comma precedente, i figli
nei cui confronti non si verifichino gli effetti del matrimonio valido, hanno
lo stato di figli naturali riconosciuti, nei casi in cui il riconoscimento è
consentito. Art. 129 Diritti dei coniugi in buona fede Quando le condizioni del
matrimonio putativo si verificano rispetto ad ambedue i coniugi, il giudice può
disporre a carico di uno di essi e per un periodo non superiore a tre anni
l'obbligo di corrispondere somme periodiche di denaro, in proporzione alle sue
sostanze, a favore dell'altro, ove questi non abbia adeguati redditi propri e
non sia passato a nuove nozze. Per i provvedimenti che il giudice adotta
riguardo ai figli, si applica l'art. 155. Art. 129 bis Responsabilità del
coniuge in mala fede e del terzo Il coniuge al quale sia imputabile la nullità
del matrimonio, è tenuto a corrispondere all'altro coniuge in buona fede,
qualora il matrimonio sia annullato, una congrua indennità, anche in mancanza
di prova del danno sofferto. L'indennità deve comunque comprendere una somma
corrispondente al mantenimento per tre anni. E' tenuto altresì a prestare gli
alimenti al coniuge in buona fede, sempre che non vi siano altri obbligati. Il
terzo al quale sia imputabile la nullità del matrimonio è tenuto a
corrispondere al coniuge in buona fede, se il matrimonio è annullato,
l'indennità prevista nel comma precedente. In ogni caso il terzo che abbia
concorso con uno dei coniugi nel determinare la nullità del matrimonio è
solidalmente responsabile con lo stesso per il pagamento dell'indennità.
Sezione VII Delle prove della celebrazione del matrimonio Art. 130 Atto di
celebrazione del matrimonio Nessuno può reclamare il titolo di coniuge e gli
effetti del matrimonio, se non presenta l'atto di celebrazione estratto dai
registri dello stato civile. Il possesso di stato, quantunque allegato da
ambedue i coniugi, non dispensa dal presentare l'atto di celebrazione. Art. 131
Possesso di stato Il possesso di stato, conforme all'atto di celebrazione del
matrimonio, sana ogni difetto di forma. Art. 132 Mancanza dell'atto di
celebrazione Nel caso di distruzione o di smarrimento dei registri dello stato
civile l'esistenza del matrimonio può essere provata a norma dell'art. 452.
Quando vi sono indizi che per dolo o per colpa del pubblico ufficiale o per un
caso di forza maggiore l'atto di matrimonio non è stato inserito nei registri a
ciò destinati, la prova dell'esistenza del matrimonio è ammessa, sempre che
risulti in modo non dubbio un conforme possesso di stato. Art. 133 Prova della
celebrazione risultante da sentenza penale Se la prova della celebrazione del
matrimonio risulta da sentenza penale, l'iscrizione della sentenza nel registro
dello stato civile assicura al matrimonio, dal giorno della sua celebrazione,
tutti gli effetti riguardo tanto ai coniugi quanto ai figli. Sezione VIII
Disposizioni penali Art. 134 Omissione di pubblicazione Sono puniti con
l'ammenda da L. 80.000 a L. 400.000 gli sposi e l'ufficiale dello stato civile
che hanno celebrato matrimonio senza che la celebrazione sia stata preceduta
dalla prescritta pubblicazione (93 e seguenti). Art. 135 Pubblicazione senza
richiesta o senza documenti E' punito con l'ammenda da L. 40.000 a L. 200.000
l'ufficiale dello stato civile che ha proceduto alla pubblicazione di un
matrimonio senza la richiesta di cui all'art. 96 o quando manca alcuno dei
documenti prescritti dal primo comma dell'art. 97. Art. 136 Impedimenti
conosciuti dall'ufficiale dello stato civile L'ufficiale dello stato civile che
procede alla celebrazione del matrimonio, quando vi osta qualche impedimento o
divieto di cui egli ha notizia, è punito con l'ammenda da L. 100.000 a L.
600.000. Art. 137 Incompetenza dell'ufficiale dello stato civile. Mancanza dei
testimoni E' punito con l'ammenda da L. 60.000 a L. 400.000 l'ufficiale dello
stato civile che ha celebrato un matrimonio per cui non era competente (106).
La stessa pena si applica all'ufficiale dello stato civile che ha proceduto
alla celebrazione di un matrimonio senza la presenza dei testimoni. Art. 138
Altre infrazioni E' punito con l'ammenda stabilita nell'art. 135 l'ufficiale
dello stato civile che in qualunque modo contravviene alle disposizioni degli
artt. 93, 95, 98, 99, 106, 107, 108, 109, 110 e 112 o commette qualsiasi altra
infrazione per cui non sia stabilita una pena speciale in questa sezione. Art.
139 Cause di nullità note a uno dei coniugi Il coniuge il quale, conoscendo
prima della celebrazione una causa di nullità del matrimonio, l'abbia lasciata
ignorare all'altro, è punito, se il matrimonio è annullato, con l'ammenda da L.
200.000 a L. 1.000.000. Art. 140 Inosservanza del divieto temporaneo di nuove
nozze La donna che contrae matrimonio contro il divieto dell'art. 89,
l'ufficiale che lo celebra e l'altro coniuge sono puniti con l'ammenda da L.
100.000 a L. 200.000. Art. 141 Competenza I reati previsti nei precedenti
articoli sono di competenza del tribunale. NOTA Le contravvenzioni indicate
negli articoli precedenti sono diventati illeciti amministrativi. Vedere Leggi
Speciali. Art. 142 Limiti d'applicazione delle precedenti disposizioni Le
disposizioni della presente sezione si applicano quando i fatti ivi contemplati
non costituiscono reato più grave. Capo IV Dei diritti e dei doveri che nascono
dal matrimonio Art. 143 Diritti e doveri reciproci dei coniugi Con il
matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i
medesimi doveri. Dal matrimonio deriva l'obbligo reciproco alla fedeltà,
all'assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell'interesse della
famiglia e alla coabitazione (Cod. Pen. 570). Entrambi i coniugi sono tenuti,
ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro
professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia. Art. 143
bis Cognome della moglie La moglie aggiunge al proprio cognome quello del
marito e lo conserva durante lo stato vedovile, fino a che passi a nuove nozze.
Art. 143 ter (abrogato) Art. 144 Indirizzo della vita familiare e residenza
della famiglia I coniugi concordano tra loro l'indirizzo della vita familiare e
fissano la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle
preminenti della famiglia stessa. A ciascuno dei coniugi spetta il potere di
attuare l'indirizzo concordato. Art. 145 Intervento del giudice In caso di
disaccordo ciascuno dei coniugi può chiedere, senza formalità, l'intervento del
giudice il quale, sentite le opinioni espresse dai coniugi e, per quanto
opportuno, dai figli conviventi che abbiano compiuto il sedicesimo anno, tenta
di raggiungere una soluzione concordata. Ove questa non sia possibile e il
disaccordo concerne la fissazione della residenza o altri affari essenziali, il
giudice, qualora ne sia richiesto espressamente e congiuntamente dai coniugi,
adotta, con provvedimento non impugnabile, la soluzione che ritiene più
adeguata alle esigenze dell'unità e della vita della famiglia. Art. 146
Allontanamento dalla residenza familiare Il diritto all'assistenza morale e
materiale previsto dall'art. 143 è sospeso nei confronti del coniuge che,
allontanatosi (Cod. Pen. 570) senza giusta causa dalla residenza familiare,
rifiuta di tornarvi. La proposizione della domanda di separazione o di annullamento
o di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio
costituisce giusta causa di allontanamento dalla residenza familiare. Il
giudice può, secondo le circostanze, ordinare il sequestro dei beni del coniuge
allontanatosi, nella misura atta a garantire l'adempimento degli obblighi
previsti dagli artt. 143, terzo comma, e 147. Art. 147 Doveri verso i figli Il
matrimonio impone ad ambedue i coniugi l'obbligo di mantenere, istruire ed
educare la prole tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e
delle aspirazioni dei figli. Art. 148 Concorso negli oneri I coniugi devono
adempiere l'obbligazione prevista nell'articolo precedente in proporzione alle
rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo.
Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti legittimi o
naturali, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i
mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei
figli. In caso di inadempimento il presidente del tribunale, su istanza di
chiunque vi ha interesse, sentito l'inadempiente ed assunte informazioni, può
ordinare con decreto che una quota dei redditi dell'obbligato, in proporzione
agli stessi, sia versata direttamente all'altro coniuge o a chi sopporta le
spese per il mantenimento, l'istruzione e l'educazione della prole. Il decreto
notificato agli interessati ed al terzo debitore, costituisce titolo esecutivo
(Cod. Proc. Civ. 474), ma le parti ed il terzo debitore, possono proporre
opposizione nel termine di venti giorni dalla notifica. L'opposizione è
regolata dalle norme relative all'opposizione al decreto di ingiunzione, in
quanto applicabili. Le parti ed il terzo debitore possono sempre chiedere, con
le forme del processo ordinario, la modificazione e la revoca del
provvedimento. Capo V Dello scioglimento del matrimonio e della separazione dei
coniugi Art. 149 Scioglimento del matrimonio Il matrimonio si scioglie con la
morte di uno dei coniugi e negli altri casi previsti dalla legge. Gli effetti
civili del matrimonio celebrato con rito religioso, ai sensi dell'art. 82 o
dell'art. 83, e regolarmente trascritto, cessano alla morte di uno dei coniugi
e negli altri casi previsti dalla legge. Art. 150 Separazione personale E' ammessa
la separazione personale dei coniugi. La separazione può essere giudiziale o
consensuale. Il diritto di chiedere la separazione giudiziale o l'omologazione
di quella consensuale spetta esclusivamente ai coniugi. Art. 151 Separazione
giudiziale La separazione può essere chiesta quando si verificano, anche
indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, fatti tali da
rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave
pregiudizio alla educazione della prole. Il giudice, pronunziando la
separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a
quale dei coniugi sia addebitabile la separazione in considerazione del suo
comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio. Art. 152-153
(abrogati) Art. 154 Riconciliazione La riconciliazione tra i coniugi comporta
l'abbandono della domanda di separazione personale già proposta. Art. 155
Provvedimenti riguardo ai figli Il giudice che pronunzia la separazione
dichiara a quale dei coniugi i figli sono affidati e adotta ogni altro
provvedimento relativo alla prole, con esclusivo riferimento all'interesse
morale e materiale di essa. In particolare il giudice stabilisce la misura e il
modo con cui l'altro coniuge deve contribuire al mantenimento, all'istruzione e
all'educazione dei figli, nonché le modalità di esercizio dei suoi diritti nei
rapporti con essi. Il coniuge cui sono affidati i figli, salva diversa
disposizione del giudice, ha l'esercizio esclusivo della potestà su di essi;
egli deve attenersi alle condizioni determinate dal giudice. Salvo che sia
diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli sono
adottate da entrambi i coniugi. Il coniuge cui i figli non siano affidati ha il
diritto e il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e può
ricorrere al giudice quando ritenga che siano state assunte decisioni
pregiudizievoli al loro interesse. L'abitazione nella casa familiare spetta di
preferenza, e ove sia possibile, al coniuge cui vengono affidati i figli. Il
giudice dà inoltre disposizioni circa l'amministrazione dei beni dei figli e,
nell'ipotesi che l'esercizio della potestà sia affidato ad entrambi i genitori,
il concorso degli stessi al godimento dell'usufrutto legale. In ogni caso il
giudice può per gravi motivi ordinare che la prole sia collocata presso una
terza persona o, nella impossibilità, in un istituto di educazione (Cod. Proc.
Civ. 710). Nell'emanare i provvedimenti relativi all'affidamento dei figli e al
contributo al loro mantenimento, il giudice deve tener conto dell'accordo fra
le parti: i provvedimenti possono essere diversi rispetto alle domande delle
parti o al loro accordo, ed emessi dopo l'assunzione di mezzi prova dedotti
dalle parti o disposti d'ufficio dal giudice. I coniugi hanno diritto di
chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti
l'affidamento dei figli, l'attribuzione dell'esercizio della potestà su di essi
e le disposizioni relative alla misura e alle modalità del contributo. NOTA Il
quarto comma dell'art.155 è stato dichiarato in parte illegittimo dalla Corte
Costituzionale (Sent. 454 del 19-27 luglio 1989). Art. 156 Effetti della
separazione sui rapporti patrimoniali tra i coniugi Il giudice, pronunziando la
separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la
separazione il diritto di ricevere dall'altro coniuge quanto è necessario al
suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri. L'entità di
tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi
dell'obbligato. Resta fermo l'obbligo di prestare gli alimenti di cui agli
artt. 433 e seguenti. Il giudice che pronunzia la separazione può imporre al
coniuge di prestare idonea garanzia reale o personale se esiste il pericolo che
egli possa sottrarsi all'adempimento degli obblighi previsti dai precedenti
commi e dall'art. 155. La sentenza costituisce titolo per l'iscrizione
dell'ipoteca giudiziale ai sensi dell'art. 2818. In caso di inadempienza, su
richiesta dell'avente diritto, il giudice può disporre il sequestro di parte
dei beni del coniuge obbligato e ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere
anche periodicamente somme di danaro all'obbligato, che una parte di esse venga
versata direttamente agli aventi diritto. Qualora sopravvengano giustificati
motivi il giudice, su istanza di parte, può disporre la revoca o la modifica
dei provvedimenti di cui ai commi precedenti. Art. 156 bis Cognome della moglie
Il giudice può vietare alla moglie l'uso del cognome del marito quando tale uso
sia a lui gravemente pregiudizievole, e può parimenti autorizzare la moglie a
non usare il cognome stesso, qualora dall'uso possa derivarle grave
pregiudizio. Art. 157 Cessazione degli effetti della separazione I coniugi
possono di comune accordo far cessare gli effetti della sentenza di
separazione, senza che sia necessario l'intervento del giudice, con un'espressa
dichiarazione o con un comportamento non equivoco che sia incompatibile con lo
stato di separazione. La separazione può essere pronunziata nuovamente soltanto
in relazione a fatti e comportamenti intervenuti dopo la riconciliazione. Art.
158 Separazione consensuale La separazione per il solo consenso dei coniugi non
ha effetto senza l'omologazione del giudice (Cod. Proc. Civ. 710-711) Quando
l'accordo dei coniugi relativamente all'affidamento e al mantenimento dei figli
è in contrasto con l'interesse di questi il giudice riconvoca i coniugi
indicando ad essi le modificazioni da adottare nell'interesse dei figli e, in
caso di inidonea soluzione, può rifiutare allo stato l'omologazione. Capo VI
Del regime patrimoniale della famiglia Sezione I Disposizioni generali Art. 159
Del regime patrimoniale legale tra i coniugi Il regime patrimoniale legale
della famiglia, in mancanza di diversa convenzione stipulata a norma dell'art.
162, è costituito dalla comunione dei beni regolata dalla sezione III del
presente capo. Art. 160 Diritti inderogabili Gli sposi non possono derogare, né
ai diritti né ai doveri provvisti dalla legge per effetto del matrimonio. Art.
161 Riferimento generico a leggi o agli usi Gli sposi non possono pattuire in
modo generico che i loro rapporti patrimoniali siano in tutto o in parte
regolati da leggi alle quali non sono sottoposti o dagli usi, ma devono
enunciare in modo concreto il contenuto dei patti con i quali intendono
regolare questi loro rapporti. Art. 162 Forma delle convenzioni matrimoniali Le
convenzioni matrimoniali debbono essere stipulate per atto pubblico sotto pena
di nullità. La scelta del regime di separazione può anche essere dichiarata
nell'atto di celebrazione del matrimonio. Le convenzioni possono essere
stipulate in ogni tempo, ferme restando le disposizioni dell'art. 194. Le
convenzioni matrimoniali non possono essere opposte ai terzi quando a margine
dell'atto di matrimonio non risultano annotati la data del contratto, il notaio
rogante e le generalità dei contraenti, ovvero la scelta di cui al secondo
comma. Art. 163 Modifica delle convenzioni Le modifiche delle convenzioni
matrimoniali, anteriori o successive al matrimonio, non hanno effetto se l'atto
pubblico non è stipulato col consenso di tutte le persone che sono state parti
nelle convenzioni medesime, o dei loro eredi. Se uno dei coniugi muore dopo
aver consentito con atto pubblico alla modifica delle convenzioni, questa produce
i suoi effetti se le altre parti esprimono anche successivamente il loro
consenso, salva l'omologazione del giudice. L'omologazione può essere chiesta
da tutte le persone che hanno partecipato alla modificazione delle convenzioni
o dai loro eredi. Le modifiche convenute e la sentenza di omologazione hanno
effetto rispetto ai terzi solo se ne è fatta annotazione in margine all'atto
del matrimonio. L'annotazione deve inoltre essere fatta a margine della
trascrizione delle convenzioni matrimoniali ove questa sia richiesta a norma
degli artt. 2643 e seguenti. Art. 164 Simulazione delle convenzioni
matrimoniali E' consentita ai terzi la prova della simulazione delle
convenzioni matrimoniali (1417). Le controdichiarazioni scritte possono aver
effetto nei confronti di coloro tra i quali sono intervenute, solo se fatte con
la presenza ed il simultaneo consenso di tutte le persone che sono state parti
nelle convenzioni matrimoniali. Art. 165 Capacità del minore Il minore ammesso
a contrarre matrimonio è pure capace di prestare il consenso per tutte le
relative convenzioni matrimoniali, le quali sono valide se egli è assistito dai
genitori esercenti la potestà su di lui o dal tutore o dal curatore speciale
nominato a norma dell'art. 90. Art. 166 Capacità dell'inabilitato Per la
validità delle stipulazioni e delle donazioni, fatte nel contratto di
matrimonio dall'inabilitato (415) o da colui contro il quale è stato promosso
giudizio di inabilitazione, è necessaria l'assistenza del curatore già
nominato. Se questi non è stato ancora nominato, si provvede alla nomina di un
curatore speciale. Art. 166-bis Divieto di costituzione di dote E' nulla ogni
convenzione che comunque tenda alla costituzione di beni in dote. Sezione II
Del fondo patrimoniale Art. 167 Costituzione del fondo patrimoniale Ciascuno o
ambedue i coniugi, per atto pubblico, o un terzo, anche per testamento, possono
costituire un fondo patrimoniale, destinando determinati beni, immobili o
mobili iscritti in pubblici registri, o titoli di credito, a far fronte ai
bisogni della famiglia. La costituzione del fondo patrimoniale per atto tra
vivi, effettuata dal terzo, si perfeziona con l'accettazione dei coniugi.
L'accettazione può essere fatta con atto pubblico posteriore. La costituzione
può essere fatta anche durante il matrimonio. I titoli di credito devono essere
vincolati rendendoli nominativi con annotazione del vincolo o in altro modo
idoneo. Art. 168 Impiego ed amministrazione del fondoLa proprietà dei beni
costituenti il fondo patrimoniale spetta ad entrambi i coniugi, salvo che sia
diversamente stabilito nell'atto di costituzione. I frutti (820) dei beni
costituenti il fondo patrimoniale sono impiegati per i bisogni della famiglia.
L'amministrazione dei beni costituenti il fondo patrimoniale è regolata dalle
norme relative all'amministrazione della comunione legale. Art. 169 Alienazione
dei beni del fondo Se non è stato espressamente consentito nell'atto di
costituzione, non si possono alienare, ipotecare, dare in pegno o comunque
vincolare beni del fondo patrimoniale se non con il consenso di entrambi i
coniugi e, se vi sono figli minori, con l'autorizzazione concessa dal giudice,
con provvedimento emesso in camera di consiglio, nei soli casi di necessità o
di utilità evidente. Art. 170 Esecuzione sui beni e sui frutti L'esecuzione sui
beni del fondo e sui frutti di essi non può aver luogo per debiti che il
creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della
famiglia. Art. 171 Cessazione del fondo La destinazione del fondo termina a
seguito dell'annullamento o dello scioglimento o della cessazione degli effetti
civili del matrimonio. Se vi sono figli minori il fondo dura fino al compimento
della maggiore età dell'ultimo figlio. In tale caso il giudice può dettare, su
istanza di chi vi abbia interesse, norme per l'amministrazione del fondo.
Considerate le condizioni economiche dei genitori e dei figli ed ogni altra
circostanza, il giudice può altresì attribuire ai figli, in godimento o in
proprietà, una quota dei beni del fondo. Se non vi sono figli, si applicano le
disposizioni sullo scioglimento della comunione legale. Art. 172-176 (abrogati)
Sezione III Della comunione legale Art. 177 Oggetto della comunione
Costituiscono oggetto della comunione: a. gli acquisti compiuti dai due coniugi
insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi
ai beni personali; b. i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi,
percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione; c. i proventi
dell'attività separata di ciascuno dei coniugi se, allo scioglimento della
comunione, non siano stati consumati; d. le aziende gestite da entrambi i
coniugi e costituite dopo il matrimonio. Qualora. si tratti di aziende
appartenenti ad uno dei coniugi anteriormente al matrimonio ma gestite da
entrambi, la comunione concerne solo gli utili e gli incrementi. Art. 178 Beni
destinati all'esercizio di impresa I beni destinati all'esercizio dell'impresa
di uno dei coniugi costituita dopo il matrimonio e gli incrementi dell'impresa
costituita anche precedentemente si considerano oggetto della comunione solo se
sussistono al momento dello scioglimento di questa. Art. 179 Beni personali Non
costituiscono oggetto della comunione e sono beni personali del coniuge: a. i
beni di cui, prima del matrimonio, il coniuge era proprietario o rispetto ai
quali era titolare di un diritto reale di godimento; b. i beni acquisiti
successivamente al matrimonio per effetto di donazione o successione, quando
nell'atto di liberalità o nel testamento non è specificato che essi sono
attribuiti alla comunione; c. i beni di uso strettamente personale di ciascun
coniuge ed i loro accessori; d. i beni che servono all'esercizio della
professione del coniuge, tranne quelli destinati alla conduzione di un'azienda
facente parte della comunione; e. i beni ottenuti a titolo di risarcimento del
danno nonché la pensione attinente alla perdita parziale o totale della
capacità lavorativa; f. i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei
beni personali sopraelencati o col loro scambio, purché ciò sia espressamente
dichiarato all'atto dell'acquisto (2647). L'acquisto di beni immobili, o di
beni mobili elencati nell'art. 2683, effettuato dopo il matrimonio, è escluso
dalla comunione, ai sensi delle lett. c), d) ed f) del precedente comma, quando
tale esclusione risulti dall'atto di acquisto se di esso sia stato parte anche
l'altro coniuge. Art. 180 Amministrazione dei beni della comunione
L'amministrazione dei beni della comunione e la rappresentanza in giudizio per
gli atti ad essa relativi spettano disgiuntamente ad entrambi i coniugi. Il
compimento degli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, nonché la stipula
dei contratti con i quali si concedono o si acquistano diritti personali di
godimento e la rappresentanza in giudizio per le relative azioni spettano
congiuntamente ad entrambi i coniugi. Art. 181 Rifiuto di consenso Se uno dei
coniugi rifiuta il consenso per la stipulazione di un atto di straordinaria
amministrazione o per gli altri atti per cui il consenso è richiesto, l'altro
coniuge può rivolgersi al giudice per ottenere l'autorizzazione nel caso in cui
la stipulazione dell'atto è necessaria nell'interesse della famiglia o
dell'azienda che a norma della lett. d) dell'art. 177 fa parte della comunione.
Art. 182 Amministrazione affidata ad uno solo dei coniugi In caso di lontananza
o di altro impedimento di uno dei coniugi l'altro, in mancanza di procura del
primo risultante da atto pubblico (2699) o da scrittura privata autenticata
(2703), può compiere, previa autorizzazione del giudice e con le cautele
eventualmente da questo stabilite, gli atti necessari per i quali è richiesto,
a norma del l'art. 180, il consenso di entrambi i coniugi. Nel caso di gestione
comune di azienda, uno dei coniugi può essere delegato dall'altro al compimento
di tutti gli atti necessari all'attività dell'impresa. Art. 183 Esclusione
dall'amministrazione Se uno dei coniugi è minore o non può amministrare ovvero
se ha male amministrato, l'altro coniuge può chiedere al giudice di escluderlo
dall'amministrazione. Il coniuge privato dell'amministrazione può chiedere al
giudice di esservi reintegrato, se sono venuti meno i motivi che hanno
determinato l'esclusione. La esclusione opera di diritto riguardo al coniuge
interdetto e permane sino a quando non sia cessato lo stato di interdizione.
Art. 184 Atti compiuti senza il necessario consenso Gli atti compiuti da un
coniuge senza il necessario consenso dell'altro coniuge e da questo non
convalidati sono annullabili se riguardano beni immobili o beni mobili elencati
nell'art. 2683. L'azione può essere proposta dal coniuge il cui consenso era
necessario entro un anno (2964) dalla data in cui ha avuto conoscenza dell'atto
e in ogni caso entro un anno dalla data di trascrizione. Se l'atto non sia
stato trascritto e quando il coniuge non ne abbia avuto conoscenza prima dello
scioglimento della comunione l'azione non può essere proposta oltre l'anno
dallo scioglimento stesso. Se gli atti riguardano beni mobili diversi da quelli
indicati nel primo comma, il coniuge che li ha compiuti senza il consenso
dell'altro è obbligato su istanza di quest'ultimo a ricostruire la comunione
nello stato in cui era prima del compimento dell'atto o, qualora ciò non sia
possibile, al pagamento dell'equivalente secondo i valori correnti all'epoca
della ricostituzione della comunione. Art. 185 Amministrazione dei beni
personali del coniuge All'amministrazione dei beni che non rientrano nella
comunione o nel fondo patrimoniale si applicano le disposizioni dei commi secondo,
terzo e quarto dell'art. 217. Art. 186 Obblighi gravanti sui beni della
comunione I beni della comunione rispondono: a. di tutti i pesi ed oneri
gravanti su di essi al momento dell'acquisto; b. di tutti i carichi
dell'amministrazione; c. delle spese per il mantenimento della famiglia e per
l'istruzione e l'educazione dei figli e di ogni obbligazione contratta dai
coniugi, anche separatamente, nell'interesse della famiglia; d. di ogni
obbligazione contratta congiuntamente dai coniugi. Art. 187 Obbligazioni
contratte dai coniugi prima del matrimonio I beni della comunione, salvo quanto
disposto nell'art. 189, non rispondono delle obbligazioni contratte da uno dei
coniugi prima del matrimonio. Art. 188 Obbligazioni derivanti da donazioni o
successioni I beni della comunione, salvo quanto disposto nell'art. 189, non
rispondono delle obbligazioni da cui sono gravate le donazioni e le successioni
conseguite dai coniugi durante il matrimonio e non attribuite alla comunione.
Art. 189 Obbligazioni contratte separatamente dai coniugi I beni della
comunione fino al valore corrispondente alla quota del coniuge obbligato,
rispondono, quando i creditori non possono soddisfarsi sui beni personali delle
obbligazioni contratte dopo il matrimonio, da uno dei coniugi per il compimento
di atti eccedenti l'ordinaria amministrazione senza il necessario consenso
dell'altro. I creditori particolari di uno dei coniugi, anche se il credito è
sorto anteriormente al matrimonio, possono soddisfarsi in via sussidiaria sui
beni della comunione, fino al valore corrispondente alla quota del coniuge
obbligato. Ad essi, se chirografari, sono preferiti i creditori della
comunione. Art. 190 Responsabilità sussidiaria dei beni personali I creditori
possono agire in via sussidiaria sui beni personali di ciascuno dei coniugi,
nella misura della metà del credito, quando i beni della comunione non sono
sufficienti a soddisfare i debiti su di essa gravanti. Art. 191 Scioglimento
della comunione La comunione si scioglie per la dichiarazione di assenza o di
morte presunta, di uno dei coniugi, per l'annullamento, per lo scioglimento o
per la cessazione degli effetti civili del matrimonio, per la separazione
personale, per la separazione giudiziale dei beni, per mutamento convenzionale
del regime patrimoniale, per il fallimento di uno dei coniugi. Nel caso di
azienda di cui alla lett. d) dell'art. 177, lo scioglimento della comunione può
essere deciso, per accordo dei coniugi, osservata la forma prevista dall'art.
162. Art. 192 Rimborsi e restituzioni Ciascuno dei coniugi è tenuto a
rimborsare alla comunione le somme prelevate dal patrimonio comune per fini
diversi dall'adempimento delle obbligazioni previste dall'art. 186. E' tenuto
altresì a rimborsare il valore dei beni di cui all'art. 189, a meno che, trattandosi
di atto di straordinaria amministrazione da lui compiuto, dimostri che l'atto
stesso sia stato vantaggioso per la comunione o abbia soddisfatto una necessità
della famiglia. Ciascuno dei coniugi può richiedere la restituzione delle somme
prelevate dal patrimonio personale ed impiegate in spese ed investimenti del
patrimonio comune. I rimborsi e le restituzioni si effettuano al momento dello
scioglimento della comunione; tuttavia il giudice può autorizzarli in un
momento anteriore se l'interesse della famiglia lo esige o lo consente. Il
coniuge che risulta creditore può chiedere di prelevare beni comuni sino a
concorrenza del proprio credito. In caso di dissenso si applica il quarto
comma. I prelievi si effettuano sul denaro, quindi sui mobili e infine sugli
immobili. Art. 193 Separazione giudiziale dei beni La separazione giudiziale
dei beni può essere pronunziata in caso di interdizione (417) o di
inabilitazione (414) di uno dei coniugi o di cattiva amministrazione della
comunione. Può altresì essere pronunziata quando il disordine degli affari di
uno dei coniugi o la condotta da questi tenuta nell'amministrazione dei beni
mette in pericolo gli interessi dell'altro o della comunione o della famiglia,
oppure quando uno dei coniugi non contribuisce ai bisogni di questa in misura
proporzionale alle proprie sostanze o capacità di lavoro. La separazione può
essere chiesta da uno dei coniugi o dal suo legale rappresentante. La sentenza
che pronunzia la separazione retroagisce al giorno in cui è stata proposta la
domanda ed ha l'effetto di instaurare il regime di separazione dei beni
regolato nella sezione V del presente capo, salvi i diritti dei terzi. La
sentenza è annotata a margine dell'atto di matrimonio e sull'originale delle
convenzioni matrimoniali (2653). Art. 194 Divisione dei beni della comunione La
divisione dei beni della comunione legale si effettua ripartendo in parti
eguali l'attivo e il passivo. Il giudice, in relazione alle necessità della
prole e all'affidamento di essa, può costituire a favore di uno dei coniugi
l'usufrutto su una parte dei beni spettanti all'altro coniuge. Art. 195
Prelevamento dei beni mobili Nella divisione i coniugi o i loro eredi hanno
diritto di prelevare i beni mobili che appartenevano ai coniugi stessi prima
della comunione o che sono ad essi pervenuti durante la medesima per
successione o donazione. In mancanza di prova contraria si presume che i beni
mobili facciano parte della comunione. Art. 196 Ripetizione del valore in caso
di mancanza delle cose da prelevare Se non si trovano i beni mobili che il
coniuge o i suoi eredi hanno diritto di prelevare a norma dell'articolo
precedente essi possono ripeterne il valore, provandone l'ammontare anche per
notorietà, salvo che la mancanza di quei beni sia dovuta a consumazione per uso
o perimento o per altra causa non imputabile all'altro coniuge. Art. 197 Limiti
al prelevamento nei riguardi dei terzi Il prelevamento autorizzato dagli
articoli precedenti non può farsi, a pregiudizio dei terzi, qualora la
proprietà individuale dei beni non risulti da atto avente data certa (2702,
2704). E' fatto salvo al coniuge o ai suoi eredi il diritto di regresso sui
beni della comunione spettanti all'altro coniuge nonché sugli altri beni di
lui. Art. 198-209 (abrogati) Sezione IV Della comunione convenzionale Art. 210
Modifiche convenzionali alla comunione legale dei beni I coniugi possono,
mediante convenzione stipulata a norma dell'art. 162, modificare il regime
della comunione legale dei beni purché i patti non siano in contrasto con le disposizioni
dell'art. 161. I beni indicati alle lett. c), d) ed e), dell'art. 179 non
possono essere compresi nella comunione convenzionale. Non sono derogabili le
norme della comunione legale relative all'amministrazione dei beni della
comunione e all'uguaglianza delle quote limitatamente ai beni che formerebbero
oggetto della comunione legale. Art. 211 Obbligazioni dei coniugi contratte
prima del matrimonio I beni della comunione rispondono delle obbligazioni
contratte da uno dei coniugi prima del matrimonio limitatamente al valore dei
beni di proprietà del coniuge stesso prima del matrimonio che, in base a
convenzione stipulata a norma dell'art. 162, sono entrati a far parte della
comunione dei beni. Art. 212-214 (abrogati) Sezione V Del regime di separazione
dei beni Art. 215 I coniugi possono convenire che ciascuno di essi conservi la
titolarità esclusiva dei beni acquistati durante il matrimonio. Art. 216
(abrogato) Art. 217 Amministrazione e godimento dei beni Ciascun coniuge ha il
godimento e l'amministrazione dei beni di cui è titolare esclusivo. Se ad uno
dei coniugi è stata conferita la procura ad amministrare i beni dell'altro con
l'obbligo di rendere conto dei frutti, egli è tenuto verso l'altro coniuge
secondo le regole del mandato (1710, 1718). Se uno dei coniugi ha amministrato
i beni dell'altro con procura senza l'obbligo di rendere conto dei frutti, egli
ed i suoi eredi, a richiesta dell'altro coniuge o allo scioglimento o alla
cessazione degli effetti civili del matrimonio, sono tenuti a consegnare i
frutti esistenti e non rispondono per quelli consumati. Se uno dei coniugi,
nonostante l'opposizione dell'altro, amministra i beni di questo o comunque
compie atti relativi a detti beni risponde dei danni e della mancata percezione
dei frutti. Art. 218 Obbligazioni del coniuge che gode dei beni dell'altro
coniuge Il coniuge che gode dei beni dell'altro coniuge è soggetto a tutte le
obbligazioni dell'usufruttuario (1001). Art. 219 Prova della proprietà dei beni
Il coniuge può provare con ogni mezzo nei confronti dell'altro la proprietà
esclusiva di un bene. I beni di cui nessuno dei coniugi può dimostrare la
proprietà esclusiva sono di proprietà indivisa per pari quota di entrambi i
coniugi. Art. 220-230 (abrogati) Sezione VI Dell'impresa familiare Art. 230-bis
Impresa familiare Salvo che configurabile un diverso rapporto, il familiare che
presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o
nell'impresa familiare ha diritto al mantenimento secondo la condizione
patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili dell'impresa familiare ed ai
beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell'azienda, anche in ordine
all'avviamento, in proporzione alla quantità alla qualità del lavoro prestato.
Le decisioni concernenti l'impiego degli utili e degli incrementi nonché quelle
inerenti alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi e alla
cessazione dell'impresa sono adottate, a maggioranza, dai familiari che
partecipano alla impresa stessa. I familiari partecipanti all'impresa che non
hanno la piena capacità di agire sono rappresentati nel voto da chi esercita la
potestà su di essi. Il lavoro della donna è considerato equivalente a quello
dell'uomo. Ai fini della disposizione di cui al primo comma si intende come
familiare il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il
secondo; per impresa familiare quella cui collaborano il coniuge, i parenti
entro il terzo grado, gli affini entro il secondo. Il diritto di partecipazione
di cui al primo comma è intrasferibile, salvo che il trasferimento avvenga a
favore di familiari indicati nel comma precedente col consenso di tutti i
partecipi. Esso può essere liquidato in danaro alla cessazione, per qualsiasi
causa, della prestazione del lavoro, ed altresì in caso di alienazione
dell'azienda. Il pagamento può avvenire in più annualità, determinate, in
difetto di accordo, dal giudice. In caso di divisione ereditaria o di
trasferimento dell'azienda i partecipi di cui al primo comma hanno diritto di
prelazione sull'azienda. Si applica, nei limiti in cui è compatibile, la
disposizione dell'art. 732. Le comunioni tacite familiari nell'esercizio
dell'agricoltura (2140) sono regolate dagli usi che non contrastino con le
precedenti norme. Titolo VII Della filiazione Capo I Dello Stato di figlio
legittimo Sezione I Dello stato di figlio legittimo Art. 231 Paternità del
marito Il marito è padre del figlio concepito durante il matrimonio. Art. 232
Presunzione di concepimento durante il matrimonio Si presume concepito durante
il matrimonio il figlio nato quando sono trascorsi centottanta giorni dalla
celebrazione del matrimonio e non sono ancora trascorsi trecento giorni dalla
data dell'annullamento, dello scioglimento o dalla cessazione degli effetti
civili del matrimonio. La presunzione non opera decorsi trecento giorni dalla
pronuncia di separazione giudiziale, o dalla omologazione di separazione
consensuale, ovvero dalla data della comparizione dei coniugi avanti al giudice
quando gli stessi sono stati autorizzati a vivere separatamente nelle more del
giudizio di separazione o dei giudizi previsti nel comma precedente. Art. 233
Nascita del figlio prima dei centottanta giorni Il figlio nato prima che siano
trascorsi centottanta giorni dalla celebrazione del matrimonio è reputato
legittimo se uno dei coniugi, o il figlio stesso, non ne disconoscono la
paternità. Art. 234 Nascita del figlio dopo i trecento giorni Ciascuno dei
coniugi e i loro eredi possono provare che il figlio, nato dopo i trecento
giorni dall'annullamento, dallo scioglimento o dalla cessazione degli effetti
civili del matrimonio, è stato concepito durante il matrimonio. Possono
analogamente provare il concepimento durante la convivenza quando il figlio sia
nato dopo i trecento giorni dalla pronuncia di separazione giudiziale, o dalla
omologazione di separazione consensuale, ovvero dalla data di comparizione dei
coniugi avanti al giudice quando gli stessi sono stati autorizzati a vivere
separatamente nelle more del giudizio di separazione o dei giudizi previsti nel
comma precedente. In ogni caso il figlio può proporre azione per reclamare lo
stato di legittimo. Art. 235 Disconoscimento di paternità L'azione per il
disconoscimento di paternità del figlio concepito durante il matrimonio è
consentita solo nei casi seguenti: * se i coniugi non hanno coabitato nel
periodo compreso fra il trecentesimo ed il centottantesimo giorno prima della
nascita; * se durante il tempo predetto il marito era affetto da impotenza,
anche se soltanto di generare; * se nel detto periodo la moglie ha commesso
adulterio o ha tenuto celata al marito la propria gravidanza e la nascita del
figlio. In tali casi il marito è ammesso a provare che il figlio presenta
caratteristiche genetiche o del gruppo sanguigno incompatibile con quello del
presunto padre, o ogni altro fatto tendente ad escludere la paternità. La sola
dichiarazione della madre non esclude la paternità. L'azione di disconoscimento
può essere esercitata anche dalla madre o dal figlio che ha raggiunto la
maggiore età in tutti i casi in cui può essere esercitata dal padre. Sezione II
Delle prove della filiazione legittima Art. 236 Atto di nascita e possesso di
stato La filiazione legittima si prova con l'atto di nascita iscritto nei
registri dello stato civile. Basta, in mancanza di questo titolo, il possesso
continuo dello stato di figlio legittimo. Art. 237 Fatti costitutivi del
possesso di stato Il possesso di stato risulta da una serie di fatti che nel
loro complesso valgono a dimostrare le relazioni di filiazioni e di parentela
fra una persona e la famiglia a cui essa pretende di appartenere. In ogni caso
devono concorrere i seguenti fatti: * che la persona abbia sempre portato il
cognome del padre che essa pretende di avere; * che il padre l'abbia trattata
come figlio e abbia provveduto in questa qualità al mantenimento, alla
educazione e al collocamento di essa; * che sia stata costantemente considerata
come tale nei rapporti sociali; * che sia stata riconosciuta in detta qualità
dalla famiglia. Art. 238 Atto di nascita conforme al possesso di stato Salvo
quanto disposto dagli artt. 128, 233, 234, 235 e 239, nessuno può reclamare uno
stato contrario a quello che gli attribuiscono l'atto di nascita di figlio
legittimo e il possesso di stato conforme all'atto stesso. Parimenti non si può
contestare la legittimità di colui il quale ha un possesso di stato conforme
all'atto di nascita. Art. 239 Supposizione di parto o sostituzione di neonato
Qualora si tratti di supposizione di parto o di sostituzione di neonato (Cod.
Pen. 566 e seguenti), ancorché vi sia un atto di nascita conforme al possesso
di stato, il figlio può reclamare uno stato diverso, dando la prova della
filiazione anche a mezzo di testimoni nei limiti e secondo le regole dell'art.
241. Parimenti si può contestare la legittimità del figlio dando anche a mezzo
di testimoni, nei limiti e secondo le regole sopra indicati, la prova della
supposizione o della sostituzione predette. Art. 240 Mancanza dell'atto di
matrimonio La legittimità del figlio di due persone, che hanno pubblicamente
vissuto come marito e moglie e sono morte ambedue, non può essere contestata
per il solo motivo che manchi la prova della celebrazione del matrimonio (130),
qualora la stessa legittimità sia provata da un possesso di stato (237) che non
sia in opposizione con l'atto di nascita. Art. 241 Prova con testimoni Quando
mancano l'atto di nascita e il possesso di stato, o quando il figlio fu
iscritto sotto falsi nomi (Cod. Pen. 495) o come nato da genitori ignoti, la
prova della filiazione può darsi col mezzo di testimoni. Questa prova non può
essere ammessa che quando vi è un principio di prova per iscritto (242), ovvero
quando le presunzioni e gli indizi sono abbastanza gravi da determinare
l'ammissione della prova. Art. 242 Principio di prova per iscritto Il principio
di prova per iscritto risulta dai documenti di famiglia, dai registri e dalle
carte private del padre o della madre, dagli atti pubblici e privati
provenienti da una delle parti che sono impegnate nella controversia o da altra
persona, che, se fosse in vita, avrebbe interesse nella controversia. Art. 243
Prova contraria La prova contraria può darsi con tutti i mezzi atti a
dimostrare che il reclamante non è figlio della donna che egli pretende di
avere per madre, oppure che non è figlio del marito della madre, quando risulta
provata la maternità. Sezione III Dell'azione di disconoscimento e delle azioni
di contestazione e di reclamo di legittimità Art. 244 Termini dell'azione di
disconoscimento L'azione di disconoscimento della paternità da parte della
madre deve essere proposta nel termine di sei mesi dalla nascita del figlio. Il
marito può disconoscere il figlio nel termine di un anno che decorre dal giorno
della nascita quando egli si trovava al tempo di questa nel luogo in cui è nato
il figlio; dal giorno del suo ritorno nel luogo in cui è nato il figlio o in
cui è la residenza familiare (144) se egli ne era lontano. In ogni caso, se
egli prova di non aver avuto notizia della nascita in detti giorni, il termine
decorre dal giorno in cui ne ha avuto notizia. L'azione di disconoscimento
della paternità può essere proposta dal figlio, entro un anno dal compimento
della maggiore età o dal momento in cui viene successivamente a conoscenza dei
fatti che rendono ammissibile il disconoscimento. L'azione può essere altresì
promossa da un curatore speciale nominato dal giudice, assunte sommarie
informazioni, su istanza del figlio minore che ha compiuto i sedici anni, o del
pubblico ministero quando si tratta di minore di età inferiore. NOTA Il secondo
comma è stato dichiarato in parte illegittimo dalla Corte Costit. (sentenza 134
del 2 maggio 1985). Art. 245 Sospensione del termine Se la parte interessata a
promuovere l'azione di disconoscimento della paternità si trova in stato di
interdizione per infermità di mente (414), la decorrenza del termine indicato
nell'articolo precedente è sospesa, nei suoi confronti, sino a che dura lo
stato di interdizione. L'azione può tuttavia essere promossa dal tutore. Art.
246 Trasmissibilità dell'azione Se il titolare dell'azione di disconoscimento
della paternità muore senza averla promossa, ma prima che ne sia decorso il
termine, sono ammessi ad esercitarla in sua vece: * nel caso di morte del
presunto padre o della madre, i discendenti e gli ascendenti; il nuovo termine
decorre dalla morte del presunto padre o della madre, o dalla nascita del
figlio se si tratta di figlio postumo; * nel caso di morte del figlio, il
coniuge o i discendenti; il nuovo termine decorre dalla morte del figlio o dal
raggiungimento della maggiore età da parte di ciascuno dei discendenti. Art.
247 Legittimazione passiva Il presunto padre, la madre ed il figlio sono
litisconsorti (Cod. Proc. Civ. 102) necessari nel giudizio di disconoscimento.
Se una delle parti è minore o interdetta, l'azione è proposta in contraddittorio
con un curatore nominato dal giudice davanti al quale il giudizio deve essere
promosso. Se una delle parti è un minore emancipato o un maggiore inabilitato,
l'azione è proposta contro la stessa assistita da un curatore parimenti
nominato dal giudice. Se il presunto padre o la madre o il figlio sono morti
l'azione si propone nei confronti delle persone indicate nell'articolo
precedente o, in loro mancanza, nei confronti di un curatore parimenti nominato
dal giudice. Art. 248 Legittimazione all'azione di contestazione della
legittimità. Imprescrittibilità L'azione per contestare la legittimità spetta a
chi dall'atto di nascita del figlio risulti suo genitore e a chiunque vi abbia
interesse. L'azione è imprescrittibile. Quando l'azione è proposta nei confronti
di persone premorte o minori o altrimenti incapaci, si osservano le
disposizioni dell'articolo precedente. Nel giudizio devono essere chiamati
entrambi i genitori (Cod. Proc. Civ. 70, 102, 715). Art. 249 Reclamo della
legittimità L'azione per reclamare lo stato legittimo spetta al figlio; ma, se
egli non l'ha promossa ed è morto in età minore o nei cinque anni dopo aver
raggiunto la maggiore età, può essere promossa dai discendenti di lui. Essa
deve essere proposta contro entrambi i genitori, e, in loro mancanza, contro i
loro eredi (att. 121). L'azione è imprescrittibile riguardo al figlio. Capo II
Della filiazione naturale e della legittimazione Sezione I Della filiazione
naturale §1 Del riconoscimento dei figli naturali Art. 250 Riconoscimento Il
figlio naturale può essere riconosciuto, nei modi previsti dall'art. 254, dal
padre e dalla madre, anche se già uniti in matrimonio con altra persona
all'epoca del concepimento. Il riconoscimento può avvenire tanto congiuntamente
quanto separatamente. Il riconoscimento del figlio che ha compiuto i sedici
anni non produce effetto senza il suo assenso. Il riconoscimento del figlio che
non ha compiuto i sedici anni non può avvenire senza il consenso dell'altro
genitore che abbia già effettuato il riconoscimento. Il consenso non può essere
rifiutato ove il riconoscimento risponda all'interesse del figlio. Se vi è
opposizione, su ricorso del genitore che vuole effettuare il riconoscimento,
sentito il minore in contraddittorio con il genitore che si oppone e con l'intervento
del pubblico ministero, decide il tribunale con sentenza che, in caso di
accoglimento della domanda, tiene luogo del consenso mancante. Il
riconoscimento non può essere fatto dai genitori che non abbiano compiuto il
sedicesimo anno di età. Art. 251 Riconoscimento di figli incestuosi I figli
nati da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela (74) anche
soltanto naturale, in linea retta all'infinito o in linea collaterale nel
secondo grado, ovvero un vincolo di affinità (78) in linea retta, non possono
essere riconosciuti (128, 278) dai loro genitori, salvo che questi al tempo del
concepimento ignorassero il vincolo esistente tra di loro o che sia stato
dichiarato nullo il matrimonio da cui deriva l'affinità. Quando uno solo dei
genitori è stato in buona fede, il riconoscimento del figlio può essere fatto
solo da lui. Il riconoscimento è autorizzato dal giudice, avuto riguardo
all'interesse del figlio ed alla necessità di evitare allo stesso qualsiasi
pregiudizio. Art. 252 Affidamento del figlio naturale e suo inserimento nella
famiglia legittima Qualora il figlio naturale di uno dei coniugi sia
riconosciuto durante il matrimonio il giudice, valutate le circostanze, decide
in ordine all'affidamento del minore e adotta ogni altro provvedimento a tutela
del suo interesse morale e materiale. L'eventuale inserimento del figlio
naturale nella famiglia legittima di uno dei genitori può essere autorizzato
dal giudice qualora ciò non sia contrario all'interesse del minore e sia
accertato il consenso dell'altro coniuge e dei figli legittimi che abbiano
compiuto il sedicesimo anno di età e siano conviventi, nonché dell'altro
genitore naturale che abbia effettuato il riconoscimento. In questo caso il
giudice stabilisce le condizioni che il genitore cui il figlio è affidato deve
osservare e quelle cui deve attenersi l'altro genitore. Qualora il figlio
naturale sia riconosciuto anteriormente al matrimonio, il suo inserimento nella
famiglia legittima è subordinato al consenso dell'altro coniuge, a meno che il
figlio fosse già convivente con il genitore all'atto del matrimonio o l'altro
coniuge conoscesse l'esistenza del figlio naturale. E' altresì richiesto il
consenso dell'altro genitore naturale che abbia effettuato il riconoscimento.
Art. 253 Inammissibilità del riconoscimento In nessun caso è ammesso un
riconoscimento in contrasto con lo stato di figlio legittimo o legittimato in
cui la persona si trova. Art. 254 Forma del riconoscimento Il riconoscimento
del figlio naturale è fatto nell'atto di nascita, oppure con una apposita
dichiarazione, posteriore alla nascita o al concepimento, davanti ad un
ufficiale dello stato civile o davanti al giudice tutelare o in un atto
pubblico o in un testamento (587), qualunque sia la forma di questo. La domanda
di legittimazione di un figlio naturale presentata al giudice o la
dichiarazione della volontà di legittimarlo espressa dal genitore in un atto
pubblico (2699) o in un testamento (587) importa riconoscimento, anche se la
legittimazione non abbia luogo. Art. 255 Riconoscimento di un figlio premorto
Può anche aver luogo il riconoscimento del figlio premorto in favore dei suoi
discendenti legittimi e dei suoi figli naturali riconosciuti. Art. 256
Irrevocabilità del riconoscimento Il riconoscimento è irrevocabile. Quando è
contenuto in un testamento ha effetto dal giorno della morte del testatore,
anche se il testamento è stato revocato. Art. 257 Clausole limitatrici E' nulla
ogni clausola diretta a limitare gli effetti del riconoscimento. Art. 258
Effetti del riconoscimento Il riconoscimento non produce effetti che riguardo
al genitore da cui fu fatto, salvo i casi previsti dalla legge. L'atto di
riconoscimento di uno solo dei genitori non può contenere indicazioni relative
all'altro genitore. Queste indicazioni, qualora siano state fatte, sono senza
effetto. Il pubblico ufficiale che le riceve e l'ufficiale dello stato civile
che le riproduce sui registri dello stato civile sono puniti con l'ammenda da
lire ventimila a lire ottantamila. Le indicazioni stesse devono essere
cancellate. Art. 259-260 (abrogati) Art. 261 Diritti e doveri derivanti al
genitore dal riconoscimento Il riconoscimento comporta da parte del genitore
l'assunzione di tutti i doveri e di tutti i diritti che egli ha nei confronti
dei figli legittimi. Art. 262 Cognome del figlio Il figlio naturale assume il
cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il riconoscimento è
stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio naturale
assume il cognome del padre. Se la filiazione nei confronti del padre è stata
accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della
madre, il figlio naturale può assumere il cognome del padre aggiungendolo o
sostituendolo a quello della madre. Nel caso di minore età del figlio, il
giudice decide circa l'assunzione del cognome del padre. Art. 263 Impugnazione
del riconoscimento per difetto di veridicità Il riconoscimento può essere
impugnato per difetto di veridicità dall'autore del riconoscimento, da colui
che è stato riconosciuto e da chiunque vi abbia interesse. L'impugnazione è
ammessa anche dopo la legittimazione (280 e seguenti). L'azione è
imprescrittibile. Art. 264 Impugnazione da parte del riconosciuto Colui che è
stato riconosciuto non può, durante la minore età o lo stato d'interdizione per
infermità di mente, impugnare il riconoscimento. Tuttavia il giudice, con
provvedimento in camera di consiglio su istanza del pubblico ministero o del
tutore o dell'altro genitore che abbia validamente riconosciuto il figlio o del
figlio stesso che abbia compiuto il sedicesimo anno di età, può dare
l'autorizzazione per impugnare il riconoscimento, nominando un curatore
speciale (715). Art. 265 Impugnazione per violenza Il riconoscimento può essere
impugnato per violenza dall'autore del riconoscimento entro un anno (2964) dal
giorno in cui la violenza è cessata. Se l'autore del riconoscimento è minore,
l'azione può essere promossa entro un anno dal conseguimento dell'età maggiore
(267). Art. 266 Impugnazione del riconoscimento per effetto di interdizione
giudiziale Il riconoscimento può essere impugnato per l'incapacità che deriva
da interdizione giudiziale (414 e seguenti) dal rappresentante dell'interdetto
e, dopo la revoca dell'interdizione, dall'autore del riconoscimento, entro un
anno dalla data della revoca (267). Art. 267 Trasmissibilità dell'azione Nei
casi indicati dagli artt. 265 e 266, se l'autore del riconoscimento è morto
senza aver promosso l'azione, ma prima che sia scaduto il termine, l'azione può
essere promossa dai discendenti, dagli ascendenti o dagli eredi. Art. 268
Provvedimenti in pendenza del giudizio Quando è impugnato il riconoscimento, il
giudice può dare, in pendenza del giudizio, i provvedimenti che ritenga
opportuni nell'interesse del figlio. § 2 Della dichiarazione giudiziale della
paternità e della maternità naturale Art. 269 Dichiarazione giudiziale di
paternità e maternità La paternità e la maternità naturale possono essere
giudizialmente dichiarate nei casi in cui il riconoscimento è ammesso. La prova
della paternità e della maternità può essere data con ogni mezzo. La maternità
è dimostrata provando la identità di colui che si pretende essere figlio e di
colui ce fu partorito dalla donna, la quale si assume essere madre. La sola
dichiarazione della madre e la sola esistenza di rapporti tra la madre e il
preteso padre all'epoca del concepimento non costituiscono prova della
paternità naturale. Art. 270 Legittimazione attiva e termine L'azione per
ottenere che sia dichiarata giudizialmente la paternità o la maternità naturale
è imprescrittibile riguardo al figlio. Se il figlio muore prima di avere
iniziato l'azione, questa può essere promossa dai discendenti legittimi,
legittimati o naturali (258) riconosciuti, entro due anni dalla morte. L'azione
promossa dal figlio, se egli muore, può essere proseguita dai discendenti
legittimi, legittimati o naturali riconosciuti. Art. 271-272 (abrogati) Art.
273 Azione nell'interesse del minore o dell'interdetto L'azione per ottenere
che sia giudizialmente dichiarata la paternità o la maternità naturale può
essere promossa, nell'interesse del minore, dal genitore che esercita la
potestà prevista dall'art. 316 o dal tutore. Il tutore però deve chiedere
l'autorizzazione del giudice, il quale può anche nominare un curatore speciale.
Occorre il consenso del figlio per promuovere o per proseguire l'azione se egli
ha compiuto l'età di sedici anni. Per l'interdetto l'azione può essere promossa
dal tutore previa autorizzazione del giudice. Art. 274 Ammissibilità
dell'azione L'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di
maternità naturale è ammessa solo quando concorrono specifiche circostanze tali
da farla apparire giustificata. Sull'ammissibilità il tribunale decide in
camera di consiglio con decreto motivato, su ricorso (Cod. Proc. Civ. 125, 737)
di chi intende promuovere l'azione, sentiti il pubblico ministero e le parti e
assunte le informazioni del caso. Contro il decreto si può proporre reclamo con
ricorso alla Corte d'appello, che pronuncia anche essa in camera di consiglio.
L'inchiesta sommaria compiuta dal tribunale ha luogo senza alcuna pubblicità e
deve essere mantenuta segreta. Al termine dell'inchiesta gli atti e i documenti
della stessa sono depositati in cancelleria ed il cancelliere deve darne avviso
alle parti le quali, entro quindici giorni dalla comunicazione di detto avviso,
hanno facoltà di esaminarli e di depositare memorie illustrative. Il tribunale,
anche prima di ammettere l'azione, può, se trattasi di minore o d'altra persona
incapace, nominare un curatore speciale che la rappresenti in giudizio. Art.
275 (abrogato) Art. 276 Legittimazione passiva La domanda per la dichiarazione
di paternità o di maternità naturale deve essere proposta nei confronti del
presunto genitore o, in mancanza di lui, nei confronti dei suoi eredi (Cod.
Proc. Civ. 102). Alla domanda può contraddire chiunque vi abbia interesse. Art.
277 Effetti della sentenza La sentenza che dichiara la filiazione naturale
produce gli effetti del riconoscimento (258 e seguenti). Il giudice può anche
dare i provvedimenti che stima utili per il mantenimento, l'istruzione e
l'educazione del figlio e per la tutela degli interessi patrimoniali di lui.
Art. 278 Indagini sulla paternità o maternità Le indagini sulla paternità o
sulla maternità non sono ammesse nei casi in cui, a norma dell'art. 251, il
riconoscimento dei figli incestuosi è vietato. Possono essere ammesse dal
giudice quando vi è stato ratto o violenza carnale nel tempo che corrisponde a
quello del concepimento (Cod. Pen. 519, 523 e seguenti). Art. 279
Responsabilità per il mantenimento e l'educazione In ogni caso in cui non può
proporsi l'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità,
il figlio naturale può agire per ottenere il mantenimento, I'istruzione e
l'educazione (580, 594). Il figlio naturale se maggiorenne e in stato di
bisogno può agire per ottenere gli alimenti. L'azione è ammessa previa
autorizzazione del giudice ai sensi dell'art. 274. L'azione può essere promossa
nell'interesse del figlio minore da un curatore speciale nominato dal giudice
su richiesta del pubblico ministero o del genitore che esercita la potestà.
Sezione II Della legittimazione dei figli naturali Art. 280 Legittimazione La
legittimazione attribuisce a colui che è nato fuori del matrimonio la qualità
di figlio legittimo. Essa avviene per susseguente matrimonio dei genitori del
figlio naturale o per provvedimento del giudice. Art. 281 Divieto di
legittimazione Non possono essere legittimati i figli che non possono essere
riconosciuti (251). Art. 282 Legittimazione dei figli premorti La
legittimazione dei figli premorti può anche aver luogo in favore dei loro
discendenti legittimi e dei loro figli naturali riconosciuti. Art. 283 Effetti
e decorrenza della legittimazione per susseguente matrimonio I figli
legittimati per susseguente matrimonio acquistano i diritti dei figli legittimi
dal giorno del matrimonio, se sono stati riconosciuti da entrambi i genitori
nell'atto di matrimonio o anteriormente, oppure dal giorno del riconoscimento
se questo è avvenuto dopo il matrimonio. Art. 284 Legittimazione per
provvedimento del giudice La legittimazione può essere concessa con
provvedimento del giudice soltanto se corrisponde agli interessi del figlio ed
inoltre se concorrono le seguenti condizioni: * che sia domandata dai genitori
stessi o da uno di essi e che il genitore abbia compiuto l'età indicata nel
quinto comma dell'art. 250; * che per il genitore vi sia l'impossibilità o un
gravissimo ostacolo a legittimare il figlio per susseguente matrimonio; * che
vi sia l'assenso dell'altro coniuge se il richiedente è unito in matrimonio e
non è legalmente separato; * che vi sia il consenso del figlio legittimando se
ha compiuto gli anni sedici, o dell'altro genitore o del curatore speciale, se
il figlio è minore degli anni sedici, salvo che il figlio sia già riconosciuto.
La legittimazione può essere chiesta anche in presenza di figli legittimi o
legittimati. In tal caso il presidente del tribunale deve ascoltare i figli
legittimi o legittimati, se di eta superiore ai sedici anni. Art. 285
Condizione per la legittimazione dopo la morte dei genitori Se uno dei genitori
ha espresso in un testamento o in un atto pubblico la volontà di legittimare i
figli naturali, questi possono, dopo la morte di lui, domandare la legittimazione
se sussisteva la condizione prevista nel n. 2 dell'articolo precedente. In
questo caso la domanda deve essere comunicata agli ascendenti, discendenti, e
coniuge o, in loro mancanza, a due tra i prossimi parenti, del genitore entro
il quarto grado. Art. 286 Legittimazione domandata dall'ascendente La domanda
di legittimazione di un figlio naturale riconosciuto (250, 277) può in caso di
morte del genitore essere fatta da uno degli ascendenti legittimi di lui, se il
genitore non ha comunque espressa una volontà in contrasto con quella di
legittimare (att. 124). Art. 287 Legittimazione in base alla procura per il
matrimonio Nei casi in cui è consentito di celebrare il matrimonio per procura,
quando concorrono le condizioni per la legittimazione per susseguente
matrimonio la legittimazione dei figli naturali con provvedimento del giudice
può essere domandata in base alla procura a contrarre il matrimonio, se questo
non poté essere celebrato per la sopravvenuta morte del mandante. Quando i
figli sono stati riconosciuti, per domandarne la legittimazione è necessario
che dalla procura risulti la volontà di riconoscerli o di legittimarli. Art.
288 Procedura La domanda di legittimazione accompagnata dai documenti
giustificativi deve essere diretta al presidente del tribunale nella cui
circoscrizione il richiedente ha la residenza. Il tribunale, sentito il
pubblico ministero, accerta la sussistenza delle condizioni stabilite negli
articoli precedenti e delibera, in camera di consiglio (Cod. Proc. Civ. 737) sulla
domanda di legittimazione. Il pubblico ministero e la parte possono, entro
venti giorni dalla comunicazione, proporre reclamo alla Corte d'appello.
Questa, richiamati gli atti dal tribunale, delibera in camera di consiglio,
sentito il pubblico ministero. In ogni caso la sentenza che accoglie la domanda
è annotata in calce all'atto di nascita del figlio. Art. 289 Azioni esperibili
dopo la legittimazione La legittimazione per provvedimento del giudice non
impedisce l'azione ordinaria per la contestazione dello stato di figlio
legittimato per la mancanza delle condizioni indicate nel n. 1 dell'art. 284,
negli artt. 285, 286 e 287, ferma restando la disposizione dell'art. 263. Se
manca la condizione indicata nel n. 3 dell'art. 284 la contestazione può essere
promossa soltanto dal coniuge del quale è mancato l'assenso. Art. 290 Effetti e
decorrenza della legittimazione per provvedimento del giudice La legittimazione
per provvedimento del giudice produce gli stessi effetti della legittimazione
per susseguente matrimonio, ma soltanto dalla data del provvedimento e nei
confronti del genitore riguardo al quale la legittimazione è stata concessa. Se
il provvedimento interviene dopo la morte del genitore, gli effetti risalgono
alla data della morte, purché la domanda di legittimazione non sia stata
presentata dopo un anno da tale data. Titolo VIII Dell'adozione di persone
maggiori di età Capo I Dell'adozione di persone maggiori di età e dei suoi
effetti Art. 291 Condizioni L'adozione è permessa alle persone che non hanno
discendenti legittimi o legittimati, che hanno compiuto gli anni trentacinque e
che superano almeno di diciotto anni l'età di coloro che essi intendono
adottare. Quando eccezionali circostanze lo consigliano, il tribunale può
autorizzare l'adozione se l'adottante ha raggiunto almeno l'età di trent'anni,
ferma restando la differenza di età di cui al comma precedente. Art. 292
Divieto di adozione per diversità di razza (abrogato) Art. 293 Divieto
d'adozione di figli nati fuori del matrimonio I figli nati fuori del matrimonio
non possono essere adottati dai loro genitori. Art. 294 Pluralità di adottati o
di adottanti E' ammessa l'adozione di più persone anche con atti successivi.
Nessuno può essere adottato da più di una persona, salvo che i due adottanti siano
marito e moglie. Art. 295 Adozione da parte del tutore Il tutore non può
adottare la persona (414) della quale ha avuto la tutela, se non dopo che sia
stato approvato il conto della sua amministrazione, sia stata fatta la consegna
dei beni e siano state estinte le obbligazioni risultanti a suo carico o data
idonea garanzia per il loro adempimento (385 e seguenti). Art. 296 Consenso per
l'adozione Per l'adozione si richiede il consenso dell'adottante e
dell'adottando (298, 311 e seguenti). Se l'adottando non ha compiuto la
maggiore età il consenso è dato dal suo legale rappresentante. Art. 297 Assenso
del coniuge o dei genitori Per l'adozione è necessario l'assenso dei genitori
dell'adottando e l'assenso del coniuge dell'adottante e dell'adottando, se coniugati
e non legalmente separati. Quando è negato l'assenso previsto dal primo comma,
il tribunale, sentiti gli interessati, su istanza dell'adottante, può, ove
ritenga. ll rifiuto ingiustificato o contrario all'interesse dell'adottando,
pronunziare ugualmente l'adozione, salvo che si tratti dell'assenso dei
genitori esercenti la potestà o del coniuge, se convivente, dell'adottante o
dell'adottando. Parimenti il tribunale può pronunziare l'adozione quando è
impossibile ottenere l'assenso per incapacità o irreperibilità delle persone
chiamate ad esprimerlo. Art. 298 Decorrenza degli effetti dell'adozione
L'adozione produce i suoi effetti dalla data del decreto che la pronunzia.
Finché il decreto non è emanato, tanto l'adottante quanto l'adottando possono revocare
il loro consenso. Se l'adottante muore dopo la prestazione del consenso e prima
dell'emanazione del decreto, si può procedere al compimento degli atti
necessari per l'adozione. Gli eredi dell'adottante possono presentare alla
corte memorie e osservazioni per opporsi all'adozione. Se l'adozione è ammessa,
essa produce i suoi effetti dal momento della morte dell'adottante. Art. 299
Cognome dell'adottato L'adottato assume il cognome dell'adottante e lo antepone
al proprio. L'adottato che sia figlio naturale non riconosciuto dei propri
genitori assume solo il cognome dell'adottante. Il riconoscimento successivo
all'adozione non fa assumere all'adottato il cognome del genitore che lo ha
riconosciuto, salvo che l'adozione sia successivamente revocata. Il figlio
naturale che sia stato riconosciuto dai propri genitori e sia successivamente
adottato, assume il cognome dell'adottante. Se l'adozione è compiuta da
coniugi, l'adottato assume il cognome del marito. Se l'adozione è compiuta da
una donna maritata, I'adottato, che non sia figlio del marito, assume il
cognome della famiglia di lei. Art. 300 Diritti e doveri dell'adottato
L'adottato conserva tutti i diritti e i doveri verso la sua famiglia di origine
(315 e seguenti), salve le eccezioni stabilite dalla legge. L'adozione non
induce alcun rapporto civile tra l'adottante e la famiglia dell'adottato né tra
l'adottato e i parenti dell'adottante, salve le eccezioni stabilite dalla legge
(87). Art. 301-303 (abrogati) Art. 304 Diritti di successione L'adozione non attribuisce
all'adottante alcun diritto di successione (567). I diritti dell'adottato nella
successione dell'adottante sono regolati dalle norme contenute nel libro II
(468, 536, 567). Art. 305 Revoca dell'adozione L'adozione si può revocare
soltanto nei casi preveduti dagli articoli seguenti (att. 352, 127). Art. 306
Revoca per indegnità dell'adottato La revoca dell'adozione può essere
pronunziata dal tribunale su domanda dell'adottante, quando l'adottato abbia
attentato alla vita di lui o del suo coniuge, dei suoi discendenti o
ascendenti, ovvero si sia reso colpevole verso loro di delitto punibile con
pena restrittiva della libertà personale non inferiore nel minimo a tre anni.
Se l'adottante muore in conseguenza dell'attentato, la revoca dell'adozione può
essere chiesta da coloro ai quali si devolverebbe l'eredità in mancanza
dell'adottato e dei suoi discendenti. Art. 307 Revoca per indegnità
dell'adottante Quando i fatti previsti dall'articolo precedente sono stati
compiuti dall'adottante contro l'adottato, oppure contro il coniuge o i
discendenti o gli ascendenti di lui, la revoca può essere pronunziata su
domanda dell'adottato. Art. 308 (abrogato) Art. 309 Decorrenza degli effetti
della revoca Gli effetti dell'adozione (298 e seguenti) cessano quando passa in
giudicato la sentenza di revoca. Se tuttavia la revoca è pronunziata dopo la
morte dell'adottante per fatto imputabile all'adottato, l'adottato e i suoi
discendenti sono esclusi dalla successione dell'adottante (463 e seguenti.).
Art. 310 (abrogato) Capo II Delle forme dell'adozione di persone di maggiore
età Art. 311 Manifestazione del consenso Il consenso dell'adottante e
dell'adottando o del legale rappresentante di questo, deve essere manifestato
personalmente al presidente del tribunale nel cui circondario l'adottante ha la
residenza. L'assenso delle persone indicate negli artt. 296 e 297 può essere
dato da persona munita di procura speciale rilasciata per atto pubblico o per
scrittura privata autenticata. Art. 312 Accertamenti del tribunale Il tribunale,
assunte le opportune informazioni, verifica: * se tutte le condizioni della
legge sono state adempiute; * se l'adozione conviene all'adottando. Art. 313
Provvedimento del tribunale Il tribunale, in camera di consiglio, sentito il
pubblico ministero e omessa ogni altra formalità di procedura, provvede con
decreto motivato decidendo di far luogo o non far luogo all'adozione.
L'adottante, il pubblico ministero, l'adottando, entro trenta giorni dalla
comunicazione, possono impugnare il decreto del tribunale con reclamo alla
corte di appello, che decide in camera di consiglio, sentito il pubblico
ministero. Art. 314 Pubblicità Il decreto che pronuncia l'adozione, divenuto
definitivo, è trascritto a cura del cancelliere del tribunale competente, entro
il decimo giorno successivo a quello della relativa comunicazione, da
effettuarsi non oltre cinque giorni dal deposito, da parte del cancelliere del
giudice dell'impugnazione, su apposito registro e comunicato all'ufficiale di
stato civile per l'annotazione a margine dell'atto di nascita dell'adottato.
Con la procedura di cui al comma precedente deve essere altresì trascritta ed
annotata la sentenza di revoca della adozione, passata in giudicato. L'autorità
giudiziaria può inoltre ordinare la pubblicazione del decreto che pronunzia
l'adozione o della sentenza di revoca nei modi che ritiene opportuni. Titolo IX
Della potestà dei genitori Art. 315 Doveri del figlio verso i genitori Il
figlio (231 e seguenti) deve rispettare i genitori e deve contribuire in relazione
alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia
finché convive con essa. Art. 316 Esercizio della potestà dei genitori Il
figlio è soggetto alla potestà dei genitori sino all'età maggiore o alla
emancipazione (2, 390) La potestà è esercitata di comune accordo da entrambi
(155, 317, 327, 343) i genitori. In caso di contrasto su questioni di
particolare importanza ciascuno dei genitori può ricorrere senza formalità al
giudice indicando i provvedimenti che ritiene più idonei. Se sussiste un
incombente pericolo di grave pregiudizio per il figlio, il padre può adottare i
provvedimenti urgenti ed indifferibili (322). Il giudice, sentiti i genitori ed
il figlio, se maggiore degli anni quattordici, suggerisce le determinazioni che
ritiene più utili nell'interesse del figlio e dell'unità familiare. Se il
contrasto permane il giudice attribuisce il potere di decisione a quello dei
genitori che, nel singolo caso, ritiene il più idoneo a curare l'interesse del
figlio. Art. 317 Impedimento di uno dei genitori Nel caso di lontananza, di
incapacità o di altro impedimento che renda impossibile ad uno dei genitori
l'esercizio della potestà, questa è esercitata in modo esclusivo dall'altro. La
potestà comune dei genitori non cessa quando, a seguito di separazione, di
scioglimento, di annullamento o di cessazione degli effetti civili del
matrimonio, i figli vengono affidati ad uno di essi. L'esercizio della potestà
è regolato, in tali casi, secondo quanto disposto nell'art. 155. Art. 317-bis
Esercizio della potestà Al genitore che ha riconosciuto il figlio naturale
spetta la potestà su di lui. Se il riconoscimento è fatto da entrambi i
genitori, I'esercizio della potestà spetta congiuntamente ad entrambi qualora
siano conviventi. Si applicano le disposizioni dell'art. 316. Se i genitori non
convivono l'esercizio della potestà spetta al genitore col quale il figlio
convive ovvero, se non convive con alcuno di essi, al primo che ha fatto il
riconoscimento. Il giudice, nell'esclusivo interesse del figlio, può disporre
diversamente; può anche escludere dall'esercizio della potestà entrambi i
genitori, provvedendo alla nomina di un tutore. Il genitore che non esercita la
potestà ha il potere di vigilare sull'istruzione, sull'educazione e sulle
condizioni di vita del figlio minore. Art. 318 Abbandono della casa del
genitore Il figlio non può abbandonare la casa dei genitori o del genitore che
esercita su di lui la potestà né la dimora da essi assegnatagli. Qualora se ne
allontani senza il permesso, i genitori possono richiamarlo ricorrendo, se
necessario, al giudice tutelare. Art. 319 (abrogato) Art. 320 Rappresentanza e
amministrazione I genitori congiuntamente, o quello di essi che esercita in via
esclusiva la potestà, rappresentano i figli nati e nascituri in tutti gli atti
civili e ne amministrano i beni. Gli atti di ordinaria amministrazione, esclusi
i contratti con i quali si concedono o si acquistano diritti personali di
godimento, possono essere compiuti disgiuntamente da ciascun genitore (322). Si
applicano, in caso di disaccordo o di esercizio difforme dalle decisioni
concordate, le disposizioni dell'art. 316. I genitori non possono alienare,
ipotecare o dare in pegno i beni pervenuti al figlio a qualsiasi titolo, anche
a causa di morte, accettare o rinunziare ad eredità o legati, accettare
donazioni, procedere allo scioglimento di comunioni, contrarre mutui o
locazioni ultranovennali (1572) o compiere altri atti eccedenti la ordinaria
amministrazione né promuovere, transigere o compromettere in arbitri giudizi
relativi a tali atti, se non per necessità o utilità evidente del figlio dopo
autorizzazione del giudice tutelare. I capitali non possono essere riscossi
senza autorizzazione del giudice tutelare, il quale ne determina l'impiego.
L'esercizio di una impresa commerciale (2195) non può essere continuato se non
con l'autorizzazione del tribunale su parere del giudice tutelare. Questi può
consentire l'esercizio provvisorio dell'impresa, fino a quando il tribunale
abbia deliberato sulla istanza (2198). Se sorge conflitto di interessi
patrimoniali tra i figli soggetti alla stessa potestà, o tra essi e i genitori
o quello di essi che esercita in via esclusiva la potestà, il giudice tutelare
nomina ai figli un curatore speciale. Se il conflitto sorge tra i figli e uno
solo dei genitori esercenti la potestà, la rappresentanza dei figli spetta
esclusivamente all'altro genitore. Art. 321 Nomina di un curatore speciale In
tutti i casi in cui i genitori congiuntamente, o quello di essi che esercita in
via esclusiva la potestà 1155), non possono o non vogliono compiere uno o più
atti di interesse del figlio, eccedente l'ordinaria amministrazione, il
giudice, su richiesta del figlio stesso, del pubblico ministero o di uno dei
parenti che vi abbia interesse, e sentiti i genitori, può nominare al figlio un
curatore speciale autorizzandolo al compimento di tali atti. Art. 322
Inosservanza delle disposizioni precedenti Gli atti compiuti senza osservare le
norme dei precedenti articoli del presente titolo possono essere annullati su
istanza dei genitori esercenti la potestà o del figlio o dei suoi eredi o
aventi causa. Art. 323 Atti vietati ai genitori I genitori esercenti la potestà
sui figli non possono, neppure all'asta pubblica, rendersi acquirenti
direttamente o per interposta persona dei beni e dei diritti del minore. Gli
atti compiuti in violazione del divieto previsto nel comma precedente possono
essere annullati (1422) su istanza del figlio o dei suoi eredi o aventi causa.
I genitori esercenti la potestà non possono diventare cessionari di alcuna
ragione o credito verso il minore (1261). Art. 324 Usufrutto legale I genitori
esercenti la potestà hanno in comune l'usufrutto dei beni del figlio. I frutti
percepiti sono destinati al mantenimento della famiglia e all'istruzione ed
educazione dei figli. Non sono soggetti ad usufrutto legale: * i beni
acquistati dal figlio con i proventi del proprio lavoro; * i beni lasciati o
donati (587, 769) al figlio per intraprendere una carriera, un'arte o una
professione; * i beni lasciati o donati con la condizione che i genitori
esercenti la potestà o uno di essi non ne abbiano l'usufrutto: la condizione
però non ha effetto per i beni spettanti al figlio a titolo di legittima (537);
* i beni pervenuti al figlio per eredità, legato o donazione e accettati
nell'interesse del figlio contro la volontà dei genitori esercenti la potestà.
Se uno solo di essi era favorevole all'accettazione, I'usufrutto legale spetta
esclusivamente a lui. Art. 325 Obblighi inerenti all'usufrutto legale Gravano
sull'usufrutto legale gli obblighi propri dell'usufruttuario (1001). Art. 326
Inalienabilità dell'usufrutto legale. Esecuzione sui frutti. L'usufrutto legale
non può essere oggetto di alienazione, di pegno o di ipoteca né di esecuzione
da parte dei creditori. L'esecuzione sui frutti dei beni del figlio da parte
dei creditori dei genitori o di quello di essi che ne è titolare esclusivo non
può aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per
scopi estranei ai bisogni della famiglia. Art. 327 Usufrutto legale di uno solo
dei genitori Il genitore che esercita in modo esclusivo la potestà è il solo
titolare dell'usufrutto legale. Art. 328 Nuove nozze Il genitore che passa a
nuove nozze conserva l'usufrutto legale, con l'obbligo tuttavia di accantonare
in favore del figlio quanto risulti eccedente rispetto alle spese per il
mantenimento, I'istruzione e l'educazione di quest'ultimo. Art. 329 Godimento
dei beni dopo la cessazione dell'usufrutto legale Cessato l'usufrutto legale,
se il genitore ha continuato a godere i beni del figlio convivente con esso
senza procura ma senza opposizione, o anche con procura ma senza l'obbligo di
rendere conto dei frutti, egli o i suoi eredi non sono tenuti che a consegnare
i frutti esistenti al tempo della domanda. Art. 330 Decadenza dalla potestà sui
figli Il giudice può pronunziare la decadenza della potestà quando il genitore
viola o trascura i doveri (147; Cod. Pen. 570) ad essa inerenti o abusa dei
relativi poteri con grave pregiudizio del figlio. In tale caso, per gravi
motivi, il giudice può ordinare l'allontanamento del figlio dalla residenza
familiare. Art. 331 (abrogato) Art. 332 Reintegrazione nella potestà Il giudice
può reintegrare nella potestà il genitore che ne è decaduto, quando, cessate le
ragioni per le quali la decadenza è stata pronunciata, e escluso ogni pericolo
di pregiudizio per il figlio. Art. 333 Condotta del genitore pregiudizievole ai
figli Quando la condotta di uno o di entrambi i genitori non è tale da dare
luogo alla pronuncia di decadenza prevista dall'art. 330, ma appare comunque
pregiudizievole al figlio, il giudice, secondo le circostanze può adottare i
provvedimenti convenienti e può anche disporre l'allontanamento di lui dalla
residenza familiare. Tali provvedimenti sono revocabili in qualsiasi momento.
Art. 334 Rimozione dall'amministrazione Quando il patrimonio del minore è male
amministrato, il tribunale può stabilire le condizioni a cui i genitori devono
attenersi nell'amministrazione o può rimuovere entrambi o uno solo di essi
dall'amministrazione stessa e privarli, in tutto o in parte, dell'usufrutto
legale. L'amministrazione è affidata ad un curatore, se è disposta la rimozione
di entrambi i genitori. Art. 335 Riammissione nell'esercizio
dell'amministrazione Il genitore rimosso dall'amministrazione ed eventualmente
privato dell'usufrutto legale può essere riammesso dal tribunale nell'esercizio
dell'una o nel godimento dell'altro, quando sono cessati i motivi che hanno
provocato il provvedimento (336; att. 382, 51). Art. 336 Procedimento I
provvedimenti indicati negli articoli precedenti sono adottati su ricorso
dell'altro genitore, dei parenti (77) o del pubblico ministero e, quando si
tratta di revocare deliberazioni anteriori, anche del genitore interessato. Il
tribunale provvede in camera di consiglio (Cod. Proc. Civ. 737) assunte
informazioni e sentito il pubblico ministero. Nei casi in cui il provvedimento
e richiesto contro il genitore, questi deve essere sentito. In caso di urgente
necessità il tribunale può adottare, anche di ufficio, provvedimenti temporanei
nell'interesse del figlio. Art. 337 Vigilanza del giudice tutelare Il giudice
tutelare deve vigilare sull'osservanza delle condizioni che il tribunale abbia
stabilito per l'esercizio della potestà e per l'amministrazione dei beni. Art.
338-341 (abrogati) Art. 342 Nuove nozze del genitore non ariano (abrogato)
Titolo X Della tutela e dell'emancipazione Capo I Della tutela dei minori Art.
343 Apertura della tutela Se entrambi i genitori sono morti o per altre cause
non possono esercitare la potestà dei genitori, si apre la tutela presso la
pretura del mandamento dove è la sede principale degli affari e interessi del
minore (att. 129). Se il tutore è domiciliato o trasferisce il domicilio in
altro mandamento, la tutela può essere ivi trasferita con decreto del
tribunale. Sezione I Del giudice tutelare Art. 344 Funzioni del giudice
tutelare Presso ogni pretura il giudice tutelare soprintende alle tutele e alle
curatele ed esercita le altre funzioni affidategli dalla legge. Il giudice
tutelare può chiedere l'assistenza degli organi della pubblica amministrazione
e di tutti gli enti i cui scopi corrispondono alle sue funzioni (att. 43 e
seguenti). Sezione II Del tutore e del protutore Art. 345 Denunzie al giudice tutelare
L'ufficiale dello stato civile, che riceve la dichiarazione di morte di una
persona la quale ha lasciato figli in età minore ovvero la dichiarazione di
nascita di un figlio di genitori ignoti, e il notaio, che, procede alla
pubblicazione (620) di un testamento contenente la designazione di un tutore o
di un protutore, devono darne notizia al giudice tutelare entro dieci giorni.
Il cancelliere, entro quindici giorni dalla pubblicazione o dal deposito in
cancelleria, deve dare notizia al giudice tutelare delle decisioni dalle quali
derivi l'apertura di una tutela. I parenti entro il terzo grado (76) devono
denunziare al giudice tutelare il fatto da cui deriva l'apertura della tutela
entro dieci giorni da quello in cui ne hanno avuto notizia. La denunzia deve
essere fatta anche dalla persona designata quale tutore o protutore entro dieci
giorni da quello in cui ha avuto notizia della designazione. Art. 346 Nomina
del tutore e del protutore Il giudice tutelare, appena avuta notizia del fatto
da cui deriva l'apertura della tutela, procede alla nomina del tutore e del
protutore (348, 354, 360, 389). Art. 347 Tutela di più fratelli E' nominato un
solo tutore a più fratelli e sorelle, salvo che particolari circostanze
consiglino la nomina di più tutori. Se vi è conflitto di interessi tra minori
soggetti alla stessa tutela, il giudice tutelare nomina ai minori un curatore
speciale. Art. 348 Scelta del tutore Il giudice tutelare nomina tutore la
persona designata dal genitore che ha esercitato per ultimo la potestà dei
genitori. La designazione può essere fatta per testamento (587-2), per atto
pubblico o per scrittura privata autenticata (2699; 2703). Se manca la
designazione ovvero se gravi motivi si oppongono alla nomina della persona
designata, la scelta del tutore avviene preferibilmente tra gli ascendenti o
tra gli altri prossimi parenti o affini (74, 78) del minore, i quali, in quanto
sia opportuno, devono essere sentiti. Il giudice, prima di procedere alla
nomina del tutore, deve anche sentire il minore che abbia raggiunto l'età di
anni sedici. In ogni caso la scelta deve cadere su persona idonea all'ufficio,
di ineccepibile condotta, la quale dia affidamento di educare e istruire il
minore conformemente a quanto è prescritto nell'art. 147. (5° comma abrogato).
Art. 349 Giuramento del tutore Il tutore, prima di assumere l'ufficio, presta
davanti al giudice tutelare giuramento di esercitarlo con fedeltà e diligenza.
Art. 350 Incapacità all'ufficio tutelare Non possono essere nominati tutori e,
se sono stati nominati, devono cessare dall'ufficio (att. 129): * coloro che
non hanno la libera amministrazione del proprio patrimonio; * coloro che sono
stati esclusi dalla tutela per disposizione scritta del genitore il quale per
ultimo ha esercitato la patria potestà; * coloro che hanno o sono per avere o
dei quali gli ascendenti, i discendenti o il coniuge hanno o sono per avere col
minore una lite, per effetto della quale può essere pregiudicato lo stato del
minore o una parte notevole del patrimonio di lui; * coloro che sono incorsi
nella perdita della patria potestà o nella decadenza da essa, o sono stati
rimossi da altra tutela; * il fallito che non è stato cancellato dal registro
dei falliti. Art. 351 Dispensa dall'ufficio tutelare Sono dispensati
dall'ufficio di tutore: * abrogato; * il Presidente del Consiglio dei Ministri;
* i membri del Sacro Collegio; * i Presidenti delle Assemblee legislative: * i
Ministri Segretari di Stato. Le persone indicate nei nn. 2, 3, 4 e 5 possono
far noto al giudice tutelare che non intendono valersi della dispensa. Art. 352
Dispensa su domanda Hanno diritto di essere dispensati su loro domanda
dall'assumere o dal continuare l'esercizio della tutela (353): * i grandi
ufficiali dello Stato non compresi nell'articolo precedente; * gli arcivescovi,
i vescovi e i ministri del culto aventi cura d'anime; * abrogato; * i militari
in attività di servizio; * chi ha compiuto gli anni sessantacinque * chi ha più
di tre figli minori; * chi esercita altra tutela; * chi è impedito di
esercitare la tutela da infermità permanente; * chi ha missione dal Governo
fuori dello Stato o risiede per ragioni di pubblico servizio fuori della
circoscrizione del tribunale dove è costituita la tutela. Art. 353 Domanda di
dispensa La domanda di dispensa per le cause indicate nell'articolo precedente
deve essere presentata al giudice tutelare prima della prestazione del
giuramento, salvo che la causa di dispensa sia sopravvenuta. Il tutore è tenuto
ad assumere e a mantenere l'ufficio fino a quando la tutela non sia stata
conferita ad altra persona. Art. 354 Tutela affidata a enti di assistenza La
tutela dei minori, che non hanno nel luogo del loro domicilio parenti
conosciuti o capaci di esercitare l'ufficio di tutore, può essere deferita dal
giudice tutelare a un ente di assistenza nel comune dove ha domicilio il minore
o all'ospizio in cui questi e ricoverato (402). L'amministrazione dell'ente o
dell'ospizio delega uno dei propri membri a esercitare le funzioni di tutela
(355-2) E' tuttavia in facoltà del giudice tutelare di nominare un tutore al
minore quando la natura o I'entità dei beni o altre circostanze lo richiedono.
Art. 355 Protutore Sono applicabili al protutore le disposizioni stabilite per
il tutore in questa sezione. Non si nomina il protutore nei casi contemplati
nel primo comma dell'art. 354. Art. 356 Donazione o disposizione testamentaria
a favore del minore Chi fa una donazione o dispone con testamento a favore di
un minore, anche se questi è soggetto alla patria potestà, può nominargli un
curatore speciale per l'amministrazione dei beni donati o lasciati. Se il
donante o il testatore non ha disposto altrimenti, il curatore speciale deve
osservare le forme stabilite dagli artt. 374 e 375 per il compimento di atti
eccedenti l'ordinaria amministrazione. Si applica in ogni caso al curatore
speciale l'art. 384. Sezione III Dell'esercizio della tutela Art. 357 Funzioni
del tutore Il tutore ha la cura della persona del minore (371), lo rappresenta
in tutti gli atti civili e ne amministra i beni (362 e seguenti). Art. 358
Doveri del minore Il minore deve rispetto e obbedienza al tutore. Egli non può
abbandonare la casa o I'istituto al quale è stato destinato, senza il permesso
del tutore. Qualora se ne allontani senza permesso, il tutore ha diritto di
richiamarvelo, ricorrendo, se è necessario, al giudice tutelare. Art. 359
(abrogato) Art. 360 Funzioni del protutore Il protutore rappresenta il minore
nei casi in cui l'interesse di questo è in opposizione con l'interesse del
tutore (380). Se anche il protutore si trova in opposizione d'interessi col
minore, il giudice tutelare nomina un curatore speciale. Il protutore è tenuto
a promuovere la nomina di un nuovo tutore nel caso in cui il tutore è venuto a
mancare o ha abbandonato l'ufficio. Frattanto egli ha cura della persona del
minore, lo rappresenta e può fare tutti gli atti conservativi e gli atti
urgenti di amministrazione. Art. 361 Provvedimenti urgenti Prima che il tutore
o il protutore abbia assunto le proprie funzioni, spetta al giudice tutelare di
dare, sia d'ufficio sia su richiesta del pubblico ministero, di un parente o di
un affine del minore, i provvedimenti urgenti che possono occorrere per la cura
del minore o per conservare e amministrare il patrimonio. Il giudice può
procedere, occorrendo, all'apposizione dei sigilli (Cod. Proc. Civ. 752 e
seguenti), nonostante qualsiasi dispensa. Art. 362 Inventario Il tutore, nei
dieci giorni successivi a quello in cui ha avuto legalmente notizia della sua
nomina, deve procedere all'inventario dei beni del minore, nonostante qualsiasi
dispensa (363 e seguenti; att. 46-1). L'inventario deve essere compiuto nel
termine di trenta giorni, salva al giudice tutelare la facoltà di prorogare il
termine se le circostanze lo esigono (382). Art. 363 Formazione dell'inventario
L'inventario si fa col ministero del cancelliere della pretura o di un notaio a
ciò delegato dal giudice tutelare, con l'intervento del protutore e, se è
possibile, anche del minore che abbia compiuto gli anni sedici, e con
l'assistenza di due testimoni scelti preferibilmente fra i parenti o gli amici
della famiglia. Il giudice può consentire che l'inventario sia fatto senza
ministero di cancelliere o di notaio, se il valore presumibile del patrimonio
non eccede quindicimila lire. L'inventario è depositato presso la pretura. Nel
verbale di deposito il tutore e il protutore ne dichiarano con giuramento la
sincerità. Art. 364 Contenuto dell'inventario Nell'inventario si indicano gli
immobili, i mobili, i crediti e i debiti e si descrivono le carte, note e scritture
relative allo stato attivo e passivo del patrimonio, osservando le formalità
stabilite nel codice di procedura civile (Cod. Proc. Civ. 769 e seguenti). Art.
365 Inventario di aziende Se nel patrimonio del minore esistono aziende
commerciali o agricole, si procede con le forme usate nel commercio o
nell'economia agraria alla formazione dell'inventario dell'azienda, con
l'assistenza e l'intervento delle persone indicate nell'art. 363. Questi
particolari inventari sono pure depositati presso la pretura e il loro
riepilogo e riportato nell'inventario generale. Art. 366 Beni amministrati da
curatore speciale Il tutore deve comprendere nell'inventario generale del
patrimonio del minore anche i beni, la cui amministrazione è stata deferita a
un curatore speciale (356). Se questi ha formato un inventario particolare di
tali beni, deve rimetterne copia al tutore, il quale lo unirà all'inventario
generale. Il curatore deve anche comunicare al tutore copia dei conti periodici
della sua amministrazione, salvo che il disponente lo abbia esonerato. Art. 367
Dichiarazione di debiti o crediti del tutore Il tutore, che ha debiti, crediti
o altre ragioni verso il minore, deve esattamente dichiararli prima della
chiusura dell'inventario. Il cancelliere o il notaio hanno l'obbligo
d'interpellarlo al riguardo. Nel caso d'inventario senza opera di cancelliere o
di notaio, il tutore è interpellato dal giudice tutelare all'atto del deposito.
In ogni caso si fa menzione dell'interpellazione e della dichiarazione del
tutore nell'inventario o nel verbale di deposito (368). Art. 368 Omissione
della dichiarazione Se il tutore, conoscendo il suo credito o le sue ragioni,
espressamente interpellato non li ha dichiarati, decade da ogni suo diritto.
Qualora, sapendo di essere debitore, non abbia dichiarato fedelmente il proprio
debito, può essere rimosso dalla tutela (384). Art. 369 Deposito di titoli e
valori Il tutore deve depositare il denaro, i titoli di credito al portatore e
gli oggetti preziosi esistenti nel patrimonio del minore presso un istituto di
credito (att. 251 e seguenti) designato dal giudice tutelare, salvo che questi
disponga diversamente per la loro custodia. Non è tenuto a depositare le somme
occorrenti per le spese urgenti di mantenimento e di educazione del minore e per
le spese di amministrazione (357). Art. 370 Amministrazione prima
dell'inventario Prima che sia compiuto l'inventario, I'amministrazione del
tutore deve limitarsi agli affari che non ammettono dilazione (361). Art. 371
Provvedimenti circa l'educazione e l'amministrazione Compiuto l'inventario, il
giudice tutelare, su proposta del tutore e sentito il protutore, delibera: *
sul luogo dove il minore deve essere allevato e sul suo avviamento agli studi o
all'esercizio di un'arte, mestiere o professione, sentito lo stesso minore se
ha compiuto gli anni dieci, e richiesto, quando è opportuno, I'avviso dei
parenti prossimi e del comitato di patronato dei minorenni; * sulla spesa annua
occorrente per il mantenimento e l'istruzione del minore e per l'amministrazione
del patrimonio, fissando i modi d'impiego del reddito eccedente; * sulla
convenienza di continuare ovvero alienare o liquidare le aziende commerciali,
che si trovano nel patrimonio del minore, e sulle relative modalità e cautele.
Nel caso in cui il giudice stimi evidentemente utile per il minore la
continuazione dell'esercizio dell'impresa, il tutore deve domandare
l'autorizzazione del tribunale. In pendenza della deliberazione del tribunale
il giudice tutelare può consentire l'esercizio provvisorio dell'impresa (2198;
att. 38-2). Art. 372 Investimento di capitali I capitali del minore devono,
previa autorizzazione del giudice tutelare, essere dal tutore investiti: * in
titoli dello Stato o garantiti dallo Stato; * nell'acquisto di beni immobili
posti nello Stato; * in mutui garantiti da idonea ipoteca sopra beni posti
nello Stato, o in obbligazioni emesse da pubblici istituti autorizzati a
esercitare il credito fondiario; * in depositi fruttiferi presso le casse
postali o presso altre casse di risparmio o monti di credito su pegno. Il
giudice, sentito il tutore e il protutore, può autorizzare il deposito presso
altri istituti di credito (att. 251), ovvero, per motivi particolari, un
investimento diverso da quelli sopra indicati (att. 45-1) Art. 373 Titoli al
portatore Se nel patrimonio del minore si trovano titoli al portatore, il
tutore deve farli convertire in nominativi (1999), salvo che il giudice
tutelare disponga che siano depositati in cauta custodia (att. 45-1). Art. 374
Autorizzazione del giudice tutelare Il tutore non può senza l'autorizzazione
del giudice tutelare (377; att. 45-1): * acquistare beni, eccettuati i mobili
necessari per l'uso del minore, per l'economia domestica e per
l'amministrazione del patrimonio (357); * riscuotere capitali, consentire alla
cancellazione di ipoteche o allo svincolo di pegni, assumere obbligazioni,
salvo che queste riguardino le spese necessarie per il mantenimento del minore
e per l'ordinaria amministrazione del suo patrimonio; * accettare eredità o
rinunciarvi, accettare donazioni o legati soggetti a pesi o a condizioni; *
fare contratti di locazione d'immobili oltre il novennio (1572) o che in ogni
caso si prolunghino oltre un anno dopo il raggiungimento della maggiore età; *
promuovere giudizi, salvo che si tratti di denunzie di nuova opera o di danno
temuto (1171 s.), di azioni possessorie o di sfratto e di azioni per riscuotere
frutti o per ottenere provvedimenti conservativi. Art. 375 Autorizzazione del
tribunale Il tutore non può senza l'autorizzazione del tribunale (Cod. Proc.
Civ. 732): * alienare beni, eccettuati i frutti e i mobili soggetti a facile
deterioramento (376); * costituire pegni o ipoteche; * procedere a divisione o
promuovere i relativi giudizi; * fare compromessi e transazioni o accettare concordati.
L'autorizzazione è data su parere del giudice tutelare. Art. 376 Vendita di
beni Nell'autorizzare la vendita di beni, il tribunale determina se debba farsi
all'incanto o a trattative private, fissandone in ogni caso il prezzo minimo
(Cod. Proc. Civ. 734). Quando nel dare l'autorizzazione il tribunale non ha
stabilito il modo di erogazione o di reimpiego del prezzo, lo stabilisce il
giudice tutelare (att. 45-1) Art. 377 Atti compiuti senza l'osservanza delle
norme dei precedenti articoli Gli atti compiuti senza osservare le norme dei
precedenti articoli possono essere annullati su istanza del tutore o del minore
o dei suoi eredi o aventi causa (1425 e seguenti). Art. 378 Atti vietati al
tutore e al protutore Il tutore e il protutore non possono, neppure all'asta
pubblica, rendersi acquirenti direttamente o per interposta persona dei beni e
dei diritti del minore (1471, n. 3). Non possono prendere in locazione i beni
del minore senza l'autorizzazione e le cautele fissate dal giudice tutelare.
Gli atti compiuti in violazione di questi divieti possono essere annullati su
istanza delle persone indicate nell'articolo precedente, ad eccezione del
tutore e del protutore che li hanno compiuti (1425 e seguenti). Il tutore e il
protutore non possono neppure diventare cessionari di alcuna ragione o credito
(1261) verso il minore. Art. 379 Gratuità della tutela L'ufficio tutelare è
gratuito. Il giudice tutelare tuttavia, considerando l'entità del patrimonio e
le difficolta dell'amministrazione, può assegnare al tutore un'equa indennità.
Può altresì, se particolari circostanze lo richiedono, sentito il protutore,
autorizzare il tutore a farsi coadiuvare nell'amministrazione, sotto la sua
personale responsabilità, da una o più persone stipendiate. Art. 380 Contabilità
dell'amministrazione Il tutore deve tenere regolare contabilità della sua
amministrazione e renderne conto ogni anno al giudice tutelare (att. 46-1). Il
giudice può sottoporre il conto annuale all'esame del protutore e di qualche
prossimo parente o affine del minore. Art. 381 Cauzione Il giudice tutelare,
tenuto conto della particolare natura ed entità del patrimonio, può imporre al
tutore di prestare una cauzione, determinandone l'ammontare e le modalità (att.
131). Egli può anche liberare il tutore in tutto o in parte dalla cauzione che
avesse prestata. Art. 382 Responsabilità del tutore e del protutore Il tutore
deve amministrare il patrimonio del minore con la diligenza del buon padre di
famiglia. Egli risponde verso il minore di ogni danno a lui cagionato violando
i propri doveri. Nella stessa responsabilità incorre il protutore per ciò che
riguarda i doveri del proprio ufficio. Sezione IV Della cessazione del tutore
dall'ufficio Art. 383 Esonero dall'ufficio Il giudice tutelare può sempre
esonerare il tutore dall'ufficio, qualora l'esercizio di esso sia al tutore
soverchiamente gravoso e vi sia altra persona atta a sostituirlo (att. 129-2).
Art. 384 Rimozione e sospensione del tutore Il giudice tutelare può rimuovere
dall'ufficio il tutore che si sia reso colpevole di negligenza o abbia abusato
dei suoi poteri, o si sia dimostrato inetto nell'adempimento di essi, o sia
divenuto immeritevole dell'ufficio per atti anche estranei alla tutela, ovvero
sia divenuto insolvente. Il giudice non può rimuovere il tutore se non dopo
averlo sentito o citato; può tuttavia sospenderlo dall'esercizio della tutela
nei casi che non ammettono dilazione (att. 129-2). Sezione V Del rendimento del
conto finale Art. 385 Conto finale Il tutore che cessa dalle funzioni deve fare
subito la consegna dei beni e deve presentare nel termine di due mesi il conto
finale dell'amministrazione al giudice tutelare. Questi può concedere una
proroga (att. 46-1). Art. 386 Approvazione del conto Il giudice tutelare invita
il protutore, il minore divenuto maggiore o emancipato, ovvero, secondo le
circostanze, il nuovo rappresentante legale a esaminare il conto e a presentare
le loro osservazioni. Se non vi sono osservazioni, il giudice che non trova nel
conto irregolarità o lacune lo approva; in caso contrario nega l'approvazione
(att. 45-1). Qualora il conto non sia stato presentato o sia impugnata la
decisione del giudice tutelare, provvede l'autorità giudiziaria nel
contraddittorio degli interessati (att. 45-3). Art. 387 Prescrizione delle azioni
relative alla tutela Le azioni del minore contro il tutore e quelle del tutore
contro il minore relative alla tutela si prescrivono in cinque anni dal
compimento della maggiore età o dalla morte del minore. Se il tutore ha cessato
dall'ufficio e ha presentato il conto prima della maggiore età o della morte
del minore, il termine decorre dalla data del provvedimento col quale il
giudice tutelare pronunzia sul conto stesso (386). Le disposizioni di
quest'articolo non si applicano all'azione per il pagamento del residuo che
risulta dal conto definitivo (2941-3). Art. 388 Divieto di convenzioni prima
dell'approvazione del conto Nessuna convenzione tra il tutore e il minore
divenuto maggiore può aver luogo prima dell'approvazione del conto della tutela
(596, 779). La convenzione può essere annullata su istanza del minore o dei
suoi eredi o aventi causa. Art. 389 Registro delle tutele Nel registro delle
tutele, istituito presso ogni giudice tutelare, sono iscritti a cura del
cancelliere l'apertura e la chiusura della tutela, la nomina, I'esonero e la
rimozione del tutore e del protutore, le risultanze degli inventari e dei
rendiconti e tutti i provvedimenti che portano modificazioni nello stato
personale o patrimoniale del minore (att. 48 e seguenti). Dell'apertura e della
chiusura della tutela il cancelliere dà comunicazione entro dieci giorni
all'ufficiale dello stato civile per l'annotazione in margine all'atto di
nascita del minore. Capo II Dell'emancipazione Art. 390 Emancipazione di
diritto Il minore è di diritto emancipato col matrimonio. Art. 391 (abrogato)
Art. 392 Curatore dell'emancipato Curatore del minore sposato con persone
maggiore di età è il coniuge. Se entrambi i coniugi sono minori di età, il
giudice tutelare può nominare un unico curatore, scelto preferibilmente fra i
genitori. Se interviene l'annullamento per una causa diversa dall'età, o lo
scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio o la
separazione personale, il giudice tutelare nomina curatore uno dei genitori, se
idoneo all'ufficio, o in mancanza, altra persona. Nel caso in cui il minore
contrae successivamente matrimonio, il curatore lo assiste altresì negli atti
previsti nell'art. 165. Art. 393 Incapacità o rimozione del curatore Sono
applicabili al curatore le disposizioni degli artt. 348 ultimo comma, 350 e 384
(att. 129-2). Art. 394 Capacità dell'emancipato L'emancipazione conferisce al
minore la capacità di compiere gli atti che non eccedono l'ordinaria
amministrazione (397, 2942). Il minore emancipato può con l'assistenza del
curatore riscuotere i capitali sotto la condizione di un idoneo impiego e può
stare in giudizio sia come attore sia come convenuto. Per gli altri atti
eccedenti l'ordinaria amministrazione, oltre il consenso del curatore (395), è
necessaria l'autorizzazione del giudice tutelare (att. 45-1) Per gli atti
indicati nell'art. 375 I'autorizzazione, se curatore non è il genitore, deve
essere data dal tribunale su parere del giudice tutelare. Qualora nasca
conflitto di interessi fra il minore e il curatore, è nominato un curatore
speciale a norma dell'ultimo comma dell'art. 320 (396; att. 45-1). Art. 395
Rifiuto del consenso da parte del curatore Nel caso in cui il curatore rifiuta
il suo consenso, il minore può ricorrere al giudice tutelare, il quale, se stima
ingiustificato il rifiuto, nomina un curatore speciale per assistere il minore
nel compimento dell'atto, salva, se occorre, I'autorizzazione del tribunale
(att. 45-1). Art. 396 Inosservanza delle precedenti norme Gli atti compiuti
senza osservare le norme stabilite nell'art. 394 possono essere annullati su
istanza del minore o dei suoi eredi o aventi causa (1425 e seguenti). Sono
applicabili al curatore le disposizioni dell'art. 378. Art. 397 Emancipato
autorizzato all'esercizio di un'impresa commerciale Il minore emancipato può
esercitare un'impresa commerciale senza l'assistenza del curatore, se è
autorizzato dal tribunale, previo parere del giudice tutelare e sentito il
curatore (2198; att. 100). L'autorizzazione può essere revocata dal tribunale su
istanza del curatore o d'ufficio, previo, in entrambi i casi, il parere del
giudice tutelare e sentito il minore emancipato. Il minore emancipato, che è
autorizzato all'esercizio di una impresa commerciale, può compiere da solo gli
atti che eccedono l'ordinaria amministrazione, anche se estranei all'esercizio
dell'impresa (394, 774; Cod. Proc. Civ. 75). Art. 398-399 (abrogati) Titolo XI
Dell'affiliazione e dell'affidamento Art. 400 Norme regolatrici dell'assistenza
dei minori L'assistenza dei minori è regolata, oltre che dalle leggi speciali,
dalle norme del presente titolo (vedere anche Legge 4 maggio 1983, n. 184,
riportata tra le Leggi Speciali). Art. 401 Limiti di applicazione delle norme
Le disposizioni del presente titolo si applicano anche ai minori che sono figli
di genitori non conosciuti, ovvero figli naturali riconosciuti dalla sola madre
che si trovi nell'impossibilità di provvedere al loro allevamento. Le stesse
disposizioni si applicano ai minori ricoverati in un istituto di pubblica
assistenza o assistiti da questo per il mantenimento, l'educazione o la
rieducazione, ovvero in istato di abbandono materiale o morale. Art. 402 Poteri
tutelari spettanti agli istituti di assistenza L'istituto di pubblica
assistenza esercita i poteri tutelari sul minore ricoverato o assistito (406,
412), secondo le norme del titolo X, capo I di questo libro (343 e seguenti),
fino a quando non si provveda alla nomina di un tutore, e in tutti i casi nei
quali l'esercizio della patria potestà o della tutela sia impedito. Resta salva
la facoltà del giudice tutelare di deferire la tutela all'ente di assistenza o
all'ospizio, ovvero di nominare un tutore a norma dell'art. 354. Nel caso in
cui il genitore riprenda l'esercizio della patria potestà, l'Istituto deve
chiedere al giudice tutelare di fissare eventualmente limiti o condizioni a
tale esercizio. Art. 403 Intervento della pubblica autorità a favore dei minori
Quando il minore è moralmente o materialmente abbandonato o è allevato in
locali insalubri o pericolosi, oppure da persone per negligenza, immoralità,
ignoranza o per altri motivi incapaci di provvedere all'educazione di lui, la
pubblica autorità, a mezzo degli organi di protezione dell'infanzia, lo colloca
in luogo sicuro, sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua
protezione. Art. 404-413 (abrogati) Titolo XII Dell'infermità di mente,
dell'interdizione ed dell'inabilitazione Art. 414 Persone che devono essere
interdette Il maggiore di età e il minore emancipato, i quali si trovano in
condizioni di abituale infermità di mente che li rende incapaci di provvedere
ai propri interessi, devono essere interdetti (417 e seguenti). Art. 415
Persone che possono essere inabilitate Il maggiore di età infermo di mente, lo
stato del quale non è talmente grave da far luogo all'interdizione, può essere
inabilitato (417 e seguenti, 429). Possono anche essere inabilitati coloro che,
per prodigalità (776) o per abuso abituale di bevande alcoliche o di
stupefacenti, espongono sé e la loro famiglia a gravi pregiudizi economici.
Possono infine essere inabilitati il sordomuto e il cieco dalla nascita o dalla
prima infanzia, se non hanno ricevuto un'educazione sufficiente, salva
l'applicazione dell'art. 414 quando risulta che essi sono del tutto incapaci di
provvedere ai propri interessi. Art. 416 Interdizione e inabilitazione
nell'ultimo anno di minore età Il minore non emancipato può essere interdetto o
inabilitato nell'ultimo anno della sua minore età. L'interdizione o
l'inabilitazione ha effetto dal giorno in cui il minore raggiunge l'età
maggiore (421). Art. 417 Istanza d'interdizione o di inabilitazione
L'interdizione o l'inabilitazione possono essere promosse dal coniuge, dai
parenti entro il quarto grado, dagli affini entro il secondo grado, dal tutore
o curatore ovvero dal pubblico ministero (85; Cod. Proc. Civ. 712). Se
l'interdicendo o l'inabilitando si trova sotto la patria potestà o ha per
curatore uno dei genitori, l'interdizione o l'inabilitazione non può essere
promossa che su istanza del genitore medesimo o del pubblico ministero. Art.
418 Poteri dell'autorità giudiziaria Promosso il giudizio d'interdizione, può
essere dichiarata anche d'ufficio l'inabilitazione per infermità di mente. Se
nel corso del giudizio d'inabilitazione si rivela l'esistenza delle condizioni
richieste per l'interdizione, il pubblico ministero fa istanza al tribunale di
pronunziare l'interdizione, e il tribunale provvede nello stesso giudizio,
premessa l'istruttoria necessaria (att. 40). Art. 419 Mezzi istruttori e
provvedimenti provvisori Non si può pronunziare l'interdizione o
l'inabilitazione senza che si sia proceduto all'esame dell'interdicendo o
dell'inabilitando (Cod. Proc. Civ. 713 e seguenti). Il giudice può in questo
esame farsi assistere da un consulente tecnico. Può anche d'ufficio disporre i
mezzi istruttori utili ai fini del giudizio, interrogare i parenti prossimi
dell'interdicendo o inabilitando e assumere le necessarie informazioni. Dopo
l'esame, qualora sia ritenuto opportuno, può essere nominato un tutore
provvisorio all'interdicendo o un curatore provvisorio all'inabilitando (Cod.
Proc. Civ. 714 e seguenti). Art. 420 Internamento definitivo in manicomio
(abrogato) Art. 421 Decorrenza degli effetti dell'interdizione e
dell'inabilitazione L'interdizione e l'inabilitazione producono i loro effetti
dal giorno della pubblicazione della sentenza, salvo il caso previsto dall'art.
416 (776). Art. 422 Cessazione del tutore e del curatore provvisorio Nella
sentenza che rigetta l'istanza d'interdizione o d'inabilitazione, può disporsi
che il tutore o il curatore provvisorio, rimanga in ufficio fino a che la
sentenza non sia passata in giudicato (Cod. Proc. Civ. 324). Art. 423
Pubblicità Il decreto di nomina del tutore o del curatore provvisorio e la
sentenza d'interdizione o d'inabilitazione devono essere immediatamente
annotati a cura del cancelliere nell'apposito registro e comunicati entro dieci
giorni all'ufficiale dello stato civile per le annotazioni in margine all'atto
di nascita (att. 42). Art. 424 Tutela dell'interdetto e curatela
dell'inabilitato Le disposizioni sulla tutela dei minori e quelle sulla
curatela dei minori emancipati si applicano rispettivamente alla tutela degli
interdetti e alla curatela degli inabilitati (343 e seguenti, 390 e seguenti).
Le stesse disposizioni si applicano rispettivamente anche nei casi di nomina
del tutore provvisorio dell'interdicendo e del curatore provvisorio
dell'inabilitando a norma dell'art. 419. Per l'interdicendo non si nomina il
protutore provvisorio. Nella scelta del tutore dell'interdetto e del curatore
dell'inabilitato il giudice tutelare deve preferire il coniuge maggiore di età
che non sia separato legalmente (150 e seguenti), il padre, la madre, un figlio
maggiore di età o la persona eventualmente designata dal genitore superstite
con testamento (587), atto pubblico o scrittura privata autenticata (2699,
2703). Art. 425 Esercizio dell'impresa commerciale da parte dell'inabilitato
L'inabilitato può continuare l'esercizio dell'impresa commerciale soltanto se
autorizzato dal tribunale su parere del giudice tutelare (2198; att. 100).
L'autorizzazione può essere subordinata alla nomina di un institore (2203 e
seguenti) Art. 426 Durata dell'ufficio Nessuno è tenuto a continuare nella
tutela dell'interdetto o nella curatela dell'inabilitato oltre i dieci anni, ad
eccezione del coniuge, degli ascendenti o dei discendenti. Art. 427 Atti
compiuti dall'interdetto e dall'inabilitato Gli atti compiuti dall'interdetto
dopo la sentenza di interdizione possono essere annullati su istanza del tutore,
dell'interdetto o dei suoi eredi o aventi causa (1425 e seguenti). Sono del
pari annullabili gli atti compiuti dall'interdetto dopo la nomina del tutore
provvisorio, qualora alla nomina segua la sentenza d'interdizione. Possono
essere annullati su istanza dell'inabilitato o dei suoi eredi o aventi causa
gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione fatti dall'inabilitato, senza
l'osservanza delle prescritte formalità, dopo la sentenza di inabilitazione o
dopo la nomina del curatore provvisorio, qualora alla nomina sia seguita
l'inabilitazione (776). Per gli atti compiuti dall'interdetto prima della
sentenza d'interdizione o prima della nomina del tutore provvisorio si
applicano le disposizioni dell'articolo seguente. Art. 428 Atti compiuti da
persona incapace d'intendere o di volere Gli atti compiuti da persona che,
sebbene non interdetta, si provi essere stata per qualsiasi causa, anche
transitoria, incapace d'intendere o di volere al momento in cui gli atti sono
stati compiuti, possono essere annullati su istanza della persona medesima o
dei suoi eredi o aventi causa, se ne risulta un grave pregiudizio all'autore
(1425 e seguenti). L'annullamento dei contratti non può essere pronunziato se
non quando, per il pregiudizio che sia derivato o possa derivare alla persona
incapace d'intendere o di volere o per la qualità del contratto o altrimenti,
risulta la malafede dell'altro contraente (1425). L'azione si prescrive nel
termine di cinque anni dal giorno in cui l'atto o il contratto è stato compiuto
(2953). Resta salva ogni diversa disposizione di legge (120, 591, 775,1195;
att. 130). Art. 429 Revoca dell'interdizione e dell'inabilitazione Quando cessa
la causa dell'interdizione o dell'inabilitazione, queste possono essere
revocate su istanza del coniuge, dei parenti entro il quarto grado o degli
affini entro il secondo grado, del tutore dell'interdetto, del curatore
dell'inabilitato o su istanza del pubblico ministero (Cod. Proc. Civ. 720). Il
giudice tutelare deve vigilare per riconoscere se la causa dell'interdizione o
dell'inabilitazione continui. Se ritiene che sia venuta meno, deve informarne
il pubblico ministero. Art. 430 Pubblicità Alla sentenza di rievoca
dell'interdizione o dell'inabilitazione si applica l'art. 423. Art. 431
Decorrenza degli effetti della sentenza di revoca La sentenza che revoca
l'interdizione o l'inabilitazione produce i suoi effetti appena passata in
giudicato (Cod. Proc. Civ. 324). Tuttavia gli atti compiuti dopo la
pubblicazione della sentenza di revoca non possono essere impugnati se non
quando la revoca è esclusa con sentenza passata in giudicato (Cod. Proc. Civ.
324). Art. 432 Inabilitazione nel giudizio di revoca dell'interdizione
L'autorità giudiziaria che pur riconoscendo fondata l'istanza di revoca
dell'interdizione, non crede che l'infermo abbia riacquistato la piena
capacità, può revocare l'interdizione e dichiarare inabilitato l'infermo
medesimo. Si applica anche in questo caso il primo comma dell'articolo
precedente. Gli atti non eccedenti l'ordinaria amministrazione, compiuti
dall'inabilitato dopo la pubblicazione della sentenza che revoca
l'interdizione, possono essere impugnati solo quando la revoca è esclusa con
sentenza passata in giudicato. Titolo XIII Degli alimenti Art. 433 Persone
obbligate All'obbligo di prestare gli alimenti sono tenuti, nell'ordine: * il
coniuge; * i figli legittimi o legittimati o naturali o adottivi, e, in loro
mancanza, i discendenti prossimi, anche naturali; * i genitori e, in loro
mancanza, gli ascendenti prossimi, anche naturali; gli adottanti; * i generi e
le nuore; * il suocero e la suocera; * i fratelli e le sorelle germani o
unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali. Art. 434 Cessazione
dell'obbligo tra affini L'obbligazione alimentare del suocero e della suocera e
quella del genero e della nuora cessano: * quando la persona che ha diritto
agli alimenti è passata a nuove nozze; * quando il coniuge, da cui deriva
l'affinità, e i figli nati dalla sua unione con l'altro coniuge e i loro
discendenti sono morti. Art. 435 (abrogato) Art. 436 Obbligo tra adottante e
adottato L'adottante deve (301) gli alimenti al figlio adottivo con precedenza
sui genitori legittimi o naturali di lui. Art. 437 Obbligo del donatario Il
donatario (769 e seguenti) è tenuto, con precedenza su ogni altro obbligato, a
prestare gli alimenti al donante, a meno che si tratti di donazione fatta in
riguardo di un matrimonio o di una donazione rimuneratoria (770. 785). Art. 438
Misura degli alimenti Gli alimenti possono essere chiesti solo da chi versa in istato
di bisogno e non è in grado di provvedere al proprio mantenimento. Essi devono
essere assegnati in proporzione del bisogno di chi li domanda e delle
condizioni economiche di chi deve somministrarli. Non devono tuttavia superare
quanto sia necessario per la vita dell'alimentando (660, 1881), avuto però
riguardo alla sua posizione sociale. Il donatario non è tenuto oltre il valore
della donazione tuttora esistente nel suo patrimonio. Art. 439 Misura degli
alimenti tra fratelli e sorelle Tra fratelli e sorelle gli alimenti sono dovuti
nella misura dello stretto necessario. Possono comprendere anche le spese per
l'educazione e l'istruzione se si tratta di minore. Art. 440 Cessazione,
riduzione e aumento Se dopo l'assegnazione degli alimenti mutano le condizioni
economiche di chi li somministra o di chi li riceve, l'autorità giudiziaria
provvede per la cessazione, la riduzione o l'aumento, secondo le circostanze.
Gli alimenti possono pure essere ridotti per la condotta disordinata o
riprovevole dell'alimentato. Se, dopo assegnati gli alimenti, consta che uno
degli obbligati di grado anteriore è in condizione di poterli somministrare,
l'autorità giudiziaria non può liberare l'obbligato di grado posteriore se non
quando abbia imposto all'obbligato di grado anteriore di somministrare gli
alimenti. Art. 441 Concorso di obbligati Se più persone sono obbligate nello
stesso grado alla prestazione degli alimenti, tutte devono concorrere alla
prestazione stessa, ciascuna in proporzione delle proprie condizioni economiche.
Se le persone chiamate in grado anteriore alla prestazione non sono in
condizioni di sopportare l'onere in tutto o in parte, l'obbligazione stessa è
posta in tutto o in parte a carico delle persone chiamate in grado posteriore.
Se gli obbligati non sono concordi sulla misura, sulla distribuzione e sul modo
di somministrazione degli alimenti, provvede l'autorità giudiziaria secondo le
circostanze. Art. 442 Concorso di aventi diritto Quando o più persone hanno
diritto agli alimenti nei confronti di un medesimo obbligato, e questi non è in
grado di provvedere ai bisogni di ciascuna di esse, l'autorità giudiziaria dà i
provvedimenti opportuni, tenendo conto della prossimità della parentela e dei
rispettivi bisogni, e anche della possibilità che taluno degli aventi diritto
abbia di conseguire gli alimenti da obbligati di grado ulteriore. Art. 443 Modo
di somministrazione degli alimenti Chi deve somministrare gli alimenti ha la
scelta di adempiere questa obbligazione o mediante un assegno alimentare
corrisposto in periodi anticipati (2948), o accogliendo e mantenendo nella
propria casa colui che vi ha diritto. L'autorità giudiziaria può però, secondo
le circostanze, determinare il modo di somministrazione. In caso di urgente
necessità, l'autorità giudiziaria può altresì porre temporaneamente
l'obbligazione degli alimenti a carico di uno solo tra quelli che vi sono
obbligati, salvo il regresso verso gli altri. Art. 444 Adempimento della
prestazione alimentare L'assegno alimentare prestato secondo le modalità stabilite
non può essere nuovamente richiesto, qualunque uso l'alimentando ne abbia
fatto. Art. 445 Decorrenza degli alimenti Gli alimenti sono dovuti dal giorno
della domanda giudiziale o dal giorno della costituzione in mora dell'obbligato
(1219), quando questa costituzione sia entro sei mesi seguita dalla domanda
giudiziale (2948). Art. 446 Assegno provvisorio Finché non sono determinati
definitivamente il modo e la misura degli alimenti, il pretore o presi dente
del tribunale può, sentita l'altra parte, ordinare un assegno in via
provvisoria ponendolo, nel caso di concorso di più obbligati, a carico anche di
uno solo di essi, salvo il regresso verso gli altri. Art. 447 Inammissibilità
di cessione e di compensazione Il credito alimentare non può essere ceduto (1260,
2751). L'obbligo agli alimenti non può opporre all'altra parte la
compensazione, neppure quando si tratta di prestazioni arretrate. Art. 448
Cessazione per morte dell'obbligato L'obbligo degli alimenti cessa con la morte
dell'obbligato, anche se questi li ha somministrati in esecuzione di sentenza
(50, 63). Titolo XIV Degli atti dello stato civile Art. 449 Registri dello
stato civile I registri dello stato civile sono tenuti in ogni comune in
conformità delle norme contenute nella legge sull'ordinamento dello stato
civile. Art. 450 Pubblicità dei registri dello stato civile I registri dello
stato civile sono pubblici. Gli ufficiali dello stato civile devono rilasciare
gli estratti e i certificati che vengono loro domandati con le indicazioni
dalla legge prescritte. Essi devono altresì compiere negli atti affidati alla
loro custodia le indagini domandate dai privati. Art. 451 Forza probatoria
degli atti Gli atti dello stato civile fanno prova, fino a querela di falso
(2699; Cod. Proc. Civ. 221), di ciò che l'ufficiale pubblico attesta essere
avvenuto alla sua presenza o da lui compiuto. Le dichiarazioni dei comparenti
fanno fede a prova contraria (2697). Le indicazioni estranee all'atto non hanno
alcun valore. Art. 452 Mancanza, distruzione o smarrimento di registri Se non
si sono tenuti i registri o sono andati distrutti o smarriti o se, per
qualunque altra causa, manca in tutto o in parte la registrazione dell'atto, la
prova della nascita o della morte può essere data con ogni mezzo. In caso di
mancanza, di distruzione totale o parziale, di alterazione o di occultamento
accaduti per dolo del richiedente, questi non è ammesso alla prova consentita
nel comma precedente. Art. 453 Annotazioni Nessuna annotazione può essere fatta
sopra un atto già iscritto nei registri se non è disposta per legge ovvero non
e ordinata dall'autorità giudiziaria. Art. 454 Rettificazioni La rettificazione
degli atti dello stato civile si fa in forza di sentenza del tribunale passata
in giudicato (Cod. Proc. Civ. 324), con la quale si ordina all'ufficiale dello
stato civile di rettificare un atto esistente nei registri o di ricevere un
atto omesso, o di rinnovare un atto smarrito o distrutto. Le sentenze devono
essere trascritte nei registri. Art. 455 Efficacia della sentenza di rettificazione
La sentenza di rettificazione non può essere opposta a quelli che non
concorsero a domandare la rettificazione, ovvero non furono parti in giudizio o
non vi furono regolarmente chiamati. Codice Civile Libro Secondo Delle
successioni Titolo I Disposizioni generali sulle successioni Capo I
Dell'apertura della successione, della delazione e dell'acquisto dell'eredità
Art. 456 Apertura della successione La successione si apre al momento della
morte, nel luogo dell'ultimo domicilio del defunto (43, 45). Art. 457 Delazione
dell'eredità L'eredità si devolve per legge (565 e seguenti) o per testamento
(587 e seguenti). Non si fa luogo alla successione legittima se non quando
manca, in tutto o in parte, quella testamentaria. Le disposizioni testamentarie
non possono pregiudicare i diritti che la legge riserva ai legittimari (536 e
seguenti). Art. 458 Divieto di patti successori E' nulla ogni convenzione
(1321) con cui taluno dispone della propria successione. E' del pari nullo ogni
atto col quale taluno dispone dei diritti che gli possono spettare su una
successione non ancora aperta, o rinunzia ai medesimi (557-2, 679). Art. 459
Acquisto dell'eredità L'eredità si acquista con l'accettazione (470 e
seguenti). L'effetto dell'accettazione risale al momento nel quale si è aperta
la successione (456, 1146). Art. 460 Poteri del chiamato prima
dell'accettazione Il chiamato all'eredità può esercitare le azioni possessorie
(1168 e seguenti) a tutela dei beni ereditari, senza bisogno di materiale
apprensione (1146). Egli inoltre può compiere atti conservativi (Cod. Proc.
Civ. 670) di vigilanza e di amministrazione temporanea (486), e può farsi
autorizzare dall'autorità giudiziaria a vendere i beni che non si possono
conservare o la cui conservazione importa grave dispendio (Cod. Proc. Civ. 747,
748). Non può il chiamato compiere gli atti indicati nei commi precedenti,
quando si è provveduto alla nomina di un curatore dell'eredità a norma
dell'Art. 528. Art. 461 Rimborso delle spese sostenute dal chiamato Se il
chiamato rinunzia all'eredità (519 e seguenti), le spese sostenute per gli atti
indicati dall'articolo precedente sono a carico dell'eredità. Capo II Della
capacità di succedere Art. 462 Capacità delle persone fisiche Sono capaci di
succedere tutti coloro che sono nati o concepiti al tempo dell'apertura della
successione. Salvo prova contraria, si presume concepito al tempo dell'apertura
della successione chi è nato entro i trecento giorni dalla morte della persona
della cui successione si tratta (232). Possono inoltre ricevere per testamento
i figli di una determinata persona vivente al tempo della morte del testatore,
benché non ancora concepiti (643, 715, 784). Capo III Dell'indegnità Art. 463
Casi d'indegnità E' escluso dalla successione come indegno (466 e seguenti): *
chi ha volontariamente ucciso o tentato di uccidere la persona della cui
successione si tratta, o il coniuge, o un discendente, o un ascendente della
medesima (801), purché non ricorra alcuna delle cause che escludono la
punibilità a norma della legge penale (Cod. Pen. 45 e seguenti); * chi ha
commesso, in danno di una di tali persone, un fatto al quale la legge penale
dichiara applicabili le disposizioni sull'omicidio (Cod. Pen. 397, 579, 580); *
chi ha denunziato una di tali persone per reato punibile con l'ergastolo o con
la reclusione per un tempo non inferiore nel minimo a tre anni, se la denunzia
è stata dichiarata calunniosa in giudizio penale; ovvero ha testimoniato contro
le persone medesime imputate dei predetti reati, se la testimonianza è stata
dichiarata, nei confronti di lui, falsa in giudizio penale; * chi ha indotto
con dolo o violenza la persona, della cui successione si tratta, a fare,
revocare o mutare il testamento, o ne l'ha impedita; * chi ha soppresso, celato
o alterato il testamento dal quale la successione sarebbe stata regolata; * chi
ha formato un testamento falso o ne ha fatto scientemente uso. Art. 464
Restituzione dei frutti L'indegno è obbligato a restituire i frutti (820) che
gli sono pervenuti dopo l'apertura della successione (535, 1148). Art. 465
Indegnità del genitore Colui che è escluso per indegnità dalla successione
(463) non ha sui beni della medesima, che siano devoluti ai suoi figli, i
diritti di usufrutto o di amministrazione che la legge accorda ai genitori (320
e seguenti). Art. 466 Riabilitazione dell'indegno Chi è incorso nell'indegnità
(463) è ammesso a succedere quando la persona, della cui successione si tratta,
ve lo ha espressamente abilitato con atto pubblico o con testamento (587,
2699). Tuttavia l'indegno non espressamente abilitato, se e stato contemplato
nel testamento quando il testatore conosceva la causa dell'indegnità, è ammesso
a succedere nei limiti della disposizione testamentaria. Capo IV Della
rappresentazione Art. 467 Nozione La rappresentazione fa subentrare i
discendenti legittimi o naturali nel luogo e nel grado del loro ascendente, in
tutti i casi in cui questi non può o non vuole accettare l'eredità o il legato.
Si ha rappresentazione nella successione testamentaria quando il testatore non
ha provveduto per il caso in cui l'istituto non possa o non voglia accettare
l'eredità o il legato, e sempre che non si tratti di legato di usufrutto o di
altro diritto di natura personale. Art. 468 Soggetti La rappresentazione ha
luogo, nella linea retta (75) a favore dei discendenti dei figli legittimi (23
i e seguenti), legittimati (280 e seguenti) e adottivi (291 e seguenti), nonché
dei discendenti dei figli naturali (250 e seguenti) del defunto, e, nella linea
collaterale (75), a favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle del
defunto. I discendenti (467) possono succedere per rappresentazione anche se
hanno rinunziato (519 e seguenti) all'eredità della persona in luogo della
quale subentrano, o sono incapaci o indegni di succedere rispetto a questa.
Art. 469 Estensione del diritto di rappresentazione. Divisione La
rappresentazione ha luogo in infinito, siano uguali o disuguali il grado dei
discendenti e il loro numero in ciascuna stirpe. La rappresentazione ha luogo
anche nel caso di unicità di stirpe (564-3). Quando vi e rappresentazione la
divisione si fa per stirpi (726-2). Se uno stipite ha prodotto più rami, la
suddivisione avviene per stirpi anche in ciascun ramo, e per capi tra i membri
del medesimo ramo. Capo V Dell'accettazione dell'eredità Sezione I Disposizioni
generali Art. 470 Accettazione pura e semplice e accettazione col beneficio
d'inventariobr> L'eredità può essere accettata puramente e semplicemente o
col beneficio d'inventario (484 e seguenti). L'accettazione col beneficio
d'inventario può farsi nonostante qualunque divieto del testatore (634). Art.
471 Eredità devolute a minori o interdetti Non si possono accettare le eredità
devolute ai minori e agli interdetti, se non col beneficio d'inventario,
osservate le disposizioni degli artt. 321 e 374. Art. 472 Eredità devolute a
minori emancipati o a inabilitati I minori emancipati e gli inabilitati non
possono accettare l'eredità, se non col beneficio d'inventario, osservate le
disposizioni dell'Art. 394. Art. 473 Eredità devolute a persone giuridiche
L'accettazione delle eredità devolute alle persone giuridiche non può farsi che
col beneficio d'inventario, osservate le disposizioni della legge circa
l'autorizzazione governativa (17). Questo articolo non si applica alle società (2247).
Art. 474 Modi di accettazione L'accettazione può essere espressa o tacita. Art.
475 Accettazione espressa L'accettazione e espressa quando, in un atto pubblico
(2699) o in una scrittura privata (2702), il chiamato all'eredità ha dichiarato
di accettarla oppure ha assunto il titolo di erede (2648). E nulla la
dichiarazione di accettare sotto condizione o a termine. Parimenti è nulla la
dichiarazione di accettazione parziale di eredità. Art. 476 Accettazione tacita
L'accettazione è tacita quando il chiamato all'eredità compie un atto che
presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il
diritto di fare se non nella qualità di erede (527). Art. 477 Donazione,
vendita e cessione dei diritti di successione La donazione, la vendita (1542) o
la cessione, che il chiamato all'eredità faccia dei suoi diritti di successione
a un estraneo o a tutti gli altri chiamati o ad alcuno di questi, importa
accettazione dell'eredità. Art. 478 Rinunzia che importa accettazione La
rinunzia ai diritti di successione, qualora sia fatta verso corrispettivo o a
favore di alcuni soltanto dei chiamati, importa accettazione. Art. 479
Trasmissione del diritto di accettazione Se il chiamato all'eredità muore senza
averla accettata, il diritto di accettarla si trasmette agli eredi. Se questi
non sono d'accordo per accettare o rinunziare, colui che accetta l'eredità
acquista tutti i diritti e soggiace a tutti i pesi ereditari, mentre vi rimane
estraneo chi ha rinunziato (521). La rinunzia all'eredità propria del
trasmittente include rinunzia all'eredità che al medesimo è devoluta. Art. 480
Prescrizione Il diritto di accettare l'eredità si prescrive in dieci anni
(2946). Il termine decorre dal giorno dell'apertura della successione (456) e,
in caso d'istituzione condizionale (633 e seguenti), dal giorno in cui si
verifica la condizione (2935). Il termine non corre per i chiamati ulteriori,
se vi è stata accettazione da parte di precedenti chiamati e successivamente il
loro acquisto ereditario e venuto meno. Art. 481 Fissazione di un termine per
l'accettazione Chiunque vi ha interesse può chiedere che l'autorità giudiziaria
fissi un termine (Cod. Proc. Civ. 749) entro il quale il chiamato dichiari se
accetta o rinunzia all'eredità. Trascorso questo termine senza che abbia fatto
la dichiarazione, il chiamato perde il diritto di accettare (488). Art. 482
Impugnazione per violenza o dolo L'accettazione dell'eredità si può impugnare
quando e effetto di violenza o di dolo (1434 e seguenti). L'azione si prescrive
in cinque anni dal giorno in cui è cessata la violenza o è stato scoperto il
dolo (1442). Art. 483 Impugnazione per errore L'accettazione dell'eredità non
si può impugnare se è viziata da errore. Tuttavia, se si scopre un testamento
del quale non si aveva notizia al tempo dell'accettazione, l'erede (662 e
seguente) non è tenuto a soddisfare i legati scritti in esso oltre il valore
dell'eredità, o con pregiudizio della porzione legittima che gli e dovuta (536
e seguenti). Se i beni ereditari non bastano a soddisfare tali legati, si
riducono proporzionalmente anche i legati scritti in altri testamenti. Se
alcuni legatari sono stati già soddisfatti per intero, contro di loro è data
azione di regresso. L'onere di provare il valore dell'eredità incombe all'erede
(2697). Sezione II Del beneficio d'inventario Art. 484 Accettazione col
beneficio d'inventario L'accettazione col beneficio d'inventario (490 e
seguenti, 2830) si fa mediante dichiarazione, ricevuta da un notaio o dal
cancelliere della pretura del mandamento in cui si è aperta la successione, e
inserita nel registro delle successioni conservato nella stessa pretura (att.
52, 53). Entro un mese dall'inserzione, la dichiarazione deve essere
trascritta, a cura del cancelliere, presso l'ufficio dei registri immobiliari del
luogo in cui si è aperta la successione. La dichiarazione deve essere preceduta
o seguita dall'inventario, nelle forme prescritte dal codice di procedura
civile (Cod. Proc. Civ. 769 e seguenti). Se l'inventario è fatto prima della
dichiarazione, nel registro deve pure menzionarsi la data in cui esso e stato
compiuto. Se l'inventario è fatto dopo la dichiarazione, l'ufficiale pubblico
che lo ha redatto deve, nel termine di un mese, far inserire nel registro
l'annotazione della data in cui esso è stato compiuto. Art. 485 Chiamato
all'eredità che è nel possesso di beni Il chiamato all'eredità, quando a
qualsiasi titolo e nel possesso di beni ereditari, deve fare l'inventario entro
tre mesi dal giorno dell'apertura della successione o della notizia della devoluta
eredità. Se entro questo termine lo ha cominciato ma non e stato in grado di
completarlo, può ottenere dal pretore del luogo in cui si e aperta la
successione una proroga che, salvo gravi circostanze, non deve eccedere i tre
mesi (Cod. Proc. Civ. 7494). Trascorso tale termine senza che l'inventario sia
stato compiuto, il chiamato all'eredità è considerato erede puro e semplice.
Compiuto l'inventario, il chiamato che non abbia ancora fatto la dichiarazione
a norma dell'Art. 484 ha un termine di quaranta giorni da quello del compimento
dell'inventario medesimo, per deliberare se accetta o rinunzia all'eredità.
Trascorso questo termine senza che abbia deliberato, è considerato erede puro e
semplice. Art. 486 Poteri Durante i termini stabiliti dall'articolo precedente
per fare l'inventario e per deliberare, il chiamato, oltre che esercitare i
poteri indicati nell'Art. 460, può stare in giudizio come convenuto per
rappresentare l'eredità. Se non compare, l'autorità giudiziaria nomina un
curatore all'eredità affinche la rappresenti in giudizio (Cod. Proc. Civ.
78-80). Art. 487 Chiamato all'eredità che non è nel possesso di beni Il
chiamato all'eredità, che non è nel possesso di beni ereditari, può fare la
dichiarazione di accettare col beneficio d'inventario, fino a che il diritto di
accettare non e prescritto. Quando ha fatto la dichiarazione, deve compiere
l'inventario nel termine di tre mesi dalla dichiarazione, salva la proroga
accordata dall'autorità giudiziaria a norma dell'Art. 485; in mancanza, e considerato
erede puro e semplice. Quando ha fatto l'inventario non preceduto da
dichiarazione d'accettazione, questa deve essere fatta nei quaranta giorni
successivi al compimento dell'inventario; in mancanza, il chiamato perde il
diritto di accettare l'eredità. Art. 488 Dichiarazione in caso di termine
fissato dall'autorità giudiziariabr> Il chiamato all'eredità che non è nel
possesso di beni ereditari, qualora gli sia stato assegnato un termine a norma
dell'Art. 481, deve, entro detto termine, compiere anche l'inventario; se fa la
dichiarazione e non l'inventario, è considerato erede puro e semplice.
L'autorità giudiziaria può accordare una dilazione (Cod. Proc. Civ. 749-4).
Art. 489 Incapaci I minori, gli interdetti e gli inabilitati (414 e seguente)
non s'intendono decaduti dal beneficio d'inventario (471, 472), se non al
compimento di un anno dalla maggiore età o dal cessare dello stato
d'interdizione o d'inabilitazione, qualora entro tale termine non si siano
conformati alle norme della presente Sezione. Art. 490 Effetti del beneficio
d'inventario L'effetto del beneficio d'inventario consiste nel tener distinto
il patrimonio del defunto da quello dell'erede (2941, n. 5). Conseguentemente:
* l'erede conserva verso l'eredità tutti i diritti e tutti gli obblighi che
aveva verso il defunto, tranne quelli che si sono estinti per effetto della
morte (448); * l'erede non è tenuto al pagamento dei debiti ereditari e dei
legati oltre il valore dei beni a lui pervenuti (564, 1203); * i creditori
dell'eredità e i legatari hanno preferenza sul patrimonio ereditario di fronte
ai creditori dell'erede. Essi però non sono dispensati dal domandare la
separazione dei beni, secondo le disposizioni del Capo seguente, se vogliono
conservare questa preferenza anche nel caso che l'erede decada dal beneficio
d'inventario o vi rinunzi. Art. 491 Responsabilità dell'erede
nell'amministrazione L'erede con beneficio d'inventario non risponde
dell'amministrazione dei beni ereditari se non per colpa grave. Art. 492
Garanzia Se i creditori o altri aventi interesse lo richiedono, l'erede deve
dare idonea garanzia (1179; Cod. Proc. Civ. 750) per il valore dei beni mobili
compresi nell'inventario, per i frutti degli immobili e per il prezzo dei
medesimi che sopravanzi al pagamento dei creditori ipotecari. Art. 493
Alienazione dei beni ereditari senza autorizzazione L'erede decade dal
beneficio d'inventario, se aliena o sottopone a pegno o ipoteca beni ereditari,
o transige relativamente a questi beni senza l'autorizzazione scritte dal
codice di procedura civile (Cod. Proc. Civ. 747 e seguenti). Per i beni mobili
l'autorizzazione non è necessaria trascorsi cinque anni dalla dichiarazione di
accettare con beneficio d'inventario. Art. 494 Omissioni o infedeltà
nell'inventario Dal beneficio d'inventario decade l'erede che ha omesso in mala
fede di denunziare nell'inventario beni appartenenti all'eredità, o che ha
denunziato in mala fede, nell'inventario stesso, passività non esistenti (527).
Art. 495 Pagamento dei creditori e legatari Trascorso un mese dalla
trascrizione prevista nell'Art. 484 o dall'annotazione disposta nello stesso
articolo per il caso che l'inventario sia posteriore alla dichiarazione,
l'erede, quando creditori o legatari non si oppongono (2906) ed egli non
intende promuovere la liquidazione a norma dell'Art. 503, paga i creditori e i
legatari a misura che si presentano, salvi i loro diritti di poziorità (2741).
Esaurito l'asse ereditario, i creditori rimasti insoddisfatti hanno soltanto
diritto di regresso contro i legatari, ancorché di cosa determinata
appartenente al testatore (649), nei limiti del valore del legato. Tale diritto
si prescrive in tre anni dal giorno dell'ultimo pagamento, salvo che il credito
sia anteriormente prescritto (2934 e seguenti). Art. 496 Rendimento del conto L'erede
ha l'obbligo di rendere conto della sua amministrazione ai creditori e ai
legatari, i quali possono fare assegnare un termine all'erede (Cod. Proc. Civ.
263 e seguenti, 747 e seguente.; att. Cod. Proc. Civ. 109, 178). Art. 497 Mora
nel rendimento del conto L'erede non può essere costretto al pagamento con i
propri beni, se non quando è stato costituito in mora (1219) a presentare il
conto e non ha ancora soddisfatto a quest'obbligo. Dopo la liquidazione del
conto, non può essere costretto al pagamento con i propri beni se non fino alla
concorrenza delle somme di cui è debitore. Art. 498 Liquidazione dell'eredità
in caso di opposizione Qualora entro il termine indicato nell'Art. 495 gli sia
stata notificata opposizione da parte di creditori o di legatari, l'erede non
può eseguire pagamenti, ma deve provvedere alla liquidazione dell'eredità
nell'interesse di tutti i creditori e legatari. A tal fine egli, non oltre un
mese dalla notificazione dell'opposizione, deve, a mezzo di un notaio del luogo
dell'aperta successione (456), invitare i creditori e i legatari a presentare,
entro un termine stabilito dal notaio stesso e non inferiore a giorni trenta,
le dichiarazioni di credito. L'invito è spedito per raccomandata ai creditori e
ai legatari dei quali è noto il domicilio o la residenza ed e pubblicato nel
foglio degli annunzi legali della provincia. Art. 499 Procedura di liquidazione
Scaduto il termine entro il quale devono presentarsi le dichiarazioni di
credito, l'erede provvede, con l'assistenza del notaio, a liquidare le attività
ereditarie facendosi autorizzare alle alienazioni necessarie. Se l'alienazione
ha per oggetto beni sottoposti a privilegio o a ipoteca, i privilegi non si
estinguono, e le ipoteche non possono essere cancellate sino a che l'acquirente
non depositi il prezzo nel modo stabilito dal giudice o non provveda al
pagamento dei creditori collocati nello stato di graduazione previsto dal comma
seguente. L'erede forma, sempre con l'assistenza del notaio, lo stato di
graduazione. I creditori sono collocati secondo i rispettivi diritti di
prelazione (2741 e seguenti). Essi sono preferiti ai legatari. Tra i creditori
non aventi diritto a prelazione l'attivo ereditario è ripartito in proporzione
dei rispettivi crediti. Qualora, per soddisfare i creditori, sia necessario
comprendere nella liquidazione anche l'oggetto di un legato di specie (649),
sulla somma che residua dopo il pagamento dei creditori il legatario di specie
è preferito agli altri legatari. Art. 500 Termine per la liquidazione L'autorità
giudiziaria, su istanza di alcuno dei creditori o legatari, può assegnare un
termine all'erede per liquidare le attività ereditarie e per formare lo stato
di graduazione (Cod. Proc. Civ. 749). Art. 501 Reclami Compiuto lo stato di
graduazione, il notaio ne dà avviso con raccomandata ai creditori e legatari di
cui è noto il domicilio o la residenza, e provvede alla pubblicazione di un
estratto dello stato nel foglio degli annunzi legali della provincia. Trascorsi
senza reclami trenta giorni dalla data di questa pubblicazione, lo stato di
graduazione diviene definitivo. Art. 502 Pagamento dei creditori e dei legatari
Divenuto definitivo lo stato di graduazione (501) o passata in giudicato la
sentenza che pronunzia sui reclami, l'erede deve soddisfare i creditori e i
legatari in conformità dello stato medesimo. Questo costituisce titolo
esecutivo contro l'erede (Cod. Proc. Civ. 474). La collocazione dei crediti
condizionali non impedisce il pagamento dei creditori posteriori, sempre che
questi diano cauzione (1179). I creditori e i legatari che non si sono
presentati hanno azione contro l'erede solo nei limiti della somma che residua
dopo il pagamento dei creditori e dei legatari collocati nello stato di
graduazione. Questa azione si prescrive in tre anni dal giorno in cui lo stato
e divenuto definitivo o è passata in giudicato la sentenza che ha pronunziato
sui reclami, salvo che il credito sia anteriormente prescritto. Art. 503
Liquidazione promossa dall'erede Anche quando non vi e opposizione di creditori
o di legatari, l'erede può valersi della procedura di liquidazione prevista
dagli articoli precedenti (att. 132). Il pagamento fatto a creditori
privilegiati ipotecari non impedisce all'erede di valersi di questa procedura.
Art. 504 Liquidazione nel caso di più eredi Se vi sono più eredi con beneficio
d'inventario, ciascuno può promuovere la liquidazione; ma deve convocare i
propri coeredi al notaio nel termine che questi ha stabilito per la
dichiarazione dei crediti. I coeredi che non si presentano sono rappresentati
nella liquidazione dal notaio. Art. 505 Decadenza dal beneficio L'erede che, in
caso di opposizione, non osserva le norme stabilite dall'Art. 498 o non compie
la liquidazione o lo stato di graduazione nel termine stabilito dall'Art. 500,
decade dal beneficio d'inventario. Parimenti decade dal beneficio d'inventario
l'erede che, nel caso previsto dall'Art. 503 dopo l'invito ai creditori di
presentare le dichiarazioni di credito, esegue pagamenti prima che sia definita
la procedura di liquidazione o non osserva il termine che gli è stato prefisso
a norma dell'Art. 500. La decadenza non si verifica quando si tratta di
pagamenti a favore di creditori privilegiati o ipotecari. In ogni caso la
decadenza dal beneficio d'inventario può essere fatta valere solo dai creditori
del defunto e dai legatari. Art. 506 Procedure individuali Eseguita la
pubblicazione prescritta dal terzo comma dell'Art. 498, non possono essere
promosse procedure esecutive a istanza dei creditori. Possono tuttavia essere
continuate quelle in corso, ma la parte di prezzo che residua dopo il pagamento
dei creditori privilegiati e ipotecari deve essere distribuita in base allo
stato di graduazione previsto dall'Art. 499. I crediti a termine diventano
esigibili. Resta tuttavia il beneficio del termine, quando il credito e munito
di garanzia reale (2747, 2796, 2808) su beni la cui alienazione non si renda
necessaria ai fini della liquidazione, e la garanzia stessa è idonea ad
assicurare il soddisfacimento integrale del credito. Dalla data di
pubblicazione dell'invito ai creditori previsto dal terzo comma dell'Art. 498 e
sospeso il decorso degl'interessi dei crediti chirografari. I creditori
tuttavia hanno diritto, compiuta la liquidazione, al collocamento degli
interessi sugli eventuali residui. Art. 507 Rilascio dei beni ai creditori e ai
legatari L'erede, non oltre un mese dalla scadenza del termine stabilito per
presentare le dichiarazioni di credito, se non ha provveduto ad alcun atto di
liquidazione, può rilasciare tutti i beni ereditari a favore dei creditori e
dei legatari. A tal fine l'erede deve, nelle forme indicate dall'Art. 498, dare
avviso ai creditori e ai legatari dei quali è noto il domicilio o la residenza
(43); deve iscrivere la dichiarazione di rilascio nel registro delle
successioni (att. 52, 53), annotarla in margine alla trascrizione prescritta
dal secondo comma dell'Art. 484, e trascriverla presso gli uffici dei registri
immobiliari dei luoghi in cui si trovano gli immobili ereditari e presso gli
uffici dove sono registrati i beni mobili (2663). Dal momento in cui è
trascritta la dichiarazione di rilascio, gli atti di disposizione dei beni
ereditari compiuti dall'erede sono senza effetto rispetto ai creditori e ai
legatari (2649). L'erede deve consegnare i beni al curatore nominato secondo le
norme dell'articolo seguente. Eseguita la consegna, egli resta liberato da ogni
responsabilità per i debiti ereditari (1177, 2930). Art. 508 Nomina del
curatore Trascritta la dichiarazione di rilascio, il pretore del luogo dell'aperta
successione, su istanza dell'erede o di uno dei creditori o legatari, o anche
d'ufficio, nomina un curatore, perché provveda alla liquidazione secondo le
norme degli artt. 498 e seguenti. Il decreto di nomina del curatore è iscritto
nel registro delle successioni (att. 52, 53). Le attività che residuano, pagate
le spese della curatela e soddisfatti i creditori e i legatari collocati nello
stato di graduazione, spettano all'erede, salva l'azione dei creditori e
legatari, che non si sono presentati, nei limiti determinati dal terzo comma
dell'Art. 502. Art. 509 Liquidazione proseguita su istanza dei creditori o
legatari Se, dopo la scadenza del termine stabilito per presentare le
dichiarazioni di credito, l'erede incorre nella decadenza dal beneficio d'inventario,
ma nessuno dei creditori o legatari la fa valere, il pretore del luogo
dell'aperta successione, su istanza di uno dei creditori o legatari, sentiti
l'erede e coloro che hanno presentato le dichiarazioni di credito, può nominare
un curatore con l'incarico di provvedere alla liquidazione dell'eredità secondo
le norme degli artt. 499 e seguenti. Dopo la nomina del curatore, la decadenza
dal beneficio non può più essere fatta valere. Il decreto di nomina del
curatore è iscritto nel registro delle successioni (att. 52, 53), annotato a
margine della trascrizione prescritta dal secondo comma dell'Art. 484, e
trascritto negli uffici dei registri immobiliari dei luoghi dove si trovano gli
immobili ereditari e negli uffici dove sono registrati i beni mobili (2663).
L'erede perde l'amministrazione dei beni ed è tenuto a consegnarli al curatore.
Gli atti di disposizione che l'erede compie dopo trascritto il decreto di
nomina del curatore sono senza effetto rispetto ai creditori e ai legatari
(2649). Art. 510 Accettazione o inventario fatti da uno dei chiamatibr>
L'accettazione con beneficio d'inventario fatta da uno dei chiamati giova a
tutti gli altri, anche se l'inventario è compiuto da un chiamato diverso da
quello che ha fatto la dichiarazione. Art. 511 Spese Le spese dell'apposizione
dei sigilli (Cod. Proc. Civ. 752 e seguente), dell'inventario e di ogni altro
atto dipendente dall'accettazione con beneficio d'inventario sono a carico
dell'eredità. Capo VI Della separazione dei beni del defunto da quelli dell'erede
Art. 512 Oggetto della separazione La separazione dei beni del defunto da
quelli dell'erede assicura il soddisfacimento, con i beni del defunto, dei
creditori di lui e dei legatari che l'hanno esercitata, a preferenza dei
creditori dell'erede (490). Il diritto alla separazione spetta anche ai
creditori o legatari che hanno altre garanzie (2741, 2772) sui beni del
defunto. La separazione non impedisce ai creditori e ai legatari che l'hanno
esercitata, di soddisfarsi anche sui beni propri dell'erede. Art. 513
Separazione contro i legatari di specie I creditori del defunto possono
esercitare la separazione anche rispetto ai beni che formano oggetto di legato
di specie (649). Art. 514 Rapporti tra creditori separatisti e non separatisti
I creditori e i legatari che hanno esercitato la separazione hanno diritto di
soddisfarsi sui beni separati a preferenza dei creditori e dei legatari che non
l'hanno esercitata, quando il valore della parte di patrimonio non separata
sarebbe stato sufficiente a soddisfare i creditori e i legatari non
separatisti. Fuori di questo caso, i creditori e i legatari non separatisti
possono concorrere con coloro che hanno esercitato la separazione; ma, se parte
del patrimonio non e stata separata, il valore di questa si aggiunge al prezzo
dei beni separati per determinare quanto spetterebbe a ciascuno dei
concorrenti, e quindi si considera come attribuito integralmente ai creditori e
ai legatari non separatisti (att. 54). Quando la separazione è esercitata da
creditori e legatari, i creditori sono preferiti ai legatari. La preferenza è
anche accordata, nel caso previsto dal comma precedente, ai creditori non
separatisti di fronte ai legatari separatisti (756). Restano salve in ogni caso
le cause di prelazione (2741 e seguenti). Art. 515 Cessazione della separazione
L'erede può impedire o far cessare la separazione pagando i creditori e i
legatari, e dando cauzione (1179) per il pagamento di quelli il cui diritto è
sospeso da condizione o sottoposto a termine, oppure è contestato. Art. 516
Termine per l'esercizio del diritto alla separazione Il diritto alla
separazione deve essere esercitato entro il termine di tre mesi dall'apertura
della successione. Art. 517 Separazione riguardo ai mobili Il diritto alla
separazione riguardo ai mobili si esercita mediante domanda giudiziale. La
domanda si propone con ricorso al pretore del luogo dell'aperta successione, il
quale ordina l'inventario, se non e ancora fatto, e dà le disposizioni
necessarie per la conservazione dei beni stessi. Riguardo ai mobili già
alienati dall'erede, il diritto alla separazione comprende soltanto il prezzo
non ancora pagato. Art. 518 Separazione riguardo agli immobili Riguardo agli
immobili e agli altri beni capaci d'ipoteca, il diritto alla separazione si
esercita mediante l'iscrizione del credito o del legato sopra ciascuno dei beni
stessi. L'iscrizione si esegue nei modi stabiliti per iscrivere le ipoteche
(2827 e seguenti), indicando il nome del defunto e quello dell'erede, se è
conosciuto, e dichiarando che l'iscrizione stessa viene presa a titolo di
separazione dei beni. Per tale iscrizione non è necessario esibire il titolo.
Le iscrizioni a titolo di separazione, anche se eseguite in tempi diversi,
prendono tutte il grado della prima e prevalgono sulle trascrizioni ed
iscrizioni contro l'erede o il legatario, anche se anteriori. Alle iscrizioni a
titolo di separazione sono applicabili le norme sulle ipoteche (2808 e
seguenti). Capo VII Della rinunzia all'eredità Art. 519 Dichiarazione di
rinunzia La rinunzia all'eredità deve farsi con dichiarazione, ricevuta da un
notaio o dal cancelliere della pretura del mandamento in cui si è aperta la
successione, e inserita nel registro delle successioni (att. 52, 53, 133). La
rinunzia fatta gratuitamente a favore di tutti coloro ai quali si sarebbe
devoluta la quota del rinunziante non ha effetto finché, a cura di alcuna delle
parti, non siano osservate le forme indicate nel comma precedente. Art. 520
Rinunzia condizionata, a termine o parziale E' nulla la rinunzia fatta sotto condizione
o a termine o solo per parte (475). Art. 521 Retroattività della rinunzia Chi
rinunzia all'eredità è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato. Il
rinunziante può tuttavia ritenere la donazione o domandare il legato a lui
fatto sino alla concorrenza della porzione disponibile (556), salve le
disposizioni degli artt. 551 e 552. Art. 522 Devoluzione nelle successioni
legittime Nelle successioni legittime la parte di colui che rinunzia si
accresce a coloro che avrebbero concorso col rinunziante, salvo il diritto di
rappresentazione (467 e seguenti) e salvo il disposto dell'ultimo comma
dell'Art. 571. Se il rinunziante e solo, l'eredità si devolve a coloro ai quali
spetterebbe nel caso che egli mancasse. Art. 523 Devoluzione nelle successioni
testamentarie Nelle successioni testamentarie, se il testatore non ha disposto
una sostituzione (688) e se non ha luogo il diritto di rappresentazione (4672),
la parte del rinunziante si accresce ai coeredi a norma dell'Art. 674, ovvero
si devolve agli eredi legittimi a norma dell'Art. 677. Art. 524 Impugnazione
della rinunzia da parte dei creditori Se taluno rinunzia, benché senza frode, a
un'eredità con danno dei suoi creditori, questi possono farsi autorizzare ad
accettare l'eredità in nome e luogo del rinunziante, al solo scopo di
soddisfarsi sui beni ereditari fino alla concorrenza dei loro crediti (2652,
2740). Il diritto dei creditori si prescrive in cinque anni dalla rinunzia
(2934 e seguenti). Art. 525 Revoca della rinunzia Fino a che il diritto di accettare
l'eredità non e prescritto (480) contro i chiamati che vi hanno rinunziato,
questi possono sempre accettarla, se non è già stata acquistata da altro dei
chiamati, senza pregiudizio delle ragioni acquistate da terzi sopra i beni
dell'eredità. Art. 526 Impugnazione per violenza o dolo La rinunzia all'eredità
si può impugnare solo se è l'effetto di violenza o di dolo (1434 e seguenti).
L'azione si prescrive in cinque anni dal giorno in cui è cessata la violenza o
e stato scoperto il dolo (1442). Art. 527 Sottrazione di beni ereditari I
chiamati all'eredità, che hanno sottratto o nascosto beni spettanti all'eredità
stessa, decadono dalla facoltà di rinunziarvi e si considerano eredi puri e
semplici, nonostante la loro rinunzia. Capo VIII Dell'eredità giacente Art. 528
Nomina del curatore Quando il chiamato non ha accettato l'eredità e non e nel
possesso di beni ereditari (458 e seguenti), il pretore del mandamento in cui
si e aperta la successione, su istanza delle persone interessate o anche
d'ufficio, nomina un curatore dell'eredità. Il decreto di nomina del curatore,
a cura del cancelliere, e pubblicato per estratto nel foglio degli annunzi
legali della provincia e iscritto nel registro delle successioni (att. 52, 53).
Art. 529 Obblighi del curatore Il curatore e tenuto a procedere all'inventario
dell'eredità, a esercitarne e promuoverne le ragioni, a rispondere alle istanze
proposte contro la medesima, ad amministrarla, a depositare presso le casse
postali o presso un istituto di credito designato dal pretore il danaro che si
trova nell'eredità o si ritrae dalla vendita dei mobili o degli immobili, e, da
ultimo, a rendere conto della propria amministrazione. Art. 530 Pagamento dei
debiti ereditari Il curatore può provvedere al pagamento dei debiti ereditari e
dei legati, previa autorizzazione del pretore (Cod. Proc. Civ. 783). Se però
alcuno dei creditori o dei legatari fa opposizione, il curatore non può
procedere ad alcun pagamento, ma deve provvedere alla liquidazione dell'eredità
secondo le norme degli artt. 498 e seguenti (att. 134-2). Art. 531 Inventario,
amministrazione e rendimento dei conti Le disposizioni della Sezione II del
Capo V di questo Titolo, che riguardano l'inventario, l'amministrazione e il
rendimento di conti da parte dell'erede con beneficio d'inventario, sono comuni
al curatore dell'eredità giacente, esclusa la limitazione della responsabilità
per colpa (491). Art. 532 Cessazione della curatela per accettazione
dell'eredità Il curatore cessa dalle sue funzioni quando l'eredità è stata
accettata. Art. 533 Nozione L'erede può (2652, 2690) chiedere il riconoscimento
della qualità ereditaria contro chiunque possiede tutti o parte dei beni
ereditari a titolo di erede o senza titolo alcuno, allo scopo di ottenere la
restituzione dei beni medesimi. L'azione è imprescrittibile, salvi gli effetti
dell'usucapione rispetto ai singoli beni (1158 e seguenti). Art. 534 Diritti
dei terzi L'erede può agire anche contro gli aventi causa da chi possiede a
titolo di erede o senza titolo. Sono salvi i diritti acquistati, per effetto di
convenzioni a titolo oneroso con l'erede apparente, dai terzi i quali provino
di avere contrattato in buona fede. La disposizione del comma precedente non si
applica ai beni immobili e ai beni mobili iscritti nei pubblici registri, se
l'acquisto a titolo di erede (2648) e l'acquisto dall'erede apparente non sono
stati trascritti anteriormente alla trascrizione dell'acquisto da parte
dell'erede o del legatario vero, o alla trascrizione della domanda giudiziale
contro l'erede apparente (2652, n. 7). Art. 535 Possessore di beni ereditari Le
disposizioni in materia di possesso si applicano anche al possessore di beni
ereditari, per quanto riguarda la restituzione dei frutti, le spese, i
miglioramenti e le addizioni (1148 e seguenti). Il possessore in buona fede,
che ha alienato pure in buona fede una cosa dell'eredità, è solo obbligato a
restituire all'erede il prezzo o il corrispettivo ricevuto. Se il prezzo o il
corrispettivo è ancora dovuto, l'erede subentra nel diritto di conseguirlo
(2038). E possessore in buona fede colui che ha acquistato il possesso dei beni
ereditari, ritenendo per errore di essere erede. La buona fede non giova se
l'errore dipende da colpa grave (1147). Capo IX Dei legittimari Sezione I Dei
diritti riservati ai legittimari Art. 536 Legittimari Le persone a favore delle
quali la legge riserva (457, 549) una quota di eredità o altri diritti nella
successione sono: il coniuge, i figli legittimi, i figli naturali, gli
ascendenti legittimi. Ai figli legittimi sono equiparati i legittimati e gli
adottivi. A favore dei discendenti (77) dei figli legittimi o naturali, i quali
vengono alla successione in luogo di questi (467), la legge riserva gli stessi
diritti che sono riservati ai figli legittimi o naturali. Art. 537 Riserva a
favore dei figli legittimi e naturali Salvo quanto disposto dall'Art. 542, se
il genitore lascia un figlio solo, legittimo o naturale (459, 231, 573), a
questi è riservata la metà del patrimonio. Se i figli sono più, è loro
riservata la quota dei due terzi, da dividersi in parti uguali tra tutti i
figli, legittimi e naturali. I figli legittimi possono soddisfare in denaro o
in beni immobili ereditari la porzione spettante ai figli naturali che non vi
si oppongano. Nel caso di opposizione decide il giudice, valutate le
circostanze personali e patrimoniali. Art. 538 Riserva a favore degli
ascendenti legittimi Se chi muore non lascia figli legittimi né naturali, ma
ascendenti legittimi, a favore di questi è riservato un terzo del patrimonio,
salvo quanto disposto dall' Art. 544. In caso di pluralità di ascendenti, la
riserva è ripartita tra i medesimi secondo i criteri previsti dall'Art. 569.
Art. 539 (abrogato) Art. 540 Riserva a favore del coniuge A favore del coniuge
(459) è riservata la metà del patrimonio dell'altro coniuge, salve le
disposizioni dell'Art. 542 per il caso di concorso con i figli. Al coniuge,
anche quando concorra con altri chiamati, sono riservati i diritti di
abitazione sulla casa adibita a residenza familiare (144), e di uso sui mobili
che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni. Tali diritti gravano
sulla porzione disponibile e, qualora questa non sia sufficiente, per il
rimanente sulla quota di riserva del coniuge ed eventualmente sulla quota
riservata ai figli. Art. 541 (abrogato) Art. 542 Concorso di coniuge e figli Se
chi muore lascia, oltre al coniuge, un solo figlio, legittimo o naturale (459,
231, 258) a quest'ultimo è riservato un terzo del patrimonio ed un altro terzo
spetta al coniuge. Quando i figli, legittimi o naturali, sono più di uno, ad
essi è complessivamente riservata la metà del patrimonio e al coniuge spetta un
quarto del patrimonio del defunto. La divisione tra tutti i figli, legittimi e
naturali, è effettuata in parti uguali. Si applica il terzo comma dell'Art.
537. Art. 543 (abrogato) Art. 544 Concorso di ascendenti legittimi e coniuge
Quando chi muore non lascia né figli legittimi né figli naturali, ma ascendenti
legittimi e il coniuge (459), a quest'ultimo è riservata la metà del patrimonio,
ed agli ascendenti un quarto. In caso di pluralità di ascendenti, la quota di
riserva ad essi attribuita ai sensi del precedente comma è ripartita tra i
medesimi secondo i criteri previsti dall'Art. 569. Art. 545-547 (abrogati) Art.
548 Riserva a favore del coniuge separato Il coniuge cui non è stata addebitata
la separazione con sentenza passata in giudicato (Cod. Proc. Civ. 324), ai
sensi del secondo comma dell' Art. 151, ha gli stessi diritti successori del
coniuge non separato. Il coniuge cui è stata addebitata la separazione con
sentenza passata in giudicato ha diritto soltanto ad un assegno vitalizio se al
momento dell'apertura della successione godeva degli alimenti a carico del
coniuge deceduto. L'assegno è commisurato alle sostanze ereditarie e alla
qualità e al numero degli eredi legittimi, e non è comunque di entità superiore
a quella della prestazione alimentare goduta. La medesima disposizione si
applica nel caso in cui la separazione sia stata addebitata ad entrambi i
coniugi. Art. 549 Divieto di pesi o condizioni sulla quota dei legittimari Il
testatore non può imporre pesi o condizioni sulla quota spettante ai
legittimari, salva l'applicazione delle norme contenute nel Titolo IV di questo
libro (733 e seguenti). Art. 550 Lascito eccedente la porzione disponibile
Quando il testatore dispone di un usufrutto o di una rendita vitalizia (1872)
il cui reddito eccede quello della porzione disponibile (556), i legittimari
(536), ai quali è stata assegnata la nuda proprietà della disponibile o di
parte di essa, hanno la scelta o di eseguire tale disposizione o di abbandonare
(1350) la nuda proprietà della porzione disponibile. Nel secondo caso il
legatario, conseguendo la disponibile abbandonata, non acquista la qualità di
erede (588). La stessa scelta spetta ai legittimari quando il testatore ha
disposto della nuda proprietà di una parte eccedente la disponibile. Se i
legittimari sono più, occorre l'accordo di tutti perché la disposizione
testamentaria abbia esecuzione. Le stesse norme si applicano anche se
dell'usufrutto, della rendita o della nuda proprietà è stato disposto con
donazione. Art. 551 Legato in sostituzione di legittima Se a un legittimario è
lasciato un legato in sostituzione della legittima, egli può rinunziare al
legato (649 e seguenti) e chiedere la legittima. Se preferisce di conseguire il
legato, perde il diritto di chiedere un supplemento, nel caso che il valore del
legato sia inferiore a quello della legittima, e non acquista la qualità di
erede (588). Questa disposizione non si applica quando il testatore ha
espressamente attribuito al legittimario la facoltà di chiedere il supplemento.
Il legato in sostituzione della legittima grava sulla porzione indisponibile.
Se però il valore del legato eccede quello della legittima spettante al legittimario,
per l'eccedenza il legato grava sulla disponibile. Art. 552 Donazione e legati
in conto di legittima Il legittimario che rinunzia all'eredità (519 e
seguenti), quando non si ha rappresentazione (467), può sulla disponibile
ritenere le donazioni o conseguire i legati a lui fatti (521-2); ma quando non
vi è stata espressa dispensa dall'imputazione (564-2), se per integrare la
legittima spettante agli eredi è necessario ridurre le disposizioni
testamentarie o le donazioni (554 e seguenti), restano salve le assegnazioni,
fatte dal testatore sulla disponibile, che non sarebbero soggette a riduzione
se il legittimario accettasse l'eredità, e si riducono le donazioni e i legati
fatti a quest'ultimo. Sezione II Della reintegrazione della quota riservata ai
legittimari Art. 553 Riduzione delle porzioni degli eredi legittimi in concorso
con legittimaribr> Quando sui beni lasciati dal defunto si apre in tutto o
in parte la successione legittima (457), nel concorso di legittimari con altri
successibili, le porzioni che spetterebbero a questi ultimi si riducono
proporzionalmente nei limiti in cui è necessario per integrare la quota
riservata (537 e seguenti) ai legittimari, i quali però devono imputare a
questa, ai sensi dell'Art. 564, quanto hanno ricevuto dal defunto in virtù di
donazioni o di legati. Art. 554 Riduzione delle disposizioni testamentarie Le
disposizioni testamentarie eccedenti la quota di cui il defunto poteva disporre
sono soggette a riduzione (557 e seguenti) nei limiti della quota medesima (2652).
Art. 555 Riduzione delle donazioni Le donazioni (809, 1923), il cui valore
eccede la quota della quale il defunto poteva disporre (172), sono soggette a
riduzione fino alla quota medesima (att. 135). Le donazioni non si riducono se
non dopo esaurito il valore dei beni di cui è stato disposto per testamento.
Art. 556 Determinazione della porzione disponibile Per determinare l'ammontare
della quota di cui il defunto poteva disporre si forma una massa di tutti i
beni che appartenevano al defunto al tempo della morte, detraendone i debiti.
Si riuniscono quindi fittiziamente i beni di cui sia stato disposto a titolo di
donazione, secondo il loro valore determinato in base alle regole dettate negli
artt. 747 e 750 e sull'asse così formato si calcola la quota ii cui il defunto
poteva disporre (537 e seguenti, 737; att. 135-2). Art. 557 Soggetti che
possono chiedere la riduzione La riduzione delle donazioni (809) e delle
disposizioni lesive della porzione di legittima non può essere domandata che
dai legittimari e dai loro eredi o aventi causa (537 e seguenti). Essi non
possono rinunziare a questo diritto, finché vive il donante né con
dichiarazione espressa, né prestando il loro assenso alla donazione (458). I
donatari e i legatari non possono chiedere la riduzione, né approfittarne. Non
possono chiederla né approfittarne nemmeno i creditori del defunto, se il
legittimario avente diritto alla riduzione ha accettato con il beneficio
d'inventario (484 e seguenti). Art. 558 Modo di ridurre le disposizioni testamentarie
La riduzione delle disposizioni testamentarie avviene proporzionalmente, senza
distinguere tra eredi e legatari. Se il testatore ha dichiarato che una sua
disposizione deve avere effetto a preferenza delle altre, questa disposizione
non si riduce, se non in quanto il valore delle altre non sia sufficiente a
integrare la quota riservata ai legittimari. Art. 559 Modo di ridurre le
donazioni Le donazioni (809) si riducono cominciando dall'ultima e risalendo
via via alle anteriori. Art. 560 Riduzione del legato o della donazione
d'immobili Quando oggetto del legato o della donazione da ridurre è un immobile
(812), la riduzione si fa separando dall'immobile medesimo la parte occorrente
per integrare la quota riservata, se ciò può avvenire comodamente (720). Se la
separazione non può farsi comodamente e il legatario o il donatario ha
nell'immobile un'eccedenza maggiore del quarto della porzione disponibile,
l'immobile si deve lasciare per intero nell'eredità, salvo il diritto di
conseguire il valore della porzione disponibile. Se l'eccedenza non supera il
quarto, il legatario o il donatario può ritenere tutto l'immobile, compensando
in danaro i legittimari. Il legatario o il donatario che è legittimario può
ritenere tutto l'immobile, purché il valore di esso non superi l'importo della
porzione disponibile e della quota che gli spetta come legittimario. Art. 561
Restituzione degli immobili Gli immobili restituiti in conseguenza della
riduzione sono liberi da ogni peso o ipoteca di cui il legatario o il donatario
può averli gravati, salvo il disposto del n. 8 dell'Art. 2652. La stessa
disposizione si applica per i mobili iscritti in pubblici registri (2683,
2690). I frutti (820) sono dovuti a decorrere dal giorno della domanda
giudiziale (1148). Art. 562 Insolvenza del donatario soggetto a riduzione Se la
cosa donata è perita per causa imputabile al donatario o ai suoi aventi causa o
se la restituzione della cosa donata non può essere richiesta contro
l'acquirente, e il donatario è in tutto o in parte insolvente (2652), il valore
della donazione che non si può recuperare dal donatario si detrae dalla massa
ereditaria, ma restano impregiudicate le ragioni di credito del legittimario e
dei donatari antecedenti contro il donatario insolvente. Art. 563 Azione contro
gli aventi causa dai donatari soggetti a riduzionebr> Se i donatari contro i
quali è stata pronunziata la riduzione hanno alienato a terzi gli immobili
donati, il legittimario, premessa l'escussione dei beni del donatario, può
chiedere ai successivi acquirenti, nel modo e nell'ordine in cui si potrebbe
chiederla ai donatari medesimi, la restituzione degli immobili (2652, n. 8).
L'azione per ottenere la restituzione deve proporsi secondo l'ordine di data
delle alienazioni, cominciando dall'ultima. Contro i terzi acquirenti può anche
essere richiesta la restituzione dei beni mobili, oggetto della donazione,
salvi gli effetti del possesso di buona fede (1153 e seguenti). Il terzo
acquirente può liberarsi dall'obbligo di restituire in natura le cose donate
pagando l'equivalente in danaro. Art. 564 Condizioni per l'esercizio
dell'azione di riduzione Il legittimario che non ha accettato l'eredità col
beneficio d'inventario (484 e seguenti) non può chiedere la riduzione delle
donazioni e dei legati, salvo che le donazioni e i legati siano stati fatti a
persone chiamate come coeredi, ancorché abbiano rinunziato all'eredità. Questa
disposizione non si applica all'erede che ha accettato col beneficio
d'inventario e che ne è decaduto (439 e seguenti). In ogni caso il legittimario,
che domanda la riduzione di donazioni o di disposizioni testamentarie, deve
imputare (737 e seguenti) alla sua porzione legittima le donazioni e i legati a
lui fatti, salvo che ne sia stato espressamente dispensato (553; att. 1352). Il
legittimario che succede per rappresentazione (467 e seguenti) deve anche
imputare le donazioni e i legati fatti, senza espressa dispensa, al suo
ascendente (740; att. 1352). La dispensa non ha effetto a danno dei donatari
anteriori. Ogni cosa, che, secondo le regole contenute nel Capo II del Titolo
IV di questo libro, è esente da collazione, è pure esente da imputazione.
Titolo II Delle successioni legittime Art. 565 Categorie dei successibili Nella
successione legittima l'eredità si devolve al coniuge, ai discendenti legittimi
e naturali, agli ascendenti legittimi, ai collaterali, agli altri parenti e
allo Stato, nell'ordine e secondo le regole stabilite nel presente Titolo. Capo
I Della successione dei parenti Art. 566 Successione dei figli legittimi e
naturali Al padre ed alla madre succedono (459) i figli legittimi e naturali,
in parti uguali. Si applica il terzo comma dell'Art. 537. Art. 567 Successione
dei figli legittimati e adottivi Ai figli legittimi sono equiparati i
legittimati (280 e seguenti) e gli adottivi (291 e seguenti, 309, 314-326). I
figli adottivi sono estranei alla successione dei parenti dell'adottante
(300-2). Art. 568 Successione dei genitori A colui che muore senza lasciare
prole, né fratelli o sorelle o loro discendenti (467 e seguenti), succedono
(459) il padre e la madre in eguali porzioni, o il genitore che sopravvive.
Art. 569 Successione degli ascendenti A colui che muore senza lasciare prole,
ne genitori, ne fratelli o sorelle o loro discendenti (467 e seguenti),
succedono per una metà gli ascendenti della linea paterna e per l'altra meta
gli ascendenti della linea materna. Se però gli ascendenti non sono di eguale
grado, l'eredità è devoluta al più vicino senza distinzione di linea. Art. 570
Successione dei fratelli e delle sorelle A colui che muore senza lasciare
prole, né genitori, ne altri ascendenti, succedono (459) i fratelli e le
sorelle in parti uguali. I fratelli e le sorelle unilaterali conseguono però la
metà della quota che conseguono i germani. Art. 571 Concorso di genitori o ascendenti
con fratelli e sorelle Se coi genitori o con uno soltanto di essi concorrono
fratelli e sorelle germani del defunto, tutti sono ammessi alla successione del
medesimo per capi, purché in nessun caso la quota, in cui succedono i genitori
o uno di essi, sia minore della metà. Se vi sono fratelli e sorelle
unilaterali, ciascuno di essi consegue la metà della quota che consegue
ciascuno dei germani o dei genitori, salva in ogni caso la quota della metà in
favore di questi ultimi. Se entrambi i genitori non possono o non vogliono
(463, 521) venire alla successione, e vi sono ulteriori ascendenti, a questi
ultimi si devolve, nel modo determinato dall'Art. 569, la quota che sarebbe
spettata a uno dei genitori in mancanza dell'altro. Art. 572 Successione di
altri parenti Se alcuno muore senza lasciare prole, ne genitori, né altri
ascendenti, ne fratelli o sorelle o loro discendenti, la successione si apre a
favore del parente o dei parenti prossimi (76), senza distinzione di linea. La
successione non ha luogo tra i parenti oltre il sesto grado (77, 586). Art. 573
Successione dei figli naturali Le disposizioni relative alla successione dei
figli naturali si applicano quando la filiazione è stata riconosciuta o
giudizialmente dichiarata (250 e seguenti), salvo quanto è disposto dall'Art.
580. Art. 574-576 (abrogati) Art. 577 Successione del figlio naturale
all'ascendente legittimo immediato del suo genitore Il figlio naturale succede
all'ascendente legittimo immediato del suo genitore che non può o non vuole accettare
l'eredità, se l'ascendente non lascia ne coniuge, ne discendenti o ascendenti,
ne fratelli o sorelle o loro discendenti, né altri parenti legittimi entro il
terzo grado (Articolo dichiarato illegittimo dalla Corte Costit., con Sent. 14
aprile 1969, n. 79). Art. 578 Successione dei genitori al figlio naturale Se il
figlio naturale muore senza lasciar prole né coniuge, la sua eredità è devoluta
a quello dei genitori che lo ha riconosciuto o del quale è stato dichiarato
figlio (250 e seguenti). Se è stato riconosciuto o dichiarato figlio di
entrambi i genitori, l'eredità spetta per metà a ciascuno di essi. Se uno solo
dei genitori ha legittimato il figlio (280 e seguenti), l'altro è escluso dalla
successione. Art. 579 Concorso del coniuge e dei genitori Se al figlio naturale
morto senza lasciar prole, ne genitori, sopravvive il coniuge, l'eredità si
devolve per intero al medesimo. Se vi sono genitori, l'eredita è devoluta per
due terzi al coniuge e per l'altro terzo ai genitori (538). Art. 580 Diritti dei
figli naturali non riconoscibili Ai figli naturali aventi diritto al
mantenimento, all'istruzione e alla educazione, a norma dell'Art. 279, spetta
un assegno vitalizio pari all'ammontare della rendita della quota di eredità
alla quale avrebbero diritto, se la filiazione fosse stata dichiarata o
riconosciuta. I figli naturali hanno diritto di ottenere su loro richiesta la
capitalizzazione dell'assegno loro spettante a norma del comma precedente, in
denaro, ovvero, a scelta degli eredi legittimi, in beni ereditari. Capo II
Della successione del coniuge Art. 581 Concorso del coniuge con i figli Quando
con il coniuge concorrono figli legittimi o figli naturali, o figli legittimi e
naturali (257), il coniuge ha diritto alla metà dell'eredità, se alla successione
concorre un solo figlio, e ad un terzo negli altri casi. Art. 582 Concorso del
coniuge con ascendenti legittimi, fratelli e sorellebr> Al coniuge sono
devoluti i due terzi dell'eredità se egli concorre con ascendenti legittimi o
con fratelli e sorelle anche se unilaterali (459), ovvero con gli uni e con gli
altri. In questo ultimo caso la parte residua è devoluta agli ascendenti, ai
fratelli e alle sorelle, secondo le disposizioni dell'Art. 571, salvo in ogni
caso agli ascendenti il diritto a un quarto della eredità. Art. 583 Successione
del solo coniuge In mancanza di figli legittimi o naturali, di ascendenti, di
fratelli o sorelle, al coniuge si devolve tutta l'eredità. Art. 584 Successione
del coniuge putativo Quando il matrimonio è stato dichiarato nullo dopo la
morte di uno dei coniugi, al coniuge superstite di buona fede spetta la quota
attribuita al coniuge dalle disposizioni che precedono. Si applica altresì la
disposizione del secondo comma dell'Art. 540. Egli è però escluso dalla
successione, quando la persona della cui eredità si tratta è legata da valido
matrimonio al momento della morte. Art. 585 Successione del coniuge separato Il
coniuge cui non è stata addebitata la separazione con sentenza passata in
giudicato ha gli stessi diritti successori del coniuge non separato. Nel caso
in cui al coniuge sia stata addebitata la separazione con sentenza passata in
giudicato, si applicano le disposizioni del secondo comma dell'Art. 548. Capo
III Della successione dello stato Art. 586 Acquisto dei beni da parte dello
Stato In mancanza di altri successibili (459, 572) l'eredità è devoluta allo
Stato (473). L'acquisto si opera di diritto senza bisogno di accettazione e non
può farsi luogo a rinunzia. Lo Stato non risponde dei debiti ereditari e dei
legati oltre il valore dei beni acquistati. Titolo III Delle successioni
testamentarie Capo I Disposizioni generali Art. 587 Testamento Il testamento è
un atto revocabile (679 e seguenti) con il quale taluno dispone, per il tempo
in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse
(978, 1920, 2821). Le disposizioni di carattere non patrimoniale, che la legge
consente siano contenute in un testamento (254, 256, 338, 348, 355, 424-3,
466), hanno efficacia, se contenute in un atto che ha la forma del testamento
(601 e seguenti), anche se manchino disposizioni di carattere patrimoniale.
Art. 588 Disposizioni a titolo universale e a titolo particolare Le
disposizioni testamentarie, qualunque sia l'espressione o la denominazione
usata dal testatore, sono a titolo universale (633, 637, 647) e attribuiscono
la qualità di erede (1141, 1399), se comprendono l'universalità o una quota dei
beni del testatore. Le altre disposizioni sono a titolo particolare e
attribuiscono la qualità di legatario. L'indicazione di beni determinati o di
un complesso di beni non esclude che la disposizione sia titolo universale,
quando risulta che il testatore ha inteso assegnare quei beni come quota del
patrimonio. Art. 589 Testamento congiuntivo o reciproco Non si può fare
testamento da due o più persone nel medesimo atto, ne a vantaggio di un terzo
ne con disposizione reciproca (458). Art. 590 Conferma ed esecuzione volontaria
di disposizioni testamentarie nullebr> La nullità della disposizione
testamentaria (att. 137), da qualunque causa dipenda, non può essere fatta
valere da chi, conoscendo la causa della nullità, ha, dopo la morte del
testatore, confermato la disposizione o dato ad essa volontaria esecuzione
(1444). Capo II Della capacità di disporre per testamento Art. 591 Casi
d'incapacità Possono disporre per testamento tutti coloro che non sono
dichiarati incapaci dalla legge. Sono incapaci di testare: * coloro che non
hanno compiuto la maggiore età; * gli interdetti per infermità di mente (414);
* quelli che, sebbene non interdetti, si provi essere stati, per qualsiasi
causa, anche transitoria, incapaci di intendere e di volere nel momento in cui
fecero testamento. Nei casi d'incapacità preveduti dal presente articolo il
testamento può essere impugnato da chiunque vi ha interesse. L'azione si
prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata data esecuzione
alle disposizioni testamentarie (590, 620, 621, 623). Capo III Della capacità
di ricevere per testamento Art. 592 Figli naturali riconosciuti o riconoscibili
Se vi sono discendenti legittimi, i figli naturali, quando la filiazione è
stata riconosciuta o dichiarata (250 e seguenti), non possono ricevere per
testamento più di quanto avrebbero ricevuto se la successione si fosse devoluta
in base alla legge (573 e seguenti). I figli naturali riconoscibili, quando la
filiazione risulta nei modi indicati dall'Art. 279, non possono ricevere più di
quanto, secondo la disposizione del comma precedente, potrebbero conseguire se
la filiazione fosse stata riconosciuta o dichiarata. Art. 593 (abrogato) Art.
594 Assegno ai figli naturali non riconoscibili Gli eredi, i legatari e i
donatari sono tenuti, in proporzione a quanto hanno ricevuto, a corrispondere
ai figli naturali di cui all'Art. 279, un assegno vitalizio nei limiti
stabiliti dall'Art. 580, se il genitore non ha disposto per donazione o
testamento in favore dei figli medesimi. Se il genitore ha disposto in loro
favore, essi possono rinunziare alla disposizione e chiedere l'assegno. Art.
595 (abrogato) Art. 596 Incapacità del tutore e del protutore Sono nulle le
disposizioni testamentarie della persona sottoposta a tutela in favore del
tutore, se fatte dopo la nomina di questo e prima che sia approvato il conto o
sia estinta l'azione per il rendimento del conto medesimo (385 e seguenti),
quantunque il testatore sia morto dopo l'approvazione. Questa norma si applica
anche al protutore, se il testamento è fatto nel tempo in cui egli sostituiva
il tutore (360). Sono però valide le disposizioni fatte in favore del tutore o
del protutore che è ascendente, discendente, fratello, sorella o coniuge del
testatore. Art. 597 Incapacità del notaio, dei testimoni e dell'interprete Sono
nulle le disposizioni a favore del notaio o di altro ufficiale che ha ricevuto
il testamento pubblico, ovvero a favore di alcuno dei testimoni o
dell'interprete intervenuti al testamento medesimo. Art. 598 Incapacità di chi
ha scritto o ricevuto il testamento segretobr> Sono nulle le disposizioni a
favore della persona che ha scritto il testamento segreto, salvo che siano
approvate di mano dello stesso testatore o nell'atto della consegna. Sono pure
nulle le disposizioni a favore del notaio a cui il testamento segreto è stato
consegnato in plico non sigillato. Art. 599 Persone interposte Le disposizioni
testamentarie a vantaggio delle persone incapaci indicate dagli artt. 592, 593,
596, 597 e 598 sono nulle anche se fatte sotto nome d'interposta persona. Sono
reputate persone interposte il padre, la madre, i discendenti e il coniuge
della persona incapace, anche se chiamati congiuntamente con l'incapace (738,
740, 779, 780, 2728). NOTA Il primo comma è stato dichiarato illegittimo (Corte
Costit. 28 dicembre 1970). Art. 600 Enti non riconosciuti Le disposizioni a
favore di un ente non riconosciuto non hanno efficacia, se entro un anno dal
giorno in cui il testamento è eseguibile (620 e seguenti, 640) non è fatta
l'istanza per ottenere il riconoscimento. Fino a quando l'ente non è costituito
possono essere promossi gli opportuni provvedimenti conservativi (att. 3). Capo
IV Della forma dei testamenti Sezione I Dei testamenti ordinari Art. 601 Forme
Le forme ordinarie di testamento sono il testamento olografo e il testamento
per atto di notaio. Il testamento per atto di notaio è pubblico o segreto. Art.
602 Testamento olografo Il testamento olografo deve essere scritto per intero,
datato e sottoscritto di mano del testatore (684). La sottoscrizione deve
essere posta alla fine delle disposizioni. Se anche non è fatta indicando nome
e cognome, è tuttavia valida quando designa con certezza la persona del
testatore. La data deve contenere l'indicazione del giorno, mese e anno. La
prova della non verità della data è ammessa soltanto quando si tratta di
giudicare della capacità del testatore (591), della priorità di data tra più
testamenti (682) o di altra questione da decidersi in base al tempo del
testamento (651, 656, 657). Art. 603 Testamento pubblico Il testamento pubblico
è ricevuto dal notaio in presenza di due testimoni. Il testatore, in presenza
dei testimoni, dichiara al notaio la sua volontà, la quale è ridotta in
iscritto a cura del notaio stesso. Questi da lettura del testamento al
testatore in presenza dei testimoni. Di ciascuna di tali formalità è fatta
menzione nel testamento. Il testamento deve indicare il luogo, la data del
ricevimento e l'ora della sottoscrizione, ed essere sottoscritto dal testatore,
dai testimoni e dal notaio. Se il testatore non può sottoscrivere, o può farlo
solo con grave difficoltà, deve dichiararne la causa, e il notaio deve
menzionare questa dichiarazione prima della lettura dell'atto. Per il
testamento del muto, sordo o sordomuto si osservano le norme stabilite dalla
legge notarile per gli atti pubblici di queste persone. Qualora il testatore
sia incapace anche di leggere, devono intervenire quattro testimoni. Art. 604
Testamento segreto Il testamento segreto può essere scritto dal testatore o da
un terzo. Se è scritto dal testatore, deve essere sottoscritto da lui alla fine
delle disposizioni; se è scritto in tutto o in parte da altri, o se è scritto
con mezzi meccanici, deve portare la sottoscrizione del testatore anche in
ciascun mezzo foglio, unito o separato. Il testatore che sa leggere ma non sa
scrivere, o che non ha potuto apporre la sottoscrizione quando faceva scrivere
le proprie disposizioni, deve altresì dichiarare al notaio, che riceve il
testamento, di averlo letto ed aggiungere la causa che gli ha impedito di
sottoscriverlo: di ciò si fa menzione nell'atto di ricevimento. Chi non sa o
non può leggere non può fare testamento segreto. Art. 605 Formalità del
testamento segreto La carta su cui sono stese le disposizioni o quella che
serve da involto deve essere sigillata con impronta, in guisa che il testamento
non si possa aprire né estrarre senza rottura o alterazione. Il testatore, in
presenza di due testimoni, consegna (685) personalmente al notaio la carta così
sigillata, o la fa sigillare nel modo sopra indicato in presenza del notaio e
dei testimoni, e dichiara che in questa carta è contenuto il suo testamento. Il
testatore, se è muto o sordomuto, deve scrivere tale dichiarazione in presenza
dei testimoni e deve pure dichiarare per iscritto di aver letto il testamento,
se questo è stato scritto da altri. Sulla carta in cui dal testatore è scritto
o involto il testamento, o su un ulteriore involto predisposto dal notaio e da
lui debitamente sigillato, si scrive l'atto di ricevimento nel quale si
indicano il fatto della consegna e la dichiarazione del testatore, il numero e
l'impronta dei sigilli, e l'assistenza dei testimoni a tutte le formalità.
L'atto deve essere sottoscritto dal testatore, dai testimoni e dal notaio. Se
il testatore non può, per qualunque impedimento, sottoscrivere l'atto della
consegna, si osserva quel che è stabilito circa il testamento per atto
pubblico. Tutto ciò deve essere fatto di seguito e senza passare ad altri atti.
Art. 606 Nullità del testamento per difetto di forma Il testamento è nullo
(1418 e seguenti) quando manca l'autografia o la sottoscrizione nel caso di
testamento olografo, ovvero manca la redazione per iscritto, da parte del
notaio, delle dichiarazioni del testatore o la sottoscrizione dell'uno o
dell'altro, nel caso di testamento per atto di notaio. Per ogni altro difetto
di forma il testamento può essere annullato (1441 e seguenti) su istanza di
chiunque vi ha interesse. L'azione di annullamento si prescrive nel termine di
cinque anni dal giorno in cui è stata data esecuzione alle disposizioni
testamentarie. Art. 607 Validità del testamento segreto come olografo Il testamento
segreto, che manca di qualche requisito suo proprio, ha effetto come testamento
olografo, qualora di questo abbia i requisiti. Art. 608 Ritiro di testamento
segreto od olografo Il testamento segreto è il testamento olografo che è stato
depositato possono dal testatore essere ritirati in ogni tempo dalle mani del
notaio presso il quale si trovano (685). A cura del notaio si redige verbale
della restituzione; il verbale è sottoscritto dal testatore, da due testimoni e
dal notaio; se il testatore non può sottoscrivere, se ne fa menzione. Quando il
testamento è depositato in un pubblico archivio, il verbale è redatto
dall'archivista e sottoscritto dal testatore, dai testimoni e dall'archivista
medesimo. Della restituzione del testamento si prende nota in margine o in
calce all'atto di consegna o di deposito. Sezione II Dei testamenti speciali
Art. 609 Malattie contagiose, calamità pubbliche o infortuni Quando il
testatore non può valersi delle forme ordinarie (601 e seguenti), perché si
trova in luogo dove domina una malattia reputata contagiosa, o per causa di
pubblica calamita o d'infortunio, il testamento è valido se ricevuto da un
notaio, dal pretore o dal conciliatore del luogo, dal sindaco o da chi ne fa le
veci, o da un ministro di culto, in presenza di due testimoni di età non
inferiore a sedici anni. Il testamento è redatto e sottoscritto da chi lo
riceve; è sottoscritto anche dal testatore e dai testimoni. Se il testatore o i
testimoni non possono sottoscrivere, se ne indica la causa. Art. 610 Termine di
efficacia Il testamento ricevuto nel modo indicato dall'articolo precedente
perde la sua efficacia tre mesi dopo la cessazione della causa che ha impedito
al testatore di valersi delle forme ordinarie. Se il testatore muore
nell'intervallo, il testamento deve essere depositato, appena è possibile,
nell'archivio notarile del luogo in cui è stato ricevuto. Art. 611 Testamento a
bordo di nave Durante il viaggio per mare il testamento può essere ricevuto a
bordo della nave dal comandante di essa. Il testamento del comandante può
essere ricevuto da colui che lo segue immediatamente in ordine di servizio.
Art. 612 Forme Il testamento indicato dall'articolo precedente è redatto in
doppio originale alla presenza di due testimoni e deve essere sottoscritto dal testatore,
dalla persona che lo ha ricevuto e dai testimoni; se il testatore o i testimoni
non possono sottoscrivere, si deve indicare il motivo che ha impedito la
sottoscrizione. Il testamento è conservato tra i documenti di bordo (Cod. Nav.
169 e seguenti), ed è annotato sul giornale di bordo ovvero sul giornale
nautico e sul ruolo d'equipaggio. Art. 613 Consegna Se la nave approda a un
porto estero in cui vi sia un'autorità consolare, il comandante è tenuto a
consegnare all'autorità medesima uno degli originali del testamento e una copia
dell'annotazione fatta sul giornale di bordo ovvero sul giornale nautico e sul
ruolo d'equipaggio. Al ritorno della nave nello Stato, i due originali del
testamento, o quello non depositato durante il viaggio, devono essere
consegnati all'autorità marittima locale insieme con la copia della predetta
annotazione. Della consegna si rilascia dichiarazione, di cui si fa cenno in
margine all'annotazione sopraindicata. Art. 614 Verbale di consegna L'autorità
marittima o consolare locale deve redigere verbale della consegna del
testamento e trasmettere il verbale e gli atti ricevuti al Ministero della
difesa o al Ministero della marina mercantile, secondo che il testamento sia
stato ricevuto a bordo di una nave della marina militare o di una nave della
marina mercantile. Il Ministero ordina il deposito di uno degli originali nel
suo archivio, e trasmette l'altro all'archivio notarile del luogo del domicilio
o dell'ultima residenza del testatore. Art. 615 Termine di efficacia Il testamento
fatto durante il viaggio per mare, nella forma stabilita dagli artt. 611 e
seguenti, perde la sua efficacia tre mesi dopo lo sbarco del testatore in un
luogo dove è possibile fare testamento nelle forme ordinarie. Art. 616
Testamento a bordo di aeromobile Al testamento fatto a bordo di un aeromobile
durante il viaggio si applicano le disposizioni degli artt. 611 e 615. Il
testamento è ricevuto dal comandante, in presenza di uno o, quando è possibile,
di due testimoni. Le attribuzioni delle autorità marittime a norma degli artt.
613 e 614 spettano alle autorità aeronautiche. Il testamento è annotato sul
giornale di rotta (Cod. Nav. 772, 888). Art. 617 Testamento dei militari e
assimilati Il testamento dei militari e delle persone al seguito delle forze armate
dello Stato può essere ricevuto da un ufficiale o da un cappellano militare o
da un ufficiale della Croce Rossa, in presenza di due testimoni; esso deve
essere sottoscritto dal testatore, dalla persona che lo ha ricevuto e dai
testimoni. Se il testatore o i testimoni non possono sottoscrivere, si deve
indicare il motivo che ha impedito la sottoscrizione. Il testamento deve essere
al più presto trasmesso al quartiere generale e da questo al Ministero
competente, che ne ordina il deposito nell'archivio notarile del luogo del
domicilio o dell'ultima residenza del testatore (43). Art. 618 Casi e termini
d'efficacia Nella forma speciale stabilita dall'articolo precedente possono
testare soltanto coloro i quali, appartenendo a corpi o servizi mobilitati o comunque
impegnati in guerra, si trovano in zona di operazioni belliche o sono
prigionieri presso il nemico, e coloro che sono acquartierati o di presidio
fuori dello Stato o in luoghi dove siano interrotte le comunicazioni. Il
testamento perde la sua efficacia tre mesi dopo il ritorno del testatore in un
luogo dove è possibile far testamento nelle forme ordinarie. Art. 619 Nullità I
testamenti previsti in questa Sezione sono nulli (1418 e seguenti) quando manca
la redazione in iscritto della dichiarazione del testatore ovvero la
sottoscrizione della persona autorizzata a riceverla o del testatore. Per gli
altri difetti di forma si osserva il disposto del secondo comma dell'Art. 606
(590). Sezione III Della pubblicazione dei testamenti olografi e dei testamenti
segreti Art. 620 Pubblicazione del testamento olografo Chiunque è in possesso
di un testamento olografo deve presentarlo a un notaio per la pubblicazione,
appena ha notizia della morte del testatore (p. 490 e seguente). Chiunque crede
di avervi interesse può chiedere, con ricorso al pretore del mandamento in cui
si è aperta la successione (456), che sia fissato un termine per la
presentazione (Cod. Proc. Civ. 749). Il notaio procede alla pubblicazione del
testamento in presenza di due testimoni, redigendo nella forma degli atti
pubblici un verbale nel quale descrive lo stato del testamento, ne riproduce il
contenuto e fa menzione della sua apertura, se è stato presentato chiuso con
sigillo. Il verbale è sottoscritto dalla persona che presenta il testamento dai
testimoni e dal notaio. Ad esso sono uniti la carta in cui è scritto il
testamento, vidimata in ciascun mezzo foglio dal notaio e dai testimoni, e
l'estratto dell'atto di morte del testatore o copia del provvedimento che
ordina l'apertura degli atti di ultima volontà dell'assente o della sentenza
che dichiara la morte presunta (50, 58). Nel caso in cui il testamento è stato
depositato dal testatore presso un notaio, la pubblicazione è eseguita dal
notaio depositario (685). Avvenuta la pubblicazione, il testamento olografo ha
esecuzione (att. 3, 7). Per giustificati motivi, su istanza (Cod. Proc. Civ.
125) di chiunque vi ha interesse, il pretore può disporre che periodi o frasi
di carattere non patrimoniale siano cancellati dal testamento e omessi nelle
copie che fossero richieste, salvo che l'autorità giudiziaria ordini il
rilascio di copia integrale. Art. 621 Pubblicazione del testamento segreto Il
testamento segreto deve essere aperto e pubblicato dal notaio appena gli
perviene la notizia della morte del testatore. Chiunque crede di avervi
interesse può chiedere, con ricorso al pretore del mandamento in cui si è
aperta la successione, che sia fissato un termine per l'apertura e la
pubblicazione. Si applicano le disposizioni del terzo comma dell'Art. 620. Art.
622 Comunicazione dei testamenti alla pretura Il notaio deve trasmettere alla
cancelleria della pretura, nella cui giurisdizione si è aperta la successione
(456), copia in carta libera dei verbali previsti dagli artt. 620 e 621 e del
testamento pubblico (att. 55). Art. 623 Comunicazione agli eredi e legatari Il
notaio che ha ricevuto un testamento pubblico, appena gli è nota la morte del
testatore, o, nel caso di testamento olografo o segreto, dopo la pubblicazione,
comunica l'esistenza del testamento agli eredi e legatari di cui conosce il
domicilio o la residenza (43). Capo V Dell'istituzione di erede e dei legati
Sezione I Disposizioni generali Art. 624 Violenza, dolo, errore La disposizione
testamentaria può essere impugnata da chiunque vi abbia interesse quando è
l'effetto di errore, di violenza o di dolo (1427 e seguenti). L'errore sul
motivo, sia esso di fatto o di diritto, è causa di annullamento della
disposizione testamentaria, quando il motivo risulta dal testamento ed è il
solo che ha determinato il testatore a disporre. L'azione (2652, 2960) si
prescrive in cinque anni dal giorno in cui si è avuta notizia della violenza,
del dolo o dell'errore. Art. 625 Erronea indicazione dell'erede o del legatario
o della cosa che forma oggetto della disposizione Se la persona dell'erede o
del legatario è stata erroneamente indicata, la disposizione ha effetto, quando
dal contesto del testamento o altrimenti risulta in modo non equivoco quale
persona il testatore voleva nominare (628). La disposizione ha effetto anche
quando la cosa che forma oggetto della disposizione è stata erroneamente
indicata o descritta, ma è certo a quale cosa il testatore intendeva riferirsi.
Art. 626 Motivo illecito Il motivo illecito rende nulla la disposizione
testamentaria, quando risulta dal testamento ed è il solo che ha determinato il
testatore a disporre (1345, 1418 e seguenti). Art. 627 Disposizione fiduciaria
Non è ammessa azione in giudizio per accertare che le disposizioni fatte a
favore di persona dichiarata nel testamento sono soltanto apparenti e che in
realtà riguardano altra persona, anche se espressioni del testamento possono
indicare o far presumere che si tratta di persona interposta. Tuttavia la
persona dichiarata nel testamento, se ha spontaneamente eseguito la
disposizione fiduciaria trasferendo i beni alla persona voluta dal testatore,
non può agire per la ripetizione, salvo che sia un incapace (2034). Le
disposizioni di questo articolo non si applicano al caso in cui l'istituzione o
il legato sono impugnati come fatti per interposta persona a favore d'incapaci
a ricevere. Art. 628 Disposizione a favore di persona incerta E' nulla ogni
disposizione fatta a favore di persona che sia indicata in modo da non poter
essere determinata. Art. 629 Disposizioni a favore dell'anima Le disposizioni a
favore dell'anima sono valide qualora siano determinati i beni o possa essere
determinata la somma da impiegarsi a tale fine. Esse si considerano come un
onere a carico dell'erede o del legatario, e si applica l'Art. 648. Il testatore
può designare una persona che curi l'esecuzione della disposizione, anche nel
caso in cui manchi un interessato a richiedere l'adempimento. Art. 630
Disposizioni a favore dei poveri Le disposizioni a favore dei poveri e altre
simili, espresse genericamente, senza che si determini l'uso o il pubblico
istituto a cui beneficio sono fatte, s'intendono fatte in favore dei poveri del
luogo in cui il testatore aveva il domicilio al tempo della sua morte, e i beni
sono devoluti all'ente comunale di assistenza. La precedente disposizione si
applica anche quando la persona incaricata dal testatore di determinare l'uso o
il pubblico istituto non può o non vuole accettare l'incarico. Art. 631
Disposizioni rimesse all'arbitrio del terzo E' nulla ogni disposizione
testamentaria con la quale si fa dipendere dall'arbitrio di un terzo
l'indicazione dell'erede o del legatario, ovvero la determinazione della quota
di eredità (590). Tuttavia è valida la disposizione a titolo particolare (588)
in favore di persona da scegliersi dall'onerato o da un terzo tra più persone
determinate dal testatore o appartenenti a famiglie o categorie di persone da
lui determinate, ed è pure valida la disposizione a titolo particolare a favore
di uno tra più enti determinati del pari dal testatore. Se sono indicate più
persone in modo alternativo e non è stabilito chi deve fare la scelta, questa
si considera lasciata all'onerato. Se l'onerato o il terzo non può o non vuole
fare la scelta, questa è fatta con decreto dal presidente del tribunale del
luogo in cui si è aperta la successione (456), dopo avere assunto le opportune
informazioni (Cod. Proc. Civ. 751). Art. 632 Determinazione di legato per
arbitrio altrui E' nulla la disposizione che lascia al mero arbitrio
dell'onerato o di un terzo di determinare l'oggetto o la quantità del legato
(590). Sono validi i legati fatti a titolo di rimunerazione per i servizi
prestati al testatore, anche se non ne sia indicato l'oggetto o la quantità.
Sezione II Delle disposizioni condizionali, a termine e modali Art. 633
Condizione sospensiva o risolutiva Le disposizioni a titolo universale o
particolare (588) possono farsi sotto condizione sospensiva o risolutiva (646,
1353; att. 139). Art. 634 Condizioni impossibili o illecite Nelle disposizioni
testamentarie (558) si considerano non apposte le condizioni impossibili e
quelle contrarie a norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume,
salvo quanto è stabilito dall'Art. 626 (1354). Art. 635 Condizione di
reciprocità E' nulla la disposizione a titolo universale o particolare fatta
dal testatore a condizione di essere a sua volta avvantaggiato nel testamento
dell'erede o del legatario (458). Art. 636 Divieto di nozze E' illecita la
condizione che impedisce le prime nozze o le ulteriori (634; att. 138).
Tuttavia il legatario di usufrutto (978 e seguenti) o di uso, di abitazione
(1021 e seguenti) o di pensione, o di altra prestazione periodica per il caso o
per il tempo del celibato o della vedovanza, non può goderne che durante il
celibato o la vedovanza. Art. 637 Termine Si considera non apposto a una
disposizione a titolo universale (588) il termine dal quale l'effetto di essa
deve cominciare o cessare (459). Art. 638 Condizione di non fare o di non dare
Se il testatore ha disposto sotto la condizione che l'erede o il legatario non
faccia o non dia qualche cosa per un tempo indeterminato, la disposizione si
considera fatta sotto condizione risolutiva, salvo che dal testamento risulti
una contraria volontà del testatore. Art. 639 Garanzia in caso di condizione
risolutiva Se la disposizione testamentaria è sottoposta a condizione
risolutiva, l'autorità giudiziaria, qualora ne ravvisi l'opportunità, può
imporre all'erede o al legatario (Cod. Proc. Civ. 750) di prestare idonea
garanzia (1179) a favore di coloro ai quali l'eredità o il legato dovrebbe
devolversi nel caso che la condizione si avverasse. Art. 640 Garanzia in caso
di legato sottoposto a condizione sospensiva o a terminebr> Se a taluno è
lasciato un legato sotto condizione sospensiva o dopo un certo tempo, l'onerato
può essere costretto (Cod. Proc. Civ. 750) a dare idonea garanzia (1179) al
legatario, salvo che il testatore abbia diversamente disposto. La garanzia può
essere imposta anche al legatario quando il legato è a termine finale. Art. 641
Amministrazione in caso di condizione sospensiva o di mancata prestazione di
garanzia Qualora l'erede sia istituito sotto condizione sospensiva, finché
questa condizione non si verifica o non è certo che non si può più verificare,
è dato all'eredità un amministratore. Vale la stessa norma anche nel caso in
cui l'erede o il legatario non adempie l'obbligo di prestare la garanzia
prevista dai due articoli precedenti. Art. 642 Persone a cui spetta
l'amministrazione L'amministrazione spetta alla persona a cui favore è stata
disposta la sostituzione (688 e seguenti), ovvero al coerede o ai coeredi,
quando tra essi e l'erede condizionale vi è il diritto di accrescimento (674 e
seguenti). Se non è prevista la sostituzione o non vi sono coeredi a favore dei
quali abbia luogo il diritto di accrescimento, l'amministrazione spetta al
presunto erede legittimo (565). In ogni caso l'autorità giudiziaria, quando
concorrono giusti motivi, può provvedere altrimenti. Art. 643 Amministrazione
in caso di eredi nascituri Le disposizioni dei due precedenti articoli si
applicano anche nel caso in cui sia chiamato a succedere un non concepito,
figlio di una determinata persona vivente (462). A questa spetta la
rappresentanza del nascituro, per la tutela dei suoi diritti successori, anche
quando l'amministratore dell'eredità è una persona diversa. Se è chiamato un
concepito (462), l'amministrazione spetta al padre e, in mancanza di questo,
alla madre (320). Art. 644 Obblighi e facoltà degli amministratori Agli
amministratori indicati dai precedenti articoli sono comuni le regole che si
riferiscono ai curatori dell'eredità giacente (528 e seguenti). Art. 645
Condizione sospensiva potestativa senza termine Se la condizione apposta
all'istituzione di erede o al legato è sospensiva potestativa e non è indicato
il termine per l'adempimento, gli interessati possono adire l'autorità
giudiziaria perché fissi questo termine (Cod. Proc. Civ. 749). Art. 646
Retroattività della condizione L'adempimento della condizione ha effetto
retroattivo (1360); ma l'erede o il legatario, nel caso di condizione
risolutiva, non è tenuto a restituire i frutti (820) se non dal giorno in cui
la condizione si è verificata. L'azione per la restituzione dei frutti si
prescrive in cinque anni (2941 e seguenti). Art. 647 Onere Tanto
all'istituzione di erede quanto al legato può essere apposto un onere (629). Se
il testatore non ha diversamente disposto, l'autorità giudiziaria, qualora ne
ravvisi l'opportunità, può imporre all'erede o al legatario gravato dall'onere
una cauzione (1179). L'onere impossibile o illecito si considera non apposto;
rende tuttavia nulla la disposizione, se ne ha costituito il solo motivo
determinante. Art. 648 Adempimento dell'onere Per l'adempimento dell'onere può
agire qualsiasi interessato (Cod. Proc. Civ. 99). Nel caso d'inadempimento
dell'onere l'autorità giudiziaria può pronunziare la risoluzione della
disposizione testamentaria (677), se la risoluzione è stata prevista dal
testatore, o se l'adempimento dell'onere ha costituito il solo motivo determinante
della disposizione (2652). Sezione III Dei legati Art. 649 Acquisto del legato
Il legato si acquista senza bisogno di accettazione, salva la facoltà di
rinunziare. Quando oggetto del legato e la proprietà di una cosa determinata o
altro diritto appartenente al testatore, la proprietà o il diritto si trasmette
dal testatore al legatario al momento della morte del testatore (2648). Il
legatario però deve domandare all'onerato il possesso della cosa legata, anche
quando ne è stato espressamente dispensato dal testatore. Art. 650 Fissazione
di un termine per la rinunzia Chiunque ha interesse può chiedere che l'autorità
giudiziaria fissi un termine (Cod. Proc. Civ. 749) entro il quale il legatario
dichiari se intende esercitare la facoltà di rinunziare. Trascorso questo
termine senza che abbia fatto alcuna dichiarazione, il legatario perde il
diritto di rinunziare (481). Art. 651 Legato di cosa dell'onerato o di un terzo
Il legato di cosa dell'onerato o di un terzo è nullo, salvo che dal testamento o
da altra dichiarazione scritta dal testatore risulti che questi sapeva che la
cosa legata apparteneva all'onerato o al terzo. In questo ultimo caso l'onerato
è obbligato (1137) ad acquistare la proprietà della cosa dal terzo e a
trasferirla al legatario (1478), ma è in sua facoltà di pagarne al legatario il
giusto prezzo (1474). Se però la cosa legata, pur appartenendo ad altri al
tempo del testamento, si trova in proprietà del testatore al momento della sua
morte, il legato è valido. Art. 652 Legato di cosa solo in parte del testatore
Se al testatore appartiene una parte della cosa legata o un diritto sulla
medesima, il legato è valido solo relativamente a questa parte o a questo
diritto salvo che risulti la volontà del testatore di legare la cosa per intero,
in conformità dell'articolo precedente (1480). Art. 653 Legato di cosa
genericamente determinata E' valido il legato di cosa determinata solo nel
genere, anche se nessuna del genere ve n'era nel patrimonio del testatore al
tempo del testamento e nessuna se ne trova al tempo della morte (669). Art. 654
Legato di cosa non esistente nell'asse Quando il testatore ha lasciato una sua
cosa particolare, o una cosa determinata soltanto nel genere da prendersi dal
suo patrimonio, il legato non ha effetto se la cosa non si trova nel patrimonio
del testatore al tempo della sua morte. Se la cosa si trova nel patrimonio del
testatore al tempo della sua morte, ma non nella quantità determinata, il
legato ha effetto per la quantità che vi si trova. Art. 655 Legato di cosa da
prendersi da certo luogo Il legato di cose da prendersi da certo luogo ha
effetto soltanto se le cose vi si trovano, e per la parte che vi si trova; ha
tuttavia effetto per l'intero, quando, alla morte del testatore, le cose non vi
si trovano, in tutto o in parte, perché erano state rimosse temporaneamente dal
luogo in cui di solito erano custodite. Art. 656 Legato di cosa del legatario
Il legato di cosa che al tempo in cui fu fatto il testamento era già di
proprietà del legatario è nullo, se la cosa si trova in proprietà di lui anche
al tempo dell'apertura della successione (456). Se al tempo dell'apertura della
successione la cosa si trova in proprietà del testatore, il legato è valido ed
è altresì valido se in questo tempo la cosa si trova in proprietà dell'onerato
o di un terzo, e dal testamento risulta che essa fu legata in previsione di
tale avvenimento (651). Art. 657 Legato di cosa acquistata dal legatario Se il
legatario, dopo la confezione del testamento, ha acquistato dal testatore, a
titolo oneroso o a titolo gratuito, la cosa a lui legata, il legato è senza
effetto in conformità dell'Art. 686. Se dopo la confezione del testamento la
cosa legata è stata dal legatario acquistata, a titolo gratuito, dall'onerato o
da un terzo, il legato è senza effetto; se l'acquisto ha avuto luogo a titolo
oneroso, il legatario ha diritto al rimborso del prezzo, qualora ricorrano le
circostanze indicate dall'Art. 651. Art. 658 Legato di credito o di liberazione
da debito Il legato di un credito o di liberazione (1236) da un debito ha
effetto per la sola parte del credito o del debito che sussiste al tempo della
morte del testatore. L'erede è soltanto tenuto a consegnare al legatario i
titoli del credito legato che si trovavano presso il testatore (1262). Art. 659
Legato a favore del creditore Se il testatore, senza fare menzione del debito
(2735), fa un legato al suo creditore, il legato non si presume fatto per
soddisfare il legatario del suo credito. Art. 660 Legato di alimenti Il legato
di alimenti, a favore di chiunque sia fatto, comprende le somministrazioni
indicate dall'Art. 438, salvo che il testatore abbia altrimenti disposto. Art.
661 Prelegato Il legato a favore di uno dei coeredi è a carico di tutta
l'eredità si considera come legato per l'intero ammontare. Art. 662 Onere della
prestazione del legato Il testatore può porre la prestazione del legato a
carico degli eredi ovvero a carico di uno o più legatari. Quando il testatore
non ha disposto, alla prestazione sono tenuti gli eredi. Su ciascuno dei diversi
onerati il legato grava in proporzione della rispettiva quota ereditaria o del
legato, se il testatore non ha diversamente disposto. Art. 663 Legato imposto a
un solo erede Se l'obbligo di adempiere il legato è stato particolarmente
imposto a uno degli eredi, questi solo è tenuto a soddisfarlo (483, 1315). Se è
stata legata una cosa propria di un coerede, i coeredi sono tenuti a
compensarlo del valore di essa con denaro o con beni ereditari, in proporzione
della loro quota ereditaria, quando non consta una contraria volontà del
testatore. Art. 664 Adempimento del legato di genere Nel legato di cosa
determinata soltanto nel genere, la scelta, quando dal testatore non è affidata
al, egatario o a un terzo, spetta all'onerato. Questi è obbligato a dar cose di
qualità non inferiore alla media (1178); ma se nel patrimonio ereditario vi è
una sola delle cose appartenenti al genere indicato, l'onerato non ha facoltà
né può essere obbligato a prestarne un'altra, salvo espressa disposizione
contraria del testatore. Se la scelta è lasciata dal testatore al legatario o a
un terzo, questi devono scegliere una cosa di media qualità; ma se cose del
genere indicato si trovano nell'eredità, il legatario può scegliere la
migliore. Se il terzo non può o non vuole fare la scelta, questa è fatta a
norma del terzo comma dell'Art. 631 (Cod. Proc. Civ. 751). Art. 665 Scelta nel
legato alternativo Nel legato alternativo la scelta spetta all'onerato, a meno
che il testatore l'abbia lasciata al legatario o a un terzo (1286). Art. 666
Trasmissione all'erede della facoltà di scelta Tanto nel legato di genere
quanto in quello alternativo, se l'onerato o il legatario a cui compete la
scelta non ha potuto farla, la facoltà di scegliere si trasmette al suo erede.
La scelta fatta è irretrattabile (1286). Art. 667 Accessioni della cosa legata
La cosa legata, con tutte le sue pertinenze (817 e seguenti), deve essere
prestata al legatario nello stato in cui si trova al tempo della morte del
testatore. Se è stato legato un fondo, sono comprese nel legato anche le
costruzioni fatte nel fondo, sia che esistessero già al tempo della confezione
del testamento, sia che non esistessero, salva in ogni caso l'applicabilità del
secondo comma dell'Art. 686. Se il fondo legato è stato accresciuto con acquisti
posteriori, questi sono dovuti al legatario, purché siano contigui al fondo e
costituiscano con esso una unità economica. Art. 668 Adempimento del legato Se
la cosa legata è gravata da una servitù (1027 e seguenti), da un canone o da
altro onere inerente al fondo, ovvero da una rendita fondiaria, il peso ne è
sopportato dal legatario. Se la cosa legata è vincolata per una rendita
semplice (1863 e seguenti), un censo o altro debito dell'eredità, o anche di un
terzo, l'erede è tenuto al pagamento delle annualità o degli interessi e della
somma principale, secondo la natura del debito, qualora il testatore non abbia
diversamente disposto (756). Art. 669 Frutti della cosa legata Se oggetto del
legato è una cosa fruttifera, appartenente al testatore al momento della sua
morte, i frutti o gli interessi sono dovuti al legatario da questo momento
(821). Se la cosa appartiene all'onerato o a un terzo (651), ovvero se si
tratta di cosa determinata per genere o quantità, i frutti o gli interessi sono
dovuti dal giorno della domanda giudiziale o dal giorno in cui la prestazione
del legato è stata promessa, salvo che il testatore abbia diversamente
disposto. Art. 670 Legato di prestazioni periodiche Se è stata legata una somma
di danaro o una quantità di altre cose fungibili, da prestarsi a termini
periodici, il primo termine decorre dalla morte del testatore, e il legatario
acquista il diritto a tutta la prestazione dovuta per il termine in corso,
ancorché fosse in vita soltanto al principio di esso. Il legato però non può
esigersi se non dopo scaduto il termine. Si può tuttavia esigere all'inizio del
termine il legato a titolo di alimenti (660). Art. 671 Legati e oneri a carico
del legatario Il legatario è tenuto all'adempimento del legato e di ogni altro
onere a lui imposto entro i limiti del valore della cosa legata (7932). Art.
672 Spese per la prestazione del legato Le spese per la prestazione del legato
sono a carico dell'onerato. Art. 673 Perimento della cosa legata. Impossibilità
della prestazione Il legato non ha effetto se la cosa legata è interamente
perita durante la vita del testatore. L'obbligazione dell'onerato si estingue
se, dopo la morte del testatore, la prestazione è divenuta impossibile per
causa a lui non imputabile (1256 e seguenti). Sezione IV Del diritto di
accrescimento Art. 674 Accrescimento tra coeredi Quando più eredi sono stati
istituiti con uno stesso testamento nell'universalità dei beni (558), senza
determinazione di parti o in parti uguali, anche se determinate, qualora uno di
essi non possa o non voglia accettare (70, 72, 463, 523), la sua parte si
accresce agli altri. Se più eredi sono stati istituiti in una stessa quota,
l'accrescimento ha luogo a favore degli altri istituti nella quota medesima.
L'accrescimento non ha luogo quando dal testamento risulta una diversa volontà
del testatore (688). E' salvo in ogni caso il diritto di rappresentazione (467
e seguenti). Art. 675 Accrescimento tra collegatari L'accrescimento ha luogo
anche tra più legatari ai quali è stato legato uno stesso oggetto, salvo che
dal testamento risulti una diversa volontà e salvo sempre il diritto di
rappresentazione (467). Art. 676 Effetti dell'accrescimento L'acquisto per
accrescimento ha luogo di diritto. I coeredi o i legatari, a favore dei quali
si verifica l'accrescimento, subentrano negli obblighi a cui era sottoposto
l'erede o il legatario mancante, salvo che si tratti di obblighi di carattere
personale. Art. 677 Mancanza di accrescimento Se non ha luogo l'accrescimento,
la porzione dell'erede mancante si devolve agli eredi legittimi (565), e la
porzione del legatario mancante va a profitto dell'onerato. Gli eredi legittimi
e l'onerato subentrano negli obblighi che gravavano sull'erede o sul legatario
mancante, salvo che si tratti di obblighi di carattere personale. Le
disposizioni precedenti si applicano anche nel caso di risoluzione di
disposizioni testamentarie per inadempimento dell'onere (648). Art. 678
Accrescimento nel legato di usufrutto Quando a più persone è legato un
usufrutto (978) in modo che tra di loro vi sia il diritto di accrescimento,
l'accrescimento ha luogo anche quando una di esse viene a mancare dopo
conseguito il possesso della cosa su cui cade l'usufrutto (982). Se non vi è
diritto di accrescimento, la porzione del legatario mancante si consolida con
la proprietà. Sezione V Della revocazione delle disposizioni testamentarie Art.
679 Revocabilità del testamento Non si può in alcun modo rinunziare alla
facoltà di revocare o mutare le disposizioni testamentarie: ogni clausola o
condizione contraria non ha effetto (458). Art. 680 Revocazione espressa La
revocazione espressa può farsi soltanto con un nuovo testamento (587), o con un
atto ricevuto da notaio in presenza di due testimoni, in cui il testatore
personalmente dichiara di revocare, in tutto o in parte, la disposizione
anteriore. Art. 681 Revocazione della revocazione La revocazione totale o
parziale di un testamento può essere a sua volta revocata sempre con le forme
stabilite dall'articolo precedente. In tal caso rivivono le disposizioni revocate.
Art. 682 Testamento posteriore Il testamento posteriore, che non revoca in modo
espresso i precedenti, annulla in questi soltanto le disposizioni che sono con
esso incompatibili. Art. 683 Testamento posteriore inefficace La revocazione
fatta con un testamento posteriore conserva la sua efficacia anche quando
questa rimane senza effetto perché l'erede istituito o il legatario è premorto
al testatore, o è incapace (592 e seguenti) o indegno (463 e seguenti), ovvero
ha rinunziato all'eredità o al legato. Art. 684 Distruzione del testamento
olografo Il testamento olografo (602) distrutto, lacerato o cancellato, in
tutto o in parte, si considera in tutto o in parte revocato, a meno che si
provi che fu distrutto, lacerato o cancellato da persona diversa dal testatore,
ovvero si provi che il testatore non ebbe l'intenzione di revocarlo. Art. 685
Effetti del ritiro del testamento segreto Il ritiro del testamento segreto, a
opera del testatore, dalle mani del notaio o dell'archivista presso cui si
trova depositato (608), non importa revocazione del testamento quando la scheda
testamentaria può valere come testamento olografo (607). Art. 686 Alienazione e
trasformazione della cosa legata L'alienazione che il testatore faccia della
cosa legata o di parte di essa, anche mediante vendita con patto di riscatto
(1500), revoca il legato riguardo a ciò che è stato alienato, anche quando
l'alienazione è annullabile per cause diverse dai vizi del consenso (1472),
ovvero la cosa ritorna in proprietà del testatore. Lo stesso avviene se il
testatore ha trasformato la cosa legata in un'altra, in guisa che quella abbia
perduto la precedente forma e la primitiva denominazione (667). E' ammessa la
prova di una diversa volontà del testatore. Art. 687 Revocazione per
sopravvenienza di figli Le disposizioni a titolo universale o particolare
(588), fatte da chi al tempo del testamento non aveva o ignorava di aver figli
o discendenti, sono revocate di diritto per l'esistenza o la sopravvenienza di
un figlio o discendente legittimo del testatore, benché postumo, o legittimato
(280 e seguenti) o adottivo (291, 314-326), ovvero per il riconoscimento di un
figlio naturale (250 e seguenti). La revocazione ha luogo anche se il figlio è
stato concepito al tempo del testamento, e, trattandosi di figlio naturale
legittimato, anche se è già stato riconosciuto dal testatore prima del
testamento e soltanto in seguito legittimato. La revocazione non ha invece
luogo qualora il testatore abbia provveduto al caso che esistessero o
sopravvenissero figli o discendenti da essi. Se i figli o discendenti non
vengono alla successione e non si fa luogo a rappresentazione (467 e seguenti),
la disposizione ha il suo effetti. Capo VI Delle sostituzioni Sezione I Della
sostituzione ordinaria Art. 688 Casi di sostituzione ordinaria Il testatore può
sostituire all'erede istituito altra persona per il caso che il primo non possa
o non voglia accettare l'eredità (70, 72, 463, 523). Se il testatore ha
disposto per uno solo di questi casi, si presume che egli si sia voluto
riferire anche a quello non espresso, salvo che consti una sua diversa volontà.
Art. 689 Sostituzione plurima. Sostituzione reciproca Possono sostituirsi più
persone a una sola e una sola a più . La sostituzione può anche essere
reciproca tra i coeredi istituiti. Se essi sono stati istituiti in parti
disuguali, la proporzione fra le quote fissate nella prima istituzione si
presume ripetuta anche nella sostituzione. Se nella sostituzione insieme con
gli istituiti è chiamata un'altra persona, la quota vacante viene divisa in
parti uguali tra tutti i sostituiti. Art. 690 Obblighi dei sostituiti I
sostituiti devono adempiere gli obblighi imposti agli istituiti, a meno che una
diversa volontà sia stata espressa dal testatore o si tratti di obblighi di
carattere personale (676, 677). Art. 691 Sostituzione ordinaria nei legati Le
norme stabilite in questa Sezione si applicano anche ai legati. Sezione II
Della sostituzione fedecommissaria Art. 692 Sostituzione fedecommissaria
Ciascuno dei genitori o degli altri ascendenti in linea retta o il coniuge
dell'interdetto possono istituire rispettivamente il figlio, il discendente, o
il coniuge con l'obbligo di conservare e restituire alla sua morte i beni anche
costituenti la legittima (737), a favore della persona o degli enti che, sotto
la vigilanza del tutore, hanno avuto cura dell'interdetto medesimo. La stessa
disposizione si applica nel caso del minore di età, se trovasi nelle condizioni
di abituale infermità di mente tali da far presumere che nel termine indicato dall'Art.
416 interverrà la pronuncia di interdizione. Nel caso di pluralità di persone o
enti di cui al primo comma i beni sono attribuiti proporzionalmente al tempo
durante il quale gli stessi hanno avuto cura dell'interdetto. La sostituzione è
priva di effetto nel caso in cui l'interdizione sia negata o il relativo
procedimento non sia iniziato entro due anni dal raggiungimento della maggiore
età del minore abitualmente infermo di mente. E' anche priva di effetto nel
caso di revoca dell'interdizione o rispetto alle persone o agli enti che
abbiano violato gli obblighi di assistenza. In ogni altro caso la sostituzione
è nulla. Art. 693 Diritti e obblighi dell'istituito L'istituito ha il godimento
e la libera amministrazione dei beni che formano oggetto della sostituzione, e
può stare in giudizio per tutte le azioni relative ai beni medesimi. Egli può
altresì compiere tutte le innovazioni dirette ad una migliore utilizzazione dei
beni. All'istituito sono comuni, in quanto applicabili, le norme concernenti l'usufruttuario
(981 e seguenti). Art. 694 Alienazione dei beni L'autorità giudiziaria può
consentire l'alienazione dei beni che formano oggetto della sostituzione in
caso di utilità evidente, disponendo il reimpiego delle somme ricavate. Può
anche essere consentita, con le necessarie cautele, la costituzione d'ipoteche
sui beni medesimi a garanzia di crediti destinati a miglioramenti e
trasformazioni fondiarie. Art. 695 Diritti dei creditori personali
dell'istituito I creditori personali dell'istituito possono agire soltanto sui
frutti dei beni che formano oggetto della sostituzione. Art. 696 Devoluzione al
sostituito L'eredità si devolve al sostituito al momento della morte
dell'istituito. Se le persone o gli enti che hanno avuto cura dell'incapace
muoiono o si estinguono prima della morte di lui, i beni o la porzione dei beni
che spetterebbe loro è devoluta ai successori legittimi dell'incapace. Art. 697
Sostituzione fedecommissaria nei legati Le norme stabilite in questa Sezione
sono applicabili anche ai legati. Art. 698 Usufrutto successivo La
disposizione, con la quale è lasciato a più persone successivamente
l'usufrutto, una rendita o un'annualità, ha valore soltanto a favore di quelli
che alla morte del testatore si trovano primi chiamati a goderne (796). Art.
699 Premi di nuzialità, opere di assistenza e simili E' valida la disposizione
testamentaria avente per oggetto l'erogazione periodica, in perpetuo o a tempo,
di somme determinate per premi di nuzialità o di natalità, sussidi per
l'avviamento a una professione o un'arte, opere di assistenza, o per altri fini
di pubblica utilità, a favore di persone da scegliersi entro una determinata
categoria o tra i discendenti di determinate famiglie. Tali annualità possono
riscattarsi secondo le norme dettate in materia di rendita (1865 e seguenti).
Capo VII Degli esecutori testamentari Art. 700 Facoltà di nomina e di
sostituzione Il testatore può nominare uno o più esecutori testamentari e, per
il caso che alcuni o tutti non vogliano o non possano accettare, altro o altri
in loro sostituzione. Se sono nominati più esecutori testamentari, essi devono
agire congiuntamente, salvo che il testatore abbia diviso tra loro le
attribuzioni, o si tratti di provvedimento urgente per la conservazione di un
bene o di un diritto ereditario. Il testatore può autorizzare l'esecutore
testamentario a sostituire altri a se stesso, qualora egli non possa continuare
nell'ufficio. Art. 701 Persone capaci di essere nominate Non possono essere
nominati esecutori testamentari coloro che non hanno la piena capacità di
obbligarsi (2, 394, 424, 710; Cod. Pen. 32). Anche un erede o un legatario può
essere nominato esecutore testamentario. Art. 702 Accettazione e rinunzia alla
nomina L'accettazione della nomina di esecutore testamentario o la rinunzia
alla stessa deve risultare da dichiarazione fatta nella cancelleria della
pretura nella cui giurisdizione si è aperta la successione (456), e deve essere
annotata nel registro delle successioni (703; att. 52, 53). L'accettazione non
può essere sottoposta a condizione o a termine. L'autorità giudiziaria, su
istanza di qualsiasi interessato, può assegnare all'esecutore un termine per
l'accettazione (Cod. Proc. Civ. 749), decorso il quale l'esecutore si considera
rinunziante. Art. 703 Funzioni dell'esecutore testamentario L'esecutore
testamentario deve curare che siano esattamente eseguite le disposizioni di
ultima volontà del defunto. A tal fine, salvo contraria volontà del testatore,
egli deve amministrare la massa ereditaria, prendendo possesso dei beni che ne
fanno parte. Il possesso non può durare più di un anno dalla dichiarazione di
accettazione, salvo che l'autorità giudiziaria, per motivi di evidente
necessità, sentiti gli eredi, ne prolunghi la durata, che non potrà mai
superare un altro anno. L'esecutore deve amministrare come un buon padre di
famiglia (1176) e può compiere tutti gli atti di gestione occorrenti. Quando è
necessario alienare beni dell'eredità, ne chiede l'autorizzazione all'autorità
giudiziaria, la quale provvede sentiti gli eredi (Cod. Proc. Civ. 747 e
seguenti). Qualsiasi atto dell'esecutore testamentario non pregiudica il
diritto del chiamato a rinunziare all'eredità (519 e seguenti) o ad accettarla
col beneficio d'inventario (484 e seguenti). Art. 704 Rappresentanza processuale
Durante la gestione dell'esecutore testamentario, le azioni relative
all'eredità devono essere proposte anche nei confronti dell'esecutore (Cod.
Proc. Civ. 102). Questi ha facoltà d'intervenire nei giudizi promossi
dall'erede e può esercitare le azioni relative all'esercizio del suo ufficio.
Art. 705 Apposizione di sigilli e inventario L'esecutore testamentario fa
apporre i sigilli (Cod. Proc. Civ. 752 e seguenti) quando tra i chiamati
all'eredità vi sono minori, assenti, interdetti o persone giuridiche. Egli in
tal caso fa redigere l'inventario (Cod. Proc. Civ. 769 e seguenti) dei beni
dell'eredità in presenza dei chiamati all'eredità o dei loro rappresentanti, o
dopo averli invitati. Art. 706 Divisione da compiersi dall'esecutore
testamentario Il testatore può disporre che l'esecutore testamentario, quando
non è un erede o un legatario, proceda alla divisione tra gli eredi dei beni
all'eredità. In questo caso si osserva il disposto dell'Art. 733. Prima di
procedere alla divisione l'esecutore testamentario deve sentire gli eredi. Art.
707 Consegna dei beni all'erede L'esecutore testamentario deve consegnare
all'erede, che ne fa richiesta, i beni dell'eredità che non sono necessari
all'esercizio del suo ufficio. Egli non può rifiutare tale consegna a causa di obbligazioni
che debba adempiere conformemente alla volontà del testatore, o di legati
condizionali o a termine se l'erede dimostra di averli già soddisfatti, od
offre idonea garanzia (1179) per l'adempimento delle obbligazioni, dei legati o
degli oneri. Art. 708 Disaccordo tra più esecutori testamentari Se gli
esecutori che devono agire congiuntamente non sono d'accordo circa un atto del
loro ufficio, provvede l'autorità giudiziaria, sentiti, se occorre, gli eredi
(Cod. Proc. Civ. 750). Art. 709 Conto della gestione L'esecutore testamentario
deve rendere il conto della sua gestione al termine della stessa, e anche
spirato l'anno dalla morte del testatore, se la gestione si prolunga oltre
l'anno (Cod. Proc. Civ. 263). Egli è tenuto, in caso di colpa, al risarcimento
dei danni verso gli eredi e verso i legatari (703). Gli esecutori testamentari,
quando sono più, rispondono solidalmente (1292), per la gestione comune. Il
testatore non può esonerare l'esecutore testamentario dall'obbligo di rendere
il conto o dalla responsabilità della gestione. Art. 710 Esonero dell'esecutore
testamentario Su istanza di ogni interessato, l'autorità giudiziaria può
esonerare l'esecutore testamentario dal suo ufficio per gravi irregolarità
nell'adempimento dei suoi obblighi, per inidoneità all'ufficio o per aver
commesso azione che ne menomi la fiducia. L'autorità giudiziaria, prima di
provvede re, deve sentire l'esecutore e può disporre opportuni accertamenti
(Cod. Proc. Civ. 750). Art. 711 Retribuzione L'ufficio dell'esecutore testamentario
è gratuito. Tuttavia il testatore può stabilire una retribuzione a carico
dell'eredità. Art. 712 Spese Le spese fatte dall'esecutore testamentario per
l'esercizio del suo ufficio sono a carico dell'eredità. Titolo IV Della
divisione Capo I Disposizioni generali Art. 713 Facoltà di domandare la
divisione I coeredi possono sempre domandare la divisione (715 e seguenti, 1111
e seguenti, 2646; Cod. Proc. Civ. 784 e seguenti). Quando però tutti gli eredi
istituiti o alcuni di essi sono minori di età, il testatore può disporre che la
divisione non abbia luogo prima che sia trascorso un anno dalla maggiore età
dell'ultimo nato. Egli può anche disporre che la divisione dell'eredità o di
alcuni beni di essa non abbia luogo prima che sia trascorso dalla sua morte un
termine non eccedente il quinquennio. Tuttavia in ambedue i casi l'autorità
giudiziaria, qualora gravi circostanze lo richiedano, può, su istanza di uno o
più coeredi, consentire che la divisione si effettui senza indugio o dopo un
termine minore di quello stabilito dal testatore. Art. 714 Godimento separato
di parte dei beni Può domandarsi la divisione anche quando uno o più coeredi
hanno goduto separatamente parte dei beni ereditari, salvo che si sia
verificata l'usucapione per effetto di possesso esclusivo (1102, 1158 e
seguenti). Art. 715 Casi d'impedimento alla divisione Se tra i chiamati alla
successione vi è un concepito (462), la divisione non può aver luogo prima
della nascita del medesimo. Parimenti la divisione non può aver luogo durante
la pendenza di un giudizio sulla legittimità (244 e seguenti) o sulla
filiazione naturale (263 e seguenti) di colui che, in caso di esito favorevole
del giudizio, sarebbe chiamato a succedere, né può aver luogo durante lo
svolgimento della procedura amministrativa per l'ammissione del riconoscimento
previsto dal quarto comma dell'Art. 252 o per il riconoscimento dell'ente
istituito erede (600). L'autorità giudiziaria può tuttavia autorizzare la
divisione, fissando le opportune cautele. La disposizione del comma precedente
si applica anche se tra i chiamati alla successione vi sono nascituri non
concepiti (462). Se i nascituri non concepiti sono istituiti senza
determinazione di quote, l'autorità giudiziaria può attribuire agli altri
coeredi tutti i beni ereditari o parte di essi, secondo le circostanze,
disponendo le opportune cautele nell'interesse dei nascituri. Art. 716
(abrogato) Art. 717 Sospensione della divisione per ordine del giudice
L'autorità giudiziaria, su istanza di uno dei coeredi, può sospendere, per un
periodo di tempo non eccedente i cinque anni, la divisione dell'eredità o di
alcuni beni, qualora l'immediata sua esecuzione possa recare notevole
pregiudizio al patrimonio ereditario (1111). Art. 718 Diritto ai beni in natura
Ciascun coerede può chiedere la sua parte in natura dei beni mobili e immobili
dell'eredità, salve le disposizioni degli articoli seguenti (1114). Art. 719
Vendita dei beni per il pagamento dei debiti ereditari Se i coeredi aventi
diritto a più della metà dell'asse concordano nella necessità della vendita per
il pagamento dei debiti e pesi ereditari (752 e seguenti), si procede (Cod.
Proc. Civ. 747 e seguenti) alla vendita all'incanto dei beni mobili e, se
occorre, di quei beni immobili la cui alienazione rechi minor pregiudizio agli
interessi dei condividenti (2646). Quando occorre il consenso di tutte le
parti, la vendita può seguire tra i soli condividenti e senza pubblicità, salvo
che vi sia opposizione dei legatari o dei creditori (721, 723). Art. 720
Immobili non divisibili Se nell'eredità vi sono immobili non comodamente
divisibili, o il cui frazionamento recherebbe pregiudizio alle ragioni della
pubblica economia o dell'igiene, e la divisione dell'intera sostanza non può
effettuarsi senza il loro frazionamento, essi devono preferibilmente essere
compresi per intero, con addebito dell'eccedenza, nella porzione di uno dei
coeredi aventi diritto alla quota maggiore, o anche nelle porzioni di più
coeredi, se questi ne richiedono congiuntamente l'attribuzione. Se nessuno dei
coeredi è a ciò disposto, si fa luogo alla vendita all'incanto (2646; Cod.
Proc. Civ. 748). Art. 721 Vendita degli immobili I patti e le condizioni della
vendita degli immobili, qualora non siano concordati dai condividenti, sono
stabiliti dall'autorità giudiziaria. Art. 722 Beni indivisibili nell'interesse
della produzione nazionale In quanto non sia diversamente disposto dalle leggi
speciali, le disposizioni dei due articoli precedenti si applicano anche nel
caso in cui nell'eredità vi sono beni che la legge dichiara indivisibili
nell'interesse della produzione nazionale (846 e seguenti). Art. 723 Resa dei
conti Dopo la vendita, se ha avuto luogo, dei mobili e degli immobili si
procede ai conti che i condividenti si devono rendere, alla formazione dello
stato attivo e passivo dell'eredità e alla determinazione delle porzioni
ereditarie e dei conguagli o rimborsi che si devono tra loro i condividenti.
Art. 724 Collazione e imputazione I coeredi tenuti a collazione, a norma del
Capo II di questo Titolo (737 e seguenti), conferiscono tutto ciò che è stato
loro donato. Ciascun erede deve imputare alla sua quota le somme di cui era
debitore verso il defunto e quelle di cui è debitore verso i coeredi in
dipendenza dei rapporti di comunione. Art. 725 Prelevamenti Se i beni donati
non sono conferiti in natura (746, 750), o se vi sono debiti da imputare alla
quota di un erede a norma del secondo comma dell'articolo precedente, gli altri
eredi prelevano dalla massa ereditaria beni in proporzione delle loro rispettive
quote (1113). I prelevamenti, per quanto è possibile, si formano con oggetti
della stessa natura e qualità di quelli che non sono stati conferiti in natura.
Art. 726 Stima e formazione delle parti Fatti i prelevamenti, si provvede alla
stima di ciò che rimane nella massa, secondo il valore venale dei singoli
oggetti. Eseguita la stima, si procede alla formazione di tante porzioni quanti
sono gli eredi o le stirpi condividenti in proporzione delle quote. Art. 727
Norme per la formazione delle porzioni Salvo quanto è disposto dagli artt. 720
e 722, le porzioni devono essere formate, previa stima dei beni, comprendendo
una quantità di mobili, immobili e crediti di eguale natura e qualità, in
proporzione dell'entità di ciascuna quota (1114). Si deve tuttavia evitare per
quanto è possibile, il frazionamento delle biblioteche, gallerie e collezioni
che hanno un'importanza storica, scientifica o artistica. Art. 728 Conguagli in
danaro L'ineguaglianza in natura nelle quote ereditarie si compensa con un
equivalente in danaro (2817, n. 2). Art. 729 Assegnazione o attribuzione delle
porzioni L'assegnazione delle porzioni eguali e fatta mediante estrazione a
sorte. Per le porzioni diseguali si procede mediante attribuzione. Tuttavia,
rispetto a beni costituenti frazioni eguali di quote diseguali, si può
procedere per estrazione a sorte (2646, 2685). Art. 730 Deferimento delle
operazioni a un notaio Le operazioni indicate negli articoli precedenti possono
essere, col consenso di tutti i coeredi, deferite a un notaio. La nomina di
questo, in mancanza di accordo, è fatta con decreto dal pretore del luogo
dell'aperta successione (456). Qualora sorgano contestazioni nel corso delle
operazioni, esse sono riservate e rimesse tutte insieme alla cognizione
dell'autorità giudiziaria competente, che provvede con unica sentenza. Art. 731
Suddivisione tra stirpi Le norme sulla divisione dell'intero asse si osservano
anche nelle suddivisioni tra i componenti di ciascuna stirpe. Art. 732 Diritto
di prelazione Il coerede, che vuole alienare (1542 e seguenti) a un estraneo la
sua quota o parte di essa, deve notificare la proposta di alienazione,
indicandone il prezzo, agli altri coeredi, i quali hanno diritto di prelazione.
Questo diritto deve essere esercitato nel termine (2964) di due mesi
dall'ultima delle notificazioni. In mancanza della notificazione, i coeredi
hanno diritto di riscattare la quota dall'acquirente e da ogni successivo
avente causa, finché dura lo stato di comunione ereditaria (1502). Se i coeredi
che intendono esercitare il diritto di riscatto sono più, la quota è assegnata
a tutti in parti uguali. Art. 733 Norme date dal testatore per la divisione
Quando il testatore ha stabilito particolari norme per formare le porzioni,
queste norme sono vincolanti per gli eredi, salvo che l'effettivo valore dei
beni non corrisponda alle quote stabilite dal testatore. Il testatore può
disporre che la divisione si effettui secondo la stima di persona da lui
designata che non sia erede o legatario (706): la divisione proposta da questa persona
non vincola gli eredi, se l'autorità giudiziaria, su istanza di taluno di essi,
la riconosce contraria alla volontà del testatore o manifestamente iniqua. Art.
734 Divisione fatta dal testatore Il testatore può dividere i suoi beni tra gli
eredi comprendendo nella divisione anche la parte non disponibile (536 e
seguenti). Se nella divisione fatta dal testatore non sono compresi tutti i
beni lasciati al tempo della morte, i beni in essa non compresi sono attribuiti
conformemente alla legge (566 e seguenti), se non risulta una diversa volontà
del testatore. Art. 735 Preterizione di eredi e lesione di legittima La
divisione nella quale il testatore non abbia compreso qualcuno dei legittimari
(536) o degli eredi istituiti è nulla. Il coerede che è stato leso nella quota
di riserva può esercitare l'azione di riduzione contro gli altri coeredi (553 e
seguenti). Art. 736 Consegna dei documenti Compiuta la divisione, si devono
rimettere a ciascuno dei condividenti i documenti relativi ai beni e diritti
particolarmente loro assegnati. I documenti di una proprietà che è stata divisa
rimangono a quello che ne ha la parte maggiore, con l'obbligo di comunicarli
agli altri condividenti che vi hanno interesse, ogni qualvolta se ne faccia
richiesta. Gli stessi documenti, se la proprietà è divisa in parti eguali, e
quelli comuni all'intera eredità si consegnano alla persona scelta a tal fine
da tutti gli interessati, la quale ha obbligo di comunicarli a ciascuno di
essi, a ogni loro domanda. Se vi è contrasto nella scelta, la persona è
determinata con decreto dal pretore del luogo dell'aperta successione (456), su
ricorso di alcuno degli interessati, sentiti gli altri. Capo II Della
collazione Art. 737 Soggetti tenuti alla collazione I figli legittimi e
naturali e i loro discendenti legittimi e naturali ed il coniuge che concorrono
alla successione devono conferire ai coeredi tutto ciò che hanno ricevuto dal
defunto per donazione direttamente o indirettamente, salvo che il defunto non
li abbia da ciò dispensati. La dispensa da collazione non produce effetto se
non nei limiti della quota disponibile (556). Art. 738 Limiti della collazione
per il coniuge Non sono soggetti a collazione le donazioni di modico valore
fatte al coniuge. Art. 739 Donazioni ai discendenti o al coniuge dell'erede.
Donazioni a coniugibr> L'erede non è tenuto a conferire le donazioni fatte
ai suoi discendenti o al coniuge, ancorché succedendo a costoro ne abbia
conseguito il vantaggio. Se le donazioni sono state fatte congiuntamente a
coniugi di cui uno è discendente del donante, la sola porzione a questo donata
è soggetta a collazione. Art. 740 Donazioni fatte all'ascendente dell'erede Il
discendente che succede per rappresentazione (467) deve conferire ciò che è
stato donato all'ascendente anche nel caso in cui abbia rinunziato all'eredità
di questo. Art. 741 Collazione di assegnazioni varie E' soggetto a collazione
ciò che il defunto ha speso a favore dei suoi discendenti per assegnazioni
fatte a causa di matrimonio, per avviarli all'esercizio di un'attività
produttiva o professionale, per soddisfare premi relativi a contratti di
assicurazione sulla vita a loro favore o per pagare i loro debiti. Art. 742
Spese non soggette a collazione Non sono soggette a collazione le spese di
mantenimento e di educazione e quelle sostenute per malattia, ne quelle
ordinarie fatte per abbigliamento o per nozze. Le spese per il corredo nuziale
e quelle per l'istruzione artistica o professionale sono soggette a collazione
solo per quanto eccedono notevolmente la misura ordinaria, tenuto conto delle
condizioni economiche del defunto (809). Non sono soggette a collazione le
liberalità previste dal secondo comma dell'Art. 770. Art. 743 Società contratta
con l'erede Non è dovuta collazione di ciò che si è conseguito per effetto di
società contratta senza frode tra il defunto e alcuno dei suoi eredi, se le
condizioni sono state regolate con atto di data certa (2704). Art. 744
Perimento della cosa donata Non è soggetta a collazione la cosa perita per
causa non imputabile al donatario (1256). Art. 745 Frutti e interessi I frutti
(820) delle cose e gli interessi sulle somme soggette a collazione non sono
dovuti che dal giorno in cui si è aperta la successione (456). Art. 746
Collazione d'immobili La collazione di un bene immobile si fa o col rendere il
bene in natura o con l'imputarne il valore alla propria porzione, a scelta di
chi conferisce. Se l'immobile è stato alienato o ipotecato, la collazione si fa
soltanto con l'imputazione. Art. 747 Collazione per l'imputazione La collazione
per imputazione si fa avuto riguardo al valore dell'immobile al tempo
dell'aperta successione (456). Art. 748 Miglioramenti, spese e deterioramenti
In tutti i casi, si deve dedurre a favore del donatario il valore delle
migliorie apportate al fondo nei limiti del loro valore al tempo dell'aperta
successione (456, 1150). Devono anche computarsi a favore del donatario le
spese straordinarie da lui sostenute per la conservazione della cosa, non
cagionate da sua colpa. Il donatario dal suo canto è obbligato per i
deterioramenti che, per sua colpa, hanno diminuito il valore dell'immobile. Il
coerede che conferisce un immobile in natura può ritenerne il possesso sino
all'effettivo rimborso delle somme che gli sono dovute per spese e
miglioramenti (1152). Art. 749 Miglioramenti e deterioramenti dell'immobile
alienato Nel caso in cui l'immobile è stato alienato dal donatario, i
miglioramenti e i deterioramenti fatti dall'acquirente devono essere computati
a norma dell'articolo precedente. Art. 750 Collazione di mobili La collazione
dei mobili si fa soltanto per imputazione, sulla base del valore che essi
avevano al tempo dell'aperta successione (456, att. 1353). Se si tratta di cose
delle quali non si può far uso senza consumarle, e il donatario le ha già
consumate, si determina il valore che avrebbero avuto secondo il prezzo
corrente (1474) al tempo dell'aperta successione. Se si tratta di cose che con
l'uso si deteriorano, il loro valore al tempo dell'aperta successione è
stabilito con riguardo allo stato in cui si trovano. La determinazione del
valore dei titoli dello Stato, degli altri titoli di credito quotati in borsa e
delle derrate e delle merci il cui prezzo corrente è stabilito dalle
mercuriali, si fa in base ai listini di borsa e alle mercuriali del tempo dell'aperta
successione. Art. 751 Collazione del danaro La collazione del danaro donato
(1923) si fa prendendo una minore quantità del danaro che si trova
nell'eredità, secondo il valore legale della specie donata o di quella ad essa
legalmente sostituita all'epoca dell'aperta successione (1277 e seguenti).
Quando tale danaro non basta e il donatario non vuole conferire altro danaro o
titoli dello Stato, sono prelevati mobili o immobili ereditari, in proporzione
delle rispettive quote. Capo III Del pagamento dei debiti Art. 752 Ripartizione
dei debiti ereditari tra gli eredi I coeredi contribuiscono tra loro al
pagamento dei debiti e pesi ereditari in proporzione delle loro quote
ereditarie, salvo che il testatore abbia altrimenti disposto (1295, 1315). Art.
753 Immobili gravati da rendita redimibile Ogni coerede, quando i beni immobili
dell'eredità sono gravati con ipoteca da una prestazione di rendita redimibile
(1865 e seguenti), può chiedere che gli immobili ne siano affrancati e resi
liberi prima che si proceda alla formazione delle quote ereditarie. Se uno dei
coeredi si oppone, decide l'autorità giudiziaria. Se i coeredi dividono
l'eredità nello stato in cui si trova, l'immobile gravato deve stimarsi con gli
stessi criteri con cui si stimano gli altri beni immobili, detratto dal valore
di esso il capitale corrispondente alla prestazione, secondo le norme relative
al riscatto della rendita (1866), salvo che esista un patto speciale intorno al
capitale da corrispondersi per l'affrancazione. Alla prestazione della rendita
è tenuto solo l'erede, nella cui quota cade detto immobile, con l'obbligo di
garantire (1119) i coeredi. Art. 754 Pagamento dei debiti e rivalsa Gli eredi
sono tenuti verso i creditori al pagamento dei debiti e pesi ereditari
personalmente in proporzione della loro quota ereditaria (1295, 1315 e
seguenti) e ipotecariamente per l'intero (2809). Il coerede che ha pagato oltre
la parte a lui incombente può ripetere dagli altri coeredi soltanto la parte
per cui essi devono contribuire a norma dell'Art. 752, quantunque si sia fatto
surrogare nei diritti dei creditori (1201 e seguenti). Il coerede conserva la
facoltà di chiedere il pagamento del credito a lui personale e garantito da
ipoteca, non diversamente da ogni altro creditore, detratta la parte che deve
sopportare come coerede. Art. 755 Quota di debito ipotecario non pagata da un
coerede In caso d'insolvenza di un coerede, la sua quota di debito ipotecario è
ripartita in proporzione tra tutti gli altri coeredi. Art. 756 Esenzione del
legatario dal pagamento dei debiti Il legatario non è tenuto a pagare i debiti
ereditari, salvo ai creditori l'azione ipotecaria sul fondo legato (2858 e
seguenti) e l'esercizio del diritto di separazione (512 e seguenti); ma il
legatario che ha estinto il debito di cui era gravato il fondo legato subentra
nelle ragioni del creditore contro gli eredi (1203, 2866). Capo IV Degli
effetti della divisione e della garanzia delle quote Art. 757 Diritto
dell'erede sulla propria quota Ogni coerede è reputato solo e immediato
successore in tutti i beni componenti la sua quota o a lui pervenuti dalla
successione, anche per acquisto all'incanto (719, 720), e si considera come se
non avesse mai avuto la proprietà degli altri beni ereditari (2646, 2825). Art.
758 Garanzie tra coeredi I coeredi si devono vicendevole garanzia per le sole
molestie ed evizioni derivanti da causa anteriore alla divisione (1483 e
seguenti). La garanzia non ha luogo, se è stata esclusa con clausola espressa
nell'atto di divisione, o se il coerede soffre l'evizione per propria colpa.
Art. 759 Evizione subita da un coerede Se alcuno dei coeredi subisce evizione
(1483), il valore del bene evitto, calcolato al momento dell'evizione, deve
essere ripartito tra tutti i coeredi ai fini della garanzia stabilita dall'articolo
precedente, in proporzione del valore che i beni attribuiti a ciascuno di essi
hanno al tempo dell'evizione e tenuto conto dello stato in cui si trovano al
tempo della divisione (att. 140). Se uno dei coeredi è insolvente, la parte per
cui è obbligato deve essere egualmente ripartita tra l'erede che ha sofferto
l'evizione e tutti gli eredi solventi. Art. 760 Inesigibilità di crediti Non è
dovuta garanzia per l'insolvenza del debitore di un credito assegnato a uno dei
coeredi, se l'insolvenza è sopravvenuta soltanto dopo che è stata fatta la
divisione (1267). La garanzia della solvenza del debitore di una rendita (1864)
è dovuta per i cinque anni successivi alla divisione. Capo V Dell'annullamento
e della rescissione in materia di divisione Art. 761 Annullamento per violenza
o dolo La divisione può essere annullata quando è l'effetto di violenza o di
dolo (1434 e seguenti). L'azione si prescrive (2941 e seguente) in cinque anni
dal giorno in cui è cessata la violenza o in cui il dolo è stato scoperto
(1442). Art. 762 Omissione di beni ereditari L'omissione di uno o più beni
dell'eredità non dà luogo a nullità della divisione, ma soltanto a un
supplemento della divisione stessa. Art. 763 Rescissione per lesione La
divisione può essere rescissa quando taluno dei coeredi prova di essere stato
leso oltre il quarto (1448 e seguenti). La rescissione è ammessa anche nel caso
di divisione fatta dal testatore (734 e seguente), quando il valore dei beni
assegnati ad alcuno dei coeredi è inferiore di oltre un quarto all'entità della
quota ad esso spettante. L'azione si prescrive (2941 e seguente) in due anni
dalla divisione. Art. 764 Atti diversi dalla divisione L'azione di rescissione
è anche ammessa contro ogni altro atto che abbia per effetto di far cessare tra
i coeredi la comunione dei beni ereditari. L'azione non è ammessa contro la
transazione (1965 e seguenti) con la quale si è posto fine alle questioni
insorte a causa della divisione o dell'atto fatto in luogo della medesima,
ancorché non fosse al riguardo incominciata alcuna lite. Art. 765 Vendita del
diritto ereditario fatta al coerede L'azione di rescissione non è ammessa
contro la vendita del diritto ereditario (477, 1542 e seguenti) fatta senza
frode a uno dei coeredi, a suo rischio e pericolo, da parte degli altri coeredi
o di uno di essi (14484). Art. 766 Stima dei beni Per conoscere se vi è lesione
si procede alla stima dei beni secondo il loro stato e valore al tempo della
divisione. Art. 767 Facoltà del coerede di dare il supplemento Il coerede contro
il quale è promossa l'azione di rescissione può troncarne il corso e impedire
una nuova divisione, dando il supplemento della porzione ereditaria, in danaro
o in natura, all'attore e agli altri coeredi che si sono a lui associati
(1450). Art. 768 Alienazione della porzione ereditaria Il coerede che ha
alienato la sua porzione o una parte di essa non è più ammesso a impugnare la
divisione per dolo o violenza, se l'alienazione è seguita quando il dolo era
stato scoperto o la violenza cessata. Il coerede non perde il diritto di
proporre l'impugnazione, se la vendita è limitata a oggetti di facile
deterioramento o di valore minimo in rapporto alla quota. Titolo V Delle
donazioni Capo I Disposizioni generali Art. 769 Definizione La donazione è il
contratto (782, 1321 e seguenti) col quale, per spirito di liberalità, una
parte arricchisce l'altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto
(1376) o assumendo verso la stessa una obbligazione. Art. 770 Donazione
rimuneratoria E' donazione anche la liberalità fatta per riconoscenza o in
considerazione dei meriti del donatario o per speciale rimunerazione (797,
805). Non costituisce donazione la liberalità che si suole fare in occasione di
servizi resi o comunque in conformità agli usi (742, 809). Art. 771 Donazione
di beni futuri La donazione non può comprendere che i beni presenti del donante
(1348). Se comprende beni futuri, è nulla rispetto a questi (1419 e seguenti)
salvo che si tratti di frutti non ancora separati (820). Qualora oggetto della
donazione sia un'universalità di cose (816) e il donante ne conservi il
godimento trattenendola presso di sé, si considerano comprese nella donazione
anche le cose che vi si aggiungono successivamente, salvo che dall'atto risulti
una diversa volontà. Art. 772 Donazione di prestazioni periodiche La donazione
che ha per oggetto prestazioni periodiche si estingue alla morte del donante,
salvo che risulti dall'atto una diversa volontà. Art. 773 Donazione a più
donatari La donazione fatta congiuntamente a favore di più donatari s'intende
fatta per parti uguali, salvo che dall'atto risulti una diversa volontà. E'
valida la clausola con cui il donante dispone che, se uno dei donatari non può
o non vuole accettare, la sua parte si accresca agli altri (676). Capo II Della
capacità di disporre e di ricevere per donazione Art. 774 Capacità di donare
Non possono fare donazione coloro che non hanno la piena capacità di disporre
dei propri beni (2, 394, 424, 427). E' tuttavia valida la donazione fatta dal
minore e dall'inabilitato nel loro contratto di matrimonio a norma degli artt.
165 e 166. Le disposizioni precedenti si applicano anche al minore emancipato
autorizzato all'esercizio di un'impresa commerciale (397). Art. 775 Donazione
fatta da persona incapace d'intendere o di volere La donazione fatta da persona
che, sebbene non interdetta, si provi essere stata per qualsiasi causa, anche
transitoria, incapace d'intendere o di volere al momento in cui la donazione è
stata fatta, può essere annullata su istanza del donante, dei suoi eredi o
aventi causa (428). L'azione si prescrive (2962) in cinque anni dal giorno in
cui la donazione è stata fatta (428, 1442 e seguenti). Art. 776 Donazione fatta
dall'inabilitato La donazione fatta dall'inabilitato, anche se anteriore alla
sentenza d'inabilitazione o alla nomina del curatore provvisorio, può essere
annullata (799, 1442) se fatta dopo che è stato promosso il giudizio
d'inabilitazione (427). Il curatore dell'inabilitato per prodigalità (415) può
chiedere l'annullamento della donazione, anche se fatta nei sei mesi anteriori
all'inizio del giudizio d'inabilitazione. Art. 777 Donazioni fatte da
rappresentanti di persone incapaci Il padre e il tutore non possono fare
donazioni per la persona incapace da essi rappresentata. Sono consentite, con le
forme abilitative richieste, le liberalità in occasione di nozze a favore dei
discendenti dell'interdetto o dell'inabilitato. Art. 778 Mandato a donare E'
nullo (1421 e seguenti) il mandato con cui si attribuisce ad altri la facoltà
di designare la persona del donatario o di determinare l'oggetto della
donazione. E' peraltro valida la donazione a favore di persona che un terzo
sceglierà tra più persone designate dal donante o appartenenti i determinate
categorie, o a favore di una persona giuridica tra quelle indicate dal donante
stesso. E' del pari valida la donazione che ha per oggetto una cosa che un
terzo determinerà tra più cose indicate dal donante o entro i limiti di valore
dal donante stesso stabiliti. Art. 779 Donazione a favore del tutore o protutore
E' nulla (1418 e seguenti) la donazione a favore di chi è stato tutore o
protutore del donante, se fatta prima che sia stato approvato il conto (385 e
seguenti) o sia estinta l'azione per il rendimento del conto medesimo. Si
applicano le disposizioni dell'Art. 599. Art. 780 (abrogato) Art. 781 Donazione
tra coniugi (Art. dichiarato illegittimo: C. Cost. 27 giugno 1973, n. 91) I
coniugi non possono, durante il matrimonio, farsi l'uno all'altro alcuna
liberalità, salve quelle conformi agli usi (1418 e seguenti). Capo III Della
forma e degli effetti della donazione Art. 782 Forma della donazione La
donazione deve essere fatta per atto pubblico (2699), sotto pena di nullità. Se
ha per oggetto cose mobili, essa non è valida che per quelle specificate con indicazione
del loro valore nell'atto medesimo della donazione, ovvero in una nota a parte
sottoscritta dal donante, dal donatario e dal notaio. L'accettazione può essere
fatta nell'atto stesso o con atto pubblico posteriore. In questo caso la
donazione non è perfetta se non dal momento in cui l'atto di accettazione è
notificato al donante. Prima che la donazione sia perfetta, tanto il donante
quanto il donatario possono revocare la loro dichiarazione. Se la donazione è
fatta a una persona giuridica, il donante non può revocare la sua dichiarazione
dopo che gli è stata notificata la domanda diretta a ottenere dall'autorità
governativa l'autorizzazione ad accettare (17). Trascorso un anno dalla
notificazione senza che l'autorizzazione sia stata concessa, la dichiarazione
può essere revocata. Art. 783 Donazioni di modico valore La donazione di modico
valore che ha per oggetto beni mobili (812) è valida anche se manca l'atto
pubblico, purché vi sia stata la tradizione. La modicità deve essere valutata
anche in rapporto alle condizioni economiche del donante. Art. 784 Donazione a
nascituri La donazione può essere fatta anche a favore di chi è soltanto
concepito, ovvero a favore dei figli di una determinata persona vivente al
tempo della donazione benché non ancora concepiti (462). L'accettazione della
donazione a favore di nascituri, benché non concepiti, è regolata dalle
disposizioni degli artt. 320 e 321. Salvo diversa disposizione del donante,
l'amministrazione dei beni donati spetta al donante o ai suoi eredi, i quali
possono essere obbligati a prestare idonea garanzia (1179). I frutti (820)
maturati prima della nascita sono riservati al donatario se la donazione è
fatta a favore di un nascituro già concepito. Se è fatta a favore di un non
concepito, i frutti sono riservati al donante sino al momento della nascita del
donatario. Art. 785 Donazione in riguardo di matrimonio La donazione fatta in
riguardo di un determinato futuro matrimonio (165 e seguenti, 437), sia dagli
sposi tra loro, sia da altri a favore di uno o di entrambi gli sposi o dei
figli nascituri da questi, si perfeziona senza bisogno che sia accettata, ma
non produce effetto finché non segua il matrimonio (805). L'annullamento del
matrimonio (117 e seguenti) importa la nullità della donazione. Restano tuttavia
salvi i diritti acquistati dai terzi di buona fede tra il giorno del matrimonio
e il passaggio in giudicato (Cod. Proc. Civ. 324) della sentenza che dichiara
la nullità del matrimonio. Il coniuge di buona fede (128) non è tenuto a
restituire i frutti percepiti anteriormente alla domanda di annullamento del
matrimonio (1 148). La donazione in favore di figli nascituri rimane efficace
per i figli rispetto ai quali si verificano gli effetti del matrimonio
putativo. Art. 786 Donazione a ente non riconosciuto La donazione a favore di
un ente non riconosciuto non ha efficacia, se entro un anno non è notificata al
donante l'istanza per ottenere il riconoscimento (att. 2-3). La notificazione
produce gli effetti indicati dall'ultimo comma dell'Art. 782. Salvo diversa
disposizione del donante, i frutti (820) maturati prima del riconoscimento sono
riservati al donatario. Art. 787 Errore sul motivo della donazione La donazione
può essere impugnata per errore sul motivo, sia esso di fatto o di diritto,
quando il motivo risulta dall'atto ed è il solo che ha determinato il donante
alla liberalità (1428 e seguenti). Art. 788 Motivo illecito Il motivo illecito
rende nulla (799) la donazione quando risulta dall'atto ed è il solo che ha
determinato il donante alla liberalità (1345, 1418 e seguenti). Art. 789
Inadempimento o ritardo nell'esecuzione Il donante, in caso d'inadempimento o
di ritardo nell'eseguire la donazione, è responsabile soltanto per dolo o per
colpa grave. Art. 790 Riserva di disporre di cose determinate Quando il donante
si è riservata la facoltà di disporre di qualche oggetto compreso nella
donazione o di una determinata somma sui beni donati, e muore senza averne
disposto, tale facoltà non può essere esercitata dagli eredi. Art. 791
Condizione di riversibilità Il donante può stipulare la riversibilità delle
cose donate, sia per il caso di premorienza del solo donatario, sia per il caso
di premorienza del donatario e dei suoi discendenti. Nel caso in cui la
donazione è fatta con generica indicazione della riversibilità, questa riguarda
la premorienza, non solo del donatario, ma anche dei suoi discendenti. Non si
fa luogo a riversibilità che a beneficio del solo donante. Il patto a favore di
altri si considera non apposto. Art. 792 Effetti della riversibilità Il patto
di riversibilità produce l'effetto di risolvere tutte le alienazioni dei beni
donati e di farli ritornare al donante liberi da ogni peso o ipoteca, ad
eccezione dell'ipoteca iscritta a garanzia della dote (2817, 2832) o di altre
convenzioni matrimoniali, quando gli altri beni del coniuge donatario non sono
sufficienti, e nel caso soltanto in cui la donazione è stata fatta con lo
stesso contratto matrimoniale da cui l'ipoteca risulta. E' valido il patto per
cui la riversione non deve pregiudicare la quota di riserva spettante al
coniuge superstite (540 e seguenti) sul patrimonio del donatario, compresi in
esso i beni donati. Art. 793 Donazione modale La donazione può essere gravata
da un onere. Il donatario è tenuto all'adempimento dell'onere entro i limiti
del valore della cosa donata. Per l'adempimento dell'onere può agire, oltre il
donante, qualsiasi interessato, anche durante la vita del donante stesso. La
risoluzione per inadempimento dell'onere, se preveduta nell'atto di donazione,
può essere domandata dal donante o dai suoi eredi (2652, n. 1). Art. 794 Onere
illecito o impossibile L'onere illecito o impossibile si considera non apposto;
rende tuttavia nulla (1421 e seguenti) la donazione se ne ha costituito il solo
motivo determinante. (788). Art. 795 Divieto di sostituzione Nelle donazioni
non sono permesse le sostituzioni se non nei casi e nei limiti stabiliti per
gli atti di ultima volontà (688 e seguenti). La nullità delle sostituzioni non
importa nullità della donazione. Art. 796 Riserva di usufrutto E' permesso al
donante di riservare l'usufrutto (978 e seguenti, 1002-3) dei beni donati a
proprio vantaggio, e dopo di lui a vantaggio di un'altra persona o anche di più
persone, ma non successivamente (698). Art. 797 Garanzia per evizione Il
donante è tenuto a garanzia verso il donatario, per l'evizione che questi può
soffrire delle cose donate (1483 e seguenti), nei casi seguenti (168, 180): *
se ha espressamente promesso la garanzia; * se l'evizione dipende dal dolo o
dal fatto personale di lui; * se si tratta di donazione che impone oneri al
donatario, o di donazione rimuneratoria (770), nei quali casi la garanzia è
dovuta fino alla concorrenza dell'ammontare degli oneri o dell'entità delle
prestazioni ricevute dal donante. Art. 798 Responsabilità per vizi della cosa
Salvo patto speciale, la garanzia del donante non si estende ai vizi della
cosa, a meno che il donante sia stato in dolo (1490 e seguenti). Art. 799
Conferma ed esecuzione volontaria di donazioni nulle La nullità della donazione
da qualunque causa dipenda, non può essere fatta valere dagli eredi o aventi
causa dal donante che, conoscendo la causa della nullità, hanno, dopo la morte
di lui, confermato la donazione o vi hanno dato volontaria esecuzione (590,
1444). Capo IV Della revocazione delle donazioni Art. 800 Cause di revocazione
La donazione può essere revocata per ingratitudine o per sopravvenienza di
figli. Art. 801 Revocazione per ingratitudine La domanda di revocazione per
ingratitudine non può essere proposta (2652) che quando il donatario ha
commesso uno dei fatti previsti dai nn. 1, 2 e 3 dell'Art. 463, ovvero si è
reso colpevole d'ingiuria grave verso il donante o ha dolosamente arrecato
grave pregiudizio al patrimonio di lui o gli ha rifiutato indebitamente gli alimenti
dovuti ai sensi degli artt. 433, 435 e 436 (att. 141). Art. 802 Termini e
legittimazione ad agire La domanda di revocazione per causa d'ingratitudine
deve essere proposta dal donante o dai suoi eredi, contro il donatario o i suoi
eredi, entro l'anno dal giorno in cui il donante è venuto a conoscenza del
fatto che consente la revocazione (2964 e seguenti). Se il donatario si è reso
responsabile di omicidio volontario in persona del donante o gli ha dolosamente
impedito di revocare la donazione, il termine per proporre l'azione è di un
anno (2964) dal giorno in cui gli eredi hanno avuto notizia della causa di
revocazione (att. 141). Art. 803 Revocazione per sopravvenienza di figli Le
donazioni, fatte da chi non aveva o ignorava di avere figli o discendenti
legittimi al tempo della donazione, possono essere revocate per la
sopravvenienza o l'esistenza di un figlio o discendente legittimo del donante.
Possono inoltre essere revocate per il riconoscimento di un figlio naturale
(250 e seguenti), fatto entro due anni dalla donazione, salvo che si provi che
al tempo della donazione il donante aveva notizia dell'esistenza del figlio. La
revocazione può essere domandata anche se il figlio donante era già concepito
al tempo della donazione. Art. 804 Termine per l'azione L'azione di revocazione
per sopravvenienza di figli deve essere proposta entro cinque anni (2964 e
seguenti) dal giorno della nascita dell'ultimo figlio o discendente legittimo
ovvero della notizia dell'esistenza del figlio o discendente ovvero dell'avvenuto
riconoscimento del figlio naturale. Il donante non può proporre o proseguire
l'azione dopo la morte del figlio o del discendente. Art. 805 Donazioni
irrevocabili Non possono revocarsi per causa d'ingratitudine, ne per
sopravvenienza di figli, le donazioni rimuneratorie (770) e quelle fatte in
riguardo di un determinato matrimonio (785). Art. 806 Inammissibilità della
rinunzia preventiva Non è valida la rinunzia preventiva alla revocazione della
donazione per ingratitudine o per sopravvenienza di figli. Art. 807 Effetti
della revocazione Revocata la donazione per ingratitudine o sopravvenienza di
figli, il donatario deve restituire i beni in natura, se essi esistono ancora,
e i frutti relativi, a partire dal giorno della domanda (1148; Cod. Proc. Civ.
163). Se il donatario ha alienato i beni, deve restituirne il valore, avuto
riguardo al tempo della domanda, e i frutti relativi, a partire dal giorno
della domanda stessa. Art. 808 Effetti nei riguardi dei terzi La revocazione
per ingratitudine o per sopravvenienza di figli non pregiudica i terzi che
hanno acquistato diritti anteriormente alla domanda, salvi gli effetti della
trascrizione di questa (2652, n. 1). Il donatario, che prima della trascrizione
della domanda di revocazione ha costituito sui beni donati diritti reali (959,
981, 1021 e seguenti) che ne diminuiscono il valore, deve indennizzare il
donante della diminuzione di valore sofferta dai beni stessi. Art. 809 Norme
sulle donazioni applicabili ad altri atti di liberalità Le liberalità, anche se
risultano da atti diversi da quelli previsti dall'art. 769 (1237, 1411, 1875,
1920), sono soggette alle stesse norme che regolano la revocazione delle
donazioni per causa d'ingratitudine e per sopravvenienza di figli (800 e
seguenti), nonché a quelle sulla riduzione delle donazioni per integrare la
quota dovuta ai legittimari (553 e seguenti). Questa disposizione non si
applica alle liberalità previste dal secondo comma dell'art. 770 e a quelle che
a norma dell'art. 742 non sono soggette a collazione. Codice Civile Libro Terzo
Della proprietà Titolo I Dei beni Capo I Dei beni in generale Art. 810 Nozione
Sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti. Sezione I Dei beni
nell'ordine corporativo Art. 811 Disciplina corporativa (abrogato) Sezione II
Dei beni immobili e mobili Art. 812 Distinzione dei beni Sono beni immobili il
suolo, le sorgenti e i corsi d'acqua, gli alberi, gli edifici e le altre
costruzioni, anche se unite al suolo a scopo transitorio, e in genere tutto ciò
che naturalmente o artificialmente è incorporato al suolo. Sono reputati
immobili i mulini, i bagni e gli altri edifici galleggianti quando sono
saldamente assicurati alla riva o all'alveo e sono destinati ad esserlo in modo
permanente per la loro utilizzazione (1350). Sono mobili tutti gli altri beni
(923, 1153). Art. 813 Distinzione dei diritti Salvo che dalla legge risulti
diversamente, le disposizioni concernenti i beni immobili si applicano anche ai
diritti reali che hanno per oggetto beni immobili e alle azioni relative; le
disposizioni concernenti i beni mobili si applicano a tutti gli altri diritti.
Art. 814 Energie Si considerano beni mobili le energie naturali che hanno
valore economico (p. 624). Art. 815 Beni mobili iscritti in pubblici registri I
beni mobili iscritti in pubblici registri sono soggetti alle disposizioni che
li riguardano (507, 534, 609, 819, 1156, 1162, 2683 e seguenti, 2750, 2779,
2810, 2914 e seguente) e, in mancanza, alle disposizioni relative ai beni
mobili. Art. 816 Universalità di mobili E' considerata universalità di mobili
la pluralità di cose che appartengono alla stessa persona e hanno una
destinazione unitaria (771, 994, 1010, 1156, 1160, 1170). Le singole cose
componenti l'universalità possono formare oggetto di separati atti e rapporti
giuridici. Art. 817 Pertinenze Sono pertinenze le cose destinate in modo
durevole a servizio o ad ornamento di un'altra cosa. La destinazione può essere
effettuata dal proprietario della cosa principale o da chi ha un diritto reale
sulla medesima (952, 957, 981, 1021, 1022, 1027). Art. 818 Regime delle
pertinenze Gli atti e i rapporti giuridici che hanno per oggetto la cosa
principale comprendono anche le pertinenze (667, 817, 1477, 2811), se non è
diversamente disposto. Le pertinenze possono formare oggetto di separati atti o
rapporti giuridici. La cessazione della qualità di pertinenza non è opponibile
ai terzi i quali abbiano anteriormente acquistato diritti sulla cosa principale
(2643). Art. 819 Diritti dei terzi sulle pertinenze La destinazione di una cosa
al servizio o all'ornamento di un'altra non pregiudica i diritti preesistenti
su di essa a favore dei terzi. Tali diritti non possono essere opposti ai terzi
di buona fede se non risultano da scrittura avente data certa anteriore (2704),
quando la cosa principale è un bene immobile o un bene mobile iscritto in
pubblici registri. Sezione III Dei frutti Art. 820 Frutti naturali e frutti
civili Sono frutti naturali quelli che provengono direttamente dalla cosa, vi
concorra o no l'opera dell'uomo, come i prodotti agricoli, la legna, i parti
degli animali, i prodotti delle miniere, cave e torbiere. Finché non avviene la
separazione, i frutti formano parte della cosa. Si può tuttavia disporre di
essi come di cosa mobile futura (771, 1472). Sono frutti civili quelli che si
ritraggono dalla cosa come corrispettivo del godimento che altri ne abbia. Tali
sono gli interessi dei capitali (1224, 1282, 1815), i canoni enfiteutici (957 e
seguenti), le rendite vitalizie (1872 e seguenti) e ogni altra rendita, il
corrispettivo delle locazioni (1571 e seguenti). Art. 821 Acquisto dei frutti I
frutti naturali appartengono al proprietario della cosa che li produce (1477,
1775), salvo che la loro proprietà sia attribuita ad altri (181, 896, 959, 984,
1021, 1148, 1615, 1960, 2791). In quest'ultimo caso la proprietà si acquista
con la separazione. Chi fa propri i frutti deve, nei limiti del loro valore,
rimborsare colui che abbia fatto spese per la produzione e il raccolto (2041).
I frutti civili si acquistano giorno per giorno, in ragione della durata del
diritto. Capo II Dei beni appartenenti allo Stato, agli enti pubblici e agli
enti ecclesiastici Art. 822 Demanio pubblico Appartengono allo Stato e fanno
parte del demanio pubblico il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi,
i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia
(Cod. Nav. 28, 692); le opere destinate alla difesa nazionale. Fanno parimenti
parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato, le strade, le
autostrade e le strade ferrate; gli aerodromi (Cod. Nav. 692 a); gli
acquedotti; gli immobili riconosciuti d'interesse storico, archeologico e
artistico a norma delle leggi in materia; le raccolte dei musei, delle
pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche; e infine gli altri beni che sono
dalla legge assoggettati al regime proprio del demanio pubblico. Art. 823
Condizione giuridica del demanio pubblico I beni che fanno parte del demanio
pubblico sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di
terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano
(Cod. Nav. 30 e seguenti, 694 e seguenti). Spetta all'autorità amministrativa
la tutela dei beni che fanno parte del demanio pubblico. Essa ha facoltà sia di
procedere in via amministrativa, sia di valersi dei mezzi ordinari a difesa
della proprietà (948 e seguenti) e del possesso (1168 e seguenti) regolati dal
presente codice. Art. 824 Beni delle province e dei comuni soggetti al regime
dei beni demaniali I beni della specie di quelli indicati dal secondo comma
dell'art. 822, se appartengono alle province o ai comuni, sono soggetti al
regime del demanio pubblico. Allo stesso regime sono soggetti i cimiteri e i
mercati comunali. Art. 825 Diritti demaniali su beni altrui Sono parimenti soggetti
al regime del demanio pubblico i diritti reali che spettano allo Stato, alle
province e ai comuni su beni appartenenti ad altri soggetti, quando i diritti
stessi sono costituiti per l'utilità di alcuno dei beni indicati dagli articoli
precedenti o per il conseguimento di fini di pubblico interesse corrispondenti
a quelli a cui servono i beni medesimi. Art. 826 Patrimonio dello Stato, delle
province e dei comuni I beni appartenenti allo Stato, alle province e ai
comuni, i quali non siano della specie di quelli indicati dagli articoli
precedenti, costituiscono il patrimonio dello Stato o, rispettivamente, delle
province e dei comuni. Fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato le
foreste che a norma delle leggi in materia costituiscono il demanio forestale
dello Stato, le miniere, le cave e torbiere quando la disponibilità ne è
sottratta al proprietario del fondo, le cose d'interesse storico, archeologico,
paletnologico, paleontologico e artistico, da chiunque e in qualunque modo
ritrovate nel sottosuolo, i beni costituenti la dotazione della presidenza
della Repubblica (Costit. 843), le caserme, gli armamenti, gli aeromobili
militari (Cod. Nav. 745) e le navi da guerra. Fanno parte del patrimonio
indisponibile dello Stato o, rispettivamente, delle province e dei comuni,
secondo la loro appartenenza, gli edifici destinati a sede di uffici pubblici,
con i loro arredi, e gli altri beni destinati a pubblico servizio. NOTA Gli
artt. 1, 2 e 3, L. 27 dicembre 1977, n. 968, riportano quanto segue: * Art. 1 -
La fauna selvatica italiana costituisce patrimonio indisponibile dello Stato ed
è tutelata nell'interesse della comunità nazionale. * Art. 2 - Fanno parte
della fauna selvatica, oggetto della tutela della presente legge, i mammiferi e
gli uccelli dei quali esistono popolazioni viventi, stabilmente o
temporaneamente, in stato di naturale libertà, nel territorio nazionale. Sono
particolarmente protette le seguenti specie: aquile, vulturidi, gufi reali,
cicogne, gru, fenicotteri, cigni, lupi, orsi, foche monache, stambecchi,
camosci d'Abruzzo e altri ungulati di cui le regioni ai sensi del successivo
art. 12 vietano l'abbattimento. La tutela non si estende alle talpe, ai ratti,
ai topi propriamente detti e alle arvicole. * Art. 3 - In conformità di quanto
previsto dai precedenti artt. 1 e 2 è vietata, in tutto il territorio
nazionale, ogni forma di uccellagione. E' altresì vietata la cattura di uccelli
con mezzi e per fini diversi da quelli previsti dai successivi articoli della
presente legge". Art. 827 Beni immobili vacanti I beni immobili che non
sono in proprietà di alcuno spettano al patrimonio dello Stato. Art. 828
Condizione giuridica dei beni patrimoniali I beni che costituiscono il
patrimonio dello Stato, delle province e dei comuni sono soggetti alle regole
particolari che li concernono e, in quanto non è diversamente disposto, alle
regole del presente codice. I beni che fanno parte del patrimonio indisponibile
non possono essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti
dalle leggi che li riguardano. Art. 829 Passaggio di beni dal demanio al
patrimonio Il passaggio dei beni dal demanio pubblico al patrimonio dello Stato
deve essere dichiarato dall'autorità amministrativa. Dell'atto deve essere dato
annunzio nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica. Per quanto riguarda i beni
delle province e dei comuni, il provvedimento che dichiara il passaggio al
patrimonio dev'essere pubblicato nei modi stabiliti per i regolamenti comunali
e provinciali. Art. 830 Beni degli enti pubblici non territoriali I beni
appartenenti agli enti pubblici non territoriali sono soggetti alle regole del
presente codice, salve le disposizioni delle leggi speciali. Ai beni di tali
enti che sono destinati a un pubblico servizio si applica la disposizione del
secondo comma dell'art. 828. Art. 831 Beni degli enti ecclesiastici ed edifici
di culto I beni degli enti ecclesiastici sono soggetti alle norme del presente
codice, in quanto non è diversamente disposto dalle leggi speciali che li
riguardano. Gli edifici destinati all'esercizio pubblico del culto cattolico,
anche se appartengono a privati, non possono essere sottratti alla loro
destinazione neppure per effetto di alienazione, fino a che la destinazione
stessa non sia cessata in conformità delle leggi che li riguardano. Titolo II
Della proprietà Capo I Disposizioni generali Art. 832 Contenuto del diritto Il
proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed
esclusivo, entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi stabiliti
dall'ordinamento giuridico. Art. 833 Atti d'emulazione Il proprietario non può
fare atti i quali non abbiano altro scopo che quello di nuocere o recare
molestia ad altri. Art. 834 Espropriazione per pubblico interesse Nessuno può
essere privato in tutto o in parte dei beni di sua proprietà, se non per causa
di pubblico interesse, legalmente dichiarata, e contro il pagamento di una
giusta indennità (Costit. 42, 43). Le norme relative all'espropriazione per
causa di pubblico interesse sono determinate da leggi speciali. Art. 835
Requisizioni Quando ricorrono gravi e urgenti necessità pubbliche, militari o
civili, può essere disposta la requisizione dei beni mobili o immobili. Al
proprietario è dovuta una giusta indennità. Le norme relative alle requisizioni
sono determinate da leggi speciali. Art. 836 Vincoli e obblighi temporanei Per
le cause indicate dall'articolo precedente l'autorità amministrativa, nei
limiti e con le forme stabiliti da leggi speciali, può sottoporre a particolari
vincoli od obblighi di carattere temporaneo le aziende commerciali e agricole
(Costit. 44). Art. 837 Ammassi Allo scopo di regolare la distribuzione di
determinati prodotti agricoli o industriali nell'interesse della produzione
nazionale sono costituiti gli ammassi (2617). Le norme per il conferimento dei
prodotti negli ammassi sono contenute in leggi speciali. Art. 838
Espropriazione di beni che interessano la produzione nazionale o di prevalente
interesse pubblico Salve le disposizioni delle leggi penali e di polizia,
nonché (le norme dell'ordinamento corporativo e) le disposizioni particolari
concernenti beni determinati, quando il proprietario abbandona la
conservazione, la coltivazione o l'esercizio di beni che interessano la
produzione nazionale, in modo da nuocere gravemente alle esigenze della
produzione stessa, può farsi luogo all'espropriazione dei beni da parte
dell'autorità amministrativa, premesso il pagamento di una giusta indennità
(att. 56). La stessa disposizione si applica se il deperimento dei beni ha per
effetto di nuocere gravemente al decoro delle città o alle ragioni dell'arte,
della storia o della sanità pubblica. Art. 839 Beni d'interesse storico e
artistico Le cose di proprietà privata, immobili e mobili, che presentano
interesse artistico, storico, archeologico o etnografico, sono sottoposte alle
disposizioni delle leggi speciali. Capo II Della proprietà fondiaria Sezione I
Disposizioni generali Art. 840 Sottosuolo e spazio sovrastante al suolo La
proprietà del suolo si estende al sottosuolo, con tutto ciò che vi si contiene,
e il proprietario può fare qualsiasi escavazione od opera che non rechi danno
al vicino. Questa disposizione non si applica a quanto forma oggetto delle
leggi sulle miniere, cave e torbiere (826). Sono del pari salve le limitazioni
derivanti dalle leggi sulle antichità e belle arti, sulle acque, sulle opere
idrauliche e da altre leggi speciali (Cod. Nav. 714 e seguenti). Il
proprietario del suolo non può opporsi ad attività di terzi che si svolgano a
tale profondità nel sottosuolo o a tale altezza nello spazio sovrastante, che
egli non abbia interesse ad escluderle (Cod. Nav. 823). Art. 841 Chiusura del
fondo Il proprietario può chiudere in qualunque tempo il fondo (1054, 1064).
Art. 842 Caccia e pesca Il proprietario di un fondo non può impedire che vi si entri
per l'esercizio della caccia, a meno che il fondo sia chiuso nei modi stabiliti
dalla legge sulla caccia o vi siano colture in atto suscettibili di danno. Egli
può sempre opporsi a chi non è munito della licenza rilasciata dall'autorità.
Per l'esercizio della pesca occorre il consenso del proprietario del fondo.
Art. 843 Accesso al fondo Il proprietario deve permettere l'accesso e il
passaggio nel suo fondo, sempre che ne venga riconosciuta la necessita, al fine
di costruire o riparare un muro o altra opera propria del vicino oppure comune.
Se l'accesso cagiona danno, è dovuta un'adeguata indennità. Il proprietario
deve parimenti permettere l'accesso a chi vuole riprendere la cosa sua che vi
si trovi accidentalmente o l'animale che vi si sia riparato sfuggendo alla
custodia. Il proprietario può impedire l'accesso consegnando la cosa o
l'animale (896, 924; Cod. Pen. 637). Art. 844 Immissioni Il proprietario di un
fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i
rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino,
se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione
dei luoghi (890, Cod. Pen. 674). Nell'applicare questa norma l'autorità
giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della
proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso. Art. 845
Regole particolari per scopi di pubblico interesse La proprietà fondiaria è
soggetta a regole particolari per il conseguimento di scopi di pubblico interesse
nei casi previsti dalle leggi speciali e dalle disposizioni contenute nelle
sezioni seguenti. Sezione II Del riordinamento della proprietà rurale Art. 846
Minima unità colturale Nei trasferimenti di proprietà, nelle divisioni (713,
1116) e nelle assegnazioni a qualunque titolo, aventi per oggetto terreni
destinati a coltura o suscettibili di coltura, e nella costituzione o nei
trasferimenti di diritti reali sui terreni stessi non deve farsi luogo a
frazionamenti che non rispettino la minima unità colturale. S'intende per
minima unità colturale l'estensione di terreno necessaria e sufficiente per il
lavoro di una famiglia agricola e, se non si tratta di terreno appoderato, per
esercitare una conveniente coltivazione secondo le regole della buona tecnica
agraria. Art. 847 Determinazione della minima unità colturale L'estensione
della minima unità colturale sarà determinata distintamente per zone, avuto
riguardo all'ordinamento produttivo e alla situazione demografica locale, con
provvedimento dell'autorità amministrativa, da adottarsi sentite le
associazioni professionali. [Le funzioni delle associazioni professionali sono
ora di pertinenza dei Consigli degli Ordini (art. 1, D.Lgs.Lgt. 23 novembre
1944, n. 382)]. Art. 848 Sanzione dell'inosservanza Gli atti compiuti contro il
divieto dell'art. 846 possono essere annullati dall'autorità giudiziaria, su
istanza del pubblico ministero. L'azione si prescrive in tre anni dalla data
della trascrizione dell'atto (att. 57). Art. 849 Fondi compresi entro maggiori
unità fondiarie Indipendentemente dalla formazione del consorzio previsto
dall'articolo seguente, il proprietario di terreni entro i quali sono compresi
appezzamenti appartenenti ad altri, di estensione inferiore alla minima unità
colturale, può domandare che gli sia trasferita la proprietà di questi ultimi
(2932), pagandone il prezzo, allo scopo di attuare una migliore sistemazione
delle unità fondiarie. In caso di contrasto decide l'autorità giudiziaria,
sentite le associazioni professionali circa la sussistenza delle condizioni che
giustificano la richiesta di trasferimento (att. 57). Art. 850 Consorzi a scopo
di ricomposizione fondiaria Quando più terreni contigui e inferiori alla minima
unità colturale (846) appartengono a diversi proprietari, può, su istanza di
alcuno degli interessati o per iniziativa dell'autorità amministrativa, essere
costituito un consorzio tra gli stessi proprietari, allo scopo di provvedere a
una ricomposizione fondiaria idonea alla migliore utilizzazione dei terreni
stessi. Per la costituzione del consorzio si applicano le norme stabilite per i
consorzi di bonifica (862). Art. 851 Trasferimenti coattivi Il consorzio
indicato dall'articolo precedente può predisporre il piano di riordinamento
(854 e seguenti). Per la migliore sistemazione delle unità fondiarie può
procedersi a espropriazioni e a trasferimenti coattivi; può anche procedersi a
rettificazioni di confini e ad arrotondamento di fondi. Art. 852 Terreni
esclusi dai trasferimenti Dai trasferimenti coattivi previsti dall'articolo
precedente sono esclusi: * gli appezzamenti forniti di casa di abitazione
civile o colonica; * i terreni adiacenti ai fabbricati e costituenti dipendenze
dei medesimi; * le aree fabbricabili; * gli orti, i giardini, i parchi; * i
terreni necessari per piazzali o luoghi di deposito di stabilimenti industriali
o commerciali; * i terreni soggetti a inondazioni, a scoscendimenti o ad altri
gravi rischi; * i terreni che per la loro speciale destinazione, ubicazione o
singolarità di coltura presentano caratteristiche di spiccata individualità.
Art. 853 Trasferimento dei diritti reali Nei trasferimenti coattivi le servitù
prediali (1027) sono abolite, conservate o create in relazione alle esigenze
della nuova sistemazione. Gli altri diritti reali di godimento sono trasferiti
sui terreni assegnati in cambio e, qualora non siano costituiti su tutti i
terreni dello stesso proprietario, sono trasferiti soltanto su una parte
determinata del fondo assegnato in cambio, che corrisponda in valore ai terreni
su cui esistevano. Le ipoteche (2808) che non siano costituite su tutti i
terreni dello stesso proprietario sono trasferite sul fondo di nuova
assegnazione per una quota corrispondente in valore ai terreni su cui erano
costituite. In caso di espropriazione forzata dell'immobile gravato da ipoteca
su una quota, l'immobile è espropriato per intero e il credito è collocato,
secondo il grado dell'ipoteca (2852), sulla parte del prezzo corrispondente
alla quota soggetta all'ipoteca medesima. Art. 854 Notifica e trascrizione del
piano di riordinamento Il piano di riordinamento dev'essere preventivamente
portato a cognizione degli interessati, e contro di esso è ammesso reclamo in
via amministrativa, nelle forme e nei termini stabiliti da leggi speciali. Il
provvedimento amministrativo di approvazione definitiva del piano dev'essere
trascritto presso l'ufficio dei registri immobiliari nella cui circoscrizione
sono situati i beni (2645). Art. 855 Effetti dell'approvazione del piano di
riordinamento Con l'approvazione del piano di riordinamento si operano i
trasferimenti di proprietà e degli altri diritti reali; sono anche costituite
le servitù imposte nel piano stesso (1032). Art. 856 Competenza dell'autorità
giudiziaria Nelle materie indicate dagli artt. 850 e seguenti è salva la
competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria per la tutela dei diritti degli
interessati. L'autorità giudiziaria non può tuttavia con le sue decisioni
provocare una revisione del piano di riordinamento, ma può procedere alla
conversione e liquidazione in danaro dei diritti da essa accertati. Il credito
relativo è privilegiato a norma delle leggi speciali. Sezione III Della
bonifica integrale Art. 857 Terreni soggetti a bonifica Per il conseguimento di
fini igienici, demografici, economici o di altri fini sociali possono essere
dichiarati soggetti a bonifica i terreni che si trovano in un comprensorio, in
cui sono laghi, stagni, paludi e terre paludose, ovvero costituito da terreni
montani dissestati nei riguardi idrogeologici e forestali, o da terreni
estensivamente coltivati per gravi cause d'ordine fisico o sociale, i quali
siano suscettibili di una radicale trasformazione dell'ordinamento produttivo.
Art. 858 Comprensorio di bonifica e piano delle opere Il comprensorio di
bonifica e il piano generale dei lavori e di attività coordinate sono
determinati e pubblicati a norma della legge speciale. Art. 859 Opere di
competenza dello Stato Il piano generale indicato dall'articolo precedente
stabilisce quali opere di bonifica siano di competenza dello Stato (860). Art.
860 Concorso dei proprietari nella spesa I proprietari dei beni situati entro
il perimetro del comprensorio sono obbligati a contribuire nella spesa
necessaria per l'esecuzione la manutenzione e l'esercizio delle opere in
ragione del beneficio che traggono dalla bonifica. Art. 861 Opere di competenza
dei privati I proprietari degli immobili indicati dall'articolo precedente sono
obbligati a eseguire, in conformità del piano generale di bonifica e delle
connesse direttive di trasformazione agraria, le opere di competenza privata
che siano d'interesse comune a più fondi o d'interesse particolare a taluno di
essi. Art. 862 Consorzi di bonifica All'esecuzione, alla manutenzione e
all'esercizio delle opere di bonifica può provvedersi a mezzo di consorzi tra i
proprietari interessati. A tali consorzi possono essere anche affidati
l'esecuzione, la manutenzione e l'esercizio delle altre opere d'interesse
comune a più fondi o d'interesse particolare a uno di essi. I consorzi sono
costituiti per decreto del Presidente della Repubblica e, in mancanza
dell'iniziativa privata, possono essere formati anche d'ufficio. Essi sono
persone giuridiche pubbliche (11) e svolgono la loro attività secondo le norme
dettate dalla legge speciale. Art. 863 Consorzi di miglioramento fondiario
Nelle forme stabilite per i consorzi di bonifica possono essere costituiti
anche consorzi per l'esecuzione, la manutenzione e l'esercizio di opere di
miglioramento fondiario comuni a più fondi e indipendenti da un piano generale
di bonifica. Essi sono persone giuridiche private (12 e seguenti). Possono
tuttavia assumere il carattere di persone giuridiche pubbliche quando, per la
loro vasta estensione territoriale o per la particolare importanza delle loro
funzioni ai fini dell'incremento della produzione, sono riconosciuti di
interesse nazionale con provvedimento dell'autorità amministrativa. Art. 864
Contributi consorziali I contributi dei proprietari nella spesa di esecuzione,
manutenzione ed esercizio delle opere di bonifica e di miglioramento fondiario
sono esigibili con le norme e i privilegi stabiliti per l'imposta fondiaria
(2775). Art. 865 Espropriazione per inosservanza degli obblighi Quando
l'inosservanza degli obblighi imposti ai proprietari risulta tale da
compromettere l'attuazione del piano di bonifica, può farsi luogo
all'espropriazione parziale o totale del fondo appartenente al proprietario
inadempiente, osservate le disposizioni della legge speciale. L'espropriazione
ha luogo a favore del consorzio, se questo ne fa richiesta, o, in mancanza, a
favore di altra persona che si obblighi ad eseguire le opere offrendo opportune
garanzie (1179). Sezione IV Dei vincoli idrogeologici e delle difese fluviali
Art. 866 Vincoli per scopi idrogeologici e per altri scopi Anche indipendentemente
da un piano di bonifica (857 e seguenti), i terreni di qualsiasi natura e
destinazione possono essere sottoposti a vincolo idrogeologico, osservate le
forme e le condizioni stabilite dalla legge speciale, al fine di evitare che
possano con danno pubblico subire denudazioni, perdere la stabilità o turbare
il regime delle acque. L'utilizzazione dei terreni e l'eventuale loro
trasformazione, la qualità delle colture, il governo dei boschi e dei pascoli
sono assoggettati, per effetto del vincolo, alle limitazioni stabilite dalle
leggi in materia. Parimenti, a norma della legge speciale, possono essere
sottoposti a limitazione nella loro utilizzazione i boschi che per la loro
speciale ubicazione difendono terreni o fabbricati dalla caduta di valanghe,
dal rotolamento dei sassi, dal sorrenamento e dalla furia dei venti, e quelli
ritenuti utili per le condizioni igieniche locali. Art. 867 Sistemazione e
rimboschimento dei terreni vincolati Al fine del rimboschimento e del
rinsaldamento i terreni vincolati possono essere assoggettati a espropriazione,
a occupazione temporanea o a sospensione dell'esercizio del pascolo, nei modi e
con le forme stabiliti dalle leggi in materia. Art. 868 Regolamento protettivo
dei corsi d'acqua I proprietari d'immobili situati in prossimità di corsi
d'acqua che arrecano o minacciano danni all'agricoltura, ad abitati o a
manufatti d'interesse pubblico sono obbligati, anche. indipendentemente da un
piano di bonifica, a contribuire all'esecuzione delle opere necessarie per il
regolamento del corso d'acqua nelle forme stabilite dalle leggi speciali.
Sezione V Della proprietà edilizia Art. 869 Piani regolatori I proprietari
d'immobili nei comuni dove sono formati piani regolatori devono osservare le
prescrizioni dei piani stessi nelle costruzioni e nelle riedificazioni o
modificazioni delle costruzioni esistenti. Art. 870 Comparti Quando è prevista
la formazione di comparti, costituenti unità fabbricabili con speciali modalità
di costruzione e di adattamento, gli aventi diritto sugli immobili compresi nel
comparto devono regolare i loro reciproci rapporti in modo da rendere possibile
l'attuazione del piano. Possono anche riunirsi in consorzio per l'esecuzione
delle opere. In mancanza di accordo, può procedersi all'espropriazione a norma
delle leggi in materia. Art. 871 Norme di edilizia e di ornato pubblico Le
regole da osservarsi nelle costruzioni sono stabilite dalla legge speciale e
dai regolamenti edilizi comunali. La legge speciale stabilisce altresì le
regole da osservarsi per le costruzioni nelle località sismiche. Art. 872
Violazione delle norme di edilizia Le conseguenze di carattere amministrativo
della violazione delle norme indicate dall'articolo precedente sono stabilite
da leggi speciali. Colui che per effetto della violazione ha subìto danno deve
esserne risarcito, salva la facoltà di chiedere la riduzione in pristino quando
si tratta della violazione delle norme contenute nella Sezione seguente o da
questa richiamate (2933). Sezione VI Delle distanze nelle costruzioni, piantagioni
e scavi dei muri, fossi e siepi interposti tra i fondi Art. 873 Distanze nelle
costruzioni Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti,
devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali
può essere stabilita una distanza maggiore. Art. 874 Comunione forzosa del muro
sul confine Il proprietario di un fondo continguo al muro altrui può chiederne
la comunione (2932) per tutta l'altezza o per parte di essa, purché lo faccia
per tutta l'estensione della sua proprietà. Per ottenere la comunione deve
pagare la metà del valore del muro, o della parte di muro resa comune, e la
metà del valore del suolo su cui il muro è costruito. Deve inoltre eseguire le
opere che occorrono per non danneggiare il vicino. Art. 875 Comunione forzosa
del muro che non è sul confine Quando il muro si trova a una distanza dal
confine minore di un metro e mezzo ovvero a distanza minore della metà di
quella stabilita dai regolamenti locali, il vicino può chiedere la comunione
del muro soltanto allo scopo di fabbricare contro il muro stesso, pagando,
oltre il valore della metà del muro, il valore del suolo da occupare con la
nuova fabbrica, salvo che il proprietario preferisca estendere il suo muro sino
al confine. Il vicino che intende domandare la comunione deve interpellare
preventivamente il proprietario se preferisca di estendere il muro al confine o
di procedere alla sua demolizione. Questi deve manifestare la propria volontà
entro il termine (2964) di giorni quindici e deve procedere alla costruzione o
alla demolizione entro sei mesi dal giorno in cui ha comunicato la risposta.
Art. 876 Innesto nel muro sul confine Se il vicino vuole servirsi del muro
esistente sul confine solo per innestarvi un Capo del proprio muro, non ha
l'obbligo di renderlo comune a norma dell'art. 874, ma deve pagare un'indennità
per l'innesto. Art. 877 Costruzioni in aderenza Il vicino, senza chiedere la
comunione del muro posto sul confine, può costruire sul confine stesso in
aderenza (904), ma senza appoggiare la sua fabbrica a quella preesistente.
Questa norma si applica anche nel caso previsto dall'art. 875; il vicino in tal
caso deve pagare soltanto il valore del suolo. Art. 878 Muro di cinta Il muro
di cinta e ogni altro muro isolato che non abbia un'altezza superiore ai tre
metri non è considerato per il computo della distanza indicata dall'art. 873.
Esso, quando è posto sul confine, può essere reso comune anche a scopo
d'appoggio, purché non preesista al di là un edificio a distanza inferiore ai
tre metri. Art. 879 Edifici non soggetti all'obbligo delle distanze o a
comunione forzosa Alla comunione forzosa non sono soggetti gli edifici
appartenenti al demanio pubblico e quelli soggetti allo stesso regime (822 e
seguenti), né gli edifici che sono riconosciuti di interesse storico,
archeologico o artistico, a norma delle leggi in materia. Il vicino non può
neppure usare della facoltà concessa dall'art. 877. Alle costruzioni che si
fanno in confine con le piazze e le vie pubbliche non si applicano le norme
relative alle distanze, ma devono osservarsi le leggi e i regolamenti che le
riguardano. Art. 880 Presunzione di comunione del muro divisorio Il muro che
serve di divisione tra edifici si presume comune fino alla sua sommità e, in
caso di altezze ineguali, fino al punto in cui uno degli edifici comincia ad
essere più alto. Si presume parimenti comune il muro che serve di divisione tra
cortili, giardini e orti o tra recinti nei campi. Art. 881 Presunzione di
proprietà esclusiva del muro divisorio Si presume che il muro divisorio tra i
campi, cortili, giardini od orti appartenga al proprietario del fondo verso il
quale esiste il piovente e in ragione del piovente medesimo. Se esistono
sporti, come cornicioni, mensole e simili, o vani che si addentrano oltre la
metà della grossezza del muro, e gli uni e gli altri risultano costruiti col
muro stesso, si presume che questo spetti al proprietario dalla cui parte gli
sporti o i vani si presentano, anche se vi sia soltanto qualcuno di tali segni.
Se uno o più di essi sono da una parte, e uno o più dalla parte opposta, il
muro è reputato comune: in ogni caso la positura del piovente prevale su tutti
gli altri indizi. Art. 882 Riparazioni del muro comune Le riparazioni e le
ricostruzioni necessarie del muro comune sono a carico di tutti quelli che vi
hanno diritto e in proporzione del diritto di ciascuno (1104), salvo che la
spesa sia stata cagionata dal fatto di uno dei partecipanti. Il comproprietario
di un muro comune può esimersi dall'obbligo di contribuire nelle spese di riparazione
e ricostruzione, rinunziando al diritto di comunione (1350, 2643), purché il
muro comune non sostenga un edificio di sua spettanza. La rinunzia non libera
il rinunziante dall'obbligo delle riparazioni e ricostruzioni a cui abbia dato
causa col fatto proprio. Art. 883 Abbattimento di edificio appoggiato al muro
comune Il proprietario che vuole atterrare un edificio sostenuto da un muro
comune può rinunziare alla comunione di questo, ma deve farvi le riparazioni e
le opere che la demolizione rende necessarie per evitare ogni danno al vicino.
Art. 884 Appoggio e immissione di travi e catene nel muro comune Il
comproprietario di un muro comune può fabbricare appoggiandovi le sue
costruzioni e può immettervi travi, purché le mantenga a distanza di cinque
centimetri dalla superficie opposta, salvo il diritto dell'altro
comproprietario di fare accorciare la trave fino alla metà del muro, nel caso
in cui egli voglia collocare una trave nello stesso luogo, aprirvi un incavo o
appoggiarvi un camino. Il comproprietario può anche attraversare il muro comune
con chiavi e catene di rinforzo, mantenendo la stessa distanza. Egli è tenuto
in ogni caso a riparare i danni causati dalle opere compiute. Non può fare
incavi nel muro comune, ne eseguirvi altra opera che ne comprometta la
stabilità o che in altro modo lo danneggi. Art. 885 Innalzamento del muro
comune Ogni comproprietario può alzare il muro comune, ma sono a suo carico
tutte le spese di costruzione e conservazione della parte sopraedificata (903).
Anche questa può dal vicino essere resa comune a norma dell'art. 874. Se il
muro non è atto a sostenere la sopraedificazione, colui che l'esegue è tenuto a
ricostruirlo o a rinforzarlo a sue spese. Per il maggiore spessore che sia
necessario, il muro deve essere costruito sul suolo proprio, salvo che esigenze
tecniche impongano di costruirlo su quello del vicino. In entrambi i casi il
muro ricostruito o ingrossato resta di proprietà comune, e il vicino deve
essere indennizzato di ogni danno prodotto dall'esecuzione delle opere. Nel
secondo caso il vicino ha diritto di conseguire anche il valore della metà del
suolo occupato per il maggiore spessore. Qualora il vicino voglia acquistare la
comunione della parte sopraelevata del muro, si tiene conto, nel calcolare il valore
di questa, anche delle spese occorse per la ricostruzione o per il
rafforzamento. Art. 886 Costruzione del muro di cinta Ciascuno può costringere
il vicino a contribuire per metà nella spesa di costruzione dei muri di cinta
che separano le rispettive case, i cortili e i giardini posti negli abitati.
L'altezza di essi, se non è diversamente determinata dai regolamenti locali o
dalla convenzione, deve essere di tre metri. Art. 887 Fondi a dislivello negli
abitati Se di due fondi posti negli abitati uno è superiore e l'altro
inferiore, il proprietario del fondo superiore deve sopportare per intero le
spese di costruzione e conservazione del muro dalle fondamenta all'altezza del
proprio suolo, ed entrambi i proprietari devono contribuire per tutta la restante
altezza. Il muro deve essere costruito per metà sul terreno del fondo inferiore
e per metà sul terreno del fondo superiore. Art. 888 Esonero dal contributo
nelle spese Il vicino si può esimere dal contribuire nelle spese di costruzione
del muro di cinta o divisorio, cedendo, senza diritto a compenso, la metà del
terreno su cui il muro di separazione deve essere costruito. In tal caso il
muro è di proprietà di colui che l'ha costruito, salva la facoltà del vicino di
renderlo comune ai sensi dell'art. 874, senza obbligo però di pagare la metà
del valore del suolo su cui il muro è stato costruito. Art. 889 Distanze per
pozzi, cisterne, fosse e tubi Chi vuole aprire pozzi, cisterne, fosse di
latrina o di concime presso il confine, anche se su questo si trova un muro
divisorio, deve osservare la distanza di almeno due metri tra il confine e il
punto più vicino del perimetro interno delle opere predette. Per i tubi d'acqua
pura o lurida, per quelli di gas e simili e loro diramazioni deve osservarsi la
distanza di almeno un metro dal confine. Sono salve in ogni caso le
disposizioni dei regolamenti locali. Art. 890 Distanze per fabbriche e depositi
nocivi o pericolosi Chi presso il confine, anche se su questo si trova un muro
divisorio, vuole fabbricare forni, camini, magazzini di sale, stalle e simili,
o vuol collocare materie umide o esplodenti o in altro modo nocive, ovvero
impiantare macchinari, per i quali può sorgere pericolo di danni, deve
osservare le distanze stabilite dai regolamenti e, in mancanza, quelle
necessarie a preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidità, salubrità e
sicurezza (Cod. Pen. 675). Art. 891 Distanze per canali e fossi Chi vuole
scavare fossi o canali presso il confine, se non dispongono in modo diverso i
regolamenti locali, deve osservare una distanza eguale alla profondità del
fosso o canale. La distanza si misura dal confine al ciglio della sponda più
vicina, la quale deve essere a scarpa naturale ovvero munita di opere di
sostegno. Se il confine si trova in un fosso comune o in una via privata, la
distanza si misura da ciglio a ciglio o dal ciglio al lembo esteriore della via
(911). Art. 892 Distanze per gli alberi Chi vuol piantare alberi presso il
confine deve osservare le distanze stabilite dai regolamenti e, in mancanza, dagli
usi locali. Se gli uni e gli altri non dispongono, devono essere osservate le
seguenti distanze dal confine: * tre metri per gli alberi di alto fusto.
Rispetto alle distanze, si considerano alberi di alto fusto quelli il cui
fusto, semplice o diviso in rami, sorge ad altezza notevole, come sono i noci,
i castagni, le querce, i pini, i cipressi, gli olmi, i pioppi, i platani e
simili; * un metro e mezzo per gli alberi di non alto fusto. Sono reputati tali
quelli il cui fusto, sorto ad altezza non superiore a tre metri, si diffonde in
rami; * mezzo metro per le viti, gli arbusti, le siepi vive, le piante da
frutto di altezza non maggiore di due metri e mezzo. La distanza deve essere
però di un metro, qualora le siepi siano di ontano, di castagno o di altre
piante simili che si recidono periodicamente vicino al ceppo, e di due metri
per le siepi di robinie. La distanza si misura dalla linea del confine alla
base esterna del tronco dell'albero nel tempo della piantagione, o dalla linea
stessa al luogo dove fu fatta la semina. Le distanze anzidette non si devono
osservare se sul confine esiste un muro divisorio, proprio o comune, purché le
piante siano tenute ad altezza che non ecceda la sommità del muro. Art. 893
Alberi presso strade, canali e sul confine di boschi Per gli alberi che nascono
o si piantano nei boschi, sul confine con terreni non boschivi, o lungo le
strade o le sponde dei canali, si osservano, trattandosi di boschi, canali e
strade di proprietà privata, i regolamenti e, in mancanza, gli usi locali. Se
gli uni e gli altri non dispongono, si osserva no le distanze prescritte
dall'articolo precedente. Art. 894 Alberi a distanza non legale Il vicino può
esigere che si estirpino gli alberi e le siepi che sono piantati o nascono a
distanza minore di quelle indicate dagli articoli precedenti. Art. 895 Divieto
di ripiantare alberi a distanza non legale Se si è acquistato il diritto di
tenere alberi a distanza minore di quelle sopra indicate, e l'albero muore o
viene reciso o abbattuto, il vicino non può sostituirlo, se non osservando la
distanza legale. La disposizione non si applica quando gli alberi fanno parte
di un filare situato lungo il confine. Art. 896 Recisione di rami protesi e di
radici Quegli sul cui fondo si protendono i rami degli alberi del vicino può in
qualunque tempo costringerlo a tagliarli, e può egli stesso tagliare le radici
che si addentrano nel suo fondo, salvi però in ambedue i casi i regolamenti e
gli usi locali. Se gli usi locali non dispongono diversamente, i frutti
naturalmente caduti dai rami protesi sul fondo del vicino appartengono al
proprietario del fondo su cui sono caduti. Se a norma degli usi locali i frutti
appartengono al proprietario dell'albero, per la raccolta di essi si applica il
disposto dell'art. 843. Art. 897 Comunione di fossi Ogni fosso interposto tra
due fondi si presume comune. Si presume che il fosso appartenga al proprietario
che se ne serve per gli scoli delle sue terre, o al proprietario del fondo
dalla cui parte è il getto della terra o lo spurgo ammucchiatovi da almeno tre
anni. Se uno o più di tali segni sono da una parte e uno o più dalla parte
opposta, il fosso si presume comune. Art. 898 Comunioni di siepi Ogni siepe tra
due fondi si presume comune ed e mantenuta a spese comuni, salvo che vi sia termine
di confine o altra prova in contrario. Se uno solo dei fondi è recinto, si
presume che la siepe appartenga al proprietario del fondo recinto, ovvero di
quello dalla cui parte si trova la siepe stessa in relazione ai termini di
confine esistenti. Art. 899 Comunione di alberi Gli alberi sorgenti nella siepe
comune sono comuni. Gli alberi sorgenti sulla linea di confine si presumono
comuni, salvo Titolo o prova in contrario. Gli alberi che servono di limite o
che si trovano nella siepe comune non possono essere tagliati, se non di comune
consenso o dopo che l'autorità giudiziaria abbia riconosciuto la necessità o la
convenienza del taglio. Sezione VII Delle luci e delle vedute Art. 900 Specie
di finestre Le finestre o altre aperture sul fondo del vicino sono di due
specie: luci, quando danno passaggio alla luce e all'aria, ma non permettono di
affacciarsi sul fondo del vicino; vedute o prospetti quando permettono di
affacciarsi e di guardare di fronte, obliquamente o lateralmente. Art. 901 Luci
Le luci che si aprono sul fondo del vicino devono: * essere munite di
un'inferriata idonea a garantire la sicurezza del vicino e di una grata fissa
in metallo le cui maglie non siano maggiori di tre centimetri quadrati; * avere
il lato inferiore a un'altezza non minore di due metri e mezzo dal pavimento o
dal suolo del luogo al quale si vuole dare luce e aria, se esse sono al piano
terreno, e non minore di due metri, se sono ai piani superiori; * avere il lato
inferiore a un'altezza non minore di due metri e mezzo dal suolo del fondo
vicino, a meno che si tratti di locale che sia in tutto o in parte a livello
inferiore al suolo del vicino e la condizione dei luoghi non consenta di
osservare l'altezza stessa. Art. 902 Apertura priva dei requisiti prescritti
per le luci L'apertura che non ha i caratteri di veduta o di prospetto è
considerata come luce, anche se non sono state osservate le prescrizioni
indicate dall'art. 901. Il vicino ha sempre il diritto di esigere che essa sia
resa conforme alle prescrizioni dell'articolo predetto. Art. 903 Luci nel muro
proprio o nel muro comune Le luci possono essere aperte dal proprietario del
muro contiguo al fondo altrui. Se il muro è comune (874 e seguenti) nessuno dei
proprietari può aprire luci senza il consenso dell'altro; ma chi ha
sopraelevato il muro comune può aprirle nella maggiore altezza a cui il vicino
non abbia voluto contribuire (885). Art. 904 Diritto di chiudere le luci La
presenza di luci in un muro non impedisce al vicino di acquistare la comunione
del muro medesimo né di costruire in aderenza (874 e seguenti) . Chi acquista
la comunione del muro non può chiudere le luci se ad esso non appoggia il suo
edificio. Art. 905 Distanza per l'apertura di vedute dirette e balconi Non si
possono aprire vedute dirette verso il fondo chiuso o non chiuso e neppure
sopra il tetto del vicino, se tra il fondo di questo e la faccia esteriore del
muro in cui si aprono le vedute dirette non vi e la distanza di un metro e
mezzo. Non si possono parimenti costruire balconi o altri sporti, terrazze,
lastrici solari e simili, muniti di parapetto che permetta di affacciarsi sul
fondo del vicino, se non vi e la distanza di un metro e mezzo tra questo fondo
e la linea esteriore di dette opere. Il divieto cessa allorquando tra i due
fondi vicini vi e una via pubblica. Art. 906 Distanza per l'apertura di vedute
laterali od oblique Non si possono aprire vedute laterali od oblique sul fondo
del vicino se non si osserva la distanza di settantacinque centimetri, la quale
deve misurarsi dal più vicino lato della finestra o dal più vicino sporto. Art.
907 Distanza delle costruzioni dalle vedute Quando si e acquistato il diritto
di avere vedute dirette verso il fondo vicino (1027 e seguenti), il
proprietario di questo non può fabbricare a distanza minore di tre metri,
misurata a norma dell'art. 905. Se la veduta diretta forma anche veduta
obliqua, la distanza di tre metri deve pure osservarsi dai lati della finestra
da cui la veduta obliqua si esercita. Se si vuole appoggiare la nuova
costruzione al muro in cui sono le dette vedute dirette od oblique, essa deve
arrestarsi almeno a tre metri sotto la loro soglia. Sezione VIII Dello
stillicidio Art. 908 Scarico delle acque piovane Il proprietario deve costruire
i tetti in maniera che le acque piovane scolino nel suo terreno e non può farle
cadere nel fondo del vicino. Se esistono pubblici colatoi, deve provvedere
affinché le acque piovane vi siano immesse con gronde o canali. Si osservano in
ogni caso i regolamenti locali e le leggi sulla polizia idraulica. Sezione IX
Delle acque Art. 909 Diritto sulle acque esistenti nel fondo Il proprietario
del suolo ha il diritto di utilizzare le acque in esso esistenti, salve le
disposizioni delle leggi speciali per le acque pubbliche e per le acque
sotterranee. Egli può anche disporne a favore d'altri, qualora non osti il
diritto di terzi; ma, dopo essersi servito delle acque, non può divertirle in
danno d'altri fondi. Art. 910 Uso delle acque che limitano o attraversano un
fondo Il proprietario di un fondo limitato o attraversato da un'acqua non
pubblica, che corre naturalmente e sulla quale altri non ha diritto, può,
mentre essa trascorre, farne uso per l'irrigazione dei suoi terreni e per
l'esercizio delle sue industrie, ma deve restituire le colature e gli avanzi al
corso ordinario. Art. 911 Apertura di nuove sorgenti e altre opere Chi vuole
aprire sorgenti, stabilire capi o aste di fonte e in genere eseguire opere per
estrarre acque dal sottosuolo o costruire canali o acquedotti, oppure scavarne,
profondarne, o allargarne il letto, aumentarne o diminuirne il pendio o
variarne la forma, deve, oltre le distanze stabilite nell'art. 891, osservare
le maggiori distanze ed eseguire le opere che siano necessarie per non recare
pregiudizio ai fondi altrui, sorgenti, capi o aste di fonte, canali o
acquedotti preesistenti e destinati all'irrigazione dei terreni o agli usi
domestici o industriali. Art. 912 Conciliazione di opposti interessi Se sorge
controversia tra i proprietari a cui un'acqua non pubblica può essere utile,
l'autorità giudiziaria deve valutare l'interesse dei singoli proprietari nei
loro rapporti e rispetto ai vantaggi che possono derivare all'agricoltura o
all'industria dall'uso a cui l'acqua è destinata o si vuol destinare.
L'autorità giudiziaria può assegnare un'indennità ai proprietari che sopportino
diminuzione del proprio diritto. In tutti i casi devono osservarsi le
disposizioni delle leggi sulle acque e sulle opere idrauliche. Art. 913 Scolo
delle acque Il fondo inferiore è soggetto a ricevere le acque che dal fondo più
elevato scolano naturalmente, senza che sia intervenuta l'opera dell'uomo. Il
proprietario del fondo inferiore non può impedire questo scolo, né il
proprietario del fondo superiore può renderlo più gravoso. Se per opere di
sistemazione agraria dell'uno o dell'altro fondo si rende necessaria una
modificazione del deflusso naturale delle acque, è dovuta un'indennità al
proprietario del fondo a cui la modificazione stessa ha recato pregiudizio.
Art. 914 Consorzi per regolare il deflusso delle acque Qualora per esigenze
della produzione si debba provvedere a opere di sistemazione degli scoli, di
soppressione di ristagni o di raccolta di acque, l'autorità amministrativa, su
richiesta della maggioranza degli interessati o anche d'ufficio, può costituire
un consorzio tra i proprietari dei fondi che traggono beneficio dalle opere
stesse. Si applicano a tale consorzio le disposizioni del secondo e del terzo
comma dell'art. 921 (863 e seguenti). Art. 915 Riparazione di sponde e argini
Qualora le sponde o gli argini che servivano di ritegno alle acque siano stati
in tutto o in parte distrutti o atterrati, ovvero per la naturale variazione
del corso delle acque si renda necessario costruire nuovi argini o ripari, e il
proprietario del fondo non provveda sollecitamente a ripararli o a costruirli,
ciascuno dei proprietari che hanno sofferto o possono ricevere danno può
provvedervi, previa autorizzazione del pretore, che provvede in via d'urgenza.
Le opere devono essere eseguite in modo che il proprietario del fondo, in cui
esse si compiono, non ne subisca danno, eccetto quello temporaneo causato
dall'esecuzione delle opere stesse. Art. 916 Rimozione degli ingombri Le
disposizioni dell'articolo precedente si applicano anche quando si tratta di
togliere un ingombro formatosi sulla superficie di un fondo o in un fosso,
rivo, colatoio o altro alveo, a causa di materie in essi impigliate, in modo
che le acque danneggino o minaccino di danneggiare i fondi vicini. Art. 917
Spese per la riparazione, costruzione o rimozione Tutti i proprietari, ai quali
torna utile che le sponde e gli argini siano conservati o costruiti e gli
ingombri rimossi, devono contribuire nella spesa in proporzione del vantaggio
che ciascuno ne ritrae. Tuttavia, se la distruzione degli argini, la variazione
delle acque o l'ingombro nei loro corsi deriva da colpa di alcuno dei
proprietari, le spese di conservazione, di costruzione o di riparazione gravano
esclusivamente su di lui, salvo in ogni caso il risarcimento dei danni. Art.
918 Consorzi volontari Possono costituirsi in consorzio i proprietari di fondi
vicini che vogliano riunire e usare in comune le acque defluenti dal medesimo
bacino di alimentazione o da bacini contigui. L'adesione degli interessati e il
regolamento del consorzio devono risultare da atto scritto (1418, 2725). Il
regolamento del consorzio è deliberato dalla maggioranza calcolata in base
all'estensione dei terreni a cui serve l'acqua. Art. 919 Scioglimento del
consorzio Lo scioglimento del consorzio non ha luogo se non quando è deliberato
da una maggioranza eccedente i tre quarti, o quando, potendosi la divisione
effettuare senza grave danno, essa è domandata da uno degli interessati. Art.
920 Norme applicabili Salvo quanto è disposto dagli articoli precedenti, si
applicano ai consorzi volontari ivi indicati le norme stabilite per la
comunione (1100 e seguenti). Art. 921 Consorzi coattivi Nel caso indicato
dall'art. 918, il consorzio può anche essere costituito d'ufficio dall'autorità
amministrativa, allo scopo di provvedere a una migliore utilizzazione delle
acque. Per le forme di costituzione e il funzionamento si osservano le norme
stabilite per i consorzi di miglioramento fondiario (863). Il consorzio può
anche procedere all'espropriazione dei singoli diritti, mediante il pagamento delle
dovute indennità (865). Capo III Dei modi di acquisto della proprietà Art. 922
Modi di acquisto La proprietà si acquista per occupazione (923 e seguenti), per
invenzione (927 e seguenti), per accessione (934 e seguenti), per
specificazione (940), per unione o commistione (939), per usucapione (1158 e
seguenti), per effetto di contratti (1376 e seguenti), per successione a causa
di morte (456 e seguenti) e negli altri modi stabiliti dalla legge. Sezione I
Dell'occupazione e dell'invenzione Art. 923 Cose suscettibili di occupazione Le
cose mobili che non sono proprietà di alcuno si acquistano con l'occupazione
(827). Tali sono le cose abbandonate e gli animali che formano oggetto di
caccia o di pesca (842) [Secondo l'art. 1, L. 27 dicembre 1977, n. 968 (vedi
nota all'art. 826), a fauna selvatica costituisce patrimonio indisponibile
dello Stato]. Art. 924 Sciami di api Il proprietario di sciami di api ha
diritto d'inseguirli sul fondo altrui, ma deve indennità per il danno cagionato
al fondo (843); se non li ha inseguiti entro due giorni o ha cessato durante
due giorni d'inseguirli, può prenderli e ritenerli il proprietario del fondo.
Art. 925 Animali mansuefatti Gli animali mansuefatti possono essere inseguiti
dal proprietario del fondo altrui, salvo il diritto del proprietario del fondo
a indennità per il danno (843). Essi appartengono a chi se ne è impossessato
(932), se non sono reclamati entro venti (2964) giorni da quando il
proprietario ha avuto conoscenza del luogo dove si trovano. Art. 926 Migrazione
di colombi, conigli e pesci I conigli o pesci che passano ad un'altra
conigliera o peschiera si acquistano dal proprietario di queste, purché non vi
siano stati attirati con arte o con frode. La stessa norma si osserva per i
colombi che passano ad altra colombaia, salve le diverse disposizioni di legge
sui colombi viaggiatori. Art. 927 Cose ritrovate Chi trova una cosa mobile
(812) deve restituirla al proprietario, e, se non lo conosce, deve consegnarla
senza ritardo al sindaco del luogo in cui l'ha trovata, indicando le
circostanze del ritrovamento. Art. 928 Pubblicazione del ritrovamento Il
sindaco rende nota la consegna per mezzo di pubblicazione nell'albo pretorio
del comune, da farsi per due domeniche successive e da restare affissa per tre
giorni ogni volta. Art. 929 Acquisto di proprietà della cosa ritrovata
Trascorso un anno dall'ultimo giorno della pubblicazione senza che si presenti
il proprietario, la cosa oppure il suo prezzo, se le circostanze ne hanno
richiesto la vendita, appartiene a chi l'ha trovata. Così il proprietario come
il ritrovatore, riprendendo la cosa o ricevendo il prezzo, devono pagare le
spese occorse. Art. 930 Premio dovuto al ritrovatore Il proprietario deve
pagare a Titolo di premio al ritrovatore, se questi lo richiede, il decimo
della somma o del prezzo della cosa ritrovata. Se tale somma o prezzo eccede le
diecimila lire, il premio per il sovrappiù è solo del ventesimo. Se la cosa non
ha valore commerciale, la misura del premio e fissata dal giudice secondo il
suo prudente apprezzamento. Art. 931 Equiparazione del possessore o detentore
al proprietario Agli effetti delle disposizioni contenute negli artt. 927 e
seguenti al proprietario sono equiparati, secondo le circostanze, il possessore
e il detentore (1140). Art. 932 Tesoro Tesoro è qualunque cosa mobile di
pregio, nascosta o sotterrata, di cui nessuno può provare d'essere
proprietario. Il tesoro appartiene al proprietario del fondo in cui si trova.
Se il tesoro è trovato nel fondo altrui, purché sia stato scoperto per solo
effetto del caso, spetta per metà al proprietario del fondo e per metà al
ritrovatore. La stessa disposizione si applica se il tesoro è scoperto in una
cosa mobile altrui (959, 988; Cod. Pen. 647). Per il ritrovamento degli oggetti
d'interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico e artistico,
si osservano le disposizioni delle leggi speciali (826). Art. 933 Rigetti del
mare e piante sul lido. Relitti aeronautici I diritti sopra le cose gettate in
mare o sopra quelle che il mare rigetta e sopra le piante e le erbe che
crescono lungo le rive del mare sono regolati dalle leggi speciali (Cod. Nav.
510 e seguenti, 1227). Parimenti si osservano le leggi speciali per il
ritrovamento di aeromobili e di relitti di aeromobili (Cod. Nav. 993 e seguenti).
Sezione II Dell'accessione, della specificazione, dell'unione e della
commistione Art. 934 Opere fatte sopra o sotto il suolo Qualunque piantagione,
costruzione od opera esistente sopra o sotto il suolo appartiene al
proprietario di questo, salvo quanto è disposto dagli artt. 935, 936, 937 e 938
e salvo che risulti diversamente dal Titolo (952 e seguenti) o dalla legge
(975-3, 986-2, 1150-5, 1593). Art. 935 Opere fatte dal proprietario del suolo
con materiali altrui Il proprietario del suolo che ha fatto costruzioni,
piantagioni od opere con materiali altrui deve pagarne il valore, se la
separazione non è chiesta dal proprietario dei materiali, ovvero non può farsi
senza che si rechi grave danno all'opera costruita o senza che perisca la
piantagione. Deve inoltre, anche nel caso che si faccia la separazione, il
risarcimento dei danni, se e in colpa grave. In ogni caso la rivendicazione dei
materiali (948) non è ammessa trascorsi sei mesi dal giorno in cui il
proprietario ha avuto notizia dell'incorporazione (2964 e seguenti). Art. 936
Opere fatte da un terzo con materiali propri Quando le piantagioni (956),
costruzioni od opere sono state fatte da un terzo con suoi materiali, il
proprietario del fondo ha diritto di ritenerle o di obbligare colui che le ha
fatte a levarle. Se il proprietario preferisce di ritenerle, deve pagare a sua
scelta il valore dei materiali e il prezzo della mano d'opera oppure l'aumento
di valore recato al fondo (1150). Se il proprietario del fondo domanda che
siano tolte, esse devono togliersi a spese di colui che le ha fatte (2933).
Questi può inoltre essere condannato al risarcimento dei danni. Il proprietario
non può obbligare il terzo a togliere le piantagioni, costruzioni od opere,
quando sono state fatte a sua scienza e senza opposizione o quando sono state
fatte dal terzo in buona fede (1147). La rimozione non può essere domandata
trascorsi sei mesi dal giorno in cui il proprietario ha avuto notizia
dell'incorporazione (2964 e seguenti). Art. 937 Opere fatte da un terzo con materiali
altrui Se le piantagioni, costruzioni o altre opere sono state fatte da un
terzo con materiali altrui, il proprietario di questi può rivendicarli, previa
separazione a spese del terzo, se la separazione può ottenersi senza grave
danno delle opere e del fondo. La rivendicazione non è ammessa trascorsi sei
mesi dal giorno in cui il proprietario ha avuto notizia dell'incorporazione
(2964 e seguenti). Nel caso che la separazione dei materiali non sia richiesta
o che i materiali siano inseparabili, il terzo che ne ha fatto uso e il
proprietario del suolo che sia stato in mala fede sono tenuti in solido (1292 e
seguenti) al pagamento di una indennità pari al valore dei materiali stessi. Il
proprietario dei materiali può anche esigere tale indennità dal proprietario
del suolo, ancorché in buona fede, limitatamente al prezzo che da questo fosse
ancora dovuto. Può altresì chiedere il risarcimento dei danni, tanto nei
confronti del terzo che ne abbia fatto uso senza il suo consenso, quanto nei
confronti del proprietario del suolo che in mala fede abbia autorizzato l'uso.
Art. 938 Occupazione di porzione di fondo attiguo Se nella costruzione di un
edificio si occupa in buona fede una porzione del fondo attiguo, e il
proprietario di questo non fa opposizione entro tre mesi (2964) dal giorno in
cui ebbe inizio la costruzione, l'autorità giudiziaria, tenuto conto delle
circostanze, può (2908) attribuire al costruttore la proprietà dell'edificio e
del suolo occupato. Il costruttore e tenuto a pagare al proprietario del suolo
il doppio del valore della superficie occupata, oltre il risarcimento dei
danni. Art. 939 Unione e commistione Quando più cose appartenenti a diversi
proprietari sono state unite o mescolate in guisa da formare un sol tutto, ma
sono separabili senza notevole deterioramento, ciascuno conserva la proprietà
della cosa sua e ha diritto di ottenerne la separazione. In caso diverso, la
proprietà ne diventa comune in proporzione del valore delle cose spettanti a
ciascuno. Quando però una delle cose si può riguardare come principale o è di
molto superiore per valore, ancorché serva all'altra di ornamento, il
proprietario della cosa principale acquista la proprietà del tutto. Egli ha
l'obbligo di pagare all'altro il valore della cosa che vi è unita o mescolata;
ma se l'unione o la mescolanza è avvenuta senza il suo consenso ad opera del
proprietario della cosa accessoria, egli non e obbligato a corrispondere che la
somma minore tra l'aumento di valore apportato alla cosa principale e il valore
della cosa accessoria. E' inoltre dovuto il risarcimento dei danni in caso di
colpa grave. Art. 940 Specificazione Se taluno ha adoperato una materia che non
gli apparteneva per formare una nuova cosa, possa o non possa la materia
riprendere la sua prima forma, ne acquista la proprietà pagando al proprietario
il prezzo della materia, salvo che il valore della materia sorpassi
notevolmente quello della mano d'opera. In quest'ultimo caso la cosa spetta al
proprietario della materia, il quale deve pagare il prezzo della mano d'opera.
Art. 941 Alluvione Le unioni di terra e gli incrementi, che si formano
successivamente e impercettibilmente nei fondi posti lungo le rive dei fiumi o
torrenti, appartengono al proprietario del fondo, salvo quanto è disposto dalle
leggi speciali. Art. 942 Terreni abbandonati dalle acque correnti I terreni
abbandonati dalle acque correnti, che insensibilmente si ritirano da una delle
rive portandosi sull'altra, appartengono al demanio pubblico, senza che il
confinante della riva opposta possa reclamare il terreno perduto. Ai sensi del
primo comma, si intendono per acque correnti i fiumi, i torrenti e le altre
acque definite pubbliche dalle leggi in materia. Quanto stabilito al primo
comma vale anche per i terreni abbandonati dal mare, dai laghi, dalle lagune e
dagli stagni appartenenti al demanio pubblico (822). NOTA Articolo così
sostituito dall'art. 1, Legge 5 gennaio 1994, n. 37, in materia di tutela
ambientale delle aree demaniali). Art. 943 Laghi e stagni Il terreno che
l'acqua copre quando essa è all'altezza dello sbocco del lago o dello stagno
appartiene al proprietario del lago o dello stagno, ancorché il volume
dell'acqua venga a scemare. Il proprietario non acquista alcun diritto sopra la
terra lungo la riva che l'acqua ricopre nei casi di piena straordinaria. Art.
944 Avulsione Se un fiume o torrente stacca per forza istantanea una parte
considerevole e riconoscibile di un fondo contiguo al suo corso e la trasporta
verso un fondo inferiore o verso l'opposta riva, il proprietario del fondo al quale
si e unita la parte staccata ne acquista la proprietà. Deve però pagare
all'altro proprietario un'indennità nei limiti del maggior valore recato al
fondo dall'avulsione. Art. 945 Isole e unioni di terra Le isole e unioni di
terra che si formano nel letto dei fiumi o torrenti appartengono al demanio
pubblico (822). (Se l'isola si è formata per avulsione, il proprietario del
fondo da cui è avvenuto il distacco, ne conserva la proprietà). (La stessa
regola si osserva se un fiume o un torrente, formando un nuovo corso,
attraversa e circonda il fondo o parte del fondo di un proprietario confinante,
facendone un'isola). NOTA La parte fra parentesi è stata abrogata dall'art. 2
della Legge 5 gennaio 1994, n. 37, in materia di tutela ambientale delle aree
demaniali. Art. 946 Alveo abbandonato Se un fiume o un torrente si forma un
nuovo letto, abbandonato l'antico, il terreno abbandonato rimane assoggettato
al regime proprio del demanio pubblico. NOTA Articolo così sostituito dall'art.
3 della Legge 5 gennaio 1994, n. 37, in materia di tutela ambientale delle aree
demaniali. Art. 947 Mutamenti del letto dei fiumi derivanti da regolamento del
loro corso Le disposizioni degli artt. 942, 945 e 946 si applicano ai terreni
comunque abbandonati sia a seguito di eventi naturali che per fatti artificiali
indotti dall'attività antropica, ivi comprendendo anche i terreni abbandonati
per i fenomeni di inalveamento. La disposizione dell'art. 941 non si applica
nel caso in cui le alluvioni derivano da regolamento del corso dei fiumi, da
bonifiche o da altri fatti artificiali indotti dall'attività antropica. In ogni
caso è esclusa la sdemanializzazione tacita dei beni del demanio idrico. NOTA
Articolo così sostituito dall'art. 4 della Legge 5 gennaio 1994, n. 37, in
materia di tutela ambientale delle aree demaniali. Capo IV Delle azioni a
difesa della proprietà Art. 948 Azione di rivendicazione Il proprietario può
rivendicare la cosa (1153, 1994, 2653, 2697) da chiunque la possiede o detiene
(1140) e può proseguire l'esercizio dell'azione anche se costui, dopo la
domanda, ha cessato, per fatto proprio, di possedere o detenere la cosa. In tal
caso il convenuto è obbligato a ricuperarla per l'attore a proprie spese, o, in
mancanza, a corrispondergliene il valore, oltre a risarcirgli il danno. Il
proprietario, se consegue direttamente dal nuovo possessore o detentore la
restituzione della cosa, è tenuto a restituire al precedente possessore o
detentore la somma ricevuta in luogo di essa. L'azione di rivendicazione non si
prescrive, salvi gli effetti dell'acquisto della proprietà da parte di altri
per usucapione (1158 e seguenti). Art. 949 Azione negatoria Il proprietario può
agire per far dichiarare l'inesistenza di diritti affermati da altri sulla
cosa, quando ha motivato di temerne pregiudizio (1079). Se sussistono anche
turbative o molestie, il proprietario può anche chiedere che se ne ordini la
cessazione, oltre la condanna al risarcimento del danno (1170). Art. 950 Azione
di regolamento di confini Quando il confine tra due fondi è incerto, ciascuno
dei proprietari può chiedere che sia stabilito giudizialmente. Ogni mezzo di
prova è ammesso. In mancanza di altri elementi, il giudice si attiene al
confine delineato dalle mappe catastali. Art. 951 Azione per apposizione di
termini Se i termini tra fondi contigui mancano o sono diventati
irriconoscibili, ciascuno dei proprietari ha diritto di chiedere che essi siano
apposti o ristabiliti a spese comuni. Titolo III Della superficie Art. 952
Costituzione del diritto di superficie Il proprietario può costituire il
diritto di fare e mantenere al di sopra del suolo una costruzione a favore di
altri che ne acquista la proprietà (934, 1350, 2643). Del pari può alienare la
proprietà della costruzione già esistente, separatamente dalla proprietà del
suolo. Art. 953 Costituzione a tempo determinato Se la costituzione del diritto
e stata fatta per un tempo determinato, allo scadere del termine il diritto di
superficie si estingue e il proprietario del suolo diventa proprietario della
costruzione (2816). Art. 954 Estinzione del diritto di superficie L'estinzione
del diritto di superficie per scadenza del termine importa l'estinzione dei
diritti reali imposti dal superficiario. I diritti gravanti sul suolo si
estendono alla costruzione, salvo, per le ipoteche, il disposto del primo comma
dell'art. 2816. I contratti di locazione (1596), che hanno per oggetto la
costruzione, non durano se non per l'anno in corso alla scadenza del termine
(999). Il perimento della costruzione non importa, salvo patto contrario,
l'estinzione del diritto di superficie. Il diritto di fare la costruzione sul
suolo altrui si estingue per prescrizione per effetto del non uso protratto per
venti anni (2934 e seguenti, 2816). Art. 955 Costruzioni al disotto del suolo
Le disposizioni precedenti si applicano anche nel caso in cui e concesso il
diritto di fare e mantenere costruzioni al disotto del suolo altrui (840). Art.
956 Divieto di proprietà separata delle piantagioni Non può essere costituita o
trasferita la proprietà delle piantagioni (821) separatamente dalla proprietà
del suolo. Titolo IV Dell'enfiteusi (*) (*) V. anche L. 22 luglio 1966, n. 607,
sub Leggi Speciali, voce Contratti e controversie agrarie. Art. 957
Disposizioni inderogabili L'enfiteusi, salvo che il Titolo disponga altrimenti,
e regolata dalle norme contenute negli articoli seguenti (att. 142 e seguente).
Il Titolo (587, 1350 n. 2, 2643 n. 2, 2648) non può tuttavia derogare alle
norme contenute negli artt. 958, 2° comma, 961, 2° comma, 962, 965, 968, 971 e
973. Art. 958 Durata L'enfiteusi può essere perpetua o a tempo (2815).
L'enfiteusi temporanea non può essere costituita per una durata inferiore ai
venti anni. Art. 959 Diritti dell'enfiteuta L'enfiteuta ha gli stessi diritti
che avrebbe il proprietario sui frutti del fondo (820 e seguente), sul tesoro
(932) e relativamente alle utilizzazioni del sottosuolo in conformità delle
disposizioni delle leggi speciali (840). Il diritto dell'enfiteuta si estende
alle accessioni (817 e seguenti, 934 e seguenti, 2810). Art. 960 Obblighi
dell'enfiteuta L'enfiteuta ha l'obbligo di migliorare il fondo e di pagare al
concedente un canone periodico. Questo può consistere in una somma di danaro
ovvero in una quantità fissa di prodotti naturali. L'enfiteuta non può
pretendere remissione o riduzione del canone per qualunque insolita sterilità
del fondo o perdita di frutti. Art. 961 Pagamento del canone L'obbligo del
pagamento del canone (2763, 2948) grava solidalmente (1292 e seguenti) su tutti
i coenfiteuti e sugli eredi dell'enfiteuta finché dura la comunione. Nel caso
in cui segua la divisione e il fondo venga goduto separatamente dagli enfiteuti
o dagli eredi, ciascuno risponde per gli obblighi inerenti all'enfiteusi
proporzionalmente al valore della sua porzione. Art. 962 Revisione del canone
(abrogato) Art. 963 Perimento totale o parziale del fondo Quando il fondo
enfiteutico perisce interamente, l'enfiteusi si estingue. Se e perita una parte
notevole del fondo e il canone risulta sproporzionato al valore della parte
residua, l'enfiteuta, secondo le circostanze, può chiedere una congrua
riduzione del canone, o rinunziare al suo diritto, restituendo il fondo al
concedente, salvo il diritto al rimborso dei miglioramenti sulla parte residua
(975). La domanda di riduzione del canone e la rinunzia al diritto non sono
ammesse, decorso un anno dall'avvenuto perimento (2964 e seguenti). Qualora il
fondo sia assicurato e l'assicurazione sia fatta anche nell'interesse del
concedente, l'indennità e ripartita tra il concedente e l'enfiteuta in proporzione
del valore dei rispettivi diritti. Nel caso di espropriazione per pubblico
interesse (834), l'indennità si ripartisce a norma del comma precedente. Art.
964 Imposte e altri pesi Le imposte e gli altri pesi che gravano sul fondo sono
a carico dell'enfiteuta, salve le disposizioni delle leggi speciali. Se in
virtù del Titolo costitutivo sono a carico del concedente, tale obbligo non può
eccedere l'ammontare del canone. Art. 965 Disponibilità del diritto
dell'enfiteuta L'enfiteuta può disporre del proprio diritto, sia per atto tra
vivi (1350 n. 2, 2643 n. 2, 2810), sia per atto di ultima volontà (587, 2648).
Per l'alienazione del diritto dell'enfiteuta non è dovuta alcuna prestazione al
concedente (att. 145). Nell'atto costitutivo può essere vietato all'enfiteuta
di disporre per atto tra vivi, in tutto o in parte, del proprio diritto, per un
tempo non maggiore di venti anni (1379). Nel caso di alienazione compiuta
contro tale divieto, l'enfiteuta non è liberato dai suoi obblighi (1960) verso
il concedente ed e tenuto a questi solidalmente (1292 e seguenti) con
l'acquirente. Art. 966 Prelazione a favore del concedente (abrogato) Art. 967
Diritti e obblighi dell'enfiteuta e del concedente in caso di alienazione In
caso di alienazione, il nuovo enfiteuta è obbligato solidalmente (1292 e
seguenti) col precedente al pagamento dei canoni non soddisfatti. Il precedente
enfiteuta non è liberato dai suoi obblighi, prima che sia stato notificato
l'atto di acquisto al concedente. In caso di alienazione del diritto del
concedente, l'acquirente non può pretendere l'adempimento degli obblighi
dell'enfiteuta prima che a questo sia stata notificata l'alienazione (1264).
Art. 968 Subenfiteusi La subenfiteusi non è ammessa. Art. 969 Ricognizione Il
concedente può richiedere la ricognizione del proprio diritto da chi si trova
nel possesso del fondo enfiteutico un anno prima del compimento del ventennio
(2720). Per atto di ricognizione non è dovuta alcuna prestazione (2699, 2702).
Le spese dell'atto sono a carico del concedente. Art. 970 Prescrizione del
diritto dell'enfiteuta Il diritto dell'enfiteuta si prescrive per effetto del
non uso protratto per venti anni (2934 e seguenti). Art. 971 Affrancazione Se
più sono gli enfiteuti, l'affrancazione può promuoversi anche da uno solo di
essi, ma per la totalità. In questo caso l'affrancante subentra (1203) nei
diritti del concedente verso gli altri enfiteuti, salva, a favore di questi,
una riduzione proporzionale del canone. Se più sono i concedenti,
l'affrancazione può effettuarsi per la quota che spetta a ciascun concedente.
L'affrancazione si opera mediante il pagamento di una somma (2815) risultante
dalla capitalizzazione del canone annuo sulla base dell'interesse legale
(1284). Le modalità sono stabilite da leggi speciali (att. 58). Art. 972
Devoluzione Il conducente può chiedere la devoluzione del fondo enfiteutico
(2653, n. 2): * se l'enfiteuta deteriora il fondo o non adempie all'obbligo di
migliorarlo; * se l'enfiteuta è in mora nel pagamento di due annualità di
canone (1219). La devoluzione non ha luogo se l'enfiteuta ha effettuato il
pagamento dei canoni maturati prima che sia intervenuta nel giudizio sentenza
(2655), ancorché di primo grado, che abbia accolto la domanda (att. 149). La
domanda di devoluzione non preclude all'enfiteuta il diritto di affrancare,
sempre che ricorrano le condizioni previste dall'art. 971. Art. 973 Clausola
risolutiva espressa La dichiarazione del concedente di valersi della clausola
risolutiva espressa (1456) non impedisce l'esercizio del diritto di
affrancazione. Art. 974 Diritti dei creditori dell'enfiteuta I creditori
dell'enfiteuta possono intervenire nel giudizio di devoluzione per conservare
le loro ragioni (2900), valendosi all'uopo anche del diritto di affrancazione
che spetti all'enfiteuta; possono offrire il risarcimento dei danni e dare
cauzione (1119) per l'avvenire (att. 149). I creditori, che hanno iscritto
ipoteca contro l'enfiteuta anteriormente alla trascrizione della domanda di
devoluzione e ai quali questa non è stata notificata in tempo utile per poter
intervenire, conservano il diritto di affrancazione anche dopo avvenuta la
devoluzione (2653, n. 2). Art. 975 Miglioramenti e addizioni Quando cessa
l'enfiteusi all'enfiteuta spetta il rimborso dei miglioramenti nella misura dell'aumento
di valore conseguito dal fondo per effetto dei miglioramenti stessi, quali sono
accertati al tempo della riconsegna. Se in giudizio è stata fornita qualche
prova della sussistenza in genere dei miglioramenti, all'enfiteuta compete la
ritenzione del fondo fino a quando non è soddisfatto il suo credito. Per le
addizioni fatte dall'enfiteuta, quando possono essere tolte senza nocumento del
fondo, il concedente, se vuole ritenerle, deve pagarne il valore al tempo della
riconsegna. Se le addizioni non sono separabili senza nocumento e costituiscono
miglioramento, si applica la disposizione del primo comma di questo articolo
(att. 157). Art. 976 Locazioni concluse dall'enfiteuta Per le locazioni
concluse dall'enfiteuta si applicano le norme dell'art. 999. Art. 977 Enfiteusi
costituite dalle persone giuridiche Le disposizioni contenute negli articoli
precedenti si applicano anche alle enfiteusi costituite dalle persone
giuridiche, salvo che sia disposto diversamente dalle leggi speciali. Titolo V
Dell'usufrutto, dell'uso e dell'abitazione Capo I Dell'usufrutto Sezione I
Disposizioni generali Art. 978 Costituzione L'usufrutto è stabilito dalla legge
(324, 540 e seguenti, 581, 1153) o dalla volontà dell'uomo (587, 1350 n. 2,
1376, 2643 n. 2, 2684). Può anche acquistarsi per usucapione (1158 e seguenti).
Art. 979 Durata La durata dell'usufrutto non può eccedere la vita
dell'usufruttuario (678, 698, 796, 853, 1014). L'usufrutto costituito a favore
di una persona giuridica non può durare più di trenta anni (999, 1014). Art.
980 Cessione dell'usufrutto L'usufruttuario può cedere il proprio diritto per
un certo tempo o per tutta la sua durata, se ciò non è vietato dal Titolo
costitutivo (1002, 1350 n. 2, 2643 n. 2, 2810). La cessione dev'essere
notificata al proprietario; finché non sia stata notificata, l'usufruttuario è
solidalmente obbligato con il cessionario verso il proprietario (1292). Sezione
II Dei diritti nascenti dall'usufrutto Art. 981 Contenuto del diritto di
usufrutto L'usufruttuario ha diritto di godere della cosa, ma deve rispettarne
la destinazione economica. Egli può trarre dalla cosa ogni utilità che questa
può dare (1998), fermi i limiti stabiliti in questo Capo. Art. 982 Possesso
della cosa L'usufruttuario ha il diritto di conseguire il possesso della cosa
di cui ha l'usufrutto, salvo quanto è disposto dall'art. 1002. Art. 983
Accessioni L'usufrutto si estende a tutte le accessioni della cosa (817 e
seguenti, 934 e seguenti). Se il proprietario dopo l'inizio dell'usufrutto, con
il consenso dell'usufruttuario, ha fatto nel fondo costruzioni o piantagioni,
l'usufruttuario è tenuto a corrispondere gli interessi (1284) sulle somme
impiegate. La norma si applica anche nel caso in cui le costruzioni o
piantagioni sono state fatte per disposizione della pubblica autorità. Art. 984
Frutti I frutti naturali e i frutti civili spettano all'usufruttuario per la
durata del suo diritto (820 s ) Se il proprietario e l'usufruttuario si
succedono nel godimento della cosa entro l'anno agrario o nel corso di un
periodo produttivo di maggiore durata, l'insieme di tutti i frutti si
ripartisce fra l'uno e l'altro in proporzione della durata del rispettivo
diritto nel periodo stesso (199; att. 150). Le spese per la produzione e il
raccolto sono a carico del proprietario e dell'usufruttuario nella proporzione
indicata dal comma precedente ed entro i limiti del valore dei frutti (821).
Art. 985 Miglioramenti L'usufruttuario ha diritto a un'indennità per i
miglioramenti che sussistono al momento della restituzione della cosa (att.
157). L'indennità si deve corrispondere nella minor somma tra l'importo della
spesa e l'aumento di valore conseguito dalla cosa per effetto dei
miglioramenti. L'autorità giudiziaria, avuto riguardo alle circostanze, può
disporre che il pagamento della indennità prevista dai commi precedenti sia
fatto ratealmente, imponendo in questo caso idonea garanzia (1179, Cod. Proc.
Civ. 119). Art. 986 Addizioni L'usufruttuario può eseguire addizioni che non
alterino la destinazione economica della cosa. Egli ha diritto di toglierle
alla fine dell'usufrutto, qualora ciò possa farsi senza nocumento della cosa,
salvo che il proprietario preferisca ritenere le addizioni stesse. In questo
caso deve essere corrisposta all'usufruttuario un'indennità pari alla minor
somma tra l'importo della spesa e il valore delle addizioni al tempo della
riconsegna. Se le addizioni non possono separarsi senza nocumento della cosa e
costituiscono miglioramento di essa si applicano le disposizioni relative ai
miglioramenti (att. 157). Art. 987 Miniere, cave e torbiere L'usufruttuario
gode delle cave e torbiere (826) già aperte e in esercizio all'inizio
dell'usufrutto. Non ha facoltà di aprirne altre senza il consenso del
proprietario. Per le ricerche e le coltivazioni minerarie, di cui abbia ottenuto
il permesso, l'usufruttuario deve indennizzare il proprietario dei danni che
saranno accertati alla fine dell'usufrutto. Se il permesso è stato ottenuto dal
proprietario o da un terzo, questi devono al: l'usufruttuario un'indennità
corrispondente al diminuito godimento del fondo durante l'usufrutto. Art. 988
Tesoro Il diritto dell'usufruttuario non si estende al tesoro che si scopra
durante l'usufrutto, salve le ragioni che gli possono competere come
ritrovatore (932). Art. 989 Boschi, filari e alberi sparsi di alto fusto Se
nell'usufrutto sono compresi boschi o filari cedui ovvero boschi o filari di
alto fusto destinati alla produzione di legna, l'usufruttuario può procedere ai
tagli ordinari, curando il mantenimento dell'originaria consistenza dei boschi
o dei filari e provvedendo, se occorre, alla loro ricostituzione. Circa il
modo, l'estensione, l'ordine e l'epoca dei tagli, l'usufruttuario è tenuto a
uniformarsi, oltre che alle leggi e ai regolamenti forestali, alla pratica
costante della regione. Le stesse regole si applicano agli alberi di alto fusto
sparsi per la campagna, destinati ad essere tagliati. Art. 990 Alberi di alto
fusto divelti, spezzati o periti Gli alberi di alto fusto divelti, spezzati o
periti per accidente spettano al proprietario. L'usufruttuario può servirsi di
essi soltanto per le riparazioni che sono a suo carico. Art. 991 Alberi
fruttiferi Gli alberi fruttiferi che periscono e quelli divelti o spezzati per
accidente appartengono all'usufruttuario, ma questi ha l'obbligo di sostituirne
altri. Art. 992 Pali per vigne e per altre coltivazioni L'usufruttuario può
prendere nei boschi i pali occorrenti per le vigne e per le altre coltivazioni
che ne abbisognano, osservando sempre la pratica costante della regione. Art.
993 Semenzai L'usufruttuario può servirsi dei piantoni dei semenzai, ma deve
osservare la pratica costante della regione per il tempo e il modo della
estrazione e per la rimessa dei virgulti. Art. 994 Perimento delle mandrie o
dei greggi Se l'usufrutto e stabilito sopra una mandria o un gregge,
l'usufruttuario e tenuto a surrogare gli animali periti, fino alla concorrente
quantità dei nati, dopo che la mandria o il gregge ha cominciato ad essere
mancante del numero primitivo. Se la mandria o il gregge perisce interamente
per causa non imputabile all'usufruttuario, questi non è obbligato verso il
proprietario che a rendere conto delle pelli o del loro valore. Art. 995 Cose
consumabili Se l'usufrutto comprende cose consumabili (7502), l'usufruttuario
ha diritto di servirsene e ha l'obbligo di pagarne il valore al termine
dell'usufrutto secondo la stima convenuta. Mancando la stima, e in facoltà
dell'usufruttuario di pagare le cose secondo il valore che hanno al tempo in
cui finisce l'usufrutto o di restituirne altre in eguale qualità e quantità
(1258). Art. 996 Cose deteriorabili Se l'usufrutto comprende cose che, senza
consumarsi in un tratto, si deteriorano a poco a poco, l'usufruttuario ha
diritto di servirsene secondo l'uso al quale sono destinate, e alla fine dell'usufrutto
e soltanto tenuto a restituirle nello stato in cui si trovano. Art. 997
Impianti, opifici e macchinari Se l'usufrutto comprende impianti, opifici o
macchinari che hanno una destinazione produttiva, l'usufruttuario è tenuto a
riparare e a sostituire durante l'usufrutto le parti che si logorano, in modo
da assicurare il regolare funzionamento delle cose suddette. Se l'usufruttuario
ha sopportato spese che eccedono quelle delle ordinarie riparazioni (1004), il
proprietario, al termine dell'usufrutto, è tenuto a corrispondergli una congrua
indennità (2651). Art. 998 Scorte vive e morte Le scorte vive e morte di un
fondo devono essere restituite in eguale quantità e qualità. L'eccedenza o la
deficienza di esse deve essere regolata in danaro, secondo il loro valore al
termine dell'usufrutto. Art. 999 Locazioni concluse dall'usufruttuario Le
locazioni concluse dall'usufruttuario, in corso al tempo della cessazione
dell'usufrutto, purché constino da atto pubblico (2699) o da scrittura privata
di data certa (2704) anteriore, continuano per la durata stabilita (1599), ma
non oltre il quinquennio dalla cessazione dell'usufrutto. Se la cessazione
dell'usufrutto avviene per la scadenza del termine stabilito, le locazioni non
durano in ogni caso se non per l'anno e, trattandosi di fondi rustici dei quali
il principale raccolto è biennale o triennale, se non per il biennio o triennio
che si trova in corso al tempo in cui cessa l'usufrutto (att. 51). Art. 1000
Riscossione di capitali Per la riscossione di somme che rappresentano un
capitale gravato d'usufrutto (1998), è necessario il concorso del titolare del
credito e dell'usufruttuario. Il pagamento fatto a uno solo di essi non è
opponibile all'altro, salve in ogni caso le norme relative alla cessione dei
crediti (260 e seguenti). Il capitale riscosso dev'essere investito in modo
fruttifero e su di esso si trasferisce l'usufrutto. Se le parti non sono
d'accordo sul modo d'investimento, provvede l'autorità giudiziaria (1998).
Sezione III Degli obblighi nascenti dall'usufrutto Art. 1001 Obbligo di
restituzione. Misura della diligenza L'usufruttuario deve restituire le cose
che formano oggetto del suo diritto, al termine dell'usufrutto, salvo quanto è
disposto dall'art. 995 (2930). Nel godimento della cosa egli deve usare la
diligenza del buon padre di famiglia (1176). Art. 1002 Inventario e garanzia
L'usufruttuario prende le cose nello stato in cui si trovano (982). Egli è
tenuto a fare a sue spese l'inventario dei beni, previo avviso al proprietario
(Cod. Proc. Civ. 769). Quando l'usufruttuario è dispensato dal fare
l'inventario, questo può essere richiesto dal proprietario a sue spese.
L'usufruttuario deve inoltre dare idonea garanzia (1179). Dalla prestazione
della garanzia sono dispensati i genitori che hanno l'usufrutto legale sui beni
dei loro figli minori (324). Sono anche dispensati il venditore e il donante
con riserva d'usufrutto (796); ma, qualora questi cedano l'usufrutto, il
cessionario è tenuto a prestare garanzia. L'usufruttuario non può conseguire il
possesso dei beni (982) prima di aver adempiuto gli obblighi su indicati. Art.
1003 Mancanza o insufficienza della garanzia Se l'usufruttuario non presta la
garanzia a cui e tenuto, si osservano le disposizioni seguenti: * gli immobili
sono locati o messi sotto amministrazione, salva la facoltà all'usufruttuario
di farsi assegnare per propria abitazione una casa compresa nell'usufrutto.
L'amministrazione è affidata, con il consenso dell'usufruttuario, al
proprietario o altrimenti a un terzo scelto di comune accordo tra proprietario
e usufruttuario o, in mancanza di tale accordo, nominato dall'autorità
giudiziaria (att. 59); * il danaro è collocato a interesse (1000-2); * i titoli
al portatore si convertono in nominativi a favore del proprietario con il
vincolo dell'usufrutto, ovvero si depositano presso una terza persona, scelta
dalle parti, o presso un istituto di credito, la cui designazione, in caso di
dissenso, e fatta dall'autorità giudiziaria; * le derrate sono vendute e il
loro prezzo è parimenti collocato a interesse (1000-2). In questi casi
appartengono all'usufruttuario gli interessi dei capitali, le rendite, le
pigioni e i fitti. Se si tratta di mobili i quali si deteriorano con l'uso, il
proprietario può chiedere che siano venduti e ne sia impiegato il prezzo come
quello delle derrate. L'usufruttuario può nondimeno domandare che gli siano
lasciati i mobili necessari per il proprio uso. Art. 1004 Spese a carico
dell'usufruttuario Le spese e, in genere, gli oneri relativi alla custodia,
amministrazione e manutenzione ordinaria della cosa sono a carico
dell'usufruttuario. Sono pure a suo carico le riparazioni straordinarie rese
necessarie dall'inadempimento degli obblighi di ordinaria manutenzione. Art.
1005 Riparazioni straordinarie Le riparazioni straordinarie sono a carico del
proprietario. Riparazioni straordinarie sono quelle necessarie ad assicurare la
stabilità dei muri maestri e delle volte, la sostituzione delle travi, il
rinnovamento, per intero o per una parte notevole, dei tetti, solai, scale,
argini, acquedotti, muri di sostegno o di cinta. L'usufruttuario deve
corrispondere al proprietario, durante l'usufrutto, l'interesse (1284) delle
somme spese per le riparazioni straordinarie. Art. 1006 Rifiuto del
proprietario alle riparazioni Se il proprietario rifiuta di eseguire le
riparazioni poste a suo carico o ne ritarda l'esecuzione senza giusto motivo, e
in facoltà dell'usufruttuario di farle eseguire a proprie spese. Le spese
devono essere rimborsate alla fine dell'usufrutto senza interesse. A garanzia del
rimborso l'usufruttuario ha diritto di ritenere l'immobile riparato (2756; att.
152). Art. 1007 Rovina parziale di edificio accessorio Le disposizioni dei due
articoli precedenti si applicano anche nel caso in cui, per vetusta o caso
fortuito, rovini soltanto in parte l'edificio che formava accessorio necessario
del fondo soggetto a usufrutto. Art. 1008 Imposte e altri pesi a carico del
l'usufruttuario L'usufruttuario è tenuto per la durata del suo diritto, ai
carichi annuali, come le imposte, i canoni, le rendite fondiarie e gli altri
pesi che gravano sul reddito. Per l'anno in corso al principio e alla fine
dell'usufrutto questi carichi si ripartiscono tra il proprietario e
l'usufruttuario in proporzione della durata del rispettivo diritto (984). Art. 1009
Imposte e altri pesi a carico del proprietario Al pagamento dei carichi imposti
sulla proprietà durante l'usufrutto, salvo diverse disposizioni di legge, è
tenuto il proprietario, ma l'usufruttuario gli deve corrispondere l'interesse
(1284) della somma pagata. Se l'usufruttuario ne anticipa il pagamento, ha
diritto di essere rimborsato del capitale alla fine dell'usufrutto. Art. 1010
Passività gravanti su eredità in usufrutto L'usufruttuario di un'eredità o di
una quota di eredità (588) è obbligato a pagare per intero, o in proporzione
della quota, le annualità e gli interessi dei debiti o dei legati da cui
l'eredità stessa sia gravata. Per il pagamento del capitale dei debiti o dei
legati, che si renda necessario durante l'usufrutto, e in facoltà dell'usufruttuario
di fornire la somma occorrente, che gli deve essere rimborsata senza interesse
alla fine dell'usufrutto. Se l'usufruttuario non può o non vuole fare questa
anticipazione, il proprietario può pagare tale somma, sulla quale
l'usufruttuario deve corrispondergli l'interesse (1284) durante l'usufrutto, o
può vendere una porzione dei beni soggetti all'usufrutto fino alla concorrenza
della somma dovuta. Se per il pagamento dei debiti si rende necessaria la
vendita dei beni, questa è fatta d'accordo tra proprietario e usufruttuario,
salvo ricorso all'autorità giudiziaria in caso di dissenso. L'espropriazione
forzata deve seguire contro ambedue. Art. 1011 Ritenzione per le somme
anticipate Nelle ipotesi contemplate dal secondo comma dell'art. 1009 e dal
secondo comma dell'art. 1010, l'usufruttuario ha diritto di ritenzione sui beni
che sono in suo possesso fino alla concorrenza della somma a lui dovuta (att.
152). Art. 1012 Usurpazioni durante l'usufrutto e azioni relative alle servitù
Se durante l'usufrutto un terzo commette usurpazione sul fondo o altrimenti
offende le ragioni del proprietario, l'usufruttuario e tenuto a fargliene
denunzia e, omettendola, è responsabile dei danni che eventualmente siano
derivati al proprietario. L'usufruttuario può far riconoscere (2653)
l'esistenza delle servitù a favore del fondo (1079) o l'inesistenza di quelle
che si pretende di esercitare sul fondo medesimo (949); egli deve in questi
casi chiamare in giudizio il proprietario (Cod. Proc. Civ. 102). Art. 1013
Spese per le liti Le spese delle liti che riguardano tanto la proprietà quanto
l'usufrutto sono sopportate dal proprietario e dall'usufruttuario in
proporzione del rispettivo interesse. Sezione IV Estinzione e modificazioni
dell'usufrutto Art. 1014 Estinzione dell'usufrutto Oltre quanto è stabilito
dall'art. 979 (328), l'usufrutto si estingue: * per prescrizione per effetto
del non uso durato per venti anni (2934 e seguenti); * per la riunione
dell'usufrutto e della proprietà nella stessa persona (2814); * per il totale
perimento della cosa su cui è costituito (1016 e seguenti). Art. 1015 Abusi
dell'usufruttuario L'usufrutto può anche cessare per l'abuso (2561, 2814) che
faccia l'usufruttuario del suo diritto alienando i beni o deteriorandoli o
lasciandoli andare in perimento per mancanza di ordinarie riparazioni (1004).
L'autorità giudiziaria può, secondo le circostanze, ordinare che
l'usufruttuario dia garanzia, qualora ne sia esente, o che i beni siano locati
o posti sotto amministrazione a spese di lui, o anche dati in possesso al
proprietario con l'obbligo di pagare annualmente all'usufruttuario, durante
l'usufrutto, una somma determinata. I creditori dell'usufruttuario possono
intervenire nel giudizio per conservare le loro ragioni, offrire il
risarcimento dei danni e dare garanzia per l'avvenire (2900). Art. 1016
Perimento parziale della cosa Se una sola parte della cosa soggetta
all'usufrutto perisce, l'usufrutto si conserva sopra ciò che rimane. Art. 1017
Perimento della cosa per colpa o dolo di terzi Se il perimento della cosa non è
conseguenza di caso fortuito, l'usufrutto si trasferisce sull'indennità dovuta
dal responsabile del danno. Art. 1018 Perimento dell'edificio Se l'usufrutto è
stabilito sopra un fondo, del quale fa parte un edificio, e questo viene in
qualsiasi modo a perire, l'usufruttuario ha diritto di godere dell'area e dei
materiali. La stessa disposizione si applica se l'usufrutto e stabilito
soltanto sopra un edificio. In tal caso, però, il proprietario, se intende
costruire un altro edificio, ha il diritto di occupare l'area e di valersi dei
materiali, pagando all'usufruttuario, durante l'usufrutto, gli interessi (1284)
sulla somma corrispondente al valore dell'area e dei materiali. Art. 1019
Perimento di cosa assicurata dall'usufruttuario Se l'usufruttuario ha
provveduto all'assicurazione della cosa o al pagamento dei premi per la cosa
già assicurata, l'usufrutto si trasferisce sull'indennità dovuta
dall'assicuratore. Se è perito un edificio e il proprietario intende di
ricostruirlo con la somma conseguita come indennità, l'usufruttuario non può
opporsi. L'usufrutto in questo caso si trasferisce sull'edificio ricostruito.
Se però la somma impiegata nella ricostruzione è maggiore di quella spettante
in usufrutto, il diritto dell'usufruttuario sul nuovo edificio è limitato in
proporzione di quest'ultima. Art. 1020 Requisizione o espropriazione Se la cosa
è requisita o espropriata per pubblico interesse, l'usufrutto si trasferisce
sull'indennità relativa (1000). Capo II Dell'uso e dell'abitazione Art. 1021
Uso Chi ha il diritto d'uso di una cosa, può servirsi di essa e, se è
fruttifera, può raccogliere i frutti (821) per quanto occorre ai bisogni suoi e
della sua famiglia (1023 e seguenti, 1100). I bisogni si devono valutare
secondo la condizione sociale del titolare del diritto. Art. 1022 Abitazione
Chi ha il diritto di abitazione di una casa può abitarla limitatamente ai
bisogni suoi e della sua famiglia. Art. 1023 Ambito della famiglia Nella
famiglia si comprendono anche i figli nati dopo che è cominciato il diritto
d'uso o d'abitazione, quantunque nel tempo in cui il diritto e sorto la persona
non avesse contratto matrimonio. Si comprendono inoltre i figli adottivi (291 e
seguenti), i figli naturali riconosciuti (250 e seguenti) e gli affiliati (404
e seguenti), anche se l'adozione, il riconoscimento o l'affiliazione sono
seguiti dopo che il diritto era già sorto. Si comprendono infine le persone che
convivono con il titolare del diritto per prestare a lui o alla sua famiglia i
loro servizi (att. 153). Art. 1024 Divieto di cessione I diritti di uso e di
abitazione non si possono cedere (853) o dare in locazione. Art. 1025 Obblighi
inerenti all'uso e all'abitazione Chi ha l'uso di un fondo e ne raccoglie tutti
i frutti o chi ha il diritto di abitazione e occupa tutta la casa e tenuto alle
spese di coltura, alle riparazioni ordinarie e al pagamento dei tributi come
l'usufruttuario (1004 e seguenti). Se non raccoglie che una parte dei frutti o
non occupa che una parte della casa, contribuisce in proporzione di ciò che
gode. Art. 1026 Applicabilità delle norme sull'usufrutto Le disposizioni
relative all'usufrutto (978 e seguenti) si applicano, in quanto compatibili,
all'uso e all'abitazione. Titolo VI Delle servitù prediali Capo I Disposizioni
generali Art. 1027 Contenuto del diritto La servitù prediale consiste nel peso
imposto sopra un fondo per l'utilità di un altro fondo appartenente a diverso
proprietario (1072, 1100). Art. 1028 Nozione dell'utilità L'utilità può
consistere anche nella maggiore comodità o amenità del fondo dominante. Può del
pari essere inerente alla destinazione industriale del fondo (1073 e seguente).
Art. 1029 Servitù per vantaggio futuro E' ammessa la costituzione di una
servitù per assicurare a un fondo un vantaggio futuro. E' ammessa altresì a
favore o a carico di un edificio da costruire o di un fondo da acquistare, ma
in questo caso la costituzione non ha effetto se non dal giorno in cui
l'edificio è costruito o il fondo è acquistato (1472). Art. 1030 Prestazioni
accessorie Il proprietario del fondo servente non e tenuto a compiere alcun
atto per rendere possibile l'esercizio della servitù da parte del titolare,
salvo che la legge o il Titolo disponga altrimenti (1069 e seguente, 1090 e
seguente). Art. 1031 Costituzione delle servitù Le servitù prediali possono
essere costituite coattivamente (853, 1032 e seguenti) o volontariamente (1058
e seguenti). Possono anche essere costituite per usucapione o per destinazione
del padre di famiglia (1061 e seguente). Capo II Delle servitù coattive Art.
1032 Modi di costituzione Quando, in forza di legge, il proprietario di un
fondo ha diritto di ottenere da parte del proprietario di un altro fondo la
costituzione di una servitù, questa, in mancanza di contratto, e costituita con
sentenza (2908, 2643 n. 14, 2932). Può anche essere costituita con atto
dell'autorità amministrativa nei casi specialmente determinati dalla legge (853
e seguenti). La sentenza stabilisce le modalità della servitù e determina
l'indennità dovuta. Prima del pagamento della indennità il proprietario del
fondo servente può opporsi all'esercizio della servitù. Sezione I
Dell'acquedotto e dello scarico coattivo Art. 1033 Obbligo di dare passaggio
alle acque Il proprietario è tenuto a dare passaggio per i suoi fondi alle acque
di ogni specie che si vogliono condurre da parte di chi ha, anche solo
temporaneamente, il diritto di utilizzarle per i bisogni della vita o per usi
agrari o industriali. Sono esenti da questa servitù le case, i cortili, i
giardini e le aie ad esse attinenti. Art. 1034 Apertura di nuovo acquedotto Chi
ha diritto di condurre acque per il fondo altrui deve costruire il necessario
acquedotto, ma non può far defluire le acque negli acquedotti già esistenti e
destinati al corso di altre acque. Il proprietario del fondo soggetto alla
servitù può tuttavia impedire la costruzione, consentendo il passaggio nei
propri acquedotti già esistenti, qualora ciò non rechi notevole pregiudizio
alla condotta che si domanda. In tal caso al proprietario dell'acquedotto è
dovuta un'indennità da determinarsi avuto riguardo all'acqua che s'introduce,
al valore dell'acquedotto, alle opere che si rendono necessarie per il nuovo
passaggio e alle maggiori spese di manutenzione. La facoltà indicata dal comma
precedente non è consentita al proprietario del fondo servente nei confronti
della pubblica amministrazione. Art. 1035 Attraversamento di acquedotti Chi
vuol condurre l'acqua per il fondo altrui può attraversare al di sopra o al di
sotto gli acquedotti preesistenti, appartengano essi al proprietario del fondo
o ad altri, purché esegua le opere necessarie a impedire ogni danno o
alterazione degli acquedotti stessi (1090). Art. 1036 Attraversamento di fiumi
o di strade Se per la condotta delle acque occorre attraversare strade pubbliche
o corsi di acque pubbliche, si osservano le leggi e i regolamenti sulle strade
e sulle acque. Art. 1037 Condizioni per la costituzione della servitù Chi vuol
far passare le acque sul fondo altrui deve dimostrare che può disporre
dell'acqua durante il tempo per cui chiede il passaggio; che la medesima è
sufficiente per l'uso al quale si vuol destinare; che il passaggio richiesto e
il più conveniente e il meno pregiudizievole al fondo servente, avuto riguardo
alle condizioni dei fondi vicini, al pendio e alle altre condizioni per la
condotta, per il corso e lo sbocco delle acque. Art. 1038 Indennità per
l'imposizione della servitù Prima di imprendere la costruzione dell'acquedotto,
chi vuol condurre acqua per il fondo altrui deve pagare il valore, secondo la stima,
dei terreni da occupare, senza detrazione delle imposte e degli altri carichi
inerenti al fondo, oltre l'indennità per i danni, ivi compresi quelli derivanti
dalla separazione in due o più parti o da altro deterioramento del fondo da
intersecare. Per i terreni, però, che sono occupati soltanto per il deposito
delle materie estratte e per il getto dello spurgo non si deve pagare che la
metà del valore del suolo, e sempre senza detrazione delle imposte e degli
altri incarichi inerenti; ma nei terreni medesimi il proprietario del fondo
servente può fare piantagioni e rimuovere e trasportare le materie ammucchiate,
purché tutto segua senza danno all'acquedotto, del suo spurgo e della sua
riparazione. Art. 1039 Indennità per il passaggio temporaneo Qualora il
passaggio delle acque sia domandato per un tempo non maggiore di nove anni, il
pagamento dei valori e delle indennità indicati dall'articolo precedente è
ristretto alla sola metà, ma con l'obbligo, scaduto il termine, di rimettere le
cose nel primitivo stato. Il passaggio temporaneo può essere reso perpetuo
prima della scadenza del termine mediante il pagamento dell'altra metà con gli
interessi legali (1284) dal giorno in cui il passaggio è stato praticato;
scaduto il termine, non si tiene più conto di ciò che è stato pagato per la
concessione temporanea. Art. 1040 Uso dell'acquedotto Chi possiede un
acquedotto nel fondo altrui non può immettervi maggiore quantità d'acqua, se
l'acquedotto non ne è capace o ne può venir danno al fondo servente. Se l'introduzione
di una maggior quantità d'acqua esige nuove opere, queste non possono farsi, se
prima non se ne determinano la natura e la qualità e non si paga la somma
dovuta per il suolo da occupare e per i danni nel modo stabilito dall'art.
1038. La stessa disposizione si applica anche quando per il passaggio
attraverso un acquedotto occorre sostituire una tomba a un ponte canale o
viceversa. Art. 1041 Letto dell'acquedotto E' sempre in facoltà del
proprietario del fondo servente di far determinare stabilmente il letto
dell'acquedotto con l'apposizione di capisaldi o soglie da riportarsi a punti
fissi. Se però di tale facoltà egli non ha fatto uso al tempo della concessione
dell'acquedotto, deve sopportare la metà delle spese occorrenti. Art. 1042
Obblighi inerenti all'uso di corsi contigui a fondi altrui Se un corso d'acqua
impedisce ai proprietari dei fondi contigui l'accesso ai medesimi, o la
continuazione dell'irrigazione o dello scolo delle acque, coloro che si servono
di quel corso sono obbligati, in proporzione del beneficio che ne ritraggono, a
costruire e a mantenere i ponti e i loro accessi sufficienti per un comodo e
sicuro transito, come pure le botti sotterranee, i ponti-canali o altre opere
simili per continuare l'irrigazione o lo scolo, salvi i diritti derivanti dal
Titolo o dall'usucapione. Art. 1043 Scarico coattivo Le disposizioni contenute
negli articoli precedenti per il passaggio delle acque si applicano anche se il
passaggio e domandato al fine di scaricare acque sovrabbondanti che il vicino non
consente di ricevere nel suo fondo. Lo scarico può essere anche domandato per
acque impure, purché siano adottate le precauzioni atte a evitare qualsiasi
pregiudizio o molestia. Art. 1044 Bonifica Ferme le disposizioni delle leggi
sulla bonifica e sul vincolo forestale, il proprietario che intende prosciugare
o bonificare le sue terre con fognature, con colmate o altri mezzi ha diritto,
premesso il pagamento dell'indennità e col minor danno possibile, di condurre
per fogne o per fossi le acque di scolo attraverso i fondi che separano le sue
terre da un corso d'acqua o da qualunque altro colatoio. Se il prosciugamento
risulta in contrasto con gli interessi di coloro che utilizzano le acque
provenienti dal fondo paludoso, e se gli opposti interessi non si possono
conciliare con opportune opere che importino una spesa proporzionata allo
scopo, l'autorità giudiziaria dà le disposizioni per assicurare l'interesse
prevalente, avuto in ogni caso riguardo alle esigenze generali della
produzione. Se si fa luogo al prosciugamento, può essere assegnata una congrua
indennità a coloro che al prosciugamento si sono opposti. Art. 1045
Utilizzazione di fogne o di fossi altrui I proprietari dei fondi attraversati
da fogne o da fosse altrui, o che altrimenti possono approfittare dei lavori
fatti in. forza dell'articolo precedente, hanno facoltà di servirsene per
risanare i loro fondi, a condizione che non ne venga danno ai fondi già
risanati e che essi sopportino le nuove spese occorrenti per modificare le
opere già eseguite, affinche queste siano in grado di servire anche ai fondi
attraversati, e inoltre sopportino una parte proporzionale delle spese già
fatte e di quelle richieste per il mantenimento delle opere, le quali divengono
comuni. Art. 1046 Norme per l'esecuzione delle opere Nell'esecuzione delle
opere indicate dagli articoli precedenti sono applicabili le disposizioni del
secondo comma dell'art. 1033 e degli artt. 1035 e 1036. Sezione II
Dell'appoggio e dell'infissione di chiusa Art. 1047 Contenuto della servitù Chi
ha diritto di derivare acque da fiumi, torrenti, rivi, canali, laghi o serbatoi
può, qualora sia necessario, appoggiare o infiggere una chiusa alle sponde, con
l'obbligo però di pagare la indennità e di fare e mantenere le opere atte ad
assicurare i fondi da ogni danno (1032). Art. 1048 Obblighi degli utenti Nella
derivazione e nell'uso delle acque a norma del precedente articolo, deve
evitarsi tra gli utenti superiori e gli inferiori ogni vicendevole pregiudizio
che possa provenire dallo stagnamento, dal rigurgito o dalla diversione delle
acque medesime. Sezione III Della somministrazione coattiva di acqua a un
edificio o a un fondo Art. 1049 Somministrazione di acqua a un edificio Se a
una casa o alle sue dipendenze manca l'acqua necessaria per l'alimentazione
degli uomini o degli animali e per gli altri usi domestici, e non è possibile
procurarla senza eccessivo dispendio, il proprietario del fondo vicino deve
(1032) consentire che sia dedotta l'acqua di sopravanzo nella misura
indispensabile per le necessità anzidette. Prima che siano iniziati i lavori,
deve pagarsi il valore dell'acqua, che si chiede di dedurre, calcolato per
un'annualità. Si devono altresì sostenere tutte le spese per le opere di presa
e di derivazione. Si applicano inoltre le disposizioni del primo comma
dell'art. 1038. In mancanza di convenzione, la sentenza determina le modalità
della derivazione e l'indennità dovuta (2908, 2932). Qualora si verifichi un
mutamento nelle condizioni originarie, la derivazione può essere soppressa su istanza
dell'una o dell'altra parte. Art. 1050 Somministrazione di acqua a un fondo Le
norme stabilite dall'articolo precedente si applicano anche se il proprietario
di un fondo non ha acqua per irrigarlo, quando le acque del fondo vicino
consentono una parziale somministrazione, dopo soddisfatto ogni bisogno
domestico, agricolo o industriale. Le disposizioni di questo articolo e del
precedente non si applicano nel caso in cui delle acque si dispone in forza di
concessione amministrativa. Sezione IV Del passaggio coattivo Art. 1051
Passaggio coattivo Il proprietario, il cui fondo è circondato da fondi altrui,
e che non ha uscita sulla via pubblica né può procurarsela senza eccessivo
dispendio o disagio, ha diritto (1032) di ottenere il passaggio sul fondo vicino
per la coltivazione e il conveniente uso del proprio fondo. Il passaggio si
deve stabilire (1350) in quella parte in cui l'accesso alla via pubblica e più
breve e riesce di minore danno al fondo sul quale è consentito. Esso può essere
stabilito anche mediante sottopassaggio, qualora ciò sia preferibile, avuto
riguardo al vantaggio del fondo dominante e al pregiudizio del fondo servente.
Le stesse disposizioni si applicano nel caso in cui taluno, avendo un passaggio
sul fondo altrui, abbia bisogno ai fini suddetti di ampliarlo per il transito
dei veicoli anche a trazione meccanica. Sono esenti da questa servitù le case,
i cortili, i giardini e le aie ad esse attinenti. Art. 1052 Passaggio coattivo
a favore di fondo non intercluso Le disposizioni dell'articolo precedente si
possono applicare anche se il proprietario del fondo ha un accesso alla via
pubblica, ma questo è inadatto o insufficiente ai bisogni del fondo e non può
essere ampliato. Il passaggio può essere concesso dall'autorità giudiziaria
(2908) solo quando questa riconosce che la domanda risponde alle esigenze
dell'agricoltura o della industria. Art. 1053 Indennità Nei casi previsti dai
due articoli precedenti e dovuta un'indennità proporzionata al danno cagionato
dal passaggio. Qualora, per attuare il passaggio, sia necessario occupare con
opere stabili o lasciare incolta una zona del fondo servente, il proprietario
che lo domanda deve, prima d'imprendere le opere o d'iniziare il passaggio,
pagare il valore della zona predetta nella misura stabilita dal primo comma
dell'art. 1038. Art. 1054 Interclusione per effetto di alienazione o di
divisione Se il fondo è divenuto da ogni parte chiuso per effetto di
alienazione a Titolo oneroso, il proprietario ha diritto di ottenere dall'altro
contraente il passaggio senza alcuna indennità (att. 154). La stessa norma si
applica in caso di divisione (1111). Art. 1055 Cessazione dell'interclusione Se
il passaggio cessa di essere necessario, può essere soppresso in qualunque
tempo a istanza del proprietario del fondo dominante o del fondo servente.
Quest'ultimo deve restituire il compenso ricevuto; ma l'autorità giudiziaria
può disporre una riduzione della somma, avuto riguardo alla durata della
servitù e al danno sofferto. Se l'indennità fu convenuta in annualità, la
prestazione cessa dall'anno successivo. Sezione V Dell'elettrodotto coattivo e
del passaggio coattivo di linee teleferiche Art. 1056 Passaggio di condutture
elettriche Ogni proprietario è tenuto (2908) a dare passaggio per i suoi fondi
alle condutture elettriche, in conformità delle leggi in materia. Art. 1057
Passaggio di vie funicolari Ogni proprietario è parimenti tenuto a lasciar
passare sopra il suo fondo le gomene di vie funicolari aeree a uso agrario o
industriale e a tollerare sul fondo le opere, i meccanismi e le occupazioni
necessarie a tale scopo, in conformità delle leggi in materia. Capo III Delle
servitù volontarie Art. 1058 Modi di costituzione Le servitù prediali possono
essere costituite per contratto (1061, 1321, 1350 n. 4, 2643 n. 4) o per
testamento (649 e seguenti, 2648). Art. 1059 Servitù concessa da uno dei
comproprietari La servitù concessa da uno dei comproprietari di un fondo
indiviso non è costituita se non quando gli altri l'hanno anch'essi concessa
unitamente o separatamente (1108). La concessione, però, fatta da uno dei
comproprietari, indipendentemente dagli altri, obbliga il concedente-e i suoi
eredi o aventi causa a non porre impedimento all'esercizio del diritto
concesso. Art. 1060 Servitù costituite dal nudo proprietario Il proprietario
può, senza il consenso dell'usufruttuario, imporre sul fondo le servitù che non
pregiudicano il diritto di usufrutto (981, 1078). Capo IV Delle servitù
acquistate per usucapione e per destinazione del padre di famiglia Art. 1061
Servitù non apparenti Le servitù non apparenti non possono acquistarsi per
usucapione (1158, att. 158) o per destinazione del padre di famiglia (1062).
Non apparenti sono le servitù quando non si hanno opere visibili e permanenti
destinate al loro esercizio. Art. 1062 Destinazione del padre di famiglia La
destinazione del padre di famiglia ha luogo quando consta, mediante qualunque
genere di prova (2697 e seguente), che due fondi, attualmente divisi, sono
stati posseduti dallo stesso proprietario, e che questi ha posto o lasciato le
cose nello stato dal quale risulta la servitù. Se i due fondi cessarono di
appartenere allo stesso proprietario, senza alcuna disposizione relativa alla
servitù, questa s'intende stabilita attivamente e passivamente a favore e sopra
ciascuno dei fondi separati. Capo V Dell'esercizio delle servitù Art. 1063
Norme regolatrici L'estensione e l'esercizio delle servitù sono regolati dal
Titolo e, in mancanza, dalle disposizioni seguenti. Art. 1064 Estensione del
diritto di servitù Il diritto di servitù comprende tutto ciò che è necessario
per usarne. Se il fondo viene chiuso (841), il proprietario deve lasciarne
libero e comodo l'ingresso a chi ha un diritto di servitù che renda necessario
il passaggio per il fondo stesso. Art. 1065 Esercizio conforme al Titolo o al
possesso Colui che ha un diritto di servitù non può usarne se non a norma del
suo Titolo o del suo possesso. Nel dubbio circa l'estensione e le modalità di
esercizio, la servitù deve ritenersi costituita in guisa da soddisfare il bisogno
del fondo dominante col minor aggravio del fondo servente. Art. 1066 Possesso
delle servitù Nelle questioni di possesso delle servitù si ha riguardo alla
pratica dell'anno antecedente e, se si tratta di servitù esercitate a
intervalli maggiori di un anno, si ha riguardo alla pratica dell'ultimo
godimento. Art. 1067 Divieto di aggravare o diminuire l'esercizio della servitù
Il proprietario del fondo dominante non può fare innovazioni che rendano più
gravosa la condizione del fondo servente. Il proprietario del fondo servente
non può compiere alcuna cosa che tenda a diminuire l'esercizio della servitù o
a renderlo più incomodo. Art. 1068 Trasferimento della servitù in luogo diverso
Il proprietario del fondo servente non può trasferire l'esercizio della servitù
in luogo diverso da quello nel quale è stata stabilita originariamente.
Tuttavia, se l'originario esercizio e divenuto più gravoso per il fondo
servente o se impedisce di fare lavori, riparazioni o miglioramenti, il
proprietario del fondo servente può offrire al proprietario dell'altro fondo un
luogo egualmente comodo per l'esercizio dei suoi diritti, e questi non può
ricusarlo (1350, 2643). Il cambiamento di luogo per l'esercizio della servitù
si può del pari concedere su istanza (Cod. Proc. Civ. 163) del proprietario del
fondo dominante, se questi prova che il cambiamento riesce per lui di notevole
vantaggio e non reca danno al fondo servente. L'autorità giudiziaria può anche
disporre che la servitù sia trasferita su altro fondo del proprietario del fondo
servente o di un terzo che vi acconsenta, purché l'esercizio di essa riesca
egualmente agevole al proprietario del fondo dominante. Art. 1069 Opere sul
fondo servente Il proprietario del fondo dominante, nel fare le opere
necessarie per conservare la servitù, deve scegliere il tempo e il modo che
siano per recare minore incomodo al proprietario del fondo servente. Egli deve
fare le opere a sue spese, salvo che sia diversamente stabilito dal Titolo o
dalla legge (1030). Se però le opere giovano anche al fondo servente, le spese
sono sostenute in proporzione dei rispettivi vantaggi. Art. 1070 Abbandono del
fondo servente Il proprietario del fondo servente, quando è tenuto in forza del
Titolo o della legge alle spese necessarie per l'uso o per !a conservazione
della servitù (1030), può sempre liberarsene, rinunziando alla proprietà del
fondo servente a favore del proprietario del fondo dominante (1350, 2643). Nel
caso in cui l'esercizio della servitù sia limitato a una parte del fondo, la
rinunzia può limitarsi alla parte stessa. Art. 1071 Divisione del fondo
dominante o del fondo servente Se il fondo dominante viene diviso, la servitù è
dovuta a ciascuna porzione, senza che però si renda più gravosa la condizione
del fondo servente. Se il fondo servente viene diviso e la servitù ricade su
una parte determinata del fondo stesso, le altre parti sono liberate. Capo VI
Dell'estinzione delle servitù Art. 1072 Estinzione per confusione La servitù si
estingue (853, 2812), quando in una sola persona si riunisce la proprietà del
fondo dominante con quella del fondo servente. Art. 1073 Estinzione per
prescrizione La servitù si estingue per prescrizione quando non se ne usa per
venti anni (2934 e seguenti). Il termine decorre dal giorno in cui si è cessato
di esercitarla; ma, se si tratta di servitù negativa o di servitù per il cui
esercizio non è necessario il fatto dell'uomo, il termine decorre dal giorno in
cui si è verificato un fatto che ne ha impedito l'esercizio. Nelle servitù che
si esercitano a intervalli, il termine decorre dal giorno in cui la servitù si
sarebbe potuta esercitare e non ne fu ripreso l'esercizio. Agli effetti
dell'estinzione si computa anche il tempo per il quale la servitù non fu
esercitata dai precedenti titolari. Se il fondo dominante appartiene a più
persone in comune, l'uso della servitù fatto da una di esse impedisce
l'estinzione riguardo a tutte. La sospensione o l'interruzione della
prescrizione (2941 e seguenti) a vantaggio di uno dei comproprietari giova
anche agli altri. Art. 1074 Impossibilità di uso e mancanza di utilità
L'impossibilità di fatto di usare della servitù e il venir meno dell'utilità
della medesima non fanno estinguere la servitù, se non è decorso il termine
indicato dall'articolo precedente. Art. 1075 Esercizio limitato della servitù
La servitù esercitata in modo da trarne un'utilità minore di quella indicata
dal Titolo si conserva per intero (att. 158). Art. 1076 Esercizio della servitù
non conforme al Titolo o al possesso L'esercizio di una servitù in tempo
diverso da quello determinato dal Titolo o dal possesso non ne impedisce
l'estinzione per prescrizione. Art. 1077 Servitù costituite sul fondo
enfiteutico Le servitù costituite dall'enfiteuta sul fondo enfiteutico cessano
quando l'enfiteusi si estingue per decorso del termine, per prescrizione o per
devoluzione (958, 970, 972). Art. 1078 Servitù costituite a favore del fondo
enfiteutico, dotale o in usufrutto Le servitù costituite dall'enfiteuta a
favore del fondo enfiteutico non cessano con l'estinguersi dell'enfiteusi. Lo
stesso vale per le servitù costituite dall'usufruttuario a favore del fondo di
cui ha l'usufrutto o dal marito a favore del fondo dotale (166 bis). Capo VII
Delle azioni a difesa delle servitù Art. 1079 Accertamento della servitù e
altri provvedimenti di tutela Il titolare della servitù può farne riconoscere
in giudizio l'esistenza contro chi ne contesta l'esercizio (949) e può far
cessare gli eventuali impedimenti e turbative (1168 e seguenti). Può anche
chiedere la rimessione delle cose in pristino, oltre il risarcimento dei danni
(2933). Capo VIII Di alcune servitù in materia di acque Sezione I Della servitù
di presa o di derivazione di acqua Art. 1080 Presa d'acqua continua Il diritto
alla presa d'acqua continua si può esercitare in ogni istante. Art. 1081 Modulo
d'acqua Nelle servitù in cui è convenuta ed espressa una costante quantità di
acqua, la quantità deve esprimersi in relazione al modulo. Il modulo è l'unità
di misura dell'acqua corrente. Esso è un corpo d'acqua che scorre nella
costante quantità di cento litri al minuto secondo e si divide in decimi,
centesimi e millesimi. Art. 1082 Forma della bocca e dell'edificio derivatore
Quando, per la derivazione di una data e costante quantità di acqua corrente, è
stata determinata la forma della bocca e dell'edificio derivatore, le parti non
possono chiederne la modificazione per eccedenza o deficienza d'acqua, salvo
che l'eccedenza o la deficienza provenga da variazioni seguite nel canale
dispensatore o nel corso delle acque in esso correnti. Se la forma non è stata
determinata, ma la bocca e l'edificio derivatore sono stati costruiti e
posseduti per cinque anni, non è neppure ammesso dopo tale tempo alcun reclamo
delle parti per eccedenza o deficienza d'acqua, salvo nel caso di variazione
seguita nel canale o nel corso delle acque. In mancanza di Titolo o di
possesso, la forma è determinata dall'autorità giudiziaria. Art. 1083
Determinazione della quantità d'acqua Quando la quantità d'acqua non è stata
determinata, ma la derivazione è stata fatta per un dato scopo, s'intende
concessa la quantità necessaria per lo scopo medesimo, e chi vi ha interesse
può in ogni tempo fare stabilire la forma della derivazione in modo che ne
venga assicurato l'uso necessario e impedito l'eccesso. Se però è stata determinata
la forma della bocca e dell'edificio derivatore, o se, in mancanza di titolo,
si e posseduta per cinque anni la derivazione in una data forma, non è ammesso
reclamo delle parti, se non nel caso indicato dall'articolo precedente. Art.
1084 Norme regolatrici della servitù Per l'esercizio della servitù di presa
d'acqua, quando non dispone il Titolo o non è possibile riferirsi al possesso
(1066), si osservano gli usi locali. In mancanza di tali usi si osservano le
disposizioni dei tre articoli seguenti. Art. 1085 Tempo d'esercizio della
servitù Il diritto alla presa d'acqua si esercita, per l'acqua estiva,
dall'equinozio di primavera a quello d'autunno; per l'acqua iemale,
dall'equinozio di autunno a quello di primavera. La distribuzione d'acqua per
giorni e per notti si riferisce al giorno e alla notte naturali. L'uso delle
acque nei giorni festivi è regolato dalle feste di precetto vigenti al tempo in
cui l'uso fu convenuto o in cui si è incominciato a possedere. Art. 1086
Distribuzione per ruota Nelle distribuzioni per ruota il tempo che impiega
l'acqua per giungere alla bocca di derivazione dell'utente si consuma a suo
carico, e la coda dell'acqua appartiene a quello di cui cessa il turno. Art.
1087 Acque sorgenti o sfuggite Nei canali soggetti a distribuzioni per ruota le
acque sorgenti o sfuggite, ma contenute nell'alveo del canale, non possono
trattenersi o derivarsi da un utente che al tempo del suo turno. Art. 1088
Variazione del turno tra gli utenti Gli utenti dei medesimi canali possono
variare o permutare tra loro il turno, purché tale cambiamento non rechi danno
agli altri. Art. 1089 Acqua impiegata come forza motrice Chi ha diritto di
servirsi dell'acqua come forza motrice non può, senza espressa disposizione del
titolo, impedirne o rallentarne il corso, procurandone il ribocco o ristagno.
Art. 1090 Manutenzione del canale Nella servitù di presa o di condotta d'acqua,
quando il Titolo non dispone altrimenti, il proprietario del fondo servente può
domandare che il canale sia mantenuto convenientemente spurgato e le sue sponde
siano tenute in istato di buona manutenzione a spese del proprietario del fondo
dominante (1030). Art. 1091 Obblighi del concedente fino al luogo di consegna
dell'acqua Se il Titolo non dispone diversamente, il concedente dell'acqua di
una fonte o di un canale è tenuto verso gli utenti a eseguire le opere
ordinarie e straordinarie per la derivazione e condotta dell'acqua fino al
punto in cui ne fa la consegna, a mantenere in buono stato gli edifici, a
conservare l'alveo e le sponde della fonte o del canale, a praticare i consueti
spurghi e a usare la dovuta diligenza, affinché la derivazione e la regolare
condotta dell'acqua siano in tempi debiti effettuate. Art. 1092 Deficienza
dell'acqua La deficienza dell'acqua deve essere sopportata da chi ha diritto di
prenderla e di usarla nel tempo in cui la deficienza si verifica. Tra diversi
utenti la deficienza dell'acqua deve essere sopportata prima da quelli che
hanno Titolo o possesso più recente, e tra utenti in parità di condizione dall'ultimo
utente. Tuttavia l'autorità giudiziaria, con provvedimento in camera di
consiglio, sentiti gli uffici tecnici competenti (att. 60), può modificare o
limitare i turni di utilizzazione e dare le altre disposizioni necessarie in
relazione alla quantità di acqua disponibile, agli usi e alle colture a cui
l'acqua è destinata. Il concedente dell'acqua è tenuto a una proporzionale
diminuzione del corrispettivo per la deficienza dell'acqua verificatasi per
causa naturale o per fatto altrui. Parimenti si fa luogo alle dovute indennità
in conseguenza delle modificazioni o limitazioni di turni, che siano state
disposte dall'autorità giudiziaria. Art. 1093 Riduzione della servitù Se la
servitù dà diritto di derivare acqua da un fondo e per fatti indipendenti dalla
volontà del proprietario si verifica una diminuzione dell'acqua tale che essa
non possa bastare alle esigenze del fondo servente, il proprietario di questo
può chiedere una riduzione della servitù, avuto riguardo ai bisogni di ciascun
fondo. In questo caso e dovuta una congrua indennità al proprietario del fondo
dominante. Sezione II Della servitù degli scoli e degli avanzi di acqua Art.
1094 Servitù attiva degli scoli Gli scoli o acque colaticce derivanti
dall'altrui fondo possono costituire oggetto di servitù a favore del fondo che
li riceve, all'effetto di impedire la loro diversione. Art. 1095 Usucapione
della servitù attiva degli scoli Nella servitù attiva degli scoli il termine
per l'usucapione (1158) comincia a decorrere dal giorno in cui il proprietario
del fondo dominante ha fatto sul fondo servente opere visibili e permanenti
(1061) destinate a raccogliere e condurre i detti scoli a vantaggio del proprio
fondo. Quando sul fondo servente è aperto un cavo destinato a raccogliere e
condurre gli scoli, il regolare spurgo e la manutenzione delle sponde fanno
presumere che il cavo sia opera del proprietario del fondo dominante, purché
non vi sia titolo, segno o prova in contrario. Si reputa segno contrario
l'esistenza sul cavo di opere costruite o mantenute dal proprietario del fondo
in cui il cavo è aperto. Art. 1096 Diritti del proprietario del fondo servente
La servitù degli scoli non toglie al proprietario del fondo servente il diritto
di usare liberamente dell'acqua a vantaggio del suo fondo, di cambiare la
coltivazione di questo e di abbandonare in tutto o in parte l'irrigazione. Art.
1097 Diritto agli avanzi d'acqua Quando l'acqua è concessa, riservata o
posseduta (1066) per un determinato uso, con restituzione al concedente o ad
altri di ciò che ne sopravanza, tale uso non può variarsi a danno del fondo a
cui la restituzione e dovuta. Art. 1098 Divieto di deviare acque di scolo o
avanzi d'acqua Il proprietario del fondo vincolato alla restituzione degli
scoli o degli avanzi d'acqua non può deviarne una parte qualunque adducendo di
avervi introdotto una maggiore quantità di acqua viva o un diverso corpo ma
deve lasciarli discendere nella totalità a favore del fondo dominante (1069).
Art. 1099 Sostituzione di acqua viva Il proprietario del fondo soggetto alla
servitù degli scoli o degli avanzi d'acqua può sempre liberarsi da tale servitù
mediante la concessione e l'assicurazione al fondo dominante di un corpo
d'acqua viva, la cui quantità è determinata dall'autorità giudiziaria, tenuto
conto di tutte le circostanze. Titolo VII Della comunione Capo I Della
comunione in generale Art. 1100 Norme regolatrici Quando la proprietà o altro
diritto reale spetta in comune a più persone, se il Titolo o la legge (Cod.
Nav. 258 e seguenti, 872 e seguenti) non dispone diversamente, si applicano le
norme seguenti (2711). Art. 1101 Quote dei partecipanti Le quote dei
partecipanti alla comunione si presumono uguali. Il concorso dei partecipanti,
tanto nei vantaggi quanto nei pesi della comunione, è in proporzione delle
rispettive quote. Art. 1102 Uso della cosa comune Ciascun partecipante può
servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non
impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro
diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie
per il migliore godimento della cosa. Il partecipante non può estendere il suo
diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti
idonei a mutare il Titolo del suo possesso (1164). Art. 1103 Disposizioni della
quota Ciascun partecipante può disporre del suo diritto e cedere ad altri il
godimento della cosa nei limiti della sua quota. Per le ipoteche costituite da
uno dei partecipanti si osservano le disposizioni contenute nel Capo IV del
Titolo III del libro VI (2825). Art. 1104 Obblighi dei partecipanti Ciascun
partecipante deve contribuire nelle spese necessarie per la conservazione e per
il godimento della cosa comune e nelle spese deliberate dalla maggioranza a
norma delle disposizioni seguenti, salva la facoltà di liberarsene con la
rinunzia al suo diritto (882). La rinunzia non giova al partecipante che abbia
anche tacitamente approvato la spesa. Il cessionario (1260) del partecipante e
tenuto in solido (1292 e seguenti) con il cedente a pagare i contributi da
questo dovuti e non versati. Art. 1105 Amministrazione Tutti i partecipanti
hanno diritto di concorrere nell'amministrazione della cosa comune (1106). Per
gli atti di ordinaria amministrazione le deliberazioni della maggioranza dei
partecipanti, calcolata secondo il valore delle loro quote, sono obbligatorie
per la minoranza dissenziente. Per la validità delle deliberazioni della
maggioranza si richiede che tutti i partecipanti siano stati preventivamente
informati dell'oggetto della deliberazione. Se non si prendono i provvedimenti
necessari per l'amministrazione della cosa comune o non si forma una
maggioranza, ovvero se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun
partecipante può ricorrere alla autorità giudiziaria. Questa provvede in camera
di consiglio e può anche nominare un amministratore (872). Art. 1106
Regolamento della comunione e nomina di amministratore Con la maggioranza
calcolata nel modo indicato dall'articolo precedente, può essere formato un
regolamento per l'ordinaria amministrazione e per il miglior godimento della
cosa comune. Nello stesso modo l'amministrazione può essere delegata ad uno o
più partecipanti, o anche a un estraneo, determinandosi i poteri e gli obblighi
dell'amministratore. Art. 1107 Impugnazione del regolamento Ciascuno dei
partecipanti dissenzienti può impugnare davanti all'autorità giudiziaria il
regolamento della comunione entro trenta giorni (2964) dalla deliberazione che
lo ha approvato. Per gli assenti il termine decorre dal giorno in cui e stata
loro comunicata la deliberazione. L'autorità giudiziaria decide con unica
sentenza sulle opposizioni proposte (1109). Decorso il termine indicato dal
comma precedente senza che il regolamento sia stato impugnato, questo ha
effetto anche per gli eredi e gli aventi causa dai singoli partecipanti. Art.
1108 Innovazioni e altri atti eccedenti l'ordinaria amministrazione Con
deliberazione della maggioranza dei partecipanti che rappresenti almeno due
terzi del valore complessivo della cosa comune, si possono disporre tutte le
innovazioni dirette al miglioramento della cosa o a renderne più comodo o
redditizio il godimento, purché esse non pregiudichino il godimento di alcuno
dei partecipanti e non importino una spesa eccessivamente gravosa. Nello stesso
modo si possono compiere gli altri atti eccedenti l'ordinaria amministrazione,
sempre che non risultino pregiudizievoli all'interesse di alcuno dei
partecipanti. E' necessario il consenso di tutti i partecipanti per gli atti di
alienazione o di costituzione di diritti reali sul fondo comune e per le
locazioni di durata superiore a nove anni. L'ipoteca può essere tuttavia
consentita dalla maggioranza indicata dal primo comma, qualora abbia lo scopo
di garantire la restituzione delle somme mutate per la ricostruzione o per il
miglioramento della cosa comune. Art. 1109 Impugnazione delle deliberazioni
Ciascuno dei componenti la minoranza dissenziente può impugnare davanti
all'autorità giudiziaria le deliberazioni della maggioranza: * nel caso
previsto dal secondo comma dell'art. 1105, se la deliberazione e gravemente
pregiudizievole alla cosa comune; * se non è stata osservata la disposizione
del terzo comma dell'art. 1105 * se la deliberazione relativa a innovazioni o
ad altri atti eccedenti l'ordinaria amministrazione e in contrasto con le norme
del primo e del secondo comma dell'art. 1108 (1137-2). L'impugnazione deve
essere proposta, sotto pena di decadenza (2964 e seguenti), entro trenta giorni
dalla deliberazione. Per gli assenti il termine decorre dal giorno in cui è
stata loro comunicata la deliberazione. In pendenza del giudizio, l'autorità
giudiziaria può ordinare la sospensione del provvedimento deliberato. Art. 1110
Rimborso di spese Il partecipante che, in caso di trascuranza degli altri partecipanti
o dell'amministratore, ha sostenuto spese necessarie per la conservazione della
cosa comune, ha diritto al rimborso. Art. 1111 Scioglimento della comunione
Ciascuno dei partecipanti può sempre domandare lo scioglimento della comunione
(1506); l'autorità giudiziaria può stabilire una congrua dilazione, in ogni
caso non superiore a cinque anni, se l'immediato scioglimento può pregiudicare
gli interessi degli altri (717). Il patto di rimanere in comunione per un tempo
non maggiore di dieci anni è valido e ha effetto anche per gli aventi causa dai
partecipanti. Se e stato stipulato per un termine maggiore di questo si riduce
a dieci anni. Se gravi circostanze lo richiedono, l'autorità giudiziaria può
ordinare lo scioglimento della comunione prima del tempo convenuto. Art. 1112
Cose non soggette a divisione Lo scioglimento della comunione non può essere
chiesto quando si tratta di cose che, se divise, cesserebbero di servire
all'uso a cui sono destinate. Art. 1113 Intervento nella divisione e
opposizione I creditori e gli aventi causa da un partecipante possono
intervenire nella divisione a proprie spese, ma non possono impugnare la
divisione già eseguita, a meno che abbiano notificato un'opposizione (2646)
anteriormente alla divisione stessa e salvo sempre ad essi l'esperimento
dell'azione revocatoria o dell'azione surrogatoria (2900 e seguenti). Nella
divisione che ha per oggetto beni immobili, l'opposizione, per l'effetto
indicato dal comma precedente, deve essere trascritta prima della trascrizione
dell'atto di divisione e, se si tratta di divisione giudiziale, prima della
trascrizione della relativa domanda. Devono essere chiamati a intervenire,
perché la divisione abbia effetto nei loro confronti, i creditori iscritti e
coloro che hanno acquistato diritti sull'immobile in virtù di atti soggetti a
trascrizione e trascritti prima della trascrizione dell'atto di divisione o
della trascrizione della domanda di divisione giudiziale (2646, 2685, 2825).
Nessuna ragione di prelevamento in natura per crediti nascenti dalla comunione
può opporsi contro le persone indicate dal comma precedente, eccetto le ragioni
di prelevamento nascenti da Titolo anteriore alla comunione medesima, ovvero da
collazione (737 e seguenti). Art. 1114 Divisione in natura La divisione ha luogo
in natura, se la cosa può essere comodamente divisa in parti corrispondenti
alle quote dei partecipanti (718 e seguenti). Art. 1115 Obbligazioni solidali
dei partecipanti Ciascun partecipante può esigere che siano estinte le
obbligazioni in solido (1292) contratte per la cosa comune, le quali siano
scadute o scadano entro l'anno dalla domanda di divisione. La somma per
estinguere le obbligazioni si preleva dal prezzo di vendita della cosa comune,
e, se la divisione ha luogo in natura, si procede alla vendita di una congrua
frazione della cosa, salvo diverso accordo tra i condividenti. Il partecipante
che ha pagato il debito in solido e non ha ottenuto rimborso concorre nella
divisione per una maggiore quota corrispondente al suo diritto verso gli altri condividenti.
Art. 1116 Applicabilità delle norme sulla divisione ereditaria Alla divisione
delle cose comuni si applicano le norme sulla divisione dell'eredità (713 e
seguenti, 757 e seguenti), in quanto non siano in contrasto con quelle sopra
stabilite. Capo II Del condominio negli edifici Art. 1117 Parti comuni
dell'edificio Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari dei diversi
piani o porzioni di piani di un edificio, se il contrario non risulta dal
titolo: * il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i
tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni d'ingresso, i vestiboli, gli
anditi, i portici, i cortili e in genere tutte le parti dell'edificio
necessarie all'uso comune; * i locali per la portineria e per l'alloggio del portiere,
per la lavanderia, per il riscaldamento centrale, per gli stenditoi e per altri
simili servizi in comune; * le opere, le installazioni, i manufatti di
qualunque genere che servono all'uso e al godimento comune, come gli ascensori,
i pozzi, le cisterne, gli acquedotti e inoltre le fognature e i canali di
scarico, gli impianti per l'acqua, per il gas, per l'energia elettrica, per il
riscaldamento e simili, fino al punto di diramazione degli impianti ai locali
di proprietà esclusiva dei singoli condomini. Art. 1118 Diritti dei
partecipanti sulle cose comuni Il diritto di ciascun condomino sulle cose
indicate dall'articolo precedente e proporzionato al valore del piano o
porzione di piano che gli appartiene, se il Titolo non dispone altrimenti. Il
condomino non può, rinunziando al diritto sulle cose anzidette, sottrarsi al
contributo nelle spese per la loro conservazione (1104). Art. 1119
Indivisibilità Le parti comuni dell'edificio non sono soggette a divisione, a
meno che la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l'uso della cosa a
ciascun condomino. Art. 1120 Innovazioni I condomini, con la maggioranza
indicata dal quinto comma dell'art. 1136, possono disporre tutte le innovazioni
dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle
cose comuni (1108). Sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio
alla stabilita o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro
architettonico o che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili
all'uso o al godimento anche di un solo condomino. Art. 1121 Innovazioni
gravose o voluttuarie Qualora l'innovazione importi una spesa molto gravosa o
abbia carattere voluttuario rispetto alle particolari condizioni e
all'importanza dell'edificio, e consista in opere, impianti o manufatti
suscettibili di utilizzazione separata, i condomini che non intendono trarne
vantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo nella spesa. Se
l'utilizzazione separata non è possibile, l'innovazione non è consentita, salvo
che la maggioranza dei condomini che l'ha deliberata o accettata intenda
sopportarne integralmente la spesa. Nel caso previsto dal primo comma i
condomini e i loro eredi o aventi causa possono tuttavia, in qualunque tempo,
partecipare ai vantaggi dell'innovazione, contribuendo nelle spese di
esecuzione e di manutenzione dell'opera. Art. 1122 Opere sulle parti
dell'edificio di proprietà comune Ciascun condomino, nel piano o porzione di
piano di sua proprietà, non può eseguire opere che rechino danno alle parti
comuni dell'edificio. Art. 1123 Ripartizione delle spese Le spese necessarie
per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per
la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni
deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura
proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione
(1104, att. 68 e seguenti). Se si tratta di cose destinate a servire i
condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell'uso
che ciascuno può farne. Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici
solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell'intero fabbricato,
le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini
che ne trae utilità (att. 63). Art. 1124 Manutenzione e ricostruzione delle
scale Le scale sono mantenute e ricostruite dai proprietari dei diversi piani a
cui servono. La spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del
valore dei singoli piani o porzioni di piano, e per l'altra metà in misura
proporzionale all'altezza di ciascun piano dal suolo (att. 68 e seguenti). Al
fine del concorso nella metà della spesa, che è ripartita in ragione del
valore, si considerano come piani le cantine, i palchi morti, le soffitte o camere
a tetto e i lastrici solari, qualora non siano di proprietà comune. Art. 1125
Manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai Le spese per
la manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai sono
sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani l'uno all'altro
sovrastanti, restando a carico del proprietario del piano superiore la
copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore
l'intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto. Art. 1126 Lastrici solari
di uso esclusivo Quando l'uso dei lastrici solari o di una parte di essi non è
comune a tutti i condomini, quelli che ne hanno l'uso esclusivo sono tenuti a
contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni o ricostruzioni del lastrico;
gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini dell'edificio o della
parte di questo a cui il lastrico solare serve, in proporzione del valore del
piano o della porzione di piano di ciascuno (att. 68 e seguenti). Art. 1127
Costruzione sopra l'ultimo piano dell'edificio Il proprietario dell'ultimo
piano dell'edificio può elevare nuovi piani o nuove fabbriche, salvo che
risulti altrimenti dal titolo. La stessa facoltà spetta a chi è proprietario
esclusivo del lastrico solare. La sopraelevazione non è ammessa se le
condizioni statiche dell'edificio non la consentono. I condomini possono
altresì opporsi alla sopraelevazione, se questa pregiudica l'aspetto
architettonico dell'edificio ovvero diminuisce notevolmente l'aria o la luce
dei piani sottostanti. Chi fa la sopraelevazione deve corrispondere agli altri
condomini un'indennità pari al valore attuale dell'area da occuparsi con la
nuova fabbrica, diviso per il numero dei piani, ivi compreso quello da
edificare, e detratto l'importo della quota a lui spettante. Egli e inoltre
tenuto a ricostruire il lastrico solare di cui tutti o parte dei condomini
avevano il diritto di usare. Art. 1128 Perimento totale o parziale
dell'edificio Se l'edificio perisce interamente o per una parte che rappresenti
i tre quarti del suo valore, ciascuno dei condomini può richiedere la vendita
all'asta del suolo e dei materiali, salvo che sia stato diversamente convenuto.
Nel caso di perimento di una parte minore, l'assemblea dei condomini delibera
circa la ricostruzione delle parti comuni dell'edificio, e ciascuno è tenuto a
concorrervi in proporzione dei suoi diritti sulle parti stesse. L'indennità
corrisposta per l'assicurazione relativa alle parti comuni e destinata alla
ricostruzione di queste. Il condomino che non intende partecipare alla
ricostruzione dell'edificio è tenuto a cedere (2932) agli altri condomini i
suoi diritti, anche sulle parti di sua esclusiva proprietà, secondo la stima
che ne sarà fatta, salvo che non preferisca cedere i diritti stessi ad alcuni
soltanto dei condomini. Art. 1129 Nomina e revoca dell'amministratore Quando i
condomini sono più di quattro, l'assemblea nomina un amministratore. Se
l'assemblea non provvede, la nomina è fatta dall'autorità giudiziaria, su
ricorso di uno o più condomini. L'amministratore dura in carica un anno e può
essere revocato in ogni tempo dall'assemblea. Può altresì essere revocato
dall'autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, oltre che nel caso
previsto dall'ultimo comma dell'art. 1131, se per due anni non ha reso il conto
della sua gestione, ovvero se vi sono fondati sospetti di gravi irregolarità
(att. 64). La nomina e la cessazione per qualunque causa dell'amministratore
dall'ufficio sono annotate in apposito registro (att. 71). Art. 1130
Attribuzioni dell'amministratore L'amministratore deve: eseguire le
deliberazioni dell'assemblea dei condomini e curare l'osservanza del
regolamento di condominio; disciplinare l'uso delle cose comuni e la
prestazione dei servizi nell'interesse comune, in modo che ne sia assicurato il
miglior godimento a tutti i condomini; riscuotere i contributi ed erogare le
spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio
e per l'esercizio dei servizi comuni; compiere gli atti conservativi dei
diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio. Egli, alla fine di ciascun
anno, deve rendere il conto della sua gestione. Art. 1131 Rappresentanza Nei
limiti delle attribuzioni stabilite dall'articolo precedente o dei maggiori
poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea,
l'amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio
sia contro i condomini sia contro i terzi. Può essere convenuto in giudizio per
qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio; a lui sono
notificati i provvedimenti dell'autorità amministrativa che si riferiscono allo
stesso oggetto. Qualora la citazione o il provvedimento abbia un contenuto che
esorbita dalle attribuzioni dell'amministratore, questi e tenuto a darne senza
indugio notizia all'assemblea dei condomini. L'amministratore che non adempie a
quest'obbligo può essere revocato (att. 64) ed è tenuto al risarcimento dei
danni. Art. 1132 Dissenso dei condomini rispetto alle liti Qualora l'assemblea
dei condomini abbia deliberato di promuovere una lite o di resistere a una
domanda, il condomino dissenziente, con atto notificato all'amministratore, può
separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite per il
caso di soccombenza. L'atto deve essere notificato entro trenta giorni (2964)
da quello in cui il condomino ha avuto notizia della deliberazione. Il
condomino dissenziente ha diritto di rivalsa per ciò che abbia dovuto pagare
alla parte vittoriosa. Se l'esito della lite è stato favorevole al condominio,
il condomino dissenziente che ne abbia tratto vantaggio è tenuto a concorrere
nelle spese del giudizio che non sia stato possibile ripetere dalla parte
soccombente. Art. 1133 Provvedimenti presi dall'amministratore I provvedimenti
presi dall'amministratore nell'ambito dei suoi poteri sono obbligatori per i
condomini. Contro i provvedimenti dell'amministratore e ammesso ricorso
all'assemblea, senza pregiudizio del ricorso all'autorità giudiziaria nei casi
e nel termine previsti dall'art. 1137. Art. 1134 Spese fatte dal condomino Il
condomino che ha fatto spese per le cose comuni senza autorizzazione
dell'amministratore o dell'assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si
tratti di spesa urgente (1110). Art. 1135 Attribuzioni dell'assemblea dei
condomini Oltre a quanto e stabilito dagli articoli precedenti, l'assemblea dei
condomini provvede (att. 66): * alla conferma dell'amministratore e
dell'eventuale sua retribuzione; * all'approvazione del preventivo delle spese
occorrenti durante l'anno e alla relativa ripartizione tra i condomini; *
all'approvazione del rendiconto annuale dell'amministratore e all'impiego del
residuo attivo della gestione; * alle opere di manutenzione straordinaria,
costituendo, se occorre, un fondo speciale. L'amministratore non può ordinare
lavori di manutenzione straordinaria, salvo che rivestano carattere urgente, ma
in questo caso deve riferirne nella prima assemblea. Art. 1136 Costituzione
dell'assemblea e validità delle deliberazioni L'assemblea è regolarmente
costituita con l'intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi
del valore dell'intero edificio e i due terzi dei partecipanti al condominio
(att. 67 e seguenti). Sono valide le deliberazioni approvate con un numero di
voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del
valore dell'edificio. Se l'assemblea non può deliberare per mancanza di numero,
l'assemblea di seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello
della prima e in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla medesima; la
deliberazione è valida se riporta un numero di voti che rappresenti il terzo
dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell'edificio. Le
deliberazioni che concernono la nomina e la revoca dell'amministratore o le
liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni
dell'amministratore medesimo, nonché le deliberazioni che concernono la
ricostruzione dell'edificio o riparazioni straordinarie di notevole entità
devono essere sempre prese con la maggioranza stabilita dal secondo comma. Le
deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni previste dal primo comma
dell'art. 1120 devono essere sempre approvate con un numero di voti che
rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del
valore dell'edificio. L'assemblea non può deliberare, se non consta che tutti i
condomini sono stati invitati alla riunione. Delle deliberazioni dell'assemblea
si redige processo verbale da trascriversi in un registro tenuto
dall'amministratore. NOTE Deroghe alle maggioranze previste dagli artt. 1120 e
1136 sono previste nelle seguenti leggi: * Legge 9 gennaio 1989 n. 13, art. 2
(eliminazione delle barriere architettoniche); * Legge 24 marzo 1989 n. 122,
art. 9 (realizzazione dei parcheggi nei condomini); * Legge 2 gennaio 1991 n
10, art. 26 (contenimento dei consumi energetici); * Legge 17 febbraio 1992 n.
127, art 15 (recupero del patrimonio edilizio). Art. 1137 Impugnazione delle
deliberazioni dell'assemblea Le deliberazioni prese dall'assemblea a norma
degli articoli precedenti sono obbligatorie per tutti i condomini (1105).
Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio,
ogni condomino dissenziente può fare ricorso all'autorità giudiziaria, ma il
ricorso non sospende l'esecuzione del provvedimento, salvo che la sospensione
sia ordinata dall'autorità stessa (1109). Il ricorso deve essere proposto,
sotto pena di decadenza (2964 e seguenti), entro trenta giorni, che decorrono
dalla data della deliberazione per i dissenzienti e dalla data di comunicazione
per gli assenti. Art. 1138 Regolamento di condominio Quando in un edificio il
numero dei condomini e superiore a dieci, deve essere formato un regolamento,
il quale contenga le norme circa l'uso delle cose comuni e la ripartizione
delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino,
nonché le norme per la tutela del decoro dell'edificio e quelle relative
all'amministrazione (att. 68 e seguenti, 155) Ciascun condomino può prendere
l'iniziativa per la formazione del regolamento di condominio o per la revisione
di quello esistente. Il regolamento deve essere approvato dall'assemblea con la
maggioranza stabilita dal secondo comma dell'art. 1136 e trascritto nel
registro indicato dall'ultimo comma dell'art. 1129 (att. 71). Esso può essere
impugnato a norma dell'art. 1107. Le norme del regolamento non possono in alcun
modo menomare i diritti di ciascun condomino, quali risultano dagli atti di
acquisto e dalle convenzioni, e in nessun caso possono derogare alle
disposizioni degli artt. 1118 secondo comma, 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136
e 1137 (att. 72, 155). Art. 1139 Rinvio alle norme sulla comunione Per quanto
non è espressamente previsto da questo Capo (att. 156) si osservano le norme
sulla comunione in generale (att. 61-72). Titolo VIII Del possesso Capo I
Disposizioni generali Art. 1140 Possesso Il possesso e il potere sulla cosa che
si manifesta in un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di
altro diritto reale. Si può possedere direttamente o per mezzo di altra
persona, che ha la detenzione della cosa. Art. 1141 Mutamento della detenzione
in possesso Si presume il possesso in colui che esercita il potere di fatto,
quando non si prova che ha cominciato a esercitarlo semplicemente come
detenzione. Se alcuno ha cominciato ad avere la detenzione, non può acquistare
il possesso finché il Titolo non venga ad essere mutato per causa proveniente
da un terzo o in forza di opposizione da lui fatta contro il possessore. Ciò
vale anche per i successori a Titolo universale. Art. 1142 Presunzione di
possesso intermedio Il possessore attuale che ha posseduto in tempo più remoto
si presume che abbia posseduto anche nel tempo intermedio. Art. 1143
Presunzione di possesso anteriore Il possesso attuale non fa presumere il possesso
anteriore, salvo che il possessore abbia un Titolo a fondamento del suo
possesso; in questo caso si presume che egli abbia posseduto dalla data del
titolo. Art. 1144 Atti di tolleranza Gli atti compiuti con l'altrui tolleranza
non possono servire di fondamento all'acquisto del possesso. Art. 1145 Possesso
di cose fuori commercio Il possesso delle cose di cui non si può acquistare la
proprietà è senza effetto. Tuttavia nei rapporti tra privati è concessa
l'azione di spoglio rispetto ai beni appartenenti al pubblico demanio e ai beni
delle province e dei comuni soggetti al regime proprio del demanio pubblico
(822, 824). Se trattasi di esercizio di facoltà, le quali possono formare
oggetto di concessione da parte della pubblica amministrazione, e data altresì
l'azione di manutenzione (1170). Art. 1146 Successione nel possesso. Accessione
del possesso Il possesso continua nell'erede con effetto dall'apertura della
successione (456, 460). Il successore a Titolo particolare può unire al proprio
possesso quello del suo autore per goderne gli effetti. Art. 1147 Possesso di
buona fede E' possessore di buona fede chi possiede ignorando di ledere
l'altrui diritto (535). La buona fede non giova se l'ignoranza dipende da colpa
grave. La buona fede e presunta e basta che vi sia stata al tempo
dell'acquisto. Capo II Degli effetti del possesso Sezione I Dei diritti e degli
obblighi del possessore nella restituzione della cosa Art. 1148 Acquisto dei
frutti Il possessore di buona fede fa suoi i frutti naturali separati fino al
giorno della domanda giudiziale e i frutti civili maturati fino allo stesso
giorno (820 e seguente). Egli, fino alla restituzione della cosa risponde verso
il rivendicante (948) dei frutti percepiti dopo la domanda giudiziale e di
quelli che avrebbe potuto percepire dopo tale data, usando la diligenza di un
buon padre di famiglia (1176). Art. 1149 Rimborso delle spese per la produzione
e il raccolto dei frutti Il possessore che è tenuto a restituire i frutti
indebitamente percepiti ha diritto al rimborso delle spese a norma del secondo
comma dell'art. 821 (1282). Art. 1150 Riparazioni, miglioramenti e addizioni Il
possessore, anche se di mala fede ha diritto al rimborso delle spese fatte per
le riparazioni straordinarie. Ha anche diritto a indennità per i miglioramenti
recati alla cosa, purché sussistano al tempo della restituzione. L'indennità si
deve corrispondere nella misura dell'aumento di valore conseguito dalla cosa
per effetto dei miglioramenti, se il possessore è di buona fede; se il possessore
è di mala fede, nella minor somma tra l'importo della spesa e l'aumento di
valore. Se il possessore è tenuto alla restituzione dei frutti, gli spetta
anche il rimborso delle spese fatte per le riparazioni ordinarie, limitatamente
al tempo per il quale la restituzione è dovuta. Per le addizioni fatte dal
possessore sulla cosa si applica il disposto dell'art. 936. Tuttavia, se le
addizioni costituiscono miglioramento e il possessore è di buona fede, e dovuta
una indennità nella misura dell'aumento di valore conseguito dalla cosa (att.
157). Art. 1151 Pagamento delle indennità L'autorità giudiziaria, avuto
riguardo alle circostanze, può disporre che il pagamento delle indennità
previste dall'articolo precedente sia fatto ratealmente, ordinando, in questo caso,
le opportune garanzie (1179). Art. 1152 Ritenzione a favore del possessore di
buona fede Il possessore di buona fede può ritenere la cosa finché non gli
siano corrisposte le indennità dovute, purché queste siano state domandate nel
corso del giudizio di rivendicazione (948) e sia stata fornita una prova
generica della sussistenza delle riparazioni e dei miglioramenti (2756). Egli
ha lo stesso diritto finché non siano prestate le garanzie ordinate
dall'autorità giudiziaria nel caso previsto dall'articolo precedente. Sezione
II Del possesso di buona fede di beni mobili Art. 1153 Effetti dell'acquisto
del possesso Colui al quale sono alienati beni mobili da parte di chi non ne è
proprietario, ne acquista la proprietà mediante il possesso, purché sia in buona
fede al momento della consegna e sussista un Titolo idoneo al trasferimento
della proprietà. La proprietà si acquista libera da diritti altrui sulla cosa,
se questi non risultano dal Titolo e vi è la buona fede dell'acquirente. Nello
stesso modo si acquistano diritti di usufrutto, di uso e di pegno (981, 1021,
2784). Art. 1154 Conoscenza dell'illegittima provenienza della cosa A colui che
ha acquistato conoscendo l'illegittima provenienza della cosa, non giova
l'erronea credenza che il suo autore o un precedente possessore ne sia divenuto
proprietario. Art. 1155 Acquisto di buona fede e precedente alienazione ad
altri Se taluno con successivi contratti aliena a più persone un bene mobile
(812), quella tra esse che ne ha acquistato in buona fede il possesso è
preferita alle altre, anche se il suo Titolo è di data posteriore. Art. 1156
Universalità di mobili e mobili iscritti in pubblici registri Le disposizioni
degli articoli precedenti non si applicano alle universalità di mobili e ai
beni mobili iscritti in pubblici registri (815 e seguente, 2683 e seguenti;
Cod. Nav. 146 e seguenti,753 e seguenti). Art. 1157 Possesso di titoli di
credito Gli effetti del possesso di buona fede dei titoli di credito sono
regolati dal Titolo V del libro IV (1944) Sezione III Dell'usucapione Art. 1158
Usucapione dei beni immobili e dei diritti reali immobiliari La proprietà dei
beni immobili e gli altri diritti reali di godimento sui beni medesimi si
acquistano in virtù del possesso continuato per venti anni. Art. 1159 Usucapione
decennale Colui che acquista in buona fede da chi non e proprietario un
immobile, in forza di un Titolo che sia idoneo a trasferire la proprietà e che
sia stato debitamente trascritto (2643 e seguenti), ne compie l'usucapione in
suo favore col decorso di dieci anni dalla data della trascrizione. La stessa
disposizione si applica nel caso di acquisto degli altri diritti reali di
godimento sopra un immobile. Art. 1159-bis Usucapione speciale per la piccola
proprietà rurale La proprietà dei fondi rustici con annessi fabbricati situati
in comuni classificati montani dalla legge si acquista in virtù del possesso
continuato per quindici anni. Colui che acquista in buona fede da chi non è
proprietario, in forza di un Titolo che sia idoneo a trasferire la proprietà e
che sia debitamente trascritto, un fondo rustico con annessi fabbricati,
situati in comuni classificati montani dalla legge, ne compie l'usucapione in
suo favore col decorso di cinque anni dalla data di trascrizione. La legge
speciale stabilisce la procedura, le modalità e le agevolazioni per la
regolarizzazione del Titolo di proprietà. Le disposizioni di cui ai commi
precedenti si applicano anche ai fondi rustici con annessi fabbricati, situati
in comuni non classificati montani dalla legge, aventi un reddito non superiore
ai limiti fissati dalla legge speciale. Art. 1160 Usucapione delle universalità
di mobili L'usucapione di un'universalità di mobili (816) o di diritti reali di
godimento sopra la medesima si compie in virtù del possesso continuato per
venti anni. Nel caso di acquisto in buona fede (1147) da chi non e
proprietario, in forza di Titolo idoneo, l'usucapione si compie con il decorso
di dieci anni. Art. 1161 Usucapione dei beni mobili In mancanza di Titolo
idoneo (922), la proprietà dei beni mobili e gli altri diritti reali di
godimento sui beni medesimi si acquistano in virtù del possesso continuato per
dieci anni, qualora il possesso sia stato acquistato in buona fede. Se il
possessore è di mala fede, l'usucapione si compie con il decorso di venti anni.
Art. 1162 Usucapione di beni mobili iscritti in pubblici registri Colui che
acquista in buona fede da chi non è proprietario un bene mobile iscritto in
pubblici registri (815, 2683; Cod. Nav. 146 e seguenti, 753 e seguenti), in
forza di un Titolo che sia idoneo a trasferire la proprietà (1321) e che sia
stato debitamente trascritto, ne compie in suo favore l'usucapione col decorso
di tre anni dalla data della trascrizione. Se non concorrono le condizioni
previste dal comma precedente, l'usucapione si compie col decorso di dieci
anni. Le stesse disposizioni si applicano nel caso di acquisto degli altri
diritti reali di godimento (981, 1021). Art. 1163 Vizi del possesso Il possesso
acquistato in modo violento o clandestino non giova per l'usucapione se non dal
momento in cui la violenza o la clandestinità e cessata. Art. 1164
Interversione del possesso Chi ha il possesso corrispondente all'esercizio di
un diritto reale su cosa altrui non può usucapire la proprietà della cosa
stessa, se il Titolo del suo possesso non è mutato per causa proveniente da un
terzo o in forza di opposizione da lui fatta contro il diritto del
proprietario. Il tempo necessario per l'usucapione decorre dalla data in cui il
Titolo del possesso è stato mutato. Art. 1165 Applicazione di norme sulla
prescrizione Le disposizioni generali sulla prescrizione (2934 e seguenti),
quelle relative alle cause di sospensione e d'interruzione (2941 e seguenti) e
al computo dei termini (2962 e seguenti) si osservano, in quanto applicabili, rispetto
all'usucapione. Art. 1166 Inefficacia delle cause di impedimento e di
sospensione rispetto al terzo possessore Nell'usucapione ventennale non hanno
luogo, riguardo al terzo possessore di un immobile o di un diritto reale sopra
un immobile, ne l'impedimento derivante da condizione o da termine (2935), ne
le cause di sospensione indicate dall'art. 2942. L'impedimento derivante da
condizione o da termine e le cause di sospensione menzionate nel detto articolo
non sono nemmeno opponibili al terzo possessore nella prescrizione per non uso
dei diritti reali sui beni da lui posseduti (954, 970, 1014). Art. 1167
Interruzione dell'usucapione per perdita di possesso L'usucapione è interrotta
(2945) quando il possessore è stato privato del possesso per oltre un anno.
L'interruzione si ha come non avvenuta se è stata proposta l'azione (2953)
diretta a ricuperare il possesso e questo è stato ricuperato. Capo III Delle
azioni a difesa del possesso Art. 1168 Azione di reintegrazione Chi è stato
violentemente od occultamente spogliato del possesso può, entro l'anno dal
sofferto spoglio, chiedere contro l'autore di esso la reintegrazione del
possesso medesimo. L'azione è concessa altresì a chi ha la detenzione della
cosa (1140), tranne il caso che l'abbia per ragioni di servizio o di
ospitalità. Se lo spoglio è clandestino, il termine per chiedere la
reintegrazione decorre dal giorno della scoperta dello spoglio. La
reintegrazione deve ordinarsi dal giudice sulla semplice notorietà del fatto,
senza dilazione (Cod. Proc. Civ. 703 e seguenti). Art. 1169 Reintegrazione
contro l'acquirente consapevole dello spoglio La reintegrazione si può
domandare anche contro chi è nel possesso in virtù di un acquisto a Titolo
particolare (1321), fatto con la conoscenza dell'avvenuto spoglio. Art. 1170
Azione di manutenzione Chi è stato molestato nel possesso di un immobile, di un
diritto reale sopra un immobile o di un'universalità di mobili (816) può, entro
l'anno dalla turbativa, chiedere la manutenzione del possesso medesimo (Cod. Proc.
Civ. 703 e seguenti). L'azione e data se il possesso dura da oltre un anno,
continuo e non interrotto, e non è stato acquistato violentemente o
clandestinamente. Qualora il possesso sia stato acquistato in modo violento o
clandestino, l'azione può nondimeno esercitarsi, decorso un anno dal giorno in
cui la violenza o la clandestinità è cessata. Anche colui che ha subito uno
spoglio non violento o clandestino può chiedere di essere rimesso nel possesso,
se ricorrono le condizioni indicate dal comma precedente. Titolo IX Della
denunzia di nuova opera e di danno temuto Art. 1171 Denunzia di nuova opera Il
proprietario, il titolare di altro diritto reale di godimento o il possessore,
il quale ha ragione di temere che da una nuova opera, da altri intrapresa sul
proprio come sull'altrui fondo, sia per derivare danno alla cosa che forma
l'oggetto del suo diritto o del suo possesso, può denunziare all'autorità
giudiziaria la nuova opera, purché questa non sia terminata e non sia trascorso
un anno dal suo inizio. L'autorità giudiziaria, presa sommaria cognizione del
fatto, può vietare la continuazione della opera, ovvero permetterla, ordinando
le opportune cautele: nel primo caso, per il risarcimento del danno prodotto
dalla sospensione dell'opera, qualora le opposizioni al suo proseguimento
risultino infondate nella decisione del merito; nel secondo caso, per la
demolizione o riduzione dell'opera e per il risarcimento del danno che possa
soffrirne il denunziante, se questi ottiene sentenza favorevole, nonostante la
permessa continuazione (Cod. Proc. Civ. 688 e seguenti). Art. 1172 Denunzia di
danno temuto Il proprietario, il titolare di altro diritto reale di godimento o
il possessore, il quale ha ragione di temere che da qualsiasi edificio, albero
o altra cosa sovrasti pericolo di un danno grave e prossimo alla cosa che forma
l'oggetto del suo diritto o del suo possesso, può denunziare il fatto
all'autorità giudiziaria e ottenere, secondo le circostanze, che si provveda
per ovviare al pericolo (Cod. Proc. Civ. 688 e seguenti). L'autorità
giudiziaria, qualora ne sia il caso, dispone idonea garanzia (1179; Cod. Proc.
Civ. 119) per i danni eventuali. Titolo I Delle obbligazioni in generale Capo I
Disposizioni preliminari Art. 1173 Fonti delle obbligazioni Le obbligazioni derivano
da contratto (1321 e seguenti), da fatto illecito (2043 e seguenti), o da ogni
altro atto o fatto idoneo a produrle (433 e seguenti, 651, 2028 e seguenti,
2033 e seguenti, 2041 e seguenti) in conformità dell'ordinamento giuridico.
Art. 1174 Carattere patrimoniale della prestazione La prestazione che forma
oggetto dell'obbligazione deve essere suscettibile di valutazione economica e
deve corrispondere a un interesse, anche non patrimoniale, del creditore (1256
e seguente, 1411 e seguenti). Art. 1175 Comportamento secondo correttezza Il
debitore e il creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza
(1337, 1358). Capo II Dell'adempimento delle obbligazioni Sezione I
Dell'adempimento in generale Art. 1176 Diligenza nell'adempimento Nell'adempiere
l'obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia
(703, 1001, 1228, 1587, 1710-2, 1768, 2148, 2167). Nell'adempimento delle
obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale la diligenza
deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata (1838 e
seguente, 2104-1, 2174-2, 2236). Art. 1177 Obbligazione di custodire
L'obbligazione di consegnare una cosa determinata include quella di custodirla
fino alla consegna. Art. 1178 Obbligazione generica Quando l'obbligazione ha
per oggetto la prestazione di cose determinate soltanto nel genere, il debitore
deve prestare cose di qualità non inferiore alla media (664). Art. 1179 Obbligo
di garanzia Chi è tenuto a dare una garanzia, senza che ne siano determinati il
modo e la forma, può prestare a sua scelta un'idonea garanzia reale o personale
(1943-1), ovvero altra sufficiente cautela (Cod. Proc. Civ. 1 19). Art. 1180
Adempimento del terzo L'obbligazione può essere adempiuta da un terzo, anche
contro la volontà del creditore, se questi non ha interesse a che il debitore
esegua personalmente la prestazione. Tuttavia il creditore può rifiutare
l'adempimento offertogli dal terzo, se il debitore gli ha manifestato la sua
opposizione. Art. 1181 Adempimento parziale Il creditore può rifiutare un
adempimento parziale anche se la prestazione e divisibile (1314 e seguenti,
1384), salvo che la legge o gli usi dispongano diversamente. (vedere anche
Leggi Speciali, Titoli di credito). Art. 1182 Luogo dell'adempimento Se il
luogo nel quale la prestazione deve essere eseguita non è determinato dalla
convenzione o dagli usi e non può desumersi dalla natura della prestazione
(1774) o da altre circostanze, si osservano le norme che seguono (att. 159).
L'obbligazione di consegnare una cosa certa e determinata deve essere adempiuta
nel luogo in cui si trovava la cosa quando l'obbligazione è sorta (1510).
L'obbligazione avente per oggetto una somma di danaro deve essere adempiuta al
domicilio (43) che il creditore ha al tempo della scadenza (1209, 1219, 1498).
Se tale domicilio è diverso da quello che il creditore aveva quando è sorta
l'obbligazione è ciò rende più gravoso l'adempimento, il debitore, previa
dichiarazione al creditore, ha diritto di eseguire il pagamento al proprio
domicilio. Negli altri casi l'obbligazione deve essere adempiuta al domicilio
che il debitore ha al tempo della scadenza (att. 159). Art. 1183 Tempo
dell'adempimento Se non è determinato il tempo in cui la prestazione deve
essere eseguita, il creditore può esigerla immediatamente (1219-2). Qualora
tuttavia, in virtù degli usi o per la natura della prestazione ovvero per il
modo o il luogo dell'esecuzione, sia necessario un termine, questo, in mancanza
di accordo delle parti, è stabilito dal giudice (1331, 1817). Se il termine per
l'adempimento è rimesso alla volontà del debitore, spetta ugualmente al giudice
di stabilirlo secondo le circostanze; se è rimesso alla volontà del creditore,
il termine può essere fissato su istanza del debitore che intenda liberarsi.
Art. 1184 Termine Se per l'adempimento è fissato un termine, questo si presume
a favore del debitore, qualora non risulti stabilito a favore del creditore o
di entrambi (1563, 1771, 1816). (vedere anche eggi Speciali, Titoli di
credito). Art. 1185 Pendenza del termine Il creditore non può esigere la
prestazione prima della scadenza (1206), salvo che il termine sia stabilito
esclusivamente a suo favore. Tuttavia il debitore non può ripetere (2034) ciò
che ha pagato anticipatamente, anche se ignorava l'esistenza del termine. In
questo caso però egli può ripetere, nei limiti della perdita subita, ciò di cui
il creditore si è arricchito per effetto del pagamento anticipato (2041). Art.
1186 Decadenza dal termine Quantunque il termine sia stabilito a favore del
debitore, il creditore può esigere immediatamente la prestazione se il debitore
è divenuto insolvente o ha diminuito, per fatto proprio, le garanzie che aveva
date o non ha dato le garanzie che aveva promesse (1274, 1299, 1313, 1844,
1850, 1867 e seguente, 1877, 2743). Art. 1187 Computo del termine Il termine
fissato per l'adempimento delle obbligazioni è computato secondo le
disposizioni dell'Art. 2963. La disposizione relativa alla proroga del termine
che scade in giorno festivo si osserva se non vi sono usi diversi. E' salva in
ogni caso una diversa pattuizione. Art. 1188 Destinatario del pagamento Il
pagamento deve essere fatto al creditore o al suo rappresentante, ovvero alla
persona indicata dal creditore o autorizzata dalla legge o dal giudice a riceverlo.
Il pagamento fatto a chi non era legittimato a riceverlo libera il debitore, se
il creditore lo ratifica o se ne ha approfittato (1444). Art. 1189 Pagamento al
creditore apparente Il debitore che esegue il pagamento (2726) a chi appare
legittimato a riceverlo in base a circostanze univoche, è liberato se prova di
essere stato in buona fede. Chi ha ricevuto il pagamento è tenuto alla
restituzione verso il vero creditore, secondo le regole stabilite per la
ripetizione dell'indebito (2033 e seguenti). Art. 1190 Pagamento al creditore
incapace Il pagamento fatto al creditore incapace di riceverlo (316, 320, 357,
374, 394, 424) non libera il debitore, se questi non prova che ciò che fu
pagato è stato rivolto a vantaggio dell'incapace (1443, 2726). Art. 1191
Pagamento eseguito da un incapace Il debitore che ha eseguito la prestazione
dovuta non può impugnare il pagamento a causa della propria incapacità (193-3,
1950, 2034). Art. 1192 Pagamento eseguito con cose altrui Il debitore non può
impugnare il pagamento eseguito con cose di cui non poteva disporre, salvo che
offra di eseguire la prestazione dovuta con cose di cui può disporre. Il
creditore che ha ricevuto il pagamento in buona fede può impugnarlo, salvo il
diritto al risarcimento del danno (1218). Art. 1193 Imputazione del pagamento
Chi ha più debiti della medesima specie verso la stessa persona può dichiarare,
quando paga, quale debito intende soddisfare. In mancanza di tale
dichiarazione, il pagamento deve essere imputato al debito scaduto; tra più
debiti scaduti, a quello meno garantito; tra più debiti ugualmente garantiti,
al più oneroso per il debitore; tra i più debiti ugualmente onerosi, al più
antico. Se tali criteri non soccorrono, l'imputazione è fatta proporzionalmente
ai vari debiti (1194 e seguente, 1249, 2726). Art. 1194 Imputazione del
pagamento agli interessi Il debitore non può imputare il pagamento al capitale,
piuttosto che agli interessi (1282) e alle spese, senza il consenso del
creditore. Il pagamento fatto in conto di capitale e d'interessi deve essere
imputato prima agli interessi. Art. 1195 Quietanza con imputazione Chi, avendo
più debiti, accetta una quietanza nella quale il creditore ha dichiarato di
imputare il pagamento a uno di essi, non può pretendere un'imputazione diversa,
se non vi è stato dolo (1439) o sorpresa da parte del creditore (2726). Art.
1196 Spese del pagamento Le spese del pagamento sono a carico del debitore
(204, 672, 1215, 1245, 1475). Art. 1197 Prestazione in luogo dell'adempimento
Il debitore non può liberarsi eseguendo una prestazione diversa da quella
dovuta, anche se di valore uguale o maggiore, salvo che il creditore consenta
(1320). In questo caso l'obbligazione si estingue quando la diversa prestazione
è eseguita. Se la prestazione consiste nel trasferimento della proprietà o di
un altro diritto, il debitore è tenuto alla garanzia per l'evizione e per i
vizi della cosa secondo le norme della vendita (1483 e seguenti, 1490 e
seguenti), salvo che il creditore preferisca esigere la prestazione originaria
e il risarcimento del danno. In ogni caso non rivivono le garanzie prestate dai
terzi. Art. 1198 Cessione di un credito in luogo dell'adempimento Quando in
luogo dell'adempimento è ceduto un credito (1260), l'obbligazione si estingue
con la riscossione del credito, se non risulta una diversa volontà delle parti
(2928). E' salvo quanto è disposto dal secondo comma dell'Art. 1267. Art. 1199
Diritto del debitore alla quietanza Il creditore che riceve il pagamento deve,
a richiesta e a spese del debitore, rilasciare quietanza (2704) e farne
annotazione sul titolo, se questo non è restituito al debitore. Il rilascio di
una quietanza per il capitale fa presumere il pagamento degli interessi. Art.
1200 Liberazione dalle garanzie Il creditore che ha ricevuto il pagamento deve
consentire la liberazione dei beni dalle garanzie reali date per il credito e
da ogni altro vincolo che comunque ne limiti la disponibilità. Sezione II Del
pagamento con surrogazione Art. 1201 Surrogazione per volontà del creditore Il
creditore, ricevendo il pagamento da un terzo, può surrogarlo nei propri
diritti (2843). La surrogazione deve essere fatta in modo espresso e
contemporaneamente al pagamento. Art. 1202 Surrogazione per volontà del
debitore Il debitore, che prende a mutuo (1813) una somma di danaro o altra
cosa fungibile al fine di pagare il debito, può surrogare il mutuante nei
diritti del creditore, anche senza il consenso di questo. La surrogazione ha
effetto quando concorrono le seguenti condizioni: che il mutuo e la quietanza risultino
da atto avente data certa (2704); che nell'atto di mutuo sia indicata
espressamente la specifica destinazione della somma mutuata; che nella
quietanza si menzioni la dichiarazione del debitore circa la provenienza della
somma impiegata nel pagamento. Sulla richiesta del debitore, il creditore non
può rifiutarsi di inserire nella quietanza tale dichiarazione. Art. 1203
Surrogazione legale La surrogazione ha luogo di diritto nei seguenti casi: a
vantaggio di chi, essendo creditore, ancorché chirografario, paga un altro
creditore che ha diritto di essergli preferito in ragione dei suoi privilegi,
del suo pegno o delle sue ipoteche; a vantaggio dell'acquirente di un immobile
che, fino alla concorrenza del prezzo di acquisto, paga uno o più creditori a favore
dei quali l'immobile è ipotecato (2866); a vantaggio di colui che, essendo
tenuto con altri o per altri al pagamento del debito (754 e seguenti), aveva
interesse di soddisfarlo (1299, 2871); a vantaggio dell'erede con beneficio
d'inventario (484 e seguenti), che paga con danaro proprio i debiti (490)
ereditari; negli altri casi stabiliti dalla legge (756, 1259, 1762, 1776, 1780,
1796, 1949). Art. 1204 Terzi garanti La surrogazione contemplata nei precedenti
articoli ha effetto anche contro i terzi che hanno prestato garanzia per il
debitore. Se il credito è garantito da pegno, si osserva la disposizione del
secondo comma dell'Art. 1263. Art. 1205 Surrogazione parziale Se il pagamento è
parziale, il terzo surrogato e il creditore concorrono nei confronti del
debitore in proporzione di quanto è loro dovuto, salvo patto contrario. Sezione
III Della mora del creditore Art. 1206 Condizioni Il creditore è in mora
quando, senza motivo legittimo, non riceve il pagamento offertogli nei modi
indicati dagli articoli seguenti o non compie quanto è necessario affinché il
debitore possa adempiere l'obbligazione (att. 160). Art. 1207 Effetti Quando il
creditore è in mora, è a suo carico l'impossibilità della prestazione
sopravvenuta per causa non imputabile al debitore (1256 e seguenti, 1673). Non
sono più dovuti gli interessi né i frutti (820) della cosa che non siano stati
percepiti dal debitore. Il creditore è pure tenuto a risarcire i danni derivati
dalla sua mora (1224) e a sostenere le spese per la custodia e la conservazione
della cosa dovuta. Gli effetti della mora si verificano dal giorno
dell'offerta, se questa è successivamente dichiarata valida con sentenza
passata in giudicato (Cod. Proc. Civ. 324) o se è accettata dal creditore. Art.
1208 Requisiti per la validità dell'offerta Affinché l'offerta sia valida è
necessario: che sia fatta al creditore capace di ricevere o a chi ha la facoltà
di ricevere per lui (1188 e seguenti); che sia fatta da persona che può
validamente adempiere; che comprenda la totalità della somma o delle cose
dovute, dei frutti o degli interessi e delle spese liquide, e una somma per le
spese non liquide, con riserva di un supplemento, se è necessario; che il
termine sia scaduto, se stipulato in favore del creditore (1184); che si sia verificata
la condizione dalla quale dipende l'obbligazione (1353 e seguenti) che
l'offerta sia fatta alla persona del creditore o nel suo domicilio (1182); che
l'offerta sia fatta da un ufficiale pubblico a ciò autorizzato (att. 73 e
seguenti). Il debitore può subordinare l'offerta al consenso del creditore
necessario per liberare i beni dalle garanzie reali o da altri vincoli che
comunque ne limitano la disponibilità (1200; Cod. Proc. Civ. 678). Art. 1209
Offerta reale e offerta per intimazione Se l'obbligazione ha per oggetto
danaro, titoli di credito, ovvero cose mobili da consegnare al domicilio del
creditore, l'offerta deve essere reale (att. 73 e seguenti; Cod. Proc. Civ.
126). Se si tratta invece di cose mobili da consegnare in luogo diverso,
l'offerta consiste nell'intimazione al creditore di riceverle, fatta mediante
atto a lui notificato nelle forme prescritte per gli atti di citazione (Cod.
Proc. Civ. 137 e seguenti). Art. 1210 Facoltà di deposito e suoi effetti
liberatori Se il creditore rifiuta di accettare l'offerta reale o non si
presenta per ricevere le cose offertegli mediante intimazione, il debitore può
eseguire il deposito (att. 77, 78). Eseguito il deposito, quando questo è
accettato dal creditore o è dichiarato valido con sentenza passata in
giudicato, il debitore non può più ritirarlo ed è liberato dalla sua
obbligazione. Art. 1211 Cose deperibili o di dispendiosa custodia Se le cose
non possono essere conservate o sono deteriorabili, oppure se le spese della
loro custodia sono eccessive, il debitore, dopo l'offerta reale o l'intimazione
di ritirarle, può farsi autorizzare dal pretore a venderle nei modi stabiliti
per le cose pignorate e a depositarne il prezzo (2797; Cod. Proc. Civ. 529 e
seguenti). Art. 1212 Requisiti del deposito Per la validità del deposito è
necessario: che sia stato preceduto da un'intimazione notificata al creditore e
contenente l'indicazione del giorno, dell'ora e del luogo in cui la cosa
offerta sarà depositata (att. 744); che il debitore abbia consegnato la cosa, con
gli interessi e i frutti dovuti fino al giorno dell'offerta, nel luogo indicato
dalla legge o, in mancanza, dal giudice; che sia redatto dal pubblico ufficiale
un processo verbale da cui risulti la natura delle cose offerte, il rifiuto di
riceverle da parte del creditore o la sua mancata comparizione, e infine il
fatto del deposito (att. 78; Cod. Proc. Civ. 126); che, in caso di non
comparizione del creditore, il processo verbale di deposito gli sia notificato
con l'invito a ritirare la cosa depositata (att. 73). Il deposito che ha per
oggetto somme di danaro può eseguirsi anche presso un istituto di credito (att.
73, 76, 251). Art. 1213 Ritiro del deposito Il deposito non produce effetto se
il debitore lo ritira prima che sia stato accettato dal creditore o prima che
sia stato riconosciuto valido con sentenza passata in giudicato (Cod. Proc.
Civ. 324). Se, dopo l'accettazione del deposito o il passaggio in giudicato
della sentenza che lo dichiara valido, il creditore consente che il debitore
ritiri il deposito, egli non può più rivolgersi contro i condebitori e i
fideiussori, né valersi dei privilegi, del pegno e delle ipoteche che
garantivano il credito (2878). Art. 1214 Offerta secondo gli usi e deposito Se
il debitore ha offerto la cosa dovuta nelle forme d'uso anziché in quelle
prescritte dagli artt. 1208 e 1209, gli effetti della mora si verificano dal
giorno in cui egli esegue il deposito a norma dell'Art. 1212 (att. 73-1, 77),
se questo è accettato dal creditore o è dichiarato valido con sentenza passata
in giudicato. Art. 1215 Spese Quando l'offerta reale e il deposito sono validi,
le spese occorse sono a carico del creditore. Art. 1216 Intimazione di ricevere
la consegna di un immobile Se deve essere consegnato un immobile, l'offerta
consiste nella intimazione al creditore di prenderne possesso. L'intimazione
deve essere fatta nella forma prescritta dal secondo comma dell'Art. 1209 (att.
73, 75). Il debitore, dopo l'intimazione al creditore, può ottenere dal giudice
la nomina di un sequestratario. In questo caso egli è liberato dal momento in
cui ha consegnato al sequestratario la cosa dovuta (att. 79). Art. 1217
Obbligazioni di fare Se la prestazione consiste in un fare, il creditore è
costituito in mora mediante l'intimazione di ricevere la prestazione o di
compiere gli atti che sono da parte sua necessari per renderla possibile (att.
80). L'intimazione può essere fatta nelle forme d'uso (2931). Capo III
Dell'inadempimento delle obbligazioni Art. 1218 Responsabilità del debitore Il
debitore che non esegue esattamente (1307, 1453) la prestazione dovuta è tenuto
al risarcimento del danno (2740), se non prova (1673, 1681, 1693, 1784, 1787,
1805-2, 1821) che l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da
impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile (1256;
att. 160). Art. 1219 Costituzione in mora Il debitore è costituito in mora
mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto (1308; att. 160). Non è
necessaria la costituzione in mora: quando il debito deriva da fatto illecito
(2043 e seguenti); quando il debitore ha dichiarato per iscritto di non volere
eseguire l'obbligazione; quando è scaduto il termine, se la prestazione deve
essere eseguita al domicilio del creditore (1183-1). Se il termine scade dopo
la morte del debitore, gli eredi non sono costituiti in mora che mediante
intimazione o richiesta fatta per iscritto, e decorsi otto giorni
dall'intimazione o dalla richiesta. Art. 1220 Offerta non formale Il debitore
non può essere considerato in mora, se tempestivamente ha fatto offerta della
prestazione dovuta, anche senza osservare le forme indicate nella sezione III
del precedente capo, a meno che il creditore l'abbia rifiutata per un motivo
legittimo. Art. 1221 Effetti della mora sul rischio Il debitore che è in mora non
è liberato per la sopravvenuta impossibilità della prestazione derivante da
causa a lui non imputabile, se non prova che l'oggetto della prestazione
sarebbe ugualmente perito presso il creditore. In qualunque modo sia perita o
smarrita una cosa illecitamente sottratta, la perdita di essa non libera chi
l'ha sottratta dall'obbligo di restituirne il valore. Art. 1222 Inadempimento
di obbligazioni negative Le disposizioni sulla mora non si applicano alle
obbligazioni di non fare; ogni fatto compiuto in violazione di queste
costituisce di per sé inadempimento. Art. 1223 Risarcimento del danno Il
risarcimento del danno per l'inadempimento o per il ritardo deve comprendere
così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne
siano conseguenza immediata e diretta (1382, 1479, 2056 e seguenti). Art. 1224
Danni nelle obbligazioni pecuniarie Nelle obbligazioni che hanno per oggetto
una somma di danaro (1277 e seguenti), sono dovuti dal giorno della mora gli
interessi legali, anche se non erano dovuti precedentemente e anche se il
creditore non prova di aver sofferto alcun danno. Se prima della mora erano
dovuti interessi in misura superiore a quella legale (1284), gli interessi
moratori sono dovuti nella stessa misura. Al creditore che dimostra (2697) di
aver subito un danno maggiore spetta l'ulteriore risarcimento Questo non è
dovuto se è stata convenuta la misura degli interessi moratori. Art. 1225
Prevedibilità del danno Se l'inadempimento o il ritardo non dipende da dolo del
debitore, il risarcimento è limitato al danno che poteva prevedersi nel tempo
in cui è sorta l'obbligazione. Art. 1226 Valutazione equitativa del danno Se il
danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, è liquidato dal giudice
con valutazione equitativa (2056 e seguenti). Art. 1227 Concorso del fatto
colposo del creditore Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare
il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità
delle conseguenze che ne sono derivate. Il risarcimento non è dovuto per i
danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza
(2056 e seguenti). Art. 1228 Responsabilità per fatto degli ausiliari Salva
diversa volontà delle parti, il debitore che nell'adempimento dell'obbligazione
si vale dell'opera di terzi, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di
costoro. Art. 1229 Clausole di esonero da responsabilità E' nullo qualsiasi
patto che esclude o limita preventivamente la responsabilità del debitore per
dolo o per colpa grave (1490, 1579, 1681, 1694, 1713, 1784, 1838, 1900). E'
nullo (1421 e seguenti) altresì qualsiasi patto preventivo di esonero o di
limitazione di responsabilità per i casi in cui il fatto del debitore o dei
suoi ausiliari (1580) costituisca violazione di obblighi derivanti da norme di
ordine pubblico (prel. 31). Capo IV Dei modi di estinzione delle obbligazioni
diversi dall'adempimento Sezione I Della novazione Art. 1230 Novazione
oggettiva L'obbligazione si estingue quando le parti sostituiscono
all'obbligazione originaria una nuova obbligazione con oggetto o titolo
diverso. La volontà di estinguere l'obbligazione precedente deve risultare in
modo non equivoco. Art. 1231 Modalità che non importano novazione Il rilascio
di un documento o la sua rinnovazione, l'apposizione o l'eliminazione di un
termine è ogni altra modificazione accessoria dell'obbligazione non producono
novazione. Art. 1232 Privilegi, pegno e ipoteche I privilegi, il pegno e le
ipoteche del credito originario si estinguono, se le parti non convengono espressamente
di mantenerli per il nuovo credito (2878). Art. 1233 Riserva delle garanzie
nelle obbligazioni solidali Se la novazione si effettua tra il creditore e uno
dei debitori in solido con effetto liberatorio per tutti (1300), i privilegi,
il pegno e le ipoteche del credito anteriore possono essere riservati soltanto
sui beni del debitore che fa la novazione. Art. 1234 Inefficacia della
novazione La novazione è senza effetto, se non esisteva l'obbligazione
originaria (2881). Qualora l'obbligazione originaria derivi da un titolo
annullabile (1425 e seguenti), la novazione è valida se il debitore ha assunto
validamente il nuovo debito conoscendo il vizio del titolo originario (1444).
Art. 1235 Novazione soggettiva Quando un nuovo debitore è sostituito a quello
originario che viene liberato, si osservano le norme contenute nel capo VI di
questo titolo (1268 e seguenti). Sezione II Della remissione Art. 1236
Dichiarazione di remissione del debito La dichiarazione del creditore di
rimettere il debito estingue l'obbligazione quando è comunicata al debitore
(1334), salvo che questi dichiari in un congruo termine di non volerne
profittare. Art. 1237 Restituzione volontaria del titolo La restituzione
volontaria del titolo originale del credito, fatta dal creditore al debitore,
costituisce prova della liberazione (2726) anche rispetto ai condebitori in
solido (1301). Se il titolo del credito è in forma pubblica (2699), la consegna
volontaria della copia spedita in forma esecutiva (2714; Cod. Proc. Civ. 475)
fa presumere la liberazione, salva la prova contraria (2697). Art. 1238
Rinunzia alle garanzie La rinunzia alle garanzie dell'obbligazione non fa
presumere la remissione del debito. Art. 1239 Fideiussori La remissione
accordata al debitore principale libera i fideiussori (1936, 1945). La
remissione accordata a uno dei fideiussori non libera gli altri che per la
parte del fideiussore liberato. Tuttavia se gli altri fideiussori hanno
consentito la liberazione, essi rimangono obbligati per l'intero. Art. 1240
Rinunzia a una garanzia verso corrispettivo Il creditore che ha rinunziato,
verso corrispettivo, alla garanzia prestata da un terzo deve imputare al debito
principale quanto ha ricevuto, a beneficio del debitore e di coloro che hanno
prestato garanzia per l'adempimento dell'obbligazione. Sezione III Della
compensazione Art. 1241 Estinzione per compensazione Quando due persone sono
obbligate l'una verso l'altra, i due debiti si estinguono per le quantità
corrispondenti, secondo le norme degli articoli che seguono (2917). Art. 1242
Effetti della compensazione La compensazione estingue i due debiti dal giorno
della loro coesistenza. Il giudice non può rilevarla d'ufficio. La prescrizione
(2934 e seguenti) non impedisce la compensazione, se non era compiuta quando si
è verificata la coesistenza dei due debiti. Art. 1243 Compensazione legale e
giudiziale La compensazione si verifica solo tra due debiti che hanno per
oggetto una somma di danaro o una quantità di cose fungibili dello stesso
genere e che sono ugualmente liquidi ed esigibili. Se il debito opposto in
compensazione non è liquido ma è di facile e pronta liquidazione, il giudice
può dichiarare la compensazione per la parte del debito che riconosce
esistente, e può anche sospendere la condanna per il credito liquido fino
all'accertamento del credito opposto in compensazione. Art. 1244 Dilazione La
dilazione concessa gratuitamente dal creditore non è di ostacolo alla
compensazione. Art. 1245 Debiti non pagabili nello stesso luogo Quando i due
debiti non sono pagabili nello stesso luogo, si devono computare le spese del
trasporto al luogo del pagamento (1182, 1196). Art. 1246 Casi in cui la
compensazione non si verifica La compensazione si verifica qualunque sia il
titolo dell'uno o dell'altro debito, eccettuati i casi: di credito per la
restituzione di cose di cui il proprietario sia stato ingiustamente spogliato
(1168); di credito per la restituzione di cose depositate (1766 e seguenti) o
date in comodato (1803 e seguenti); di credito dichiarato impignorabile (1881,
1923-l; Cod. Proc. Civ. 545); di rinunzia alla compensazione fatta
preventivamente dal debitore; di divieto stabilito dalla legge (447, 248; 1272,
2271). Art. 1247 Compensazione opposta da terzi garanti Il fideiussore può
opporre in compensazione il debito che il creditore ha verso il debitore
principale (1945). Lo stesso diritto spetta al terzo che ha costituito
un'ipoteca o un pegno (2859, 2870). Art. 1248 Inopponibilità della
compensazione Il debitore, se ha accettato puramente e semplicemente la cessione
che il creditore ha fatto delle sue ragioni a un terzo (1263 e seguente), non
può opporre al cessionario la compensazione che avrebbe potuto opporre al
cedente (1272, 2805). La cessione non accettata dal debitore, ma a questo
notificata, impedisce la compensazione dei crediti sorti posteriormente alla
notificazione. Art. 1249 Compensazione di più debiti Quando una persona ha
verso un'altra più debiti compensabili, si osservano per la compensazione le
disposizioni del secondo comma dell' Art. 1193. Art. 1250 Compensazione
rispetto ai terzi La compensazione non si verifica in pregiudizio dei terzi che
hanno acquistato diritti di usufrutto o di pegno su uno dei crediti (2917).
Art. 1251 Garanzie annesse al credito Chi ha pagato un debito mentre poteva
invocare la compensazione non può più valersi, in pregiudizio dei terzi, dei
privilegi e delle garanzie a favore del suo credito, salvo che abbia ignorato
l'esistenza di questo per giusti motivi. Art. 1252 Compensazione volontaria Per
volontà delle parti può avere luogo compensazione anche se non ricorrono le
condizioni previste dagli articoli precedenti. Le parti possono anche stabilire
preventivamente le condizioni di tale compensazione. Sezione IV Della
confusione Art. 1253 Effetti della confusione Quando le qualità di creditore e
di debitore si riuniscono (470, 490) nella stessa persona, l'obbligazione si
estingue, e i terzi che hanno prestato garanzia per il debitore sono liberati.
Art. 1254 Confusione rispetto ai terzi La confusione non opera in pregiudizio dei
terzi che hanno acquistato diritti di usufrutto o di pegno sul credito (2917).
Art. 1255 Riunione delle qualità di fideiussore e di debitore Se nella medesima
persona si riuniscono le qualità di fideiussore (1936) e di debitore
principale, la fideiussione resta in vita, purché il creditore vi abbia
interesse. Sezione V Dell'impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile
al debitore Art. 1256 Impossibilità definitiva e impossibilità temporanea
L'obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la
prestazione diventa impossibile (1218, 1463 e seguenti). Se l'impossibilità è
solo temporanea, il debitore, finché essa perdura, non è responsabile del
ritardo nell'adempimento. Tuttavia l'obbligazione si estingue se
l'impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell'obbligazione
o alla natura dell'oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a
eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla
(1174). Art. 1257 Smarrimento di cosa determinata La prestazione che ha per
oggetto una cosa determinata si considera divenuta impossibile anche quando la
cosa è smarrita senza che possa esserne provato il perimento. In caso di
successivo ritrovamento della cosa, si applicano le disposizioni del secondo
comma dell'articolo precedente. Art. 1258 Impossibilità parziale Se la
prestazione è divenuta impossibile solo in parte, il debitore si libera
dall'obbligazione eseguendo la prestazione per la parte che è rimasta possibile
(1464, 2175). La stessa disposizione si applica quando, essendo dovuta una cosa
determinata, questa ha subìto un deterioramento, o quando residua alcunché dal
perimento totale della cosa (994 e seguenti). Art. 1259 Subingresso del
creditore nei diritti del debitore Se la prestazione che ha per oggetto una
cosa determinata è divenuta impossibile, in tutto o in parte, il creditore
subentra nei diritti spettanti al debitore in dipendenza del fatto che ha
causato l'impossibilità (1203), e può esigere dal debitore la prestazione di
quanto questi abbia conseguito a titolo di risarcimento (1780). Capo V Della
cessione dei crediti (vedere anche Legge 21 febbraio 1991, n. 52, Leggi
Speciali, Factoring. Art. 1260 Cedibilità dei crediti Il creditore può
trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito (1198) anche senza il
consenso del debitore, purché il credito non abbia carattere strettamente
personale o il trasferimento non sia vietato dalla legge (323, 447, 1823). Le
parti possono escludere la cedibilità del credito; ma il patto non è opponibile
al cessionario, se non si prova che egli lo conosceva al tempo della cessione.
Art. 1261 Divieti di cessione I magistrati dell'ordine giudiziario, i
funzionari delle cancellerie e segreterie giudiziarie, gli ufficiali
giudiziari, gli avvocati, i procuratori, i patrocinatori e i notai non possono,
neppure per interposta persona, rendersi cessionari di diritti sui quali è
sorta contestazione davanti l'autorità giudiziaria di cui fanno parte o nella
cui giurisdizione esercitano le loro funzioni, sotto pena di nullità e dei
danni (1421 e seguenti, 2043). La disposizione del comma precedente non si
applica alle cessioni di azioni ereditarie tra coeredi, ne a quelle fatte in
pagamento di debiti o per difesa di beni posseduti dal cessionario. Art. 1262
Documenti probatori del credito Il cedente deve consegnare al cessionario i
documenti probatori del credito che sono in suo possesso. Se è stata ceduta
solo una parte del credito, il cedente è tenuto a dare al cessionario una copia
autentica (2703) dei documenti. Art. 1263 Accessori del credito Per effetto
della cessione, il credito è trasferito al cessionario con i privilegi, con le
garanzie personali e reali (2843) e con gli altri accessori. Il cedente non può
trasferire al cessionario, senza il consenso del costituente, il possesso della
cosa ricevuta in pegno; in caso di dissenso, il cedente rimane custode del
pegno (1204). Salvo patto contrario, la cessione non comprende. i frutti
scaduti (820 e seguente). Art. 1264 Efficacia della cessione riguardo al
debitore ceduto La cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto quando
questi l'ha accettata o quando gli è stata notificata (967-2, 1248, 1407-1,
2914). Tuttavia, anche prima della notificazione, il debitore che paga al
cedente non è liberato, se il cessionario prova che il debitore medesimo era a
conoscenza dell'avvenuta cessione (1978, 2559). Art. 1265 Efficacia della
cessione riguardo ai terzi Se il medesimo credito ha formato oggetto di più
cessioni a persone diverse, prevale la cessione notificata (Cod. Proc. Civ.
137) per prima al debitore, o quella che è stata prima accettata dal debitore
con atto di data certa (2704), ancorché essa sia di data posteriore (2559). La
stessa norma si osserva quando il credito ha formato oggetto di costituzione di
usufrutto o di pegno (1978, 2914). Art. 1266 Obbligo di garanzia del cedente
Quando la cessione è a titolo oneroso, il cedente è tenuto a garantire
l'esistenza del credito al tempo della cessione. La garanzia può essere esclusa
per patto, ma il cedente resta sempre obbligato per il fatto proprio. Se la
cessione è a titolo gratuito, la garanzia è dovuta solo nei casi e nei limiti
in cui la legge pone a carico del donante la garanzia per l'evizione (797).
Art. 1267 Garanzia della solvenza del debitore Il cedente non risponde della
solvenza del debitore, salvo che ne abbia assunto la garanzia (2255). In questo
caso egli risponde nei limiti di quanto ha ricevuto, deve inoltre corrispondere
gli interessi, rimborsare le spese della cessione e quelle che il cessionario
abbia sopportate per escutere il debitore, è risarcire il danno. Ogni patto
diretto ad aggravare la responsabilità del cedente è senza effetto (1421 e
seguente). Quando il cedente ha garantito la solvenza del debitore, la garanzia
cessa, se la mancata realizzazione del credito per insolvenza del debitore è
dipesa da negligenza del cessionario nell'iniziare o nel proseguire le istanze
contro il debitore stesso (1198). Capo VI Della delegazione, dell'espromissione
e dell'accollo Art. 1268 Delegazione cumulativa Se il debitore assegna al
creditore un nuovo debitore, il quale si obbliga verso il creditore, il
debitore originario non è liberato dalla sua obbligazione, salvo che il
creditore dichiari espressamente di liberarlo (1274 e seguenti). Tuttavia il
creditore che ha accettato l'obbligazione del terzo non può rivolgersi al
delegante, se prima non ha richiesto al delegato l'adempimento. Art. 1269
Delegazione di pagamento Se il debitore per eseguire il pagamento ha delegato
un terzo, questi può obbligarsi verso il creditore, salvo che il debitore
l'abbia vietato. Il terzo delegato per eseguire il pagamento non è tenuto ad
accettare l'incarico, ancorché sia debitore del delegante. Sono salvi. gli usi
diversi. Art. 1270 Estinzione della delegazione Il delegante può revocare la
delegazione, fino a quando il delegato non abbia assunto l'obbligazione in
confronto del delegatario o non abbia eseguito il pagamento a favore di questo.
Il delegato può assumere l'obbligazione o eseguire il pagamento a favore del
delegatario anche dopo la morte o la sopravvenuta incapacità del delegante.
Art. 1271 Eccezioni opponibili dal delegato Il delegato può opporre al
delegatario le eccezioni relative ai suoi rapporti con questo. Se le parti non
hanno diversamente pattuito, il delegato non può opporre al delegatario, benché
questi ne fosse stato a conoscenza, le eccezioni che avrebbe potuto opporre al
delegante, salvo che sia nullo il rapporto tra delegante e delegatario. Il
delegato non può neppure opporre le eccezioni relative al rapporto tra il
delegante e il delegatario, se ad esso le parti non hanno fatto espresso
riferimento. Art. 1272 Espromissione Il terzo che, senza delegazione del
debitore (1180), ne assume verso il creditore il debito, è obbligato in solido col
debitore originario, se il creditore non dichiara espressamente di liberare
quest'ultimo. Se non si è convenuto diversamente, il terzo non può opporre al
creditore le eccezioni relative ai suoi rapporti col debitore originario. Può
opporgli invece le eccezioni che al creditore avrebbe potuto opporre il
debitore originario, se non sono personali a quest'ultimo e non derivano da
fatti successivi all'espromissione. Non può opporgli la compensazione che
avrebbe potuto opporre il debitore originario, quantunque si sia verificata
prima dell'espromissione. Art. 1273 Accollo Se il debitore e un terzo
convengono che questi assuma il debito dell'altro, il creditore può aderire
alla convenzione, rendendo irrevocabile la stipulazione a suo favore (1411).
L'adesione del creditore importa liberazione del debitore originario solo se
ciò costituisce condizione espressa della stipulazione o se il creditore
dichiara espressamente di liberarlo. Se non vi è liberazione del debitore,
questi rimane obbligato in solido col terzo. In ogni caso il terzo è obbligato
verso il creditore che ha aderito alla stipulazione nei limiti in cui ha
assunto il debito, e può opporre al creditore le eccezioni fondate sul
contratto in base al quale l'assunzione è avvenuta (1413). Art. 1274 Insolvenza
del nuovo debitore Il creditore che, in seguito a delegazione, ha liberato il
debitore originario, non ha azione contro di lui se il delegato diviene
insolvente, salvo che ne abbia fatto espressa riserva. Tuttavia, se il delegato
era insolvente al tempo in cui assunse il debito in confronto del creditore, il
debitore originario non è liberato. Le medesime disposizioni si osservano
quando il creditore ha aderito all'accollo stipulato a suo favore e la
liberazione del debitore originario era condizione espressa della stipulazione.
Art. 1275 Estinzione delle garanzie In tutti i casi nei quali il creditore
libera il debitore originario, si estinguono le garanzie annesse al credito, se
colui che le ha prestate non consente espressamente a mantenerle (1232, 2878).
Art. 1276 Invalidità della nuova obbligazione Se l'obbligazione assunta dal
nuovo debitore verso il creditore è dichiarata nulla o annullata, e il
creditore aveva liberato il debitore originario, l'obbligazione di questo
rivive, ma il creditore non può valersi delle garanzie prestate da terzi
(2881). Capo VII Di alcune specie di obbligazioni Sezione I Delle obbligazioni
pecuniarie Art. 1277 Debito di somma di danaro I debiti pecuniari si estinguono
con moneta avente corso legale nello Stato al tempo del pagamento e per il suo
valore nominale. Se la somma dovuta era determinata in una moneta che non ha
più corso legale al tempo del pagamento, questo deve farsi in moneta legale
ragguagliata per valore alla prima. Art. 1278 Debito di somma di monete non aventi
corso legale Se la somma dovuta è determinata in una moneta non avente corso
legale nello Stato, il debitore ha facoltà di pagare in moneta legale al corso
del cambio nel giorno della scadenza e nel luogo stabilito per il pagamento
(1182). Art. 1279 Clausola di pagamento effettivo in monete non aventi corso
legale La disposizione dell'articolo precedente non si applica, se la moneta
non avente corso legale nello Stato è indicata con la clausola
"effettivo" o altra equivalente, salvo che alla scadenza dell'obbligazione
non sia possibile procurarsi tale moneta. Art. 1280 Debito di specie monetaria
avente valore intrinseco Il pagamento deve farsi con una specie di moneta
avente valore intrinseco, se così è stabilito dal titolo costitutivo del
debito, sempreché la moneta avesse corso legale al tempo in cui l'obbligazione
fu assunta. Se però la moneta non è reperibile, o non ha più corso, o ne è
alterato il valore intrinseco, il pagamento si effettua con moneta corrente che
rappresenti il valore intrinseco che la specie monetaria dovuta aveva al tempo
in cui l'obbligazione fu assunta. Art. 1281 Leggi speciali Le norme che
precedono si osservano in quanto non siano in contrasto con i princìpi
derivanti da leggi speciali. Sono salve le disposizioni particolari concernenti
pagamenti da farsi fuori del territorio dello Stato. Art. 1282 Interessi nelle
obbligazioni pecuniarie I crediti liquidi ed esigibili di somme di danaro
producono interessi di pieno diritto, salvo che la legge o il titolo
stabiliscano diversamente (2948 n. 4; Cod. Proc. Civ.161). Salvo patto
contrario, i crediti per fitti e pigioni (1639, 1587) non producono interessi
se non dalla costituzione in mora (1219). Se il credito ha per oggetto rimborso
di spese fatte per cose da restituire, non decorrono interessi per il periodo
di tempo in cui chi ha fatto le spese abbia goduto della cosa senza
corrispettivo e senza essere tenuto a render conto del godimento. Art. 1283
Anatocismo In mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre
interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione
posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti
almeno per sei mesi (att. 162). Art. 1284 Saggio degli interessi Il saggio
degli interessi legali è del dieci per cento in ragione di anno (att. 161).
Allo stesso saggio si computano gli interessi convenzionali, se le parti non ne
hanno determinato la misura. Gli interessi superiori alla misura legale devono
essere determinati per iscritto; altrimenti sono dovuti nella misura legale
(1815, 1950, 2725). NOTA Articolo così modificato dall'Art. 1, Legge 26
novembre 1990, n. 353, in vigore dal 16 dicembre 1990. Gli interessi legali,
precedentemente, erano del 5%. Sezione II Delle obbligazioni alternative Art.
1285 Obbligazione alternativa Il debitore di un'obbligazione alternativa si
libera eseguendo una delle due prestazioni dedotte in obbligazione, ma non può
costringere il creditore a ricevere parte dell'una e parte dell'altra (1181).
Art. 1286 Facoltà di scelta La scelta spetta al debitore, se non è stata
attribuita al creditore o ad un terzo (665). La scelta diviene irrevocabile con
l'esecuzione di una delle due prestazioni, ovvero con la dichiarazione di
scelta, comunicata all'altra parte, o ad entrambe se la scelta è fatta da un
terzo (666). Se la scelta deve essere fatta da più persone, il giudice può
fissare loro un termine. Se la scelta non è fatta nel termine stabilito, essa è
fatta dal giudice (att. 81). Art. 1287 Decadenza dalla facoltà di scelta Quando
il debitore, condannato alternativamente a due prestazioni, non ne esegue
alcuna nel termine assegnatogli dal giudice, la scelta spetta al creditore. Se
la facoltà di scelta spetta al creditore e questi non l'esercita nel termine
stabilito o in quello fissatogli dal debitore, la scelta passa a quest'ultimo.
Se la scelta è rimessa a un terzo e questi non la fa nel termine assegnatogli,
essa è fatta dal giudice (631, 664; att. 81). Art. 1288 Impossibilità di una
delle prestazioni L'obbligazione alternativa si considera semplice, se una
delle due prestazioni non poteva formare oggetto di obbligazione (1346 e
seguenti) o se è divenuta impossibile per causa non imputabile ad alcuna delle
parti (1256 e seguenti). Art. 1289 Impossibilità colposa di una delle prestazioni
Quando la scelta spetta al debitore, l'obbligazione alternativa diviene
semplice, se una delle due prestazioni diventa impossibile anche per causa a
lui imputabile. Se una delle due prestazioni diviene impossibile per colpa del
creditore, il debitore è liberato dall'obbligazione, qualora non preferisca
eseguire l'altra prestazione e chiedere il risarcimento dei danni. Quando la
scelta spetta al creditore, il debitore è liberato dall'obbligazione, se una
delle due prestazioni diviene impossibile per colpa del creditore, salvo che
questi preferisca esigere l'altra prestazione e risarcire il danno. Se
dell'impossibilità deve rispondere il debitore, il creditore può scegliere
l'altra prestazione o esigere il risarcimento del danno (1223). Art. 1290
Impossibilità sopravvenuta di entrambe le prestazioni Qualora entrambe le
prestazioni siano divenute impossibili (1257) e il debitore debba rispondere
riguardo a una di esse, egli deve pagare l'equivalente di quella che è divenuta
impossibile per l'ultima, se la scelta spettava a lui. Se la scelta spettava al
creditore, questi può domandare l'equivalente dell'una o dell'altra. Art. 1291
Obbligazione con alternativa multipla Le regole stabilite in questa sezione si
osservano anche quando le prestazioni dedotte in obbligazione sono più di due.
Art. 1292 Nozione della solidarietà L'obbligazione e in solido quando più
debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione, in modo che ciascuno
può essere costretto all'adempimento per la totalità e l'adempimento da parte
di uno libera gli altri; oppure quando tra più creditori ciascuno ha diritto di
chiedere l'adempimento dell'intera obbligazione e l'adempimento conseguito da
uno di essi libera il debitore verso tutti i creditori. Art. 1293 Modalità
varie dei singoli rapporti La solidarietà non è esclusa dal fatto che i singoli
debitori siano tenuti ciascuno con modalità diverse, o il debitore comune sia
tenuto con modalità diverse di fronte ai singoli creditori. Art. 1294
Solidarietà tra condebitori I condebitori sono tenuti in solido, se dalla legge
o dal titolo non risulta diversamente (441, 443, 752, 754, 961, 1314, 1408,
1682, 1944, 1948, 2150, 2268, 2304, 2513, 2670). Art. 1295 Divisibilità tra gli
eredi Salvo patto contrario, l'obbligazione si divide (1261, 1318) tra gli
eredi di uno dei condebitori o di uno dei creditori in solido, in proporzione
delle rispettive quote (752, 754). Art. 1296 Scelta del creditore per il
pagamento Il debitore ha la scelta di pagare all'uno o all'altro dei creditori
in solido, quando non è stato prevenuto da uno di essi con domanda giudiziale
(Cod. Proc. Civ. 163). Art. 1297 Eccezioni personali Uno dei debitori in solido
non può opporre al creditore le eccezioni personali agli altri debitori. A uno
dei creditori in solido il debitore non può opporre le eccezioni personali agli
altri creditori. Art. 1298 Rapporti interni tra debitori o creditori solidali
Nei rapporti interni l'obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori
o tra i diversi creditori, salvo che sia stata contratta nell'interesse
esclusivo di alcuno di essi. Le parti di ciascuno si presumono uguali, se non
risulta diversamente. Art. 1299 Regresso tra condebitori Il debitore in solido
che ha pagato l'intero debito può ripetere dai condebitori soltanto la parte di
ciascuno di essi (2871). Se uno di questi è insolvente, la perdita si
ripartisce per contributo tra gli altri condebitori, compreso quello che ha
fatto il pagamento (754, 755). La stessa norma si applica qualora sia
insolvente il condebitore nel cui esclusivo interesse l'obbligazione era stata
assunta (1203 n. 3). Art. 1300 Novazione La novazione tra il creditore e uno
dei debitori in solido libera gli altri debitori. Qualora però si sia voluto
limitare la novazione a uno solo dei debitori, gli altri non sono liberati che
per la parte di quest'ultimo. Se convenuta tra uno dei creditori in solido e il
debitore, la novazione ha effetto verso gli altri creditori solo per la parte
del primo (1230 e seguenti, 1268 e seguenti). Art. 1301 Remissione La
remissione (1236 e seguenti) a favore di uno dei debitori in solido libera
anche gli altri debitori, salvo che il creditore abbia riservato il suo diritto
verso gli altri, nel qual caso il creditore non può esigere il credito da
questi, se non detratta la parte del debitore a favore del quale ha consentito
la remissione. Se la remissione è fatta da uno dei creditori in solido, essa
libera il debitore verso gli altri creditori solo per la parte spettante al
primo. Art. 1302 Compensazione Ciascuno dei debitori in solido può opporre in
compensazione (1241 e seguenti) il credito di un condebitore solo fino alla
concorrenza della parte di quest'ultimo. A uno dei creditori in solido il
debitore può opporre in compensazione ciò che gli è dovuto da un altro dei
creditori, ma solo per la parte di questo. Art. 1303 Confusione Se nella
medesima persona si riuniscono (1253) le qualità di creditore e di debitore in
solido, l'obbligazione degli altri debitori si estingue per la parte di quel
condebitore. Se nella medesima persona si riuniscono le qualità di debitore e
di creditore in solido, l'obbligazione si estingue per la parte di questo. Art.
1304 Transazione La transazione (1965 e seguenti) fatta dal creditore con uno
dei debitori in solido non produce effetto nei confronti degli altri, se questi
non dichiarano di volerne profittare. Parimenti, se è intervenuta tra uno dei
creditori in solido e il debitore, la transazione non ha effetto nei confronti
degli altri creditori, se questi non dichiarano di volerne profittare. Art.
1305 Giuramento Il giuramento (2736 e seguenti) sul debito e non sul vincolo
solidale, deferito da uno dei debitori in solido al creditore o da uno dei
creditori in solido al debitore, ovvero dal creditore a uno dei debitori in
solido o dal debitore o uno dei creditori in solido, produce gli effetti
seguenti: il giuramento ricusato dal creditore o dal debitore, ovvero prestato
dal condebitore o dal concreditore in solido, giova agli altri condebitori o
concreditori; il giuramento prestato dal creditore o dal debitore, ovvero
ricusato dal condebitore in solido, nuoce solo a chi lo ha deferito o a colui
al quale è stato deferito. Art. 1306 Sentenza La sentenza (2900) pronunziata
tra il creditore e uno dei debitori in solido, o tra il debitore e uno dei
creditori in solido, non ha effetto contro gli altri debitori o contro gli
altri creditori. Gli altri debitori possono opporla al creditore, salvo che sia
fondata sopra ragioni personali al condebitore, gli altri creditori possono
farla valere contro il debitore, salve le eccezioni personali che questi può
opporre a ciascuno di essi. Art. 1307 Inadempimento Se l'adempimento
dell'obbligazione è divenuto impossibile per causa imputabile a uno o più
condebitori (1218), gli altri condebitori non sono liberati dall'obbligo solidale
di corrispondere il valore della prestazione dovuta. Il creditore può chiedere
il risarcimento del danno ulteriore al condebitore o a ciascuno dei condebitori
inadempienti. Art. 1308 Costituzione in mora La costituzione in mora (1219) di
uno dei debitori in solido non ha effetto riguardo agli altri, salvo il
disposto dell'Art. 1310. La costituzione in mora del debitore da parte di uno
dei creditori in solido giova agli altri. Art. 1309 Riconoscimento del debito
Il riconoscimento del debito fatto da uno dei debitori in solido non ha effetto
riguardo agli altri; se è fatto dal debitore nei confronti di uno dei creditori
in solido, giova agli altri. Art. 1310 Prescrizione Gli atti con i quali il
creditore interrompe la prescrizione contro uno dei debitori in solido, oppure
uno dei creditori in solido interrompe la prescrizione (2943 e seguenti) contro
il comune debitore, hanno effetto riguardo agli altri debitori o agli altri
creditori. La sospensione della prescrizione (2941 e seguente) nei rapporti di
uno dei debitori o di uno dei creditori in solido non ha effetto riguardo agli
altri. Tuttavia il debitore che sia stato costretto a pagare ha regresso contro
i condebitori liberati in conseguenza della prescrizione. La rinunzia alla
prescrizione (2937) fatta da uno dei debitori in solido non ha effetto riguardo
agli altri; fatta in confronto di uno dei creditori in solido, giova agli
altri. Il condebitore che ha rinunziato alla prescrizione non ha regresso verso
gli altri debitori liberati in conseguenza della prescrizione medesima. Art.
1311 Rinunzia alla solidarietà Il creditore che rinunzia alla solidarietà a
favore di uno dei debitori conserva l'azione in solido contro gli altri.
Rinunzia alla solidarietà: il creditore che rilascia a uno dei debitori quietanza
per la parte di lui senza alcuna riserva; il creditore che ha agito
giudizialmente contro uno dei debitori per la parte di lui se questi ha aderito
alla domanda, o se è stata pronunciata una sentenza di condanna (Cod. Proc.
Civ. 324). Art. 1312 Pagamento separato dei frutti o degli interessi Il
creditore che riceve, separatamente e senza riserva, la parte dei frutti o
degli interessi che è a carico di uno dei debitori perde contro di lui l'azione
in solido per i frutti o per gli interessi scaduti, ma la conserva per quelli
futuri. Art. 1313 Insolvenza di un condebitore in caso di rinunzia alla
solidarietà Nel caso di rinunzia del creditore alla solidarietà verso alcuno
dei debitori, se uno degli altri è insolvente, la sua parte di debito è
ripartita per contributo tra tutti i condebitori, compreso quello che era stato
liberato dalla solidarietà. Sezione III Delle obbligazioni divisibili e
indivisibili Art. 1314 Obbligazioni divisibili Se più sono i debitori o i
creditori di una prestazione divisibile e l'obbligazione non è solidale (1292),
ciascuno dei creditori non può domandare il soddisfacimento del credito che per
la sua parte, e ciascuno dei debitori non è tenuto a pagare il debito che per
la sua parte. Art. 1315 Limiti alla divisibilità tra gli eredi del debitore Il
beneficio della divisione (752) non può essere opposto da quello tra gli eredi
del debitore, che è stato incaricato di eseguire la prestazione o che è in
possesso della cosa dovuta, se questa è certa e determinata. Art. 1316
Obbligazioni indivisibili L'obbligazione è indivisibile, quando la prestazione
ha per oggetto una cosa o un fatto che non è suscettibile di divisione per sua
natura o per il modo in cui è stato considerato dalle parti contraenti. Art.
1317 Disciplina delle obbligazioni indivisibili Le obbligazioni indivisibili
sono regolate dalle norme relative alle obbligazioni solidali (1292 e
seguenti), in quanto applicabili, salvo quanto è disposto dagli articoli
seguenti. Art. 1318 Indivisibilità nei confronti degli eredi L'indivisibilità
opera anche nei confronti degli eredi del debitore o di quelli del creditore.
Art. 1319 Diritto di esigere l'intero Ciascuno dei creditori può esigere
l'esecuzione della intera prestazione indivisibile (1772). Tuttavia l'erede del
creditore, che agisce per il soddisfacimento dell'intero credito, deve dare
cauzione a garanzia dei coeredi (1179). Art. 1320 Estinzione parziale Se uno
dei creditori ha fatto remissione del debito (1236 e seguenti) o ha consentito
a ricevere un'altra il debitore non è liberato verso gli altri creditori.
Questi tuttavia non possono domandare la prestazione indivisibile se non
addebitandosi ovvero rimborsando il valore della parte di colui che ha fatto la
remissione o che ha ricevuto la prestazione diversa. La medesima disposizione
si applica in caso di transazione (1965), novazione (1230, 1300), compensazione
(1241, 1302) e confusione (1253, 1303). Titolo II Dei contratti in generale
Capo I Disposizioni preliminari Art. 1321 Nozione Il contratto è l'accordo di
due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto
giuridico patrimoniale. Art. 1322 Autonomia contrattuale Le parti possono
liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla
legge (e dalle norme corporative). Le parti possono anche concludere contratti
che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano
diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento
giuridico. Art. 1323 Norme regolatrici dei contratti Tutti i contratti, ancorché
non appartengano ai tipi che hanno una disciplina particolare, sono sottoposti
alle norme generali contenute in questo titolo. Art. 1324 Norme applicabili
agli atti unilaterali Salvo diverse disposizioni di legge le norme che regolano
i contratti si osservano, in quanto compatibili, per gli atti unilaterali tra
vivi aventi contenuto patrimoniale (1334, 1414). Capo II Dei requisiti del
contratto Art. 1325 Indicazione dei requisiti I requisiti del contratto sono:
l'accordo delle parti (1326 e seguenti, 1427); la causa (1343 e seguenti);
l'oggetto (1346 e seguenti); la forma, quando risulta che è prescritta dalla
legge sotto pena di nullità (1350 e seguenti). Sezione I Dell'accordo delle
parti Art. 1326 Conclusione del contratto Il contratto è concluso nel momento
in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell'accettazione dell'altra
parte (1335). L'accettazione deve giungere al proponente nel termine da lui
stabilito o in quello ordinariamente necessario secondo la natura dell'affare o
secondo gli usi. Il proponente può ritenere efficace l'accettazione tardiva,
purché ne dia immediatamente avviso all'altra parte. Qualora il proponente
richieda per l'accettazione una forma determinata, l'accettazione non ha
effetto se è data in forma diversa. Un'accettazione non conforme alla proposta
equivale a nuova proposta. Art. 1327 Esecuzione prima della risposta
dell'accettante Qualora, su richiesta del proponente o per la natura
dell'affare o secondo gli usi, la prestazione debba eseguirsi senza una
preventiva risposta, il contratto è concluso nel tempo e nel luogo in cui ha
avuto inizio l'esecuzione. L'accettante deve dare prontamente avviso all'altra
parte dell'iniziata esecuzione e, in mancanza, è tenuto al risarcimento del
danno. Art. 1328 Revoca della proposta e dell'accettazione La proposta può
essere revocata finché il contratto non sia concluso. Tuttavia, se l'accettante
ne ha intrapreso in buona fede l'esecuzione prima di avere notizia della
revoca, il proponente è tenuto a indennizzarlo delle spese e delle perdite
subite per l'iniziata esecuzione del contratto. L'accettazione può essere
revocata, purché la revoca giunga a conoscenza del proponente prima
dell'accettazione. Art. 1329 Proposta irrevocabile Se il proponente si è
obbligato a mantenere ferma la proposta per un certo tempo, la revoca è senza
effetto. Nell'ipotesi prevista dal comma precedente, la morte o la sopravvenuta
incapacità (414) del proponente non toglie efficacia alla proposta, salvo che
la natura dell'affare o altre circostanze escludano tale efficacia. Art. 1330
Morte o incapacità dell'imprenditore La proposta o l'accettazione, quando è
fatta dall'imprenditore (2082) nell'esercizio della sua impresa, non perde
efficacia se l'imprenditore muore o diviene incapace (1425) prima della conclusione
del contratto, salvo che si tratti di piccoli imprenditori (2082 e seguente) o
che diversamente risulti dalla natura dell'affare o da altre circostanze. Art.
1331 Opzione Quando le parti convengono che una di esse rimanga vincolata alla
propria dichiarazione e l'altra abbia facoltà di accettarla o meno, la
dichiarazione della prima si considera quale proposta irrevocabile per gli
effetti previsti dall'Art. 1329. Se per l'accettazione non è stato fissato un
termine, questo può essere stabilito dal giudice (1183). Art. 1332 Adesione di
altre parti al contratto Se ad un contratto possono aderire altre parti e non
sono determinate le modalità dell'adesione, questa deve essere diretta
all'organo che sia stato costituito per l'attuazione del contratto o, in
mancanza di esso, a tutti i contraenti originali. Art. 1333 Contratto con
obbligazioni del solo proponente La proposta diretta a concludere un contratto
da cui derivino obbligazioni solo per il proponente è irrevocabile appena
giunge a conoscenza della parte alla quale è destinata. Il destinatario può
rifiutare la proposta nel termine richiesto dalla natura dell'affare o dagli
usi. In mancanza di tale rifiuto il contratto è concluso. Art. 1334 Efficacia
degli atti unilaterali Gli atti unilaterali (1991) producono effetto dal
momento in cui pervengono a conoscenza della persona alla quale sono destinati.
Art. 1335 Presunzione di conoscenza La proposta, l'accettazione, la loro revoca
e ogni altra dichiarazione diretta a una determinata persona si reputano conosciute
nel momento in cui giungono all'indirizzo del destinatario, se questi non prova
di essere stato, senza sua colpa, nell'impossibilità di averne notizia. Art.
1336 Offerta al pubblico L'offerta al pubblico, quando contiene gli estremi
essenziali del contratto alla cui conclusione è diretta, vale come proposta,
salvo che risulti diversamente dalle circostanze o dagli usi. La revoca
dell'offerta, se è fatta nella stessa forma dell'offerta o in forma
equipollente, è efficace anche in confronto di chi non ne ha avuto notizia.
Art. 1337 Trattative e responsabilità precontrattuale Le parti, nello
svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono
comportarsi secondo buona fede (1366,1375, 2208). Art. 1338 Conoscenza delle
cause d'invalidità La parte che, conoscendo o dovendo conoscere l'esistenza di
una causa d'invalidità del contratto (1418 e seguenti), non ne ha dato notizia
all'altra parte è tenuta a risarcire il danno da questa risentito per avere
confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto (1308). Art. 1339
Inserzione automatica di clausole Le clausole, i prezzi di beni o di servizi,
imposti dalla legge (o da norme corporative) sono di diritto inseriti nel
contratto, anche in sostituzione delle clausole difformi apposte dalle parti
(1419, 1679, 1815, 1932). Art. 1340 Clausole d'uso Le clausole d'uso
s'intendono inserite nel contratto, se non risulta che non sono state volute
dalle parti. Art. 1341 Condizioni generali di contratto Le condizioni generali
di contratto predisposte da uno dei contraenti sono efficaci nei confronti
dell'altro, se al momento della conclusione del contratto questi le ha
conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l'ordinaria diligenza (1370,
2211). In ogni caso non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per
iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha
predisposte, limitazioni di responsabilità, (1229), facoltà di recedere dal
contratto(1373) o di sospenderne l'esecuzione, ovvero sanciscono a carico
dell'altro contraente decadenze (2964 e seguenti), limitazioni alla facoltà di
opporre eccezioni (1462), restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti
coi terzi (1379, 2557, 2596), tacita proroga o rinnovazione del contratto,
clausole compromissorie (Cod. Proc. Civ. 808) o deroghe (Cod. Proc. Civ. 6)
alla competenza dell'autorità giudiziaria. Art. 1342 Contratto concluso
mediante moduli o formulari Nei contratti conclusi mediante la sottoscrizione
di moduli o formulari, predisposti per disciplinare in maniera uniforme
determinati rapporti contrattuali, le clausole aggiunte al modulo o al
formulario prevalgono su quelle del modulo o del formulario qualora siano
incompatibili con esse, anche se queste ultime non sono state cancellate
(1370). Si osserva inoltre la disposizione del secondo comma dell'articolo
precedente. Sezione II Della causa del contratto Art. 1343 Causa illecita La
causa è illecita quando è contraria a norme imperative, all'ordine pubblico o
al buon costume (prel. 1, 1418, 1972). Art. 1344 Contratto in frode alla legge
Si reputa altresì illecita la causa quando il contratto costituisce il mezzo
per eludere l'applicazione di una norma imperativa. Art. 1345 Motivo illecito
Il contratto è illecito quando le parti si sono determinate a concluderlo esclusivamente
per un motivo illecito comune ad entrambe (788, 14182). Sezione III
Dell'oggetto del contratto Art. 1346 Requisiti L'oggetto del contratto deve
essere possibile, lecito, determinato o determinabile (1418). Art. 1347
Possibilità sopravvenuta dell'oggetto Il contratto sottoposto a condizione
sospensiva o a termine (1814) è valido, se la prestazione inizialmente
impossibile diviene possibile prima dell'avveramento della condizione o della
scadenza del termine. Art. 1348 Cose future La prestazione di cose future
(820,1472, 2823) può essere dedotta in contratto, salvi i particolari divieti
della legge (179, 458, 771). Art. 1349 Determinazione dell'oggetto Se la
determinazione della prestazione dedotta in contratto è deferita a un terzo e
non risulta che le parti vollero rimettersi al suo mero arbitrio, il terzo deve
procedere con equo apprezzamento. Se manca la determinazione del terzo o se
questa è manifestamente iniqua o erronea, la determinazione è fatta dal giudice
(778,1287, 1473, 2264, 2603). La determinazione rimessa al mero arbitrio del
terzo non si può impugnare se non provando la sua mala fede. Se manca la
determinazione del terzo e le parti non si accordano per sostituirlo, il
contratto è nullo (1421 e seguenti). Nel determinare la prestazione il terzo
deve tener conto anche delle condizioni generali della produzione a cui il
contratto eventualmente abbia riferimento. Sezione IV Della forma del contratto
Art. 1350 Atti che devono farsi per iscritto Devono farsi per atto pubblico
(2699 e seguenti) o per scrittura privata (2702 e seguenti), sotto pena di
nullità: i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili (812,
2643) i contratti che costituiscono, modificano o trasferiscono il diritto di
usufrutto (978 e seguenti) su beni immobili, il diritto di superficie (952 e
seguenti), il diritto del concedente e dell'enfiteuta (957 e seguenti); i
contratti che costituiscono la comunione (1100 e seguenti) di diritti indicati
dai numeri precedenti; i contratti che costituiscono o modificano le servitù
prediali (1027 e seguenti), il diritto di uso su beni immobili e il diritto di
abitazione (1021 e seguenti); gli atti di rinunzia ai diritti indicati dai
numeri precedenti; i contratti di affrancazione del fondo enfiteutico (971); i
contratti di anticresi (1960 e seguenti); i contratti di locazione di beni
immobili per una durata superiore a nove anni (1571 e seguenti); i contratti di
società (2247 e seguenti) o di associazione (2549 e seguenti) con i quali si
conferisce il godimento di beni immobili o di altri diritti reali immobiliari
per un tempo eccedente i nove anni o per un tempo indeterminato; gli atti che
costituiscono rendite perpetue (1861 e seguenti) o vitalizie (1872 e seguenti),
salve le disposizioni relative alle rendite dello Stato (1871); gli atti di
divisione di beni immobili e di altri diritti reali immobiliari (2646); le
transazioni (1965 e seguenti) che hanno per oggetto controversie relative ai
rapporti giuridici menzionati nei numeri precedenti; gli altri atti
specialmente indicati dalla legge (14, 47, 162, 203, 209, 484, 519, 601 e
seguenti, 782, 918, 1284, 1351, 1392, 1403, 1503, 1524, 1543, 1605, 1862, 1864,
1978, 2096, 2328, 2464, 2475, 2504, 2518, 2603, 2821, 2879, 2882; Cod. Proc.
Civ.;807, 808; Cod. Navig. 237, 249, 278, 328, 565, 852, 857). Art. 1351
Contratto preliminare Il contratto preliminare è nullo (1421 e seguenti), se
non è fatto nella stessa forma che la legge prescrive per il contratto
definitivo (2932). Art. 1352 Forme convenzionali Se le parti hanno convenuto
per iscritto di adottare una determinata forma per la futura conclusione di un
contratto, si presume che la forma sia stata voluta per la validità di questo
(2725). Capo III Della condizione nel contratto Art. 1353 Contratto
condizionale Le parti possono subordinare l'efficacia o la risoluzione del
contratto o di un singolo patto a un avvenimento futuro e incerto. Art. 1354
Condizioni illecite o impossibili E nullo il contratto (1421 e seguenti) al
quale è apposta una condizione, sospensiva o risolutiva, contraria a norme
imperative, all'ordine pubblico o al buon costume (prel. 31). La condizione
impossibile rende nullo il contratto se è sospensiva; se è risolutiva, si ha
come non apposta (634). Se la condizione illecita o impossibile è apposta a un
patto singolo del contratto, si osservano, riguardo all'efficacia del patto, le
disposizioni dei commi precedenti, fermo quanto è disposto dall'Art. 1419. Art.
1355 Condizione meramente potestativa E' nulla l'alienazione di un diritto o
l'assunzione di un obbligo subordinata a una condizione sospensiva che la
faccia dipendere dalla mera volontà dell'alienante o, rispettivamente, da
quella del debitore. Art. 1356 Pendenza della condizione In pendenza della
condizione sospensiva l'acquirente di un diritto può 2900 e seguenti; Cod.
Proc. Civ.670). L'acquirente di un diritto sotto condizione risolutiva può, in
pendenza di questa, esercitarlo, ma l'altro contraente può compiere atti
conservativi. Art. 1357 Atti di disposizione in pendenza della condizione Chi
ha un diritto subordinato a condizione sospensiva o risolutiva può disporne in
pendenza di questa (2852); ma gli effetti di ogni atto di disposizione sono
subordinati alla stessa condizione. Art. 1358 Comportamento delle parti nello
stato dipendenza Colui che si è obbligato o che ha alienato un diritto sotto
condizione sospensiva, ovvero lo ha acquistato sotto condizione risolutiva,
deve, in pendenza della condizione, comportarsi secondo buona fede per
conservare integre le ragioni dell'altra parte (1175, 1375). Art. 1359 Avveramento
della condizione La condizione si considera avverata qualora sia mancata per
causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario all'avveramento di
essa. Art. 1360 Retroattività della condizione Gli effetti dell'avveramento
della condizione retroagiscono al tempo in cui è stato concluso il contratto,
salvo che, per volontà delle parti o per la natura del rapporto, gli effetti
del contratto o della risoluzione debbano essere riportati a un momento diverso
(646). Se però la condizione risolutiva è apposta a un contratto ad esecuzione
continuata o periodica, l'avveramento di essa, in mancanza di patto contrario,
non ha effetto riguardo alle prestazioni già eseguite (1465, 2655). Art. 1361
Atti di amministrazione L'avveramento della condizione non pregiudica la
validità degli atti di amministrazione compiuti dalla parte a cui, in pendenza
della condizione stessa, spettava l'esercizio del diritto. Salvo diverse
disposizioni di legge o diversa pattuizione, i frutti percepiti sono dovuti dal
giorno in cui la condizione si è avverata (646). Capo IV Dell'interpretazione
del contratto Art. 1362 Intenzione dei contraenti Nell'interpretare il
contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e
non limitarsi al senso letterale delle parole. Per determinare la comune
intenzione delle parti, si deve valutare il loro comportamento complessivo
anche posteriore alla conclusione del contratto. Art. 1363 Interpretazione
complessiva delle clausole Le clausole del contratto si interpretano le une per
mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso
dell'atto (1419). Art. 1364 Espressioni generali Per quanto generali siano le
espressioni usate nel contratto, questo non comprende che gli oggetti sui quali
le parti si sono proposte di contrattare. Art. 1365 Indicazioni esemplificative
Quando in un contratto si è espresso un caso al fine di spiegare un patto, non
si presumono esclusi i casi non espressi, ai quali, secondo ragione, può
estendersi lo stesso patto. Art. 1366 Interpretazione di buona fede Il
contratto deve essere interpretato secondo buona fede (1337,1371,1375). Art.
367 Conservazione del contratto Nel dubbio, il contratto o le singole clausole
devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in
quello secondo cui non ne avrebbero alcuno (1424). Art. 1368 Pratiche generali
interpretative Le clausole ambigue s'interpretano secondo ciò che si pratica
generalmente nel luogo in cui il contratto è stato concluso. Nei contratti in
cui una delle parti è un imprenditore (2082), le clausole ambigue
s'interpretano secondo ciò che si pratica generalmente nel luogo in cui è la
sede dell'impresa. Art. 1369 Espressioni con più sensi Le espressioni che
possono avere più sensi devono, nel dubbio, essere intese nel senso più
conveniente alla natura e all'oggetto del contratto. Art. 1370 Interpretazione
contro l'autore della clausola Le clausole inserite nelle condizioni generali
di contratto (1341) o in moduli o formulari (1342) predisposti da uno dei
contraenti s'interpretano, nel dubbio, a favore dell'altro. Art. 1371 Regole
finali Qualora, nonostante l'applicazione delle norme contenute in questo capo
(1362 e seguenti), il contratto rimanga oscuro, esso deve essere inteso nel
senso meno gravoso per l'obbligato, se è a titolo gratuito, e nel senso che
realizzi l'equo contemperamento degli interessi delle parti, se è a titolo
oneroso. Capo V Degli effetti del contratto Sezione I Disposizioni generali
Art. 1372 Efficacia del contratto Il contratto ha forza di legge tra le parti.
Non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge
(1671, 2227). Il contratto non produce effetto rispetto ai terzi che nei casi
previsti dalla legge (1239, 1300 e seguente, 1411, 1678, 1737). Art. 1373
Recesso unilaterale Se a una delle parti è attribuita la facoltà di recedere
dal contratto, tale facoltà può essere esercitata finché il contratto non abbia
avuto un principio di esecuzione. Nei contratti a esecuzione continuata o
periodica, tale facoltà può essere esercitata anche successivamente, ma il
recesso non ha effetto per le prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione
(1569, 1612 e seguenti, 1671, 2227). Qualora sia stata stipulata la prestazione
di un corrispettivo per il recesso, questo ha effetto quando la prestazione è
eseguita. E' salvo in ogni caso il patto contrario. Art. 1374 Integrazione del
contratto Il contratto obbliga le parti non solo a quanto e nel medesimo
espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge, o,
in mancanza, secondo gli usi e l'equità. Art. 1375 Esecuzione di buona fede Il
contratto deve essere eseguito secondo buona fede (1337,1358,1366, 1460). Art.
1376 Contratto con effetti reali Nei contratti che hanno per oggetto il
trasferimento della proprietà di una cosa determinata, la costituzione o il
trasferimento di un diritto reale ovvero il trasferimento di un altro diritto,
la proprietà o il diritto si trasmettono e si acquistano per effetto del
consenso delle parti legittimamente manifestato (1155, 1265, 1465, 1472, 1520 e
seguenti, 2644, 2684, 2808-2). Art. 1377 Trasferimento di una massa di cose
Quando oggetto del trasferimento è una determinata massa di cose, anche se
omogenee, si applica la disposizione dell'articolo precedente, ancorché, per
determinati effetti, le cose debbano essere numerate, pesate o misurate. Art.
1378 Trasferimento di cosa determinata solo nel genere Nei contratti che hanno
per oggetto il trasferimento di cose determinate solo nel genere, la proprietà
si trasmette con l'individuazione fatta d'accordo tra le parti o nei modi da
esse stabiliti (1465). Trattandosi di cose che devono essere trasportate da un
luogo a un altro, l'individuazione avviene anche mediante la consegna al
vettore (1678 e seguenti) o allo spedizioniere (1737 e seguenti). Art. 1379
Divieto di alienazione Il divieto di alienare stabilito per contratto ha
effetto solo tra le parti, e non è valido se non è contenuto entro convenienti
limiti di tempo (965) e se non risponde a un apprezzabile interesse di una
delle parti (1260). Art. 1380 Conflitto tra più diritti personali di godimento
Se, con successivi contratti, una persona concede a diversi contraenti un
diritto personale di godimento relativo alla stessa cosa, il godimento spetta
al contraente che per primo lo ha conseguito. Se nessuno dei contraenti ha
conseguito il godimento, è preferito quello che ha il titolo di data certa
(2704) anteriore. Sono salve le norme relative agli effetti della trascrizione
(2644 e seguenti). Art. 1381 Promessa dell'obbligazione o del fatto del terzo
Colui che ha promesso l'obbligazione o il fatto di un terzo è tenuto a
indennizzare l'altro contraente, se il terzo rifiuta di obbligarsi o non compie
il fatto promesso. Sezione II Della clausola penale e della caparra Art. 1382
Effetti della clausola penale La clausola, con cui si conviene che, in caso
d'inadempimento o di ritardo nell'adempimento (1218), uno dei contraenti è
tenuto a una determinata prestazione, ha l'effetto di limitare il risarcimento
alla prestazione promessa, se non è stata convenuta la risarcibilità del danno
ulteriore (1223). La penale è dovuta indipendentemente dalla prova del danno.
Art. 1383 Divieto di cumulo Il creditore non può domandare insieme la
prestazione principale e la penale, se questa non è stata stipulata per il
semplice ritardo. Art. 1384 Riduzione della penale La penale può essere
diminuita equamente dal giudice, se l'obbligazione principale è stata eseguita
in parte ovvero se l'ammontare della penale è manifestamente eccessivo, avuto
sempre riguardo all'interesse che il creditore aveva all'adempimento (1181,
1526-2, att. 163). Art. 1385 Caparra confirmatoria Se al momento della
conclusione (1326) del contratto una parte dà all'altra, a titolo di caparra,
una somma di danaro o una quantità di altre cose fungibili, la caparra, in caso
di adempimento, deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta
(1194). Se la parte che ha dato la caparra è inadempiente (1218), l'altra può
recedere dal contratto, ritenendo la caparra; se inadempiente è invece la parte
che l'ha ricevuta, l'altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio
della caparra (1386,1826; att. 164). Se però la parte che non è inadempiente
preferisce domandare l'esecuzione o la risoluzione (1453 e seguenti) del contratto,
il risarcimento del danno è regolato dalle norme generali (1223 e seguenti;
att. 164). Art. 1386 Caparra penitenziale Se nel contratto è stipulato il
diritto di recesso per una o per entrambe le parti, la caparra ha la sola
funzione di corrispettivo del recesso. In questo caso, il recedente perde la
caparra data o deve restituire il doppio di quella che ha ricevuta. Capo VI
Della Rappresentanza Art. 1387 Fonti della rappresentanza Il potere di
rappresentanza è conferito dalla legge (48, 320, 357, 360, 424, 643; Cod. Proc.
Civ.78) ovvero dall'interessato. Art. 1388 Contratto concluso dal
rappresentante Il contratto concluso dal rappresentante in nome e
nell'interesse del rappresentato, nei limiti delle facoltà conferitegli (19),
produce direttamente effetto nei confronti del rappresentato. Art. 1389
Capacità del rappresentante e del rappresentato Quando la rappresentanza è
conferita dall'interessato, per la validità del contratto concluso dal
rappresentante basta che questi abbia la capacità di intendere e di volere
(428,1425), avuto riguardo alla natura e al contenuto del contratto stesso,
sempre che sia legalmente capace il rappresentato (1471). In ogni caso, per la
validità del contratto concluso dal rappresentante è necessario che il
Contratto non sia vietato al rappresentato. Art. 1390 Vizi della volontà Il
contratto è annullabile(1427 e seguenti,1441 e seguenti) se è viziata la
volontà del rappresentante. Quando però il vizio riguarda elementi
predeterminati dal rappresentato, il contratto è annullabile solo se era
viziata la volontà di questo. Art. 1391 Stati soggettivi rilevanti Nei casi in
cui è rilevante lo stato di buona o di mala fede, di scienza o d'ignoranza di
determinate circostanze, si ha riguardo alla persona del rappresentante, salvo
che si tratti di elementi predeterminati dal rappresentato. In nessun caso il
rappresentato che è in mala fede può giovarsi dello stato d'ignoranza o di
buona fede del rappresentante. Art. 1392 Forma della procura La procura non ha
effetto se non è conferita con le forme prescritte per il contratto che il
rappresentante deve concludere (1350 e seguenti, 1396 e seguenti). Art. 1393
Giustificazione dei poteri del rappresentante Il terzo che contratta col
rappresentante può sempre esigere che questi giustifichi i suoi poteri e, se la
rappresentanza risulta da un atto scritto, che gliene dia una copia da lui
firmata. Art. 1394 Conflitto d'interessi Il contratto concluso dal
rappresentante in conflitto d'interessi col rappresentato può essere annullato
(1441 e seguenti) su domanda del rappresentato, se il conflitto era conosciuto
o riconoscibile dal terzo. Art. 1395 Contratto con se stesso E' annullabile
(1471 e seguenti) il contratto che il rappresentante conclude con se stesso, in
proprio o come rappresentante di un'altra parte, a meno che il rappresentato lo
abbia autorizzato specificatamente ovvero il contenuto del contratto sia
determinato in modo da escludere la possibilità di conflitto d'interessi
(1735). L'impugnazione può essere proposta soltanto dal rappresentato (1471).
Art. 1396 Modificazione ed estinzione della procura Le modificazioni e la
revoca della procura devono essere portate a conoscenza dei terzi con mezzi
idonei. In mancanza, esse non sono opponibili ai terzi, se non si prova che
questi le conoscevano al momento della conclusione del contratto (19, 2266). Le
altre cause di estinzione del potere di rappresentanza conferito
dall'interessato (1722 e seguenti) non sono opponibili ai terzi che le hanno
senza colpa ignorate. Art. 1397 Restituzione del documento della rappresentanza
Il rappresentante e tenuto a restituire il documento dal quale risultano i suoi
poteri, quando questi sono cessati. Art. 1398 Rappresentanza senza potere Colui
che ha contrattato come rappresentante senza averne i poteri o eccedendo i
limiti delle facoltà conferitegli, è responsabile del danno che il terzo
contraente ha sofferto per avere confidato senza sua colpa nella validità del
contratto (1338, 1890, 2822). Art. 1399 Ratifica Nell'ipotesi prevista
dall'articolo precedente, il contratto può essere ratificato dall'interessato,
con l'osservanza delle forme prescritte per la conclusione di esso (1350,
2725). La ratifica ha effetto retroattivo, ma sono salvi i diritti dei terzi.
Il terzo è colui che ha contrattato come rappresentante possono d'accordo
sciogliere il contratto prima della ratifica. Il terzo contraente può invitare
l'interessato a pronunziarsi sulla ratifica assegnandogli un termine, scaduto
il quale, nel silenzio, la ratifica s'intende negata (1712). La facoltà di ratifica
si trasmette agli eredi (588). Art. 1400 Speciali forme di rappresentanza Le
speciali forme di rappresentanza nelle imprese agricole e commerciali sono
regolate dal libro V (2138, 2150, 2203 e seguenti). Capo VII Del contratto per
persona da nominare Art. 1401 Riserva di nomina del contraente Nel momento
della conclusione del contratto (1326) una parte può riservarsi la facoltà di
nominare successivamente la persona che deve acquistare i diritti e assumere
gli obblighi nascenti dal contratto stesso. Art. 1402 Termine e modalità della
dichiarazione di nomina La dichiarazione di nomina deve essere comunicata
all'altra parte nel termine di tre giorni dalla stipulazione del contratto, se
le parti non hanno stabilito un termine diverso. La dichiarazione non ha
effetto se non è accompagnata dall'accettazione della persona nominata o se non
esiste una procura anteriore al contratto. Art. 1403 Forme e pubblicità La
dichiarazione di nomina e la procura o l'accettazione della persona nominata
non hanno effetto (2725) se non rivestono la stessa forma che le parti hanno
usata per il contratto, anche se non prescritta dalla legge. Se per il
contratto è richiesta a determinati effetti una forma di pubblicità (2643 e
seguenti), deve agli stessi effetti essere resa pubblica anche la dichiarazione
di nomina, con l'indicazione dell'atto di procura o dell'accettazione della
persona nominata. Art. 1404 Effetti della dichiarazione di nomina Quando la
dichiarazione di nomina è stata validamente fatta, la persona nominata acquista
i diritti e assume gli obblighi derivanti dal contratto con effetto dal momento
in cui questo fu stipulato. Art. 1405 Effetti della mancata dichiarazione di
nomina Se la dichiarazione di nomina non è fatta validamente nel termine
stabilito dalla legge o dalle parti, il contratto produce i suoi effetti tra i
contraenti originari (1762). Capo VIII Della cessione del contratto Art. 1406
Nozione Ciascuna parte può sostituire a se un terzo nei rapporti derivanti da
un contratto con prestazioni corrispettive, se queste non sono state ancora
eseguite, purché l'altra parte vi consenta. Art. 1407 Forma Se una parte ha
consentito preventivamente che l'altra sostituisca a se un terzo nei rapporti
derivanti dal contratto, la sostituzione è efficace nei suoi confronti dal
momento in cui le è stata notificata (Cod. Proc. Civ. 137) o in cui essa l'ha
accettata (1264). Se tutti gli elementi del contratto risultano da un documento
nel quale è inserita la clausola "all'ordine" o altra equivalente, la
girata (2009) del documento produce la sostituzione del giratario nella
posizione del girante. Art. 1408 Rapporti fra contraente ceduto e cedente Il
cedente è liberato dalle sue obbligazioni verso il contraente ceduto dal
momento in cui la sostituzione diviene efficace nei confronti di questo.
Tuttavia il contraente ceduto, se ha dichiarato di non liberare il cedente, può
agire contro di lui qualora il cessionario non adempia (1218) le obbligazioni
assunte. Nel caso previsto dal comma precedente, il contraente ceduto deve dare
notizia al cedente dell'inadempimento del cessionario, entro quindici giorni da
quello in cui l'inadempimento si è verificato; in mancanza è tenuto al
risarcimento del danno (1223). Art. 1409 Rapporti fra contraente ceduto e
cessionario Il contraente ceduto può opporre al cessionario tutte le eccezioni
derivanti dal contratto, ma non quelle fondate su altri rapporti col cedente,
salvo che ne abbia fatto espressa riserva al momento in cui ha consentito alla
sostituzione. Art. 1410 Rapporti fra cedente e cessionario Il cedente è tenuto
a garantire la validità del contratto (1325, 1266). Se il cedente assume la
garanzia dell'adempimento del contratto, egli risponde come un fideiussore per
le obbligazioni del contraente ceduto (1936, 1942, 1944 e seguenti). Capo IX
Del contratto a favore di terzi Art. 1411 Contratto a favore di terzi E' valida
la stipulazione a favore di un terzo (1875, 1920), qualora lo stipulante vi
abbia interesse (1174). Salvo patto contrario, il terzo acquista il diritto
contro il promittente per effetto della stipulazione. Questa però può essere
revocata o modificata dallo stipulante, finché il terzo non abbia dichiarato,
anche in confronto del promittente, di volerne profittare (1920 e seguenti). In
caso di revoca della stipulazione o di rifiuto del terzo di profittarne, la
prestazione rimane a beneficio dello stipulante, salvo che diversamente risulti
dalla volontà delle parti o dalla natura del contratto. Art. 1412 Prestazione
al terzo dopo la morte dello stipulante Se la prestazione deve essere fatta al
terzo dopo la morte dello stipulante, questi può revocare il beneficio anche
con una disposizione testamentaria (587) e quantunque il terzo abbia dichiarato
di volerne profittare, salvo che, in quest'ultimo caso, lo stipulante abbia
rinunciato per iscritto al potere di revoca (1921). La prestazione deve essere
eseguita a favore degli eredi del terzo se questi premuore allo stipulante,
purché il beneficio non sia stato revocato o lo stipulante non abbia disposto
diversamente. Art. 1413 Eccezioni opponibili dal promittente al terzo Il
promittente può opporre al terzo le eccezioni fondate sul contratto dal quale
il terzo deriva il suo diritto, ma non quelle fondate su altri rapporti tra
promittente e stipulante. Capo X Della simulazione Art. 1414 Effetti della
simulazione tra le parti Il contratto simulato non produce effetto tra le
parti. Se le parti hanno voluto concludere un contratto diverso da quello
apparente, ha effetto tra esse il contratto dissimulato, purché ne sussistano i
requisiti di sostanza e di forma. Le precedenti disposizioni si applicano anche
agli atti unilaterali destinati a una persona determinata, che siano simulati
per accordo tra il dichiarante e il destinatario (164). Art. 1415 Effetti della
simulazione rispetto ai terzi La simulazione (164) non può essere opposta né
dalle parti contraenti, né dagli aventi causa o dai creditori del simulato
alienante, ai terzi che in buona fede (1147) hanno acquistato diritti dal
titolare apparente, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di
simulazione (2652). I terzi possono far valere la simulazione in confronto
delle parti, quando essa pregiudica i loro diritti (1372, 1417). Art. 1416
Rapporti con i creditori La simulazione non può essere opposta dai contraenti
ai creditori del titolare apparente che in buona fede hanno compiuto atti di
esecuzione sui beni che furono oggetto del contratto simulato (2910 e
seguenti). I creditori del simulato alienante possono far valere la simulazione
che pregiudica i loro diritti, e, nel conflitto con i creditori chirografari
del simulato acquirente, sono preferiti a questi, se il loro credito è
anteriore (2704) all'atto simulato. Art. 1417 Prova della simulazione La prova
per testimoni (2721 e seguenti) della simulazione è ammissibile senza limiti
(164), se la domanda e proposta da creditori o da terzi e, qualora sia diretta
a far valer l'illiceità del contratto dissimulato (1343 e seguenti, 1354),
anche se è proposta dalle parti (164). Capo XI Della nullità del contratto Art.
1418 Cause di nullità del contratto Il contratto è nullo quando è contrario a
norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente. Producono nullità
del contratto la mancanza di uno dei requisiti indicati dall’Art. 1325,
l'illiceità della causa (1343), l'illiceità dei motivi nel caso indicato
dall'Art. 1345 e la mancanza nell'oggetto dei requisiti stabiliti dall’Art.
1346. Il contratto è altresì nullo negli altri casi stabiliti dalla legge (190,
226, 458, 778 e seguente, 780 e seguente, 788, 794, 1261, 1344 e seguente,
1350, 1471, 1472, 1895, 1904, 1972). Art. 1419 Nullità parziale La nullità
parziale di un contratto o la nullità di singole clausole importa la nullità
dell'intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso
senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità. La nullità di
singole clausole non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle
sono sostituite di diritto da norme imperative (1339, 1354, 1500 e seguente,
1679, 1815, 1932, 2066, 2077, 2115). Art. 1420 Nullità nel contratto
plurilaterale Nei contratti con più di due parti, in cui le prestazioni di
ciascuna sono dirette al conseguimento di uno scopo comune, la nullità che
colpisce il vincolo di una sola delle parti non importa nullità del contratto, salvo
che la partecipazione di essa debba, secondo le circostanze, considerarsi
essenziale. Art. 1421 Legittimazione all'azione di nullità Salvo diverse
disposizioni di legge, la nullità può essere fatta valere da chiunque vi ha
interesse e può essere rilevata d'ufficio dal giudice. Art. 1422
Imprescrittibilità dell'azione di nullità L'azione per far dichiarare la
nullità non è soggetta a prescrizione, salvi gli effetti dell'usucapione (1158
e seguenti) e della prescrizione delle azioni di ripetizione (2934 e seguenti).
Art. 1423 Inammissibilità della convalida Il contratto nullo non può essere
convalidato (1444), se la legge non dispone diversamente (799). Art. 1424
Conversione del contratto nullo Il contratto nullo può produrre gli effetti di
un contratto diverso, del quale contenga i requisiti di sostanza e di forma,
qualora, avuto riguardo allo scopo perseguito dalle parti, debba ritenersi che
esse lo avrebbero voluto se avessero conosciuto la nullità (1367). Capo XII
Dell'annullabilità del contratto Sezione I Dell'incapacità Art. 1425 Incapacità
delle parti Il contratto è annullabile se una delle parti era legalmente
incapace di contrattare (1441 e seguenti). E' parimenti annullabile, quando
ricorrono le condizioni stabilite dall'Art. 428, il contratto stipulato da
persona incapace d'intendere o di volere (1191, 1934 e seguente). Art. 1426
Raggiri usati dal minore Il contratto non è annullabile, se il minore ha con
raggiri occultato la sua minore età (2); ma la semplice dichiarazione da lui
fatta di essere maggiorenne non è di ostacolo all'impugnazione del contratto.
Sezione II Dei vizi del consenso Art. 1427 Errore, violenza e dolo Il
contraente, il cui consenso fu dato per errore (1428 e seguenti), estorto con
violenza (1434 e seguenti) o carpito con dolo, può chiedere l'annullamento del
contratto (1439 e seguenti) secondo le disposizioni seguenti (122, 624). Art.
1428 Rilevanza dell'errore L'errore è causa di annullamento del contratto
quando è essenziale ed è riconoscibile dall'altro contraente. Art. 1429 Errore
essenziale L'errore è essenziale: quando cade sulla natura o sull'oggetto del
contratto; quando cade sull'identità dell'oggetto della prestazione ovvero
sopra una qualità dello stesso che, secondo il comune apprezzamento o in
relazione alle circostanze, deve ritenersi determinante del consenso; quando
cade sull'identità o sulle qualità della persona dell'altro contraente, sempre
che l'una o le altre siano state determinanti del consenso (122); quando,
trattandosi di errore di diritto, è stato la ragione unica o principale del
contratto (1969). Art. 1430 Errore di calcolo L'errore di calcolo non dà luogo
ad annullamento del contratto, ma solo a rettifica, tranne che, concretandosi
in errore sulla quantità, sia stato determinante del consenso. Art. 1431 Errore
riconoscibile L'errore si considera riconoscibile quando, in relazione al
contenuto, alle circostanze del contratto ovvero alla qualità dei contraenti,
una persona di normale diligenza (1176) avrebbe potuto rilevarlo. Art. 1432
Mantenimento del contratto rettificato La parte in errore non può domandare
l'annullamento del contratto se, prima che ad essa possa derivarne pregiudizio,
l'altra offre di eseguirlo in modo conforme al contenuto e alle modalità del
contratto che quella intendeva concludere. Art. 1433 Errore nella dichiarazione
o nella sua trasmissione Le disposizioni degli articoli precedenti si applicano
anche al caso in cui l'errore cade sulla dichiarazione, o in cui la
dichiarazione è stata inesattamente trasmessa dalla persona o dall'ufficio che
ne era stato incaricato (2706). Art. 1434 Violenza La violenza è causa di
annullamento del contratto, anche se esercitata da un terzo. Art. 1435
Caratteri della violenza La violenza deve essere di tal natura da far
impressione sopra una persona sensata è da farle temere di esporre se o i suoi
beni a un male ingiusto è notevole. Si ha riguardo, in questa materia, all'età,
al sesso e alla condizione delle persone. Art. 1436 Violenza diretta contro
terzi La violenza è causa di annullamento del contratto anche quando il male
minacciato riguarda la persona o i beni del coniuge del contraente o di un
discendente o ascendente di lui. Se il male minacciato riguarda altre persone,
l'annullamento del contratto è rimesso alla prudente valutazione delle circostanze
da parte del giudice. Art. 1437 Timore riverenziale Il solo timore riverenziale
non è causa di annullamento del contratto. Art. 1438 Minaccia di far valere un
diritto La minaccia di far valere un diritto può essere causa di annullamento
del contratto solo quando è diretta a conseguire vantaggi ingiusti. Art. 1439
Dolo Il dolo è causa di annullamento del contratto quando i raggiri usati da
uno dei contraenti sono stati tali che, senza di essi, l'altra parte non
avrebbe contrattato. Quando i raggiri sono stati usati da un terzo, il
contratto è annullabile se essi erano noti al contraente che ne ha tratto
vantaggio. Art. 1440 Dolo incidente Se i raggiri non sono stati tali da
determinare il consenso, il contratto è valido, benché senza di essi sarebbe stato
concluso a condizioni diverse; ma il contraente in mala fede risponde dei danni
(2056). Sezione III Dell'azione di annullamento Art. 1441 Legittimazione
L'annullamento del contratto può essere domandato solo dalla parte nel cui
interesse è stabilito dalla legge. L'incapacità del condannato (Cod. Pen. 32)
in istato di interdizione legale può essere fatta valere da chiunque vi ha
interesse. Art. 1442 Prescrizione L'azione di annullamento si prescrive (2962)
in cinque anni (428, 761, 775). Quando l'annullabilità dipende da vizio del
consenso o da incapacità legale (1425 e seguenti), il termine decorre dal
giorno in cui è cessata la violenza, è stato scoperto l'errore o il dolo, è
cessato lo stato d'interdizione o d'inabilitazione (429), ovvero il minore ha raggiunto
la maggiore età (2). Negli altri casi il termine decorre dal giorno della
conclusione del contratto (428, 775, 1326) ). . L'annullabilità può essere
opposta dalla parte convenuta per l'esecuzione del contratto, anche se è
prescritta l'azione per farla valere. Art. 1443 Ripetizione contro il
contraente incapace Se il contratto è annullato per incapacità (1425) di uno
dei contraenti, questi non è tenuto a restituire all'altro la prestazione
ricevuta se non nei limiti in cui è stata rivolta a suo vantaggio (1190, 2039 e
seguenti). Art. 1444 Convalida Il contratto annullabile può essere convalidato
dal contraente al quale spetta l'azione di annullamento, mediante un atto che
contenga la menzione del contratto e del motivo di annullabilità, e la dichiarazione
che s'intende convalidarlo. Il contratto è pure convalidato, se il contraente
al quale spettava l'azione di annullamento vi ha dato volontariamente
esecuzione conoscendo il motivo di annullabilità. La convalida non ha effetto,
se chi l'esegue non è in condizione di concludere validamente il contratto
(1423,1451). Art. 1445 Effetti dell'annullamento nei confronti dei terzi
L'annullamento che non dipende da incapacità legale non pregiudica i diritti
acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede, salvi gli effetti della
trascrizione della domanda di annullamento (23, 25, 2377, 2652, 2824; att.
165). Art. 1446 Annullabilità nel contratto plurilaterale Nei contratti
indicati dall’Art. 1420 l'annullabilità che riguarda il vincolo di una sola
delle parti non importa annullamento del contratto, salvo che la partecipazione
di questa debba, secondo le circostanze, considerarsi essenziale. Capo XIII
Della rescissione del contratto Art. 1447 Contratto concluso in istato di
pericolo Il contratto con cui una parte ha assunto obbligazioni a condizioni
inique, per la necessità, nota alla controparte, di salvare sé o altri dal
pericolo attuale di un danno grave alla persona (2045), può essere rescisso
sulla domanda (2652) della parte che si è obbligata. Il giudice nel pronunciare
la rescissione, può, secondo le circostanze, assegnare un equo compenso
all'altra parte per l'opera prestata. Art. 1448 Azione generale di rescissione
per lesione Se vi è sproporzione tra la prestazione (att.166) di una parte e
quella dell'altra, e la sproporzione è dipesa dallo stato di bisogno di una
parte, del quale l'altra ha approfittato per trarne vantaggio, la parte
danneggiata può domandare la rescissione del contratto. L'azione non è
ammissibile se la lesione non eccede la metà del valore che la prestazione
eseguita o promessa dalla parte danneggiata aveva al tempo del contratto. La
lesione deve perdurare fino al tempo in cui la domanda è proposta. Non possono
essere rescissi per causa di lesione i contratti aleatori (1934, 1970). Sono
salve le disposizioni relative alla rescissione della divisione (761 e
seguenti). Art. 1449 Prescrizione L'azione di rescissione si prescrive in un
anno dalla conclusione del contratto; ma se il fatto costituisce reato, si
applica l'ultimo comma dell’Art. 2947. La rescindibilità del contratto non può
essere opposta in via di eccezione quando l'azione è prescritta. Art. 1450
Offerta di modificazione del contratto Il contraente contro il quale è
domandata la rescissione può evitarla offrendo una modificazione del contratto
sufficiente per ricondurlo ad equità. Art. 1451 L'inammissibilità della
convalida Il contratto rescindibile non può essere convalidato. Art. 1452
Effetti della rescissione rispetto ai terzi La rescissione del contratto non
pregiudica i diritti acquistati dai terzi (1757), salvi gli effetti della
trascrizione della domanda di rescissione (2652). Capo XIV Della risoluzione
del contratto Sezione I Della risoluzione per inadempimento Art. 1453
Risolubilità del contratto per inadempimento Nei contratti con prestazioni
corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni,
l'altro può a sua scelta chiedere l'adempimento o la risoluzione del contratto
(1878, 1976, 2652), salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno (1223 e seguenti).
La risoluzione può essere domandata anche quando il giudizio è stato promosso
per ottenere l'adempimento; ma non può più chiedersi l'adempimento quando è
stata domandata la risoluzione. Dalla data della domanda (Cod. Proc. Civ. 163)
di risoluzione l'inadempiente non può più adempiere la propria obbligazione.
Art. 1454 Diffida ad adempiere Alla parte inadempiente l'altra può intimare per
iscritto di adempiere in un congruo termine, con dichiarazione che, decorso
inutilmente detto termine, il contratto s'intenderà senz'altro risoluto
(1662,1901). Il termine non può essere inferiore a quindici giorni, salvo
diversa pattuizione delle parti o salvo che, per la natura del contratto o
secondo gli usi, risulti congruo un termine minore. Decorso il termine senza
che il contratto sia stato adempiuto, questo è risoluto di diritto. Art. 1455
Importanza dell'inadempimento Il contratto non si può risolvere se
l'inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo
all'interesse dell'altra (1522 e seguenti, 1564 e seguente, 1668, 1901). Art.
1456 Clausola risolutiva espressa I contraenti possono convenire espressamente
che il contratto si risolva nel caso che una determinata obbligazione non sia
adempiuta secondo le modalità stabilite. In questo caso, la risoluzione si
verifica diritto (1517) quando la parte interessata dichiara all'altra che
intende valersi della clausola risolutiva. Art. 1457 Termine essenziale per una
delle parti Se il termine fissato per la prestazione di una delle parti deve
considerarsi essenziale all'interesse dell'altra, questa, salvo patto o uso
contrario, se vuole esigerne l'esecuzione nonostante la scadenza del termine,
deve darne notizia all'altra parte entro tre giorni (2964). In mancanza, il
contratto s'intende risoluto di diritto anche se non è stata espressamente
pattuita la risoluzione. Art. 1458 Effetti della risoluzione La risoluzione del
contratto per inadempimento ha effetto retroattivo tra le parti, salvo il caso
di contratti i esecuzione continuata o periodica, riguardo quali l'effetto
della risoluzione non si estende le prestazioni già eseguite (1360). La
risoluzione, anche se è stata espressamente pattuita, non pregiudica i diritti
acquistati dai terzi, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di
risoluzione (2652; att. 165). Art. 1459 Risoluzione nel contratto plurilaterale
Nei contratti indicati dall’Art. 1420 l'inadempimento di una delle parti non
importa la risoluzione del contratto rispetto alle altre, salvo che la
prestazione mancata debba, secondo le circostanze, considerarsi essenziale.
Art. 1460 Eccezione d'inadempimento Nei contratti con prestazioni
corrispettive, ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua
obbligazione, se l'altro non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente
la propria, salvo che termini diversi per l'adempimento siano stati stabiliti
dalle parti o risultino dalla natura del contratto (1565). Tuttavia non può
rifiutarsi l'esecuzione se, avuto riguardo alle circostanze, il rifiuto è
contrario alla buona fede (1375). Art. 1461 Mutamento nelle condizioni
patrimoniali dei contraenti Ciascun contraente può sospendere l'esecuzione
della prestazione da lui dovuta, se le condizioni patrimoniali dell'altro sono
divenute tali da porre in evidente pericolo il conseguimento della
controprestazione, salvo che sia prestata idonea garanzia (1822, 1877,
1956,1959; att. 169). Art. 1462 Clausola limitativa della proponibilità di
eccezioni La clausola con cui si stabilisce che una delle parti non può opporre
eccezioni al fine di evitare o ritardare la prestazione dovuta, non ha effetto
per le eccezioni di nullità (1418 e seguenti), di annullabilità (1425 e
seguenti) e di rescissione (1447 e seguenti) del contratto. Nei casi in cui la
clausola è efficace, il giudice, se riconosce che concorrono gravi motivi, può
tuttavia sospendere la condanna, imponendo, se nel caso, una cauzione (att.
167; Cod. Proc. Civ.1 19). Sezione II Dell'impossibilità sopravvenuta Art. 1463
Impossibilità totale Nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte
liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta (1256) non
può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che abbia già
ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell'indebito (2033 e
seguenti). Art. 1464 Impossibilità parziale Quando la prestazione di una parte
è divenuta solo parzialmente impossibile (1258), l'altra parte ha diritto a una
corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta, e può anche recedere
dal contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile all'adempimento
parziale (1181). Art. 1465 Contratto con effetti traslativi o costitutivi Nei
contratti che trasferiscono la proprietà di una cosa determinata ovvero
costituiscono o trasferiscono diritti reali (1376), il perimento della cosa per
una causa imputabile all'alienante non libera l'acquirente dall'obbligo di
eseguire la controprestazione, ancorché la cosa non gli sia stata consegnata.
La stessa disposizione si applica nel caso in cui l'effetto traslativo o
costitutivo sia differito fino allo scadere di un termine. Qualora oggetto del
trasferimento sia una cosa determinata solo nel genere, l'acquirente non è
liberato dall'obbligo di eseguire la controprestazione, se l'alienante ha fatto
la consegna o se la cosa è stata individuata (1378). L'acquirente è in ogni
caso liberato dalla sua obbligazione, se il trasferimento era sottoposto a
condizione sospensiva e l'impossilità è sopravvenuta prima che si verifichi la
condizione (1360). Art. 1466 Impossibilità nel contratto plurilaterale Nei
contratti indicati dall’Art. 1420 impossibilità della prestazione (1256) di una
delle parti non importa scioglimento del contratto rispetto alle altre, salvo
che la prestazione mancata debba, secondo le circostanze, considerarsi
essenziale. Sezione III Dell'eccessiva onerosità Art. 1467 Contratto con
prestazioni corrispettive Nei contratti a esecuzione continuata o periodica
ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta
eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e
imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione
del contratto, con gli effetti stabiliti dall’Art. 1458 (att. 168). La
risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell'alea
normale del contratto. La parte contro la quale è domandata la risoluzione può
evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto (962,
1623, 1664, 1923). Art. 1468 Contratto con obbligazioni di una sola parte
Nell'ipotesi prevista dall'articolo precedente, se si tratta di un contratto
nel quale una sola delle parti ha assunto obbligazioni, questa può chiedere una
riduzione della sua prestazione ovvero una modificazione nelle modalità di
esecuzione, sufficienti per ricondurla ad equità. Art. 1469 Contratto aleatorio
Le norme degli articoli precedenti non si applicano ai contratti aleatori per
loro natura (1879) o per volontà delle parti (1448, 1472). Titolo III Dei
singoli contratti Capo I Della vendita Sezione I Disposizioni generali Art.
1470 Nozione La vendita è il contratto che ha per oggetto il trasferimento
della proprietà di una cosa o il trasferimento di un altro diritto (1376 e
seguenti, 1476) verso il corrispettivo di un prezzo (1448, 1473 e seguente,
1498). Art. 1471 Divieti speciali di comprare Non possono essere compratori
nemmeno all'asta pubblica, né direttamente né per interposta persona: gli
amministratori dei beni dello Stato, dei comuni, delle province o degli altri
enti pubblici, rispetto ai beni affidati alla loro cura; gli ufficiali
pubblici, rispetto ai beni che sono venduti per loro ministero; coloro che per
legge o per atto della pubblica autorità amministrano beni altrui (320 e
seguenti, 357 e seguenti, 424 e seguenti), rispetto ai beni medesimi; i
mandatari (1703), rispetto ai beni che sono stati incaricati di vendere, salvo
il disposto dell'Art. 1395. Nei primi due casi l'acquisto è nullo (1421 e
seguenti); negli altri è annullabile (1441 e seguenti). Art. 1472 Vendita di
cose future Nella vendita che ha per oggetto una cosa futura (1348), l'acquisto
della proprietà si verifica non appena la cosa viene ad esistenza. Se oggetto
della vendita sono gli alberi o i frutti di un fondo, la proprietà si acquista
quando gli alberi sono tagliati o i frutti sono separati (820). Qualora le
parti non abbiano voluto concludere un contratto aleatorio, la vendita è nulla,
se la cosa non viene ad esistenza. Art. 1473 Determinazione del prezzo affidata
a un terzo Le parti possono affidare la determinazione del prezzo a un terzo,
eletto nel contratto o da eleggere posteriormente. Se il terzo non vuole o non
può accettare l'incarico, ovvero le parti non si accordano per la sua nomina o
per la sua sostituzione, la nomina, su richiesta di una delle parti, è fatta
dal presidente del tribunale del luogo in cui è stato concluso il contratto
(1349; att. 82, 170). Art. 1474 Mancanza di determinazione espressa del prezzo
Se il contratto ha per oggetto cose che il venditore vende abitualmente e le
parti non hanno determinato il prezzo, né hanno convenuto il modo di
determinarlo, né esso è stabilito per atto della pubblica autorità (o da norme
corporative), si presume che le parti abbiano voluto riferirsi al prezzo
normalmente praticato dal venditore. Se si tratta di cose aventi un prezzo di borsa
o di mercato, il prezzo si desume dai listini o dalle mercuriali del luogo in
cui deve essere eseguita la consegna, o da quelli della piazza più vicina.
Qualora le parti abbiano inteso riferirsi al giusto prezzo, si applicano le
disposizioni dei commi precedenti; e, quando non ricorrono i casi da essi
previsti, il prezzo, in mancanza di accordo, è determinato da un terzo,
nominato a norma del secondo comma dell'articolo precedente (1561). Art. 1475
Spese della vendita Le spese del contratto di vendita e le altre accessorie
(1510) sono a carico del compratore, se non è stato pattuito diversamente
(1196, 1539, 554). § 1 Delle obbligazioni del venditore Art. 1476 Obbligazioni
principali del venditore Le obbligazioni principali del venditore sono: quella di
consegnare la cosa al compratore; quella di fargli acquistare la proprietà
della cosa o il diritto, se l'acquisto non è effetto immediato del contratto
(1376 e seguenti); quella di garantire il compratore dall'evizione e dai vizi
della cosa. Art. 1477 Consegna della cosa La cosa deve essere consegnata nello
stato in sui si trovava al momento della vendita. Salvo diversa volontà delle
parti, la cosa deve essere consegnata insieme con gli accessori, le pertinenze
(817) e i frutti (820 e seguente) dal giorno della vendita. Il venditore deve
pure consegnare i titoli e i documenti relativi alla proprietà e all'uso della
cosa venduta (1527). Art. 1478 Vendita di cosa altrui Se al momento del
contratto (1326) la cosa venduta non era di proprietà del venditore, questi è
obbligato a procurarne l'acquisto al compratore. Il compratore diventa
proprietario nel momento in cui il venditore acquista la proprietà dal titolare
di essa (att. 171). Art. 1479 Buona fede del compratore Il compratore può
chiedere la risoluzione del contratto (1453), se, quando l'ha concluso,
ignorava che la cosa non era di proprietà del venditore, e se frattanto il
venditore non gliene ha fatto acquistare la proprietà. Salvo il disposto
dell'Art. 1223, il venditore è tenuto a restituire all'acquirente il prezzo
pagato, anche se la cosa è diminuita di valore o è deteriorata; deve inoltre
rimborsargli le spese e i pagamenti legittimamente fatti per il contratto. Se
la diminuzione di valore o il deterioramento derivano da un fatto del
compratore, dall'ammontare suddetto si deve detrarre l'utile che il compratore
ne ha ricavato. Il venditore è inoltre tenuto a rimborsare al compratore le
spese necessarie e utili fatte per la cosa, e, se era in mala fede, anche
quelle voluttuarie (att. 171). Art. 1480 Vendita di cosa parzialmente di altri
Se la cosa che il compratore riteneva di proprietà del venditore era solo in
parte di proprietà altrui, il compratore può chiedere la risoluzione del
contratto e il risarcimento del danno a norma dell'articolo precedente quando
deve ritenersi, secondo le circostanze, che non avrebbe acquistato la cosa
senza quella parte di cui non è divenuto proprietario (1419); altrimenti può
solo ottenere una riduzione del prezzo, oltre al risarcimento del danno (1233;
att. 131). Art. 1481 Pericolo di rivendica Il compratore può sospendere il
pagamento del prezzo, quando ha ragione di temere che la cosa o una parte di
essa possa essere rivendicata da terzi (948), salvo che il venditore presti
idonea garanzia (1119). Il pagamento non può essere sospeso se il pericolo era
noto al compratore al tempo della vendita. Art. 1482 Cosa gravata da garanzie
reali o da altri vincoli Il compratore può altresì sospendere il pagamento del
prezzo, se la cosa venduta risulta gravata da garanzie reali o da vincoli
derivanti da pignoramento o da sequestro, non dichiarati dal venditore e dal
compratore stesso ignorati. Egli può inoltre far fissare dal giudice un
termine, alla scadenza del quale, se la cosa non è liberata, il contratto è
risoluto con obbligo del venditore di risarcire il danno ai sensi dell'Art.
1479. Se l'esistenza delle garanzie reali o dei vincoli sopra indicati era nota
al compratore, questi non può chiedere la risoluzione del contratto, e il
venditore è tenuto verso di lui solo per il caso di evizione. Art. 1483
Evizione totale della cosa Se il compratore subisce l'evizione totale della
cosa per effetto di diritti che un terzo ha fatti valere su di essa, il
venditore è tenuto a risarcirlo del danno (1223 e seguenti) a norma dell'Art.
1479. Egli deve inoltre corrispondere al compratore il valore dei frutti che
questi sia tenuto a restituire a colui dal quale è evitto, le spese che egli
abbia fatte per la denunzia della lite e quelle che abbia dovuto rimborsare
all'attore. Art. 1484 Evizione parziale In caso di evizione parziale della
cosa, si osservano le disposizioni dell'Art. 1480 e quella del secondo comma
dell'articolo precedente (2921). Art. 1485 Chiamata in causa del venditore Il
compratore convenuto da un terzo che pretende di avere diritti sulla cosa
venduta, deve chiamare in causa il venditore. Qualora non lo faccia e sia
condannato con sentenza passata in giudicato, perde il diritto alla garanzia,
se il venditore prova che esistevano ragioni sufficienti per far respingere la
domanda. Il compratore che ha spontaneamente riconosciuto il diritto del terzo
perde il diritto alla garanzia, se non prova che non esistevano ragioni
sufficienti per impedire l'evizione. Art. 1486 Responsabilità limitata dal
venditore Se il compratore ha evitato l'evizione della cosa mediante il
pagamento di una somma di danaro, il venditore può liberarsi da tutte le
conseguenze della garanzia col rimborso della somma pagata, degli interessi e
di tutte le spese. Art. 1487 Modificazione o esclusione convenzionale della
garanzia I contraenti possono aumentare o diminuire gli effetti della garanzia
e possono altresì pattuire che il venditore non sia soggetto a garanzia alcuna.
Quantunque sia pattuita l'esclusione della garanzia, il venditore è sempre
tenuto per l'evizione derivante da un fatto suo proprio. E' nullo ogni patto
contrario (1266). Art. 1488 Effetti dell'esclusione della garanzia Quando è
esclusa la garanzia, non si applicano le disposizioni degli artt. 1479 e 1480;
se si verifica l'evizione, il compratore può pretendere dal venditore soltanto
la restituzione del prezzo pagato e il rimborso delle spese. Il venditore è
esente anche da quest'obbligo quando la vendita è stata convenuta a rischio e
pericolo del compratore. Art. 1489 Cosa gravata da oneri o da diritti di
godimento di terzi Se la cosa venduta è gravata da oneri o da diritti reali o
personali non apparenti che ne diminuiscono il libero godimento e non sono
stati dichiarati nel contratto, il compratore che non ne abbia avuto conoscenza
può domandare la risoluzione del contratto oppure una riduzione del prezzo
secondo la disposizione dell'Art. 1480. Si osservano inoltre, in quanto
applicabili, le disposizioni degli artt. 1481, 1485, 1486, 1487 e 1488. Art.
1490 Garanzia per i vizi della cosa venduta Il venditore è tenuto a garantire
che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all'uso a cui è
destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore. Il patto con cui si
esclude o si limita la garanzia non ha effetto, se il venditore ha in mala fede
taciuto al compratore i vizi della cosa (1229). Art. 1491 Esclusione della
garanzia Non è dovuta la garanzia (1490) se al momento del contratto il
compratore conosceva i vizi della cosa; parimenti non è dovuta, se i vizi erano
facilmente riconoscibili, salvo, in questo caso, che il venditore abbia
dichiarato che la cosa era esente da vizi. Art. 1492 Effetti della garanzia Nei
casi indicati dall'Art. 1490 il compratore può domandare a sua scelta la
risoluzione del contratto (1453 e seguenti) ovvero la riduzione del prezzo,
salvo, che, per determinati vizi, gli usi escludano la risoluzione. La scelta è
irrevocabile quando è fatta con la domanda giudiziale. Se la cosa consegnata è
perita in conseguenza dei vizi, il compratore ha diritto alla risoluzione del
contratto; se invece è perita per caso fortuito o per colpa del compratore, o
se questi l'ha alienata o trasformata, egli non può domandare che la riduzione
del prezzo. Art. 1493 Effetti della risoluzione del contratto In caso di
risoluzione del contratto il venditore deve restituire il prezzo e rimborsare
al compratore le spese e i pagamenti legittimamente fatti per la vendita
(1475). Il compratore deve restituire la cosa, se questa non è perita in
conseguenza dei vizi. Art. 1494 Risarcimento del danno In ogni caso il
venditore è tenuto verso il compratore al risarcimento del danno (1223), se non
prova di avere ignorato senza colpa i vizi della cosa. Il venditore deve
altresì risarcire al compratore i danni derivati dai vizi della cosa. Art. 1495
Termini e condizioni per l'azione Il compratore decade dal diritto alla
garanzia, se non denunzia i vizi al venditore entro otto giorni dalla scoperta
(1511), salvo il diverso termine stabilito dalle parti o dalla legge. La
denunzia non è necessaria se il venditore ha riconosciuto l'esistenza del vizio
o l'ha occultato. L'azione si prescrive, in ogni caso, in un anno dalla
consegna; ma il compratore, che sia convenuto per l'esecuzione del contratto,
può sempre far valere la garanzia, purché il vizio della cosa sia stato
denunziato entro otto giorni dalla scoperta e prima del decorso dell'anno dalla
consegna (1522; att. 172). Art. 1496 Vendita di animali Nella vendita di
animali la garanzia per i vizi è regolata dalle leggi speciali o, in mancanza,
dagli usi locali. Se neppure questi dispongono, si osservano le norme che
precedono (1490 e seguenti). Art. 1497 Mancanza di qualità Quando la cosa
venduta non ha le qualità promesse ovvero quelle essenziali per l'uso a cui è
destinata, il compratore ha diritto di ottenere la risoluzione del contratto
secondo le disposizioni generali sulla risoluzione per inadempimento (1453 e
seguenti), purché il difetto di qualità ecceda i limiti di tolleranza stabiliti
dagli usi. Tuttavia il diritto di ottenere la risoluzione è soggetto alla
decadenza e alla prescrizione stabilite dall’Art. 1495 (att. 172). § 2 Delle
obbligazioni del compratore Art. 1498 Pagamento del prezzo Il compratore è
tenuto a pagare il prezzo nel termine e nel luogo fissati dal contratto. In
mancanza di pattuizione e salvi gli usi diversi, il pagamento deve avvenire al
momento della consegna e nel luogo dove questa si esegue (1477). Se il prezzo
non si deve pagare al momento della consegna, il pagamento si fa al domicilio
del venditore (1182). Art. 1499 Interessi compensativi sul prezzo Salvo diversa
pattuizione, qualora la cosa venduta è consegnata al compratore produca frutti
(820) o altri proventi (1477), decorrono gli interessi (1284) sul prezzo, anche
se questo non è ancora esigibile. § 3 Del riscatto convenzionale Art. 1500
Patto di riscatto Il venditore può riservarsi il diritto di riavere la
proprietà della cosa venduta mediante la restituzione del prezzo e i rimborsi
stabiliti dalle disposizioni che seguono. Il patto di restituire un prezzo
superiore a quello stipulato per la vendita è nullo (1421 e seguenti) per
l'eccedenza. Art. 1501 Termini Il termine per il riscatto non può essere
maggiore di due anni nella vendita di beni mobili (1510 e seguenti) e di cinque
anni in quella di beni immobili (1537 e seguenti). Se le parti stabiliscono un
termine maggiore, essi si riduce a quello legale. Il termine stabilito dalla
legge è perentorio (2964) e non si può prorogare. Art. 1502 Obblighi del
riscattante Il venditore che esercita il diritto di riscatto è tenuto a
rimborsare al compratore il prezzo, le spese (1475) e ogni altro pagamento
legittimamente fatto per la vendita, le spese per le riparazioni necessarie e,
nei limiti dell'aumentato, quelle che hanno aumentato il valore della cosa
(1150). Fino al rimborso delle spese necessarie e utili, il compratore ha
diritto di ritenere la cosa. Il giudice tuttavia, per il rimborso delle spese
utili, può accordare una dilazione, disponendo, se occorrono, le opportune
cautele (1151, 1179). Art. 1503 Esercizio del riscatto Il venditore decade dal
diritto di riscatto, se entro il termine fissato non comunica al compratore la
dichiarazione di riscatto (2653) e non gli corrisponde le somme liquide dovute
per il rimborso del prezzo, delle spese e di ogni altro pagamento legittimamente
fatto per la vendita. Se il compratore rifiuta di ricevere il pagamento di tali
rimborsi, il venditore decade dal diritto di riscatto, qualora non ne faccia
offerta reale entro otto giorni dalla scadenza del termine (1208 e seguenti).
Nella vendita di beni immobili la dichiarazione di riscatto deve essere fatta
per iscritto, sotto pena di nullità (1350, 2725). Art. 1504 Effetti del
riscatto rispetto ai subacquirenti Il venditore che ha legittimamente
esercitato il diritto di riscatto nei confronti del compratore può ottenere il
rilascio della cosa anche dai successivi acquirenti, purché il patto sia ad
essi opponibile (2653, n. 3). Se l'alienazione è stata notificata al venditore,
il riscatto deve essere esercitato in confronto del terzo acquirente. Art. 1505
Diritti costituiti dal compratore sulla cosa Il venditore che ha esercitato il
diritto di riscatto riprende la cosa esente dai pesi e dalle ipoteche da cui
sia stata gravata (2653 n. 3); ma è tenuto a mantenere le locazioni fatte senza
frode, purché abbiano data certa (2704) e siano state convenute per un tempo
non superiore ai tre anni. Art. 1506 Riscatto di parte indivisa In caso di
vendita con patto di riscatto di una parte indivisa di una cosa, il
comproprietario che chiede la divisione deve proporre la domanda anche in
confronto del venditore (1111). Se la cosa non è comodamente divisibile e si fa
luogo all'incanto, il venditore che non ha esercitato il riscatto anteriormente
all'aggiudicazione decade da tale diritto, anche se aggiudicatario sia lo
stesso compratore. Art. 1507 Vendita congiuntiva di cosa indivisa Se più
persone hanno venduto congiuntamente, mediante un solo contratto, una cosa
indivisa, ciascuna può esercitare il diritto di riscatto solo sopra la quota
che le spettava. La medesima disposizione si osserva se il venditore ha
lasciato più eredi. Il compratore, nei casi sopra espressi, può esigere che
tutti i venditori o tutti i coeredi esercitino congiuntamente il diritto di
riscatto dell'intera cosa; se essi non si accordano il riscatto può esercitarsi
soltanto da parte di colui o di coloro che offrono di riscattare la cosa per
intero. Art. 1508 Vendita separata di cosa indivisa Se i comproprietari di una
cosa non l'hanno venduta congiuntamente e per intero, ma ciascuno ha venduto la
sola sua quota, essi possono separatamente esercitare il diritto di riscatto
sopra la quota che loro spettava, e il compratore non può valersi della facoltà
prevista dall'ultimo comma dell'articolo precedente. Art. 1509 Riscatto contro
gli eredi del compratore Qualora il compratore abbia lasciato più eredi, il
diritto di riscatto si può esercitare contro ciascuno di essi solo per la parte
che gli spetta, anche quando la cosa venduta è tuttora indivisa. Se l'eredità è
stata divisa e la cosa venduta è stata assegnata a uno degli eredi, il diritto
di riscatto non può esercitarsi contro di lui che per la totalità. Sezione II
Della vendita di cose mobili § 1 Disposizioni generali Art. 1510 Luogo della
consegna In mancanza di patto o di uso contrario, la consegna della cosa deve
avvenire nel luogo dove questa si trovava al tempo della vendita, se le parti
ne erano a conoscenza (1182), ovvero nel luogo dove il venditore aveva il suo
domicilio o la sede dell'impresa. Salvo patto o uso contrario, se la cosa venduta
deve essere trasportata da un luogo all'altro, il venditore si libera
dall'obbligo della consegna rimettendo la cosa al vettore (1678 e seguenti) o
allo spedizioniere (1737 e seguenti); le spese del trasporto sono a carico del
compratore (1475). Art. 1511 Denunzia nella vendita di cose da trasportare
Nella vendita di cose da trasportare da un luogo a un altro, il termine (1495)
per la denunzia dei vizi e dei difetti di qualità apparenti decorre dal giorno
del ricevimento (att. 172). Art. 1512 Garanzia di buon funzionamento Se il
venditore ha garantito per un tempo determinato il buon funzionamento della
cosa venduta, il compratore, salvo patto contrario, deve denunziare al
venditore il difetto di funzionamento entro trenta giorni dalla scoperta, sotto
pena di decadenza (2964 e seguenti). L'azione si prescrive in sei mesi dalla
scoperta. Il giudice, secondo le circostanze, può assegnare al venditore un
termine per sostituire o riparare la cosa in modo da assicurarne il buon
funzionamento, salvo il risarcimento dei danni (1223 e seguenti). Sono salvi
gli usi i quali stabiliscono che la garanzia di buon funzionamento è dovuta
anche in mancanza di patto espresso (att. 174). Art. 1513 Accertamento dei
difetti In caso di divergenza sulla qualità o condizione della cosa, il
venditore o il compratore possono chiederne la verifica nei modi stabiliti
dall’Art. 696, Cod. Proc. Civ. Il giudice, su istanza (Cod. Proc. Civ. 125)
della parte interessata, può ordinare il deposito (att. 77) o il sequestro
della cosa stessa, nonché la vendita per conto di chi spetta, determinandone le
condizioni. La parte che non ha chiesto la verifica della cosa, deve, in caso
di contestazione, provarne rigorosamente l'identità e lo stato. Art. 1514
Deposito della cosa venduta Se il compratore non si presenta per ricevere la
cosa acquistata, il venditore può depositarla, per conto e a spese del
compratore medesimo, in un locale di pubblico deposito (att. 77), oppure in
altro locale idoneo determinato dal pretore del luogo in cui la consegna doveva
essere fatta. Il venditore deve dare al compratore pronta notizia del deposito
eseguito (1689 e seguente). Art. 1515 Esecuzione coattiva per inadempimento del
compratore Se il compratore non adempie l'obbligazione di pagare il prezzo
(1498), il venditore può far vendere senza ritardo la cosa per conto e a spese
di lui. La vendita è fatta all'incanto a mezzo di una persona autorizzata a
tali atti (att. 83) o, in mancanza di essa nel luogo in cui la vendita deve
essere eseguita, a mezzo di un ufficiale giudiziario. Il venditore deve dare
tempestiva notizia al compratore del giorno, del luogo e dell'ora in cui la
vendita sarà eseguita. Se la cosa ha un prezzo corrente, stabilito per atto
della pubblica autorità (o da norme corporative), ovvero risultante da listini
di borsa o da mercuriali, la vendita può essere fatta senza incanto, al prezzo
corrente, a mezzo delle persone indicate nel comma precedente o di un
commissario nominato dal pretore. In tal caso il venditore deve dare al
compratore pronta notizia della vendita. Il venditore ha diritto alla
differenza tra il prezzo convenuto e il ricavo netto della vendita, oltre al
risarcimento del maggior danno (1536, 1551, 1686). Art. 1516 Esecuzione
coattiva per inadempimento del venditore Se la vendita ha per oggetto cose
fungibili che hanno un prezzo corrente a norma del terzo comma dell'articolo
precedente, e il venditore non adempie la sua obbligazione (1476), il
compratore può fare acquistare senza ritardo le cose, a spese del venditore, a
mezzo di una delle persone indicate nel secondo e terzo comma dell'articolo
precedente (att. 83). Dell'acquisto il compratore deve dare pronta notizia al
venditore. Il compratore ha diritto alla differenza tra l'ammontare della spesa
occorsa per l'acquisto e il prezzo convenuto, oltre al risarcimento del maggior
danno (1223,1536, 1551). Art. 1517 Risoluzione di diritto La risoluzione ha
luogo di diritto a favore del contraente che, prima della scadenza del termine
stabilito, abbia offerto all'altro, nelle forme di uso, la consegna della cosa
(1477) o il pagamento del prezzo (1498), se l'altra parte non adempie la
propria obbligazione. La risoluzione di diritto ha luogo pure a favore del
venditore, se, alla scadenza del termine stabilito per la consegna, il
compratore, la cui obbligazione di pagare il prezzo non sia scaduta, non si
presenta per ricevere la cosa preventivamente offerta, ovvero non l'accetta. Il
contraente che intende valersi della risoluzione disposta dal presente articolo
deve darne comunicazione all'altra parte entro otto giorni (2964) dalla
scadenza del termine; in mancanza di tale comunicazione, si osservano le
disposizioni generali sulla risoluzione per inadempimento (1453 e seguenti).
Art. 1518 Normale determinazione del risarcimento Se la vendita ha per oggetto
una cosa che ha un prezzo corrente a norma del terzo comma dell'Art. 1515, e il
contratto si risolve per l'inadempimento di una delle parti, il risarcimento è
costituito dalla differenza tra il prezzo convenuto e quello corrente nel luogo
e nel giorno in cui si doveva fare la consegna, salva la prova di un maggior
danno. Nella vendita a esecuzione periodica, la liquidazione del danno si
determina sulla base dei prezzi correnti nel luogo e nel giorno fissati per le
singole consegne. Art. 1519 Restituzione di cose non pagate Se la vendita è
stata fatta senza dilazione per il pagamento del prezzo, il venditore, in
mancanza di pagamento, può riprendere il possesso delle cose vendute, finché
queste si trovano presso il compratore (1156), purché la domanda sia proposta
entro quindici giorni dalla consegna e le cose si trovino nello stato in cui
erano al tempo della consegna stessa. Il diritto di riprendere il possesso
delle cose non si può esercitare in pregiudizio dei privilegi previsti dagli
artt. 2764 e 2765, salvo che si provi che il creditore, al tempo della
introduzione di esse nella casa o nel fondo locato ovvero nel fondo concesso a
mezzadria o a colonia, conosceva che il prezzo era ancora dovuto. La
disposizione del comma precedente si applica anche a favore dei creditori del
compratore che abbiano sequestrato o pignorato le cose, a meno che si provi che
essi, al momento del sequestro o del pignoramento, conoscevano che il prezzo
era ancora dovuto. § 2 Della vendita con riserva di gradimento, a prova, a
campione Art. 1520 Vendita con riserva di gradimento Quando si vendono cose con
riserva di gradimento da parte del compratore, la vendita non si perfeziona
fino a che il gradimento non sia comunicato al venditore (1353 e seguenti). Se
l'esame della cosa deve farsi presso il venditore, questi è liberato, qualora
il compratore non vi proceda nel termine stabilito dal contratto o dagli usi,
o, in mancanza, in un termine congruo fissato dal venditore. Se la cosa si
trova presso il compratore e questi non si pronunzia nel termine sopra
indicato, la cosa si considera di suo gradimento. Art. 1521 Vendita a prova La
vendita a prova si presume fatta sotto la condizione sospensiva (1353 e
seguenti) che la cosa abbia le qualità pattuite o sia idonea all'uso a cui è
destinata. La prova si deve eseguire nel termine e secondo le modalità
stabiliti dal contratto o dagli usi. Art. 1522 Vendita su campione e su tipo di
campione Se la vendita è fatta su campione, s'intende che questo deve servire
come esclusivo paragone per la qualità della merce, e in tal caso qualsiasi
difformità attribuisce al compratore il diritto alla risoluzione del contratto
(1453). Qualora, però, dalla convenzione o dagli usi risulti che il campione
deve servire unicamente a indicare in modo approssimativo la qualità, si può
domandare la risoluzione soltanto se la difformità dal campione sia notevole
(1455). In ogni caso l'azione è soggetta alla decadenza e alla prescrizione
stabilite dall'Art. 1495 (att. 172). § 3 Della vendita con riserva della proprietà
Art. 1523 Passaggio della proprietà e dei rischi Nella vendita a rate con
riserva della proprietà, il compratore acquista la proprietà della cosa col
pagamento dell'ultima rata di prezzo, ma assume i rischi dal momento della
consegna. Art. 1524 Opponibilità della riserva di proprietà nei confronti di
terzi La riserva della proprietà è opponibile ai creditori del compratore, solo
se risulta da atto scritto avente data certa (2704) anteriore al pignoramento.
Se la vendita ha per oggetto macchine e il prezzo è superiore alle lire
trentamila, la riserva della proprietà è opponibile anche al terzo acquirente,
purché il patto di riservato dominio sia trascritto in apposito registro tenuto
nella cancelleria del tribunale nella giurisdizione del quale è collocata la
macchina, e questa, quando è acquistata dal terzo, si trovi ancora nel luogo
dove la trascrizione è stata eseguita (2762; att. 254 e seguente). Sono salve
le disposizioni relative ai beni mobili iscritti in pubblici registri (2683 e
seguenti). Art. 1525 Inadempimento del compratore Nonostante patto contrario,
il mancato pagamento di una sola rata, che non superi l'ottava parte del
prezzo, non dà luogo alla risoluzione del contratto, e il compratore conserva
il beneficio del termine relativamente alle rate successive (1455; att. 176).
Art. 1526 Risoluzione del contratto Se la risoluzione del contratto ha luogo
per l'inadempimento del compratore, il venditore deve restituire le rate
riscosse, salvo il diritto a un equo compenso per l'uso della cosa, oltre il
risarcimento del danno (1223). Qualora si sia convenuto che le rate pagate
restino acquisite al venditore a titolo d'indennità, il giudice, secondo le
circostanze, può ridurre l'indennità convenuta (1384). La stessa disposizione
si applica nel caso in cui il contratto sia configurato come locazione, e sia
convenuto che, al termine di esso, la proprietà della cosa sia acquisita al
conduttore per effetto del pagamento dei canoni pattuiti (att. 176). § 4 Della
vendita su documenti e con pagamento contro documenti Art. 1527 Consegna Nella
vendita su documenti, il venditore si libera dall'obbligo della consegna
rimettendo al compratore il titolo rappresentativo della merce (1996) e gli
altri documenti stabiliti dal contratto o, in mancanza, dagli usi. Art. 1528
Pagamento del prezzo Salvo patto o usi contrari, il pagamento del prezzo e
degli accessori deve eseguirsi nel momento e nel luogo in cui avviene la
consegna dei documenti indicati dall'articolo precedente. Quando i documenti
sono regolari, il compratore non può rifiutare il pagamento del prezzo
adducendo eccezioni relative alla qualità e allo stato delle cose (1490), a
meno che queste risultino già dimostrate. Art. 1529 Rischi Se la vendita ha per
oggetto cose in viaggio, e tra i documenti consegnati al compratore è compresa
la polizza di assicurazione per i rischi del trasporto, sono a carico del
compratore i rischi a cui si trova esposta la merce dal momento della consegna
al vettore. Questa disposizione non si applica se il venditore al tempo del contratto
era a conoscenza della perdita o dell'avaria della merce, e le ha in mala fede
taciute al compratore. Art. 1530 Pagamento contro documenti a mezzo di banca
Quando il pagamento del prezzo deve avvenire a mezzo di una banca, il venditore
non può rivolgersi al compratore se non dopo il rifiuto opposto dalla banca
stessa è constatato all'atto della presentazione dei documenti nelle forme
stabilite dagli usi (1268). La banca che ha confermato il credito al venditore
può opporgli solo le eccezioni derivanti dall'incompletezza o irregolarità dei
documenti e quelle relative al rapporto di conferma del credito. § 5 Della
vendita a termine di titoli di credito Art. 1531 Interessi, dividendi e diritto
di voto Nella vendita a termine di titoli di credito (1992), gli interessi e i
dividendi esigibili dopo la conclusione del contratto e prima della scadenza
del termine, se riscossi dal venditore, sono accreditati al compratore. Qualora
la vendita abbia per oggetto titoli azionari, il diritto di voto spetta al venditore
fino al momento della consegna (1550; att. 177). Art. 1532 Diritto di opzione
Il diritto di opzione (2441) inerente ai titoli venduti a termine spetta al
compratore. Il venditore, qualora il compratore gliene faccia richiesta in
tempo utile, deve mettere il compratore in grado di esercitare il diritto di
opzione, oppure deve esercitarlo per conto del compratore, se questi gli ha
fornito i fondi necessari. In mancanza di richiesta da parte del compratore, il
venditore deve curare la vendita dei diritti di opzione per conto del
compratore, a mezzo di un agente di cambio o di un istituto di credito (1550;
att. 251). Art. 1533 Estrazione per premi o rimborsi Se i titoli venduti a
termine sono soggetti a estrazione per premi o rimborsi, i diritti e gli oneri
derivanti dall'estrazione spettano al compratore, qualora la conclusione (1326)
del contratto sia anteriore al giorno stabilito per l'inizio dell'estrazione.
Il venditore, al solo effetto indicato dal comma precedente, deve comunicare
per iscritto al compratore una distinta numerica dei titoli almeno un giorno
prima dell'inizio dell'estrazione. In mancanza di tale comunicazione, il
compratore ha facoltà di acquistare, a spese del venditore, i diritti spettanti
a una quantità corrispondente di titoli, dandone comunicazione al venditore
prima dell'inizio della estrazione. Art. 1534 Versamenti richiesti sui titoli
Il compratore deve fornire al venditore, almeno due giorni prima della
scadenza, le somme necessarie per eseguire i versamenti richiesti sui titoli
non liberati (1550). Art. 1535 Proroga dei contratti a termine Se alla scadenza
del termine le parti convengono di prorogare l'esecuzione del contratto, è
dovuta la differenza tra il prezzo originario e quello corrente nel giorno
della scadenza, salva l'osservanza degli usi diversi. Art. 1536 Inadempimento
In caso d'inadempimento della vendita a termine di titoli, si osservano le
norme degli artt. 1515 e 1516, salva, per i contratti di borsa, l'applicazione
delle leggi speciali. Sezione III Della vendita di cose immobili Art. 1537
Vendita a misura Quando un determinato immobile (812) è venduto con
l'indicazione della sua misura e per un prezzo stabilito in ragione di un tanto
per ogni unità di misura, il compratore ha diritto a una riduzione, se la
misura effettiva dell'immobile è inferiore a quella indicata nel contratto
(att. 166). Se la misura risulta superiore a quella indicata nel contratto, il
compratore deve corrispondere il supplemento del prezzo, ma ha facoltà di
recedere dal contratto qualora l'eccedenza oltrepassi la ventesima parte della
misura dichiarata. Art. 1538 Vendita a corpo Nei casi in cui il prezzo è
determinato in relazione al corpo dell'immobile e non alla sua misura, sebbene
questa sia stata indicata, non si fa luogo a diminuzione o a supplemento di
prezzo, salvo che la misura reale sia inferiore o superiore di un ventesimo
rispetto a quella indicata nel contratto. Nel caso in cui dovrebbe pagarsi un
supplemento di prezzo, il compratore ha la scelta di recedere dal contratto o
di corrispondere il supplemento. Art. 1539 Recesso dal contratto Quando il
compratore esercita il diritto di recesso, il venditore è tenuto a restituire
il prezzo e a rimborsare le spese del contratto (1475). Art. 1540 Vendita
cumulativa di più immobili Se due o più immobili sono stati venduti con lo
stesso contratto per un solo e medesimo prezzo, con l'indicazione della misura
di ciascuno di essi, e si trova che la quantità è minore nell'uno e maggiore
nell'altro, se ne fa la compensazione fino alla debita concorrenza; il diritto
al supplemento o alla diminuzione del prezzo spetta in conformità delle
disposizioni sopra stabilite. Art. 1541 Prescrizione Il diritto del venditore
al supplemento e quello del compratore alla diminuzione del prezzo o al recesso
dal contratto si prescrivono in un anno dalla consegna dell'immobile (att.
178). Sezione IV Della vendita di eredità Art. 1542 Garanzia Chi vende
un'eredità senza specificarne gli oggetti non è tenuto a garantire che la
propria qualità di erede (477, 588). Art. 1543 Forme La vendita di un'eredità
deve farsi per atto scritto, sotto pena di nullità (1350, 2643). Il venditore è
tenuto a prestarsi agli atti che sono necessari da parte sua per rendere
efficace, di fronte ai terzi, la trasmissione di ciascuno dei diritti compresi
nell'eredità. Art. 1544 Obblighi del venditore Se il venditore ha percepito i
frutti di qualche bene o riscosso qualche credito ereditario, ovvero ha venduto
qualche bene dell'eredità, è tenuto a rimborsare il compratore, salvo patto
contrario. Art. 1545 Obblighi del compratore Il compratore deve rimborsare il
venditore di quanto questi ha pagato per debiti e pesi dell'eredità, e deve
corrispondergli quanto gli sarebbe dovuto dall'eredità medesima, salvo che sia
convenuto diversamente. Art. 1546 Responsabilità per debiti ereditari Il
compratore, se non vi è patto contrario, è obbligato in solido (1292 e
seguenti) col venditore a pagare i debiti ereditari (752). Art. 1547 Altre
forme di alienazione di eredità Le disposizioni precedenti si applicano alle
altre forme di alienazione di un'eredità a titolo oneroso. Nelle alienazioni a
titolo gratuito la garanzia è regolata dall'Art. 797. Capo II Del riporto Art.
1548 Nozione Il riporto è il contratto per il quale il riportato trasferisce in
proprietà al riportatore titoli di credito (1992) di una data specie per un
determinato prezzo, e il riportatore assume l'obbligo di trasferire al
riportato, alla scadenza del termine stabilito, la proprietà di altrettanti
titoli della stessa specie, verso rimborso del prezzo, che può essere aumentato
o diminuito nella misura convenuta. Art. 1549 Perfezione del contratto Il
contratto si perfeziona con la consegna dei titoli. Art. 1550 Diritti accessori
e obblighi inerenti ai titoli I diritti accessori e gli obblighi inerenti ai
titoli dati a riporto spettano al riportato. Si applicano le disposizioni degli
artt. 1531, 1532,1533 e 1534. Il diritto di voto, salvo patto contrario, spetta
al riportatore (att. 177). Art. 1551 Inadempimento In caso di inadempimento di
una delle parti, si osservano le disposizioni degli artt. 1515 e 1516, salva
per i contratti di borsa l'applicazione delle leggi speciali. Se entrambe le
parti non adempiono le proprie obbligazioni nel termine stabilito, il riporto
cessa di avere effetto, e ciascuna parte ritiene ciò che ha ricevuto al tempo
della stipulazione del contratto. Capo III Della permuta Art. 1552 Nozione La
permuta è il contratto (1321) che ha per oggetto il reciproco trasferimento
della proprietà di cose, o di altri diritti, da un contraente all'altro (1376).
Art. 1553 Evizione Il permutante, se ha sofferto l'evizione e non intende
riavere la cosa data, ha diritto al valore della cosa evitta, secondo le norme
stabilite per la vendita (1483 e seguenti), salvo in ogni caso il risarcimento del
danno (1223). Art. 1554 Spese della permuta Salvo patto contrario, le spese
della permuta e le altre accessorie sono a carico di entrambi i contraenti in
parti uguali. Art. 1555 Applicabilità delle norme sulla vendita Le norme
stabilite per la vendita si applicano alla permuta, in quanto siano con questa
compatibili (1470 e seguenti). Capo IV Del contratto estimatorio Art. 1556
Nozione Con il contratto estimatorio una parte consegna una o più cose mobili
all'altra e questa si obbliga a pagare il prezzo, salvo che restituisca le cose
nel termine stabilito. Art. 1557 Impossibilità di restituzione Chi ha ricevuto
le cose non è liberato dall'obbligo di pagarne il prezzo, se la restituzione di
esse nella loro integrità è divenuta impossibile per causa a lui non imputabile
(1218). Art. 1558 Disponibilità delle cose Sono validi gli atti di disposizione
compiuti da chi ha ricevuto le cose; ma i suoi creditori non possono sottoporle
a pignoramento o a sequestro (Cod. Proc. Civ. 514, 671) finché non ne sia stato
pagato il prezzo. Colui che ha consegnato le cose non può disporne fino a che
non gli siano restituite. Capo V Della somministrazione Art. 1559 Nozione La
somministrazione è il contratto (1321) con il quale una parte si obbliga, verso
corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore dell'altra, prestazioni
periodiche o continuative di cose. Art. 1560 Entità della somministrazione
Qualora non sia determinata l'entità della somministrazione, s'intende pattuita
quella corrispondente al normale fabbisogno della parte che vi ha diritto,
avuto riguardo al tempo della conclusione (1326) del contratto. Se le parti
hanno stabilito soltanto il limite massimo e quello minimo per l'intera
somministrazione o per le singole prestazioni, spetta all'avente diritto alla
somministrazione di stabilire, entro i limiti suddetti, il quantitativo dovuto.
Se l'entità della somministrazione deve determinarsi in relazione al fabbisogno
ed è stabilito un quantitativo minimo, l'avente diritto alla somministrazione è
tenuto per la quantità corrispondente al fabbisogno se questo supera il minimo
stesso. Art. 1561 Determinazione del prezzo Nella somministrazione a carattere
periodico, se il prezzo deve essere determinato secondo le norme dell'Art.
1474, si ha riguardo al tempo della scadenza delle singole prestazioni e al
luogo in cui queste devono essere eseguite. Art. 1562 Pagamento del prezzo
Nella somministrazione a carattere periodico il prezzo è corrisposto all'atto
delle singole prestazioni e in proporzione di ciascuna di esse. Nella somministrazione
a carattere continuativo il prezzo è pagato secondo le scadenze d'uso. Art.
1563 Scadenza delle singole prestazioni Il termine stabilito per le singole
prestazioni si presume pattuito nell'interesse di entrambe le parti (1184). Se
l'avente diritto alla somministrazione ha la facoltà di fissare la scadenza
delle singole prestazioni, egli deve comunicare la data al somministrante con
un congruo preavviso. Art. 1564 Risoluzione del contratto In caso
d'inadempimento (1218) di una delle parti relativo a singole prestazioni,
l'altra può chiedere la risoluzione del contratto, se l'inadempimento ha una
notevole importanza (1455) ed è tale da menomare la fiducia nell'esattezza dei
successivi adempimenti. Art. 1565 Sospensione della somministrazione Se la
parte che ha diritto alla somministrazione è inadempiente e l'inadempimento è
di lieve entità, il somministrante non può sospendere l'esecuzione del
contratto senza dare congruo preavviso (1455, 1460). Art. 1566 Patto di
preferenza Il patto con cui l'avente diritto alla somministrazione si obbliga a
dare la preferenza al somministrante nella stipulazione di un successivo
contratto per lo stesso oggetto, è valido purché la durata dell'obbligo non
ecceda il termine di cinque anni. Se è convenuto un termine maggiore, questo si
riduce a cinque anni. L'avente diritto alla somministrazione deve comunicare al
somministrante le condizioni propostegli da terzi e il somministrante deve
dichiarare, sotto pena di decadenza, nel termine stabilito o, in mancanza, in
quello richiesto dalle circostanze o dagli usi, se intende valersi del diritto
di preferenza (att. 1791). Art. 1567 Esclusiva a favore del somministrante Se
nel contratto è pattuita la clausola di esclusiva a favore del somministrante,
l'altra parte non può ricevere da terzi prestazioni della stessa natura, né,
salvo patto contrario, può provvedere con mezzi propri alla produzione delle
cose che formano oggetto del contratto. Art. 1568 Esclusiva a favore
dell'avente diritto alla somministrazione Se la clausola di esclusiva è
pattuita a favore dell'avente diritto alla somministrazione, il somministrante
non può compiere nella zona per cui l'esclusiva è concessa e per la durata del
contratto, né direttamente né indirettamente, prestazioni della stessa natura
di quelle che formano oggetto del contratto. L'avente diritto alla
somministrazione, che assume l'obbligo di promuovere, nella zona assegnatagli,
la vendita delle cose di cui ha l'esclusiva, risponde dei danni (1223) in caso
di inadempimento a tale obbligo, anche se ha eseguito il contratto rispetto al
quantitativo minimo che sia stato fissato. Art. 1569 Contratto a tempo
indeterminato Se la durata della somministrazione non è stabilita, ciascuna
delle parti può recedere dal contratto, dando preavviso nel termine pattuito o
in quello stabilito dagli usi o, in mancanza, in un termine congruo avuto
riguardo alla natura della somministrazione. Art. 1570 Rinvio Si applicano alla
somministrazione, in quanto compatibili con le disposizioni che precedono,
anche le regole che disciplinano il contratto a cui corrispondono le singole
prestazioni. Capo VI Della locazione Sezione I Disposizioni generali Art. 1571
Nozione La locazione è il contratto col quale una parte si obbliga a far godere
all'altra una cosa mobile o immobile per un dato tempo (1572 e seguenti), verso
un determinato corrispettivo (att. 180). Art. 1572 Locazioni e anticipazioni
eccedenti l'ordinaria amministrazione Il contratto di locazione per una durata
superiore a nove anni è atto eccedente l'ordinaria amministrazione (1350, n. 8,
2643, n. 8, 2923). Sono altresì atti eccedenti l'ordinaria amministrazione le
anticipazioni del corrispettivo della locazione per una durata superiore a un
anno (1605). Art. 1573 Durata della locazione Salvo diverse norme di legge
(1607, 1629), la locazione non può stipularsi per un tempo eccedente i trenta
anni. Se stipulata per un periodo più lungo o in perpetuo, e ridotta al termine
suddetto. Art. 1574 Locazione senza determinazione di tempo Quando le parti non
hanno determinato la durata della locazione (1616), questa s'intende convenuta:
se si tratta di case senza arredamento di mobili o di locali per l'esercizio di
una professione, di un'industria o di un commercio, per la durata di un anno,
salvi gli usi locali; se si tratta di camere o di appartamenti mobiliati, per
la durata corrispondente all'unità di tempo a cui è commisurata la pigione; se
si tratta di cose mobili, per la durata corrispondente all'unità di tempo a cui
è commisurato il corrispettivo; se si tratta di mobili forniti dal locatore per
l'arredamento di un fondo urbano, per la durata della locazione del fondo
stesso (2923). Art. 1575 Obbligazioni principali del locatore Il locatore deve:
consegnare (1171) al conduttore la cosa locata in buono stato di manutenzione;
mantenerla in istato da servire all'uso convenuto; garantirne il pacifico
godimento durante la locazione (1585 e seguenti). Art. 1576 Mantenimento della
cosa in buono stato locativo Il locatore deve eseguire, durante la locazione,
tutte le riparazioni necessarie, eccettuate quelle di piccola manutenzione che
sono a carico del conduttore (1609, 1621). Se si tratta di cose mobili, le
spese di conservazione e di ordinaria manutenzione sono, salvo patto contrario,
a carico del conduttore. Art. 1577 Necessità di riparazioni Quando la cosa
locata abbisogna di riparazioni che non sono a carico del conduttore, questi è
tenuto a darne avviso al locatore. Se si tratta di riparazioni urgenti, il
conduttore può eseguirle direttamente, salvo rimborso, purché ne dia contemporaneamente
avviso al locatore. Art. 1578 Vizi della cosa locata Se al momento della
consegna la cosa locata è affetta da vizi che ne diminuiscono in modo
apprezzabile l'idoneità all'uso pattuito, il conduttore può domandare la
risoluzione del contratto o una riduzione del corrispettivo, salvo che si
tratti di vizi da lui conosciuti o facilmente riconoscibili. Il locatore è
tenuto a risarcire al conduttore i danni derivati da vizi della cosa, se non
prova di avere senza colpa ignorato i vizi stessi al momento della consegna.
Art. 1579 Limitazioni convenzionali della responsabilità Il patto con cui si
esclude o si limita la responsabilità del locatore per i vizi della cosa non ha
effetto (1229, 1421 e seguenti), se il locatore li ha in mala fede taciuti al
conduttore oppure se i vizi sono tali da rendere impossibile il godimento della
cosa. Art. 1580 Cose pericolose per la salute Se i vizi della cosa o di parte
notevole di essa espongono a serio pericolo la salute del conduttore o dei suoi
familiari o dipendenti, il conduttore può ottenere la risoluzione del
contratto, anche se i vizi gli erano noti, nonostante qualunque rinunzia
(1229). Art. 1581 Vizi sopravvenuti Le disposizioni degli articoli precedenti
si osservano in quanto applicabili, anche nel caso di vizi della cosa
sopravvenuti nel corso della locazione. Art. 1582 Divieto d'innovazione Il
locatore non può compiere sulla cosa innovazioni che diminuiscano il godimento
da parte del conduttore. Art. 1583 Mancato godimento per riparazioni urgenti Se
nel corso della locazione la cosa abbisogna di riparazioni che non possono
differirsi fino al termine del contratto, il conduttore deve tollerarle anche
quando importano privazione del godimento di parte della cosa locata. Art. 1584
Diritti del conduttore in caso di riparazioni Se l'esecuzione delle riparazioni
si protrae per oltre un sesto della durata della locazione e, in ogni caso, per
oltre venti giorni, il conduttore ha diritto a una riduzione del corrispettivo,
proporzionata all'intera durata delle riparazioni stesse e all'entità del
mancato godimento. Indipendentemente dalla sua durata, se l'esecuzione delle
riparazioni rende inabitabile quella parte della cosa che è necessaria per
l'alloggio del conduttore e della sua famiglia, il conduttore può ottenere,
secondo le circostanze, lo scioglimento del contratto. Art. 1585 Garanzia per
molestie Il locatore è tenuto a garantire il conduttore dalle molestie che
diminuiscono l'uso o il godimento della cosa, arrecate da terzi che pretendono
di avere diritti sulla cosa medesima. Non è tenuto a garantirlo dalle molestie
di terzi che non pretendono di avere diritti, salva al conduttore la facoltà di
agire contro di essi in nome proprio (1168). Art. 1586 Pretese da parte di
terzi Se i terzi che arrecano le molestie pretendono di avere diritti sulla
cosa locata, il conduttore è tenuto a darne pronto avviso al locatore, sotto
pena del risarcimento dei danni. Se i terzi agiscono in via giudiziale, il
locatore è tenuto ad assumere la lite, qualora sia chiamato nel processo. Il
conduttore deve esserne estromesso con la semplice indicazione del locatore, se
non ha interesse a rimanervi (Cod. Proc. Civ. 108). Art. 1587 Obbligazioni
principali del conduttore Il conduttore deve: prendere in consegna la cosa e
osservare la diligenza del buon padre di famiglia (1176) nel servirsene per
l'uso determinato nel contratto o per l'uso che può altrimenti presumersi dalle
circostanze; dare il corrispettivo nei termini convenuti (1282). Art. 1588
Perdita e deterioramento della cosa locata Il conduttore risponde della perdita
e del deterioramento della cosa che avvengono nel corso della locazione, anche
se derivanti da incendio, qualora non provi che siano accaduti per causa a lui
non imputabile (1218 e seguenti,1256 e seguenti). E' pure responsabile della
perdita e del deterioramento cagionati da persone che egli ha ammesse, anche
temporaneamente, all'uso o al godimento della cosa. Art. 1589 Incendio di cosa
assicurata Se la cosa distrutta o deteriorata per incendio era stata assicurata
dal locatore o per conto di questo (1891), la responsabilità del conduttore
verso il locatore è limitata alla differenza tra l'indennizzo corrisposto
dall'assicuratore e il danno effettivo. Quando si tratta di cosa mobile stimata
e l'assicurazione è stata fatta per valore uguale alla stima, cessa ogni
responsabilità del conduttore in confronto del locatore, se questi è
indennizzato dall'assicuratore. Sono salve in ogni caso le norme concernenti il
diritto di surrogazione dell'assicuratore (1916). Art. 1590 Restituzione della
cosa locata Il conduttore deve restituire (1177) la cosa al locatore nello
stato medesimo in cui l'ha ricevuta, in conformità della descrizione che ne sia
stata fatta dalle parti, salvo il deterioramento o il consumo risultante
dall'uso della cosa in conformità del contratto. In mancanza di descrizione, si
presume che il conduttore abbia ricevuto la cosa in buono stato di
manutenzione. Il conduttore non risponde del perimento o del deterioramento
dovuti a vetusta. Le cose mobili (812) si devono restituire nel luogo dove sono
state consegnate. Art. 1591 Danni per ritardata restituzione Il conduttore in
mora (1219 e seguenti) a restituire la cosa è tenuto a dare al locatore il
corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l'obbligo di risarcire il
maggior danno (1223; Cod. Proc. Civ. 657 e seguenti). Art. 1592 Miglioramenti
Salvo disposizioni particolari della legge o degli usi, il conduttore non ha
diritto a indennità per i miglioramenti apportati alla cosa locata. Se però vi
è stato il consenso del locatore, questi è tenuto a pagare un'indennità
corrispondente alla minor somma tra l'importo della spesa e il valore del
risultato utile al tempo della riconsegna. Anche nel caso in cui il conduttore
non ha diritto a indennità, il valore dei miglioramenti può compensare i
deterioramenti che si sono verificati senza colpa grave del conduttore. Art.
1593 Addizioni Il conduttore che ha eseguito addizioni sulla cosa locata ha
diritto di toglierle alla fine della locazione qualora ciò possa avvenire senza
nocumento della cosa, salvo che il proprietario preferisca ritenere le
addizioni stesse. In tal caso questi deve pagare al conduttore un'indennità
pari alla minor somma tra l'importo della spesa e il valore delle addizioni al
tempo della riconsegna. Se le addizioni non sono separabili senza nocumento
della cosa e ne costituiscono un miglioramento, si osservano le norme
dell'articolo precedente. Art. 1594 Sublocazione o cessione della locazione Il
conduttore, salvo patto contrario, ha facoltà di sublocare la cosa locatagli,
ma non può cedere il contratto senza il consenso del locatore (1406).
Trattandosi di cosa mobile, la sublocazione deve essere autorizzata dal
locatore o consentita dagli usi. Art. 1595 Rapporti tra il locatore e il
subconduttore Il locatore, senza pregiudizio dei suoi diritti verso il
conduttore, ha azione diretta contro il subconduttore per esigere il prezzo
della sublocazione, di cui questi sia ancora debitore al momento della domanda
giudiziale, e per costringerlo ad adempiere tutte le altre obbligazioni
derivanti dal contratto di sublocazione. Il subconduttore non può opporgli
pagamenti anticipati, salvo che siano stati fatti secondo gli usi locali
(2764). Senza pregiudizio delle ragioni del subconduttore verso il sublocatore,
la nullità (1418) o la risoluzione del contratto di locazione ha effetto anche
nei confronti del subconduttore, e la sentenza pronunciata tra locatore e
conduttore ha effetto anche contro di lui (2909). Art. 1596 Fine della
locazione per lo spirare del termine La locazione per un tempo determinato
dalle parti cessa con lo spirare del termine, senza che sia necessaria la
disdetta. La locazione senza determinazione di tempo non cessa, se prima della
scadenza stabilita a norma dell’Art. 1574 una delle parti non comunica
all'altra disdetta nel termine (fissato dalle norme corporative o, in mancanza,
in quello) determinato dalle parti o dagli usi (954). Art. 1597 Rinnovazione
tacita del contratto La locazione si ha per rinnovata se, scaduto il termine di
essa, il conduttore rimane ed è lasciato nella detenzione della cosa locata o
se, trattandosi di locazione a tempo indeterminato, non è stata comunicata la
disdetta a norma dell'articolo precedente. La nuova locazione è regolata dalle
stesse condizioni della precedente, ma la sua durata è quella stabilita per le
locazioni a tempo indeterminato (1574). Se è stata data licenza, il conduttore
non può opporre la tacita rinnovazione, salvo che consti la volontà del
locatore di rinnovare il contratto. Art. 1598 Garanzie della locazione Le
garanzie prestate da terzi non si estendono alle obbligazioni derivanti da
proroghe della durata del contratto. Art. 1599 Trasferimento a titolo
particolare della cosa locata Il contratto di locazione è opponibile al terzo
acquirente, se ha data certa (2704) anteriore all'alienazione della cosa (999).
La disposizione del comma precedente non si applica alla locazione di beni
mobili non iscritti in pubblici registri, se l'acquirente ne ha conseguito il
possesso in buona fede (1147, 1153). Le locazioni di beni immobili non
trascritte non sono opponibili al terzo acquirente, se non nei limiti di un
novennio dall'inizio della locazione (2643 n. 8, 2644). L'acquirente è in ogni
caso tenuto a rispettare la locazione, se ne ha assunto l'obbligo verso
l'alienante (2923). Art. 1600 Detenzione anteriore al trasferimento Se la
locazione non ha data certa, ma la detenzione del conduttore è anteriore al
trasferimento, l'acquirente non è tenuto a rispettare la locazione che per una
durata corrispondente a quella stabilita per le locazioni a tempo
indeterminato. Art. 1601 Risarcimento del danno al conduttore licenziato Se il
conduttore è stato licenziato dall'acquirente perché il contratto di locazione
non aveva data certa (2704) anteriore al trasferimento, il locatore è tenuto a
risarcirgli il danno (1223 e seguenti). Art. 1602 Effetti dell'opponibilità
della locazione al terzo acquirente Il terzo acquirente tenuto a rispettare la
locazione subentra, dal giorno del suo acquisto, nei diritti e nelle obbligazioni
derivanti dal contratto di locazione. Art. 1603 Clausola di scioglimento del
contratto in caso di alienazione Se si è convenuto che il contratto possa
sciogliersi in caso di alienazione della cosa locata, l'acquirente che vuole
valersi di tale facoltà deve dare licenza al conduttore rispettando il termine
di preavviso stabilito dal secondo comma dell’Art. 1596. In tal caso al
conduttore licenziato non spetta il risarcimento dei danni, salvo patto
contrario (2923). Art. 1604 Vendita della cosa locata con patto di riscatto Il
compratore con patto di riscatto non può esercitare la facoltà di licenziare il
conduttore fino a che il suo acquisto non sia divenuto irrevocabile con la
scadenza del termine fissato per il riscatto (1500 e seguenti). Art. 1605 Liberazione
o cessione del corrispettivo della locazione La liberazione o la cessione del
corrispettivo della locazione non ancora scaduto non può opporsi al terzo
acquirente della cosa locata, se non risulta da atto scritto avente data certa
(2704) anteriore al trasferimento. Si può in ogni caso opporre il pagamento
anticipato eseguito in conformità degli usi locali. Se la liberazione o la
cessione è stata fatta per un periodo eccedente i tre anni e non è stata
trascritta (2643 n. 9, 2644), può essere opposta solo entro i limiti di un
triennio; se il triennio è già trascorso, può essere opposta solo nei limiti
dell'anno in corso nel giorno del trasferimento (2812, 2918, 2924). Art. 1606
Estinzione del diritto del locatore Nei casi in cui il diritto del locatore sulla
cosa locata si estingue con effetto retroattivo, le locazioni da lui concluse
aventi data certa (2704) sono mantenute, purché siano state fatte senza frode e
non eccedano il triennio. Sono salve le diverse disposizioni di legge. Sezione
II Della locazione di fondi urbani (l) Art. 1607 Durata massima della locazione
di case La locazione di una casa per abitazione può essere convenuta per tutta
la durata della vita dell'inquilino e per due anni successivi alla sua morte.
(Vedere anche Legge 27 luglio 1978, n. 392, Leggi Speciali) Art. 1608 Garanzie
per il pagamento della pigione Nelle locazioni di case non mobiliate
l'inquilino può essere licenziato se non fornisce la casa di mobili sufficienti
(2764) o non presta altre garanzie (1179) idonee ad assicurare il pagamento
della pigione. Art. 1609 Piccole riparazioni a carico dell'inquilino Le
riparazioni di piccola manutenzione, che a norma dell’Art. 1576 devono essere
eseguite dall'inquilino a sue spese, sono quelle dipendenti da deterioramenti
prodotti dall'uso, e non quelle dipendenti da vetustà o da caso fortuito
(2764). Le suddette riparazioni, in mancanza di patto, sono determinate dagli
usi locali. Art. 1610 Spurgo dei pozzi e di latrine Lo spurgo dei pozzi e delle
latrine è a carico del locatore. Art. 1611 Incendio di casa abitata da più
inquilini Se si tratta di casa occupata da più inquilini, tutti sono
responsabili verso il locatore del danno prodotto dall'incendio (1588),
proporzionalmente al valore della parte occupata. Se nella casa abita anche il
locatore, si detrae dalla somma dovuta una quota corrispondente alla parte da
lui occupata (1589). La disposizione del comma precedente non si applica se si
prova che l'incendio è cominciato dall'abitazione di uno degli inquilini,
ovvero se alcuno di questi prova che l'incendio non è potuto cominciare nella
sua abitazione. Art. 1612 Recesso convenzionale del locatore Il locatore che si
è riservata la facoltà di recedere dal contratto per abitare egli stesso nella
casa locata deve dare licenza motivata nel termine stabilito dagli usi locali
(Cod. Proc. Civ. 657). (tacitamente abrogato dalla Legge 27 luglio 1978, n.
392, Leggi Speciali) Art. 1613 Facoltà di recesso degli impiegati pubblici Gli
impiegati delle pubbliche amministrazioni possono, nonostante patto contrario,
recedere dal contratto nel caso di trasferimento, purché questo non sia stato
disposto su loro domanda. Tale facoltà si esercita mediante disdetta motivata,
e il recesso ha effetto dal secondo mese successivo a quello in corso alla data
della disdetta. Art. 1614 Morte dell'inquilino Nel caso di morte
dell'inquilino, se la locazione deve ancora durare per più di un anno ed è
stata vietata la sublocazione, gli eredi possono recedere dal contratto entro
tre mesi dalla morte. Il recesso si deve esercitare mediante disdetta
comunicata con preavviso non inferiore a tre mesi. Sezione III Dell'affitto § 1
Disposizioni generali Art. 1615 Gestione e godimento della cosa produttiva
Quando la locazione ha per oggetto il godimento di una cosa produttiva, mobile
o immobile, l'affittuario deve curarne la gestione in conformità della
destinazione economica della cosa e dell'interesse della produzione. A lui
spettano i frutti (821) e le altre utilità della cosa. Art. 1616 Affitto senza
determinazione di tempo Se le parti non hanno determinato la durata
dell'affitto, ciascuna di esse può recedere dal contratto dando all'altra un
congruo preavviso. Sono salve (le norme corporative e) gli usi che dispongano
diversamente. Art. 1617 Obblighi del locatore Il locatore è tenuto a consegnare
la cosa, con i suoi accessori e le sue pertinenze (817), in istato da servire
all'uso e alla produzione a cui è destinata. Art. 1618 Inadempimenti
dell'affittuario Il locatore può chiedere la risoluzione del contratto, se
l'affittuario non destina al servizio della cosa i mezzi necessari per la
gestione di essa, se non osserva le regole della buona tecnica, ovvero se muta
stabilmente la destinazione economica della cosa. Art. 1619 Diritto di
controllo Il locatore può accertare in ogni tempo, anche con accesso in luogo,
se l'affittuario osserva gli obblighi che gli incombono. Art. 1620 Incremento
della produttività della cosa L'affittuario può prendere le iniziative atte a
produrre un aumento di reddito della cosa, purché esse non importino obblighi
per il locatore o non gli arrechino pregiudizio, e siano conformi all'interesse
della produzione. Art. 1621 Riparazioni Il locatore è tenuto ad eseguire a sue
spese, durante l'affitto, le riparazioni straordinarie. Le altre sono a carico
dell'affittuario (1576). Art. 1622 Perdite determinate da riparazioni Se
l'esecuzione delle riparazioni che sono a carico del locatore determina per
l'affittuario una perdita superiore al quinto del reddito annuale o, nel caso
di affitto non superiore a un anno, al quinto del reddito complessivo,
l'affittuario può domandare una riduzione del fitto in ragione della
diminuzione del reddito oppure, secondo le circostanze, lo scioglimento del
contratto. Art. 1623 Modificazioni sopravvenute del rapporto contrattuale Se,
in conseguenza di una disposizione di legge, (di una norma corporativa), o di
un provvedimento dell'autorità riguardanti la gestione produttiva, il rapporto
contrattuale risulta notevolmente modificato in modo che le parti ne risentano
rispettivamente una perdita e un vantaggio, può essere richiesto un aumento o
una diminuzione del fitto (1467) ovvero, secondo le circostanze, lo
scioglimento del contratto. Sono salve le diverse disposizioni della legge
(della norma corporativa) o del provvedimento dell'autorità. Art. 1624 Divieto
di subaffitto. Cessione dell'affitto L'affittuario non può subaffittare la cosa
senza il consenso del locatore. La facoltà di cedere l'affitto comprende quella
di subaffittare; la facoltà di subaffittare non comprende quella di cedere
l'affitto. Art. 1625 Clausola di scioglimento del contratto in caso di
alienazione Se si è convenuto che l'affitto possa sciogliersi in caso di
alienazione, l'acquirente che voglia dare licenza all'affittuario deve
osservare la disposizione dell’Art. 1616. Quando l'affitto ha per oggetto un
fondo rustico, la licenza deve essere data col preavviso di sei mesi e ha
effetto per la fine dell'anno agrario in corso alla scadenza del termine di
preavviso. Art. 1626 Incapacità o insolvenza dell'affittuario L'affitto si
scioglie per l'interdizione, l'inabilitazione (414 e seguenti) o l'insolvenza
dell'affittuario, salvo che al locatore sia prestata idonea garanzia (1179) per
l'esatto adempimento degli obblighi dell'affittuario. Art. 1627 Morte
dell'affittuario Nel caso di morte dell'affittuario, il locatore e gli eredi
dell'affittuario possono, entro tre mesi dalla morte, recedere dal contratto
mediante disdetta comunicata all'altra parte con preavviso di sei mesi. Se
l'affitto ha per oggetto un fondo rustico, la disdetta ha effetto per la fine
dell'anno agrario in corso alla scadenza del termine di preavviso. § 2
Dell'affitto di fondi rustici Art. 1628 Durata minima dell'affitto (Se le norme
corporative stabiliscono un periodo minimo di durata del contratto, l'affitto
di un fondo rustico stipulato per una durata inferiore si estende al periodo
minimo così stabilito). Art. 1629 Fondi destinati al rimboschimento L'affitto
di fondi rustici destinati al rimboschimento può essere stipulato per un
termine massimo di novantanove anni. Art. 1630 Affitto senza determinazione di
tempo L'affitto a tempo indeterminato di un fondo soggetto a rotazione di
colture si reputa stipulato per il tempo necessario affinché l'affittuario
possa svolgere e portare a compimento il normale ciclo di avvicendamento delle
colture praticate nel fondo. Se il fondo non è soggetto ad avvicendamento di
colture, l'affitto si reputa fatto per il tempo necessario alla raccolta dei
frutti (820). L'affitto non cessa se prima della scadenza una delle parti non
ha dato disdetta con preavviso di sei mesi. (Sono salve le diverse disposizioni
delle norme corporative). Art. 1631 Estensione del fondo Per l'affitto a
misura, oppure a corpo con indicazione della misura, nel caso di eccesso o di
difetto dell'estensione del fondo rispetto alla misura indicata, i diritti e le
obbligazioni delle parti sono determinati secondo le norme contenute nel capo
della vendita (1537). Artt. 1632-1634 (abrogati) Art. 1635 Perdita fortuita dei
frutti negli affitti pluriennali Se, durante l'affitto convenuto per più anni,
almeno la metà dei frutti di un anno non ancora separati perisce per caso
fortuito, l'affittuario può domandare una riduzione del fitto, salvo che la
perdita trovi compenso nei precedenti raccolti. Qualora la perdita non trovi
compenso nei precedenti raccolti, la riduzione e determinata alla fine
dell'affitto, eseguito il conguaglio con i frutti raccolti in tutti gli anni
decorsi. Il giudice può dispensare provvisoriamente l'affittuario dal pagamento
di una parte del fitto in proporzione della perdita sofferta. La riduzione non
può mai eccedere la metà del fitto. In ogni caso si deve tener conto degli
indennizzi che l'affittuario abbia conseguiti o possa conseguire in relazione
alla perdita sofferta. Al perimento è equiparata la mancata produzione dei
frutti. Art. 1636 Perdita fortuita dei frutti negli affitti annuali Se
l'affitto ha la durata di un solo anno, e si è verificata la perdita per caso
fortuito di almeno la metà dei frutti, l'affittuario può essere esonerato dal
pagamento di una parte del fitto, in misura non superiore alla metà. Art. 1637
Accollo di casi fortuiti L'affittuario può, con patto espresso, assumere il
rischio dei casi fortuiti ordinari. Sono reputati tali i fortuiti che, avuto
riguardo ai luoghi e a ogni altra circostanza, le parti potevano
ragionevolmente ritenere probabili. E' nullo il patto (1421 e seguenti) col
quale l'affittuario si assoggetta ai casi fortuiti straordinari. Art. 1638
Espropriazione per pubblico interesse In caso di espropriazione per pubblico
interesse o di occupazione temporanea del fondo locato, l'affittuario ha
diritto di ottenere dal locatore la parte d'indennità a questo corrisposta per
i frutti non percepiti o per il mancato raccolto. Art. 1639 Canone di affitto
Il fitto può consistere anche in una quota ovvero in una quantità fissa o
variabile dei frutti del fondo locato. Art. 1640 Scorte morte Le scorte morte
costituenti la dotazione del fondo, che sono state consegnate all'affittuario
all'inizio dell'affitto, con determinazione della specie, qualità e quantità,
devono, anche se stimate essere restituite al locatore alla fine dell'affitto,
nella stessa specie, qualità e quantità e, se si tratta di scorte fisse, come
macchinari e attrezzi, nello stesso stato d'uso. L'eccedenza o la deficienza
deve essere regolata in danaro, secondo il valore corrente al tempo della
riconsegna. La dotazione necessaria non può essere distratta e deve essere
mantenuta secondo le esigenze delle colture e la pratica dei luoghi. La
disposizione del comma precedente si applica anche se, all'inizio dell'affitto,
l'affittuario ha depositato la somma che rappresenti il valore delle scorte
presso il locatore salvo l'obbligo di questo di restituirla al tempo della
riconsegna delle scorte. Se le scorte sono state consegnate con la sola
indicazione del valore, l'affittuario ne acquista la proprietà, e, alla fine
dell'affitto, deve restituire il valore ricevuto o scorte in natura per un
corrispondente valore, determinato secondo il prezzo corrente, al tempo della
riconsegna, ovvero parte dell'uno e parte delle altre. Sono salve (le diverse
disposizioni delle norme corporative o) le diverse pattuizioni delle parti.
Art. 1641 Scorte vive Quando il bestiame da lavoro o da allevamento,
costituente la dotazione del fondo, è stato in tutto o in parte fornito dal
locatore, si osservano le disposizioni degli articoli seguenti, salvi (le norme
corporative o) i patti diversi. Art. 1642 Proprietà del bestiame consegnato
Qualora il bestiame consegnato all'affittuario sia stato determinato con
indicazione della specie, del numero, del sesso, della qualità, dell'età e del
peso, anche se ne è stata fatta stima, la proprietà di esso rimane al locatore.
Tuttavia l'affittuario può disporre dei singoli capi, ma deve mantenere nel
fondo la dotazione necessaria. Art. 1643 Rischio della perdita del bestiame Il
rischio della perdita del bestiame è a carico dell'affittuario dal momento in
cui questi lo ha ricevuto, se non è stato diversamente pattuito (1637). Art.
1644 Accrescimenti e frutti del bestiame L'affittuario fa suoi i parti e gli
altri frutti del bestiame, l'accrescimento e ogni altro provento che ne deriva
(1615). Il letame però deve essere impiegato esclusivamente nella coltivazione
del fondo. Art. 1645 Riconsegna del bestiame Nel caso previsto dall'Art. 1642,
al termine del contratto l'affittuario deve restituire bestiame corrispondente
per specie, numero, sesso, qualità, età e peso a quello ricevuto. Se vi sono
differenze di qualità o di quantità contenute nei limiti in cui esse possano
ammettersi avuto riguardo ai bisogni della coltivazione del fondo,
l'affittuario deve restituire bestiame di uguale valore. Se vi è eccedenza o
deficienza nel valore del bestiame, ne è fatto conguaglio in danaro tra le
parti, secondo il valore al tempo della riconsegna. La disposizione del comma
precedente si applica anche se, all'inizio dell'affitto l'affittuario ha
depositato presso il locatore la somma che rappresenta il valore del bestiame.
Si applica altresì la disposizione del terzo comma dell'Art. 1640. Sono salvi
(le disposizioni delle norme corporative e) i patti diversi. Art. 1646 Rapporti
fra gli affittuari uscente e subentrante L'affittuario uscente deve mettere a
disposizione di chi gli subentra nella coltivazione i locali opportuni e gli
altri comodi occorrenti per i lavori dell'anno seguente; il nuovo affittuario
deve lasciare al precedente i locali opportuni e gli altri comodi occorrenti
per il consumo dei foraggi e per le raccolte che restano da fare. Per
l'ulteriore determinazione dei rapporti tra l'affittuario uscente e
l'affittuario subentrante si osservano (le disposizioni delle norme corporative
e, in mancanza) gli usi locali. § 3 Dell'affitto a coltivatore diretto (l)
(Vedere anche Legge 3 maggio 1982, n. 203, Leggi Speciali) Art. 1647 Nozione
Quando l'affitto ha per oggetto un fondo che l'affittuario coltiva col lavoro
prevalentemente proprio o di persone della sua famiglia, si applicano le norme
che seguono (sempre che il fondo non superi i limiti di estensione che, per
singole zone e colture, possono essere determinati dalle norme corporative)
(2079). Art. 1648 Casi fortuiti ordinari Il giudice, con riguardo alle
condizioni economiche dell'affittuario, può disporre il pagamento rateale del
fitto se per un caso fortuito ordinario, le cui conseguenze l'affittuario ha
assunte a suo carico, si verifica la perdita di almeno la metà dei frutti del
fondo. Art. 1649 Subaffitto Se il locatore consente il subaffitto, questo è
considerato come locazione diretta tra il locatore e il nuovo affittuario.
Artt. 1650-1651 (abrogati) Art. 1652 Anticipazioni al'affittuario Qualora
l'affittuario non possa provvedere altrimenti, il locatore è tenuto ad
anticipargli le sementi e le materie fertilizzanti e antiparassitarie
necessarie per la coltivazione del fondo. Il credito del locatore produce
interessi in misura corrispondente al saggio legale (1284). Artt. 1653-1654
(abrogati) Capo VII Dell'appalto Art. 1655 Nozione L'appalto (2222 e seguenti)
è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi
necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera o di un
servizio verso un corrispettivo in danaro. Art. 1656 Subappalto L'appaltatore
non può dare in subappalto l'esecuzione dell'opera o del servizio, se non è
stato autorizzato dal committente (1670). Art. 1657 Determinazione del
corrispettivo Se le parti non hanno determinato la misura del corrispettivo né
hanno stabilito il modo di determinarla, essa è calcolata con riferimento alle
tariffe esistenti o agli usi; in mancanza, è determinata dal giudice (2225).
Art. 1658 Fornitura della materia La materia necessaria a compiere l'opera deve
essere fornita dall'appaltatore, se non è diversamente stabilito dalla
convenzione o dagli usi (2223). Art. 1659 Variazioni concordate del progetto
L'appaltatore non può apportare variazioni alle modalità convenute dell'opera
se il committente non le ha autorizzate. L'autorizzazione si deve provare per
iscritto (2725). Anche quando le modificazioni sono state autorizzate, l'appaltatore,
se il prezzo dell'intera opera è stato determinato globalmente, non ha diritto
a compenso per le variazioni o per le aggiunte, salvo diversa pattuizione. Art.
1660 Variazioni necessarie del progetto Se per l'esecuzione dell'opera a regola
d'arte è necessario apportare variazioni al progetto e le parti non si
accordano, spetta al giudice di determinate le variazioni da introdurre e le
correlative variazioni del prezzo. Se l'importo delle variazioni supera il
sesto del prezzo complessivo convenuto, l'appaltatore può recedere dal
contratto e può ottenere, secondo le circostanze, un equa indennità. Se le
variazioni sono di notevole entità, il committente può recedere dal contratto
ed è tenuto a corrispondere un equo indennizzo. Art. 1661 Variazioni ordinate
dal committente Il committente può apportare variazioni al progetto, purché il
loro ammontare non superi il sesto del prezzo complessivo convenuto.
L'appaltatore ha diritto al compenso per i maggiori lavori eseguiti, anche se
il prezzo dell'opera era stato determinato globalmente. La disposizione del
comma precedente non si applica quando le variazioni, pur essendo contenute nei
limiti suddetti, importano notevoli modificazioni della natura dell'opera o dei
quantitativi nelle singole categorie di lavori previste nel contratto per
l'esecuzione dell'opera medesima. Art. 1662 Verifica nel corso di esecuzione
dell'opera Il committente ha diritto di controllare lo svolgimento dei lavori e
di verificarne a proprie spese lo stato. Quando, nel corso dell'opera, si
accerta che la sua esecuzione non procede secondo le condizioni stabilite dal
contratto e a regola d'arte, il committente può fissare un congruo termine
entro il quale l'appaltatore si deve conformare a tali condizioni; trascorso
inutilmente il termine stabilito, il contratto è risoluto, salvo il diritto del
committente al risarcimento del danno (1223, 1454, 2224). Art. 1663 Denuncia
dei difetti della materia L'appaltatore è tenuto a dare pronto avviso al
committente dei difetti della materia da questo fornita, se si scoprono nel
corso dell'opera e possono comprometterne la regolare esecuzione. Art. 1664
Onerosità o difficoltà dell'esecuzione Qualora per effetto di circostanze
imprevedibili si siano verificati aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali
o della mano d'opera, tali da determinare un aumento o una diminuzione
superiori al decimo del prezzo complessivo convenuto, l'appaltatore o il
committente possono chiedere una revisione del prezzo medesimo. La revisione
può essere accordata solo per quella differenza che eccede il decimo (1467). Se
nel corso dell'opera si manifestano difficoltà di esecuzione derivanti da cause
geologiche, idriche e simili, non previste dalle parti, che rendano
notevolmente più onerosa la prestazione dell'appaltatore, questi ha diritto a
un equo compenso. Art. 1665 Verifica e pagamento dell'opera Il committente,
prima di ricevere la consegna, ha diritto di verificare l'opera compiuta. La
verifica deve essere fatta dal committente appena l'appaltatore lo mette in
condizione di poterla eseguire. Se, nonostante l'invito fattogli
dall'appaltatore, il committente tralascia di procedere alla verifica senza
giusti motivi, ovvero non ne comunica il risultato entro un breve termine,
l'opera si considera accettata. Se il committente riceve senza riserve la
consegna dell'opera, questa si considera accettata ancorché non si sia
proceduto alla verifica. Salvo diversa pattuizione o uso contrario,
l'appaltatore ha diritto al pagamento del corrispettivo quando l'opera è
accettata dal committente (att. 181). Art. 1666 Verifica e pagamento di singole
partite Se si tratta di opere da eseguire per partite, ciascuno dei contraenti
può chiedere che la verifica avvenga per le singole partite. In tal caso
l'appaltatore può domandare il pagamento in proporzione dell'opera eseguita. Il
pagamento fa presumere l'accettazione della parte di opera pagata; non produce
questo effetto il versamento di semplici acconti (att. 181). Art. 1667
Difformità e vizi dell'opera L'appaltatore è tenuto alla garanzia per le
difformità e i vizi dell'opera (1668). La garanzia non è dovuta se il
committente ha accettato l'opera e le difformità o i vizi erano da lui
conosciuti o erano riconoscibili, purché, in questo caso, non siano stati in
mala fede taciuti dall'appaltatore. Il committente deve, a pena di decadenza
(2964), denunziare all'appaltatore le difformità o i vizi entro sessanta giorni
dalla scoperta. La denunzia non è necessaria se l'appaltatore ha riconosciuto
le difformità o i vizi o se li ha occultati. L'azione contro l'appaltatore si
prescrive in due anni dal giorno della consegna dell'opera. Il committente
convenuto per il pagamento può sempre far valere la garanzia, purché le
difformità o i vizi siano stati denunziati entro sessanta giorni dalla scoperta
e prima che siano decorsi i due anni dalla consegna (att. 181). Art. 1668
Contenuto della garanzia per difetto dell'opera Il committente può chiedere che
le difformità o i vizi siano eliminati a spese dell'appaltatore, oppure che il
prezzo sia proporzionalmente diminuito, salvo il risarcimento del danno nel
caso di colpa dell'appaltatore (1223). Se però le difformità o i vizi
dell'opera sono tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione, il
committente può chiedere la risoluzione del contratto (2226; att. 181). Art.
1669 Rovina e difetti di cose immobili Quando si tratta di edifici o di altre
cose immobili destinate per la loro natura a lunga durata, se, nel corso di
dieci anni dal compimento, l'opera, per vizio del suolo o per difetto della
costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di
rovina o gravi difetti, l'appaltatore è responsabile nei confronti del
committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno
dalla scoperta. Il diritto del committente si prescrive (2934) in un anno dalla
denunzia. Art. 1670 Responsabilità lei subappaltatori L'appaltatore, per agire
in regresso nei confronti dei subappaltatori, deve, sotto pena di decadenza,
comunicare ad essi la denunzia entro sessanta giorni dal ricevimento. Art. 1671
Recesso unilaterale dal contratto Il committente può recedere dal contratto
(16603), anche se è stata iniziata l'esecuzione dell'opera o la prestazione del
servizio, purché tenga indenne l'appaltatore delle spese sostenute, dei lavori
eseguiti e del mancato guadagno (1372, 2227). Art. 1672 Impossibilità di
esecuzione dell'opera Se il contratto si scioglie perché l'esecuzione
dell'opera è divenuta impossibile in conseguenza di una causa non imputabile ad
alcuna delle parti, il committente deve pagare la parte dell'opera già
compiuta, nei limiti in cui è per lui utile, in proporzione del prezzo pattuito
per l'opera intera. Art. 1673 Perimento o deterioramento della cosa Se, per
causa non imputabile ad alcuna delle parti, l'opera perisce o è deteriorata
prima che sia accettata dal committente o prima che il committente sia in mora
a verificarla (1207), il perimento o il deterioramento e a carico
dell'appaltatore, qualora questi abbia fornito la materia. Se la materia è
stata fornita in tutto o in parte dal committente, il perimento o il
deterioramento dell'opera è a suo carico per quanto riguarda la materia da lui
fornita, e per il resto è a carico dell'appaltatore. Art. 1674 Morte
dell'appaltatore Il contratto di appalto non si scioglie per la morte
dell'appaltatore, salvo che la considerazione della sua persona sia stata
motivo determinante del contratto. Il committente può sempre recedere dal
contratto, se gli eredi dell'appaltatore non danno affidamento per la buona
esecuzione dell'opera o del servizio. Art. 1675 Diritti e obblighi degli eredi
dell'appaltatore Nel caso di scioglimento del contratto per morte
dell'appaltatore, il committente è tenuto a pagare agli eredi il valore delle
opere eseguite, in ragione del prezzo pattuito, e a rimborsare le spese
sostenute per l'esecuzione del rimanente, ma solo nei limiti in cui le opere
eseguite e le spese sostenute gli sono utili. Il committente ha diritto di
domandare la consegna, verso una congrua indennità, dei materiali preparati e
dei piani in via di esecuzione, salve le norme che proteggono le opere
dell'ingegno (2578). Art. 1676 Diritti degli ausiliari dell'appaltatore verso
il committente Coloro che, alle dipendenze dell'appaltatore, hanno dato la loro
attività per eseguire l'opera o per prestare il servizio possono proporre
azione diretta contro il committente per conseguire quanto è loro dovuto, fino
alla concorrenza del debito che il committente ha verso l'appaltatore nel tempo
in cui essi propongono la domanda (2900). Art. 1677 Prestazione continuativa o
periodica di servizi Se l'appalto ha per oggetto prestazioni continuative o
periodi che di servizi si osservano, in quanto compatibili, le norme di questo
capo e quelle relative al contratto di somministrazione (1559 e seguenti). Capo
VIII Del trasporto Sezione I Disposizioni generali Art. 1678 Nozione Col
contratto di trasporto il vettore si obbliga, verso corrispettivo (2761, 2951),
a trasferire persone o cose (1683 e seguenti) da un luogo a un altro (1378).
Art. 1679 Pubblici servizi di linea Coloro che per concessione amministrativa
(2597) esercitano servizi di linea per il trasporto di persone o di cose sono
obbligati ad accettare le richieste di trasporto che siano compatibili con i
mezzi ordinari dell'impresa, secondo le condizioni generali stabilite o
autorizzate nell'atto di concessione e rese note al pubblico (2951). I
trasporti devono eseguirsi secondo l'ordine delle richieste; in caso di più
richieste simultanee, deve essere preferita quella di percorso maggiore. Se le
condizioni generali ammettono speciali concessioni, il vettore è obbligato ad
applicarle a parità di condizioni a chiunque ne faccia richiesta. Salve le
speciali concessioni ammesse dalle condizioni generali, qualunque deroga alle
medesime è nulla (1421 e seguenti), e alla clausola difforme è sostituita la
norma delle condizioni generali (1339, 1419). Art. 1680 Limiti di applicabilità
delle norme Le disposizioni di questo capo si applicano anche ai trasporti per
via d'acqua o per via d'aria e a quelli ferroviari e postali, in quanto non
siano derogate dal codice della navigazione e dalle leggi speciali. Sezione II
Del trasporto di persone Art. 1681 Responsabilità del vettore Salva la
responsabilità per il ritardo e per l'inadempimento nell'esecuzione del
trasporto (1218 e seguenti), il vettore risponde dei sinistri che colpiscono la
persona del viaggiatore durante il viaggio e della perdita o dell'avaria delle
cose che il viaggiatore porta con sé, se non prova di avere adottato tutte le
misure idonee a evitare il danno (2951). Sono nulle le clausole che limitano la
responsabilità del vettore per i sinistri che colpiscono il viaggiatore (1229).
Le norme di questo articolo si osservano anche nei contratti di trasporto
gratuito (2951). Art. 1682 Responsabilità del vettore nei trasporti cumulativi
Nei trasporti cumulativi ciascun vettore risponde nell'ambito del proprio
percorso. Tuttavia il danno per il ritardo o per l'interruzione del viaggio si
determina in ragione dell'intero percorso. Sezione III Del trasporto di cose
Art. 1683 Indicazioni e documenti che devono essere forniti al vettore Il
mittente deve indicare con esattezza al vettore il nome del destinatario e il
luogo di destinazione, la natura, il peso, la quantità e il numero delle cose
da trasportare e gli altri estremi necessari per eseguire il trasporto. Se per
l'esecuzione del trasporto occorrono particolari documenti, il mittente deve
rimetterli al vettore all'atto in cui consegna le cose da trasportare. Sono a
carico del mittente i danni che derivano dall'omissione o dall'inesattezza
delle indicazioni o dalla mancata consegna o irregolarità dei documenti. Art.
1684 Lettera di vettura e ricevuta di carico Su richiesta del vettore, il
mittente deve rilasciare una lettera di vettura con la propria sottoscrizione,
contenente le indicazioni enunciate nell'articolo precedente e le condizioni
convenute per il trasporto. Su richiesta del mittente, il vettore deve
rilasciare un duplicato della lettera di vettura con la propria sottoscrizione
o, se non gli è stata rilasciata lettera di vettura, una ricevuta di carico,
con le stesse indicazioni. Salvo contrarie disposizioni di legge, il duplicato
della lettera di vettura e la ricevuta di carico possono essere rilasciate con
la clausola "all'ordine" (2008 e seguenti). Art. 1685 Diritti del
mittente Il mittente può sospendere il trasporto e chiedere la restituzione
delle cose, ovvero ordinarne la consegna a un destinatario diverso da quello
originariamente indicato o anche disporre diversamente, salvo l'obbligo di
rimborsare le spese e di risarcire i danni derivanti dal contrordine. Qualora
dal vettore sia stato rilasciato al mittente un duplicato della lettera di
vettura o una ricevuta di carico, il mittente non può disporre delle cose
consegnate per il trasporto, se non esibisce al vettore il duplicato o la
ricevuta per farvi annotare le nuove indicazioni. Queste devono essere
sottoscritte dal vettore. Il mittente non può disporre delle cose trasportate
dal momento in cui esse sono passate a disposizione del destinatario (1378).
Art. 1686 Impedimenti e ritardi nell'esecuzione del trasporto Se l'inizio o la
continuazione del trasporto sono impediti o soverchiamente ritardati per causa
non imputabile al vettore, questi deve chiedere immediatamente istruzioni al
mittente, provvedendo alla custodia delle cose consegnategli. Se le circostanze
rendono impossibile la richiesta di istruzioni al mittente o se le istruzioni
non sono attuabili, il vettore può depositare le cose a norma dell'Art. 1514
(att. 77), o se sono soggette a rapido deterioramento, può farle vendere a
norma dell'Art. 1515. Il vettore deve informare prontamente il mittente del
deposito o della vendita (att. 83). Il vettore ha diritto al rimborso delle
spese. Se il trasporto è stato iniziato, egli ha diritto anche al pagamento del
prezzo in proporzione del percorso compiuto, salvo che l'interruzione del
trasporto sia dovuta alla perdita totale delle cose derivante da caso fortuito.
Art. 1687 Riconsegna delle merci Il vettore deve mettere le cose trasportate a
disposizione (1177) del destinatario nel luogo, nel termine e con le modalità
indicati dal contratto o, in mancanza, dagli usi. Se la riconsegna non deve
eseguirsi presso il destinatario, il vettore deve dargli prontamente avviso
dell'arrivo delle cose trasportate. Se dal mittente è stata rilasciata una
lettera di vettura, il vettore deve esibirla al destinatario. Art. 1688 Termine
di resa Il termine di resa, quando sono indicati più termini parziali è
determinato dalla somma di questi. Art. 1689 Diritti del destinatario I diritti
nascenti dal contratto di trasporto verso il vettore spettano al destinatario
dal momento in cui, arrivate le cose a destinazione o scaduto il termine in cui
sarebbero dovute arrivare, il destinatario ne richiede la riconsegna al vettore.
Il destinatario non può esercitare i diritti nascenti dal contratto se non
verso pagamento al vettore dei crediti derivanti dal trasporto (2761) e degli
assegni da cui le cose trasportate sono gravate. Nel caso in cui l'ammontare
del}e somme dovute sia controverso, il destinatario deve depositare la
differenza contestata presso un istituto di credito (att. 251). Art. 1690
Impedimenti alla riconsegna Se il destinatario è irreperibile ovvero rifiuta o
ritarda a chiedere la riconsegna delle cose trasportate, il vettore deve
domandare immediatamente istruzioni al mittente e si applicano le disposizioni
dell'Art. 1686. Se sorge controversia tra più destinatari o circa il diritto
del destinatario alla riconsegna o circa l'esecuzione di questa, ovvero se il
destinatario ritarda a ricevere le cose trasportate, il vettore può depositarle
a norma dell'Art. 1514 o, se sono soggette a rapido deterioramento, può farle
vendere a norma dell' Art. 1515 per conto dell'avente diritto. Il vettore deve
informare prontamente il mittente del deposito o della vendita (att. 83). Art.
1691 Lettera di vettura o ricevuta di carico all'ordine Se il vettore ha
rilasciato al mittente un duplicato della lettera di vettura all'ordine o la
ricevuta di carico all'ordine, i diritti nascenti dal contratto verso il
vettore si trasferiscono mediante girata del titolo (2009 e seguenti). In tal
caso il vettore è esonerato dall'obbligo di dare avviso dell'arrivo delle cose
trasportate, salvo che sia stato indicato un domiciliatario nel luogo di destinazione,
e l'indicazione risulti dal duplicato della lettera di vettura o dalla ricevuta
di carico. Il possessore del duplicato della lettera di vettura all'ordine o
della ricevuta di carico all'ordine, deve restituire il titolo al vettore
all'atto della riconsegna delle cose trasportate. Art. 1692 Responsabilità del
vettore nei confronti del mittente Il vettore che esegue la riconsegna al
destinatario senza riscuotere i propri crediti o gli assegni da cui è gravata
la cosa, o senza esigere il deposito della somma controversa, è responsabile
verso il mittente dell'importo degli assegni dovuti al medesimo e non può
rivolgersi a quest'ultimo per il pagamento dei propri crediti, salva l'azione
verso il destinatario (2951). Art. 1693 Responsabilità per perdita e avaria Il
vettore è responsabile della perdita e dell'avaria delle cose consegnategli per
il trasporto, dal momento in cui le riceve a quello in cui le riconsegna al
destinatario, se non prova che la perdita o l'avaria è derivata da caso
fortuito, dalla natura o dai vizi delle cose stesse o del loro imballaggio, o
dal fatto del mittente o da quello del destinatario (1218). Se il vettore
accetta le cose da trasportare senza riserve, si presume che le cose stesse non
presentino vizi apparenti d'imballaggio. Art. 1694 Presunzioni di fortuito Sono
valide le clausole che stabiliscono presunzioni di caso fortuito per eventi che
normalmente, in relazione ai mezzi e alle condizioni del trasporto, dipendono
da caso fortuito (att. 181 e seguenti). Art. 1695 Calo naturale Per le cose che
data la loro particolare natura, sono soggette durante il trasporto a
diminuzione nel peso o nella misura, il vettore risponde solo delle diminuzioni
che oltrepassano il calo naturale, a meno che il mittente o il destinatario
provi che la diminuzione non è avvenuta in conseguenza della natura delle cose
o che per le circostanze del caso non poteva giungere alla misura accertata. Si
deve tener conto del calo separatamente per ogni collo. Art. 1696 Calcolo del
danno in caso di perdita o di avaria Il danno derivante da perdita o da avaria
si calcola secondo il prezzo corrente delle cose trasportate nel luogo e nel
tempo della riconsegna (15153). Art. 1697 Accertamento della perdita e
dell'avaria Il destinatario ha diritto di fare accertare a sue spese, prima
della riconsegna, l'identità e lo stato delle cose trasportate. Se la perdita o
l'avaria esiste, il vettore deve rimborsargli le spese. Salvo diverse
disposizioni della legge, la perdita e l'avaria si accertano nei modi stabiliti
dall’Art. 696 Cod. Proc. Civ. Art. 1698 Estinzione dell'azione nei confronti
del vettore Il ricevimento senza riserve delle cose trasportate col pagamento
di quanto è dovuto al vettore (1689-2) estingue le azioni derivanti dal
contratto, tranne il caso di dolo o colpa grave del vettore. Sono salve le
azioni per perdita parziale o per avaria non riconoscibili al momento della
riconsegna, purché in quest'ultimo caso il danno sia denunziato appena
conosciuto e non oltre otto giorni dopo il ricevimento (2964; att. 182). Art.
1699 Trasporto con rispedizione della merce Se il vettore si obbliga di far
proseguire le cose trasportate, oltre le proprie linee, per mezzo di vettori
successivi, senza farsi rilasciare dal mittente una lettera di vettura diretta
fino al luogo di destinazione, si presume che egli assuma, per il trasporto
oltre le proprie linee, gli obblighi di uno spedizioniere (1737 e seguenti).
Art. 1700 Trasporto cumulativo Nei trasporti che sono assunti cumulativamente
da più vettori successivi con unico contratto, i vettori rispondono in solido
(1292 e seguenti) per l'esecuzione del contratto dal luogo originario di
partenza fino al luogo di destinazione. Il vettore chiamato a rispondere di un
fatto non proprio può agire in regresso contro gli altri vettori, singolarmente
o cumulativamente. Se risulta che il fatto dannoso è avvenuto nel percorso di
uno dei vettori, questi è tenuto al risarcimento integrale; in caso contrario,
al risarcimento sono tenuti tutti i vettori in parti proporzionali ai percorsi,
esclusi quei vettori che provino che il danno non è avvenuto nel proprio
percorso. Art. 1701 Diritto di accertamento dei vettori successivi I vettori
successivi hanno diritto di far dichiarare, nella lettera di vettura o in atto
separato, lo stato delle cose da trasportare al momento in cui sono loro
consegnate. In mancanza di dichiarazioni, si presume che le abbiano ricevute in
buono stato e conformi alla lettera di vettura. Art. 1702 Riscossione dei
crediti da parte dell'ultimo vettore L'ultimo vettore rappresenta i vettori
precedenti per la riscossione dei rispettivi crediti che nascono dal contratto
di trasporto e per l'esercizio del privilegio sulle cose trasportate (2761). Se
egli omette tale riscossione o l'esercizio del privilegio, è responsabile verso
i vettori precedenti per le somme loro dovute, salva l'azione contro il
destinatario. Capo IX Del mandato Sezione I Disposizioni generali Art. 1703
Nozione Il mandato è il contratto col quale una parte si obbliga a compiere uno
o più atti giuridici per conto dell'altra. Art. 1704 Mandato con rappresentanza
Se al mandatario è stato conferito il potere di agire in nome del mandante, si
applicano anche le norme del capo VI del titolo II di questo libro (1387 e
seguenti). Art. 1705 Mandato senza rappresentanza Il mandatario che agisce in
proprio nome acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dagli atti
compiuti con i terzi, anche se questi hanno avuto conoscenza del mandato. I
terzi non hanno alcun rapporto col mandante. Tuttavia il mandante, sostituendosi
al mandatario, può esercitare i diritti di credito derivanti dall'esecuzione
del manda, salvo che ciò possa pregiudicare i diritti attribuiti al mandatario
dalle disposizioni degli articoli che seguono. Art. 1706 Acquisti del
mandatario Il mandante può rivendicare le cose mobili acquistate per suo conto
dal mandatario che ha agito in nome proprio, salvi i diritti acquistati dai
terzi per effetto del possesso di buona fede (1153 e seguenti). Se le cose
acquistate dal mandatario sono beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici
registri (812 e seguenti), il mandatario è obbligato a ritrasferirle al
mandante. In caso d'inadempimento, si osservano le norme relative
all'esecuzione dell'obbligo di contrarre (2652, n. 2, 2690 n. 1, 2932; att.
183). Art. 1707 Creditori del mandatario I creditori del mandatario non possono
far valere le loro ragioni sui beni che, in esecuzione del mandato, il
mandatario ha acquistati in nome proprio, purché, trattandosi di beni mobili o
di crediti, il mandato risulti da scrittura avente data certa (2704) anteriore
al pignoramento, ovvero, trattandosi di beni immobili o di beni mobili iscritti
in pubblici registri, sia anteriore al pignoramento la trascrizione dell'atto
di ritrasferimento o della domanda giudiziale diretta a conseguirlo (2915; att.
183). Art. 1708 Contenuto del mandato Il mandato comprende non solo gli atti
per i quali stato conferito, ma anche quelli che sono necessari al loro
compimento. Il mandato generale non comprende gli atti che eccedono l'ordinaria
amministrazione, se non sono indicati espressamente. Art. 1709 Presunzione di
onerosità Il mandato si presume oneroso. La misura del compenso (2761), se non
è stabilita dalle parti, è determinata in base alle tariffe professionali o
agli usi; in mancanza è determinata dal giudice. § 1 Delle obbligazioni del
mandatario Art. 1710 Diligenza del mandatario Il mandatario è tenuto a eseguire
il mandato (2392-1, 2407-1) con la diligenza del buon padre di famiglia (1176);
ma se il mandato è gratuito, la responsabilità per colpa è valutata con minor
rigore. Il mandatario è tenuto a rendere note al mandante le circostanze
sopravvenute che possono determinare la revoca o la modificazione del mandato.
Art. 1711 Limiti del mandato Il mandatario non può eccedere i limiti fissati nel
mandato. L'atto che esorbita dal mandato resta a carico del mandatario, se il
mandante non lo ratifica. Il mandatario può discostarsi dalle istruzioni
ricevute qualora circostanze ignote al mandante, e tali che non possono
essergli comunicate in tempo, facciano ragionevolmente ritenere che lo stesso
mandante avrebbe dato la sua approvazione. Art. 1712 Comunicazione
dell'eseguito mandato Il mandatario deve senza ritardo comunicare al mandante
l'esecuzione del mandato. Il ritardo del mandante a rispondere dopo aver
ricevuto tale comunicazione, per un tempo superiore a quello richiesto dalla
natura dell'affare o dagli usi, importa approvazione, anche se il mandatario si
è discostato dalle istruzioni o ha ecceduto i limiti del mandato. Art. 1713
Obbligo di rendiconto Il mandatario deve rendere al mandante il conto del suo
operato e rimettergli tutto ciò che ha ricevuto a causa del mandato (Cod. Proc.
Civ. 263 e seguenti). La dispensa preventiva dall'obbligo di rendiconto non ha
effetto nei casi in cui il mandatario deve rispondere per dolo o per colpa
grave (1229). Art. 1714 Interessi sulle somme riscosse Il mandatario deve
corrispondere al mandante gli interessi legali (1284) sulle somme riscosse per
conto del mandante stesso, con decorrenza dal giorno in cui avrebbe dovuto
fargliene la consegna o la spedizione ovvero impiegarle secondo le istruzioni
ricevute. Art. 1715 Responsabilità per le obbligazioni dei terzi In mancanza di
patto contrario, il mandatario che agisce in proprio nome non risponde verso il
mandante dell'adempimento delle obbligazioni assunte dalle persone con le quali
ha contrattato, tranne il caso che l'insolvenza di queste gli fosse o dovesse
essergli nota all'atto della conclusione del contratto. Art. 1716 Pluralità di
mandatari Salvo patto contrario, il mandato conferito a più persone designate a
operare congiuntamente non ha effetto, se non è accettato da tutte. Se nel
mandato non è dichiarato che i mandatari devono agire congiuntamente, ciascuno
di essi può concludere l'affare (2203). In questo caso il mandante, appena
avvertito della conclusione, deve darne notizia agli altri mandatari; in
mancanza è tenuto a risarcire i danni derivanti dall'omissione o dal ritardo.
Se più mandatari hanno comunque operato congiuntamente, essi sono obbligati in
solido (1292 e seguenti) verso il mandante. Art. 1717 Sostituto del mandatario
Il mandatario che, nell'esecuzione del mandato, sostituisce altri a se stesso,
senza esservi autorizzato o senza che ciò sia necessario per la natura
dell'incarico, risponde dell'operato della persona sostituita. Se il mandante
aveva autorizzato la sostituzione senza indicare la persona, il mandatario
risponde soltanto quando è in colpa nella scelta. Il mandatario risponde delle
istruzioni che ha impartite al sostituto. Il mandante può agire direttamente
contro la persona sostituita dal mandatario. Art. 1718 Custodia delle cose e
tutela dei diritti del mandante Il mandatario deve provvedere alla custodia
delle cose che gli sono state spedite per conto del mandante e tutelare i
diritti di quest'ultimo di fronte al vettore, se le cose presentano segni di
deterioramento o sono giunte con ritardo. Se vi è urgenza, il mandatario può
procedere alla vendita delle cose a norma dell'Art. 1515 (att. 83). Di questi
fatti, come pure del mancato arrivo della merce, egli deve dare immediato
avviso al mandante. Le disposizioni di questo articolo si applicano anche se il
mandatario non accetta l'incarico conferitogli dal mandante, sempre che tale
incarico rientri nell'attività professionale del mandatario. § 2 Delle
obbligazioni del mandante Art. 1719 Mezzi necessari per l'esecuzione del
mandato Il mandante, salvo patto contrario, è tenuto a somministrare al
mandatario i mezzi necessari per l'esecuzione del mandato e per l'adempimento
delle obbligazioni che a tal fine il mandatario ha contratte in proprio nome.
Art. 1720 Spese e compenso del mandatario Il mandante deve rimborsare al
mandatario le anticipazioni, con gli interessi legali (1284) dal giorno in cui
sono state fatte, e deve pagargli il compenso che gli spetta (2761). Il
mandante deve inoltre risarcire i danni che il mandatario ha subiti a causa
dell'incarico. Art. 1721 Diritto del mandatario sui crediti Il mandatario ha
diritto di soddisfarsi sui crediti pecuniari sorti dagli affari che ha
conclusi, con precedenza sul mandante e sui creditori di questo (2761). § 3
Dell'estinzione del mandato Art. 1722 Cause di estinzione Il mandato si
estingue: per la scadenza del termine o per il compimento, da parte del
mandatario, dell'affare per il quale è stato conferito; per revoca da parte del
mandante; per rinunzia del mandatario; per la morte, l'interdizione o
l'inabilitazione (414 e seguenti) del mandante o del mandatario. Tuttavia il
mandato che ha per oggetto il compimento di atti relativi all'esercizio di
un'impresa non si estingue, se l'esercizio dell'impresa è continuato, salvo il
diritto di recesso delle parti o degli eredi (att. 184). Art. 1723 Revocabilità
del mandato Il mandante può revocare il mandato; ma se era stata pattuita
l'irrevocabilità, risponde dei danni, salvo che ricorra una giusta causa. Il
mandato conferito anche nell'interesse del mandatario o di terzi non si
estingue per revoca da parte del mandante, salvo che sia diversamente stabilito
o ricorra una giusta causa di revoca (2259); non si estingue per la morte o per
la sopravvenuta incapacità (1425) del mandante. Art. 1724 Revoca tacita La
nomina di un nuovo mandatario per lo stesso affare o il compimento di questo da
parte del mandante importano revoca del mandato, e producono effetto dal giorno
in cui sono stati comunicati al mandatario (1334 e seguente). Art. 1725 Revoca
del mandato oneroso La revoca del mandato oneroso, conferito per un tempo
determinato o per un determinato affare, obbliga il mandante a risarcire i danni
(1223 e seguenti), se è fatta prima della scadenza del termine o del compimento
dell'affare, salvo che ricorra una giusta causa. Se il mandato è a tempo
indeterminato, la revoca obbliga il mandante al risarcimento, qualora non sia
dato un congruo preavviso, salvo che ricorra una giusta causa. Art. 1726 Revoca
del mandato collettivo Se il mandato è stato conferito da più persone con unico
atto e per un affare d'interesse comune, la revoca non ha effetto qualora non
sia fatta da tutti i mandanti, salvo che ricorra una giusta causa (2609). Art.
1727 Rinunzia del mandatario Il mandatario che rinunzia senza giusta causa al
mandato deve risarcire i danni (1223 e seguenti) al mandante. Se il mandato è a
tempo indeterminato, il mandatario che rinunzia senza giusta causa è tenuto al
risarcimento, qualora non abbia dato un congruo preavviso. In ogni caso la
rinunzia deve essere fatta in modo e in tempo tali che il mandante possa
provvedere altrimenti, salvo il caso d'impedimento grave da parte del
mandatario. Art. 1728 Morte o incapacità del mandante o del mandatario Quando
il mandato si estingue per morte o per incapacità sopravvenuta (1425) del
mandante, il mandatario che ha iniziato l'esecuzione deve continuarla, se vi è
pericolo nel ritardo. Quando il mandato si estingue per morte o per
sopravvenuta incapacità (414 e seguente) del mandatario, i suoi eredi ovvero
colui che lo rappresenta o lo assiste, se hanno conoscenza del mandato, devono
avvertire prontamente il mandante e prendere intanto nell'interesse di questo i
provvedimenti richiesti dalle circostanze. Art. 1729 Mancata conoscenza della
causa di estinzione Gli atti che il mandatario ha compiuti prima di conoscere
l'estinzione del mandato sono validi nei confronti del mandante o dei suoi
eredi (1396). Art. 1730 Estinzione del mandato conferito a più mandatari Salvo
patto contrario, il mandato conferito a più persone designate a operare
congiuntamente si estingue anche se la causa di estinzione concerne uno solo
dei mandatari. Sezione II Della commissione Art. 1731 Nozione Il contratto di
commissione e un mandato (1703 e seguenti) che ha per oggetto l'acquisto o la
vendita di beni per conto del committente e in nome del commissionario. Art.
1732 Operazioni a fido Il commissionario si presume autorizzato a concedere
dilazioni di pagamento in conformità degli usi del luogo in cui compie
l'operazione, se il committente non ha disposto altrimenti. Se il
commissionario concede dilazioni di pagamento, malgrado il divieto del
committente o quando non è autorizzato dagli usi, il committente può esigere da
lui il pagamento immediato, salvo il diritto del commissionario di far propri i
vantaggi che derivano dalla concessa dilazione. Il commissionario che ha
concesso dilazioni di pagamento deve indicare al committente la persona del
contraente e il termine concesso; altrimenti l'operazione si considera fatta
senza dilazione e si applica il disposto del comma precedente. Art. 1733 Misura
della provvigione La misura della provvigione spettante al commissionario, se
non è stabilita dalle parti, si determina secondo gli usi del luogo in cui è
compiuto l'affare. In mancanza di usi provvede il giudice secondo equità. Art.
1734 Revoca della commissione Il committente può revocare l'ordine di
concludere l'affare fino a che il commissionario non l'abbia concluso. In tal
caso spetta al commissionario una parte della provvigione, che si determina
tenendo conto delle spese sostenute e dell'opera prestata. Art. 1735
Commissionario contraente in proprio Nella commissione di compera o di vendita
di titoli, divise o merci aventi un prezzo corrente che risulti nei modi
indicati dal terzo comma dell'Art. 1515, se il committente non ha diversamente
disposto, il commissionario può fornire al prezzo suddetto le cose che deve
comperare, o può acquistare per se le cose che deve vendere, salvo, in ogni
caso, il suo diritto alla provvigione (1395). Anche quando il committente ha
fissato il prezzo, il commissionario che acquista per sé non può praticare un
prezzo inferiore a quello corrente nel giorno in cui compie l'operazione, se
questo è superiore al prezzo fissato dal committente; e il commissionario che
fornisce le cose che deve comprare non può praticare un prezzo superiore a
quello corrente, se questo è inferiore al prezzo fissato dal committente. Art.
1736 Star del credere Il commissionario che, in virtù di patto o di uso, è
tenuto allo "star del credere" risponde nei confronti del committente
per l'esecuzione dell'affare. In tal caso ha diritto, oltre che alla
provvigione, a un compenso o a una maggiore provvigione, la quale, in mancanza
di patto, si determina secondo gli usi del luogo in cui è compiuto l'affare. In
mancanza di usi, provvede il giudice secondo equità. Sezione III Della
spedizione Art. 1737 Nozione Il contratto di spedizione è un mandato (1703 e
seguenti) col quale lo spedizioniere assume l'obbligo di concludere, in nome
proprio e per conto del mandante, un contratto di trasporto (1678) e di
compiere le operazioni accessorie (1374 e seguenti). Art. 1738 Revoca Finché lo
spedizioniere non abbia concluso il contratto di trasporto col vettore, il
mittente può revocare l'ordine di spedizione, rimborsando lo spedizioniere
delle spese sostenute e corrispondendogli un equo compenso per l'attività
prestata (1725). Art. 1739 Obblighi dello spedizioniere Nella scelta della via,
del mezzo e delle modalità di trasporto della merce, lo spedizioniere è tenuto
a osservare le istruzioni del committente e, in mancanza, a operare secondo il
migliore interesse del medesimo (1711). Salvo che gli sia stato diversamente
ordinato e salvi gli usi contrari, lo spedizioniere non ha obbligo di
provvedere all'assicurazione delle cose spedite. I premi, gli abbuoni e i
vantaggi di tariffa ottenuti dallo spedizioniere devono essere accreditati al
committente, salvo patto contrario. Art. 1740 Diritti dello spedizioniere La
misura della retribuzione dovuta allo spedizioniere per l'esecuzione
dell'incarico si determina, in mancanza di convenzione, secondo le tariffe
professionali o, in mancanza, secondo gli usi del luogo in cui avviene la
spedizione (2761, 2951). Le spese anticipate e i compensi per le prestazioni
accessorie eseguite dallo spedizioniere sono liquidati sulla base dei documenti
giustificativi, a meno che il rimborso e i compensi siano stati preventivamente
convenuti in una somma globale unitaria. Art. 1741 Spedizioniere vettore Lo
spedizioniere che con mezzi propri o altrui assume l'esecuzione del trasporto
in tutto o in parte, ha gli obblighi e i diritti del vettore (1683 e seguenti).
Capo X Del contratto di agenzia (Vedere anche Legge 3 maggio 1985, Leggi
Speciali sul Commercio) Art. 1742 Nozione Col contratto di agenzia una parte
assume stabilmente l'incarico di promuovere, per conto dell'altra, verso
retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata. Ciascuna
parte ha il diritto di ottenere dall'altra una copia del contratto dalla stessa
sottoscritto. (Comma aggiunto dall'art 1, Decr. Lgs 10 settembre 1991, n. 303).
Art. 1743 Diritto di esclusiva Il preponente non può valersi contemporaneamente
di più agenti nella stessa zona e per lo stesso ramo di attività, né l'agente
può assumere l'incarico di trattare nella stessa zona e per lo stesso ramo gli
affari di più imprese in concorrenza tra loro (1567 e seguenti). Art. 1744
Riscossioni L'agente non ha facoltà di riscuotere i crediti del preponente. Se
questa facoltà gli è stata attribuita, egli non può concedere sconti o
dilazioni senza speciale autorizzazione. Art. 1745 Rappresentanza dell'agente
Le dichiarazioni che riguardano l'esecuzione del contratto concluso per il
tramite dell'agente e i reclami relativi alle inadempienze contrattuali sono
validamente fatti all'agente. L'agente può chiedere i provvedimenti cautelari
(Cod. Proc. Civ. 670 e seguenti) nell'interesse del preponente e presentare i
reclami che sono necessari per la conservazione dei diritti spettanti a
quest'ultimo. Art. 1746 Obblighi dell'agente L'agente deve adempiere l'incarico
affidatogli in conformità delle istruzioni ricevute (1711) e fornire al
preponente le informazioni riguardanti le condizioni del mercato nella zona
assegnatagli, e ogni altra informazione utile per valutare la convenienza dei
singoli affari. Egli deve altresì osservare gli obblighi che incombono al
commissionario (1731 e seguenti), in quanto non siano esclusi dalla natura del
contratto di agenzia. Art. 1747 Impedimento dell'agente L'agente che non è in
grado di eseguire l'incarico affidatogli deve dare immediato avviso al
preponente. In mancanza è obbligato al risarcimento del danno (1223). Art. 1748
Diritti dell'agente ed obblighi del preponente L'agente ha diritto alla
provvigione (2751 n. 6) solo per gli affari che hanno avuto regolare
esecuzione. Se l'affare ha avuto esecuzione parziale, la provvigione spetta
all'agente in proporzione della parte eseguita. La provvigione è dovuta anche
per gli affari conclusi direttamente dal preponente, che devono avere
esecuzione nella zona riservata all'agente, salvo che sia diversamente
pattuito. L'agente ha diritto alla provvigione sugli affari conclusi anche dopo
lo scioglimento del contratto se la conclusione è effetto soprattutto
dell'attività da lui svolta. L'agente non ha diritto al rimborso delle spese di
agenzia. Il preponente deve porre a disposizione dell'agente la documentazione
necessaria relativa ai beni o servizi trattati e fornire all'agente le
informazioni necessarie all'esecuzione del contratto; in particolare avvertire
l'agente, entro un termine ragionevole, non appena preveda che il volume delle
operazioni commerciali sarà notevolmente inferiore a quello che l'agente
avrebbe potuto normalmente attendersi. Il preponente deve inoltre informare
l'agente, entro un termine ragionevole, dell'accettazione o del rifiuto e della
mancata esecuzione di un affare procuratogli. Il preponente consegna all'agente
un estratto conto delle provvigioni dovute al più tardi l'ultimo giorno del
mese successivo al trimestre nel corso del quale esse sono state acquisite.
L'estratto conto indica gli elementi essenziali in base ai quali è stato
effettuato il calcolo delle provvigioni. Entro il medesimo termine le
provvigioni liquidate devono essere effettivamente pagate all'agente. L'agente
ha diritto di esigere che gli siano fornite tutte le informazioni, in
particolare un estratto dei libri contabili, necessarie per verificare
l'importo delle provvigioni liquidate. NOTA La parte dal 3° comma in poi è
stata aggiunta dall'Art. 2, Decr. Lgs 10 settembre 1991, n. 303. Validità dal
1° gennaio 1994. Art. 1749 Mancata esecuzione del contratto La provvigione
spetta all'agente anche per affari che non hanno avuto esecuzione per causa
imputabile al preponente. Se il preponente e il terzo si accordano per non
dare, in tutto o in parte, esecuzione al contratto, l'agente ha diritto, per la
parte ineseguita, ad una provvigione ridotta nella misura determinata (dalle
norme corporative), dagli usi o, in mancanza, dal giudice secondo equità
(2751). Art. 1750 Durata del contratto o recesso Il contratto di agenzia a
tempo determinato che continui ad essere eseguito dalle parti successivamente
alla scadenza del termine si trasforma in contratto a tempo indeterminato. Se
il contratto di agenzia è a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può
recedere dal contratto stesso dandone preavviso all'altra entro un termine
stabilito. Il termine di preavviso non può comunque essere inferiore ad un mese
per il primo anno di durata del contratto, a due mesi per il secondo anno
iniziato, a tre mesi per il terzo anno iniziato, a quattro mesi per il quarto
anno, a cinque mesi per il quinto anno e a sei mesi per il sesto anno e per
tutti gli anni successivi. Le parti possono concordare termini di preavviso di
maggiore durata, ma il preponente non può osservare un termine inferiore a
quello posto a carico dell'agente. Salvo diverso accordo tra le parti, la
scadenza del termine di preavviso deve coincidere con l'ultimo giorno del mese
di calendario. NOTA Articolo così sostituito dall'Art. 3 Decr. Lgs 10 settembre
1991, n. 303. Validità dal 1° gennaio 1994. Precedente testo dell'Art. 1750:
Art. 1750 - Recesso dal contratto - Se il contratto di agenzia è a tempo
indeterminato, ciascuna delle parti può recedere dal contratto (1373), dandone
preavviso all'altra nel termine stabilito (dalle norme corporative o) dagli
usi. Il termine di preavviso può essere sostituito dal pagamento di una
corrispondente indennità". Art. 1751 Indennità in caso di cessazione del
rapporto All'atto della cessazione del rapporto il preponente è tenuto a
corrispondere all'agente un'indennità se ricorra almeno una delle seguenti
condizioni: l'agente abbia procurato nuovi clienti al preponente o abbia
sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il preponente
riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti; il
pagamento di tale indennità sia equo, tenuto conto di tutte le circostanze del
caso in particolare delle provvigioni che l'agente perde e che risultano dagli
affari con tali clienti. L'indennità non è dovuta: quando il preponente risolve
il contratto per un'inadempienza imputabile all'agente la quale, per la sua
gravità, non consenta la prosecuzione anche provvisoria del rapporto; quando
l'agente recede dal contratto, a meno che il recesso sia giustificato da
circostanze attribuibili al preponente o da circostanze attribuibili
all'agente, quali età, infermità o malattia, per le quali non può più essergli
ragionevolmente chiesta la prosecuzione dell'attività; quando, ai sensi di un
accordo con il preponente, l'agente cede ad un terzo i diritti e gli obblighi
che ha in virtù del contratto d'agenzia. L'importo dell'indennità non può
superare una cifra equivalente ad un'indennità annua calcolata sulla base della
media annuale delle retribuzioni riscosse dall'agente negli ultimi cinque anni
e, se il contratto risale a meno di cinque anni, sulla media del periodo in
questione. La concessione dell'indennità non priva comunque l'agente del
diritto all'eventuale risarcimento dei danni. L'agente decade dal diritto
all'indennità prevista dal presente articolo se, nel termine di un anno dallo
scioglimento del rapporto, omette di comunicare al preponente l'intenzione di
far valere i propri diritti. Le disposizioni di cui al presente articolo sono
inderogabili a svantaggio dell'agente. NOTA Articolo così sostituito dall'Art.
4 Decr. Lgs 10 settembre 1991, n. 303. Validità dal 1° gennaio 1993. Precedente
testo dell'Art. 1751: Art. 1751 - Indennità per lo scioglimento del contratto -
All'atto dello scioglimento del contratto a tempo indeterminato, il preponente
è tenuto a corrispondere all'agente un'indennità proporzionale all'ammontare
delle provvigioni liquidategli nel corso del contratto e nella misura stabilita
dagli accordi economici collettivi, dai contratti collettivi, dagli usi o, in
mancanza, dal giudice secondo equità (2120, 2751 bis n. 3, 2948 n. 5). Da tale
indennità deve detrarsi quanto l'agente ha diritto di ottenere per effetto di
atti di previdenza volontariamente compiuti dal preponente (2123). L'indennità
è dovuta anche se il rapporto di agenzia è sciolto per invalidità permanente e
totale dell'agente. Nel caso di morte dell'agente l'indennità spetta agli eredi
(2122)". Art. 1751 bis Patto di non concorrenza Il patto che limita la
concorrenza da parte dell'agente dopo lo scioglimento del contratto deve farsi
per iscritto. Esso deve riguardare la medesima zona, clientela e genere di beni
o servizi per i quali era stato concluso il contratto di agenzia e la sua
durata non può eccedere i due anni successivi all'estinzione del contratto.
NOTA Articolo aggiunto dall'Art. 5, Decr.Lgs 10 settembre 1991, n. 303. Validità
dal 1° gennaio 1994. Art. 1752 Agente con rappresentanza Le disposizioni del
presente capo si applicano anche nell'ipotesi in cui all'agente è conferita dal
preponente la rappresentanza per la conclusione dei contratti (1387 e
seguenti). Art. 1753 Agenti di assicurazione Le disposizioni di questo capo
sono applicabili anche agli agenti di assicurazione, in quanto non siano
derogate (dalle norme corporative o) dagli usi e in quanto siano compatibili
con la natura dell'attività assicurativa (1903). Capo XI Della mediazione Art.
1754 Mediatore E' mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la
conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di
collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza. Art. 1755 Provvigione Il
mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti (2950), se
l'affare è concluso per effetto del suo intervento. La misura della provvigione
e la proporzione in cui questa deve gravare su ciascuna delle parti, in
mancanza di patto, di tariffe professionali o di usi, sono determinate dal
giudice secondo equità. Art. 1756 Rimborso delle spese Salvo patti o usi
contrari, il mediatore ha diritto al rimborso delle spese nei confronti della
persona per incarico della quale sono state eseguite anche se l'affare non è
stato concluso. Art. 1757 Provvigione nei contratti condizionali o invalidi Se
il contratto è sottoposto a condizione sospensiva, il diritto alla provvigione
sorge nel momento in cui si verifica la condizione. Se il contratto è sottoposto
a condizione risolutiva, il diritto alla provvigione non viene meno col
verificarsi della condizione (1353 e seguenti). La disposizione del comma
precedente si applica anche quando il contratto è annullabile (1425 e seguenti)
o rescindibile (1447 e seguenti), se il mediatore non conosceva la causa
d'invalidità. Art. 1758 Pluralità di mediatori Se l'affare è concluso per
l'intervento di più mediatori, ciascuno di essi ha diritto a una quota della
provvigione. Art. 1759 Responsabilità del mediatore Il mediatore deve
comunicare alle parti le circostanze a lui note, relative alla valutazione e
alla sicurezza dell'affare, che possono influire sulla conclusione di esso. Il
mediatore risponde dell'autenticità della sottoscrizione delle scritture e
dell'ultima girata dei titoli trasmessi per il suo tramite (2008 e seguenti).
Art. 1760 Obblighi del mediatore professionale Il mediatore professionale in
affari su merci o su titoli deve: conservare i campioni delle merci vendute
sopra campione (1522), finché sussista la possibilità di controversia
sull'identità della merce; rilasciare al compratore una lista firmata dei
titoli negoziati, con l'indicazione della serie e del numero; annotare su
apposito libro (2214 e seguenti) gli estremi essenziali del contratto che si stipula
col suo intervento e rilasciare alle parti copia da lui sottoscritta di ogni
annotazione. Art. 1761 Rappresentanza del mediatore Il mediatore può essere
incaricato da una delle parti di rappresentarla (1388) negli atti relativi
all'esecuzione del contratto concluso con il suo intervento. Art. 1762
Contraente non nominato Il mediatore che non manifesta a un contraente il nome
dell'altro risponde dell'esecuzione del contratto (1405) e, quando lo ha
eseguito, subentra nei diritti verso il contraente non nominato (1203 e
seguenti). Se dopo la conclusione del contratto il contraente non nominato si
manifesta all'altra parte o è nominato dal mediatore, ciascuno dei contraenti
può agire direttamente contro l'altro, ferma restando la responsabilità del
mediatore. Art. 1763 Fideiussione del mediatore Il mediatore può prestare
fideiussione per una delle parti (936 e seguenti). Art. 1764 Sanzioni Il
mediatore che non adempie gli obblighi imposti dall’Art. 1760 è punito con
l'ammenda da L. 10.000 a L. l.000.000 (c.p. 26) (ora sanzione amministrativa).
Nei casi più gravi può essere aggiunta la sospensione dalla professione fino a
sei mesi (c.p. 35) Alle stesse pene è soggetto il mediatore che presta la sua
attività nell'interesse di persona notoriamente insolvente o della quale
conosce lo stato d'incapacità. Art. 1765 Leggi speciali Sono salve le
disposizioni delle leggi speciali. Capo XII Del deposito Sezione I Del deposito
in generale Art. 1766 Nozione Il deposito è il contratto col quale una parte
riceve dall'altra una cosa mobile con l'obbligo di custodirla e di restituirla
in natura. Art. 1767 Presunzione di gratuità Il deposito si presume gratuito,
salvo che dalla qualità professionale del depositario o da altre circostanze si
debba desumere una diversa volontà delle parti. Art. 1768 Diligenza nella
custodia Il depositario deve usare nella custodia la diligenza del buon padre
di famiglia (1176, 2051). Se il deposito è gratuito, la responsabilità per
colpa è valutata con minor rigore (1710). Art. 1769 Responsabilità del
depositario incapace Il depositario incapace è responsabile della conservazione
della cosa nei limiti in cui può essere tenuto a rispondere per fatti illeciti.
In ogni caso il depositante ha diritto di conseguire la restituzione della cosa
finché questa si trova presso il depositario; altrimenti può pretendere il
rimborso di ciò che sia stato rivolto a vantaggio di quest'ultimo (2041 e
seguente). Art. 1770 Modalità della custodia Il depositario non può servirsi
della cosa depositata ne darla in deposito ad altri, senza il consenso del
depositante. Se circostanze urgenti lo richiedono, il depositario può
esercitare la custodia in modo diverso da quello convenuto, dandone avviso al
depositante appena è possibile. Art. 1771 Richiesta di restituzione e obbligo
di ritirare la cosa Il depositario deve restituire la cosa appena il
depositante la richiede, salvo che sia convenuto un termine nell'interesse del
depositario (1184, 2930). Il depositario può richiedere in qualunque tempo che
il depositante riprenda la cosa, salvo che sia convenuto un termine
nell'interesse del depositante (1184). Anche se non è stato convenuto un
termine, il giudice può concedere al depositante un termine congruo per
ricevere la cosa. Art. 1772 Pluralità di depositanti e di depositari Se più
sono i depositanti di una cosa ed essi non si accordano circa la restituzione,
questa deve farsi secondo le modalità stabilite dall'autorità giudiziaria. La
stessa norma si applica quando a un solo depositante succedono più eredi, se la
cosa non è divisibile (1314 e seguenti). Se più sono i depositari, il
depositante ha facoltà di chiedere la restituzione a quello tra essi che
detiene la cosa. Questi deve darne pronta notizia agli altri. Art. 1773 Terzo
interessato nel deposito Se la cosa è stata depositata anche nell'interesse di
un terzo e questi ha comunicato al depositante e al depositario la sua adesione
(1411), il depositario non può liberarsi restituendo la cosa al depositante
senza il consenso del terzo. Art. 1774 Luogo di restituzione e spese relative
Salvo diversa convenzione, la restituzione della cosa deve farsi nel luogo in
cui doveva essere custodita (1182). Le spese per la restituzione sono a carico
del depositante. Art. 1775 Restituzione dei frutti Il depositario è obbligato a
restituire i frutti della cosa che egli abbia percepiti (821,1779). Art. 1776
Obblighi dell'erede del depositario L'erede del depositario, il quale ha
alienato in buona fede la cosa che ignorava essere tenuta in deposito, è
obbligato soltanto a restituire il corrispettivo ricevuto. Se questo non è
stato ancora pagato, il depositante subentra nel diritto dell'alienante (1203 e
seguenti). Art. 1777 Persona a cui deve essere restituita la cosa Il
depositario deve restituire la cosa al depositante o alla persona indicata per
riceverla (1188, 1836), e non può esigere che il depositante provi di esserne
proprietario. Se è convenuto in giudizio da chi rivendica la proprietà della
cosa (948) o pretende di avere diritti su di essa, deve, sotto pena del
risarcimento del danno, denunziare la controversia al depositante, e può
ottenere di essere estromesso (Cod. Proc. Civ. 109) dal giudizio indicando la
persona del medesimo (1586). In questo caso egli può anche liberarsi
dall'obbligo di restituire la cosa, depositandola, nei modi stabiliti dal
giudice, a spese del depositante. Art. 1778 Cosa proveniente da reato Il
depositario, se scopre che la cosa proviene da un reato e gli è nota la persona
alla quale è stata sottratta, deve denunziarle il deposito fatto presso di sé.
Il depositario è liberato se restituisce la cosa al depositante decorsi dieci
giorni dalla denunzia senza che gli sia stata notificata opposizione (2906).
Art. 1779 Cosa propria del depositario Il depositario è liberato da ogni
obbligazione, se risulta che la cosa gli appartiene e che il depositante non ha
su di essa alcun diritto (1253 e seguenti). Art. 1780 Perdita non imputabile
della detenzione della cosa Se la detenzione della cosa è tolta al depositario
in conseguenza di un fatto a lui non imputabile, egli è liberato
dall'obbligazione di restituire la cosa (1256 e seguenti), ma deve, sotto pena
di risarcimento del danno, denunziare immediatamente al depositante il fatto
per cui ha perduto la detenzione. Il depositante ha diritto di ricevere ciò
che, in conseguenza del fatto stesso, il depositario abbia conseguito, e
subentra nei diritti spettanti a quest'ultimo (1259). Art. 1781 Diritti del
depositario Il depositante è obbligato a rimborsare il depositario delle spese
fatte per conservare la cosa, a tenerlo indenne delle perdite cagionate dal
deposito e a pagargli il compenso pattuito (1802, 2761). Art. 1782 Deposito
irregolare Se il deposito ha per oggetto una quantità di danaro o di altre cose
fungibili, con facoltà per il depositario di servirsene, questi ne acquista la
proprietà ed è tenuto a restituirne altrettante della stessa specie e qualità
(1834). In tal caso si osservano, in quanto applicabili, le norme relative al
mutuo (1813 e seguenti). Sezione II Del deposito in albergo Art. 1783
Responsabilità per le cose portate in albergo Gli albergatori sono responsabili
di ogni deterioramento, distruzione o sottrazione delle cose portate dal
cliente in albergo. Sono considerate cose portate in albergo: le cose che si
trovano durante il tempo nel quale il cliente dispone dell'alloggio; le cose di
cui l'albergatore, un membro della sua famiglia o un suo ausiliario assumono la
custodia, fuori dell'albergo, durante il periodo di tempo in cui il cliente
dispone dell'alloggio; le cose di cui l'albergatore, un membro della sua
famiglia o un suo ausiliario assumono la custodia sia nell'albergo, sia fuori
dell'albergo, durante un periodo di tempo ragionevole, precedente o successivo
a quello in cui il cliente dispone dell'alloggio. La responsabilità di cui al
presente articolo è limitata al valore di quanto sia deteriorato, distrutto o
sottratto, sino all'equivalente di cento volte il prezzo di locazione
dell'alloggio per giornata. Art. 1784 Responsabilità per le cose consegnate e
obblighi dell'albergatore La responsabilità dell'albergatore è illimitata:
quando le cose gli sono state consegnate in custodia; quando ha rifiutato di
ricevere in custodia cose che aveva l'obbligo di accettare. L'albergatore ha
l'obbligo di accettare le carte-valori, il danaro contante e gli oggetti di
valore; egli può rifiutarsi di riceverli soltanto se si tratti di oggetti
pericolosi o che, tenuto conto dell'importanza e delle condizioni di gestione
dell'albergo, abbiano valore eccessivo o natura ingombrante. L'albergatore può
esigere che la cosa consegnatagli sia contenuta in un involucro chiuso o
sigillato. Art. 1785 Limiti di responsabilità L'albergatore non è responsabile
quando il deterioramento, la distruzione o la sottrazione sono dovuti: al
cliente, alle persone che l'accompagnano, che sono al suo servizio o che gli
rendono visita; a forza maggiore; alla natura della cosa. Art. 1785-bis
Responsabilità per colpa dell'albergatore L'albergatore è responsabile, senza
che egli possa invocare il limite previsto dall'ultimo comma dell’Art. 1783, quando
il deterioramento, la distruzione o la sottrazione delle cose portate dal
cliente in albergo sono dovuti a colpa sua, dei membri della sua famiglia e dei
suoi ausiliari. Art. 1785-ter Obbligo di denuncia del danno Fuori del caso
previsto dall'Art. 1785-bis, il cliente non potrà valersi delle precedenti
disposizioni se, dopo aver constatato il deterioramento, la distruzione o la
sottrazione, denunci il fatto all'albergatore con ritardo ingiustificato. Art.
1785-quater Nullità Sono nulli i patti o le dichiarazioni tendenti ad escludere
o a limitare preventivamente la responsabilità dell'albergatore. Art.
1785-quinquies Limiti di applicazione Le disposizioni della presente Sezione
non si applicano ai veicoli, alle cose lasciate negli stessi, né agli animali
vivi. Art. 1786 Stabilimenti e locali assimilati agli alberghi Le norme di
questa Sezione si applicano anche agli imprenditori di case di cura,
stabilimenti di pubblici spettacoli, stabilimenti balneari, pensioni,
trattorie, carrozze letto e simili. Sezione III Del deposito nei magazzini
generali Art. 1787 Responsabilità dei magazzini generali I magazzini generali
sono responsabili della conservazione delle merci depositate, a meno che si
provi che la perdita, il calo o l'avaria è derivata dal caso fortuito, dalla
natura delle merci ovvero da vizi di esse o dell'imballaggio (1218). Art. 1788
Diritti del depositante Il depositante ha diritto d'ispezionare le merci
depositate e di ritirare i campioni d'uso. Art. 1789 Vendita delle cose
depositate I magazzini generali, previo avviso al depositante, possono
procedere alla vendita delle merci, quando, al termine del contratto, le merci
non sono ritirate o non è rinnovato il deposito, ovvero, trattandosi di
deposito a tempo indeterminato, quando è decorso un anno dalla data del
deposito, e in ogni caso quando le merci sono minacciate di deperimento. Per la
vendita si osservano le modalità stabilite dall'Art. 1515 (att. 83). Il
ricavato della vendita, dedotte le spese e quanto altro spetta ai magazzini
generali, deve essere tenuto a disposizione degli aventi diritto. Art. 1790
Fede di deposito I magazzini generali, a richiesta del depositante, devono
rilasciare una fede di deposito delle merci depositate (1996). La fede di
deposito deve indicare: il cognome e il nome o la ditta (2563 e seguenti) e il
domicilio (43) del depositante; il luogo del deposito; la natura e la quantità
delle cose depositate e gli altri estremi atti a individuarle; se per la merce
sono stati pagati i diritti doganali e se essa è stata assicurata. Art. 1791
Nota di pegno Alla fede di deposito è unita la nota di pegno, sulla quale sono
ripetute le indicazioni richieste dall'articolo precedente. La fede di deposito
e la nota di pegno devono essere staccate da un unico registro a matrice, da conservarsi
presso i magazzini. Art. 1792 Intestazione e circolazione dei titoli La fede di
deposito e la nota di pegno possono intestarsi al nome del depositante o di un
terzo da questo designato, e sono trasferibili, sia congiuntamente sia
separatamente, mediante girata (2009 e seguenti). Art. 1793 Diritti del
possessore Il possessore della fede di deposito unita alla nota di pegno ha
diritto alla riconsegna delle cose depositate (1777, 1996); egli ha altresì
diritto di richiedere che, a sue spese, le cose depositate siano divise in più
partite e che per ogni partita gli sia rilasciata una fede di deposito distinta
con la nota di pegno in sostituzione del titolo complessivo. Il possessore
della sola nota di pegno ha diritto di pegno sulle cose depositate (2784 e
seguenti). Il possessore della sola fede di deposito non ha diritto alla
riconsegna delle cose depositate, se non osserva le condizioni indicate
dall'Art. 1795; egli può valersi della facoltà concessa dall'Art. 1788. Art.
1794 Prima girata della nota di pegno La prima girata (2009 e seguenti) della
sola nota di pegno deve indicare l'ammontare del credito e degli interessi
(1282) nonché la scadenza. La girata corredata delle dette indicazioni deve
essere trascritta sulla fede di deposito e controfirmata dal giratario. La
girata della nota di pegno che non indica l'ammontare del credito vincola, a
favore del possessore di buona fede (1147), tutto il valore delle cose
depositate. Rimane tuttavia salva al titolare o al terzo possessore della fede
di deposito, che abbia pagato una somma non dovuta, l'azione di rivalsa nei
confronti del diretto contraente e del possessore di mala fede della nota di
pegno. Art. 1795 Diritti del possessore della sola fede di deposito Il
possessore della sola fede di deposito può ritirare le cose depositate anche
prima della scadenza del debito per cui furono costituite in pegno, depositando
presso i magazzini generali la somma dovuta alla scadenza al creditore
pignoratizio (1771). Sotto la responsabilità dei magazzini generali, quando si
tratta di merci fungibili, il possessore della sola fede di deposito può
ritirare anche parte delle merci, depositando presso i magazzini generali una
somma proporzionale all'ammontare del debito garantito dalla nota di pegno e
alla quantità delle merci ritirate. Art. 1796 Diritti del possessore della nota
di pegno insoddisfatto Il possessore della nota di pegno, che non sia stato
soddisfatto alla scadenza e che abbia levato il protesto a norma della legge
cambiaria, può far vendere le cose depositate in conformità dell'Art. 1515,
decorsi otto giorni da quello della scadenza. Il girante che ha pagato
volontariamente il possessore della nota di pegno è surrogato nei diritti di
questo (1203 e seguenti), e può procedere alla vendita delle cose depositate
decorsi otto giorni dalla scadenza (1515; att. 83). (vedere anche Leggi
Speciali, Titoli di credito). Art. 1797 Azione nei confronti dei giranti Il
possessore della nota di pegno non può agire contro il girante, se prima non ha
proceduto alla vendita del pegno. I termini per esercitare l'azione di regresso
contro i giranti sono quelli stabiliti dalla legge cambiaria e decorrono dal
giorno in cui è avvenuta la vendita delle cose depositate. Il possessore della
nota di pegno decade dall'azione di regresso contro i giranti, se alla scadenza
non leva il protesto o se, entro quindici giorni dal protesto, non fa istanza
per la vendita delle cose depositate. Egli conserva tuttavia l'azione contro i
giranti della fede di deposito e contro il debitore. Quest'azione si prescrive
in tre anni (2934 e seguenti) Capo XIII Del sequestro convenzionale Art. 1798
Nozione Il sequestro convenzionale è il contratto col quale due o più persone
affidano a un terzo (1140) una cosa o una pluralità di cose, rispetto alla
quale sia nata tra esse controversia, perché la custodisca e la restituisca a
quella a cui spetterà quando la controversia sarà definita (1773). Art. 1799
Obblighi, diritti e poteri del sequestratario Gli obblighi, i diritti e i
poteri del sequestratario sono determinati dal contratto; in mancanza, si
osservano le disposizioni seguenti. Art. 1800 Conservazione e alienazione
dell'oggetto del sequestro Il sequestratario, per la custodia delle cose
affidategli, è soggetto alle norme del deposito (1768 e seguenti). Se vi è
imminente pericolo di perdita o di grave deterioramento delle cose mobili
affidategli, il sequestratario può alienarle, dandone pronta notizia agli
interessati. Qualora la natura delle cose lo richieda, egli ha pure l'obbligo
di amministrarle. In questo caso si applicano le norme del mandato (1703 e
seguenti). Il sequestratario non può consentire locazioni per durata superiore
a quella stabilita per le locazioni a tempo indeterminato (1574). Art. 1801
Liberazione del sequestratario Prima che la controversia sia definita, il
sequestratario non può essere liberato che per accordo delle parti o per giusti
motivi. Art. 1802 Compenso e rimborso delle spese al sequestratario Il
sequestratario ha diritto a compenso, se non si è pattuito diversamente. Egli
ha pure diritto al rimborso delle spese e di ogni altra erogazione fatta per la
conservazione e per l'amministrazione della cosa (2761). Capo XIV Del comodato
Art. 1803 Nozione Il comodato è il contratto col quale una parte consegna
all'altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per
un uso determinato, con l'obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta. Il
comodato è essenzialmente gratuito. Art. 1804 Obbligazioni del comodatario Il
comodatario è tenuto a custodire e a conservare la cosa con la diligenza del
buon padre di famiglia (1176). Egli non può servirsene che per l'uso
determinato dal contratto o dalla natura della cosa. Non può concedere a un
terzo il godimento della cosa senza il consenso del comodante. Se il
comodatario non adempie gli obblighi suddetti, il comodante può chiedere
l'immediata restituzione della cosa, oltre al risarcimento del danno. Art. 1805
Perimento della cosa Il comodatario è responsabile se la cosa perisce per un
caso fortuito a cui poteva sottrarla sostituendola con la cosa propria, o se,
potendo salvare una delle due cose, ha preferito la propria. Il comodatario che
impiega la cosa per un uso diverso o per un tempo più lungo di quello a lui
consentito, è responsabile della perdita avvenuta per causa a lui non
imputabile, qualora non provi che la cosa sarebbe perita anche se non l'avesse
impiegata per l'uso diverso o l'avesse restituita a tempo debito (1221). Art.
1806 Stima Se la cosa è stata stimata al tempo del contratto, il suo perimento
è a carico del comodatario, anche se avvenuto per causa a lui non imputabile.
Art. 1807 Deterioramento per effetto dell'uso Se la cosa si deteriora per solo
effetto dell'uso per cui è stata consegnata e senza colpa del comodatario,
questi non risponde del deterioramento. Art. 1808 Spese per l'uso della cosa e
spese straordinarie Il comodatario non ha diritto al rimborso delle spese
sostenute per servirsi della cosa. Egli però ha diritto di essere rimborsato
delle spese straordinarie sostenute per la conservazione della cosa, se queste
erano necessarie e urgenti (2756). Art. 1809 Restituzione Il comodatario è
obbligato a restituire (1246, 2930) la cosa alla scadenza del termine convenuto
o, in mancanza di termine, quando se ne è servito in conformità del contratto.
Se però, durante il termine convenuto o prima che il comodatario abbia cessato
di servirsi della cosa, sopravviene un urgente e impreveduto bisogno al
comodante, questi può esigerne la restituzione immediata. Art. 1810 Comodato
senza determinazione di durata Se non è stato convenuto un termine né questo
risulta dall'uso a cui la cosa doveva essere destinata, il comodatario è tenuto
a restituirla non appena il comodante la richiede. Art. 1811 Morte del
comodatario In caso di morte del comodatario, il comodante, benché sia stato
convenuto un termine, può esigere dagli eredi l'immediata restituzione della
cosa. Art. 1812 Danni al comodatario per vizi della cosa Se la cosa comodata ha
vizi tali che rechino danno a chi se ne serve, il comodante e tenuto al
risarcimento (1223) qualora, conoscendo i vizi della cosa, non ne abbia
avvertito il comodatario. Capo XV Del mutuo Art. 1813 Nozione Il mutuo è il
contratto col quale una parte consegna all'altra una determinata quantità di
danaro o di altre cose fungibili, e l'altra si obbliga a restituire altrettante
cose della stessa specie e qualità (1782). Art. 1814 Trasferimento della
proprietà Le cose date a mutuo passano in proprietà del mutuatario (1782). Art.
1815 Interessi Salvo diversa volontà delle parti, il mutuatario deve corrispondere
gli interessi al mutuante. Per la determinazione degli interessi si osservano
le disposizioni dell’Art. 1284. Se sono convenuti interessi usurari (Cod. Pen.
644 e seguenti), la clausola è nulla e gli interessi sono dovuti solo nella
misura legale (1284, 1419; att. 185). Art. 1816 Termine per la restituzione
fissato dalle parti Il termine per la restituzione si presume stipulato a
favore di entrambe le parti e, se il mutuo è a titolo gratuito, a favore del
mutuatario (1184). Art. 1817 Termine per la restituzione fissato dal giudice Se
non è fissato un termine per la restituzione, questo è stabilito dal giudice,
avuto riguardo alle circostanze. Se è stato convenuto che il mutuatario paghi
solo quando potrà, il termine per il pagamento è pure fissato dal giudice
(1183). Art. 1818 Impossibilità o notevole difficoltà di restituzione Se sono
state mutuate cose diverse dal danaro, e la restituzione è divenuta impossibile
o notevolmente difficile per causa non imputabile al debitore, questi è tenuto
a pagarne il valore, avuto riguardo al tempo e al luogo in cui la restituzione
si doveva eseguire. Art. 1819 Restituzione rateale Se è stata convenuta la
restituzione rateale delle cose mutuate e il mutuatario non adempie l'obbligo
del pagamento anche di una sola rata, il mutuante può chiedere, secondo le
circostanze, l'immediata restituzione dell'intero. Art. 1820 Mancato pagamento
degli interessi Se il mutuatario non adempie l'obbligo del pagamento degli
interessi, il mutuante può chiedere la risoluzione del contratto (1453 e
seguenti). Art. 1821 Danni al mutuatario per vizi delle cose Il mutuante e
responsabile del danno cagionato al mutuatario per i vizi delle cose date a
prestito, se non prova di averli ignorati senza colpa. Se il mutuo è gratuito,
il mutuante è responsabile solo nel caso in cui, conoscendo i vizi, non ne
abbia avvertito il mutuatario. Art. 1822 Promessa di mutuo Chi ha promesso
(1351) di dare a mutuo può rifiutare l'adempimento della sua obbligazione, se
le condizioni patrimoniali dell'altro contraente sono divenute tali da rendere
notevolmente difficile la restituzione, e non gli sono offerte idonee garanzie
(1461). Capo XVI Del conto corrente Art. 1823 Nozione Il conto corrente è il
contratto col quale le parti si obbligano ad annotare in un conto i crediti
derivanti da reciproche rimesse, considerandoli inesigibili e indisponibili
fino alla chiusura del conto. Il saldo del conto è esigibile alla scadenza
stabilita. Se non e richiesto il pagamento, il saldo si considera quale prima
rimessa di un nuovo conto e il contratto s'intende rinnovato a tempo
indeterminato. Art. 1824 Crediti esclusi dal conto corrente Sono esclusi dal
conto corrente i crediti che non sono suscettibili di compensazione (1243 e
seguenti). Qualora il contratto intervenga tra imprenditori (2082 e seguenti),
s'intendono esclusi dal conto i crediti estranei alle rispettive imprese. Art.
1825 Interessi Sulle rimesse decorrono gli interessi nella misura stabilita dal
contratto o dagli usi ovvero, in mancanza, in quella legale (1282, 1284). Art.
1826 Spese e diritti di commissione L'esistenza del conto corrente non esclude
i diritti di commissione e il rimborso delle spese per le operazioni che danno
luogo alle rimesse. Tali diritti sono inclusi nel conto, salvo convenzione contraria.
Art. 1827 Effetti dell'inclusione nel conto L'inclusione di un credito nel
conto corrente non esclude l'esercizio delle azioni ed eccezioni relative
all'atto da cui il credito deriva. Se l'atto è dichiarato nullo (1418 e
seguenti), annullato (1425 e seguenti), rescisso (1447 e seguenti) o risoluto
(1453 e seguenti), la relativa partita si elimina dal conto. Art. 1828
Efficacia della garanzia dei crediti iscritti Se il credito incluso nel conto e
assistito da una garanzia reale (1960 e seguenti, 2784 e seguenti, 2808 e
seguenti) o personale (1936 e seguenti), il correntista ha diritto di valersi
della garanzia per il saldo esistente a suo favore alla chiusura del conto e
fino alla concorrenza del credito garantito. La stessa disposizione si applica
se per il credito esiste un coobbligato solidale (1292). Art. 1829 Crediti
verso terzi Se non risulta una diversa volontà delle parti, l'inclusione nel
conto di un credito verso un terzo si presume fatta con la clausola "salvo
incasso". In tal caso, se il credito non è soddisfatto, il ricevente ha la
scelta di agire per la riscossione o di eliminare la partita dal conto
reintegrando nelle sue ragioni colui che ha fatto la rimessa. Può eliminare la
partita dal conto anche dopo aver infruttuosamente esercitato le azioni contro
il debitore. Art. 1830 Sequestro o pignoramento del saldo Se il creditore di un
correntista ha sequestrato o pignorato l'eventuale saldo del conto spettante al
suo debitore, l'altro correntista non può, con nuove rimesse, pregiudicare le ragioni
del creditore (2917). Non si considerano nuove rimesse quelle fatte in
dipendenza di diritti sorti prima del sequestro o del pignoramento. Art. 1831
Chiusura del conto La chiusura del conto con la liquidazione del saldo è fatta
alle scadenze stabilite dal contratto o dagli usi e, in mancanza, al termine di
ogni semestre, computabile dalla data del contratto. Art. 1832 Approvazione del
conto L'estratto conto trasmesso da un correntista all'altro s'intende
approvato, se non è contestato nel termine pattuito o in quello usuale, o
altrimenti nel termine che può ritenersi congruo secondo le circostanze.
L'approvazione del conto non preclude il diritto di impugnarlo per errori di
scritturazione o di calcolo, per omissioni o per duplicazioni. L'impugnazione deve
essere proposta, sotto pena di decadenza (2964 e seguenti), entro sei mesi
dalla data di ricezione dell'estratto conto relativo alla liquidazione di
chiusura, che deve essere spedito per mezzo di raccomandata. Art. 1833 Recesso
dal contratto Se il contratto è a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può
recedere dal contratto a ogni chiusura del conto, dandone preavviso almeno
dieci giorni prima. In caso d'interdizione, d'inabilitazione (414 e seguenti),
d'insolvenza o di morte di una delle parti, ciascuna di queste o gli eredi
hanno diritto di recedere dal contratto. Lo scioglimento del contratto
impedisce l'inclusione nel conto di nuove partite, ma il pagamento del saldo
non può richiedersi che alla scadenza del periodo stabilito dall'Art. 1831. Capo
XVII Dei contratti bancari Sezione I Dei depositi bancari Art. 1834 Depositi di
danaro Nei depositi di una somma di danaro presso una banca, questa ne acquista
la proprietà ed è obbligata a restituirla nella stessa specie monetaria (1272),
alla scadenza del termine convenuto ovvero a richiesta del depositante, con
l'osservanza del periodo di preavviso stabilito dalle parti o dagli usi (1782).
Salvo patto contrario, i versamenti e i prelevamenti si eseguono alla sede
della banca presso la quale si e costituito il rapporto. Art. 1835 Libretto di
deposito a risparmio Se la banca rilascia un libretto di deposito a risparmio,
i versamenti e i prelevamenti si devono annotare sul libretto. Le annotazioni
sul libretto, firmate dall'impiegato della banca che appare addetto al
servizio, fanno piena prova nei rapporti tra banca e depositante. E' nullo
(1421 e seguenti) ogni patto contrario. Art. 1836 Legittimazione del possessore
Se il libretto di deposito è pagabile al portatore, la banca che senza dolo o
colpa grave adempie la prestazione nei confronti del possessore è liberata,
anche se questi non è il depositante (1777,1992, 2003). La stessa disposizione
si applica nel caso in cui il libretto di deposito pagabile al portatore sia
intestato al nome di una determinata persona o in altro modo contrassegnato.
Sono salve le disposizioni delle leggi speciali. Art. 1837 (abrogato) Art. 1838
Deposito dei titoli in amministrazione La banca che assume il deposito di
titoli in amministrazione deve custodire i titoli, esigerne gli interessi o i
dividendi, verificare i sorteggi per l'attribuzione di premi o per il rimborso
di capitale, curare le riscossioni per conto del depositante, e in generale
provvedere alla tutela dei diritti inerenti ai titoli. Le somme riscosse devono
essere accreditate al depositante. Se per i titoli depositati si deve
provvedere al versamento di decimi (2344, 2452) o si deve esercitare un diritto
di opzione (2441), la banca deve chiedere in tempo utile istruzioni al
depositante e deve eseguirle, qualora abbia ricevuto i fondi all'uopo
occorrenti. In mancanza d'istruzioni, i diritti di opzione devono essere
venduti per conto del depositante a mezzo di un agente di cambio. Alla banca
spetta un compenso nella misura stabilita dalla convenzione o dagli usi, nonché
il rimborso delle spese necessarie da essa fatte. E' nullo il patto col quale
si esonera la banca dall'osservare, nell'amministrazione dei titoli,
l'ordinaria diligenza (1176, 1229). Sezione II Del servizio bancario delle
cassette di sicurezza Art. 1839 Cassette di sicurezza Nel servizio delle
cassette di sicurezza (1321), la banca risponde (1176) verso l'utente per
l'idoneità e la custodia dei locali e per l'integrità della cassetta, salvo il
caso fortuito. Art. 1840 Apertura della cassetta Se la cassetta è intestata a
più persone, l'apertura di essa e consentita singolarmente a ciascuno degli
intestatari, salvo diversa pattuizione. In caso di morte dell'intestatario o di
uno degli intestatari, la banca che ne abbia ricevuto comunicazione non può consentire
l'apertura della cassetta se non con l'accordo di tutti gli aventi diritto o
secondo le modalità stabilite dall'autorità giudiziaria. Art. 1841 Apertura
forzata della cassetta Quando il contratto e scaduto, la banca, previa
intimazione all'intestatario e decorsi sei mesi dalla data della medesima, può
chiedere al pretore l'autorizzazione ad aprire la cassetta. L'intimazione può
farsi anche mediante raccomandata con avviso di ricevimento. L'apertura si
esegue con l'assistenza di un notaio all'uopo designato e con le cautele che il
pretore ritiene opportune. Il pretore può dare le disposizioni necessarie per
la conservazione degli oggetti rinvenuti e può ordinare la vendita di quella
parte di essi che occorra al soddisfacimento di quanto e dovuto alla banca per
canoni e spese. Sezione III Dell'apertura di credito bancario Art. 1842 Nozione
L'apertura di credito bancario è il contratto col quale la banca si obbliga a
tenere a disposizione dell'altra parte una somma di danaro per un dato periodo
di tempo o a tempo indeterminato. Art. 1843 Utilizzazione del credito Se non è
convenuto altrimenti, l'accreditato può utilizzare in più volte il credito,
secondo le forme di uso, e può con successivi versamenti ripristinare la sua
disponibilità. Salvo patto contrario, i prelevamenti e i versamenti si eseguono
presso la sede della banca dove è costituito il rapporto. Art. 1844 Garanzia Se
per l'apertura di credito è data una garanzia reale (1960 e seguenti, 2784 e
seguenti, 2808 e seguenti) o personale (1936 e seguenti), questa non si
estingue prima della fine del rapporto per il solo fatto che l'accreditato
cessa di essere debitore della banca. Se la garanzia diviene insufficiente, la
banca può chiedere un supplemento di garanzia o la sostituzione del garante
(1461, 1850, 1867, 1877, 2743). Se l'accreditato non ottempera alla richiesta,
la banca può ridurre il credito proporzionalmente al diminuito valore della
garanzia o recedere dal contratto. Art. 1845 Recesso dal contratto Salvo patto
contrario, la banca non può recedere dal contratto prima della scadenza del
termine, se non per giusta causa. Il recesso sospende immediatamente
l'utilizzazione del credito, ma la banca deve concedere un termine di almeno
quindici giorni per la restituzione delle somme utilizzate e dei relativi
accessori. Se l'apertura di credito è a tempo indeterminato, ciascuna delle
parti può recedere dal contratto, mediante preavviso nel termine stabilito dal
contratto, dagli usi o, in mancanza, in quello di quindici giorni. Sezione IV
Dell'anticipazione bancaria Art. 1846 Disponibilità delle cose date in pegno
Nell'anticipazione bancaria su pegno di titoli o di merci (2784 e seguenti), la
banca non può disporre delle cose ricevute in pegno, se ha rilasciato un
documento nel quale le cose stesse sono individuate (2792). Il patto contrario
deve essere provato per iscritto (2725). Art. 1847 Assicurazione delle merci La
banca deve provvedere per conto del contraente (1891) all'assicurazione delle
merci date in pegno, se, per la natura, il valore o l'ubicazione di esse,
l'assicurazione risponde alle cautele d'uso. Art. 1848 Spese di custodia La
banca, oltre al corrispettivo dovutole, ha diritto al rimborso delle spese
occorse per la custodia delle merci e dei titoli, salvo che ne abbia acquistato
la disponibilità. Art. 1849 Ritiro dei titoli o delle merci Il contraente,
anche prima della scadenza del contratto, può ritirare in parte i titoli o le
merci dati in pegno, previo rimborso proporzionale delle somme anticipate e
delle altre somme spettanti alla banca secondo la disposizione dell'articolo
precedente, salvo che il credito residuo risulti insufficientemente garantito
(1795). Art. 1850 Diminuzione della garanzia Se il valore della garanzia
diminuisce almeno di un decimo rispetto a quello che era al tempo del
contratto, la banca può chiedere al debitore un supplemento di garanzia nei
termini d'uso, con la diffida che, in mancanza, si procederà alla vendita dei
titoli o delle merci dati in pegno (1461). Se il debitore non ottempera alla
richiesta, la banca può procedere alla vendita a norma del secondo e quarto
comma dell'Art. 2797. La banca ha diritto al rimborso immediato del residuo non
soddisfatto col ricavato della vendita. Art. 1851 Pegno irregolare a garanzia
di anticipazione Se, a garanzia di uno o più crediti, sono vincolati depositi
di danaro, merci o titoli che non siano stati individuati o per i quali sia
stata conferita alla banca la facoltà di disporre, la banca deve restituire
solo la somma o la parte delle merci o dei titoli che eccedono l'ammontare dei
crediti garantiti. L'eccedenza e determinata in relazione al valore delle merci
o dei titoli al tempo della scadenza dei crediti. Sezione V Delle operazioni
bancarie in conto corrente Art. 1852 Disposizione da parte del correntista
Qualora il deposito, l'apertura di credito o altre operazioni bancarie siano
regolate in conto corrente, il correntista può disporre in qualsiasi momento
delle somme risultanti a suo credito, salva l'osservanza del termine di
preavviso eventualmente pattuito. Art. 1853 Compensazione tra i saldi di più
rapporti o più conti Se tra la banca e il correntista esistono più rapporti o
più conti, ancorché in monete differenti, i saldi attivi e passivi si
compensano reciprocamente, salvo patto contrario (1241 e seguenti). Art. 1854
Conto corrente intestato a più persone Nel caso in cui il conto sia intestato a
più persone, con facoltà per le medesime di compiere operazioni anche
separatamente, gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido
dei saldi del conto (1292 e seguenti). Art. 1855 Operazione a tempo
indeterminato Se l'operazione regolata in conto corrente e a tempo
indeterminato, ciascuna delle parti può recedere dal contratto, dandone
preavviso nel termine stabilito dagli usi o, in mancanza, entro quindici
giorni. Art. 1856 Esecuzione d'incarichi La banca risponde secondo le regole
del mandato (1703 e seguenti) per l'esecuzione d'incarichi ricevuti dal
correntista o da altro cliente. Se l'incarico deve eseguirsi su una piazza dove
non esistono filiali della banca, questa può incaricare dell'esecuzione
un'altra banca o un suo corrispondente (1717). Art. 1857 Norme applicabili Alle
operazioni regolate in conto corrente si applicano le norme degli artt. 1826,
1829 e 1832. Sezione VI Dello sconto bancario Art. 1858 Nozione Lo sconto è il
contratto col quale la banca, previa deduzione dell'interesse, anticipa al
cliente l'importo di un credito verso terzi non ancora scaduto, mediante la
cessione, salvo buon fine, del credito stesso (1260 e seguenti). Art. 1859 Sconto
di cambiali Se lo sconto avviene mediante girata di cambiale o di assegno
bancario (2009 e seguenti), la banca, nel caso di mancato pagamento, oltre ai
diritti derivanti dal titolo, ha anche il diritto alla restituzione della somma
anticipata. Sono salve le norme delle leggi speciali relative alla cessione
della provvista nello sconto di tratte non accettate o munite di clausole
"senza accettazione". Art. 1860 Sconto di tratte documentate La banca
che ha scontato tratte documentate ha sulla merce lo stesso privilegio del
mandatario finché il titolo rappresentativo è in suo possesso (2761). Capo
XVIII Della rendita perpetua Art. 1861 Nozione Col contratto di rendita
perpetua una parte conferisce all'altra il diritto di esigere in perpetuo la
prestazione periodica (2948) di una somma di danaro o di una certa quantità di
altre cose fungibili, quale corrispettivo dell'alienazione di un immobile o
della cessione di un capitale. La rendita perpetua può essere costituita anche
quale onere dell'alienazione gratuita di un immobile o della cessione gratuita
di un capitale (793). Art. 1862 Norme applicabili L'alienazione dell'immobile,
se fatta a titolo oneroso, è soggetta alle norme stabilite per la vendita (1470
e seguenti). L'alienazione o la cessione fatta a titolo gratuito è soggetta
alle norme stabilite per la donazione (769 e seguenti). Art. 1863 Rendita
fondiaria e rendita semplice E' fondiaria la rendita costituita mediante
alienazione di un immobile. E' semplice quella costituita mediante cessione di
un capitale. Art. 1864 Garanzia della rendita semplice La rendita semplice deve
essere garantita con ipoteca (2808) sopra un immobile; altrimenti il capitale e
ripetibile. Art. 1865 Diritto di riscatto della rendita perpetua La rendita
perpetua è redimibile a volontà del debitore, nonostante qualunque convenzione
contraria. Le parti possono tuttavia convenire che il riscatto non possa
eseguirsi durante la vita del beneficiario o prima di un certo termine, il
quale non può eccedere i dieci anni nella rendita semplice e i trenta anni
nella rendita fondiaria. Può anche stipularsi che il debitore non esegua il
riscatto senza averne dato preavviso al beneficiario. Il termine di preavviso
non può eccedere l'anno. Se sono convenuti termini più lunghi, essi si riducono
nei limiti sopra stabiliti. Art. 1866 Esercizio del riscatto Il riscatto della
rendita semplice e della rendita fondiaria si effettua mediante il pagamento
della somma che risulta dalla capitalizzazione della rendita annua sulla base
dell'interesse legale (1284). Le modalità del riscatto sono stabilite dalle
leggi speciali. Art. 1867 Riscatto forzoso Il debitore di una rendita perpetua
può essere costretto al riscatto: se è in mora nel pagamento di due annualità
di rendita (1219); se non ha dato al creditore le garanzie promesse, o se,
venendo a mancare quelle già date, non ne sostituisce altre di uguale sicurezza
(1461,1844, 1850); se, per effetto di alienazione (769 e seguenti, 1470 e
seguenti) o di divisione (713 e seguenti), il fondo su cui è garantita la
rendita è diviso fra più di tre persone. Art. 1868 Riscatto per insolvenza del
debitore Si fa pure luogo al riscatto della rendita nel caso d'insolvenza del
debitore, salvo che, essendo stato alienato il fondo su cui era garantita la
rendita, l'acquirente se ne sia assunto il debito (1273) o si dichiari pronto
ad assumerlo. Art. 1869 Altre prestazioni perpetue Le disposizioni degli artt.
1864, 1865, 1866, 1867 e 1868 si applicano a ogni altra annua prestazione
perpetua costituita a qualsiasi titolo, anche per atto di ultima volontà. Art.
1870 Ricognizione Il debitore della rendita o di ogni altra prestazione annua
che debba o possa durare oltre i dieci anni deve fornire a proprie spese al
titolare, se questi lo richiede, un nuovo documento (2720), trascorsi nove anni
dalla data del precedente (att. 186). Art. 1871 Rendite dello Stato Le
disposizioni di questo capo non si applicano alle rendite emesse dallo Stato.
Capo XIX Della rendita vitalizia Art. 1872 Modi di costituzione La rendita
vitalizia (2057) può essere costituita a titolo oneroso, mediante alienazione
di un bene mobile o immobile o mediante cessione di capitale (1350). La rendita
vitalizia può essere costituita anche per donazione (769 e seguenti) o per
testamento (587 e seguenti), e in questo caso si osservano le norme stabilite
dalla legge per tali atti (602 e seguenti, 782). Art. 1873 Determinazione della
durata La rendita vitalizia può costituirsi per la durata della vita del
beneficiario o di altra persona. Essa può costituirsi anche per la durata della
vita di più persone. Art. 1874 Costituzione a favore di più persone Se la
rendita e costituita a favore di più persone, la parte spettante al creditore
premorto si accresce a favore degli altri, salvo patto contrario (674 e
seguenti). Art. 1875 Costituzione a favore di un terzo La rendita vitalizia
costituita a favore di un terzo (1411 e seguenti), quantunque importi per
questo una liberalità, non richiede le forme stabilite per la donazione (782 e
seguenti, 809). Art. 1876 Rendita costituita su persone già defunte Il
contratto e nullo, (1418 e seguenti) se la rendita e costituita per la durata
della vita di persona che, al tempo del contratto, aveva già cessato di vivere.
Art. 1877 Risoluzione del contratto di vitalizio oneroso Il creditore di una
rendita vitalizia costituita a titolo oneroso può chiedere la risoluzione del
contratto (1453 e seguenti), se il promittente non gli da o diminuisce le
garanzie pattuite (1461). Art. 1878 Mancanza di pagamento delle rate scadute In
caso di mancato pagamento delle rate di rendita scadute, il creditore della
rendita, anche se e lo stesso stipulante, non può domandare la risoluzione del
contratto (1453 e seguenti), ma può far sequestrare e vendere (Cod. Proc. Civ.
501 e seguenti, 670 e seguenti) i beni del suo debitore affinché col ricavato
della vendita si faccia l'impiego di una somma sufficiente ad assicurare il
pagamento della rendita (vedere anche Leggi Speciali, Fallimento). Art. 1879
Divieto di riscatto e onerosità sopravvenuta Il debitore della rendita, salvo
patto contrario, non può liberarsi dal pagamento della rendita stessa offrendo
il rimborso del capitale, anche se rinunzia alla ripetizione delle annualità
pagate. Egli è tenuto a pagare la rendita per tutto il tempo per il quale è
stata costituita, per quanto gravosa sia divenuta la sua prestazione (1469).
Art. 1880 Modalità del pagamento della rendita La rendita vitalizia costituita
mediante contratto è dovuta al creditore in proporzione del numero dei giorni
vissuti da colui sulla vita del quale e costituita. Se però è stato convenuto
di pagarla a rate anticipate, ciascuna rata si acquista dal giorno in cui e
scaduta. Art. 1881 Sequestro o pignoramento della rendita Quando la rendita
vitalizia e costituita a titolo gratuito, si può disporre che essa non sia
soggetta a pignoramento o a sequestro (Cod. Proc. Civ. 670 e seguenti) entro i
limiti del bisogno alimentare del creditore (433). Capo XX Dell'assicurazione
Sezione I Disposizioni generali Art. 1882 Nozione L'assicurazione è il
contratto col quale l'assicuratore, verso pagamento di un premio, si obbliga a
rivalere l'assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da
un sinistro, ovvero a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un
evento attinente alla vita umana. Art. 1883 Esercizio delle assicurazioni
L'impresa di assicurazione non può essere esercitata che da un istituto di
diritto pubblico o da una società per azioni e con l'osservanza delle norme
stabilite dalle leggi speciali. Art. 1884 Assicurazioni mutue Le assicurazioni
mutue sono disciplinate dalle norme del presente capo, in quanto compatibili
con la specialità del rapporto (2546 e seguenti). Art. 1885 Assicurazioni
contro i rischi della navigazione Le assicurazioni contro i rischi della
navigazione sono disciplinate dalle norme del presente capo per quanto non è
regolato dal codice della navigazione (Cod. Nav. 514 e seguenti, 446 e
seguenti). Art. 1886 Assicurazioni sociali Le assicurazioni sociali sono
disciplinate dalle leggi speciali. In mancanza si applicano le norme del
presente capo. Art. 1887 Efficacia della proposta La proposta scritta diretta
all'assicuratore rimane ferma (1329) per il termine di quindici giorni, o di
trenta giorni quando occorre una visita medica. Il termine decorre dalla data
della consegna o della spedizione della proposta (1932). Art. 1888 Prova del
contratto Il contratto di assicurazione deve essere provato per iscritto
(2725). L'assicuratore è obbligato a rilasciare al contraente la polizza di
assicurazione o altro documento da lui sottoscritto. L'assicuratore è anche
tenuto a rilasciare, a richiesta e a spese del contraente, duplicati o copie
della polizza; ma in tal caso può esigere la presentazione o la restituzione
dell'originale (att. 187). Art. 1889 Polizze all'ordine e al portatore Se la
polizza di assicurazione è all'ordine o al portatore, il suo trasferimento
importa trasferimento del credito verso l'assicuratore, con gli effetti della
cessione (2003 e seguenti). Tuttavia l'assicuratore è liberato se senza dolo o
colpa grave adempie la prestazione nei confronti del giratario o del portatore
della polizza, anche se questi non è l'assicurato (1992). In caso di
smarrimento, furto o distruzione della polizza all'ordine, si applicano le
disposizioni relative all'ammortamento dei titoli all'ordine (2016 e seguenti;
att. 187). Art. 1890 Assicurazione in nome altrui Se il contraente stipula
l'assicurazione in nome altrui senza averne il potere, l'interessato può
ratificare il contratto anche dopo la scadenza o il verificarsi del sinistro
(1399, 2031 seguente). Il contraente è tenuto personalmente ad osservare gli
obblighi derivanti dal contratto fino al momento in cui l'assicuratore ha avuto
notizia della ratifica o del rifiuto di questa. Egli deve all'assicuratore i
premi del periodo in corso nel momento in cui l'assicuratore ha avuto notizia
(1335) del rifiuto della ratifica. Art. 1891 Assicurazione per conto altrui o
per conto di chi spetta Se l'assicurazione è stipulata per conto altrui o per
conto di chi spetta, il contraente deve adempiere gli obblighi derivanti dal
contratto, salvi quelli che per loro natura non possono essere adempiuti che
dall'assicurato. I diritti derivanti dal contratto spettano all'assicurato, e
il contraente, anche se in possesso della polizza, non può farli valere senza
espresso consenso dell'assicurato medesimo. All'assicurato sono opponibili le
eccezioni che si possono opporre al contraente in dipendenza del contratto. Per
il rimborso dei premi pagati all'assicuratore e delle spese del contratto, il
contraente ha privilegio sulle somme dovute dall'assicuratore nello stesso
grado dei crediti per spese di conservazione (2756). Art. 1892 Dichiarazioni
inesatte e reticenze con dolo o colpa grave Le dichiarazioni inesatte e le
reticenze del contraente, relative a circostanze tali che l'assicuratore non
avrebbe dato il suo consenso o non lo avrebbe dato alle medesime condizioni se
avesse conosciuto il vero stato delle cose, sono causa di annullamento (1441 e
seguenti) del contratto quando il contraente ha agito con dolo o con colpa
grave. L'assicuratore decade (2964 e seguenti) dal diritto d'impugnare il
contratto se, entro tre mesi dal giorno in cui ha conosciuto l'inesattezza
della dichiarazione o la reticenza, non dichiara al contraente di volere
esercitare l'impugnazione. L'assicuratore ha diritto ai premi relativi al
periodo di assicurazione in corso al momento in cui ha domandato l'annullamento
e, in ogni caso, al premio convenuto per il primo anno. Se il sinistro si
verifica prima che sia decorso il termine indicato dal comma precedente, egli
non è tenuto a pagare la somma assicurata. Se l'assicurazione riguarda più
persone o più cose, il contratto è valido per quelle persone o per quelle cose
alle quali non si riferisce la dichiarazione inesatta o la reticenza (1932).
Art. 1893 Dichiarazioni inesatte e reticenze senza dolo o colpa grave Se il
contraente ha agito senza dolo o colpa grave, le dichiarazioni inesatte e le
reticenze non sono causa di annullamento del contratto, ma l'assicuratore può
recedere dal contratto stesso, mediante dichiarazione da farsi all'assicurato
nei tre mesi dal giorno in cui ha conosciuto l'inesattezza della dichiarazione
o la reticenza. Se il sinistro si verifica prima che l'inesattezza della
dichiarazione o la reticenza sia conosciuta dall'assicuratore, o prima che
questi abbia dichiarato di recedere dal contratto, la somma dovuta è ridotta in
proporzione della differenza tra il premio convenuto e quello che sarebbe stato
applicato se si fosse conosciuto il vero stato delle cose. Art. 1894
Assicurazione in nome o per conto di terzi Nelle assicurazioni in nome o per
conto di terzi, se questi hanno conoscenza dell'inesattezza delle dichiarazioni
o delle reticenze relative al rischio, si applicano a favore dell'assicuratore
le disposizioni degli artt. 1892 e 1893 (1391,1932). Art. 1895 Inesistenza del
rischio Il contratto è nullo (1418 e seguenti) se il rischio non è mai esistito
o ha cessato di esistere prima della conclusione del contratto. Art. 1896
Cessazione del rischio durante l'assicurazione Il contratto si scioglie (1453 e
seguenti) se il rischio cessa di esistere dopo la conclusione del contratto
stesso, ma l'assicuratore ha diritto al pagamento dei premi finché la
cessazione del rischio non gli sia comunicata o non venga altrimenti a sua
conoscenza. I premi relativi al periodo di assicurazione in corso al momento
della comunicazione o della conoscenza (1335) sono dovuti per intero. Qualora
gli effetti dell'assicurazione debbano avere inizio in un momento posteriore
alla conclusione del contratto e il rischio cessi nell'intervallo,
l'assicuratore ha diritto al solo rimborso delle spese. Art. 1897 Diminuzione
del rischio Se il contraente comunica all'assicuratore mutamenti che producono
una diminuzione del rischio tale che, se fosse stata conosciuta al momento
della conclusione del contratto, avrebbe portato alla stipulazione di un premio
minore, l'assicuratore, a decorrere dalla scadenza del premio o della rata di
premio successiva alla comunicazione suddetta, non può esigere che il minor
premio, ma ha facoltà di recedere dal contratto entro due mesi (2964) dal
giorno in cui e stata fatta la comunicazione. La dichiarazione di recesso dal
contratto ha effetto dopo un mese (1932; att. 187). Art. 1898 Aggravamento del
rischio Il contraente ha l'obbligo di dare immediato avviso all'assicuratore
dei mutamenti che aggravano il rischio in modo tale che, se il nuovo stato di
cose fosse esistito e fosse stato conosciuto dall'assicuratore al momento della
conclusione del contratto, l'assicuratore non avrebbe consentito
l'assicurazione o l'avrebbe consentita per un premio più elevato (1926).
L'assicuratore può recedere dal contratto, dandone comunicazione per iscritto
all'assicurato entro un mese (2964) dal giorno in cui ha ricevuto l'avviso o ha
avuto in altro modo conoscenza (1335) dell'aggravamento del rischio. Il recesso
dell'assicuratore ha effetto immediato se l'aggravamento è tale che
l'assicuratore non avrebbe consentito l'assicurazione; ha effetto dopo quindici
giorni, se l'aggravamento del rischio è tale che per l'assicurazione sarebbe
stato richiesto un premio maggiore. Spettano all'assicuratore i premi relativi
al periodo di assicurazione in corso al momento in cui è comunicata la
dichiarazione di recesso. Se il sinistro si verifica prima che siano trascorsi
i termini per la comunicazione e per l'efficacia del recesso, l'assicuratore
non risponde qualora l'aggravamento del rischio sia tale che egli non avrebbe
consentito l'assicurazione se il nuovo stato di cose fosse esistito al momento
del contratto; altrimenti la somma dovuta e ridotta, tenuto conto del rapporto
tra il premio stabilito nel contratto e quello che sarebbe stato fissato se il
maggiore rischio fosse esistito al tempo del contratto stesso (1932; att. 187).
Art. 1899 Durata dell'assicurazione L'assicurazione ha effetto dalle ore
ventiquattro del giorno della conclusione del contratto alle ore ventiquattro
dell'ultimo giorno della durata stabilita nel contratto stesso. Se questa
supera i dieci anni, le parti, trascorso il decennio e nonostante patto
contrario, hanno facoltà di recedere dal contratto, con preavviso di sei mesi,
che può darsi anche mediante raccomandata. Il contratto può essere tacitamente
prorogato una o più volte, ma ciascuna proroga tacita non può avere una durata
superiore a due anni (1932; att. 187). Le norme del presente articolo non si
applicano alle assicurazioni sulla vita (1919 e seguenti). Art. 1900 Sinistri
cagionati con dolo o con colpa grave dell'assicurato o dei dipendenti
L'assicuratore non è obbligato per i sinistri cagionati da dolo o da colpa
grave del contraente, dell'assicurato o del beneficiario, salvo patto contrario
per i casi di colpa grave. L'assicuratore è obbligato per il sinistro cagionato
da dolo o da colpa grave delle persone del fatto delle quali l'assicurato deve
rispondere (2047 e seguenti). Egli è obbligato altresì, nonostante patto
contrario, per i sinistri conseguenti ad atti del contraente, dell'assicurato o
del beneficiario, compiuti per dovere di solidarietà umana o nella tutela degli
interessi comuni all'assicuratore. Art. 1901 Mancato pagamento del premio Se il
contraente non paga il premio o la prima rata di premio stabilita dal
contratto, l'assicurazione resta sospesa fino alle ore ventiquattro del giorno
in cui il contraente paga quanto è da lui dovuto. Se alle scadenze convenute il
contraente non paga i premi successivi, l'assicurazione resta sospesa dalle ore
ventiquattro del quindicesimo giorno dopo quello della scadenza. Nelle ipotesi
previste dai due commi precedenti il contratto è risoluto di diritto (1453 e
seguenti) se l'assicuratore, nel termine di sei mesi dal giorno in cui il
premio o la rata sono scaduti, non agisce per la riscossione; l'assicuratore ha
diritto soltanto al pagamento del premio relativo al periodo di assicurazione
in corso e al rimborso delle spese. La presente norma non si applica alle
assicurazioni sulla vita (1919 e seguenti, 1924,1932; att. 187). Art. 1902
Fusione, concentrazione e liquidazione coatta amministrativa La fusione e la
concentrazione di aziende tra più imprese assicuratrici non sono cause di
scioglimento del contratto di assicurazione. Il contratto continua con
l'impresa assicuratrice che risulta dalla fusione o che incorpora le imprese
preesistenti. Per i trasferimenti di portafoglio si osservano le leggi
speciali. Nel caso di liquidazione coatta amministrativa dell'impresa
assicuratrice, il contratto di assicurazione si scioglie nei modi e con gli
effetti stabiliti dalle leggi speciali anche per ciò che riguarda il privilegio
a favore della massa degli assicurati (att. 187). Art. 1903 Agenti di
assicurazione Gli agenti autorizzati a concludere contratti di assicurazione
possono compiere gli atti concernenti le modificazioni e la risoluzione dei
contratti medesimi, salvi i limiti contenuti nella procura che sia pubblicata
nelle forme richieste dalla legge (1753). Possono inoltre promuovere azioni ed
essere convenuti in giudizio in nome dell'assicuratore, per le obbligazioni
dipendenti dagli atti compiuti nell'esecuzione del loro mandato, davanti
l'autorità giudiziaria del luogo in cui ha sede l'agenzia presso la quale e
stato concluso il contratto (1932; att. 187; Cod. Proc. Civ. 77). Sezione II
Dell'assicurazione contro i danni Art. 1904 Interesse all'assicurazione Il
contratto di assicurazione contro i danni è nullo (1418 e seguenti) se, nel
momento in cui l'assicurazione deve avere inizio, non esiste un interesse
dell'assicurato al risarcimento del danno. Art. 1905 Limiti del risarcimento
L'assicuratore e tenuta a risarcire, nei modi e nei limiti stabiliti dal
contratto, il danno sofferto dall'assicurato in conseguenza del sinistro.
L'assicuratore risponde del profitto sperato solo se si e espressamente
obbligato. Art. 1906 Danni cagionati da vizio della cosa Salvo patto contrario,
l'assicuratore non risponde dei danni prodotti da vizio intrinseco della cosa
assicurata, che non gli sia stato denunziato. Se il vizio ha aggravato il
danno, l'assicuratore, salvo patto contrario, risponde del danno nella misura
in cui sarebbe stato a suo carico, qualora il vizio non fosse esistito. Art.
1907 Assicurazione parziale Se l'assicurazione copre solo una parte del valore
che la cosa assicurata aveva nel tempo del sinistro, l'assicuratore risponde
dei danni in proporzione della parte suddetta, a meno che non sia diversamente
convenuto. Art. 1908 Valore della cosa assicurata Nell'accertare il danno non
si può attribuire alle cose perite o danneggiate un valore superiore a quello
che avevano al tempo del sinistro. Il valore delle cose assicurate può essere
tuttavia stabilito al tempo della conclusione del contratto, mediante stima
accettata per iscritto dalle parti. Non equivale a stima la dichiarazione di
valore delle cose assicurate contenuta nella polizza o in altri documenti.
Nell'assicurazione dei prodotti del suolo il danno si determina in relazione al
valore che i prodotti avrebbero avuto al tempo della maturazione o al tempo in
cui ordinariamente si raccolgono. Art. 1909 Assicurazione per somma eccedente
il valore delle cose L'assicurazione per una somma che eccede il valore reale
della cosa assicurata non è valida (1441 e seguenti) se vi e stato dolo da
parte dell'assicurato; l'assicuratore, se è in buona fede, ha diritto ai premi
del periodo di assicurazione in corso. Se non vi e stato dolo da parte del
contraente, il contratto ha effetto fino alla concorrenza del valore reale
della cosa assicurata, e il contraente ha diritto di ottenere per l'avvenire
una proporzionale riduzione del premio. Art. 1910 Assicurazione presso diversi
assicuratori Se per il medesimo rischio sono contratte separatamente più
assicurazioni presso diversi assicuratori, l'assicurato deve dare avviso di
tutte le assicurazioni a ciascun assicuratore. Se l'assicurato omette
dolosamente di dare l'avviso, gli assicuratori non sono tenuti a pagare
l'indennità. Nel caso di sinistro, l'assicurato deve darne avviso a tutti gli
assicuratori a norma dell'Art. 1913, indicando a ciascuno il nome degli altri.
L'assicurato può chiedere a ciascun assicuratore l'indennità dovuta secondo il rispettivo
contratto, purché le somme complessivamente riscosse non superino l'ammontare
del danno. L'assicuratore che ha pagato ha diritto di regresso contro gli altri
per la ripartizione proporzionale in ragione delle indennità dovute secondo i
rispettivi contratti. Se un assicuratore è insolvente, la sua quota viene
ripartita fra gli altri assicuratori. Art. 1911 Coassicurazione Qualora la
medesima assicurazione o l'assicurazione di rischi relativi alle stesse cose
sia ripartita tra più assicuratori per quote determinate, ciascun assicuratore
è tenuto al pagamento dell'indennità assicurata soltanto in proporzione della
rispettiva quota, anche se unico e il contratto sottoscritto da tutti gli
assicuratori. Art. 1912 Terremoto, guerra, insurrezione, tumulti popolari Salvo
patto contrario, l'assicuratore non è obbligato per i danni determinati da
movimenti tellurici, da guerra, da insurrezione o da tumulti popolari. Art.
1913 Avviso all'assicuratore in caso di sinistro L'assicurato deve dare avviso
del sinistro all'assicuratore o all'agente autorizzato a concludere il
contratto, entro tre giorni da quello in cui il sinistro si è verificato o
l'assicurato ne ha avuta conoscenza. Non è necessario l'avviso, se
l'assicuratore o l'agente autorizzato alla conclusione del contratto interviene
entro il detto termine alle operazioni di salvataggio o di constatazione del
sinistro. Nelle assicurazioni contro la mortalità del bestiame l'avviso, salvo
patto contrario, deve essere dato entro ventiquattro ore. Art. 1914 Obbligo di
salvataggio L'assicurato deve fare quanto gli è possibile per evitare o
diminuire il danno (1227). Le spese fatte a questo scopo dall'assicurato sono a
carico dell'assicuratore, in proporzione del valore assicurato rispetto a
quello che la cosa aveva nel tempo del sinistro, anche se il loro ammontare,
unitamente a quello del danno, supera la somma assicurata, e anche se non si e
raggiunto lo scopo, salvo che l'assicuratore provi che le spese sono state
fatte inconsideratamente (att. 187). L'assicuratore risponde dei danni
materiali direttamente derivati alle cose assicurate dai mezzi adoperati
dall'assicurato per evitare o diminuire i danni del sinistro, salvo che egli
provi che tali mezzi sono stati adoperati inconsideratamente (1900-3).
L'intervento dell'assicuratore per il salvataggio delle cose assicurate e per
la loro conservazione non pregiudica i suoi diritti. L'assicuratore che
interviene al salvataggio deve, se richiesto dall'assicurato, anticiparne le
spese o concorrere in proporzione del valore assicurato. Art. 1915
Inadempimento dell'obbligo di avviso o di salvataggio L'assicurato che
dolosamente non adempie l'obbligo dell'avviso o del salvataggio perde il
diritto all'indennità. Se l'assicurato omette colposamente di adempiere tale
obbligo, l'assicuratore ha diritto di ridurre l'indennità in ragione del
pregiudizio sofferto (att. 187). Art. 1916 Diritto di surrogazione
dell'assicuratore L'assicuratore che ha pagato l'indennità è surrogato (1203),
fino alla concorrenza dell'ammontare di essa, nei diritti dell'assicurato verso
i terzi responsabili (1589). Salvo il caso di dolo, la surrogazione non ha
luogo se il danno è causato dai figli, dagli affiliati, dagli ascendenti, da
altri parenti o a affini dell'assicurato stabilmente con lui conviventi o da
domestici. L'assicurato è responsabile verso l'assicuratore del pregiudizio
arrecato al diritto di surrogazione (1589). Le disposizioni di questo articolo
si applicano anche alle assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro e contro
le disgrazie accidentali. NOTA Il secondo comma è stato dichiarato illegittimo
dalla Corte Costituzionale (21 maggio 1975, n. 117) per ciò che riguarda il non
annoverare , fra le persone nei confronti delle quali non è ammessa la
surrogazione, il coniuge dell'assicurato. Art. 1917 Assicurazione della
responsabilità civile Nell'assicurazione della responsabilità civile
l'assicuratore e obbligato a tenere indenne l'assicurato di quanto questi, in
conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell'assicurazione, deve pagare
a un terzo, in dipendenza della responsabilità dedotta nel contratto (2952).
Sono esclusi i danni derivanti da fatti dolosi (2767). L'assicuratore ha
facoltà, previa comunicazione all'assicurato, di pagare direttamente al terzo
danneggiato l'indennità dovuta, ed e obbligato al pagamento diretto se
l'assicurato lo richiede. Le spese sostenute per resistere all'azione del
danneggiato contro l'assicurato sono a carico dell'assicuratore nei limiti del
quarto della somma assicurata. Tuttavia, nel caso che sia dovuta al danneggiato
una somma superiore al capitale assicurato, le spese giudiziali si ripartiscono
tra assicuratore e assicurato in proporzione del rispettivo interesse.
L'assicurato, convenuto dal danneggiato, può chiamare in causa l'assicuratore
(1932; Cod. Proc. Civ. 196) (Vedere anche Leggi Speciali, Assicurazione
obbligatoria). Art. 1918 Alienazione delle cose assicurate L'alienazione delle
cose assicurate non è causa di scioglimento del contratto di assicurazione.
L'assicurato, che non comunica all'assicuratore l'avvenuta alienazione e
all'acquirente l'esistenza del contratto di assicurazione, rimane obbligato a
pagare i premi che scadono posteriormente alla data dell'alienazione. I diritti
e gli obblighi dell'assicurato passano all'acquirente, se questi, avuta notizia
dell'esistenza del contratto di assicurazione entro dieci giorni dalla scadenza
del primo premio successivo all'alienazione, non dichiara all'assicuratore,
mediante raccomandata, che non intende subentrare nel contratto. Spettano in tal
caso all'assicuratore i premi relativi al periodo di assicurazione in corso.
L'assicuratore, entro dieci giorni da quello in cui ha avuto notizia
dell'avvenuta alienazione, può recedere dal contratto con preavviso di quindici
giorni, che può essere dato anche mediante raccomandata. Se è stata emessa una
polizza all'ordine (2008) o al portatore (2003, 1889), nessuna notizia
dell'alienazione deve essere data all'assicuratore, e così quest'ultimo come
l'acquirente non possono recedere dal contratto. Sezione III Dell'assicurazione
sulla vita Art. 1919 Assicurazione sulla vita propria o di un terzo
L'assicurazione può essere stipulata sulla vita propria o su quella di un
terzo. L'assicurazione contratta per il caso di morte di un terzo non è valida
se questi o il suo legale rappresentante non dà il consenso alla conclusione
del contratto. Il consenso deve essere provato per iscritto (2725). Art. 1920
Assicurazione a favore di un terzo E' valida l'assicurazione sulla vita a
favore di un terzo (1411 e seguenti). La designazione del beneficiario può
essere fatta nel contratto di assicurazione, o con successiva dichiarazione
scritta comunicata all'assicuratore, o per testamento (587 e seguente, 649);
essa e efficace anche se il beneficiario è determinato solo genericamente.
Equivale a designazione l'attribuzione della somma assicurata fatta nel
testamento a favore di una determinata persona. Per effetto della designazione
il terzo acquista un diritto proprio ai vantaggi dell'assicurazione (1411,
1923). Art. 1921 Revoca del beneficio La designazione del beneficiario è
revocabile con le forme con le quali può essere fatta a norma dell'articolo
precedente. La revoca non può tuttavia farsi dagli eredi dopo la morte del
contraente, né dopo che, verificatosi l'evento, il beneficiario ha dichiarato
di voler profittare del beneficio (1411). Se il contraente ha rinunziato per
iscritto al potere di revoca, questa non ha effetto dopo che il beneficiario ha
dichiarato al contraente di voler profittare del beneficio. La rinuncia del contraente
e la dichiarazione del beneficiario devono essere comunicate per iscritto
all'assicuratore (att. 188). Art. 1922 Decadenza dal beneficio La designazione
del beneficiario, anche se irrevocabile, non ha effetto qualora il beneficiario
attenti alla vita dell'assicurato (801). Se la designazione e irrevocabile ed è
stata fatta a titolo di liberalità, essa può essere revocata nei casi previsti
dall'Art. 800 (att. 188). Art. 1923 Diritti dei creditori e degli eredi Le
somme dovute dall'assicuratore al contraente o al beneficiario non possono
essere sottoposte ad azione esecutiva o cautelare (Cod. Proc. Civ. 491 e
seguenti, 670 e seguenti). Sono salve, rispetto ai premi pagati, le
disposizioni relative alla revocazione degli atti compiuti in pregiudizio dei
creditori (2901 e seguenti) e quelle relative alla collazione (737 e seguenti),
all'imputazione (747) e alla riduzione (555 e seguenti) delle donazioni. Art.
1924 Mancato pagamento dei premi Se il contraente non paga il premio relativo
al primo anno, l'assicuratore può agire per l'esecuzione del contratto nel
termine di sei mesi dal giorno in cui il premio è scaduto. La disposizione si
applica anche se il premio è ripartito in più rate, fermo restando il disposto
dei primi due commi dell'Art. 1901; in tal caso il termine decorre dalla
scadenza delle singole rate. Se il contraente non paga i premi successivi nel
termine di tolleranza previsto dalla polizza o, in mancanza, nel termine di
venti giorni dalla scadenza, il contratto è risoluto di diritto (1453 e
seguenti), e i premi pagati restano acquisiti all'assicuratore, salvo che
sussistano le condizioni per il riscatto dell'assicurazione o per la riduzione
della somma assicurata. Art. 1925 Riscatto e riduzione della polizza Le polizze
di assicurazione devono regolare i diritti di riscatto e di riduzione della
somma assicurata, in modo tale che l'assicurato sia in grado, in ogni momento,
di conoscere quale sarebbe il valore di riscatto o di riduzione
dell'assicurazione. Art. 1926 Cambiamento di professione dell'assicurato I
cambiamenti di professione o di attività dell'assicurato non fanno cessare gli
effetti dell'assicurazione, qualora non aggravino il rischio in modo tale che,
se il nuovo stato di cose fosse esistito al tempo del contratto, l'assicuratore
non avrebbe consentito l'assicurazione (1898). Qualora i cambiamenti siano di
tale natura che, se il nuovo stato di cose fosse esistito al tempo del
contratto, l'assicuratore avrebbe consentito l'assicurazione per un premio più
elevato, il pagamento della somma assicurata è ridotto in proporzione del minor
premio convenuto in confronto di quello che sarebbe stato stabilito. Se
l'assicurato dà notizia dei suddetti cambiamenti all'assicuratore, questi,
entro quindici giorni, deve dichiarare se intende far cessare gli effetti del
contratto ovvero ridurre la somma assicurata o elevare il premio. Se
l'assicuratore dichiara di voler modificare il contratto in uno dei due sensi
su indicati, l'assicurato, entro quindici giorni successivi, deve dichiarare se
intende accettare la proposta. Se l'assicurato dichiara di non accettare, il
contratto e risoluto, salvo il diritto dell'assicuratore al premio relativo al
periodo di assicurazione in corso e salvo il diritto dell'assicurato al
riscatto. Il silenzio dell'assicurato vale come adesione alla proposta
dell'assicuratore. Le comunicazioni e dichiarazioni previste dai commi
precedenti possono farsi anche mediante raccomandata (att. 187). Art. 1927
Suicidio dell'assicurato In caso di suicidio dell'assicurato, avvenuto prima
che siano decorsi due anni dalla stipulazione del contratto, l'assicuratore non
è tenuto al pagamento delle somme assicurate, salvo patto contrario.
L'assicuratore non è nemmeno obbligato se, essendovi stata sospensione del
contratto per mancato pagamento dei premi (1901), non sono decorsi due anni dal
giorno in cui la sospensione e cessata. Sezione IV Della riassicurazione Art.
1928 Prova I contratti generali di riassicurazione relativi a una serie di
rapporti assicurativi devono essere provati per iscritto (2725). I rapporti di
riassicurazione in esecuzione dei contratti generali e i contratti di
riassicurazione per singoli rischi possono essere provati secondo le regole
generali (2697 e seguenti, 2952). Art. 1929 Efficacia del contratto Il
contratto di riassicurazione non crea rapporti tra l'assicurato e il
riassicuratore, salve le disposizioni delle leggi speciali sul privilegio a
favore della massa degli assicurati. Art. 1930 Diritto del riassicurato in caso
di liquidazione coatta amministrativa In caso di liquidazione coatta
amministrativa del riassicurato, il riassicuratore deve pagare integralmente
l'indennità dovuta al riassicurato, salva la compensazione con i premi e gli
altri crediti (1241 e seguenti; att. 187). Art. 1931 Compensazione dei crediti
e debiti In caso di liquidazione coatta amministrativa dell'impresa del
riassicuratore o del riassicurato, i debiti e i crediti che, alla fine della
liquidazione, risultano dalla chiusura dei conti relativi a più contratti di
riassicurazione, si compensano di diritto (1241 e seguenti; att. 187). Sezione
V Disposizioni finali Art. 1932 Norme inderogabili Le disposizioni degli artt.
1887, 1892, 1893, 1894, 1897, 1898, 1899 secondo comma, 1901, 1903 secondo
comma, 1914 secondo comma, 1915 secondo comma, 1917 terzo e quarto comma e 1926
non possono essere derogate se non in senso più favorevole all'assicurato. Le
clausole che derogano in senso meno favorevole all'assicurato sono sostituite
di diritto dalle corrispondenti disposizioni di legge (1339, 1419). Capo XXI
Del giuoco e della scommessa Art. 1933 Mancanza di azione Non compete azione
per il pagamento di un debito di giuoco o di scommessa, anche se si tratta di
giuoco o di scommessa non proibiti. Il perdente tuttavia non può ripetere
quanto abbia spontaneamente pagato dopo l'esito di un giuoco o di una scommessa
in cui non vi sia stata alcuna frode (2034). La ripetizione e ammessa in ogni
caso se il perdente è un incapace (414 e seguente, 1191). Art. 1934
Competizioni sportive Sono eccettuati dalla norma del primo comma dell'articolo
precedente, anche rispetto alle persone che non vi prendono parte, i giuochi
che addestrano al maneggio delle armi, le corse di ogni specie e ogni altra
competizione sportiva. Tuttavia il giudice può rigettare o ridurre la domanda,
qualora ritenga la posta eccessiva. Art. 1935 Lotterie autorizzate Le lotterie
danno luogo ad azione in giudizio, qualora siano state legalmente autorizzate.
Capo XXII Della fideiussione Sezione I Disposizioni generali Art. 1936 Nozione
E' fideiussiore colui che, obbligandosi personalmente verso il creditore,
garantisce l'adempimento di un'obbligazione altrui. La fideiussione è efficace
anche se il debitore non ne ha conoscenza. Art. 1937 Manifestazione della
volontà La volontà di prestare fideiussione deve essere espressa. Art. 1938
Fideiussione per obbligazioni future o condizionali La fideiussione può essere
prestata anche per un'obbligazione condizionale o futura (1353), con la
previsione in quest'ultimo caso dell'importo massimo garantito. NOTA Comma così
sostituito dall’Art. 10 della Lelle 17 febbraio 1992, n. 154, riportata tra le
Leggi Speciali). Art. 1939 Validità della fideiussione La fideiussione non è
valida se non è valida l'obbligazione principale (1255), salvo che sia prestata
per un'obbligazione assunta da un incapace. Art. 1940 Fideiussore del
fideiussore La fideiussione può essere prestata così per il debitore
principale, come per il suo fideiussore. Art. 1941 Limiti della fideiussione La
fideiussione non può eccedere ciò che è dovuto al debitore, né può essere
prestata a condizioni più onerose. Può prestarsi per una parte soltanto del
debito o a condizioni meno onerose. La fideiussione eccedente il debito o
contratta a condizioni più onerose è valida nei limiti dell'obbligazione principale.
Art. 1942 Estensione della fideiussione Salvo patto contrario, la fideiussione
si estende a tutti gli accessori del debito principale, nonché alle spese per
la denunzia al fideiussore della causa promossa contro il debitore principale e
alle spese successive. Art. 1943 Obbligazione di prestare fideiussione Il
debitore obbligato a dare un fideiussore (1179) deve presentare persona capace,
che possieda beni sufficienti a garantire l'obbligazione (2740) e che abbia o
elegga domicilio nella giurisdizione della corte di appello in cui la
fideiussione si deve prestare (att. 189). Quando il fideiussore e divenuto
insolvente, deve esserne dato un altro, tranne che la fideiussione sia stata
prestata dalla persona voluta dal creditore. Sezione II Dei rapporti tra creditore
e fideiussore Art. 1944 Obbligazione del fideiussore Il fideiussore e obbligato
in solido col debitore principale al pagamento del debito (1292 e seguenti,
1410). Le parti però possono convenire che il fideiussore non sia tenuto a
pagare prima dell'esclusione del debitore principale. In tal caso il
fideiussore, che sia convenuto dal creditore e intenda valersi del beneficio
dell'escussione, deve indicare i beni del debitore principale da sottoporre ad
esecuzione (2268). Salvo patto contrario, il fideiussore è tenuto ad anticipare
le spese necessarie. Art. 1945 Eccezioni opponibili dal fideiussore Il
fideiussore può opporre contro il creditore tutte le eccezioni che spettano al
debitore principale (1239), salva quella derivante dall'incapacità (1247,
1939). Art. 1946 Fideiussione prestata da più persone Se più persone hanno
prestato fideiussione per un medesimo debitore e a garanzia di un medesimo
debito (1292), ciascuna di esse e obbligata per l'intero debito, salvo che sia
stato pattuito il beneficio della divisione. Art. 1947 Beneficio della
divisione Se è stato stipulato il beneficio della divisione, ogni fideiussore
che sia convenuto per il pagamento dell'intero debito può esigere che il
creditore riduca l'azione alla parte da lui dovuta. Se alcuno dei fideiussori
era insolvente al tempo in cui un altro ha fatto valere il beneficio della
divisione, questi è obbligato per tale insolvenza in proporzione della sua
quota, ma non risponde delle insolvenze sopravvenute. Art. 1948 Obbligazione
del fideiussore del fideiussore Il fideiussore del fideiussore non è obbligato
verso il creditore, se non nel caso in cui il debitore principale e tutti i
fideiussori di questo siano insolventi, o siano liberati perché incapaci.
Sezione III Dei rapporti tra fideiussore e debitore principale Art. 1949
Surrogazione del fideiussore nei diritti del creditore Il fideiussore che ha
pagato il debito è surrogato nei diritti che il creditore aveva contro il
debitore (1203). Art. 1950 Regresso contro il debitore principale Il fideiussore
che ha pagato ha regresso contro il debitore principale, benché questi non
fosse consapevole della prestata fideiussione (1936). Il regresso comprende il
capitale, gli interessi e le spese che il fideiussore ha fatte dopo che ha
denunziato al debitore principale le istanze proposte contro di lui. Il
fideiussore inoltre ha diritto agli interessi legali sulle somme pagate dal
giorno del pagamento. Se il debito principale produceva interessi in misura
superiore al saggio legale (1284), il fideiussore ha diritto a questi fino al
rimborso del capitale (1224). Se il debitore è incapace (414 e seguente, 1939),
il regresso del fideiussore è ammesso solo nei limiti di ciò che sia stato
rivolto a suo vantaggio (2041 e seguente). Art. 1951 Regresso contro più
debitori principali Se vi sono più debitori principali obbligati in solido, il
fideiussore che ha garantito per tutti ha regresso contro ciascuno per ripetere
integralmente ciò che ha pagato. Art. 1952 Divieto di agire contro il debitore
principale Il fideiussore non ha regresso contro il debitore principale se, per
avere omesso di denunziargli il pagamento fatto, il debitore ha pagato
ugualmente il debito. Se il fideiussore ha pagato senza averne dato avviso al
debitore principale, questi può opporgli le eccezioni che avrebbe potuto
opporre al creditore principale all'atto del pagamento. In entrambi i casi è
fatta salva al fideiussore l'azione per la ripetizione contro il creditore.
Art. 1953 Rilievo del fideiussore Il fideiussore, anche prima di aver pagato,
può agire contro il debitore perché questi gli procuri la liberazione o, in
mancanza, presti le garanzie necessarie per assicurargli il soddisfacimento
delle eventuali ragioni di regresso (1179), nei casi seguenti: quando è
convenuto in giudizio per il pagamento; quando il debitore è divenuto
insolvente; quando il debitore si è obbligato di liberarlo dalla fideiussione
entro un tempo determinato; quando il debito è divenuto esigibile per la
scadenza del termine; quando sono decorsi cinque anni, e l'obbligazione
principale non ha un termine, purché essa non sia di tal natura da non potersi
estinguere prima di un tempo determinato. Sezione IV Dei rapporti fra più
fideiussori Art. 1954 Regresso contro gli altri fideiussori Se più persone
hanno prestato fideiussione per un medesimo debitore e per un medesimo debito,
il fideiussore che ha pagato ha regresso contro gli altri fideiussori per la
loro rispettiva porzione. Se uno di questi è insolvente, si osserva la
disposizione del secondo comma dell'Art. 1299 (1239). Sezione V Dell'estinzione
della fideiussione Art. 1955 Liberazione del fideiussore per fatto del
creditore La fideiussione si estingue quando, per fatto del creditore, non può
avere effetto la surrogazione del fideiussore nei diritti (1949), nel pegno
(2784 e seguenti), nelle ipoteche (2808 e seguenti) e nei privilegi (2745 e
seguenti) del creditore. Art. 1956 Liberazione del fideiussore per obbligazione
futura Il fideiussore per un'obbligazione futura (1938) è liberato se il
creditore, senza speciale autorizzazione del fideiussore, ha fatto credito al
terzo, pur conoscendo che le condizioni patrimoniali di questo erano divenute
tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito
(1461, 1844, 1850, 1877). Non è valida la preventiva rinuncia del fideiussore
ad avvalersi della liberazione. (Comma aggiunto dall'Art. 10, Legge 17 febbraio
1992, n. 154, riportata tra le Leggi Speciali). Art. 1957 Scadenza
dell'obbligazione principale Il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza
dell'obbligazione principale, purché il creditore entro sei mesi (2964; att.
190) abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza
continuate (1267). La disposizione si applica anche al caso in cui il
fideiussore ha espressamente limitato la sua fideiussione allo stesso termine
dell'obbligazione principale. In questo caso però l'istanza contro il debitore
deve essere proposta entro due mesi. L'istanza proposta contro il debitore
interrompe la prescrizione anche nei confronti del fideiussore (2943 e
seguenti; att. 190). Capo XXIII Del mandato di credito Art. 1958 Effetti del
mandato di credito Se una persona si obbliga verso un'altra, che le ha
conferito l'incarico, a fare credito a un terzo, in nome e per conto proprio,
quella che ha dato l'incarico risponde come fideiussore di un debito futuro
(1938). Colui che ha accettato l'incarico non può rinunziarvi, ma chi l'ha
conferito può revocarlo, salvo l'obbligo di risarcire il danno (1223) all'altra
parte. Art. 1959 Sopravvenuta insolvenza del mandante o del terzo Se, dopo
l'accettazione dell'incarico, le condizioni patrimoniali di colui che lo ha
conferito o del terzo sono divenute tali da rendere notevolmente più difficile
il soddisfacimento del credito, colui che ha accettato l'incarico non può
essere costretto ad eseguirlo (1461). Si applica inoltre la disposizione
dell’Art. 1956. Capo XXIV Dell'anticresi Art. 1960 Nozione L'anticresi è il
contratto col quale il debitore o un terzo si obbliga a consegnare un immobile
al creditore a garanzia del credito, affinché il creditore ne percepisca i
frutti, imputandoli agli interessi, se dovuti e quindi al capitale (1194). Art.
1961 Obblighi del creditore anticretico Il creditore, se non è stato convenuto
diversamente, è obbligato a pagare i tributi e i pesi annui dell'immobile
ricevuto in anticresi. Egli ha l'obbligo di conservare, amministrare e
coltivare il fondo da buon padre di famiglia (1176). Le spese relative devono
essere prelevate dai frutti. Il creditore, se vuole liberarsi da tali obblighi,
può, in ogni tempo, restituire l'immobile al debitore, purché non abbia
rinunziato a tale facoltà. Art. 1962 Durata dell'anticresi L'anticresi dura
finché il creditore sia stato interamente soddisfatto del suo credito, anche se
il credito o l'immobile dato in anticresi, sia divisibile, salvo che sia stata
stabilita la durata. In ogni caso l'anticresi non può avere una durata
superiore a dieci anni (att. 191). Se e stato stipulato un termine maggiore,
questo si riduce al termine suddetto. Art. 1963 Divieto del patto commissorio
E' nullo (1421 e seguenti) qualunque patto, anche posteriore alla conclusione
del contratto, con cui si conviene che la proprietà dell'immobile passi al
creditore nel caso di mancato pagamento del debito (2744). Art. 1964 Compensazione
dei frutti con gli interessi Salva la disposizione dell'Art. 1448, è valido il
patto col quale le parti convengono che i frutti si compensino con gli
interessi in tutto o in parte. In tal caso il debitore può in ogni tempo
estinguere il suo debito e rientrare nel possesso dell'immobile (att. 192).
Capo XXV Della transazione Art. 1965 Nozione La transazione è il contratto col
quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già
incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro. Con le reciproche
concessioni si possono creare, modificare o estinguere anche rapporti diversi
da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione delle
parti. Art. 1966 Capacità a transigere e disponibilità dei diritti Per
transigere le parti devono avere la capacità di disporre dei diritti che
formano oggetto della lite (320, 493). La transazione e nulla se tali diritti,
per loro natura o per espressa disposizione di legge, sono sottratti alla
disponibilità delle parti (2113). Art. 1967 Prova La transazione deve essere
provata per iscritto, fermo il disposto del n. 12 dell'Art. 1350 (2725). Art.
1968 Transazione sulla falsità di documenti La transazione nei giudizi civili
di falso (Cod. Proc. Civ. 221 e seguenti) non produce alcun effetto, se non e
stata omologata dal tribunale, sentito il pubblico ministero (Cod. Proc. Civ.
5). Art. 1969 Errore di diritto La transazione non può essere annullata per
errore di diritto relativo alle questioni che sono state oggetto di controversia
tra le parti (1429). Art. 1970 Lesione La transazione non può essere impugnata
per causa di lesione (1447 e seguenti). Art. 1971 Transazione su pretesa
temeraria Se una della parti era consapevole della temerarietà della sua
pretesa, l'altra può chiedere l'annullamento della transazione (1425 e
seguenti). Art. 1972 Transazione su un titolo nullo E' nulla (1421 e seguenti)
la transazione relativa a un contratto illecito (1343 e seguenti), ancorché le
parti abbiano trattato della nullità di questo. Negli altri casi in cui la
transazione è stata fatta relativamente a un titolo nullo, l'annullamento di
essa può chiedersi solo dalla parte che ignorava la causa di nullità del
titolo. Art. 1973 Annullabilità per falsità di documenti E' annullabile (1425 e
seguenti) la transazione fatta, in tutto o in parte, sulla base di documenti
che in seguito sono stati riconosciuti falsi. Art. 1974 Annullabilità per cosa
giudicata E' pure annullabile la transazione fatta su lite già decisa con
sentenza passata in giudicato (Cod. Proc. Civ. 324), della quale le parti o una
di esse non avevano notizia. Art. 1975 Annullabilità per scoperta di documenti
La transazione che le parti hanno conclusa generalmente sopra tutti gli affari
che potessero esservi tra loro non può impugnarsi per il fatto che
posteriormente una di esse venga a conoscenza di documenti che le erano ignoti
al tempo della transazione, salvo che questi siano stati occultati dall'altra
parte. La transazione è annullabile (1442), quando non riguarda che un affare determinato
e con documenti posteriormente scoperti si prova che una delle parti non aveva
alcun diritto. Art. 1976 Risoluzione della transazione per inadempimento La
risoluzione della transazione per inadempimento non può essere richiesta se il
rapporto preesistente e stato estinto per novazione (1230 e seguenti), salvo
che il diritto alla risoluzione sia stato espressamente stipulato (1453 e
seguenti). Capo XXVI Della cessione dei beni ai creditori Art. 1977 Nozione La
cessione dei beni ai creditori è il contratto col quale il debitore incarica i
suoi creditori o alcuni di essi di liquidare tutte o alcune sue attività e di
ripartire tra loro il ricavato in soddisfacimento dei loro crediti. Art. 1978
Forma La cessione dei beni si deve fare per iscritto, sotto pena di nullità
(1350, 2649, 2687). Se tra i beni ceduti esistono crediti, si osservano le
disposizioni degli artt. 1264 e 1265 (2725). Art. 1979 Poteri dei creditori
cessionari L'amministrazione dei beni ceduti spetta ai creditori cessionari.
Questi possono esercitare tutte le azioni di carattere patrimoniale relative ai
beni medesimi (att. 193). Art. 1980 Effetti della cessione Il debitore non può
disporre dei beni ceduti. I creditori anteriori alla cessione che non vi hanno
partecipato possono agire esecutivamente anche su tali beni. I creditori
cessionari, se la cessione ha avuto per oggetto solo alcune attività del
debitore, non possono agire esecutivamente sulle altre attività prima di aver
liquidato quelle cedute (att. 193). Art. 1981 Spese I creditori che hanno
concluso il contratto o vi hanno aderito (1332) devono anticipare le spese
necessarie per la liquidazione e hanno il diritto di prelevarne l'importo sul
ricavato di essa. Art. 1982 Riparto I creditori devono ripartire tra loro le
somme ricavate in proporzione dei rispettivi crediti, salve le cause di
prelazione (2741). Il residuo spetta al debitore (att. 193). Art. 1983
Controllo del debitore Il debitore ha diritto di controllare la gestione e di
averne il rendiconto alla fine della liquidazione, o alla fine di ogni anno se
la gestione dura più di un anno (Cod. Proc. Civ. 263-266; att. Cod. Proc. Civ.
109, 178, 193). Se è stato nominato un liquidatore, questi deve rendere il
conto anche al debitore. Art. 1984 Liberazione del debitore Se non vi è patto
contrario, il debitore e liberato verso i creditori solo dal giorno in cui essi
ricevono la parte loro spettante sul ricavato della liquidazione, e nei limiti
di quanto hanno ricevuto (att. 193). Art. 1985 Recesso dal contratto Il
debitore può recedere dal contratto offrendo il pagamento del capitale e degli
interessi a coloro con i quali ha contrattato o che hanno aderito alla cessione
(1332). Il recesso ha effetto dal giorno del pagamento. Il debitore è tenuto al
rimborso delle spese di gestione (att. 193). Art. 1986 Annullamento e
risoluzione del contratto La cessione può essere annullata (1425) se il
debitore, avendo dichiarato di cedere tutti i suoi beni, ha dissimulato parte
notevole di essi, ovvero se ha occultato passività o ha simulato passività
inesistenti. La cessione può essere risoluta per inadempimento secondo le
regole generali (1453 e seguenti). Codice Civile Libro Quarto Delle
obbligazioni Titolo IV Delle promesse unilaterali Art. 1987 Efficacia delle
promesse La promessa unilaterale di una prestazione non produce effetti
obbligatori fuori dei casi ammessi dalla legge (2821). Art. 1988 Promessa di
pagamento e ricognizione di debito La promessa di pagamento o la ricognizione
di un debito dispensa colui a favore del quale e fatta dall'onere di provare
(2697) il rapporto fondamentale. L'esistenza di questo si presume fino a prova
contraria. Art. 1989 Promessa al pubblico Colui che, rivolgendosi al pubblico,
promette una prestazione a favore di chi si trovi in una determinata situazione
o compia una determinata azione, è vincolato dalla promessa non appena questa e
resa pubblica. Se alla promessa non e apposto un termine, o questo non risulta
dalla natura o dallo scopo della medesima, il vincolo del promittente cessa,
qualora entro l'anno dalla promessa non gli sia stato comunicato l'avveramento
della situazione o il compimento dell'azione prevista nella promessa. Art. 1990
Revoca della promessa La promessa può essere revocata prima della scadenza del
termine indicato dall'articolo precedente solo per giusta causa, purché la
revoca sia resa pubblica nella stessa forma della promessa o in forma
equivalente. In nessun caso la revoca può avere effetto se la situazione
prevista nella promessa si è già verificata o se l'azione è già stata compiuta.
Art. 1991 Cooperazione di più persone Se l'azione e stata compiuta da più
persone separatamente, oppure se la situazione è comune a più persone, la
prestazione promessa, quando è unica, spetta a colui che per primo ne ha dato
notizia al promittente. Codice Civile Libro Quarto Delle obbligazioni Titolo V
Dei titoli di credito Capo I Disposizioni generali Art. 1992 Adempimento della
prestazione Il possessore di un titolo di credito ha diritto alla prestazione
in esso indicata verso presentazione del titolo, purché sia legittimato nelle
forme prescritte dalla legge. Il debitore, che senza dolo o colpa grave adempie
la prestazione nei confronti del possessore, è liberato anche se questi non e
il titolare del diritto. Art. 1993 Eccezioni opponibili Il debitore può opporre
al possessore del titolo soltanto le eccezioni a questo personali, le eccezioni
di forma, quelle che sono fondate sul contesto letterale del titolo, nonché
quelle che dipendono da falsità della propria firma, da difetto di capacità o
di rappresentanza al momento dell'emissione, o dalla mancanza delle condizioni
necessarie per l'esercizio dell'azione. Il debitore può opporre al possessore
del titolo le eccezioni fondate sui rapporti personali con i precedenti
possessori, soltanto se, nell'acquistare il titolo, il possessore ha agito
intenzionalmente a danno del debitore medesimo. Art. 1994 Effetti del possesso
di buona fede Chi ha acquistato in buona fede il possesso di un titolo di
credito (1147, 1153), in conformità delle norme che ne disciplinano la
circolazione, non è soggetto a rivendicazione (948). Art. 1995 Trasferimento
dei diritti accessori Il trasferimento del titolo di credito comprende anche i
diritti accessori che sono ad esso inerenti. Art. 1996 Titoli rappresentativi I
titoli rappresentativi di merci attribuiscono al possessore il diritto alla
consegna delle merci che sono in essi specificate, il possesso delle medesime e
il potere di disporne mediante trasferimento del titolo (1684, 1691, 1790 e
seguente; Cod. Nav. 463, 961). Art. 1997 Efficacia dei vincoli sul credito Il
pegno (2784 e seguenti), il sequestro, il pignoramento (Cod. Proc. Civ. 670 e
seguenti, 491 e seguenti) e ogni altro vincolo sul diritto menzionato in un
titolo di credito o sulle merci da esso rappresentate non hanno effetto se non
si attuano sul titolo. Art. 1998 Titoli con diritto a premi Nel caso di
usufrutto (978 e seguenti) di titoli di credito il godimento dell'usufruttuario
si estende ai premi e alle altre utilità aleatorie prodotte dal titolo (981).
Il premio è investito a norma dell'Art. 1000. Nel pegno di titoli di credito
(2784 e seguenti) Ia garanzia non si estende ai premi e alle altre utilità
aleatorie prodotte dal titolo. Art. 1999 Conversione dei titoli I titoli di
credito al portatore (2003) possono essere convertiti dall'emittente in titoli
nominativi (2021), su richiesta e a spese del possessore. Salvo il caso in cui
la convertibilità sia stata espressamente esclusa dall'emittente, i titoli
nominativi possono essere convertiti in titoli al portatore, su richiesta e a
spese dell'intestatario che dimostri la propria identità e la propria capacità
a norma del secondo comma dell'Art. 2022. Art. 2000 Riunione e frazionamento
dei titoli I titoli di credito emessi in serie possono essere riuniti in un
titolo multiplo, su richiesta e a spese del possessore. I titoli di credito
multipli possono essere frazionati in più titoli di taglio minore. Art. 2001
Rinvio a disposizioni speciali Le . norme di questo titolo si applicano in
quanto non sia diversamente disposto da altre norme di questo codice o di leggi
speciali. I titoli del debito pubblico, i biglietti di banca e gli altri titoli
equivalenti sono regolati da leggi speciali. Art. 2002 Documenti di
legittimazione e titoli impropri Le norme di questo titolo non si applicano ai
documenti che servono solo a identificare l'avente diritto alla prestazione, o
a consentire il trasferimento del diritto senza l'osservanza delle forme
proprie della cessione. Capo II Dei titoli al portatore Art. 2003 Trasferimento
del titolo e legittimazione del possessore Il trasferimento del titolo al
portatore si opera con la consegna del titolo (1994). Il possessore del titolo
al portatore e legittimato all'esercizio del diritto in esso menzionato in base
alla presentazione del titolo (1992). Art. 2004 Limitazione della libertà di
emissione Il titolo di credito contenente l'obbligazione di pagare una somma di
danaro non può essere emesso al portatore se non nei casi stabiliti dalla
legge. Art. 2005 Titolo deteriorato Il possessore di un titolo deteriorato che
non sia più idoneo alla circolazione, ma sia tuttora sicuramente
identificabile, ha diritto di ottenere dall'emittente un titolo equivalente,
verso la restituzione del primo e il rimborso delle spese. Art. 2006
Smarrimento e sottrazione del titolo Salvo disposizioni di leggi speciali, non
è ammesso l'ammortamento dei titoli al portatore smarriti o sottratti. Tuttavia
chi denunzia all'emittente lo smarrimento o la sottrazione d'un titolo al
portatore e gliene fornisce la prova ha diritto alla prestazione e agli
accessori della medesima, decorso il termine di prescrizione del titolo (2946).
Il debitore che esegue la prestazione a favore del possessore del titolo prima
del termine suddetto è liberato, salvo che si provi che egli conoscesse il
vizio del possesso del presentatore. Se i titoli smarriti o sottratti sono
azioni al portatore (2346 e seguenti), il denunziante può essere autorizzato
dal tribunale, previa cauzione (Cod. Proc. Civ. 119), se del caso, a esercitare
i diritti inerenti alle azioni anche prima del termine di prescrizione, fino a
quando i titoli non vengano presentati da altri. E salvo, in ogni caso,
l'eventuale diritto del denunziante verso il possessore del titolo. Art. 2007
Distruzione del titolo Il possessore del titolo al portatore, che ne provi la
distruzione, ha diritto di chiedere all'emittente il rilascio di un duplicato o
di un titolo equivalente. Le spese sono a carico del richiedente. Se la prova
della distruzione non è raggiunta, si osservano le disposizioni dell'articolo
precedente. Capo III Dei titoli all'ordine Art. 2008 Legittimazione del
possessore Il possessore di un titolo all'ordine e legittimato all'esercizio
del diritto in esso menzionato in base a una serie continua di girate (1992,
283). Art. 2009 Forma della girata La girata deve essere scritta sul titolo e
sottoscritta dal girante. E valida la girata anche se non contiene
l'indicazione del giratario. La girata al portatore vale come girata in bianco.
Art. 2010 Girata condizionale o parziale Qualsiasi condizione apposta alla
girata si ha come non scritta. E nulla la girata parziale. Art. 2011 Effetti
della girata La girata trasferisce tutti i diritti inerenti al titolo (1995).
Se il titolo è girato in bianco, il possessore può riempire la girata col proprio
nome o con quello di altra persona, ovvero può girare di nuovo il titolo o
trasmetterlo a un terzo senza riempire la girata o senza apporne una nuova.
Art. 2012 Obblighi del girante Salvo diversa disposizione di legge (1797) o
clausola contraria risultante dal titolo, il girante non e obbligato per
l'inadempimento della prestazione da parte dell'emittente. Art. 2013 Girata per
incasso o per procura Se alla girata e apposta una clausola che importa
conferimento di una procura per incasso, il giratario può esercitare tutti i
diritti inerenti al titolo, ma non può girare il titolo, fuorché per procura.
L'emittente può opporre al giratario per procura soltanto le eccezioni
opponibili al girante. L'efficacia della girata per procura non cessa per la
morte o per la sopravvenuta incapacità del girante. Art. 2014 Girata a titolo
di pegno Se alla girata e apposta una clausola che importa costituzione di
pegno, il giratario può esercitare tutti i diritti inerenti al titolo, ma la
girata da lui fatta vale solo come girata per procura. L'emittente non può
opporre al giratario in garanzia le eccezioni fondate sui propri rapporti
personali col girante, a meno che il giratario, ricevendo il titolo, abbia
agito intenzionalmente a danno dell'emittente. Art. 2015 Cessione del titolo
all'ordine L'acquisto di un titolo all'ordine con un mezzo diverso dalla girata
produce gli effetti della cessione (1260 e seguenti). Art. 2016 Procedura
d'ammortamento In caso di smarrimento, sottrazione o distruzione del titolo, il
possessore può farne denunzia al debitore e chiedere l'ammortamento del titolo
con ricorso al presidente del tribunale del luogo in cui il titolo è pagabile
(Cod. Proc. Civ. 125). Il ricorso (Cod. Proc. Civ.125) deve indicare i
requisiti essenziali del titolo e, se si tratta di titolo in bianco, quelli
sufficienti a identificarlo. Il presidente del tribunale, premessi gli
opportuni accertamenti sulla verità dei fatti e sul diritto del possessore,
pronunzia con decreto l'ammortamento e autorizza il pagamento del titolo dopo
trenta giorni dalla data di pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica, purché nel frattempo non sia fatta opposizione dal detentore.
Se alla data della pubblicazione il titolo non e ancora scaduto, il termine per
il pagamento decorre dalla data della scadenza. Il decreto deve essere
notificato (Cod. Proc. Civ. 137) al debitore e pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica a cura del ricorrente. Nonostante la denunzia, il
pagamento fatto al detentore prima della notificazione del decreto libera il
debitore. Art. 2017 Opposizione del detentore L'opposizione del detentore deve
essere proposta davanti al tribunale che ha pronunziato l'ammortamento, con
citazione da notificarsi (Cod. Proc. Civ. 163,137) al ricorrente e al debitore.
L'opposizione non e ammissibile senza il deposito del titolo presso la
cancelleria del tribunale. Se l'opposizione e respinta, il titolo è consegnato
a chi ha ottenuto l'ammortamento. Art. 2018 Diritti del ricorrente durante il
termine per l'opposizione Durante il termine stabilito dall'Art. 2016, il
ricorrente può compiere tutti gli atti che tendono a conservare i suoi diritti,
e, se il titolo e scaduto o pagabile a vista, può esigerne il pagamento
mediante cauzione (Cod. Proc. Civ. 119) o chiedere il deposito giudiziario
della somma. Art. 2019 Effetti dell'ammortamento Trascorso senza opposizione il
termine indicato dall'Art. 2016, il titolo non ha più efficacia, salve le
ragioni del detentore verso chi ha ottenuto l'ammortamento. Chi ha ottenuto
l'ammortamento, su presentazione del decreto e di un certificato del
cancelliere del tribunale comprovante che non fu interposta opposizione, può
esigere il pagamento o, qualora il titolo sia in bianco o non sia ancora
scaduto, può ottenere un duplicato. Art. 2020 Leggi speciali Le norme di questa
Sezione si applicano ai titoli all'ordine regolati da leggi speciali in quanto
queste non dispongano diversamente. Capo IV Dei titoli nominativi Art. 2021
Legittimazione del possessore Il possessore di un titolo nominativo è
legittimato all'esercizio del diritto in esso menzionato per effetto
dell'intestazione a suo favore contenuta nel titolo e nel registro
dell'emittente. Art. 2022 Trasferimento Il trasferimento del titolo nominativo
si opera mediante l'annotazione del nome dell'acquirente sul titolo e nel
registro dell'emittente o col rilascio di un nuovo titolo intestato al nuovo
titolare. Del rilascio deve essere fatta annotazione nel registro. Colui che
chiede l'intestazione del titolo a favore di un'altra persona, o il rilascio di
un nuovo titolo ad essa intestato, deve provare la propria identità e la
propria capacità di disporre, mediante certificazione di un notaio o di un
agente di cambio. Se l'intestazione o il rilascio è richiesto dall'acquirente, questi
deve esibire il titolo e dimostrare il suo diritto mediante atto autentico
(2703). Le annotazioni nel registro e sul titolo sono fatte a cura e sotto la
responsabilità dell'emittente. L'emittente che esegue il trasferimento nei modi
indicati dal presente articolo e esonerato da responsabilità, salvo il caso di
colpa. Art. 2023 Trasferimento mediante girata Salvo diverse disposizioni della
legge, il titolo nominativo può essere trasferito anche mediante girata (2009)
autenticata (2703) da un notaio o da un agente di cambio. La girata deve essere
datata e sottoscritta dal girante e contenere l'indicazione del giratario. Se
il titolo non e interamente liberato, e necessaria anche la sottoscrizione del
giratario. Il trasferimento mediante girata non ha efficacia nei confronti
dell'emittente fino a che non ne sia fatta annotazione nel registro. Il
giratario che si dimostra possessore del titolo in base a una serie continua di
girate ha diritto di ottenere l'annotazione del trasferimento nel registro
dell'emittente. Art. 2024 Vincoli sul credito Nessun vincolo sul credito
produce effetti nei confronti dell'emittente e dei terzi, se non risulta da una
corrispondente annotazione sul titolo e nel registro (1997). Per l'annotazione
si osserva il disposto del secondo comma dell'Art. 2022. Art. 2025 Usufrutto
Chi ha l'usufrutto (978 e seguenti) del credito menzionato in un titolo
nominativo ha diritto di ottenere un titolo separato da quello del
proprietario. Art. 2026 Pegno La costituzione in pegno (2784 e seguenti) di un
titolo nominativo può farsi anche mediante consegna del titolo, girato con la
clausola "in garanzia" o altra equivalente (2014). Il giratario in
garanzia non può trasmettere ad altri il titolo se non mediante girata per
procura (2013). Art. 2027 Ammortamento In caso di smarrimento, sottrazione o
distruzione del titolo, l'intestatario o il giratario di esso può farne
denunzia all'emittente e chiedere l'ammortamento del titolo in conformità delle
norme relative ai titoli all'ordine. In caso di smarrimento, sottrazione o
distruzione di azioni nominative, durante il termine stabilito dall’Art. 2016
il ricorrente può esercitare i diritti inerenti alle azioni, salva, se del
caso, la prestazione di una cauzione. L'ammortamento estingue il titolo, ma non
pregiudica le ragioni del detentore verso chi ha ottenuto il nuovo titolo
(2019). Titolo VI Della gestione di affari Art. 2028 Obbligo di continuare la
gestione Chi, senza esservi obbligato, assume scientemente la gestione di un
affare altrui, è tenuto a continuarla e a condurla a termine finché
l'interessato non sia in grado di provvedervi da se stesso. L'obbligo di
continuare la gestione sussiste anche se l'interessato muore prima che l'affare
sia terminato, finche l'erede possa provvedere direttamente. Art. 2029.
Capacità del gestore Il gestore deve avere la capacità di contrattare (1425).
Art. 2030 Obbligazioni del gestore Il gestore è soggetto alle stesse
obbligazioni che deriverebbero da un mandato (1703 e seguenti). Tuttavia il
giudice, in considerazione delle circostanze che hanno indotto il gestore ad
assumere la gestione, può moderare il risarcimento dei danni ai quali questi
sarebbe tenuto per effetto della sua colpa (1223 e seguenti). Art. 2031
Obblighi dell'interessato Qualora la gestione sia stata utilmente iniziata,
l'interessato deve adempiere le obbligazioni che il gestore ha assunte in nome
di lui, deve tenere indenne il gestore di quelle assunte dal medesimo in nome
proprio e rimborsargli tutte le spese necessarie o utili con gli interessi (1284)
dal giorno in cui le spese stesse sono state fatte. Questa disposizione non si
applica agli atti di gestione eseguiti contro il divieto dell'interessato,
eccetto che tale divieto sia contrario alla legge, all'ordine pubblico o al
buon costume. Art. 2032 Ratifica dell'interessato La ratifica (1339)
dell'interessato produce, relativamente alla gestione, gli effetti che
sarebbero derivati da un mandato (1703 e seguenti), anche se la gestione e
stata compiuta da persona che credeva di gestire un affare proprio. Titolo VII
Del pagamento dell’indebito Art. 2033 Indebito oggettivo Chi ha eseguito un
pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato. Ha inoltre
diritto ai frutti (820 e seguenti) e agli interessi (1284) dal giorno del
pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede, oppure, se questi era in
buona fede (1147), dal giorno della domanda (Cod. Proc. Civ. 163). Art. 2034
Obbligazioni naturali Non è ammessa la ripetizione di quanto e stato
spontaneamente prestato in esecuzione di doveri morali o sociali, salvo che la
prestazione sia stata eseguita da un incapace. I doveri indicati dal comma
precedente, e ogni altro per cui la legge non accorda azione ma esclude la
ripetizione di ciò che e stato spontaneamente pagato, non producono altri effetti
(627-2, 1933, 2331, 2940). Art. 2035 Prestazione contraria al buon costume Chi
ha eseguito una prestazione per uno scopo che, anche da parte sua, costituisca
offesa al buon costume non può ripetere quanto ha pagato. Art. 2036 Indebito
soggettivo Chi ha pagato un debito altrui, credendosi debitore in base a un
errore scusabile, può ripetere ciò che ha pagato, sempre che il creditore non
si sia privato in buona fede (1147) del titolo o delle garanzie del credito.
Chi ha ricevuto l'indebito è anche tenuto a restituire i frutti (820 e
seguenti) e gli interessi (1284) dal giorno del pagamento, se era in mala fede,
o dal giorno della domanda (Cod. Proc. Civ. 163), se era in buona fede (1147).
Quando la ripetizione non è ammessa, colui che ha pagato subentra nei diritti
del creditore (1203 e seguenti). Art. 2037 Restituzione di cosa determinata Chi
ha ricevuto indebitamente una cosa determinata è tenuto a restituirla. Se la
cosa è perita, anche per caso fortuito (1218, 1256), chi l'ha ricevuta in mala
fede è tenuto a corrisponderne il valore; se la cosa e soltanto deteriorata,
colui che l'ha data può chiedere l'equivalente, oppure la restituzione e
un'indennità per la diminuzione di valore. Chi ha ricevuto la cosa in buona
fede (1147) non risponde del perimento o del deterioramento di essa, ancorché
dipenda da fatto proprio, se non nei limiti del suo arricchimento. Art. 2038
Alienazione della cosa ricevuta indebitamente Chi, avendo ricevuto la cosa in
buona fede (1147), l'ha alienata prima di conoscere l'obbligo di restituirla e
tenuto a restituire il corrispettivo conseguito. Se questo è ancora dovuto,
colui che ha pagato l'indebito subentra nel diritto dell'alienante (1203 e
seguenti). Nel caso di alienazione a titolo gratuito, il terzo acquirente è
obbligato, nei limiti del suo arricchimento, verso colui che ha pagato
l'indebito. Chi ha alienato la cosa ricevuta in mala fede, o dopo aver
conosciuto l'obbligo di restituirla, è obbligato a restituirla in natura o a
corrisponderne il valore. Colui che ha pagato l'indebito può però esigere il
corrispettivo dell'alienazione e può anche agire direttamente per conseguirlo.
Se l'alienazione è stata fatta a titolo gratuito, l'acquirente, qualora
l'alienante sia stato inutilmente escusso e obbligato, nei limiti dell'arricchimento,
verso colui che ha pagato l'indebito. Art. 2039 Indebito ricevuto da un
incapace L'incapace che ha ricevuto l'indebito, anche in mala fede, non è
tenuto che nei limiti in cui ciò che ha ricevuto è stato rivolto a suo
vantaggio (1190, 1443). Art. 2040 Rimborso di spese e di miglioramenti Colui al
quale è restituita la cosa è tenuto a rimborsare il possessore delle spese e
dei miglioramenti, a norma degli artt. 1149, 1150, 1151 e 1152. Art. 2041
Azione generale di arricchimento Chi, senza una giusta causa, si è arricchito a
danno di un'altra persona è tenuto, nei limiti dell'arricchimento, a
indennizzare quest'ultima della correlativa diminuzione patrimoniale. Qualora
l'arricchimento abbia per oggetto una cosa determinata, colui che l'ha ricevuta
è tenuto a restituirla in natura, se sussiste al tempo della domanda. Art. 2042
Carattere sussidiario dell'azione L'azione di arricchimento non è proponibile
quando il danneggiato può esercitare un'altra azione per farsi indennizzare del
pregiudizio subìto (1185, 1188, 1190, 1443, 1502, 1769). Titolo IX Dei fatti
illeciti Art. 2043 Risarcimento per fatto illecito Qualunque fatto doloso o
colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso
il fatto a risarcire il danno (Cod. Pen. 185). Art. 2044 Legittima difesa Non è
responsabile chi cagiona il danno per legittima difesa di sé o di altri (Cod.
Pen. 52). Art. 2045 Stato di necessità Quando chi ha compiuto il fatto dannoso
vi è stato costretto dalla necessità di salvare se o altri dal pericolo attuale
di un danno grave alla persona (1447), e il pericolo non è stato da lui
volontariamente causato ne era altrimenti evitabile (Cod. Pen. 54), al
danneggiato è dovuta un'indennità, la cui misura e rimessa all'equo
apprezzamento del giudice (att. 194). Art. 2046 Imputabilità del fatto dannoso
Non risponde delle conseguenze dal fatto dannoso chi non aveva la capacità
d'intendere o di volere al momento in cui lo ha commesso (Cod. Pen. 85 e
seguenti), a meno che lo stato d'incapacità derivi da sua colpa. Art. 2047
Danno cagionato dall'incapace In caso di danno cagionato da persona incapace
d'intendere o di volere (Cod. Pen. 85 e seguenti), il risarcimento è dovuto da
chi e tenuto alla sorveglianza dell'incapace, salvo che provi di non aver
potuto impedire il fatto. Nel caso in cui il danneggiato non abbia potuto
ottenere il risarcimento da chi è tenuto alla sorveglianza, il giudice, in
considerazione delle condizioni economiche delle parti, può condannare l'autore
del danno a un'equa indennità. Art. 2048 Responsabilità dei genitori; dei
tutori, dei precettori e dei maestri d'arte Il padre e la madre, o il tutore,
sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non
emancipati (314 e seguenti, 301, 390 e seguenti) o delle persone soggette alla
tutela (343 e seguenti, 414 e seguenti), che abitano con essi. La stessa
disposizione si applica all'affiliante. I precettori e coloro che insegnano un
mestiere o un'arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei
loro allievi e apprendisti (2130 e seguenti) nel tempo in cui sono sotto la
loro vigilanza. Le persone indicate dai commi precedenti sono liberate dalla
responsabilità soltanto se provano di non avere potuto impedire il fatto. Art.
2049 Responsabilità dei padroni e dei committenti I padroni e i committenti
sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e
commessi nell'esercizio delle incombenze a cui sono adibiti. Art. 2050
Responsabilità per l'esercizio di attività pericolose Chiunque cagiona danno ad
altri nello svolgimento di un'attività pericolosa, per sua natura o per la
natura dei mezzi adoperati, e tenuto al risarcimento, se non prova di avere
adottato tutte le misure idonee a evitare il danno. Art. 2051 Danno cagionato
da cosa in custodia Ciascuno e responsabile del danno cagionato dalle cose che
ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito (1218,1256). Art. 2052 Danno
cagionato da animali Il proprietario di un animale o chi se ne serve per il
tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall'animale, sia
che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che
provi il caso fortuito (1218,1256; Cod. Pen. 672). Art. 2053 Rovina di edificio
Il proprietario di un edificio o di altra costruzione è responsabile dei danni
cagionati dalla loro rovina, salvo che provi che questa non e dovuta a difetto
di manutenzione o a vizio di costruzione (1669; Cod. Pen. 677). Art. 2054
Circolazione di veicoli Vedere anche Leggi Speciali su Assicurazioni Il conducente
di un veicolo senza guida di rotaie è obbligato a risarcire il danno prodotto a
persone o a cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto
tutto il possibile per evitare il danno. Nel caso di scontro tra veicoli si
presume, fino a prova contraria, che ciascuno dei conducenti abbia concorso
ugualmente a produrre il danno subito dai singoli veicoli. Il proprietario del
veicolo, o, in sua vece, l'usufruttuario (978 e seguenti) o l'acquirente con
patto di riservato dominio (1523 e seguenti), è responsabile in solido (1292)
col conducente, se non prova che la circolazione del veicolo è avvenuta contro
la sua volontà. In ogni caso le persone indicate dai commi precedenti sono
responsabili dei danni derivati da vizi di costruzione o da difetto di
manutenzione del veicolo. Art. 2055 Responsabilità solidale Se il fatto dannoso
è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido (1292) al
risarcimento del danno. Colui che ha risarcito il danno ha regresso contro
ciascuno degli altri, nella misura determinata dalla gravità della rispettiva
colpa e dall'entità delle conseguenze che ne sono derivate (1299). Nel dubbio,
le singole colpe si presumono uguali. Art. 2056 Valutazione dei danni Il
risarcimento dovuto al danneggiato si deve determinare secondo le disposizioni
degli artt. 1223,1226 e 1227. Il lucro cessante è valutato dal giudice con equo
apprezzamento delle circostanze del caso. Art. 2057 Danni permanenti Quando il
danno alle persone ha carattere permanente la liquidazione può essere fatta dal
giudice, tenuto conto delle condizioni delle parti e della natura del danno,
sotto forma di una rendita vitalizia (1872 e seguenti). In tal caso il giudice
dispone le opportune cautele (att. 194). Art. 2058 Risarcimento in forma
specifica Il danneggiato può chiedere la reintegrazione in forma specifica,
qualora sia in tutto o in parte possibile. Tuttavia il giudice può disporre che
il risarcimento avvenga solo per equivalente, se la reintegrazione in forma
specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore (att. 194). Art. 2059
Danni non patrimoniali Il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei
casi determinati dalla legge (Cod. Proc. Civ. 89; Cod. Pen. 185, 598). Codice
Civile Libro Quinto Del lavoro Titolo I Della disciplina delle attività
professionali Capo I Disposizioni generali Art. 2060 Del lavoro Il lavoro è
tutelato in tutte le sue forme organizzative ed esecutive, intellettuali,
tecniche e manuali (Cost. 35). Art. 2061 Ordinamento delle categorie
professionali L'ordinamento delle categorie professionali è stabilito dalle
leggi, dai regolamenti, dai provvedimenti dell'autorità governativa (e dagli
statuti delle associazioni professionali). Art. 2062 Esercizio professionale
delle attività economiche L'esercizio professionale delle attività economiche è
disciplinato dalle leggi, dai regolamenti (e dalle norme corporative). Capo II
Delle ordinanze corporative e degli accordi economici collettivi Capo da
considerarsi interamente abrogato Art. 2063-2066 (omissis) Capo III Del contratto
collettivo di lavoro e delle norme equiparate Art. 2067 Soggetti I contratti
collettivi di lavoro sono stipulati dalle associazioni professionali. Art. 2068
Rapporti di lavoro sottratti a contratto collettivo Non possono essere regolati
da contratto collettivo i rapporti di lavoro, in quanto siano disciplinati con
atti della pubblica autorità in conformità della legge. Sono altresì sottratti
alla disciplina del contratto collettivo i rapporti di lavoro concernenti
prestazioni di carattere personale o domestico (2240 e seguenti). [la corte
costituzionale (9 aprile 1969, n.68) ha giudicata illegittima la parte in cui
si fa riferimento a prestazioni di carattere domestico]. Art. 2069 Efficacia Il
contratto collettivo deve contenere l'indicazione della categoria di
imprenditori e di prestatori di lavoro, ovvero delle imprese o dell'impresa, a
cui si riferisce, e del territorio dove ha efficacia. In mancanza di tali
indicazioni il contratto collettivo e obbligatorio per tutti gli imprenditori e
i prestatori di lavoro rappresentati dalle associazioni stipulanti. Art. 2070
Criteri di applicazione L'appartenenza alla categoria professionale, ai fini
dell'applicazione del contratto collettivo, si determina secondo l'attività
effettivamente esercitata dall'imprenditore (2082). Se l'imprenditore esercita
distinte attività aventi carattere autonomo, si applicano ai rispettivi
rapporti di lavoro le norme dei contratti collettivi corrispondenti alle
singole attività. Quando il datore di lavoro esercita non professionalmente
un'attività organizzata, si applica il contratto collettivo che regola i
rapporti di lavoro relativi alle imprese che esercitano la stessa attività.
Art. 2071 Contenuto Il contratto collettivo deve contenere le disposizioni
occorrenti, secondo la natura del rapporto, per dare esecuzione alle norme di
questo codice concernenti la disciplina del lavoro, i diritti e gli obblighi
degli imprenditori e dei prestatori di lavoro. Deve inoltre indicare le
qualifiche e le rispettive mansioni dei prestatori di lavoro appartenenti alla
categoria a cui si riferisce la disciplina collettiva. Deve infine contenere la
determinazione della sua durata. Art. 2072-2076 (omissis) Art. 2077 Efficacia
del contratto collettivo sul contratto individuale I contratti individuali di
lavoro tra gli appartenenti alle categorie alle quali si riferisce il contratto
collettivo devono uniformarsi alle disposizioni di questo. Le clausole difformi
dei contratti individuali preesistenti o successivi al contratto collettivo,
sono sostituite di diritto da quelle del contratto collettivo, salvo che
contengano speciali condizioni più favorevoli ai prestatori di lavoro (1339).
Art. 2078 Efficacia degli usi In mancanza di disposizioni di legge e di
contratto collettivo si applicano gli usi. Tuttavia gli usi più favorevoli ai
prestatori di lavoro prevalgono sulle norme dispositive di legge. Gli usi non
prevalgono sui contratti individuali di lavoro. Art. 2079 Rapporti di
associazione agraria e di affitto a coltivatore diretto La disciplina del contratto
collettivo di lavoro si applica anche ai rapporti di associazione agraria
regolati dal capo II del titolo II (2141 e seguenti) ed a quelli di affitto a
coltivatore diretto del fondo (1647 e seguenti). Tuttavia in questi rapporti il
contratto collettivo non deve contenere norme relative al salario, all'orario
di lavoro, alle ferie, al periodo di prova, od altre che contrastino con la
natura dei rapporti medesimi. Art. 2080 Colonia parziaria e affitto con obbligo
di miglioria Nei contratti individuali di colonia parziaria e di affitto a
coltivatore diretto, con obbligo di miglioria, conservano efficacia le clausole
difformi dalle disposizioni del contratto collettivo stipulato durante lo
svolgimento del rapporto. Art. 2081 (omissis) Codice Civile Libro Quinto Del
lavoro Titolo II Del lavoro nell'impresa Capo I Dell'impresa in generale
Sezione I Dell'imprenditore Art. 2082 Imprenditore E' imprenditore chi esercita
professionalmente un'attività economica organizzata (2555, 2565) al fine della
produzione o dello scambio di beni o di servizi (2135, 2195). Art. 2083 Piccoli
imprenditori Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo (1647,
2139), gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano
un'attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e
dei componenti della famiglia (2202, 2214, 2221). Art. 2084 Condizioni per
l'esercizio dell'impresa La legge determina le categorie d'imprese il cui
esercizio è subordinato a concessione o autorizzazione amministrativa. Le altre
condizioni per l'esercizio delle diverse categorie di imprese sono stabilite
dalla legge (e dalle norme corporative). Art. 2085 Indirizzo della produzione
Il controllo sull'indirizzo della produzione e degli scambi in relazione
all'interesse unitario dell'economia nazionale è esercitato dallo Stato, nei
modi previsti dalla legge (e dalle norme corporative). Art. 2086 Direzione e
gerarchia nell'impresa L'imprenditore è il capo dell'impresa (Cost. 41) e da
lui dipendono gerarchicamente i suoi collaboratori. Art. 2087 Tutela delle
conduzioni di lavoro L'imprenditore e tenuto ad adottare nell'esercizio
dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e
la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale
dei prestatori di lavoro. Art. 2088-2092 (omissis) Art. 2093 Imprese esercitate
da enti pubblici Le disposizioni di questo libro si applicano agli enti
pubblici inquadrati nelle associazioni professionali. Agli enti pubblici non
inquadrati si applicano le disposizioni di questo libro, limitatamente alle
imprese da essi esercitate. Sono salve le diverse disposizioni della legge.
Sezione II Dei collaboratori dell'imprenditore Art. 2094 Prestatore di lavoro
subordinato E prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante
retribuzione a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro
intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore
(2239). Art. 2095 Categorie dei prestatori di lavoro I prestatori di lavoro
subordinato si distinguono in dirigenti, quadri, impiegati e operai (att. 95)
(Comma così sostituito dalla Legge 13 maggio 1985, n.390). Le leggi speciali (e
le norme corporative), in relazione a ciascun ramo di produzione e alla
particolare struttura dell'impresa, determinano i requisiti di appartenenza
alle indicate categorie. Sezione III Del rapporto di lavoro § 1 Della
costituzione del rapporto di lavoro Art. 2096 Assunzione in prova (Salvo
diversa disposizione delle norme corporative), l'assunzione del prestatore di
lavoro per un periodo di prova deve risultare da atto scritto. L'imprenditore e
il prestatore di lavoro sono rispettivamente tenuti a consentire e a fare
l'esperimento che forma oggetto del patto di prova. Durante il periodo di prova
ciascuna delle parti può recedere dal contratto, senza obbligo di preavviso o
d'indennità. Se però la prova è stabilita per un tempo minimo necessario, la
facoltà di recesso non può esercitarsi prima della scadenza del termine.
Compiuto il periodo di prova, l'assunzione diviene definitiva e il servizio
prestato si computa nell'anzianità del prestatore di lavoro. Art. 2097 Durata
del contratto di lavoro Abrogato dall'art. 9, Legge 18 aprile 1962, n. 230.
Art. 2098 Violazione delle norme sul collocamento dei prestatori di lavoro Il
contratto di lavoro stipulato senza l'osservanza delle disposizioni concernenti
la disciplina della domanda e dell'offerta di lavoro può essere annullato,
salva l'applicazione delle sanzioni penali (2126). La domanda di annullamento è
proposta dal pubblico ministero, su denunzia dell'ufficio di collocamento entro
un anno dalla data dell'assunzione del prestatore di lavoro (2126, 2964 e
seguenti). § 2 Dei diritti e degli obblighi delle parti Art. 2099 Retribuzione
La retribuzione del prestatore di lavoro può essere stabilita a tempo o a
cottimo e deve essere corrisposta nella misura determinata (dalle norme
corporative), con le modalità e nei termini in uso nel luogo in cui il lavoro
viene eseguito. In mancanza (di norme corporative o) di accordo tra le parti,
la retribuzione e determinata dal giudice, tenuto conto, ove occorra, del
parere delle associazioni professionali. Il prestatore di lavoro può anche
essere retribuito in tutto o in parte con partecipazione agli utili o ai
prodotti con provvigione o con prestazioni in natura (Cod. Proc. Civ. 409).
Art. 2100 Obbligatorietà del cottimo Il prestatore di lavoro deve essere
retribuito secondo il sistema del cottimo quando, in conseguenza
dell'organizzazione del lavoro, è vincolato all'osservanza di un determinato
ritmo produttivo, o quando la valutazione della sua prestazione è fatta in base
al risultato delle misurazioni dei tempi di lavorazione. (Le norme corporative
determinano i rami di produzione e i casi in cui si verificano le condizioni
previste nel comma precedente e stabiliscono i criteri per la formazione delle
tariffe). Art. 2101 Tariffe di cottimo (Le norme corporative possono stabilire
che le tariffe di cottimo non divengano definitive se non dopo un periodo di
esperimento). Le tariffe possono essere sostituite o modificate soltanto se
intervengono mutamenti nelle condizioni di esecuzione del lavoro, e in ragione
degli stessi. (In questo caso la sostituzione o la variazione della tariffa non
diviene definitiva se non dopo il periodo di esperimento stabilito dalle norme
corporative). L'imprenditore deve comunicare preventivamente ai prestatori di
lavoro i dati riguardanti gli elementi costitutivi della tariffa di cottimo, le
lavorazioni da eseguirsi e il relativo compenso unitario. Deve altresì
comunicare i dati relativi alla quantità di lavoro eseguita e al tempo
impiegato. Art. 2102 Partecipazione agli utili Se (le norme corporative o) la
convenzione non dispongono diversamente, la partecipazione agli utili spettante
al prestatore di lavoro(2554) e determinata in base agli utili netti
dell'impresa, e, per le imprese soggette alla pubblicazione del bilancio (2423,
2435, 2464, 2491, 2516), in base agli utili netti risultanti dal bilancio
regolarmente approvato e pubblicato (2433 e seguenti). Art. 2103 Mansioni del
lavoratore Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le
quali è stato assunto (att. 96) o a quelle corrispondenti alla categoria
superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti
alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione.
Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al
trattamento corrispondente all'attività svolta, e l'assegnazione stessa diviene
definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione di
lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo
fissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre mesi. Egli non
può essere trasferito da una unità produttiva ad un'altra se non per comprovate
ragioni tecniche, organizzative e produttive. Ogni patto contrario è nullo.
Art. 2104 Diligenza del prestatore di lavoro Il prestatore di lavoro deve usare
la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta, dall'interesse dell'impresa
e da quello superiore della produzione nazionale (1176). Deve inoltre osservare
le disposizioni per l'esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite
dall'imprenditore e dai collaboratori di questo dai quali gerarchicamente
dipende. Art. 2105 Obbligo di fedeltà Il prestatore di lavoro non deve trattare
affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l'imprenditore, né
divulgare notizie attinenti all'organizzazione e ai metodi di produzione
dell'impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio. Art.
2106 Sanzioni disciplinari L'inosservanza delle disposizioni contenute nei due
articoli precedenti può dar luogo all'applicazione di sanzioni disciplinari,
secondo la gravità dell'infrazione (e in conformità delle norme corporative)
(att. 97). Art. 2107 Orario di lavoro La durata giornaliera e settimanale della
prestazione di lavoro non può superare i limiti stabiliti dalle leggi speciali
(o dalle norme corporative). Art. 2108 Lavoro straordinario e notturno In caso
di prolungamento dell'orario normale, il prestatore di lavoro deve essere
compensato per le ore straordinarie con un aumento di retribuzione rispetto a
quella dovuta per il lavoro ordinario. Il lavoro notturno non compreso in
regolari turni periodici deve essere parimenti retribuito con maggiorazione
rispetto al lavoro diurno. I limiti entro i quali sono consentiti il lavoro
straordinario e quello notturno, la durata di essi e la misura della
maggiorazione sono stabiliti dalla legge (o dalle norme corporative). Art. 2109
Periodo di riposo Il prestatore di lavoro ha diritto ad un giorno di riposo
ogni settimana, di regola in coincidenza con la domenica. Ha anche diritto dopo
un anno d'ininterrotto servizio (lllegittimo, Corte costituz. 10 maggio 1963,
n. 66) ad un periodo annuale di ferie retribuito, possibilmente continuativo,
nel tempo che l'imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze
dell'impresa e degli interessi del prestatore di lavoro. La durata di tale
periodo è stabilita dalla legge, (dalle norme corporative) dagli usi o secondo
equità (att. 98). L'imprenditore deve preventivamente comunicare al prestatore
di lavoro il periodo stabilito per il godimento delle ferie. Non può essere
computato nelle ferie il periodo di preavviso indicato nell'art. 2118 Art. 2110
Infortunio, malattia, gravidanza, puerperio In caso d'infortunio, di malattia,
di gravidanza o di puerperio, se la legge (o le norme corporative) non
stabiliscono forme equivalenti di previdenza o di assistenza, è dovuta al
prestatore di lavoro la retribuzione o un'indennità nella misura e per il tempo
determinati dalle leggi speciali, (dalle norme corporative) dagli usi o secondo
equità (att. 98). Nei casi indicati nel comma precedente, l'imprenditore ha
diritto di recedere dal contratto a norma dell'art. 2118, decorso il periodo
stabilito dalla legge (dalle norme corporative), dagli usi o secondo equità. Il
periodo di assenza dal lavoro per una delle cause anzidette deve essere
computato nell'anzianità di servizio. Art. 2111 Servizio militare (La chiamata
alle armi per adempiere gli obblighi di leva risolve ("sospende",
secondo l’art. 1 del D. lgs.C.P.S. 13 settembre 1946, n. 303) il contratto di
lavoro salvo diverse disposizioni delle norme corporative). In caso di richiamo
alle armi, si applicano le disposizioni del primo e del terzo comma
dell'articolo precedente. Art. 2112 Trasferimento dell'azienda I primi tre
commi sono stati così sostituiti dall’ art.47 della Legge 29 dicembre 1990,
n.428. In caso di trasferimento d'azienda, il rapporto di lavoro continua con
l'acquirente ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.
L'alienante e l'acquirente sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che
il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le procedure di cui agli
artt. 410 e 411 Cod. Proc. Civ. il lavoratore può consentire la liberazione
dell'alienante dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro.
L'acquirente e tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi,
previsti dai contratti collettivi anche aziendali vigenti alla data del
trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri
contratti collettivi applicabili all'impresa dell'acquirente. Le disposizioni
di quest'articolo si applicano anche in caso di usufrutto o di affitto della
azienda (2561 e seguente). Art. 2113 Rinunzie e transazioni Così sostituito
dall’art.6 della Legge 11 agosto 1973, n. 533 Le rinunzie e le transazioni
(1966), che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da
disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi
concernenti i rapporti di cui all'art. 409 Cod. Proc. Civ., non sono valide.
L'impugnazione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla
data di cessazione del rapporto o dalla data della rinunzia o della
transazione, se queste sono intervenute dopo la cessazione medesima. Le
rinunzie e le transazioni di cui ai commi precedenti possono essere impugnate
con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, del lavoratore idoneo a
renderne nota la volontà. Le disposizioni del presente articolo non si
applicano alla conciliazione intervenuta ai sensi degli artt. 185, 410 e 411
Cod. Proc. Civ. § 3 Della previdenza e dell'assistenza Art. 2114 Previdenza ed
assistenza obbligatorie Le leggi speciali (e le norme corporative) determinano
i casi e le forme di previdenza e di assistenza obbligatorie e le contribuzioni
e prestazioni relative (1886). Art. 2115 Contribuzioni Salvo diverse
disposizioni della legge (o delle norme corporative) l'imprenditore e il
prestatore di lavoro contribuiscono in patti eguali alle istituzioni di
previdenza e di assistenza. L'imprenditore è responsabile (2753) del versamento
del contributo, anche per la parte che è a carico del prestatore di lavoro,
salvo il diritto di rivalsa secondo le leggi speciali (2754). E' nullo
qualsiasi patto diretto ad eludere gli obblighi relativi alla previdenza o
all'assistenza (1419). Art. 2116 Prestazioni Le prestazioni indicate nell'art.
2114 sono dovute al prestatore di lavoro, anche quando l'imprenditore non ha
versato regolarmente i contributi dovuti alle istituzioni di previdenza e di
assistenza, salvo diverse disposizioni delle leggi speciali (o delle norme
corporative). Nei casi in cui, secondo tali disposizioni, le istituzioni di
previdenza e di assistenza, per mancata o irregolare contribuzione, non sono
tenute a corrispondere in tutto o in parte le prestazioni dovute,
l'imprenditore è responsabile del danno che ne deriva al prestatore di lavoro.
Art. 2117 Fondi speciali per la previdenza e l'assistenza I fondi speciali per
la previdenza e l'assistenza che l'imprenditore abbia costituiti, anche senza
contribuzione dei prestatori di lavoro, non possono essere distratti dal fine
al quale sono destinati e non possono formare oggetto di esecuzione da parte
dei creditori dell'imprenditore o del prestatore di lavoro (2751). § 4
Dell'estinzione del rapporto di lavoro Art. 2118 Recesso dal contratto a tempo
indeterminato Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a
tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti (dalle
norme corporative), dagli usi o secondo equità (att. 98). In mancanza di
preavviso, il recedente è tenuto verso l'altra parte a un'indennità equivalente
all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di
preavviso. La stessa indennità è dovuta dal datore di lavoro nel caso di
cessazione del rapporto per morte del prestatore di lavoro. Art. 2119 Recesso
per giusta causa Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto prima della
scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso,
se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non
consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Se il contratto è a
tempo indeterminato, al prestatore di lavoro che recede per giusta causa
compete l'indennità indicata nel secondo comma dell'articolo precedente. Non
costituisce giusta causa di risoluzione del contratto il fallimento
dell'imprenditore o la liquidazione coatta amministrativa dell'azienda. Art.
2120 Disciplina del trattamento di fine rapporto In ogni caso di cessazione del
rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto ad un
trattamento di fine rapporto. Tale trattamento si calcola sommando per ciascun
anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all'importo della
retribuzione dovuta per l'anno stesso divisa per 13,5. La quota è
proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno, computandosi come mese
intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni. Salvo diversa
previsione dei contratti collettivi la retribuzione annua, ai fini del comma
precedente, comprende tutte le somme, compreso l'equivalente delle prestazioni
in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale
e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese. In caso di
sospensione della prestazione di lavoro nel corso dell'anno per una delle cause
di cui all'art. 2110, nonché in caso di sospensione totale o parziale per la
quale sia prevista l'integrazione salariale, deve essere computato nella
retribuzione di cui al primo comma l'equivalente della retribuzione a cui il
lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto di
lavoro. Il trattamento di cui al precedente primo comma, con esclusione della
quota maturata nell'anno, e incrementato, su base composta, al 31 dicembre di
ogni anno, con l'applicazione di un tasso costituito dall'1,5 per cento in
misura fissa e dal 75 per cento dell'aumento dell'indice dei prezzi al consumo
per le famiglie di operai ed impiegati, accertato dall'ISTAT, rispetto al mese
di dicembre dell'anno precedente. Ai fini della applicazione del tasso di
rivalutazione di cui al comma precedente per frazioni di anno, l'incremento
dell'indice ISTAT e quello risultante nel mese di cessazione del rapporto di
lavoro rispetto a quello di dicembre dell'anno precedente. Le frazioni di mese
uguali o superiori a quindici giorni si computano come mese intero. Il
prestatore di lavoro, con almeno otto anni di servizio presso lo stesso datore
di lavoro, può chiedere, in costanza di rapporto di lavoro, una anticipazione
non superiore al 70 per cento sul trattamento cui avrebbe diritto nel caso di
cessazione del rapporto alla data della richiesta. Le richieste sono
soddisfatte annualmente entro i limiti del 10 per cento degli aventi titolo, di
cui al precedente comma, e comunque del 4 per cento del numero totale dei
dipendenti. La richiesta deve essere giustificata dalla necessità di: eventuali
spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle
competenti strutture pubbliche; acquisto della prima casa di abitazione per sé
o per i figli, documentato con atto notarile. L'anticipazione può essere
ottenuta una sola volta nel corso del rapporto di lavoro e viene detratta, a
tutti gli effetti dal trattamento di fine rapporto. Nell'ipotesi di cui
all'art. 2122 la stessa anticipazione è detratta dall'indennità prevista dalla
norma medesima. Condizioni di miglior favore possono essere previste dai
contratti collettivi o da patti individuali. I contratti collettivi possono
altresì stabilire criteri di priorità per l'accoglimento delle richieste di
anticipazione. Art. 2121 Computo dell'indennità di mancato preavviso Così
sostituito dalla Legge 29 maggio 1982, n. 297. L'indennità di cui all'art. 2118
deve calcolarsi computando le provvigioni, i premi di produzione, le
partecipazioni agli utili o ai prodotti ed ogni altro compenso di carattere
continuativo, con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso
spese. Se il prestatore di lavoro è retribuito in tutto o in parte con
provvigioni, con premi di produzione o con partecipazioni, l'indennità suddetta
e determinata sulla media degli emolumenti degli ultimi tre anni di servizio o
del minor tempo di servizio prestato. Fa parte della retribuzione anche
l'equivalente del vitto e dell'alloggio dovuto al prestatore di lavoro. Art.
2122 Indennità in caso di morte In caso di morte del prestatore di lavoro, le
indennità indicate dagli artt. 2118 e 2120 devono corrispondersi al coniuge, ai
figli e, se vivevano a carico del prestatore di lavoro, ai parenti entro il
terzo grado e agli affini entro il secondo grado (73, 78). La ripartizione
delle indennità, se non vi è accordo tra gli aventi diritto, deve farsi secondo
il bisogno di ciascuno. In mancanza delle persone indicate nel primo comma, le
indennità sono attribuite secondo le norme della successione legittima (565 e
seguenti). E nullo (1421 e seguenti) ogni patto anteriore alla morte del prestatore
di lavoro circa l'attribuzione e la ripartizione delle indennità (458). Art.
2123 Forme di previdenza Salvo patto contrario, l'imprenditore che ha compiuto
volontariamente atti di previdenza può dedurre dalle somme da lui dovute a
norma degli artt. 2110, 2111 e 2120 quanto il prestatore di lavoro ha diritto
di percepire per effetto degli atti medesimi. Se esistono fondi di previdenza
formati con il contributo dei prestatori di lavoro, questi hanno diritto alla
liquidazione della propria quota, qualunque sia la causa della cessazione del
contratto. Art. 2124 Certificato di lavoro Se non è obbligatorio il libretto di
lavoro, all'atto della cessazione del contratto, qualunque ne sia la causa,
l'imprenditore deve rilasciare un certificato con l'indicazione del tempo
durante il quale il prestatore di lavoro è stato occupato alle sue dipendenze e
delle mansioni esercitate. Art. 2125 Patto di non concorrenza Il patto con il
quale si limita lo svolgimento dell'attività del prestatore di lavoro, per il
tempo successivo alla cessazione del contratto, è nullo se non risulta da atto
scritto (2725), se non è pattuito un corrispettivo a favore del prestatore di
lavoro e se il vincolo non è contenuto entro determinati limiti di oggetto, di
tempo e di luogo. La durata del vincolo non può essere superiore a cinque anni,
se si tratta di dirigenti, e a tre anni negli altri casi. Se è pattuita una
durata maggiore, essa si riduce nella misura suindicata (2557, 2596; att. 198).
§ 5 Disposizioni finali Art. 2126 Prestazione di fatto con violazione di legge
La nullità o l'annullamento del contratto di lavoro non produce effetto per il
periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, salvo che la nullità derivi
dall'illiceità dell'oggetto o della causa (1343 e seguenti). Se il lavoro è
stato prestato con violazione di norme poste a tutela del prestatore di lavoro,
questi ha in ogni caso diritto alla retribuzione. Art. 2127 Divieto
d'interposizione nel lavoro a cottimo E’ vietato all'imprenditore di affidare a
propri dipendenti lavori a cottimo da eseguirsi da prestatori di lavoro assunti
e retribuiti direttamente dai dipendenti medesimi. In caso di violazione di
tale divieto, l'imprenditore risponde direttamente, nei confronti dei
prestatori di lavoro assunti dal proprio dipendente, degli obblighi derivanti
dai contratti di lavoro da essi stipulati. Art. 2128 Lavoro a domicilio Ai
prestatori di lavoro a domicilio si applicano le disposizioni di questa
sezione, in quanto compatibili con la specialità del rapporto. Art. 2129
Contratto di lavoro per i dipendenti da enti pubblici Le disposizioni di questa
sezione si applicano ai prestatori di lavoro dipendenti da enti pubblici, salvo
che il rapporto sia diversamente regolato dalla legge (att. 982). Sezione IV
Del tirocinio Art. 2130 Durata del tirocinio Il periodo di tirocinio non può
superare i limiti stabiliti (dalle norme corporative o) dagli usi. Art. 2131
Retribuzione La retribuzione dell'apprendista non può assumere la forma del
salario a cottimo. Art. 2132 Istruzione professionale L'imprenditore deve
permettere che l'apprendista frequenti i corsi per la formazione professionale
e deve destinarlo soltanto ai lavori attinenti alla specialità professionale a
cui si riferisce il tirocinio. Art. 2133 Attestato di tirocinio Alla cessazione
del tirocinio, l'apprendista, per il quale non è obbligatorio il libretto di
lavoro, ha diritto di ottenere un attestato del tirocinio compiuto. Art. 2134
Norme applicabili al tirocinio Al tirocinio si applicano le disposizioni della
sezione precedente, in quanto siano compatibili con la specialità del rapporto
e non siano derogate da disposizioni delle leggi speciali (o da norme
corporative). Capo II Dell'impresa agricola Vedere anche Legge 3 maggio 1982,
n. 203, riportata tra le Leggi Speciali. Sezione I Disposizioni generali Art.
2135 Imprenditore agricolo E imprenditore agricolo chi esercita un'attività
diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all'allevamento del
bestiame e attività connesse. Si reputano connesse le attività dirette alla trasformazione
o all'alienazione dei prodotti agricoli, quando rientrano nell'esercizio
normale dell'agricoltura. Art. 2136 Inapplicabilità delle norme sulla
registrazione Le norme relative all'iscrizione nel registro delle imprese (2188
e seguenti) non si applicano agli imprenditori agricoli, salvo quanto e
disposto dall'art. 2200. Art. 2137 Responsabilità dell'imprenditore agricolo
L'imprenditore, anche se esercita l'impresa su fondo altrui, è soggetto agli
obblighi stabiliti dalla legge (e dalle norme corporative) concernenti
l'esercizio dell'agricoltura. Art. 2138 Dirigenti e fattori di campagna I
poteri dei dirigenti preposti all'esercizio dell'impresa agricola e quelli dei
fattori di campagna, se non sono determinati per iscritto dal preponente, sono
regolati (dalle norme corporative e, in mancanza), dagli usi. Art. 2139 Scambio
di mano d'opera o di servizi Tra piccoli imprenditori agricoli è ammesso lo
scambio di mano d'opera o di servizi secondo gli usi. Art. 2140 (abrogato)
Sezione II Della mezzadria Art. 2141 Nozione Nella mezzadria il concedente ed
il mezzadro, in proprio e quale capo di una famiglia colonica, si associano per
la coltivazione di un podere e per l'esercizio delle attività connesse al fine
di dividerne a metà i prodotti e gli utili. E’ valido tuttavia il patto con il
quale taluni prodotti si dividono in proporzioni diverse. Art. 2142 Famiglia
colonica Articolo tacitamente abrogato dall'art. 7, Legge 756 del 15 settembre.
La composizione della famiglia colonica non può volontariamente essere
modificata senza il consenso del concedente, salvi i casi di matrimonio, di
adozione e di riconoscimento di figli naturali. La composizione e le variazioni
della famiglia colonica devono risultare dal libretto colonico. Art. 2143
Mezzadria a tempo indeterminato La mezzadria a tempo indeterminato s'intende
convenuta per la durata di un anno agrario (salvo diverse disposizioni delle
norme corporative) e si rinnova tacitamente di anno in anno, se non è stata
comunicata disdetta almeno sei (2964) mesi prima della scadenza nei modi
fissati (dalle norme corporative), dalla convenzione o dagli usi. Art. 2144
Mezzadria a tempo determinato La mezzadria a tempo determinato non cessa di
diritto alla scadenza del termine. Se non e comunicata disdetta a norma dell'articolo
precedente, il contratto s'intende rinnovato di anno in anno. Art. 2145 Diritti
ed obblighi del concedente Il concedente conferisce il godimento del podere,
dotato di quanto occorre per l'esercizio dell'impresa e di un'adeguata casa per
la famiglia colonica (2765). La direzione dell'impresa spetta al concedente, il
quale deve osservare le norme della buona tecnica agraria. (comma tacitamente
abrogato dall’art. 6, Legge 756 del 15 settembre). Art. 2146 Conferimento delle
scorie Le scorte vive e morte sono conferite dal concedente e dal mezzadro in
parti uguali, salvo diversa disposizione (delle norme corporative,) della
convenzione o degli usi. Le scorte conferite divengono comuni in proporzione
dei rispettivi conferimenti. Art. 2147 Obblighi del mezzadro Il mezzadro è
obbligato a prestare, secondo le direttive del concedente e le necessità della
coltivazione, il lavoro proprio e quello della famiglia colonica. E a carico
del mezzadro, salvo diverse disposizioni (delle norme corporative), della
convenzione o degli usi, la spesa della mano d'opera eventualmente necessaria
per la normale coltivazione del podere. Art. 2148 Obblighi di residenza e di
custodia Il mezzadro ha l'obbligo di risiedere stabilmente nel podere con la
famiglia colonica. Egli deve custodire il podere e mantenerlo in normale stato
di produttività. Egli deve altresì custodire e conservare le altre cose
affidategli dal concedente, con la diligenza del buon padre di famiglia (1176),
e non può senza il consenso del concedente o salvo uso contrario, svolgere
attività a suo esclusivo profitto o compiere prestazioni a favore di terzi.
Art. 2149 Divieto di subconcessione Il mezzadro non può cedere la mezzadria, né
affidare ad altri la coltivazione del podere, senza il consenso del concedente.
Art. 2150 Rappresentanza della famiglia colonica Nei rapporti relativi alla
mezzadria il mezzadro rappresenta, nei confronti del concedente, i componenti
della famiglia colonica (Comma tacitamente abrogato). Le obbligazioni contratte
dal mezzadro nell'esercizio della mezzadria sono garantite dai suoi beni e da
quelli comuni della famiglia colonica. I componenti della famiglia colonica non
rispondono con i loro beni, se non hanno prestato espressa garanzia. Art. 2151
Spese per la coltivazione Articolo tacitamente abrogato Le spese per la
coltivazione del podere e per l'esercizio delle attività connesse (2135),
escluse quelle per la mano d'opera previste dall'art. 2147, sono a carico del
concedente e del mezzadro (2765) in parti eguali. Se il mezzadro e sfornito di
mezzi propri, il concedente deve anticipare senza interesse, sino alla scadenza
dell'anno agrario in corso, le spese indicate nel precedente comma. Art. 2152
Miglioramenti Il concedente che intende compiere miglioramenti sul podere deve
valersi del lavoro dei componenti della famiglia colonica che siano forniti
della necessaria capacità lavorativa, e questi sono tenuti a prestarlo verso
compenso. La misura del compenso, se non è stabilita (dalle norme corporative,)
dalla convenzione o dagli usi, e determinata dal giudice, (sentite, ove
occorra, le associazioni professionali) e tenuto conto dell'eventuale
incremento di reddito realizzato dal mezzadro. Art. 2153 Riparazioni di piccola
manutenzione Salvo diverse disposizioni (delle norme corporative,) della convenzione
o degli usi, sono a carico del mezzadro le riparazioni di piccola manutenzione
della casa colonica e degli strumenti di lavoro, di cui egli e la famiglia
colonica si servono (2765). Art. 2154 Anticipazioni di carattere alimentare
alla famiglia colonica Se la quota dei prodotti spettante al mezzadro; per
scarsezza del raccolto a lui non imputabile, non è sufficiente ai bisogni
alimentari della famiglia colonica, e questa non e in grado di provvedervi, il
concedente deve somministrate senza interesse il necessario per il mantenimento
della famiglia colonica, (salvo rivalsa mediante prelevamento sulla parte dei
prodotti e degli utili spettanti al mezzadro) (2765). Il giudice, con riguardo
alle circostanze, può disporre il rimborso rateale. Art. 2155 Raccolta e
divisione dei prodotti Il mezzadro non può iniziare le operazioni di raccolta
senza il consenso del concedente ed è obbligato a custodire i prodotti sino
alla divisione. I prodotti sono divisi in natura sul fondo con l'intervento
delle parti. (Salvo diverse disposizioni (delle norme corporative,) della
convenzione o degli usi, il mezzadro deve trasportare ai magazzini del
concedente la quota a questo assegnata nella divisione). Art. 2156 Vendita dei
prodotti Articolo tacitamente abrogato (La vendita dei prodotti, che in
conformità degli usi non si dividono in natura, è fatta dal concedente previo
accordo col mezzadro e, in mancanza, sulla base del prezzo di mercato. La
divisione si effettua sul ricavato della vendita, dedotte le spese. Art. 2157 Diritto
di preferenza del concedente Articolo tacitamente abrogato (Il mezzadro, nella
vendita dei prodotti assegnatigli in natura, deve, a parità di condizioni,
preferire il concedente). Art. 2158 Morte di una delle parti La mezzadria non
si scioglie per la morte del concedente. In caso di morte del mezzadro la
mezzadria si scioglie alla fine dell'anno agrario in corso, salvo che tra gli
eredi del mezzadro vi sia persona idonea a sostituirlo ed i componenti della
famiglia colonica si accordino nel designarla. Se la morte del mezzadro è
avvenuta negli ultimi quattro mesi dell'anno agrario, i componenti della
famiglia colonica possono chiedere che la mezzadria continui sino alla fine
dell'anno successivo, purché assicurino la buona coltivazione del podere. La richiesta
deve essere fatta entro due mesi (2964) dalla morte del mezzadro, o, se ciò non
è possibile, prima dell'inizio del nuovo anno agrario. In tutti i casi, se il
podere non è coltivato con la dovuta diligenza (2147), il concedente può fare
eseguire a sue spese i lavori necessari, (salvo rivalsa mediante prelevamento
sui prodotti e sugli utili). Art. 2159 Scioglimento del contratto Salve le
norme generali sulla risoluzione dei contratti per inadempimento (1453 e
seguenti), ciascuna delle parti può chiedere lo scioglimento del contratto
quando si verificano fatti tali da non consentire la prosecuzione del rapporto.
Art. 2160 Trasferimento del diritto di godimento del fondo Se viene trasferito
il diritto di godimento del fondo, la mezzadria continua nei confronti di chi
subentra al concedente, salvo che il mezzadro, entro un mese dalla notizia del
trasferimento, dichiari di recedere dal contratto. In tal caso il recesso ha
effetto alla fine dell'anno agrario in corso o di quello successivo, se non è
comunicato al meno tre mesi prima della fine dell'anno agrario in corso. I
crediti e i debiti del concedente verso il mezzadro risultanti dal libretto
colonico passano a chi subentra nel godimento del fondo, salva per i debiti la
responsabilità sussidiaria dell'originario concedente. Art. 2161 Libretto
colonico Il concedente deve istituire un libretto colonico da tenersi in due
esemplari, uno per ciascuna delle parti. Il concedente deve annotare di volta
in volta su entrambi gli esemplari i crediti e i debiti delle parti relativi
alla mezzadria, con indicazione della data e del fatto che li ha determinati.
Le annotazioni devono, alla fine dell'anno agrario, essere sottoscritte per
accettazione dal concedente e dal mezzadro. Il mezzadro deve presentare il
libretto colonico al concedente per le annotazioni e per i saldi annuali. Art.
2162 Efficacia probatoria del libretto colonico Le annotazioni eseguite sui due
esemplari del libretto colonico fanno prova a favore e contro ciascuno dei
contraenti, se il mezzadro non ha reclamato entro novanta giorni dalla consegna
del libretto fattagli dal concedente. Se una delle parti non presenta il
proprio libretto, fa fede quello presentato. In ogni caso le annotazioni delle
partite fanno prova contro chi le ha scritte. Con la sottoscrizione delle parti
alla chiusura annuale del conto colonico, questo s'intende approvato. Le
risultanze del conto possono essere impugnate soltanto per errori materiali,
omissioni, falsità e duplicazioni di partite entro novanta giorni dalla consegna
del libretto al mezzadro. Art. 2163 Assegnazione delle scorte al termine della
mezzadria Salvo diverse disposizioni (delle norme corporative,) della
convenzione o degli usi, l'assegnazione delle scorte al termine della mezzadria
deve farsi secondo le norme seguenti: se si tratta di scorte vive, secondo la
specie, il sesso, il numero, la qualità e il peso, ovvero, in mancanza di tali
determinazioni, secondo il valore, tenuto conto della differenza di esso tra il
tempo del conferimento e quello della riconsegna; se si tratta di scorte morte
circolanti, per quantità e qualità, valutando le eccedenze e le diminuzioni in
base ai prezzi di mercato nel tempo della riconsegna; se si tratta di scorte
morte fisse, per specie, quantità, qualità e stato d'uso. Sezione III Della
colonia parziaria Art. 2164 Nozione Nella colonia parziaria il concedente ed
uno o più coloni si associano per la coltivazione di un fondo e per l'esercizio
delle attività connesse (2135), al fine di dividerne i prodotti e gli utili. La
misura della ripartizione dei prodotti e degli utili è stabilita (dalle norme
corporative,) dalla convenzione o dagli usi (Cod. Proc. Civ. 409). Art. 2165
Durata La colonia parziaria è contratta per il tempo necessario affinché il
colono possa svolgere e portare a compimento un ciclo normale di rotazione
delle colture praticate nel fondo. Se non si fa luogo a rotazione di colture,
la colonia non può avere una durata inferiore a due anni. Art. 2166 Obblighi
del concedente Il concedente deve consegnare il fondo in stato di servire alla
produzione alla quale è destinato. Art. 2167 Obblighi del colono Il colono deve
prestare il lavoro proprio secondo le direttive del concedente e le necessità
della coltivazione (2147) (vedere anche Leggi Speciali). Egli deve custodire il
fondo e mantenerlo in normale stato di produttività; deve altresì custodire e
conservare le altre cose affidategli dal concedente con la diligenza del buon
padre di famiglia (1176, 2051, 2765). Art. 2168 Morte di una delle parti La
colonia parziaria non si scioglie per la morte del concedente. In caso di morte
del colono, si applicano a favore degli eredi di questo le disposizioni del
secondo, terzo e quarto comma dell'art. 2158. Art. 2169 Rinvio Sono applicabili
alla colonia parziaria le norme dettate per la mezzadria negli artt. 2145,
secondo comma, 2147, secondo comma, 2149, 2151, secondo comma, 2152, 2155,
2156, 2157, 2159, 2160 e 2163, nonché quelle concernenti la tenuta e
l'efficacia probatoria del libretto colonico, qualora le parti l'abbiano d'accordo
istituito. Sezione IV Della soccida Art. 2170 Nozione Nella soccida il
soccidante e il soccidario si associano per l'allevamento e lo sfruttamento di
una certa quantità di bestiame e per l'esercizio delle attività connesse, al
fine di ripartire l'accrescimento del bestiame e gli altri prodotti e utili che
ne derivano. L'accrescimento consiste tanto nei parti sopravvenuti, quanto nel
maggior valore intrinseco che il bestiame abbia al termine del contratto. §1
Della soccida semplice Art. 2171 Nozione Nella soccida semplice il bestiame è
conferito dal soccidante La stima del bestiame all'inizio del contratto non ne
trasferisce la proprietà al soccidario. La stima deve indicare il numero, la
razza, la qualità, il sesso, il peso e l'età del bestiame e il relativo prezzo
di mercato. La stima serve di base per determinare il prelevamento a cui ha
diritto il soccidante alla fine del contratto, a norma dell'art. 2181. Art.
2172 Durata del contratto Se nel contratto non è stabilito un termine, la
soccida ha la durata di tre anni. Alla scadenza del termine il contratto non
cessa di diritto, e la parte che non intende rinnovarlo deve darne disdetta
almeno sei mesi (2964) prima della scadenza o nel maggior termine fissato
(dalle norme corporative) dalla convenzione o dagli usi. Se non è data
disdetta, il contratto s'intende rinnovato di anno in anno. Art. 2173 Direzione
dell'impresa e assunzione di mano d'opera La direzione dell'impresa spetta al
soccidante, il quale deve esercitarla secondo le regole della buona tecnica dell'allevamento.
La scelta di prestatori di lavoro, estranei alla famiglia del soccidario, deve
essere fatta col consenso del soccidante, anche quando secondo la convenzione o
gli usi la relativa spesa e posta a carico del soccidario. Art. 2174 Obblighi del
soccidario Il soccidario deve prestare, secondo le direttive del soccidante, il
lavoro occorrente per la custodia e l'allevamento del bestiame affidatogli, per
la lavorazione dei prodotti e per il trasporto sino ai luoghi di ordinario
deposito. Il soccidario deve usare la diligenza del buon allevatore (1176).
Art. 2175 Perimento del bestiame Il soccidario non risponde del bestiame che
provi essere perito per causa a lui non imputabile, ma deve rendere conto delle
parti recuperabili (1256 e seguenti). Art. 2176 Reintegrazione del bestiame
conferito Nella soccida stipulata per un tempo non inferiore a tre anni,
qualora durante la prima metà del periodo contrattuale perisca la maggior parte
del bestiame inizialmente conferito, per causa non imputabile al soccidario,
questi può chiederne la reintegrazione con altri capi di valore intrinseco
eguale a quello che i capi periti avevano all'inizio del contratto, tenuto
conto del numero, della razza, della qualità, del sesso, del peso e dell'età.
Se il soccidante non provvede alla reintegrazione, il soccidario può recedere
dal contratto. Art. 2177 Trasferimento dei diritti sul bestiame Se la proprietà
o il godimento del bestiame dato a soccida viene trasferito ad altri, il
contratto non si scioglie, e i crediti e i debiti del soccidante, derivanti
dalla soccida, passano all'acquirente in proporzione della quota acquistata,
salva per i debiti la responsabilità sussidiaria del soccidante. Se il
trasferimento riguarda la maggior parte del bestiame, il soccidario può, nel
termine di un mese da quando ha avuto conoscenza del trasferimento, recedere
dal contratto con effetto dalla fine dell'anno in corso. Art. 2178
Accrescimenti prodotti, utili e spese Gli accrescimenti, i prodotti, gli utili
e le spese si dividono tra le parti secondo le proporzioni stabilite (dalle
norme corporative) dalla convenzione o dagli usi. E' nullo il patto per il
quale il soccidario debba sopportare nella perdita una parte maggiore di quella
spettantegli nel guadagno. Art. 2179 Morte di una delle parti La soccida non si
scioglie per la morte del soccidante. In caso di morte del soccidario si
osservano, in quanto applicabili, nei riguardi degli eredi le disposizioni del
secondo, terzo e quarto comma dell'art. 2158. Art. 2180 Scioglimento del contratto
Salve le norme generali sulla risoluzione dei contratti per inadempimento (1453
e seguenti), ciascuna delle parti può chiedere lo scioglimento del contratto,
quando si verificano fatti tali da non consentire la prosecuzione del rapporto.
Art. 2181 Prelevamento e divisione al termine del contratto Al termine del
contratto le parti procedono a nuova stima del bestiame. Il soccidante preleva,
d'accordo con il soccidario, un complesso di capi che, avuto riguardo al
numero, alla razza, al sesso, al peso, alla qualità e all'età, sia
corrispondente alla consistenza del bestiame apportato all'inizio della soccida
(2171). Il di più si divide a norma dell'art. 2178. Se non vi sono capi
sufficienti ad eguagliare la stima iniziale, il soccidante prende quelli che rimangono.
§2 Della soccida parziaria Vedere anche Leggi Speciali Art. 2182 Conferimento
del bestiame Nella soccida parziaria il bestiame e conferito da entrambi i
contraenti nelle proporzioni convenute. Essi divengono comproprietari del
bestiame in proporzione del rispettivo conferimento. Art. 2183 Reintegrazione
del bestiame conferito Nella soccida stipulata per un tempo non inferiore a tre
anni, qualora durante la prima metà del periodo contrattuale perisca per causa
non imputabile al soccidario la maggior parte del bestiame inizialmente
conferito, e i contraenti non si accordino per la reintegrazione, ciascuno di
essi ha diritto di recedere dal contratto. Salvo diverso accordo delle parti,
il recesso ha effetto con la fine dell'anno in corso. Il bestiame rimasto è
diviso fra le parti nella proporzione indicata nell'art. 2184. Se è convenuto
che nella divisione del bestiame da farsi alla scadenza del contratto sia
attribuita ad uno dei contraenti una quota maggiore di quella corrispondente al
suo conferimento, tale quota deve essere ridotta in rapporto alla minor durata
della soccida. Art. 2184 Divisione del bestiame, dei prodotti e degli utili Gli
accrescimenti, i prodotti, gli utili, le spese e, al termine del contratto, il
bestiame conferito si dividono nella proporzione stabilita (dalle norme
corporative) dalla convenzione o dagli usi. Art. 2185 Rinvio Per quanto non è
disposto dagli articoli precedenti, si applicano alla soccida parziaria le
disposizioni relative alla soccida semplice. §3 Della soccida con conferimento
di pascolo Vedere anche Leggi Speciali Art. 2186 Nozione e norme applicabili Si
ha rapporto di soccida anche quando il bestiame é conferito dal soccidario e il
soccidante conferisce il terreno per il pascolo. In tal caso il soccidario ha
la direzione dell'impresa e al soccidante spetta il controllo della gestione.
Si osservano inoltre le disposizioni dell'art. 2184 e, in quanto applicabili,
quelle dettate per la soccida semplice. Sezione V Disposizione finale Art. 2187
Usi Nei rapporti di associazione agraria regolati dalle Sezioni II, III e IV di
questo Capo, per quanto non è espressamente disposto, si applicano, in mancanza
di convenzione, gli usi (1374; att. 195 e seguenti). Capo III Delle imprese
commerciali e delle altre imprese soggette a registrazioni Sezione I Del
registro delle imprese Art. 2188 Registro delle imprese E' istituito il
registro delle imprese per le iscrizioni previste dalla legge (att. 99 e
seguenti). Il registro è tenuto dall'ufficio del registro delle imprese sotto
la vigilanza di un giudice delegato dal presidente del tribunale. Il registro è
pubblico. Art. 2189 Modalità dell'iscrizione Le iscrizioni nel registro sono
eseguite su domanda sottoscritta dall'interessato. Prima di procedere
all'iscrizione, l'ufficio del registro deve accertare l'autenticità della
sottoscrizione e il concorso delle condizioni richieste dalla legge per
l'iscrizione. Il rifiuto dell'iscrizione deve essere comunicato con
raccomandata al richiedente. (questi può ricorrere entro otto giorni (2964) al
giudice del registro, che provvede con decreto. Art. 2190 Iscrizione d'ufficio
Se un iscrizione obbligatoria non è stata richiesta, l'ufficio del registro
invita mediante raccomandata l'imprenditore a richiederla entro un congruo
termine. Decorso inutilmente il termine assegnato, il giudice del registro può
ordinarla con decreto. Art. 2191 Cancellazione d'ufficio Se un'iscrizione è
avvenuta senza che esistano le condizioni richieste dalla legge, il giudice del
registro, sentito l'interessato, ne ordina con decreto la cancellazione. Art.
2192 Ricorso contro il decreto del giudice del registro Contro il decreto del
giudice del registro emesso a norma degli articoli precedenti l'interessato,
entro quindici giorni (2964) dalla comunicazione può ricorrere al tribunale dal
quale dipende l'ufficio del registro. Il decreto che pronunzia sul ricorso deve
essere iscritto d'ufficio nel registro. Art. 2193 Efficacia dell'iscrizione I
fatti dei quali la legge prescrive l'iscrizione, se non sono stati iscritti,
non possono essere opposti ai terzi da chi è obbligato a richiederne
l'iscrizione, a meno che questi provi che i terzi ne abbiano avuto conoscenza
(2436/2). L'ignoranza dei fatti dei quali la legge prescrive l'iscrizione non
può essere opposta dai terzi dal momento in cui l'iscrizione è avvenuta. Sono
salve le disposizioni particolari della legge (2297). Art. 2194 Inosservanza
dell'obbligo d'iscrizione Salvo quanto disposto dagli artt. 2626 e 2634,
chiunque omette di richiedere l'iscrizione nei modi e nel termine stabiliti
dalla legge, è punito con l'ammenda da L 20.000 a L. 1.000.000 (att. 100) (Ora
sanzione amministrativa). Sezione II Dell'obbligo di registrazione Art. 2195
Imprenditori soggetti a registrazione Sono soggetti all'obbligo dell'iscrizione
nel registro delle imprese gli imprenditori che esercitano: un'attività
industriale diretta alla produzione di beni o di servizi; un'attività
intermediaria nella circolazione dei beni; un'attività di trasporto per terra,
o per acqua o per aria; un'attività bancaria o assicurativa; altre attività
ausiliarie delle precedenti (1754). Le disposizioni della legge che fanno
riferimento alle attività e alle imprese commerciali si applicano, se non
risulta diversamente, a tutte le attività indicate in questo articolo e alle imprese
che le esercitano (att 100, 200). Art. 2196 Iscrizione dell'impresa Entro
trenta giorni dall'inizio dell'impresa l'imprenditore che esercita un'attività
commerciale deve chiedere l'iscrizione all'ufficio del registro delle imprese
nella cui circoscrizione stabilisce la sede, indicando: il cognome e il nome,
il luogo e la data di nascita, la cittadinanza; la ditta (2563 e seguenti);
l'oggetto dell'impresa; la sede dell'impresa; il cognome e il nome degli
institori e procuratori. All'atto della richiesta l'imprenditore deve
depositare la sua firma autografa e quelle dei suoi institori e procuratori.
L'imprenditore deve inoltre chiedere l'iscrizione delle modificazioni relative
agli elementi suindicati e della cessazione dell'impresa, entro trenta giorni
da quello in cui le modificazioni o la cessazione si verificano. Art. 2197 Sedi
secondarie L'imprenditore che istituisce nel territorio dello Stato sedi
secondarie con una rappresentanza stabile deve, entro trenta giorni, chiederne
l'iscrizione all'ufficio del registro delle imprese del luogo dove è la sede
principale dell'impresa. Nello stesso termine la richiesta deve essere fatta
all'ufficio del luogo nel quale é istituita la sede secondaria, indicando
altresì la sede principale, e il cognome e il nome del rappresentante preposto
alla sede secondaria. Il rappresentante deve depositare presso il medesimo
ufficio la sua firma autografa. La disposizione del secondo comma si applica
anche all'imprenditore che ha all'estero la sede principale dell'impresa. L'imprenditore
che istituisce sedi secondarie con rappresentanza stabile all'estero deve,
entro trenta giorni, chiederne l'iscrizione all'ufficio del registro nella cui
circoscrizione si trova la sede principale. Art. 2198 Minori interdetti e
inabilitati I provvedimenti di autorizzazione all'esercizio di una impresa
commerciale da parte di un minore emancipato (397) o di un inabilitato (425;
att. 199) o nell'interesse di un minore non emancipato (320, 371) o di un
interdetto (424) e i provvedimenti con i quali l'autorizzazione viene revocata
devono essere comunicati senza indugio a cura del cancelliere all'ufficio del
registro delle imprese per l'iscrizione (att. 100). Art. 2199 Indicazione
dell'iscrizione L'imprenditore deve indicare negli atti e nella corrispondenza,
che si riferiscono all'impresa, il registro presso il quale è iscritto (att.
100). Art. 2200 Società Sono soggette all'obbligo dell'iscrizione nel registro
delle imprese le società costituite secondo uno dei tipi regolati nei Capi III
e seguenti del Titolo V e le società cooperative (2511 e seguenti), anche se
non esercitano un'attività commerciale. L'iscrizione delle società nel registro
delle imprese (att. 100) è regolata dalle disposizioni dei Titoli V e VI. Art.
2201 Enti pubblici Gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o
principale un'attività commerciale (2093) sono soggetti all'obbligo
dell'iscrizione nel registro delle imprese (att. 100). Art. 2202 Piccoli
imprenditori Non sono soggetti all'obbligo dell'iscrizione nel registro delle
imprese i piccoli imprenditori (2083). Sezione III Disposizioni particolari per
le imprese commerciali §1 Della rappresentanza Art. 2203 Preposizione
institoria E institore colui che è preposto dal titolare all'esercizio di
un'impresa commerciale. La preposizione può essere limitata all'esercizio di
una sede secondaria o di un ramo particolare dell'impresa. Se sono preposti più
institori, questi possono agire disgiuntamente, salvo che nella procura sia
diversamente disposto (1716). Art. 2204 Poteri dell'institore L'institore può
compiere tutti gli atti pertinenti all'esercizio dell'impresa a cui è preposto,
salve le limitazioni contenute nella procura. Tuttavia non può alienare o
ipotecare i beni immobili del preponente, se non è stato a ciò espressamente
autorizzato. L'institore può stare in giudizio in nome del preponente per le
obbligazioni dipendenti da atti compiuti nell'esercizio dell'impresa a cui è
preposto (Cod. Proc. Civ. 772). Art. 2205 Obblighi dell'institore Per le
imprese o le sedi secondarie alle quali è preposto l'institore è tenuto,
insieme con l'imprenditore, all'osservanza delle disposizioni riguardanti
l'iscrizione nel registro delle imprese e la tenuta delle scritture contabili.
Art. 2206 Pubblicità della procura La procura con sottoscrizione del preponente
autenticata deve essere depositata per l'iscrizione presso il competente
ufficio del registro delle imprese (att. 100). In mancanza dell'iscrizione, la
rappresentanza si reputa generale e le limitazioni di essa non sono opponibili
ai terzi, se non si prova che questi le conoscevano al momento della
conclusione dell'affare (2193). Art. 2207 Modificazione e revoca della procura
Gli atti con i quali viene successivamente limitata o revocata la procura
devono essere depositati, per l'iscrizione nel registro delle imprese, anche se
la procura non fu pubblicata. In mancanza dell'iscrizione, le limitazioni o la
revoca non sono opponibili ai terzi, se non si prova che questi le conoscevano
al momento della conclusione dell'affare. Art. 2208 Responsabilità personale
dell'institore L'institore è personalmente obbligato (1337) se omette di far
conoscere al terzo che egli tratta per il preponente; tuttavia il terzo può
agire anche contro il preponente per gli atti compiuti dall'institore, che siano
pertinenti all'esercizio dell'impresa a cui è preposto. Art. 2209 Procuratori
Le disposizioni degli artt. 2206 e 2207 si applicano anche ai procuratori, i
quali, in base a un rapporto continuativo, abbiano il potere di compiere per
l'imprenditore gli atti pertinenti all'esercizio dell'impresa, pur non essendo
preposti ad esso. Art. 2210 Poteri dei commessi dell'imprenditore I commessi
dell'imprenditore, salve le limitazioni contenute nell'atto di conferimento
della rappresentanza, possono compiere gli atti che ordinariamente comporta la
specie delle operazioni di cui sono incaricati. Non possono tuttavia esigere il
prezzo delle merci delle quali non facciano la consegna, né concedere dilazioni
o sconti che non sono d'uso, salvo che siano a ciò espressamente autorizzati
(2211). Art. 2211 Poteri di deroga alle condizioni generali di contratto I
commessi, anche se autorizzati a concludere contratti in nome
dell'imprenditore, non hanno il potere di derogare alle condizioni generali di
contratto o alle clausole stampate sui moduli dell'impresa, se non sono muniti
di una speciale autorizzazione scritta (1341 e seguente). Art. 2212 Poteri dei
commessi relativi agli affari conclusi Per gli affari da essi conclusi, i
commessi dell'imprenditore sono autorizzati a ricevere per conto di questo le
dichiarazioni che riguardano l'esecuzione del contratto e i reclami relativi
alle inadempienze contrattuali. Sono altresì legittimati a chiedere i
provvedimenti cautelari (Cod. Proc. Civ. 670 e seguente) nell'interesse
dell'imprenditore. Art. 2213 Poteri dei commessi preposti alla vendita I
commessi preposti alla vendita nei locali dell'impresa possono esigere il
prezzo delle merci da essi venduta, salvo che alla riscossione sia palesemente
destinata una cassa speciale. Fuori dei locali dell'impresa non possono esigere
il prezzo, se non sono autorizzati o se non consegnano quietanza firmata
dall'imprenditore. § 2 Delle scritture contabili Art. 2214 Libri obbligatori e
altre scritture contabili L'imprenditore che esercita un'attività commerciale
(2195) deve tenere il libro giornale e il libro degli inventari. Deve altresì
tenere le altre scritture contabili che siano richieste dalla natura e dalle
dimensioni dell'impresa (att. 200) e conservare ordinatamente per ciascun
affare gli originali delle lettere, dei telegrammi e delle lettere ricevute,
nonché le copie delle lettere, dei telegrammi e delle fatture spedite (2709 e
seguenti). Le disposizioni di questo paragrafo non si applicano ai piccoli
imprenditori (2083). Art. 2215 Libro giornale e libro degli inventari Il libro
giornale e il libro degli inventari, prima di essere messi in uso, devono
essere numerati progressivamente in ogni pagina e bollati in ogni foglio
dall'ufficio del registro delle imprese o da un notaio secondo le disposizioni
delle leggi speciali (att. 200). L'ufficio del registro o il notaio deve
dichiarare nell'ultima pagina dei libri il numero dei fogli che li compongono
(2710). Art. 2216 Contenuto e vidimazione del libro giornale Articolo
modificato dall'art. 8 della Legge 30 dicembre 1991, n. 413, e poi così
sostituito dall'art. 7 bis, Decr.Legge 10 giugno 1994, n. 357, convertito con
modificazioni dalla Legge 8 agosto 1994, n. 489 (vedere). Il libro giornale
deve indicare giorno per giorno le operazioni relative all'esercizio
dell'impresa. Art. 2217 Redazione dell'inventario L'inventario deve redigersi
all'inizio dell'esercizio dell'impresa e successivamente ogni anno, e deve
contenere l'indicazione e la valutazione delle attività e delle passività
relative all'impresa, nonché delle attività e delle passività dell'imprenditore
estranee alla medesima. L'inventario si chiude con il bilancio e con il conto
dei profitti e delle perdite, il quale deve dimostrare con evidenza e verità
gli utili conseguiti o le perdite subite. Nelle valutazioni di bilancio
l'imprenditore deve attenersi ai criteri stabiliti per i bilanci delle società
per azioni, in quanto applicabili (2425). L'inventario deve essere sottoscritto
dall'imprenditore entro tre mesi dal termine per la presentazione della
dichiarazione dei redditi ai fini delle imposte dirette (Comma modificato
dall'art. 8 della Legge 30 dicembre 1991, n. 413, e poi così sostituito
dall'art. 7 bis, Decr.Legge 10 giugno 1994, n. 357, convertito con
modificazioni dalla Legge 8 agosto 1994, n. 489). Art. 2218 Bollatura
facoltativa Articolo modificato dall'art. 8 della Legge 30 dicembre 1991, n.
413, e poi così sostituito dall'art. 7 bis, Decr.Legge 10 giugno 1994, n. 357,
convertito con modificazioni dalla Legge 8 agosto 1994, n. 489 . L'imprenditore
può far bollare e vidimare nei modi indicati nell'art. 2215 gli altri libri da
lui tenuti (2710). Art. 2219 Tenuta della contabilità Tutte le scritture devono
essere tenute secondo le norme di un'ordinata contabilità, senza spazi in bianco,
senza interlinee e senza trasporti in margine. Non vi si possono fare abrasioni
e, se è necessaria qualche cancellazione, questa deve eseguirsi in modo che le
parole cancellate siano leggibili (2710). Art. 2220 Conservazione delle
scritture contabili Le scritture devono essere conservate per dieci anni dalla
data dell'ultima registrazione (2312). Per lo stesso periodo devono conservarsi
le fatture, le lettere e i telegrammi ricevuti e le co pie delle fatture, delle
lettere e dei telegrammi spediti. Le scritture e documenti di cui al presente
articolo possono essere conservati sotto forma di registrazioni su supporti di
immagini, sempre che le registrazioni corrispondano ai documenti e possano in
ogni momento essere rese leggibili con mezzi messi a disposizione dal soggetto
che utilizza detti supporti (Comma aggiunto dall'art. 7 bis, Decr.Legge 10
giugno 1994, n. 357, convertito con modificazioni dalla Legge 8 agosto 1994, n.
489 ) § 3 Dell'insolvenza Art. 2221 Fallimento e concordato preventivo Gli
imprenditori che esercitano un'attività commerciale, esclusi gli enti pubblici
e i piccoli imprenditori, sono soggetti, in caso d'insolvenza, alle procedure
del fallimento e del concordato preventivo, salve le disposizioni delle leggi
speciali. Codice Civile Libro Quinto Del lavoro Titolo III Del lavoro autonomo
Capo I Disposizioni generali Art. 2222 Contratto d'opera Quando una persona si
obbliga a compiere verso un corrispettivo (1351) un'opera o un servizio, con
lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti
del committente, si applicano le norme di questo Capo, salvo che il rapporto
abbia una disciplina particolare nel Libro IV (1655 e seguenti). Art. 2223
Prestazione della materia Le disposizioni di questo Capo si osservano anche se
la materia e fornita dal prestatore d'opera (1658), purché le parti non abbiano
avuto prevalentemente in considerazione la materia, nel qual caso si applicano
le norme sulla vendita (1470 e seguenti). Art. 2224 Esecuzione dell'opera Se il
prestatore d'opera non procede all'esecuzione dell'opera secondo le condizioni
stabilite dal contratto e a regola d'arte, il committente può fissare un
congruo termine, entro il quale il prestatore d'opera deve conformarsi a tali
condizioni. Trascorso inutilmente il termine fissato, il committente può
recedere dal contratto, salvo il diritto al risarcimento dei danni (1223,
1662). Art. 2225 Corrispettivo Il corrispettivo, se non è convenuto dalle parti
e non può essere determinato secondo le tariffe professionali o gli usi, è
stabilito dal giudice in relazione al risultato ottenuto e al lavoro
normalmente necessario per ottenerlo (1657). Art. 2226 Difformità e vizi
dell'opera L'accettazione espressa o tacita dell'opera libera il prestatore
d'opera dalla responsabilità per difformità o per vizi della medesima, se
all'atto dell'accettazione questi erano noti al committente o facilmente
riconoscibili, purché in questo caso non siano stati dolosamente occultati. Il
committente deve, a pena di decadenza, denunziare le difformità e i vizi
occulti al prestatore d'opera entro otto giorni (2964) dalla scoperta. L'azione
si prescrive (2941 e seguenti) entro un anno dalla consegna (att. 201). I
diritti del committente nel caso di difformità o di vizi dell'opera sono
regolati dall'art. 1668. Art. 2227 Recesso unilaterale dal contratto Il
committente può recedere dal contratto, ancorché sia iniziata l'esecuzione
dell'opera, tenendo indenne il prestatore d'opera delle spese, del lavoro
eseguito e del mancato guadagno (1671). Art. 2228 Impossibilità sopravvenuta
dell'esecuzione dell'opera Se l'esecuzione dell'opera diventa impossibile per
causa non imputabile ad alcuna delle parti, il prestatore d'opera ha diritto ad
un compenso per il lavoro prestato in relazione alla utilità della parte dell'opera
compiuta (1672). Capo II Delle professioni intellettuali Art. 2229 Esercizio
delle professioni intellettuali La legge determina le professioni intellettuali
per l'esercizio delle quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi o
elenchi. L'accertamento dei requisiti per l'iscrizione negli albi o negli
elenchi, la tenuta dei medesimi e il potere disciplinare sugli iscritti sono
demandati alle associazioni professionali sotto la vigilanza dello Stato, salvo
che la legge disponga diversamente. Contro il rifiuto dell'iscrizione o la
cancellazione dagli albi o elenchi, e contro i provvedimenti disciplinari che
importano la perdita o la sospensione del diritto all'esercizio della
professione e ammesso ricorso in via giurisdizionale nei modi e nei termini
stabiliti dalle leggi speciali. Art. 2230 Prestazione d'opera intellettuale Il
contratto che ha per oggetto una prestazione di opera intellettuale è regolato
dalle norme seguenti (att. 202) e, in quanto compatibili con queste e con la
natura del rapporto, dalle disposizioni del Capo precedente. Sono salve le
disposizioni delle leggi speciali. Art. 2231 Mancanza d'iscrizione Quando
l'esercizio di un'attività professionale è condizionato all'iscrizione in un
albo o elenco, la prestazione eseguita da chi non è iscritto non gli dà azione
per il pagamento della retribuzione (2034). La cancellazione dall'albo o elenco
risolve il contratto in corso, salvo il diritto del prestatore d'opera al
rimborso delle spese incontrate e a un compenso adeguato all'utilità del lavoro
compiuto. Art. 2232 Esecuzione dell'opera Il prestatore d'opera deve (1176)
eseguire personalmente l'incarico assunto. Può tuttavia valersi, sotto la
propria direzione e responsabilità, di sostituti e ausiliari, se la
collaborazione di altri è consentita dal contratto o dagli usi e non è
incompatibile con l'oggetto della prestazione. Art. 2233 Compenso Il compenso
(2751), se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le
tariffe o gli usi, e determinato dal giudice, sentito il parere
dell'associazione professionale (ora consiglio dell’Ordine) a cui il
professionista appartiene. In ogni caso la misura del compenso deve essere
adeguata all'importanza dell'opera e al decoro della professione (2956). Gli
avvocati, i procuratori e i patrocinatori non possono, neppure per interposta
persona, stipulare con i loro clienti alcun patto relativo ai beni che formano
oggetto delle controversie affidate al loro patrocinio, sotto pena di nullità
(1418 e seguenti) e dei danni. Art. 2234 Spese e acconti Il cliente, salvo
diversa pattuizione, deve anticipare al prestatore di opera le spese occorrenti
al compimento dell'opera e corrispondere, secondo gli usi, gli acconti sul
compenso. Art. 2235 Divieto di ritenzione Il prestatore d'opera non può ritenere
le cose e i documenti ricevuti, se non per il periodo strettamente necessario
alla tutela dei propri diritti secondo le leggi professionali (2961). Art. 2236
Responsabilità del prestatore d'opera Se la prestazione implica la soluzione di
problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d'opera non risponde dei
danni, se non in caso di dolo o di colpa grave (1176). Art. 2237 Recesso Il
cliente può recedere dal contratto, rimborsando al prestatore d'opera le spese
sostenute e pagando il compenso per l'opera svolta. Il prestatore d'opera può
recedere dal contratto per giusta causa. In tal caso egli ha diritto al
rimborso delle spese fatte e al compenso per l'opera svolta, da determinarsi
con riguardo al risultato utile che ne sia derivato al cliente. Il recesso del
prestatore d'opera deve essere esercitato in modo da evitare pregiudizio al
cliente. Art. 2238 Rinvio Se l'esercizio della professione costituisce elemento
di un'attività organizzata in forma d'impresa, si applicano anche le
disposizioni del Titolo II (2082 e seguenti). In ogni caso, se l'esercente una
professione intellettuale impiega sostituti o ausiliari, si applicano le
disposizioni delle Sezioni II, III e IV del Capo I del Titolo II (2094 e
seguenti). Titolo IV Del lavoro subordinato in particolari rapporti Capo I
Disposizioni generali Art. 2239 Norme applicabili I rapporti di lavoro
subordinato che non sono inerenti all'esercizio di un'impresa sono regolati
dalle disposizioni delle Sezioni II, III e IV del Capo I del Titolo II, in quanto
compatibili con la specialità del rapporto (2904 e seguenti; att. 98; Cod.
Proc. Civ. 409). Capo II Del lavoro domestico Art. 2240 Norme applicabili Il
rapporto di lavoro che ha per oggetto la prestazione di servizi di carattere
domestico è regolato dalle disposizioni di questo Capo (att. 203) e, in quanto
più favorevoli al prestatore di lavoro, dalla convenzione e dagli usi (2068).
Art. 2241 Periodo di prova Il patto di prova si presume per i primi otto
giorni. Art. 2242 Vitto alloggio e assistenza Il prestatore di lavoro ammesso
alla convivenza familiare ha diritto, oltre alla retribuzione in danaro, al
vitto, all'alloggio e, per le infermità di breve durata, alla cura e alla
assistenza medica. Le parti devono contribuire alle istituzioni di previdenza e
di assistenza, nei casi e nei modi stabiliti dalla legge. Art. 2243 Periodo di
riposo Il prestatore di lavoro, oltre al riposo settimanale secondo gli usi, ha
diritto, dopo un anno di ininterrotto servizio (inciso illegittimo), ad un
periodo di ferie retribuito, che non può essere inferiore a otto giorni. Art.
2244 Recesso Al contratto di lavoro domestico sono applicabili le norme sul
recesso volontario e per giusta causa, stabilite negli artt. 2118 e 2119. Il
periodo di preavviso non può essere inferiore a otto giorni o, se l'anzianità
di servizio è superiore a due anni, a quindici giorni. Art. 2245 Indennità di
anzianità In caso di cessazione del contratto è dovuta al prestatore di lavoro
un'indennità proporzionale agli anni di servizio, salvo il caso di
licenziamento per colpa di lui o di dimissioni volontarie. L'ammontare
dell'indennità è determinato sulla base dell'ultima retribuzione in danaro,
nella misura di otto giorni per ogni anno di servizio. Se gli usi lo
stabiliscono, l'indennità è dovuta anche nel caso di dimissioni volontarie
(2751) (l'art. 17, L 2 aprile 1958, n. 339 prevede l'indennità di anzianità
"in caso di licenziamento o di dimissioni"). Art. 2246 Certificato di
lavoro Alla cessazione del contratto il prestatore di lavoro ha diritto al
rilascio di un certificato che attesti la natura delle mansioni disimpegnate e
il periodo di servizio prestato. Titolo V Delle società Capo I Disposizioni
generali Art. 2247 Contratto di società Con il contratto di società due o più
persone conferiscono beni o servizi per l'esercizio in comune di un'attività
economica allo scopo di dividerne gli utili. Art. 2248 Comunione a scopo di
godimento La comunione costituita o mantenuta al solo scopo del godimento di
una o più cose è regolata dalle norme del Titolo VII del Libro III (1100 e
seguenti). Art. 2249 Tipi di società Le società che hanno per oggetto
l'esercizio di un'attività commerciale (2195) devono costituirsi secondo uno
dei tipi regolati nei Capi III e seguenti di questo Titolo. Le società che
hanno per oggetto l'esercizio di un'attività diversa sono regolate dalle
disposizioni sulla società semplice, a meno che i soci abbiano voluto
costituire la società secondo uno degli altri tipi regolati nei Capi III e
seguenti di questo Titolo. Sono salve le disposizioni riguardanti le società
cooperative (2511 e seguenti) e quelle delle leggi speciali che per l'esercizio
di particolari categorie d'imprese prescrivono la costituzione della società
secondo un determinato tipo. Art. 2250 Indicazione negli atti e nella
corrispondenza Negli atti e nella corrispondenza delle società soggette
all'obbligo dell'iscrizione nel registro delle imprese (2200) devono essere
indicati la sede della società e l'ufficio del registro delle imprese presso il
quale questa è iscritta e il numero di iscrizione. Il capitale delle società
per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata deve essere
negli atti e nella corrispondenza indicato secondo la somma effettivamente
versata e quale risulta esistente dall'ultimo bilancio. Dopo lo scioglimento
delle società previste dal primo comma deve essere espressamente indicato negli
atti e nella corrispondenza che la società e in liquidazione (2627). Negli atti
e nella corrispondenza delle società a responsabilità limitata deve essere
indicato se queste hanno un unico socio (Comma aggiunto dall'art. 3, Decr. lgs.
n.88 del 3 marzo 1993). Capo II Della società semplice Sezione I Disposizioni
generali Art. 2251 Contratto sociale Nella società semplice (att. 204) il
contratto non é soggetto a forme speciali, salve quelle richieste dalla natura
dei beni conferiti (1350, 2643). Art. 2252 Modificazioni del contratto sociale
Il contratto sociale può essere modificato soltanto con il consenso di tutti i
soci, se non e convenuto diversamente. Sezione II Dei rapporti tra i soci Art.
2253 Conferimenti Il socio è obbligato a eseguire i conferimenti determinati
nel contratto sociale. Se i conferimenti non sono determinati, si presume che i
soci siano obbligati a conferire, in parti eguali tra loro, quanto è necessario
per il conseguimento dell'oggetto sociale. Art. 2254 Garanzia e rischi dei
conferimenti Per le cose conferite in proprietà la garanzia dovuta dal socio e
il passaggio dei rischi sono regolati dalle norme sulla vendita (1465, 1478 e seguenti,
1529). Il rischio delle cose conferite in godimento resta a carico del socio
che le ha conferite. La garanzia per il godimento è regolata dalle norme sulla
locazione (1578 e seguenti, 1585 e seguenti). Art. 2255 Conferimento di crediti
Il socio che ha conferito un credito risponde della insolvenza del debitore,
nei limiti indicati dall'art. 1267 per il caso di assunzione convenzionale
della garanzia. Art. 2256 Uso illegittimo delle cose sociali Il socio non può
servirsi, senza il consenso degli altri soci, delle cose appartenenti al
patrimonio sociale per fini estranei a quelli della società. Art. 2257
Amministrazione disgiuntiva Salvo diversa pattuizione, l'amministrazione della
società spetta a ciascuno dei soci disgiuntamente dagli altri. Se l'amministrazione
spetta disgiuntamente a più soci, ciascun socio amministratore ha diritto di
opporsi all'operazione che un altro voglia compiere, prima che sia compiuta. La
maggioranza dei soci, determinata secondo la parte attribuita a ciascun socio
negli utili, decide sull'opposizione. Art. 2258 Amministrazione congiuntiva Se
l'amministrazione spetta congiuntamente a più soci, è necessario il consenso di
tutti i soci amministratori per il compimento delle operazioni sociali. Se è
convenuto che per l'amministrazione o per determinati atti sia necessario il
consenso della maggioranza, questa si determina a norma dell'ultimo comma
dell'articolo precedente. Nei casi preveduti da questo articolo, i singoli
amministratori non possono compiere da soli alcun atto, salvo che vi sia
urgenza di evitare un danno alla società. Art. 2259 Revoca della facoltà di
amministrare La revoca dell'amministratore nominato con il contratto sociale
non ha effetto se non ricorre una giusta causa. L'amministratore nominato con
atto separato è revocabile secondo le norme sul mandato (1723 e seguenti). La
revoca per giusta causa può in ogni caso essere chiesta giudizialmente da
ciascun socio. Art. 2260 Diritti e obblighi degli amministratori I diritti e
gli obblighi degli amministratori sono regolati dalle norme sul mandato (1710 e
seguenti). Gli amministratori sono solidalmente responsabili verso la società
(1292 e seguenti) per l'adempimento degli obblighi ad essi imposti dalla legge
e dal contratto sociale. Tuttavia la responsabilità non si estende a quelli che
dimostrino di essere esenti da colpa. Art. 2261 Controllo dei soci I soci che
non partecipano all'amministrazione hanno diritto (2623) di avere dagli
amministratori notizia dello svolgimento degli affari sociali, di consultare i
documenti relativi all'amministrazione e di ottenere il rendiconto quando gli
affari per cui fu costituita la società sono stati compiuti. Se il compimento
degli affari sociali dura oltre un anno, i soci hanno diritto di avere il
rendiconto dell'amministrazione al termine di ogni anno, salvo che il contratto
stabilisca un termine diverso. Art. 2262 Utili Salvo patto contrario, ciascun
socio ha diritto di percepire la sua parte di utili dopo l'approvazione del
rendiconto. Art. 2263 Ripartizione dei guadagni e delle perdite Le parti
spettanti ai soci nei guadagni e nelle perdite si presumono proporzionali ai
conferimenti. Se il valore dei conferimenti non è determinato dal contratto,
esse si presumono eguali. La parte spettante al socio che ha conferito la propria
opera, se non è determinata dal contratto, e fissata dal giudice secondo
equità. Se il contratto determina soltanto la parte di ciascun socio nei
guadagni, nella stessa misura si presume che debba determinarsi la
partecipazione alle perdite. Art. 2264 Partecipazione ai guadagni e alle
perdite rimessa alla determinazione di un terzo La determinazione della parte
di ciascun socio nei guadagni e nelle perdite può essere rimessa ad un terzo
(1349, 2603). La determinazione del terzo può essere impugnata soltanto nei
casi previsti dall'art. 1349 e nel termine di tre mesi dal giorno in cui il
socio, che pretende di esserne leso, ne ha avuto comunicazione (2964 e
seguenti). L'impugnazione non può essere proposta dal socio che ha
volontariamente eseguito la determinazione del terzo. Art. 2265 Patto leonino
E' nullo il patto (1419 e seguenti) con il quale uno o più soci sono esclusi da
ogni partecipazione agli utili o alle perdite. Sezione III Dei rapporti con i
terzi Art. 2266 Rappresentanza della società La società acquista diritti e
assume obbligazioni per mezzo dei soci che ne hanno la rappresentanza e sta in
giudizio nella persona dei medesimi. In mancanza di diversa disposizione del
contratto, la rappresentanza spetta a ciascun socio amministratore e si estende
a tutti gli atti che rientrano nell'oggetto sociale. Le modificazioni e
l'estinzione dei poteri di rappresentanza sono regolate dall'art. 1396. Art.
2267 Responsabilità per le obbligazioni sociali I creditori della società
possono far valere i loro diritti sul patrimonio sociale. Per le obbligazioni
sociali rispondono inoltre personalmente (2740) e solidalmente (1292 e
seguenti) i soci che hanno agito in nome e per conto della società e, salvo
patto contrario, gli altri soci. Il patto deve essere portato a conoscenza dei
terzi con mezzi idonei; in mancanza, la limitazione della responsabilità o
l'esclusione della solidarietà non è opponibile a coloro che non ne hanno avuto
conoscenza (att. 204). Art. 2268 Escussione preventiva del patrimonio sociale
Il socio richiesto del pagamento di debiti sociali può domandare, anche se la
società è in liquidazione (2274 e seguenti), la preventiva escussione del
patrimonio sociale, indicando i beni sui quali il creditore possa agevolmente
soddisfarsi. Art. 2269 Responsabilità del nuovo socio Chi entra a far parte di
una società già costituita risponde con gli altri soci per le obbligazioni
sociali anteriori all'acquisto della qualità di socio. Art. 2270 Creditore
particolare del socio Il creditore particolare del socio, finché dura la
società, può far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al debitore e
compiere atti conservativi (Cod. Proc. Civ. 670 e seguente) sulla quota
spettante a quest'ultimo nella liquidazione. Se gli altri beni del debitore
sono insufficienti a soddisfare i suoi crediti, il creditore particolare del
socio può inoltre chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota del suo
debitore. La quota deve essere liquidata entro tre mesi dalla domanda, salvo
che sia deliberato lo scioglimento della società. Art. 2271 Esclusione della
compensazione Non é ammessa compensazione (1246) fra il debito che un terzo ha
verso la società e il credito che egli ha verso un socio. Sezione IV Dello
scioglimento della società Art. 2272 Cause di scioglimento La società si
scioglie: per il decorso del termine; per il conseguimento dell'oggetto sociale
o per la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo; per la volontà di tutti i
soci; quando viene a mancare la pluralità dei soci, se nel termine di sei mesi
questa non è ricostituita; per le altre cause previste dal contratto sociale.
Art. 2273 Proroga tacita La società è tacitamente prorogata a tempo
indeterminato quando, decorso il tempo per cui fu contratta, i soci continuano
a compiere le operazioni sociali. Art. 2274 Poteri degli amministratori dopo lo
scioglimento Avvenuto lo scioglimento della società, i soci amministratori
conservano il potere di amministrare, limitatamente agli affari urgenti, fino a
che siano presi i provvedimenti necessari per la liquidazione. Art. 2275
Liquidatori Se il contratto non prevede il modo di liquidare il patrimonio
sociale e i soci non sono d'accordo nel determinarlo, la liquidazione è fatta
da uno o piu liquidatori, nominati con il consenso di tutti i soci o, in caso
di disaccordo, dal presidente del tribunale. I liquidatori possono essere
revocati per volontà di tutti i soci e in ogni caso dal tribunale per giusta
causa su domanda di uno o più soci (2259). Art. 2276 Obblighi e responsabilità
dei liquidatori Gli obblighi e la responsabilità dei liquidatori sono regolati
dalle disposizioni stabilite per gli amministratori (2260), in quanto non sia
diversamente disposto dalle norme seguenti o dal contratto sociale (2452). Art.
2277 Inventario Gli amministratori devono consegnare ai liquidatori i beni e i
documenti sociali e presentare ad essi il conto della gestione relativo al
periodo successivo all'ultimo rendiconto. I liquidatori devono prendere in
consegna i beni e i documenti sociali, e redigere, insieme con gli
amministratori, l'inventario dal quale risulti lo stato attivo e passivo del
patrimonio sociale. L'inventario deve essere sottoscritto dagli amministratori
e dai liquidatori (2452). Art. 2278 Poteri dei liquidatori I liquidatori
possono compiere gli atti necessari per la liquidazione e, se i soci non hanno
disposto diversamente, possono vendere anche in blocco i beni sociali e fare
transazioni e compromessi (2452). Essi rappresentano la società anche in
giudizio. Art. 2279 Divieto di nuove operazioni I liquidatori non possono intraprendere
nuove operazioni. Contravvenendo a tale divieto, essi rispondono personalmente
(2740) e solidalmente (1292 e seguenti) per gli affari intrapresi (2452). Art.
2280 Pagamento dei debiti sociali I liquidatori non possono ripartire tra i
soci, neppure parzialmente, i beni sociali, finché non siano pagati i creditori
della società o non siano accantonate le somme necessarie per pagarli (2452,
2625). Se i fondi disponibili risultano insufficienti per il pagamento dei
debiti sociali, i liquidatori possono chiedere ai soci i versamenti ancora
dovuti sulle rispettive quote e, se occorre, le somme necessarie, nei limiti
della rispettiva responsabilità e in proporzione della parte di ciascuno nelle
perdite. Nella stessa proporzione si ripartisce tra i soci il debito del socio
insolvente. Art. 2281 Restituzione dei beni conferiti in godimento I soci che
hanno conferito beni in godimento hanno diritto di riprenderli nello stato in
cui si trovano. Se i beni sono periti o deteriorati per causa imputabile agli
amministratori, i soci hanno diritto al risarcimento del danno a carico del
patrimonio sociale, salva l'azione contro gli amministratori (2740). Art. 2282
Ripartizione dell'attivo Estinti i debiti sociali, l'attivo residuo è destinato
al rimborso dei conferimenti (2253). L'eventuale eccedenza è ripartita tra i
soci in proporzione della parte di ciascuno nei guadagni (2265). L'ammontare
dei conferimenti non aventi per oggetto somme di danaro è determinato secondo
la valutazione che ne è stata fatta nel contratto o, in mancanza, secondo il
valore che essi avevano nel momento in cui furono eseguiti. Art. 2283
Ripartizione di beni in natura Se è convenuto che la ripartizione dei beni sia
fatta in natura, si applicano le disposizioni sulla divisione delle cose comuni
(719 e seguenti, 1111 e seguenti). Sezione V Dello scioglimento del rapporto
sociale limitatamente a un socio Art. 2284 Morte del socio Salvo contraria
disposizione del contratto sociale, in caso di morte di uno dei soci, gli altri
devono liquidare la quota agli eredi, a meno che preferiscano sciogliere la
società ovvero continuarla con gli eredi stessi e questi vi acconsentano. Art.
2285 Recesso del socio Ogni socio può recedere dalla società quando questa è
contratta a tempo indeterminato o per tutta la vita di uno dei soci. Può
inoltre recedere nei casi previsti nel contratto sociale ovvero quando sussiste
una giusta causa (2900). Nei casi previsti nel primo comma il recesso deve
essere comunicato agli altri soci con un preavviso di almeno tre mesi. Art. 2286
Esclusione L'esclusione di un socio può avere luogo per gravi inadempienze
delle obbligazioni che derivano dalla legge o dal contratto sociale (2301,
2320), nonché per l'interdizione, l'inabilitazione del socio (414 e e seguente,
att. 208) o per la sua condanna ad una pena che importa l'interdizione, anche
temporanea, dai pubblici uffici. Il socio che ha conferito nella società la
propria opera o il godimento di una cosa può altresì essere escluso per la
sopravvenuta inidoneità a svolgere l'opera conferita o per il perimento della
cosa dovuto a causa non imputabile agli amministratori. Parimenti può essere
escluso il socio che si è obbligato con il conferimento a trasferire la
proprietà di una cosa, se questa è perita prima che la proprietà sia acquistata
dalla società (1465, att. 208). Art. 2287 Procedimento di esclusione
L'esclusione è deliberata dalla maggioranza dei soci, non computandosi nel
numero di questi il socio da escludere, ed ha effetto decorsi trenta giorni
dalla data della comunicazione al socio escluso. Entro questo termine (2964) il
socio escluso può fare opposizione davanti al tribunale, il quale può
sospendere l'esecuzione. Se la società si compone di due soci, l'esclusione di
uno di essi è pronunciata dal tribunale, su domanda dell'altro. Art. 2288
Esclusione di diritto E' escluso di diritto il socio che sia dichiarato
fallito. Parimenti è escluso di diritto il socio nei cui confronti un suo
creditore particolare abbia ottenuto la liquidazione della quota a norma
dell'art. 2270. Art. 2289 Liquidazione della quota del socio uscente Nei casi
in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente a un socio, questi o i
suoi eredi hanno diritto soltanto ad una somma di danaro che rappresenti il
valore della quota. La liquidazione della quota e fatta in base alla situazione
patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento. Se vi
sono operazioni in corso, il socio o i suoi eredi partecipano agli utili e alle
perdite inerenti alle operazioni medesime. Salvo quanto e disposto nell'art.
2270, il pagamento della quota spettante al socio deve essere fatto entro sei
mesi dal giorno in cui si verifica lo scioglimento del rapporto. Art. 2290
Responsabilità del socio uscente o dei suoi eredi Nei casi in cui il rapporto
sociale si scioglie limitatamente a un socio, questi o i suoi eredi sono
responsabili verso i terzi per le obbligazioni sociali (2267) fino al giorno in
cui si verifica lo scioglimento. Lo scioglimento deve essere portato a
conoscenza dei terzi con mezzi idonei; in mancanza non è opponibile ai terzi
che lo hanno senza colpa ignorato. Capo III Della società in nome collettivo
Art. 2291 Nozione Nella società in nome collettivo tutti i soci rispondono
solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali. Il patto contrario
non ha effetto nei confronti dei terzi. Art. 2292 Regime sociale La società in
nome collettivo agisce sotto una ragione sociale costituita dal nome di uno o
più soci con l'indicazione del rapporto sociale (2563, 2567). La società può
conservare nella ragione sociale il nome del socio receduto o defunto, se il
socio receduto o gli eredi del socio defunto vi consentono (att. 207). Art.
2293 Norme applicabili La società in nome collettivo e regolata dalle norme di
questo Capo e, in quanto queste non dispongano, dalle norme del Capo
precedente. Art. 2294 Incapace La partecipazione di un incapace (414 e e
seguente) alla società in nome collettivo è subordinata in ogni caso
all'osservanza delle disposizioni degli artt. 320, 371, 397, 424 e 425 (att.
208). Art. 2295 Atto costitutivo L'atto costitutivo della società deve (1350,
2643) indicare: il cognome e il nome, il luogo e la data di nascita, il
domicilio, la cittadinanza dei soci; la ragione sociale; i soci che hanno
l'amministrazione e la rappresentanza della società; la sede della società e le
eventuali sedi secondarie; l'oggetto sociale; i conferimenti di ciascun socio,
il valore ad essi attribuito e il modo di valutazione; le prestazioni a cui
sono obbligati i soci di opera; le norme secondo le quali gli utili devono
essere ripartiti e la quota di ciascun socio negli utili e nelle perdite; la
durata della società. Art. 2296 Pubblicazione L'atto costitutivo della società,
con sottoscrizione autenticata (2703) dei contraenti, o una copia autentica
(2714) di esso se la stipulazione è avvenuta per atto pubblico (2699), deve
entro trenta giorni essere depositato per l'iscrizione, a cura degli
amministratori (2626), presso l'ufficio del registro delle imprese (2188 e
seguenti; att. 99 e seguenti) nella cui circoscrizione è stabilita la sede
sociale. Se gli amministratori non provvedono al deposito nel termine indicato
nel comma precedente, ciascun socio può provvedervi a spese della società, o
far condannare gli amministratori ad eseguirlo. Se la stipulazione è avvenuta
per atto pubblico, è obbligato ad eseguire il deposito anche il notaio (2626).
Art. 2297 Mancata registrazione Fino a quando la società non è iscritta nel
registro delle imprese (att. 99 e seguenti), i rapporti tra la società e i
terzi, ferma restando la responsabilità illimitata e solidale di tutti i soci,
sono regolati dalle disposizioni relative alla società semplice. Tuttavia si
presume che ciascun socio che agisce per la società abbia la rappresentanza
sociale, anche in giudizio. I patti che attribuiscono la rappresentanza ad
alcuno soltanto dei soci o che limitano i poteri di rappresentanza non sono
opponibili ai terzi, a meno che si provi che questi ne erano a conoscenza. Art.
2298 Rappresentanza della società L'am amministratore che ha la rappresentanza
della società può compiere tutti gli atti che rientrano nell'oggetto sociale,
salve le limitazioni che risultano dall'atto costitutivo o dalla procura. Le
limitazioni non sono opponibili ai terzi, se non sono iscritte nel registro
delle imprese (att. 99 e seguenti) o se non si prova che i terzi ne hanno avuto
conoscenza (2193). Gli amministratori che hanno la rappresentanza sociale
devono, entro quindici giorni dalla notizia della nomina, depositare presso
l'ufficio del registro delle imprese le loro firme autografe (2626). Art. 2299
Sedi secondarie Un estratto dell'atto costitutivo deve essere depositato per
l'iscrizione presso l'ufficio del registro delle imprese (att. 99 e seguenti)
del luogo in cui la società istituisce sedi secondarie con una rappresentanza
stabile, entro trenta giorni dall'istituzione delle medesime (2197, 2626).
L'estratto deve indicare l'ufficio del registro presso il quale e iscritta la
società e la data dell'iscrizione. Presso l'ufficio del registro in cui è
iscritta la sede secondaria (2197) deve essere altresì depositata la firma
autografa del rappresentante preposto all'esercizio della sede medesima.
L'istituzione di sedi secondarie deve essere denunciata per l'iscrizione nello
stesso termine anche all'ufficio del registro del luogo dove e iscritta la
società (2626). Art. 2300 Modificazioni dell'atto costitutivo Gli
amministratori devono richiedere nel termine di trenta giorni all'ufficio del
registro delle imprese (att. 99 e seguenti), l'iscrizione delle modificazioni dell'atto
costitutivo e degli altri fatti relativi alla società, dei quali è obbligatoria
l'iscrizione (2626). Se la modificazione dell'atto costitutivo risulta da
deliberazione dei soci, questa deve essere depositata in copia autentica (2626,
2703). Le modificazioni dell'atto costitutivo, finché non sono iscritte, non
sono opponibili ai terzi, a meno che si provi che questi ne erano a conoscenza
(2193; att. 211). Art. 2301 Divieto di concorrenza Il socio non può, senza il
consenso degli altri soci, esercitare per conto proprio o altrui una attività
concorrente con quella della società, né partecipare come socio illimitatamente
responsabile (2462) ad altra società concorrente. Il consenso si presume, se
l'esercizio dell'attività o la partecipazione ad altra società preesisteva al
contratto sociale, e gli altri soci ne erano a conoscenza. In caso
d'inosservanza delle disposizioni del primo comma la società ha diritto al
risarcimento del danno, salva l'applicazione dell'art. 2286. Art. 2302
Scritture contabili Gli amministratori devono tenere i libri e le altre
scritture contabili prescritti dall'art. 2214 (art. 200). Art. 2303 Limiti alla
distribuzione degli utili Non può farsi luogo a ripartizione di somme tra soci
se non per utili realmente conseguiti (2621). Se si verifica una perdita del
capitale sociale, non può farsi luogo a ripartizioni di utili fino a che il
capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente. Art. 2304
Responsabilità dei soci I creditori sociali, anche se la società è in liquidazione,
non possono pretendere il pagamento dai singoli soci, se non dopo l'escussione
del patrimonio sociale (2268, 2471). Art. 2305 Creditore particolare del socio
Il creditore particolare del socio, finché dura la società, non può chiedere la
liquidazione della quota del socio debitore. Art. 2306 Riduzione di capitale La
deliberazione di riduzione di capitale, mediante rimborso ai soci delle quote
pagate o mediante liberazione di essi dall'obbligo di ulteriori versamenti, può
essere eseguita soltanto dopo tre mesi dal giorno dell'iscrizione nel registro
delle imprese (att. 99 e seguenti), purché entro questo termine nessun
creditore sociale anteriore all'iscrizione abbia fatto opposizione (2623 n. 1;
att. 211). Il tribunale, nonostante l'opposizione, può disporre che
l'esecuzione abbia luogo, previa prestazione da parte della società di
un'idonea garanzia (1179). Art. 2307 Proroga della società Il creditore
particolare del socio può fare opposizione alla proroga della società, entro
tre mesi dall'iscrizione della deliberazione di proroga nel registro delle
imprese (att. 99 e seguenti). Se l'opposizione è accolta, la società deve,
entro tre mesi dalla notificazione della sentenza, liquidare la quota del socio
debitore dell'opponente (2289). In caso di proroga tacita (2273) ciascun socio
può sempre recedere dalla società, dando preavviso a norma dell'art. 2285, e il
creditore particolare del socio può chiedere la liquidazione della quota del
suo debitore a norma dell'art. 2270 (att. 211). Art. 2308 Scioglimento della
società La società si scioglie, oltre che per le cause indicate dall'art. 2272,
per provvedimento dell'autorità governativa nei casi stabiliti dalla legge, e,
salvo che abbia per oggetto un'attività non commerciale (2195), per la
dichiarazione di fallimento (2711, 2221). Art. 2309 Pubblicazione della nomina
dei liquidatori La deliberazione dei soci o la sentenza che nomina i
liquidatori e ogni atto successivo che importa cambiamento nelle persone dei
liquidatori devono essere, entro quindici giorni dalla notizia della nomina,
depositati in copia autentica a cura dei liquidatori medesimi per l'iscrizione
presso l'ufficio del registro delle imprese (2452, 2626). I liquidatori devono
altresì depositare presso lo stesso ufficio le loro firme autografe. Art. 2310
Rappresentanza della società di liquidazione Dall'iscrizione della nomina dei
liquidatori la rappresentanza della società, anche in giudizio, spetta ai
liquidatori (att. 218). Art. 2311 Bilancio finale di liquidazione e piano di
riparto Compiuta la liquidazione, i liquidatori devono redigere il bilancio
finale e proporre ai soci il piano di riparto (2621). Il bilancio, sottoscritto
dai liquidatori, e il piano di riparto devono essere comunicati mediante
raccomandata ai soci, e s'intendono approvati se non sono stati impugnati nel
termine di due mesi dalla comunicazione (2964 e seguenti). In caso
d'impugnazione del bilancio e del piano di riparto, il liquidatore può chiedere
che le questioni relative alla liquidazione siano esaminate separatamente da
quelle relative alla divisione, alle quali il liquidatore può restare estraneo.
Con l'approvazione del bilancio i liquidatori sono liberati di fronte ai soci
(2452). Art. 2312 Cancellazione della società Approvato il bilancio finale di
liquidazione i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal
registro delle imprese. Dalla cancellazione della società i creditori sociali
che non sono stati soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti
dei soci e, se il mancato pagamento e dipeso da colpa dei liquidatori, anche
nei confronti di questi. Le scritture contabili e i documenti che non spettano
ai singoli soci sono depositati presso la persona designata dalla maggioranza.
Le scritture contabili e i documenti devono essere conservati per dieci anni a
decorrere dalla cancellazione della società dal registro delle imprese (att.
218). Capo IV Della società in accomandita semplice Art. 2313 Nozione Nella
società in accomandita semplice i soci accomandatari rispondono solidalmente e
illimitatamente (2740) per le obbligazioni sociali, e i soci accomandanti
rispondono limitatamente alla quota conferita. Le quote di partecipazione dei
soci non possono essere rappresentate da azioni. Art. 2314 Ragione sociale La
società agisce sotto una ragione sociale costituita dal nome di almeno uno dei
soci accomandatari, con l'indicazione di società in accomandita semplice, salvo
il disposto del secondo comma dell'art. 2292 (2564, 2567). L'accomandante, il
quale consente che il suo nome sia compreso nella ragione sociale, risponde di
fronte ai terzi illimitatamente (2740) e solidalmente (1292) con i soci
accomandatari per le obbligazioni sociali. Art. 2315 Norme applicabili Alla
società in accomandita semplice si applicano le disposizioni relative alla società
in nome collettivo, in quanto siano compatibili con le norme seguenti. Art.
2316 Atto costitutivo L'atto costitutivo (1350, 2693) deve indicare i soci
accomandatari e i soci accomandanti. Art. 2317 Mancata registrazione Fino a
quando la società non è iscritta nel registro delle imprese (att. 99 e
seguenti), ai rapporti fra la società e i terzi si applicano le disposizioni
dell'art. 2297. Tuttavia per le obbligazioni sociali i soci accomandanti
rispondono limitatamente alla loro quota, salvo che abbiano partecipato alle
operazioni sociali. Art. 2318 Soci accomandatari I soci accomandatari hanno i
diritti e gli obblighi dei soci della società in nome collettivo.
L'amministrazione della società può essere conferita soltanto a soci
accomandatari. Art. 2319 Nomina e revoca degli amministratori Se l'atto
costitutivo non dispone diversamente, per la nomina degli amministratori e per
la loro revoca nel caso indicato nel secondo comma dell'art. 2259 sono
necessari il consenso dei soci accomandatari e l'approvazione di tanti soci
accomandanti che rappresentino la maggioranza del capitale da essi
sottoscritto. Art. 2320 Soci accomandatari I soci accomandanti non possono
compiere atti di amministrazione, né trattare o concludere affari in nome della
società, se non in forza di procura speciale per singoli affari. Il socio
accomandante che contravviene a tale divieto assume responsabilità illimitata
(2740) e solidale (1292) verso i terzi per tutte le obbligazioni sociali e può
essere escluso a norma dell'art. 2286. I soci accomandanti possono tuttavia
prestare la loro opera sotto la direzione degli amministratori e, se l'atto
costitutivo lo consente, dare autorizzazioni e pareri per determinate
operazioni e compiere atti di ispezione e di sorveglianza. In ogni caso essi
hanno diritto di avere comunicazione annuale del bilancio e del conto dei
profitti e delle perdite, e di controllarne l'esattezza, consultando i libri e
gli altri documenti della società. Art. 2321 Utili percepiti in buona fede I
soci accomandanti non sono tenuti alla restituzione degli utili riscossi in
buona fede secondo il bilancio regolarmente approvato. Art. 2322 Trasferimento
della quota La quota di partecipazione del socio accomandante è trasmissibile
per causa di morte. Salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo, la quota
può essere ceduta, con effetto verso la società, con il consenso dei soci che
rappresentano la maggioranza del capitale. Art. 2323 Cause di scioglimento La
società si scioglie, oltre che per le cause previste nell'art. 2308 (2322),
quando rimangono soltanto soci accomandanti o soci accomandatari, sempreché nel
termine di sei mesi non sia stato sostituito il socio che è venuto meno (2711).
Se vengono a mancare tutti gli accomandatari, per il periodo indicato dal comma
precedente gli accomandanti nominano un amministratore provvisorio per il
compimento degli atti di ordinaria amministrazione. L'amministratore
provvisorio non assume la qualità di socio accomandatario. Art. 2324 Diritti
dei creditori sociali dopo la liquidazione Salvo il diritto previsto dal
secondo comma dell'art. 2312 nei confronti degli accomandatari e dei
liquidatori, i creditori sociali che non sono stati soddisfatti nella
liquidazione della società possono far valere i loro crediti anche nei
confronti degli accomandanti, limitatamente alla quota di liquidazione (att.
218). Capo V Della società per azioni Sezione I Disposizioni generali Art. 2325
Nozione Nella società per azioni per le obbligazioni sociali risponde soltanto
la società con il suo patrimonio. Le quote di partecipazione dei soci sono
rappresentate da azioni (2346 e seguenti). Art. 2326 Denominazione sociale La
denominazione sociale, in qualunque modo formata, deve contenere l'indicazione
di società per azioni (2564, 2567). Art. 2327 Ammontare minimo del capitale La
società per azioni deve costituirsi (2445) con un capitale non inferiore a 200
milioni di lire (att. 215). Art. 2328 Atto costitutivo La società deve
costituirsi per atto pubblico (2643, 2699, 2725). L'atto costitutivo deve
indicare: il cognome ed il nome, il luogo e la data di nascita, il domicilio e
la cittadinanza dei soci e degli eventuali promotori, nonché il numero delle
azioni sottoscritte da ciascuno di essi; la denominazione, la sede della
società e le eventuali sedi secondarie; l'oggetto sociale; l'ammontare del
capitale sottoscritto e versato; il valore nominale e il numero delle azioni e
se queste sono nominative o al portatore (2355); il valore dei crediti e dei
beni conferiti in natura (2343 e seguenti); le norme secondo le quali gli utili
devono essere ripartiti (2433); la partecipazione agli utili eventualmente
accordata ai promotori o ai soci fondatori (2337, 2431); il numero degli
amministratori e i loro poteri, indicando quali tra essi hanno la
rappresentanza della società (2383); il numero dei componenti il collegio
sindacale (2397 e seguenti); la durata della società; l'importo globale, almeno
approssimativo, delle spese per la costituzione poste a carico della società.
Lo statuto contenente le norme relative al funzionamento della società, anche
se forma oggetto di atto separato, si considera parte integrante dell'atto
costitutivo e deve essere a questo allegato (2475). Art. 2329 Condizioni per la
costituzione Per procedere alla costituzione della società è necessario: che
sia sottoscritto per intero il capitale sociale; che siano versati presso un
istituto di credito (att. 251) almeno i tre decimi dei conferimenti in danaro;
che sussistano le autorizzazioni governative e le altre condizioni richieste
dalle leggi speciali per la costituzione della società, in relazione al suo
particolare oggetto. Le somme depositate a norma del n. 2 del comma precedente
non possono essere consegnate agli amministratori se non provano l'avvenuta
iscrizione della società nel registro delle imprese. L'istituto di credito è
responsabile nei confronti della società e dei terzi per l'inosservanza del
presente divieto. Se non entro anno dal deposito l'iscrizione non ha avuto
luogo , le somme di cui al comma precedente devono essere restituite ai sottoscrittori.
(2475). NOTA La costituzione di società con capitale superiore a 10 miliardi è
subordinata a preventiva autorizzazione del Ministero del tesoro (Legge 4
giugno 1985, n. 281). Art. 2330 Deposito dell'atto costitutivo e iscrizione
della società Il notaio che ha ricevuto l'atto costitutivo deve depositarlo
entro trenta giorni presso l'ufficio del registro delle imprese nella cui
circoscrizione è stabilita la sede sociale, allegando i documenti comprovanti
l'avvenuto versamento dei decimi in danaro e, per i conferimenti di beni in
natura o di crediti, la relazione indicata nell'art. 2343, nonché le eventuali
autorizzazioni richieste per la costituzione della società. Se il notaio o gli
amministratori non provvedono al deposito dell'atto costitutivo e degli
allegati nel termine indicato nel comma precedente, ciascun socio può
provvedervi a spese della società o far condannare gli amministratori ad
eseguirlo. Il tribunale, verificato l'adempimento delle condizioni stabilite
dalla legge per la costituzione della società, e sentito il pubblico ministero,
ordina l'iscrizione della società nel registro. Il decreto del tribunale è
soggetto a reclamo davanti alla corte di appello entro trenta giorni (2964)
dalla comunicazione. Se la società istituisce sedi secondarie, si applica
l'art. 2299. Art. 2330 bis Pubblicazione dell'atto costitutivo L'atto
costitutivo e lo statuto devono essere pubblicati nel Bollettino ufficiale
delle società per azioni e a responsabilità limitata. Nel medesimo Bollettino
deve essere fatta menzione del deposito, presso l'ufficio del registro delle
imprese, della relazione indicata nell'art. 2343. Art. 2331 Effetti
dell'iscrizione Con l'iscrizione nel registro (att. 99 e seguenti) la società
acquista la personalità giuridica. Per le operazioni compiute in nome della
società prima dell'iscrizione sono illimitatamente (2740) e solidalmente (art.
1292 e seguenti) responsabili verso i terzi coloro che hanno agito (2475).
L'emissione e la vendita delle azioni prima dell'iscrizione della società sono
nulle (1421 e seguenti). Art. 2332 Nullità della società Avvenuta l'iscrizione
nel registro delle imprese, la nullità della società può essere pronunciata
soltanto nei seguenti casi: mancanza dell'atto costitutivo; mancata
stipulazione dell'atto costitutivo nella forma di atto pubblico; inosservanza
delle disposizioni di cui all'art. 2330 relative al controllo preventivo
illiceità o contrarietà all'ordine pubblico dell'oggetto sociale; mancanza
nell'atto costitutivo o nello statuto di ogni indicazione riguardante la
denominazione della società, o i conferimenti, o l'ammontare del capitale
sottoscritto o l'oggetto sociale; inosservanza della disposizione di cui
all'art. 2329, n. 2; incapacità di tutti i soci fondatori; mancanza della
pluralità dei fondatori. La dichiarazione di nullità non pregiudica l'efficacia
degli atti compiuti in nome della società dopo l'iscrizione nel registro delle
imprese. I soci non sono liberati dall'obbligo dei conferimenti fino a quando
non sono soddisfatti i creditori sociali. La sentenza che dichiara la nullità
nomina i liquidatori. La nullità non può essere dichiarata quando la causa di
essa è stata eliminata per effetto di una modificazione dell'atto costitutivo
iscritta nel registro delle imprese (2475). Sezione II Della costituzione
mediante pubblica sottoscrizione Art. 2333 Programma e sottoscrizione delle
azioni La società può essere costituita anche per mezzo di pubblica
sottoscrizione sulla base di un programma che ne indichi l'oggetto e il
capitale, le principali disposizioni dell'atto costitutivo, l'eventuale
partecipazione che i promotori si riservano agli utili e il termine entro il
quale deve essere stipulato l'atto costitutivo. Il programma con le firme
autenticate (2703) dei promotori, prima di essere reso pubblico, deve essere
depositato presso un notaio. Le sottoscrizioni delle azioni devono risultare da
atto pubblico o da scrittura privata autenticata (2699 e seguenti). L'atto deve
indicare il cognome e il nome, il domicilio o la sede del sottoscrittore, il
numero delle azioni sottoscritte e la data della sottoscrizione. Art. 2334
Versamenti e convocazione dell'assemblea dei sottoscrittori Raccolte le
sottoscrizioni, i promotori, con raccomandata o nella forma prevista nel
programma, devono assegnare ai sottoscrittori un termine non superiore ad un
mese per fare il versamento prescritto dal n. 2 dell'art. 2329. Decorso
inutilmente questo termine, è in facoltà dei promotori di agire contro i
sottoscrittori morosi o di scioglierli dall'obbligazione assunta. Qualora i
promotori si avvalgano di quest'ultima facoltà, non può procedersi alla
costituzione della società prima che siano collocate le azioni che quelli
avevano sottoscritte. Salvo che il programma stabilisca un termine diverso, i
promotori, nei venti giorni successivi al termine fissato per il versamento
prescritto dal n. 2 dell'art. 2329, devono convocare l'assemblea dei
sottoscrittori mediante raccomandata, da inviarsi a ciascuno di essi almeno
dieci giorni prima di quello fissato per l'assemblea, con l'indicazione delle
materie da trattare. Art. 2335 Assemblea dei sottoscrittori L'assemblea dei
sottoscrittori: accerta l'esistenza delle condizioni richieste per la
costituzione della società delibera sul contenuto dell'atto costitutivo;
delibera sulla riserva di partecipazione agli utili fatta a proprio favore dai
promotori; nomina gli amministratori e i membri del collegio sindacale.
L'assemblea è validamente costituita con la presenza della metà dei
sottoscrittori. Ciascun sottoscrittore ha diritto a un voto, qualunque sia il
numero delle azioni sottoscritte, e per la validità delle deliberazioni si
richiede il voto favorevole della maggioranza dei presenti. Tuttavia per
modificare le condizioni stabilite nel programma è necessario il consenso di
tutti i sottoscrittori. Art. 2336 Stipulazione e deposito dell'atto costitutivo
Eseguito quanto è prescritto nell'articolo precedente, gli intervenuti
all'assemblea, in rappresentanza anche dei sottoscrittori assenti, stipulano
l'atto costitutivo, che deve essere depositato per l'iscrizione nel registro
delle imprese a norma dell'art. 2330 (2626). Sezione III Dei promotori e dei
soci fondatori Art. 2337 Promotori Sono promotori coloro che nella costituzione
per pubblica sottoscrizione hanno firmato il programma a norma del secondo
comma dell'art. 2333. Art. 2338 Obbligazioni dei promotori I promotori sono
solidalmente responsabili (1292 e seguenti, 2691) verso i terzi per le
obbligazioni assunte per costituire la società. La società è tenuta a rilevare
i promotori dalle obbligazioni assunte e a rimborsare loro le spese sostenute,
sempreché siano state necessarie per la costituzione della società o siano
state approvate dall'assemblea. Se per qualsiasi ragione la società non si
costituisce, i promotori non possono rivalersi verso i sottoscrittori delle
azioni. Art. 2339 Responsabilità dei promotori I promotori sono solidalmente
responsabili (1292 e seguenti, 2691) verso la società e verso i terzi: per
l'integrale sottoscrizione del capitale sociale e per i versamenti richiesti
per la costituzione della società; per l'esistenza dei conferimenti in natura
in conformità della relazione giurata indicata nell'art. 2343; per la
veridicità delle comunicazioni da essi fatte al pubblico per la costituzione
della società (2621). Sono del pari solidalmente responsabili verso la società
e verso i terzi coloro per conto dei quali i promotori hanno agito. Art. 2340 I
limiti dei benefici riservati ai promotori I promotori possono riservarsi
nell'atto costitutivo, indipendentemente dalla loro qualità di soci, una
partecipazione non superiore complessivamente a un decimo degli utili netti
risultanti dal bilancio e per un periodo massimo di cinque anni. Essi non
possono stipulare a proprio vantaggio altro beneficio. Art. 2341 Soci fondatori
Le disposizioni dell'articolo precedente si applicano anche ai soci che nella
costituzione simultanea o in quella per pubblica sottoscrizione stipulano
l'atto costitutivo. Sezione IV Dei conferimenti Art. 2342 Conferimenti Se
nell'atto costitutivo non è stabilito diversamente, il conferimento deve farsi
in danaro. Per i conferimenti di beni in natura e di crediti si osservano le
disposizioni degli artt. 2254 e 2255. Le azioni corrispondenti a tali
conferimenti devono essere integralmente liberate al momento della
sottoscrizione. Non possono formare oggetto di conferimento le prestazioni di
opera o di servizi. Art. 2343 Stima dei conferimenti di beni in natura e di
crediti Chi conferisce beni in natura o crediti deve presentare la relazione
giurata di un esperto designato dal presidente del tribunale, contenente la
descrizione dei beni o dei crediti conferiti, il valore a ciascuno di essi
attribuito, i criteri di valutazione seguiti, nonché l'attestazione che il
valore attribuito non è inferiore al valore nominale, aumentato dell'eventuale
sopraprezzo, delle azioni emesse a fronte del conferimento. La relazione deve
essere allegata all'atto costitutivo. All'esperto nominato dal presidente del
tribunale si applicano le disposizioni dell'art. 64 Cod. Proc. Civ. Gli
amministratori e i sindaci devono, nel termine di sei mesi dalla costituzione
della società, controllare le valutazioni contenute nella relazione indicata
nel 1° comma e, se sussistano fondati motivi, devono procedere alla revisione
della stima. Fino a quando le valutazioni non sono state controllate, le azioni
corrispondenti ai conferimenti sono inalienabili e devono restare depositate
presso la società. Se risulta che il valore dei beni o dei crediti conferiti
era inferiore di oltre un quinto a quello per cui avvenne il conferimento, la
società deve proporzionalmente ridurre il capitale sociale, annullando le
azioni che risultano scoperte. Tuttavia il socio conferente può versare la
differenza in danaro o recedere dalla società. Art. 2343-bis Acquisto della
società da promotori, fondatori, soci e amministratori L'acquisto da parte
della società, per un corrispettivo pari o superiore al decimo del capitale
sociale, di beni o di crediti dei promotori, dei fondatori, dei soci o degli
amministratori, nei due anni dalla iscrizione della società nel registro delle
imprese, deve essere autorizzato dall'assemblea ordinaria. L'alienante deve
presentare la relazione giurata di un esperto designato dal presidente del
tribunale contenente la descrizione dei beni o dei crediti, il valore a
ciascuno di essi attribuito, i criteri di valutazione seguiti, nonché
l'attestazione che tale valore non è inferiore al corrispettivo, che deve
comunque essere indicato. La relazione deve essere depositata nella sede della
società durante i quindici giorni che precedono l'assemblea. I soci possono
prenderne visione. Entro trenta giorni dall'autorizzazione il verbale
dell'assemblea, corredato dalla relazione dell'esperto designato dal presidente
del tribunale, deve essere depositato a cura degli amministratori presso
l'ufficio del registro delle imprese; del deposito deve essere fatta menzione
nel Bollettino ufficiale delle società per azioni e a responsabilità limitata.
Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli acquisti che siano
effettuati a condizioni normali nell'ambito delle operazioni correnti della
società ne a quelli che avvengono in borsa o sotto il controllo dell'autorità
giudiziaria o amministrativa. Art. 2344 Mancato pagamento delle quote Se il
socio non esegue il pagamento delle quote dovute, gli amministratori, decorsi
quindici giorni dalla pubblicazione di una diffida nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica, possono far vendere le azioni a suo rischio e per suo conto,
a mezzo di un agente di cambio o di un istituto di credito (att. 251). Qualora
la vendita non possa aver luogo per mancanza di compratori, gli amministratori
possono dichiarare decaduto il socio, trattenendo le somme riscosse, salvo il
risarcimento dei maggiori danni. Le azioni non vendute, se non possono essere
rimesse in circolazione entro l'esercizio in cui fu pronunziata la decadenza
del socio moroso, devono essere estinte con la corrispondente riduzione del
capitale. Il socio in mora nei versamenti non può esercitare il diritto di voto.
Art. 2345 Prestazioni accessorie Oltre l'obbligo dei conferimenti, l'atto
costitutivo può stabilire l'obbligo dei soci di eseguire prestazioni accessorie
non consistenti in denaro, determinandone il contenuto, la durata, le modalità
e il compenso, e stabilendo particolari sanzioni per il caso d'inadempimento.
Nella determinazione del compenso devono essere osservate le norme
(corporative) applicabili ai rapporti aventi per oggetto le stesse prestazioni.
Le azioni alle quali è connesso l'obbligo delle prestazioni anzidette devono
essere nominative e non sono trasferibili senza il consenso degli
amministratori. Se non è diversamente disposto dall'atto costitutivo, gli
obblighi previsti in questo articolo non possono essere modificati senza il
consenso di tutti i soci. Sezione V Delle azioni Art. 2346 Emissione delle
azioni Le azioni non possono emettersi per somma inferiore al loro valore
nominale (2630, 2438). Art. 2347 Indivisibilità delle azioni Le azioni sono
indivisibili (2487). Nel caso di comproprietà di un'azione, i diritti dei
comproprietari devono essere esercitati da un rappresentante comune. Se il
rappresentante comune non è stato nominato, le comunicazioni e le dichiarazioni
fatte dalla società a uno dei comproprietari sono efficaci nei confronti di
tutti. I comproprietari dell'azione rispondono solidalmente (1292) delle
obbligazioni da essa derivanti. Art. 2348 Categorie di azioni Le azioni devono
essere di uguale valore e conferiscono ai loro possessori uguali diritti
(2521). Si possono tuttavia creare categorie di azioni fornite di diritti
diversi con l'atto costitutivo o con successive modificazioni di questo (2369,
2436 e seguenti). Art. 2349 Azioni a favore dei prestatori di lavoro In caso di
assegnazione straordinaria di utili ai prestatori di lavoro dipendenti dalla
società, possono essere emesse, per un ammontare corrispondente agli utili
stessi, speciali categorie di azioni da assegnare individualmente ai prestatori
di lavoro, con norme particolari riguardo alla forma, al modo di trasferimento
ed ai diritti spettanti agli azionisti. Il capitale sociale deve essere
aumentato in misura corrispondente (2521). Art. 2350 Diritto agli utili e alla
quota di liquidazione Ogni azione attribuisce il diritto a una parte
proporzionale degli utili netti (2433) del patrimonio netto risultante dalla
liquidazione, salvi i diritti stabiliti a favore di speciali categorie di
azioni a norma degli articoli precedenti. Art. 2351 Diritto di voto Ogni azione
attribuisce il diritto di voto. L'atto costitutivo può tuttavia stabilire che
le azioni privilegiate nella ripartizione degli utili e nel rimborso del
capitale allo scioglimento della società abbiano diritto di voto soltanto nelle
deliberazioni previste nell'art. 2365. Le azioni con voto limitato non possono
superare la metà del capitale sociale. Non possono emettersi azioni a voto
plurimo (att. 212). Art. 2352 Pegno e usufrutto di azioni Nel caso di pegno
(2086) o di usufrutto (981) sulle azioni (1997 e seguente), il diritto di voto
spetta, salvo convenzione contraria, al creditore pignoratizio o
all'usufruttuario. Se le azioni attribuiscono un diritto di opzione (2441),
questo spetta al socio. Qualora il socio non provveda almeno tre giorni (2964)
prima della scadenza al versamento delle somme necessarie per l'esercizio del
diritto di opzione, questo deve essere alienato per conto del socio medesimo a
mezzo di un agente di cambio o di un istituto di credito (att. 251). Se sono
richiesti versamenti sulle azioni, nel caso di pegno, il socio deve provvedere
al versamento delle somme necessarie almeno tre giorni prima della scadenza; in
mancanza, il creditore pignoratizio può vendere le azioni nel modo stabilito
dal comma precedente. Nel caso di usufrutto, l'usufruttuario deve provvedere al
versamento, salvo il suo diritto alla restituzione al termine dell'usufrutto.
Se l'usufrutto spetta a più persone, si applica il secondo comma dell'art.
2347. Art. 2353 Azioni di godimento Salvo diversa disposizione dell'atto
costitutivo, le azioni di godimento attribuite ai possessori delle azioni
rimborsate non danno diritto di voto nell'assemblea. Esse concorrono nella
ripartizione degli utili che residuano dopo il pagamento delle azioni non
rimborsate di un dividendo pari all'interesse legale (1284) e, in caso di
liquidazione, nella ripartizione del patrimonio sociale residuo dopo il
rimborso delle altre azioni al loro valore nominale. Art. 2354 Contenuto delle
azioni Le azioni (2521) devono indicare: la denominazione, la sede e la durata
della società; la data dell'atto costitutivo e della sua iscrizione, e
l'ufficio del registro delle imprese dove la società è iscritta; il loro valore
nominale e l'ammontare del capitale sociale; l'ammontare dei versamenti
parziali sulle azioni non interamente liberate; i diritti e gli obblighi particolari
ad esse inerenti. Le azioni devono essere sottoscritte da uno degli
amministratori. E' valida la sottoscrizione mediante riproduzione meccanica
della firma, purché l'originale sia depositato presso l'ufficio del registro
delle imprese ove è iscritta la società. Le disposizioni di questo articolo si
applicano anche ai certificati provvisori che si distribuiscono ai soci prima
dell'emissione dei titoli definitivi (2633). Art. 2355 Azioni nominative e al
portatore Le azioni possono essere nominative o al portatore (att. 109), a
scelta dell'azionista, se l'atto costitutivo non stabilisce che devono essere
nominative. Le azioni non possono essere al portatore, finché non siano
interamente liberate. L'atto costitutivo può sottoporre a particolari condizioni
l'alienazione delle azioni nominative. NOTA Art 22 della Legge 4 giugno 1985,
n. 281: "Sono inefficaci le clausole degli atti costitutivi di società per
azioni, le quali subordinano gli effetti del trasferimento delle azioni al mero
gradimento di organi sociali". Art. 2356 Responsabilità in caso di
trasferimento di azioni non liberate Coloro che hanno trasferito azioni non
liberate sono obbligati solidalmente (1292 e seguenti) con gli acquirenti per
l'ammontare dei versamenti ancora dovuti, per il periodo di tre anni dal
trasferimento. Il pagamento non può essere ad essi domandato se non nel caso in
cui la richiesta al possessore dell'azione sia rimasta infruttuosa. Art. 2357
Acquisto delle proprie azioni La società non può acquistare azioni proprie se non
nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti
dall'ultimo bilancio regolarmente approvato. Possono essere acquistate soltanto
azioni interamente liberate. L'acquisto deve essere autorizzato dall'assemblea,
la quale ne fissa le modalità, indicando in particolare il numero massimo di
azioni da acquistare, la durata, non superiore ai diciotto mesi, per la quale
l'autorizzazione è accordata, il corrispettivo minimo ed il corrispettivo
massimo. In nessun caso il valore nominale delle azioni acquistate a norma dei
commi precedenti può eccedere la decima parte del capitale sociale, tenendosi
conto a tal fine anche delle azioni possedute da società controllate. Le azioni
acquistate in violazione dei commi precedenti debbono essere alienate secondo
modalità da determinarsi dall'assemblea, entro un anno dal loro acquisto. In
mancanza, deve procedersi senza indugio al loro annullamento e alla
corrispondente riduzione del capitale. Qualora l'assemblea non provveda, gli
amministratori e i sindaci devono chiedere che la riduzione sia disposta dal
tribunale secondo il procedimento previsto dall'art. 2446, 2° comma. Le
disposizioni del presente articolo si applicano anche agli acquisti fatti per
tramite di società fiduciaria o per interposta persona. Art. 2357-bis Casi
speciali di acquisto delle proprie azioni Le limitazioni contenute
nell'articolo precedente non si applicano quando l'acquisto di azioni proprie
avvenga: in esecuzione di una deliberazione dell'assemblea di riduzione del
capitale, da attuarsi mediante riscatto e annullamento di azioni; a titolo
gratuito, sempre che si tratti di azioni interamente liberate; per effetto di
successione universale o di fusione; in occasione di esecuzione forzata per il
soddisfacimento di un credito della società, sempre che si tratti di azioni
interamente liberate. Se il valore nominale delle azioni proprie supera il
limite della decima parte del capitale per effetto di acquisti avvenuti a norma
dei numeri 2), 3) e 4) del 1' comma del presente articolo, si applica per
l'eccedenza il penultimo comma dell'articolo precedente, ma il termine entro il
quale deve avvenire l'alienazione è di tre anni. Art. 2357 ter Disciplina delle
proprie azioni Gli amministratori non possono disporre delle azioni acquistate a
norma dei due articoli precedenti se non previa autorizzazione dell'assemblea,
la quale deve stabilire le relative modalità. Finché le azioni restano in
proprietà della società, il diritto agli utili e il diritto di opzione sono
attribuiti proporzionalmente alle altre azioni. Il diritto di voto è sospeso,
ma le azioni proprie sono tuttavia computate nel capitale ai fini del calcolo
delle quote richieste per la costituzione e per le deliberazioni
dell'assemblea. Una riserva indisponibile pari all'importo delle azioni proprie
iscritto all'attivo del bilancio deve essere costituita e mantenuta nonché le
azioni non siano trasferite o annullate. Art. 2357 quater Divieto di
sottoscrizione delle proprie azioni In nessun caso la società può sottoscrivere
azioni proprie. Le azioni sottoscritte in violazione del divieto stabilito nel
precedente comma si intendono sottoscritte e devono essere liberate dai
promotori e dai soci fondatori o, in caso di aumento del capitale sociale,
dagli amministratori. La presente disposizione non si applica a chi dimostri di
essere esente da colpa. Chiunque abbia sottoscritto in nome proprio, ma per
conto della società, azioni di quest'ultima è considerato a tutti gli effetti
sottoscrittore per conto proprio. Della liberazione delle azioni rispondono
solidalmente, salvo che non dimostrino di essere esenti da colpa, i promotori,
i soci fondatori e, nel caso di aumento del capitale sociale, gli
amministratori. Art. 2358 Altre operazioni sulle proprie azioni La società non
può accordare prestiti, né fornire garanzie per l'acquisto o la sottoscrizione
delle azioni proprie. La società non può, neppure per tramite di società
fiduciaria, o per interposta persona, accettare azioni proprie in garanzia. Le
disposizioni dei due commi precedenti non si applicano alle operazioni
effettuate per favorire l'acquisto di azioni da parte di dipendenti della
società o di quelli di società controllanti o controllate. In questi casi
tuttavia le somme impiegate e le garanzie prestate debbono essere contenute nei
limiti degli utili distribuibili regolarmente accertati e delle riserve
disponibili risultanti dall'ultimo bilancio regolarmente approvato. Art. 2359
Società controllate e società collegate Sono considerate società controllate:
le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti
esercitabili nell'assemblea ordinaria; le società in cui un'altra società
dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante
nell'assemblea ordinaria; le società che sono sotto influenza dominante di
un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa. Ai fini
dell'applicazione dei nn. 1 e 2 del l° comma si computano anche i voti
spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta;
non si computano i voti spettanti per conto di terzi. Sono considerate
collegate le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza
notevole. L'influenza si presume quando nell'assemblea ordinaria può essere
esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni
quotate in borsa. Art. 2359-bis Acquisto di azioni o quote da parte di società
controllate La società controllata non può acquistare azioni o quote della
società controllante se non nei limiti degli utili distribuibili e delle
riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio regolarmente approvato.
Possono essere acquistate soltanto azioni interamente liberate. L'acquisto deve
essere autorizzato dall'assemblea a norma del secondo comma dell'art. 2357. In
nessun caso il valore nominale delle azioni o quote acquistate a norma dei
commi precedenti può eccedere la decima parte del capitale della società
controllante, tenendosi conto a tal fine delle azioni o quote possedute dalla
medesima società controllante e dalle società da essa controllate. Una riserva
indisponibile, pari all'importo delle azioni o quote della società controllante
iscritto all'attivo del bilancio, deve essere costituita e mantenuta finché le
azioni o quote non siano trasferite. La società controllata da altra società
non può esercitare il diritto di voto nelle assemblee di questa. Le
disposizioni di questo articolo si applicano anche agli acquisti fatti per
tramite di società fiduciaria o per interposta persona. Art. 2359-ter
Alienazione o annullamento delle azioni o quote della società controllante Le
azioni o quote acquistate in violazione dell'art. 2359 bis devono essere
alienate secondo modalità da determinarsi dall'assemblea entro un anno dal loro
acquisto. In mancanza, la società controllante deve procedere senza indugio al
loro annullamento e alla corrispondente riduzione del capitale, con rimborso
secondo i criteri indicati dall'art. 2437. Qualora l'assemblea non provveda,
gli amministratori e i sindaci devono chiedere che la riduzione sia disposta
dal tribunale secondo il procedimento previsto dall'art. 2446, secondo comma.
Art. 2359 quater Casi speciali di acquisto o di possesso di azioni o quote
della società controllante Le limitazioni dell'art. 2359 bis non si applicano
quando l'acquisto avvenga ai sensi dei nn. 2, 3 e 4 del primo comma dell'art.
2357 bis. Le azioni o quote così acquistate, che superino il limite stabilito
dal terzo comma dell'art. 2359 bis, devono tuttavia essere alienate, secondo
modalità da determinarsi dall'assemblea entro tre anni dall'acquisto. Si
applica il secondo comma dell'art. 2359 ter. Se il limite indicato dal terzo
comma dell'art. 2359 bis è superato per effetto di circostanze sopravvenute, la
società controllante, entro tre anni dal momento in cui si è verificata la
circostanza che ha determinato il superamento del limite, deve procedere
all'annullamento delle azioni o quote in misura proporzionale a quelle
possedute da ciascuna società, con conseguente riduzione del capitale e con
rimborso alle società controllate secondo i criteri indicati dall'art. 2437.
Qualora l'assemblea non provveda, gli amministratori e i sindaci devono
chiedere che la riduzione sia disposta dal tribunale secondo il procedimento
previsto dall'art. 2446, secondo comma. Art. 2359 quinquies Sottoscrizione di
azioni o quote della società controllante La società controllata non può
sottoscrivere azioni o quote della società controllante. Le azioni o quote
sottoscritte in violazione del comma precedente si intendono sottoscritte e
devono essere liberate dagli amministratori, che non dimostrino di essere
esenti da colpa. Chiunque abbia sottoscritto in nome proprio, ma per conto
della società controllata, azioni o quote della società controllante è
considerato a tutti gli effetti sottoscrittore per conto proprio. Della liberazione
delle azioni o quote rispondono solidalmente gli amministratori della società
controllata che non dimostrino di essere esenti da colpa. Art. 2360 Divieto di
sottoscrizione reciproca d'azioni E' vietato alle società di costituire o di
aumentare il capitale mediante sottoscrizione reciproca di azioni, anche per
tramite di società fiduciaria o per interposta persona. Art. 2361
Partecipazioni L'assunzione di partecipazioni in altre imprese, anche se
prevista genericamente nell'atto costitutivo, non è consentita, se per la
misura e per l'oggetto della partecipazione ne risulta sostanzialmente
modificato l'oggetto sociale determinato dall'atto costitutivo (2360 n. 3; att.
209). Art. 2362 Unico azionista In caso d'insolvenza della società, per le
obbligazioni sociali sorte nel periodo in cui le azioni risultano essere
appartenute ad una sola persona, questa risponde illimitatamenre (att. 209).
Sezione VI Degli organi sociali § 1 Dell'assemblea Art. 2363 Luogo di
convocazione dell'assemblea L'assemblea è convocata dagli amministratori nella
sede della società, se l'atto costitutivo non dispone diversamente. L'assemblea
è ordinaria o straordinaria. Art. 2364 Assemblea ordinaria L'assemblea
ordinaria: approva il bilancio (2432 e seguenti); nomina gli amministratori
(2383), i sindaci (2400) e il presidente del collegio sindacale (2398);
determina il compenso degli amministratori (2389) e dei sindaci (2400), se non
è stabilito nell'atto costitutivo; delibera sugli altri oggetti attinenti alla
gestione della società riservati alla sua competenza dall'atto costitutivo, o
sottoposti al suo esame dagli amministratori, nonché sulla responsabilità degli
amministratori e dei sindaci (2393, 2407 e seguente). L'assemblea ordinaria
deve essere convocata almeno una volta all'anno, entro quattro mesi dalla
chiusura dell'esercizio sociale. L'atto costitutivo può stabilire un termine
maggiore, non superiore in ogni caso a sei mesi, quando particolari esigenze lo
richiedono. Art. 2365 Assemblea straordinaria L'assemblea straordinaria
delibera sulle modificazioni dell'atto costitutivo (2436 e seguenti) e
sull'emissione di obbligazioni (2410 e seguenti). Delibera altresì sulla nomina
e sui poteri dei liquidatori a norma degli artt. 2450 e 2452. Art. 2366
Formalità per la convocazione L'assemblea deve essere convocata dagli
amministratori mediante avviso contenente l'indicazione del giorno, dell'ora e
del luogo dell'adunanza e l'elenco delle materie da trattare (2393). L'avviso
deve essere pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica almeno
quindici giorni prima di quello fissato per l'adunanza. In mancanza delle
formalità suddette, l'assemblea si reputa regolarmente costituita, quando è
rappresentato l'intero capitale sociale e sono intervenuti tutti gli
amministratori e i componenti del collegio sindacale. Tuttavia in tale ipotesi
ciascuno degli intervenuti può opporsi alla discussione degli argomenti sui
quali non si ritenga sufficientemente informato. Art. 2367 Convocazione su
richiesta della minoranza Gli amministratori devono convocare senza ritardo
l'assemblea, quando ne è fatta domanda da tanti soci che rappresentino almeno
il quinto del capitale sociale e nella domanda sono indicati gli argomenti da
trattare (2630-2 n. 2). Se gli amministratori, o in loro vece i sindaci, non
provvedono, la convocazione dell'assemblea è ordinata con decreto del
presidente del tribunale, il quale designa la persona che deve presiederla
(att. 209). Art. 2368 Costituzione dell'assemblea e validità delle
deliberazioni L'assemblea ordinaria è regolarmente costituita con la presenza
di tanti soci che rappresentino almeno la metà del capitale sociale, escluse
dal computo le azioni a voto limitato. Essa delibera a maggioranza assoluta,
salvo che l'atto costitutivo richieda una maggioranza più elevata. Per la
nomina alle cariche sociali l'atto costitutivo può stabilire norme particolari.
L'assemblea straordinaria delibera con il voto favorevole di tanti soci che
rappresentino più della metà del capitale sociale, se l'atto costitutivo non
richiede una maggioranza più elevata. Art. 2369 Seconda convocazione Se i soci
intervenuti non rappresentano complessivamente la parte di capitale richiesta
dall'articolo precedente, l'assemblea deve essere nuovamente convocata.
Nell'avviso di convocazione dell'assemblea può essere fissato il giorno per la
seconda convocazione. Questa non può aver luogo nello stesso giorno fissato per
la prima. Se il giorno per la seconda convocazione non è indicato nell'avviso,
l'assemblea deve essere riconvocata entro trenta giorni dalla data della prima,
e il termine stabilito dal secondo comma dell'art. 2366 è ridotto ad otto
giorni. In seconda convocazione l'assemblea ordinaria delibera sugli oggetti
che avrebbero dovuto essere trattati nella prima, qualunque sia la parte di
capitale rappresentata dai soci intervenuti, e l'assemblea straordinaria
delibera con il voto favorevole di tanti soci che rappresentino più del terzo
del capitale sociale, a meno che l'atto costitutivo richieda una maggioranza
più elevata. Tuttavia anche in seconda convocazione è necessario il voto
favorevole di tanti soci che rappresentino più della metà del capitale sociale
per le deliberazioni concernenti il cambiamento dell'oggetto sociale, la
trasformazione della società (2498 e seguenti), lo scioglimento anticipato di
questa (2448), il trasferimento della sede sociale all'estero e l'emissione di
azioni privilegiate (2348). Art. 2369-bis Assemblea straordinaria in terza
convocazione L'assemblea straordinaria delle società con azioni quotate in
borsa, se i soci intervenuti in seconda convocazione non rappresentano la parte
del capitale necessaria per deliberare, può essere nuovamente convocata entro
trenta giorni. Il termine stabilito dal secondo comma dell'art. 2366 è ridotto
a otto giorni. In terza convocazione l'assemblea delibera con il voto
favorevole di tanti soci che rappresentino più di un quinto del capitale
sociale, a meno che l'atto costitutivo richieda una maggioranza più elevata.
Per le deliberazioni indicate dal quarto comma dell'art. 2369, per quelle
concernenti la riduzione del capitale, quando non siano imposte dalla legge, e
per quelle di fusione e di scissione e tuttavia necessario il voto favorevole
di tanti soci che rappresentino più di un terzo del capitale sociale. Art. 2370
Diritto d'intervento all'assemblea Possono intervenire all'assemblea gli
azionisti (2418) iscritti nel libro dei soci almeno cinque giorni prima di
quello fissato per l'assemblea, e quelli che hanno depositato nel termine
stesso le loro azioni presso la sede sociale o gli istituti di credito indicati
nell'avviso di convocazione. Art. 2371 Presidenza dell'assemblea L'assemblea è
presieduta dalla persona indicata nell'atto costitutivo o, in mancanza, da
quella designata dagli intervenuti. Il presidente è assistito da un segretario
designato nello stesso modo. L'assistenza del segretario non è necessaria
quando il verbale dell'assemblea è redatto da un notaio. Art. 2372
Rappresentanza nell'assemblea Salvo disposizione contraria dell'atto
costitutivo, i soci possono farsi rappresentare nell'assemblea. La
rappresentanza deve essere conferita per iscritto e i documenti relativi devono
essere conservati dalla società. La rappresentanza può essere conferita
soltanto per singole assemblee, con effetto anche per le convocazioni successive.
La delega non può essere rilasciata con il nome del rappresentante in bianco.
Il rappresentante può farsi sostituire solo da chi sia espressamente indicato
nella delega. La rappresentanza non può essere conferita né agli
amministratori, ai sindaci e ai dipendenti della società, né alle società da
essa controllate (2359) e agli amministratori, sindaci e dipendenti di queste,
né ad aziende o istituti di credito. La stessa persona non può rappresentare in
assemblea più di dieci soci o, se si tratta di società con azioni quotate in
borsa, più di cinquanta soci se la società ha capitale non superiore ai dieci
miliardi, più di cento soci se la società ha capitale superiore ai dieci
miliardi e non superiore ai cinquanta miliardi e più di duecento soci se la
società ha capitale superiore ai cinquanta miliardi. Le disposizioni del quarto
e del quinto comma si applicano anche nel caso di girata delle azioni per
procura. Art. 2373 Conflitto d'interessi Il diritto di voto non può essere
esercitato dal socio nelle deliberazioni in cui egli ha, per conto proprio o di
terzi, un interesse in conflitto con quello della società In caso
d'inosservanza della disposizione del comma precedente, la deliberazione,
qualora possa recare danno alla società, è impugnabile a norma dell'art. 2377
se, senza il voto dei soci che avrebbero dovuto astenersi dalla votazione, non
si sarebbe raggiunta la necessaria maggioranza. Gli amministratori non possono
votare nelle deliberazioni riguardanti la loro responsabilità (2393). Le azioni
per le quali, a norma di questo articolo, non può essere esercitato il diritto
di voto sono computate ai fini della regolare costituzione dell'assemblea (2368
e seguente, 2486; att. 209). Art. 2374 Rinvio dell'assemblea I soci intervenuti
che riuniscono il terzo del capitale rappresentato nell'assemblea, se
dichiarano di non essere sufficientemente informati su gli oggetti posti in
deliberazione, possono chiedere che l'adunanza sia rinviata a non oltre tre
giorni. Questo diritto non può esercitarsi che una sola volta per lo stesso
oggetto. Art. 2375 Verbale delle deliberazioni dell'assemblea Le deliberazioni
dell'assemblea devono constare da verbale sottoscritto dal presidente e dal
segretario o dal notaio. Nel verbale devono essere riassunte, su richiesta dei
soci, le loro dichiarazioni. Il verbale dell'assemblea straordinaria deve
essere redatto da un notaio. Art. 2376 Assemblee speciali Se esistono diverse
categorie di azioni (2348), le deliberazioni dell'assemblea, che pregiudicano i
diritti di una di esse, devono essere approvate anche dall'assemblea speciale
dei soci della categoria interessata. Alle assemblee speciali si applicano le
disposizioni relative alle assemblee straordinarie. Art. 2377 Invalidità delle
deliberazioni Le deliberazioni dell'assemblea, prese in conformità della legge
e dell'atto costitutivo vincolano tutti i soci, ancorché non intervenuti o
dissenzienti (2437). Le deliberazioni che non sono prese in conformità della
legge o dell'atto costitutivo possono essere impugnate dagli amministratori,
dai sindaci e dai soci assenti o dissenzienti, e quelle dell'assemblea
ordinaria altresì dai soci con diritto di voto limitato (2351), entro tre mesi
(2964 e seguenti) dalla data della deliberazione, ovvero, se questa è soggetta
ad iscrizione nel registro delle imprese entro tre mesi dall'iscrizione.
L'annullamento della deliberazione ha effetto rispetto a tutti i soci ed
obbliga gli amministratori a prendere i conseguenti provvedimenti, sotto la
propria responsabilità. In ogni caso sono salvi i diritti acquistati in buona
fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione.
L'annullamento della deliberazione non può aver luogo, se la liberazione
impugnata è sostituita con altra presa in conformità della legge e dell'atto
costitutivo (2416, 2486, att. 209). Art. 2378 Procedimento d'impugnazione
L'impugnazione è proposta davanti al tribunale del luogo dove la società ha
sede. Il socio opponente deve depositare in cancelleria almeno una azione. Il
presidente del tribunale può disporre con decreto che il socio opponente presti
una idonea garanzia (1179; Cod. Proc. Civ. 119) per l'eventuale risarcimento
dei danni. Tutte le impugnazioni relative alla medesima deliberazione devono
essere istruite congiuntamente e decise con unica sentenza La trattazione della
causa ha inizio trascorso il termine stabilito nel secondo comma dell'articolo
precedente. Il presidente del tribunale o il giudice istruttore, sentiti gli
amministratori e i sindaci, può sospendere. se ricorrono gravi motivi, su richiesta
del socio opponente, l'esecuzione della deliberazione impugnata, con decreto
motivato da notificarsi agli amministratori. I dispositivi del decreto di
sospensione e della sentenza che decide sull'impugnazione devono essere
iscritti, a cura degli amministratori, nel registro delle imprese (2416, 2626;
att. 209). Art. 2379 Deliberazioni nulle per impossibilità o illiceità
dell'oggetto Alle deliberazioni nulle per impossibilità o illiceità
dell'oggetto si applicano le disposizioni degli artt. 1421, 1422 e 1423 (2486;
att. 209). § 2 Degli amministratori Art. 2380 Amministrazione della società
L'amministrazione della società può essere affidata anche a non soci. Quando
l'amministrazione è affidata a più persone, queste costituiscono il consiglio
di amministrazione (2388). Se l'atto costitutivo non stabilisce il numero degli
amministratori, ma ne indica solamente un numero massimo e minimo, la
determinazione spetta all'assemblea. Il consiglio di amministrazione sceglie
tra i suoi membri il presidente, se questi non è nominato dall'assemblea. Art.
2381 Comitato esecutivo e amministratori delegati Il consiglio di
amministrazione, se l'atto costitutivo o l'assemblea lo consentono, può
delegare le proprie attribuzioni ad un comitato esecutivo composto, di alcuni
dei suoi membri, o ad uno o più dei suoi membri, determinando i limiti della
delega. Non possono essere delegate le attribuzioni indicate negli artt. 2423,
2443, 2446 e 2447. Art. 2382 Cause d'ineleggibilità e di decadenza Non può
essere nominato amministratore, e se nominato decade dal suo ufficio,
l'interdetto, l'inabilitato (414 e seguente), il fallito, o chi è stato
condannato ad una pena che importa l'interdizione, anche temporanea, dai
pubblici uffici o l'incapacità ad esercitare uffici direttivi (2641). Art. 2383
Nomina e revoca degli amministratori La nomina degli amministratori spetta
all'assemblea. fatta eccezione per i primi amministratori, che sono, nominati
nell'atto costitutivo, e salvo il disposto degli artt. 2458 e 2459. La nomina
degli amministratori non può essere fatta per un periodo superiore a tre anni
(att. 213). Gli amministratori sono rieleggibili. salvo diversa disposizione
dell'atto costitutivo, e sono revocabili dall'assemblea in qualunque tempo,
anche se nominati nell'atto costitutivo, salvo il diritto dell'amministratore
al risarcimento dei danni, se la revoca avviene senza giusta causa. Entro
quindici giorni dalla notizia della loro nomina gli amministratori devono
(2626) chiederne l'iscrizione nel registro delle imprese indicando per ciascuno
di essi il cognome e il nome, il luogo e la data di nascita, il domicilio e la
cittadinanza. Nello stesso termine gli amministratori che hanno la
rappresentanza della società devono depositare presso l'ufficio del registro
delle imprese le loro firme autografe. Dell'avvenuta iscrizione prevista dal
comma precedente deve farsi menzione nel Bollettino ufficiale delle società per
azioni e a responsabilità limitata. La pubblicità prevista dai due commi
precedenti deve indicare se gli amministratori cui è attribuita la
rappresentanza della società hanno il potere di agire da soli o se debbono
agire congiuntamente (2487). Le cause di nullità o annullabilità della nomina
degli amministratori che hanno la rappresentanza della società non sono opponibili
ai terzi dopo l'adempimento della pubblicità di cui al quarto e quinto comma,
salvo che la società provi che i terzi ne erano a conoscenza. Art. 2384 Poteri
di rappresentanza Gli amministratori che hanno la rappresentanza della società
possono compiere tutti gli atti che rientrano nell'oggetto sociale, salvo le
limitazioni che risultano dalla legge o dall'atto costitutivo. Le limitazioni
al potere di rappresentanza che risultano dall'atto costitutivo o dallo
statuto, anche se pubblicate, non sono opponibili ai terzi, salvo che si provi
che questi abbiano intenzionalmente agito a danno della società (2487). Art.
2384 bis Atti che eccedono i limiti dell'oggetto sociale L'estraneità
all'oggetto sociale degli atti compiuti dagli amministratori in nome della società
non può essere opposta ai terzi in buona fede. Art. 2385 Cessazione degli
amministratori L'amministratore che rinunzia all'ufficio deve darne
comunicazione scritta al consiglio di amministrazione e al presidente del
collegio sindacale. La rinunzia ha effetto immediato, se rimane in carica la
maggioranza del consiglio di amministrazione, o, in caso contrario, dal momento
in cui la maggioranza del consiglio si è ricostituita in seguito
all'accettazione dei nuovi amministratori. La cessazione degli amministratori
per scadenza del termine ha effetto dal momento in cui il consiglio di
amministrazione è stato ricostituito. La cessazione degli amministratori
dall'ufficio per qualsiasi causa deve essere iscritta entro quindici giorni nel
registro delle imprese a cura del collegio sindacale (2626) è pubblicata nel
Bollettino ufficiale delle società per azioni e a responsabilità limitata
(2330, 2457). Art. 2386 Sostituzione degli amministratori Se nel corso
dell'esercizio vengono a mancare uno o più amministratori, gli altri provvedono
a sostituirli con deliberazione approvata dal collegio sindacale. Gli
amministratori così nominati restano in carica fino alla prossima assemblea. Se
viene meno la maggioranza degli amministratori, quelli rimasti in carica devono
convocare l'assemblea perché provveda alla sostituzione dei mancanti. Gli
amministratori nominati dall'assemblea scadono insieme con quelli in carica
all'atto della loro nomina. Se vengono a cessare l'amministratore unico o tutti
gli amministratori, l'assemblea per la sostituzione dei mancanti deve essere
convocata d'urgenza dal collegio sindacale, il quale può compiere nel frattempo
gli atti di ordinaria amministrazione (2487). Art. 2387 Cauzione degli
amministratori (abrogato) Art. 2388 Validità delle deliberazioni del consiglio
Per la validità delle deliberazioni del consiglio di amministrazione è
necessaria la presenza della maggioranza degli amministratori in carica, quando
l'atto costitutivo non richiede un maggior numero di presenti (2405). Le deliberazioni
del consiglio di amministrazione (2421) sono prese a maggioranza assoluta,
salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo. Il voto non può essere dato
per rappresentanza. Art. 2389 Compensi degli amministrativi I compensi e le
partecipazioni agli utili spettanti ai membri del consiglio di amministrazione
e del comitato esecutivo sono stabiliti nell'atto costitutivo o dall'assemblea
(att. 209). La rimunerazione degli amministratori investiti di particolari
cariche in conformità dell'atto costitutivo è stabilita dal consiglio di
amministrazione, sentito il parere del collegio sindacale (2487, 2630; att.
209). Art. 2390 Divieto di concorrenza Gli amministratori non possono assumere
la qualità di soci illimitatamente responsabili in società concorrenti, né
esercitare un'attività concorrente per conto proprio o di terzi, salvo
autorizzazione dell'assemblea. Per l'inosservanza di tale divieto
l'amministratore può essere revocato dall'ufficio e risponde dei danni. Art.
2391 Conflitto d'interessi L'amministratore, che in una determinata operazione
ha, per conto proprio o di terzi, interesse in conflitto con quello della
società, deve darne notizia agli altri amministratori e al collegio sindacale,
e deve astenersi dal partecipare alle deliberazioni riguardanti l'operazione
stessa (1394, 2631). In caso d'inosservanza, l'amministratore risponde delle
perdite che siano derivate alla società dal compimento dell'operazione. La
deliberazione del consiglio, qualora possa recare danno alla società, può,
entro tre mesi dalla sua data (2964 e seguenti), essere impugnata dagli
amministratori assenti o dissenzienti e dai sindaci se, senza il voto
dell'amministratore che doveva astenersi, non si sarebbe raggiunta la
maggioranza richiesta. In ogni caso sono salvi i diritti acquistati in buona
fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione (att
2091). Art. 2392 Responsabilità verso la società Gli amministratori devono
adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dall'atto costitutivo con la
diligenza del mandatario (1710), e sono solidalmente (1292) responsabili verso
la società (2621) dei danni derivanti dall'inosservanza di tali doveri, a meno
che si tratti di attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di uno o più
amministratori (2381). In ogni caso gli amministratori sono solidalmente
responsabili se non hanno vigilato sul generale andamento della gestione o se,
essendo a conoscenza di atti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano
per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose.
La responsabilità per gli atti o le omissioni degli amministratori non si
estende a quello tra essi che, essendo immune da colpa, abbia fatto annotare
senza ritardo il suo dissenso nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del
consiglio, dandone immediata notizia per iscritto al presidente del collegio
sindacale (2491; att. 209). Art. 2393 Azione sociale di responsabilità L'azione
di responsabilità contro gli amministratori è promossa in seguito a
deliberazione dell'assemblea, anche se la società è in liquidazione. La
deliberazione concernente la responsabilità degli amministratori può essere
presa in occasione della discussione del bilancio (2364), anche se non è
indicata nell'elenco delle materie da trattare (2373). La deliberazione
dell'azione di responsabilità importa la revoca dall'ufficio degli
amministratori contro cui è proposta, purché sia presa col voto favorevole di
almeno un quinto del capitale sociale. In questo caso l'assemblea stessa
provvede alla loro sostituzione (2386; att. 209). La società può rinunziare
all'esercizio dell'azione di responsabilità e può transigere, purché la
rinunzia e la transazione siano approvate con espressa deliberazione
dell'assemblea 12434), e purché non vi sia il voto contrario di una minoranza
di soci che rappresenti almeno il quinto del capitale sociale (2407). Art. 2394
Responsabilità verso i creditori sociali Gli amministratori rispondono verso i
creditori sociali per l'inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione
dell'integrità del patrimonio sociale (2407). L'azione può essere proposta dai
creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento
dei loro crediti (att. 209). In caso di fallimento o di liquidazione coatta
amministrativa della società, l'azione spetta al curatore del fallimento o al
commissario liquidatore. La rinunzia all'azione da parte della società non
impedisce l'esercizio dell'azione da parte dei creditori sociali. La
transazione può essere impugnata dai creditori sociali soltanto con l'azione
revocatoria, quando ne ricorrono gli estremi (2901 e seguenti). Art. 2395
Azione individuale del socio e del terzo Le disposizioni dei precedenti
articoli non pregiudicano il diritto al risarcimento del danno spettante al
singolo socio o al terzo che sono stati direttamente danneggiati da atti
colposi o dolosi degli amministratori (2487; att. 209). Art. 2396 Direttori
generali Le disposizioni che regolano la responsabilità degli amministratori
(2392 e seguenti) si applicano anche ai direttori nominati dall'assemblea o per
disposizione dell'atto costitutivo, in relazione ai compiti loro affidati (att.
209). § 3 Del collegio sindacale Art. 2397 Composizione del collegio Il
collegio sindacale si compone di tre o cinque membri effettivi, soci o non soci.
Devono inoltre essere nominati due sindaci supplenti. I sindaci devono essere
scelti tra gli scritti nel registro dei revisori contabili istituito presso il
Ministero di grazia e giustizia. Art. 2398 Presidenza del collegio Il
presidente del collegio sindacale è nominato dall'assemblea. Art. 2399 Cause
d'ineleggibilità e di decadenza Non possono essere eletti alla carica di
sindaco e, se eletti, decadono dall'ufficio, coloro che si trovano nelle
condizioni previste dall'art. 2382, il coniuge, i parenti e gli affini degli
amministratori entro il quarto grado, e coloro che sono legati alla società o
alle società da questa controllate (2359) da un rapporto continuativo di
prestazione d'opera retribuita. La cancellazione o la sospensione dal registro
dei revisori contabili è causa di decadenza dall'ufficio di sindaco (att. 209).
Art. 2400 Nomina e cessazione dall'ufficio I sindaci sono nominati per la prima
volta nell'atto costitutivo (2328) e successivamente dall'assemblea (2364),
salvo il disposto degli artt. 2458 e 2459. Essi restano in carica per un
triennio, e non possono essere revocati se non per giusta causa. La
deliberazione di revoca deve essere approvata con decreto dal tribunale,
sentito l'interessato. La nomina dei sindaci, con l'indicazione per ciascuno di
essi del cognome e del nome, del luogo e della data di nascita e del domicilio
e la cessazione dall'ufficio devono essere iscritte, a cura degli
amministratori nel registro delle imprese nel termine di quindici giorni (2626;
att. 209) e pubblicato nel Bollettino ufficiale delle società per azioni e a
responsabilità limitata. Art. 2401 Sostituzione In caso di morte, di rinunzia o
di decadenza di un sindaco. subentrano i supplenti in ordine d'età. I nuovi
sindaci restano in carica fino alla prossima assemblea, la quale deve
provvedere alla nomina dei sindaci effettivi e supplenti necessari per
l'integrazione del collegio. I nuovi nominati scadono come quelli in carica. In
caso di sostituzione del presidente, la presidenza è assunta fino alla prossima
assemblea dal sindaco più anziano. Se con i sindaci supplenti non si completa
il collegio sindacale, deve essere convocata l'assemblea perché provveda
all'integrazione del collegio medesimo (att. 209). Art. 2402 Retribuzione La
retribuzione annuale dei sindaci, se non è stabilita nell'atto costitutivo deve
essere determinata dall'assemblea all'atto della nomina (2370); per l'intero
periodo di durata del loro ufficio (att. 209). Art. 2403 Doveri del collegio
sindacale Il collegio sindacale deve controllare l'amministrazione della
società, vigilare sull'osservanza della legge e dell'atto costitutivo ed
accertare la regolare tenuta della contabilità sociale, la corrispondenza del
bilancio alle risultanze dei libri e delle scritture contabili e l'osservanza delle
norme stabilite dall'art. 2426 per la valutazione del patrimonio sociale. Il
collegio sindacale deve altresì accertare almeno ogni trimestre la consistenza
di cassa e l'esistenza dei valori e dei titoli di proprietà sociale o ricevuti
dalla società in pegno, cauzione o custodia. I sindaci possono in qualsiasi
momento procedere, anche individualmente, ad atti d'ispezione e di controllo.
Il collegio sindacale può chiedere agli amministratori notizie sull'andamento
delle operazioni sociali o su determinati affari. Degli accertamenti eseguiti
deve farsi constare nel libro indicato nel n. 5 dell'art. 2421 (att. 209) Art.
2403 bis Collaboratori del sindaco Nell'espletamento di specifiche operazioni
attinenti al controllo della regolare tenuta della contabilità e della
corrispondenza del bilancio alle risultanze dei libri e delle scritture
contabili, i sindaci possono avvalersi, sotto la propria responsabilità e a
proprie spese, di dipendenti e ausiliari che non si trovino in una delle
condizioni previste dall'art. 2399. La società può rifiutare agli ausiliari
l'accesso a informazioni riservate. Art. 2404 Riunioni e deliberazioni del
collegio Il collegio sindacale deve riunirsi almeno ogni trimestre. Il sindaco
che, senza giustificato motivo, non partecipa durante un esercizio sociale a
due riunioni del collegio decade dall'ufficio. Delle riunioni del collegio deve
redigersi processo verbale, che viene trascritto nel libro previsto dal n. 5
dell'art. 2421 e sottoscritto dagli intervenuti. Le deliberazioni del collegio
sindacale devono essere prese a maggioranza assoluta. Il sindaco dissenziente
ha diritto di fare iscrivere a verbale i motivi del proprio dissenso (att.
209). Art. 2405 Intervento alle adunanze del consiglio di amministrazione e
alle assemblee I sindaci devono assistere alle adunanze del consiglio di
amministrazione (2388) ed alle assemblee (2366) e possono assistere alle
riunioni del comitato esecutivo (2381). I sindaci, che non assistono senza
giustificato motivo alle assemblee o, durante un esercizio sociale, a due
adunanze del consiglio d'amministrazione, decadono dall'ufficio (att. 209).
Art. 2406 Omissioni degli amministratori Il collegio sindacale deve convocare
l'assemblea (2632 n. 2) ed eseguire le pubblicazioni prescritte dalla legge in
caso di omissione da parte degli amministratori (2363, 2626; att. 209). Art.
2407 Responsabilità I sindaci devono adempiere i loro doveri con la diligenza
del mandatario (1710), sono responsabili della verità delle loro attestazioni e
devono conservare il segreto sui fatti e sui documenti di cui hanno conoscenza
per ragione del loro ufficio (2622; Cod. Pen. 622). Essi sono responsabili
solidalmente con gli amministratori (1292 e seguenti, 2392) per i fatti o le
omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero
vigilato in conformità degli obblighi della loro carica (2621). L'azione di
responsabilità contro i sindaci è regolata dalle disposizioni degli artt. 2393
e 2394 (att. 209). Art. 2408 Denunzia al collegio sindacale Ogni socio può
denunziare i fatti che ritiene censurabili al collegio sindacale, il quale deve
tener conto della denunzia nella relazione all'assemblea. Se la denunzia è
fatta da tanti soci che rappresentino un ventesimo del capitale sociale, il
collegio sindacale deve indagare senza ritardo sui fatti denunziati e
presentare le sue conclusioni ed eventuali proposte all'assemblea, convocando
immediatamente la medesima se la denunzia appare fondata e vi è urgente
necessità di provvedere (2632, 2634; att. 209). Art. 2409 Denunzia al tribunale
Se vi è fondato sospetto di gravi irregolarità nell'adempimento dei doveri
degli amministratori e dei sindaci, i soci che rappresentano il decimo del
capitale sociale possono denunziare i fatti al tribunale. Il tribunale, sentiti
in camera di consiglio gli amministratori e i sindaci, può ordinare (att. 103)
l'ispezione dell'amministrazione della società a spese dei soci richiedenti,
subordinandola, se del caso, alla prestazione di una cauzione (Cod. Proc. Civ.
119). Se le irregolarità denunziate sussistono, il tribunale può disporre gli
opportuni provvedimenti cautelari e convocare l'assemblea per le conseguenti
deliberazioni. Nei casi più gravi può revocare gli amministratori ed i sindaci
e nominare un amministratore giudiziario, determinandone i poteri e la durata
(2636). L'amministratore giudiziario può proporre l'azione di responsabilità
contro gli amministratori e i sindaci. Prima della scadenza del suo incarico
l'amministratore giudiziario convoca e presiede l'assemblea per la nomina dei
nuovi amministratori e sindaci o per proporre, se del caso, la messa in
liquidazione della società (2636). I provvedimenti previsti da questo articolo
possono essere adottati anche su richiesta del pubblico ministero, e in questo
caso le spese per l'ispezione sono a carico della società (2488; att. 103,
209). Sezione VII Delle obbligazioni Art. 2410 Limiti dell'emissione di
obbligazioni La società può emettere obbligazioni al portatore (2003) o
nominative (2021) per somma non eccedente il capitale versato ed esistente
secondo l'ultimo bilancio approvato (att. 210). Tale somma può essere superata:
quando le obbligazioni sono garantite da ipoteca su immobili di proprietà
sociale, sino a due terzi del valore di questi; quando l'eccedenza dell'importo
delle obbligazioni rispetto al capitale versato è garantita da titoli
nominativi emessi o garantiti dallo Stato, aventi scadenza non anteriore a
quella delle obbligazioni, ovvero da equivalente credito di annualità o
sovvenzioni a carico dello Stato o di enti pubblici. I titoli devono rimanere
depositati e le annualità o sovvenzioni devono essere vincolate presso un
istituto di credito, per la parte necessaria a garantire il pagamento degli
interessi e l'ammortamento delle relative obbligazioni. fino all'estinzione
delle obbligazioni emesse. Quando ricorrono particolari ragioni che interessano
l'economia nazionale, la società può essere autorizzata, con provvedimento
dell'autorità governativa, ad emettere obbligazioni, anche senza le garanzie
previste nel presente articolo, con l'osservanza dei limiti. delle modalità e
delle cautele stabilite nel provvedimento stesso. Restano salve le disposizioni
di leggi speciali relative a particolari categorie di società. Art. 2411
Deposito e trascrizione della deliberazione La deliberazione dell'assemblea
(2365) deve essere, a cura del notaio o degli amministratori, depositata entro
trenta giorni presso l'ufficio del registro delle imprese (2626; att. 100).
Alla deliberazione devono essere allegate le eventuali autorizzazioni richieste.
Il tribunale, verificato l'adempimento delle condizioni richieste dalla legge e
sentito il pubblico ministero, ordina l'iscrizione nel registro delle imprese
(2436). Il decreto del tribunale è soggetto a reclamo davanti alla Corte di
appello entro trenta giorni (2964) dalla comunicazione. La deliberazione non
può essere eseguita se non dopo l'iscrizione. Art. 2412 Riduzione del capitale
La società che ha emesso obbligazioni non può ridurre il capitale sociale, se
non in proporzione delle obbligazioni rimborsate (2445). Se la riduzione del
capitale sociale deve essere deliberata in conseguenza di perdite (2446), la
misura della riserva legale (2428) deve continuare a calcolarsi sulla base del
capitale sociale esistente al tempo dell'emissione, fino a che l'ammontare del
capitale sociale e della riserva legale non eguagli l'ammontare delle
obbligazioni in circolazione. Art. 2413 Contenuto delle obbligazioni Le
obbligazioni devono indicare (2633): la denominazione, l'oggetto e la sede
della società, con l'indicazione dell'ufficio del registro delle imprese presso
il quale la società è iscritta (2330); il capitale sociale versato ed esistente
al momento dell'emissione; la data della deliberazione dell'assemblea e della
sua iscrizione nel registro; l'ammontare complessivo ielle obbligazioni emesse,
il valore nominale di ciascuna, il saggio degli interessi e il modo di
pagamento e di rimborso; le garanzie da cui sono assistite. Art. 2414
Costituzione delle garanzie L'assemblea (2365) che delibera l'emissione di
obbligazioni con le garanzie previsto nell'art. 2410 deve designare un notaio
che, per conto degli obbligazionisti, compia le formalità necessarie per la
costituzione delle garanzie medesime (2831). Art. 2415 Assemblea degli
obbligazionisti L'assemblea degli obbligazionisti (att. 210) delibera: sulla
nomina e sulla revoca del rappresentante comune; sulle modificazioni delle
condizioni del prestito; sulla proposta di amministrazione controllata e di
concordato; sulla costituzione di un fondo per le spese necessarie alla tutela
dei comuni interessi e sul rendiconto relativo; sugli altri oggetti d'interesse
comune degli obbligazionisti. L'assemblea è convocata dagli amministratori o
dal rappresentante degli obbligazionisti, quando lo ritengono necessario, o
quando ne è fatta richiesta da tanti obbligazionisti che rappresentino il
ventesimo dei titoli emessi e non estinti. Si applicano all'assemblea degli
obbligazionisti le disposizioni relative all'assemblea straordinaria dei soci
(2365 e seguenti, 2375). Per la validità delle deliberazioni sull'oggetto
indicato nel n. 2 di questo articolo è necessario anche in seconda convocazione
il voto favorevole degli obbligazionisti che rappresentino la metà delle
obbligazioni emesse e non estinte. La società, per le obbligazioni da essa
eventualmente possedute, non può partecipare alle deliberazioni. All'assemblea
degli obbligazionisti possono assistere gli amministratori ed i sindaci (att.
210). Art. 2416 Impugnazione delle deliberazioni dell'assemblea Le deliberazioni
prese dall'assemblea vincolano anche gli obbligazionisti assenti o
dissenzienti. Ciascun obbligazionista può impugnare le deliberazioni che non
sono prese in conformità della legge, a norma degli artt. 2377 e 2378.
L'impugnazione è proposta innanzi al tribunale, nella cui giurisdizione la
società ha sede, in contraddittorio del rappresentante degli obbligazionisti
(att. 210). Art. 2417 Rappresentante comune Il rappresentante comune può essere
scelto al di fuori degli obbligazionisti. Se non è nominato dall'assemblea a
norma dell'art. 2415, è nominato con decreto dal presidente del tribunale su
domanda di uno o più obbligazionisti o degli amministratori della società (att.
104). Non possono essere nominati rappresentanti comuni degli obbligazionisti
e, se nominati, decadono dall'ufficio, gli amministratori, i sindaci, i
dipendenti della società debitrice e coloro che si trovano nelle condizioni
indicate nell'art. 2399. Il rappresentante comune dura in carica per un periodo
non superiore ad un triennio e può essere rieletto. L'assemblea degli
obbligazionisti ne fissa il compenso. Entro quindici giorni dalla notizia della
sua nomina il rappresentante comune deve richiederne l'iscrizione nel registro
delle imprese (2634; att. 210). Art. 2418 Obblighi e poteri del rappresentante
comune Il rappresentante comune deve provvedere all'esecuzione delle
deliberazioni dell'assemblea degli obbligazionisti, tutelare gli interessi
comuni di questi nei rapporti con la società e assistere alle operazioni di
sorteggio delle obbligazioni (2421, 2831). Egli ha diritto di assistere
all'assemblea dei soci (2370). Per la tutela degli interessi comuni ha la
rappresentanza processuale degli obbligazionisti anche nell'amministrazione
controllata, nel concordato preventivo, nel fallimento e nella liquidazione
coatta amministrativa della società debitrice (att. 210). Art. 2419 Azione
individuale degli obbligazionisti Le disposizioni degli articoli precedenti non
precludono le azioni individuali degli obbligazionisti, salvo che queste siano
incompatibili con le deliberazioni dell'assemblea previste dall'art. 2415 (att.
210). Art. 2420 Sorteggio delle obbligazioni Le operazioni per l'estrazione a
sorte delle obbligazioni devono farsi, a pena di nullità, alla presenza del
rappresentante comune o, in mancanza, di un notaio (att. 210). Art. 2420 bis
Obbligazioni convertibili in azioni L'assemblea straordinaria può deliberare
l'emissione di obbligazioni convertibili in azioni, determinando il rapporto di
cambio e il periodo e le modalità della conversione. La deliberazione non può
essere adottata se il capitale sociale non sia stato interamente versato.
Contestualmente la società deve deliberare l'aumento del capitale sociale per
un ammontare corrispondente al valore nominale delle azioni da attribuire in
conversione. Le obbligazioni convertibili non possono emettersi per somma
inferiore al loro valore nominale. Nel primo mese di ciascun semestre gli
amministratori provvedono all'emissione delle azioni spettanti gli
obbligazionisti che hanno chiesto la conversione nel semestre precedente. Entro
il mese successivo gli amministratori devono (2620) depositare per l'iscrizione
nel registro delle imprese un'attestazione dell'aumento del capitale sociale in
misura corrispondente al valore nominale delle azioni emesse. Si applica la
disposizione del secondo comma dell'art. 2444. Fino a quando non siano scaduti
i termini fissati per la conversione, la società non può deliberare né la
riduzione del capitale esuberante, né la modificazione delle disposizioni dell'atto
costitutivo concernenti la ripartizione degli utili, salvo che ai possessori di
obbligazioni convertibili sia stata data la facoltà, mediante avviso pubblicato
nel Bollettino ufficiale delle società per azioni e a responsabilità limitata
almeno tre mesi prima della convocazione dell'assemblea, di esercitare il
diritto di conversione nel termine di un mese dalla pubblicazione. Nei casi di
aumento del capitale mediante imputazione di riserve e di riduzione del
capitale per perdite, il rapporto di cambio è modificato in proporzione alla
misura dell'aumento o della riduzione. Le obbligazioni convertibili in azioni
devono indicare in aggiunta a quanto stabilito nell'art. 2413, il rapporto di
cambio e le modalità della conversione. Art. 2420 ter Delega agli
amministratori L'atto costitutivo può attribuire agli amministratori la facoltà
di emettere in una o più volte obbligazioni, anche convertibili, fino ad un
ammontare determinato e per il periodo massimo di cinque anni dalla data di
iscrizione della società nel registro delle imprese. Tale facoltà può essere
attribuita anche mediante modificazione dell'atto costitutivo, per il periodo
massimo di cinque anni dalla data della deliberazione. Il verbale della
deliberazione degli amministratori di emettere obbligazioni deve essere redatto
da un notaio e deve essere depositato e iscritto a norma dell'art. 2411.
Sezione VIII Dei libri sociali Art. 2421 Libri sociali obbligatori Oltre i
libri e le altre scritture contabili prescritti nell'art. 2214, la società deve
tenere: il libro dei soci, nel quale devono essere indicati il numero delle
azioni, il cognome e il nome dei titolari delle azioni nominative, i
trasferimenti e i vincoli ad esse relativi e i versamenti eseguiti; il libro
delle obbligazioni, il quale deve indicare l'ammontare delle obbligazioni
emesse e di quelle estinto, il cognome e il nome dei titolari delle
obbligazioni nominative e i trasferimenti e i vincoli ad esse relativi; il
libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee, in cui devono
essere trascritti anche i verbali redatti per atto pubblico (2375); il libro
delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione (2388);
il libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio sindacale (2404); il
libro delle adunanze e delle deliberazioni del comitato esecutivo, se questo
esiste (2381); il libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee
degli obbligazionisti, se sono state emesse obbligazioni I libri indicati nei
nn. 1, 2, 3 e 4 sono tenuti a cura degli amministratori, il libro indicato nel
n. 5 a cura del collegio sindacale, il libro indicato nel n. 6 a cura del
comitato esecutivo e il libro indicato nel n. 7 a cura del rappresentante
comune degli obbligazionisti. I libri suddetti, prima che siano messi in uso,
devono essere numerati progressivamente in ogni pagina e bollati in ogni foglio
a norma dell'art. 2215. Art. 2422 Diritto d'ispezione dei libri sociali I soci
hanno diritto di esaminare i libri indicati nei nn. 1 e 3 dell'articolo
precedente e di ottenere estratti a proprie spese. Eguale diritto spetta al
rappresentante comune degli obbligazionisti per i libri indicati nei nn. 2 e 3
dell'articolo precedente, e ai singoli obbligazionisti per il libro indicato
nel n. 7 dell'articolo medesimo (att. 209). Sezione IX Del bilancio Art. 2423
Redazione del bilancio Gli amministratori devono redigere il bilancio di
esercizio, costituito dallo stato patrimoniale dal conto economico e dalla nota
integrativa. Il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare
in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della
società e il risultato economico dell'esercizio. Se le informazioni richieste
da specifiche disposizioni di legge non sono sufficienti a dare una
rappresentazione veritiera e corretta, si devono fornire le informazioni
complementari necessarie allo scopo. Se, in casi eccezionali, l'applicazione di
una disposizione degli articoli seguenti è incompatibile con la
rappresentazione veritiera e corretta, la disposizione non deve essere
applicata. La nota integrativa deve motivare la deroga e deve indicarne
l'influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale, finanziaria e
del risultato economico. Gli eventuali utili derivanti dalla deroga devono
essere iscritti in una riserva non distribuibile se non in misura
corrispondente al valore recuperato. Il bilancio deve essere redatto in lire.
Art. 2423 bis Principi di redazione del bilancio Nella redazione del bilancio
devono essere osservati i seguenti principi: la valutazione delle voci deve
essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione
dell'attività; si possono indicare esclusivamente gli utili realizzati alla
data di chiusura dell'esercizio; si deve tener conto dei proventi e degli oneri
di competenza dell'esercizio, indipendentemente dalla data dell'incasso o del
pagamento; si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza
dell'esercizio, anche se conosciuti dopo la chiusura di questo; gli elementi
eterogenei ricompresi nelle singole voci devono essere valutati separatamente;
i criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio
all'altro. Deroghe al principio enunciato nel n. 6 del comma precedente sono
consentite in casi eccezionali. La nota integrativa deve motivare la deroga e
indicarne l'influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale e
finanziaria e del risultato economico. Art. 2423 ter Struttura dello stato
patrimoniale e del conto economico Salve le disposizioni di leggi speciali per
le società che esercitano particolari attività, nello stato patrimoniale e nel
conto economico devono essere iscritte separatamente, e nell'ordine indicato,
le voci previste negli artt. 2424 e 2425. Le voci precedute da numeri arabi
possono essere ulteriormente suddivise, senza eliminazione della voce
complessiva e dell'importo corrispondente; esse possono essere raggruppate
soltanto quando il raggruppamento, a causa del loro importo, è irrilevante ai
fini indicati nel 2° comma dell'art. 2423 o quando esso favorisce la chiarezza
del bilancio. In questo secondo caso la nota integrativa deve contenere
distintamente le voci oggetto di raggruppamento. Devono essere aggiunte altre
voci qualora il loro contenuto non sia compreso in alcuna di quelle previste
dagli artt. 2424 e 2425. Le voci precedute da numeri arabi devono essere
adattate quando lo esige la natura dell'attività esercitata. Per ogni voce
dello stato patrimoniale e del conto economico deve essere indicato l'importo
della voce corrispondente del l'esercizio precedente. Se le voci non sono
comparabili, quelle relative all'esercizio precedente devono essere adattate;
la non comparabilità e l'adattamento o l'impossibilità di questo devono essere
segnalati e commentati nella nota integrativa. Sono vietati i compensi di
partite. Art. 2424 Contenuto dello stato patrimoniale Lo stato patrimoniale
deve essere redatto in conformità al seguente schema. ATTIVO Crediti verso soci
per versamenti ancora dovuti, con separata indicazione della parte già
richiamata. Immobilizzazioni: Immobilizzazioni immateriali: costi di impianto e
di ampliamento; costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità; diritti di
brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell'ingegno;
concessioni, licenze, marchi e diritti simili; avviamento; immobilizzazioni in
corso e acconti; altre. Totale. Immobilizzazioni materiali: terreni e
fabbricati; impianti e macchinario; attrezzature industriali e commerciali;
altri beni; immobilizzazioni in corso e acconti. Totale. Immobilizzazioni
finanziarie, con separata indicazione, per ciascuna voce dei crediti, degli
importi esigibili entro l'esercizio successivo: partecipazioni in: imprese
controllate; imprese collegate; imprese controllanti; altre imprese; crediti:
verso imprese controllate; verso imprese collegate; verso controllanti; verso
altri; altri titoli; azioni proprie, con indicazione anche del valore nominale
complessivo. Totale Totale immobilizzazioni (B) Attivo circolante: Rimanenze:
materie prime, sussidiarie e di consumo: prodotti in corso di lavorazione e
semilavorati; lavori in corso su ordinazione; prodotti finiti e merci; acconti.
Totale Crediti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi
esigibili oltre l'esercizio successivo: verso clienti; verso imprese
controllate; verso imprese collegate; verso controllanti; verso altri. Totale.
Attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni: partecipazioni in
imprese controllate; partecipazioni in imprese collegate; partecipazioni in
imprese controllanti; altre partecipazioni; azioni proprie, con indicazione
anche del valore nominale complessivo; altri titoli. Totale Disponibilità
liquide: depositi bancari e postali; assegni; danaro e valori in cassa. Totale.
Totale attivo circolante (C) D) Ratei e risconti, con separata indicazione del
disaggio su prestiti. PASSIVO Patrimonio netto: Capitale Riserva da sopraprezzo
delle azioni Riserve di rivalutazione Riserva legale Riserva per azioni proprie
in portafoglio Riserve statutarie Altre riserve, distintamente indicate Utili (perdite)
portati a nuovo Utile (perdite) dell'esercizio Fondi per rischi e oneri: per
trattamento di quiescenza e obblighi simili; per imposte; altri. Totale
Trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato. Debiti, con separata
indicazione, per ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l'esercizio
successivo; obbligazioni; obbligazioni convertibili; debiti verso banche;
debiti verso altri finanziatori; acconti; debiti verso fornitori; debiti
rappresentati da titoli di credito; debiti verso imprese controllate; debiti
verso imprese collegate; debiti verso controllanti; debiti tributari; debiti
verso istituti di previdenza e di sicurezza sociale; altri debiti. Totale Ratei
e risconti con separata indicazione dell'aggio su prestiti. Se un elemento
dell'attivo o del passivo ricade sotto più voci dello schema, nella nota
integrativa deve annotarsi, qualora ciò sia necessario ai fini della
comprensione del bilancio, la sua appartenenza anche a voci diverse da quella
nella quale è iscritto. In calce allo stato patrimoniale devono risultare le
garanzie prestate direttamente o indirettamente, distinguendosi tra
fideiussioni, avalli, altre garanzie personali e garanzie reali, ed indicando
separatamente, per ciascun tipo, le garanzie prestate a favore di imprese controllate
e collegate, nonché di controllanti e di imprese sottoposte al controllo di
queste ultime; devono inoltre risultare gli altri conti d'ordine. Art. 2424 bis
Disposizioni relative a singole voci dello stato patrimoniale Gli elementi
patrimoniali destinati ad essere utilizzati durevolmente devono essere iscritti
tra le immobilizzazioni. Le partecipazioni in altre imprese in misura non
inferiore a quelle stabilite dal 3° comma dell'art. 2359 si presumono
immobilizzazioni. Gli accantonamenti per rischi ed oneri sono destinati
soltanto a coprire perdite o debiti di natura determinata, di esistenza certa o
probabile, dei quali tuttavia alla chiusura dell'esercizio sono indeterminati o
l'ammontare o la data di sopravvenienza. Nella voce "trattamento di fine rapporto
di lavoro subordinato" deve essere indicato l'importo calcolato a norma
dell'art. 2120. Nella voce ratei e risconti attivi devono essere iscritti i
proventi di competenza dell'esercizio esigibili in esercizi successivi, e i
costi sostenuti entro la chiusura dell'esercizio ma di competenza di esercizi
successivi. Nella voce ratei e risconti passivi devono essere iscritti i costi
di competenza dell'esercizio esigibili in esercizi successivi e i proventi
percepiti entro la chiusura dell'esercizio ma di competenza di esercizi
successivi. Possono essere iscritte in tali voci soltanto quote di costi e
proventi, comuni a due o più esercizi, l'entità dei quali varia in ragione del
tempo. Art. 2425 Contenuto del conto economico Il conto economico deve essere
redatto in conformità al seguente schema: Valore della produzione: ricavi delle
vendite e delle prestazioni; variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di
lavorazione, semilavorati e finiti; variazioni dei lavori in corso su
ordinazione; incrementi di immobilizzazioni per lavori interni; altri ricavi e
proventi, con separata indicazione dei contributi in conto esercizio. Totale.
Costi della produzione per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci;
per servizi; per godimento di beni di terzi; per il personale: salari e
stipendi; oneri sociali; trattamento di fine rapporto; trattamento di
quiescenza e simili; altri costi; ammortamenti e svalutazioni: ammortamento
delle immobilizzazioni immateriali; ammortamento delle immobilizzazioni
materiali; altre svalutazioni delle immobilizzazioni; svalutazioni dei crediti
compresi nell'attivo circolante e delle disponibilità liquide; variazioni delle
rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci; accantonamenti per
rischi; altri accantonamenti; oneri diversi di gestione. Totale. Differenza tra
valore e costi della produzione (A-B). Proventi e oneri finanziari: proventi da
partecipazioni, con separata indicazione di quelli relativi ad imprese
controllate e collegate; altri proventi finanziari; da crediti iscritti nelle
immobilizzazioni, con separata indicazione di quelli da imprese controllate e
collegate e di quelli da controllanti; da titoli iscritti nelle
immobilizzazioni che non costituiscono partecipazioni; da titoli iscritti
nell'attivo circolante che non costituiscono partecipazioni; proventi diversi
dai precedenti, con separata indicazione di quelli da imprese controllate e
collegate e di quelli da controllanti; interessi e altri oneri finanziari, con
separata indicazione di quelli verso imprese controllate e collegate e verso
controllanti. Totale (15-16-17). Rettifiche di valore di attività finanziaria:
rivalutazioni: di partecipazioni; di immobilizzazioni finanziarie che non
costituiscono partecipazioni; di titoli iscritti all'attivo circolante che non
costituiscono partecipazioni. svalutazioni: di partecipazioni; di
immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni; di titoli
iscritti nell'attivo circolante che non costituiscono partecipazioni. Totale
delle rettifiche (18-19). Proventi e oneri straordinari: proventi, con separata
indicazione delle plusvalenze da alienazioni i cui ricavi non sono iscrivibili
al n. 5; oneri, con separata indicazione delle minusvalenze da alienazioni i
cui effetti contabili non sono iscrivibili al n. 14 e delle imposte relative a
esercizi precedenti. Totale delle partite straordinarie (20-21). Risultato
prima delle imposte (A-B+-C+-D+-E); imposte sul reddito dell'esercizio;
(risultato dell'esercizio); (rettifiche di valore operate esclusivamente in
applicazione di norme tributarie); (accantonamenti operati esclusivamente in
applicazione di norme tributarie); utile (perdita) dell'esercizio Art. 2425 bis
Iscrizione dei ricavi proventi e costi I ricavi e i proventi, i costi e gli
oneri devono essere indicati al netto dei resi, degli sconti, abbuoni e premi,
nonché delle imposte direttamente connesse con la vendita dei prodotti e la
prestazione dei servizi. Art. 2426 Criteri di valutazione Nelle valutazioni
devono essere osservati i seguenti criteri: le immobilizzazioni sono iscritte
al costo di acquisto o di produzione. Nel costo di acquisto si computano anche
i costi accessori. Il costo di produzione comprende tutti i costi direttamente
imputabili al prodotto. Può comprendere anche altri costi, per la quota
ragionevolmente imputabile al prodotto, relativi al periodo di fabbricazione e
fino al momento dal quale il bene può essere utilizzato; con gli stessi criteri
possono essere aggiunti gli oneri relativi al finanziamento della
fabbricazione, interna o presso terzi; il costo delle immobilizzazioni,
materiali e immateriali. Ia cui utilizzazione è limitata nel tempo deve essere
sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione con la loro
residua possibilità di utilizzazione. Eventuali modifiche dei criteri di
ammortamento e dei coefficienti applicati devono essere motivate nella nota
integrativa; l'immobilizzazione che, alla data della chiusura dell'esercizio,
risulti durevolmente di valore inferiore a quello determinato secondo i nn. 1 e
2 deve essere iscritta a tale minor valore; questo non può essere mantenuto nei
successivi bilanci se sono venuti meno i motivi della rettifica effettuata. Per
le immobilizzazioni consistenti in partecipazioni in imprese controllate o
collegate che risultino iscritte per un valore superiore a quello derivante
dall'applicazione del criterio di valutazione previsto dal successivo n. 4 o,
se non vi sia obbligo di redigere il bilancio consolidato, al valore
corrispondente alla frazione di patrimonio netto risultante dall'ultimo
bilancio dell'impresa partecipata, la differenza dovrà essere motivata nella
nota integrativa; le immobilizzazioni consistenti in partecipazioni in imprese
controllate o collegate possono essere valutate, con riferimento ad una o più
tra dette imprese, anziché secondo il criterio indicato al n. 1, per un importo
pari alla corrispondente frazione del patrimonio netto risultante dall'ultimo
bilancio delle imprese medesime, detratti i dividendi ed operate le rettifiche
richieste dai principi di redazione del bilancio consolidato nonché quelle
necessarie per il rispetto dei principi indicati negli artt. 2423 e 2423 bis.
Quando la partecipazione è iscritta per la prima volta in base al metodo del
patrimonio netto, il costo di acquisto superiore al valore corrispondente del
patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio dell'impresa controllata o
collegata può essere iscritto nell'attivo, purché ne siano indicate le ragioni
nella nota integrativa. La differenza, per la parte attribuibile a beni ammortizzabili
o all'avviamento, deve essere ammortizzata. Negli esercizi successivi le
plusvalenze, derivanti dall'applicazione del metodo del patrimonio netto,
rispetto al valore indicato nel bilancio dell'esercizio precedente sono
iscritte in una riserva non distribuibile; i costi di impianto e di
ampliamento, i costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità aventi utilità
pluriennale possono essere iscritti nell'attivo con il consenso del collegio
sindacale e devono essere ammortizzati entro un periodo non superiore a cinque
anni. Fino a che l'ammortamento non è completato possono essere distribuiti
dividendi solo se residuano riserve disponibili sufficienti a coprire
l'ammontare dei costi non ammortizzati; l'avviamento può essere iscritto
nell'attivo con il consenso del collegio sindacale, se acquisito a titolo
oneroso, nei limiti del costo per esso sostenuto e deve essere ammortizzato
entro un periodo di cinque anni. E' tuttavia consentito ammortizzare
sistematicamente l'avviamento in un periodo limitato di durata superiore,
purché esso non superi la durata per l'utilizzazione di questo attivo e ne sia
data adeguata motivazione nella nota integrativa; il disaggio sui prestiti deve
essere iscritto nell'attivo e ammortizzato in ogni esercizio per il periodo di durata
del prestito; i crediti devono essere iscritti secondo il valore presumibile di
realizzazione; le rimanenze, i titoli e le attività finanziarie che non
costituiscono immobilizzazioni sono iscritti al costo di acquisto o di
produzione, calcolato secondo il n. 1), ovvero al valore di realizzazione
desumibili dall'andamento del mercato, se minore; tale minor valore non può
essere mantenuto nei successivi bilanci se ne sono venuti meno i motivi. I
costi di distribuzione non possono essere computati nel costo di produzione; il
costo dei beni fungibili può essere calcolato col metodo della media ponderata
o con quelli "primo entrato", "primo uscito" o "ultimo
entrato, primo uscito"; se il valore cosi ottenuto differisce in misura
apprezzabile dai costi correnti alla chiusura dell'esercizio, la differenza
deve essere indicata, per categoria di beni, nella nota integrativa; i lavori
in corso su ordinazione possono essere iscritti sulla base dei corrispettivi
contrattuali maturati con ragionevole certezza; le attrezzature industriali e
commerciali, le materie prime, sussidiarie e di consumo, possono essere
iscritte nell'attivo ad un valore costante qualora siano costantemente
rinnovate, e complessivamente di scarsa importanza in rapporto all'attivo di
bilancio, sempreché non si abbiano variazioni sensibili nella loro entità,
valore e composizione. E' consentito effettuare rettifiche di valore e
accantonamenti esclusivamente in applicazione di norme tributarie. Art. 2427
Contenuto della nota integrativa La nota integrativa deve indicare, oltre a
quanto stabilito da altre disposizioni: i criteri applicati nella valutazione
delle voci del bilancio, nelle rettifiche di valore e nella conversione dei
valori non espressi all'origine in moneta avente corso legale nello Stato; i
movimenti delle immobilizzazioni, specificando per ciascuna voce: il costo; le
precedenti rivalutazioni, ammortamenti e svalutazioni; le acquisizioni, gli
spostamenti da una ad altra voce, le alienazioni avvenuti nell'esercizio; le
rivalutazioni, gli ammortamenti e le svalutazioni effettuati nell'esercizio; il
totale delle rivalutazioni riguardanti le immobilizzazioni esistenti alla
chiusura dell'esercizio; la composizione delle voci "costi di impianto e
di ampliamento" e "costi di ricerca, di sviluppo e di
pubblicità", nonché le ragioni della iscrizione ed i rispettivi criteri di
ammortamento; le variazioni intervenute nella consistenza delle altre voci
dell'attivo e del passivo; in particolare, per i fondi e per il trattamento di
fine rapporto, le utilizzazioni e gli accantonamenti; l'elenco delle
partecipazioni, possedute direttamente o per tramite di società fiduciaria o
per interposta persona, in imprese controllate e collegate, indicando per
ciascuna la denominazione, la sede, il capitale, l'importo del patrimonio
netto, l'utile o la perdita dell'ultimo esercizio, la quota posseduta e il
valore attribuito in bilancio o il corrispondente credito; distintamente per
ciascuna voce, l'ammontare dei crediti e dei debiti di durata residua superiore
a cinque anni, e dei debiti assistiti da garanzie reali su beni sociali, con
specifica indicazione della natura delle garanzie; la composizione delle voci
"ratei e risconti attivi" e "ratei e risconti passivi" e
della voce "altri fondi" dello stato patrimoniale, quando il loro
ammontare sia apprezzabile nonché la composizione della voce "altre
riserve"; l'ammontare degli oneri finanziari imputati nell'esercizio ai
valori iscritti nell'attivo dello stato patrimoniale, distintamente per ogni
voce; gli impegni non risultanti dallo stato patrimoniale; le notizie sulla
composizione c natura di tali impegni e dei conti d'ordine, la cui conoscenza
sia utile per valutare la situazione patrimoniale e finanziaria della società
specificando quelli relativi a imprese controllate, collegate, controllanti e a
imprese sottoposte al controllo di queste ultime; se significativa, la
ripartizione dei ricavi delle vendite e delle prestazioni secondo categorie di
attività e secondo aree geografiche; l'ammontare dei proventi da partecipazioni,
indicati nell'art. 2425, n. 15, diversi dai dividendi; la suddivisione degli
interessi ed altri oneri finanziari, indicati nell'art. 2425, n. 17 relativi a
prestiti obbligazionari, a debiti verso banche, e altri; la composizione delle
voci "proventi straordinari" e "oneri straordinari" del
conto economico, quando il loro ammontare sia apprezzabile; i motivi delle
rettifiche di valore e degli accantonamenti eseguiti esclusivamente in
applicazione di norme tributarie ed i relativi importi, appositamente
evidenziati rispetto all'ammontare complessivo delle rettifiche e degli
accantonamenti risultanti dalle apposite voci del conto economico; il numero
medio dei dipendenti, ripartito per categoria; l'ammontare dei compensi
spettanti agli amministratori ed ai sindaci, cumulativamente per ciascuna
categoria; il numero e il valore nominale di ciascuna categoria di azioni della
società e il numero e il valore nominale delle nuove azioni della società
sottoscritte durante l'esercizio; le azioni di godimento, le obbligazioni
convertibili in azioni e i titoli o valori simili emessi dalla società
specificando il loro numero e i diritti che essi attribuiscono. Art. 2428
Relazione sulla gestione Il bilancio deve essere corredato da una relazione
degli amministratori sulla situazione della società e sull'andamento della
gestione, nel suo complesso e nei vari settori in cui essa ha operato, anche
attraverso imprese controllate, con particolare riguardo ai costi, ai ricavi e
agli investimenti. Dalla relazione devono in ogni caso risultare: le attività
di ricerca e di sviluppo; i rapporti con imprese controllate, collegate,
controllanti e imprese sottoposte al controllo di queste ultime; il numero e il
valore nominale sia delle azioni proprie sia delle azioni o quote di società
controllanti possedute dalla società, anche per tramite di società fiduciaria o
per interposta persona, con l'indicazione della parte di capitale
corrispondente; il numero e il valore nominale sia delle azioni proprie sia
delle azioni o quote di società controllanti acquistate o alienate dalla
società, nel corso dell'esercizio, anche per tramite di società fiduciaria o
per interposta persona, con l'indicazione della corrispondente parte di
capitale, dei corrispettivi e dei motivi degli acquisti e delle alienazioni; i
fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell'esercizio; l'evoluzione
prevedibile della gestione. Entro tre mesi dalla fine del primo semestre
dell'esercizio gli amministratori delle società con azioni quotate in borsa
devono trasmettere al collegio sindacale una relazione sull'andamento della
gestione, redatta secondo i criteri stabiliti della Commissione nazionale per
le società e la borsa con regolamento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica Italiana. La relazione deve essere pubblicata nei modi e nei termini
stabiliti dalla Commissione stessa con il regolamento anzidetto. Dalla
relazione deve inoltre risultare l'elenco delle sedi secondarie della società
Art. 2429 Relazione dei sindaci e deposito del bilancio Il bilancio deve essere
comunicato dagli amministratori al collegio sindacale, con la relazione, almeno
trenta giorni prima di quello fissato per l'assemblea che deve discuterlo. Il
collegio sindacale deve riferire all'assemblea sui risultati dell'esercizio
sociale e sulla tenuta della contabilità, e fare le osservazioni e le proposte
in ordine al bilancio e alla sua approvazione, con particolare riferimento
all'esercizio della deroga di cui all'art. 2423, comma 4. Il bilancio, con le
copie integrali dell'ultimo bilancio delle società controllate e un prospetto
riepilogativo dei dati essenziali dell'ultimo bilancio delle società collegate,
deve restare depositato in copia nella sede della società, insieme con le
relazioni degli amministratori e dei sindaci, durante i quindici giorni che
precedono l'assemblea, e finché. sia approvato. I soci possono prenderne
visione. Il deposito delle copie dell'ultimo bilancio delle società controllate
prescritto dal comma precedente può essere sostituito, per quelle incluse nel
consolidamento, dal deposito di un prospetto riepilogativo dei dati essenziali
dell'ultimo bilancio delle medesime. Art. 2429 bis Relazione degli
amministratori La relazione degli amministratori prescritta dal 3° comma
dell'art. 2423 deve illustrare l'andamento della gestione nei vari settori in
cui la società ha operato, anche attraverso altre società da essa controllate,
con particolare riguardo agli investimenti, ai costi e ai prezzi. Devono essere
anche indicati i fatti di rilievo verificatisi dopo la chiusura dell'esercizio.
Dalla relazione devono in ogni caso risultare: i criteri seguiti nella
valutazione delle varie categorie di beni e le loro eventuali modifiche
rispetto al bilancio del precedente esercizio; i criteri seguiti negli
ammortamenti e negli accantonamenti e le loro eventuali modifiche rispetto al
bilancio del precedente esercizio; le variazioni intervenute nella consistenza
delle partite dell'attivo e del passivo; i dati relativi al personale
dipendente e agli accantonamenti per indennità di anzianità e trattamento di
quiescenza; gli interessi passivi, ripartiti tra prestiti a lungo e medio
termine e prestiti a breve termine, con separata indicazione di quelli compresi
nelle poste dell'attivo; le spese di studio, ricerca e progettazione, le spese
di pubblicità e propaganda e le spese di avviamento di impianti o di
produzione, iscritte nell'attivo del bilancio, con distinta indicazione del
relativo ammontare; i rapporti con le società controllanti, controllate e
collegate e le variazioni intervenute nelle partecipazioni e nei crediti e
debiti; il numero e il valore nominale delle azioni proprie possedute dalla
società, anche per tramite di società fiduciaria o per interposta persona, con
l'indicazione della quota di capitale corrispondente; il numero e il valore
nominale delle azioni proprie acquistate o alienate dalla società nel corso
dell'esercizio, anche per tramite di società fiduciaria o per interposta
persona, con l'indicazione della quota di capitale corrispondente, dei
corrispettivi riscossi o pagati e dei motivi degli acquisti e delle
alienazioni. Entro tre mesi dalla fine del primo semestre dell'esercizio gli
amministratori delle società con azioni quotate in borsa devono trasmettere al
collegio sindacale una relazione sull'andamento della gestione, redatta secondo
i criteri stabiliti dalla Commissione nazionale per le società e la borsa con
apposito regolamento da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.
La relazione deve essere pubblicata nei modi e nei termini stabiliti dalla
Commissione stessa con il regolamento anzidetto). 2430 Riserva legale Dagli
utili netti annuali deve essere dedotta una somma corrispondente almeno alla
ventesima parte di essi per costituire una riserva, fino a che questa non abbia
raggiunto il quinto del capitale sociale. La riserva deve essere reintegrata a
norma del comma precedente se viene diminuita per qualsiasi ragione. Sono salve
le disposizioni delle leggi speciali. Art. 2431 Sopraprezzo delle azioni Le
somme percepite dalla società per l'emissione di azioni ad un prezzo superiore
al loro valore nominale non possono essere distribuite fino a che la riserva
legale non abbia raggiunto il limite stabilito dall'art. 2430. Art. 2432
Partecipazione agli utili Le partecipazioni agli utili eventualmente spettanti
ai promotori, ai soci fondatori e agli amministratori sono computate sugli
utili netti risultanti dal bilancio, fatta deduzione della quota di riserva
legale. Art. 2433 Distribuzione degli utili ai soci L'assemblea che approva il
bilancio delibera sulla distribuzione degli utili ai soci. Non possono essere
pagati dividendi sulle azioni, se non per utili realmente conseguiti e
risultanti dal bilancio regolarmente approvato (2621 n. 2). Se si verifica una
perdita del capitale sociale, non può farsi luogo a ripartizione di utili fino
a che il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente
(2446). I dividendi erogati in violazione delle disposizioni del presente
articolo non sono ripetibili, se i soci li hanno riscossi in buona fede in base
a bilancio regolarmente approvato, da cui risultano utili netti corrispondenti.
Art. 2433 bis Acconti sui dividendi La distribuzione di acconti sui dividendi è
consentita solo alle società il cui bilancio è assoggettato per legge alla
certificazione da parte di società di revisione iscritte all'albo speciale. La
distribuzione di acconti sui dividendi deve essere prevista dallo statuto ed è
deliberata dagli amministratori dopo la certificazione e l'approvazione del
bilancio dell'esercizio precedente. Non è consentita la distribuzione di
acconti sui dividendi quando dall'ultimo bilancio approvato risultino perdite
relative all 'esercizio o a esercizi precedenti. L'ammontare degli acconti sui
dividendi non può superare la minor somma tra l'importo degli utili conseguiti
dalla chiusura dell'esercizio precedente, diminuito delle quote che dovranno
essere destinate a riserva per obbligo legale o statutario, e quello delle
riserve disponibili. Gli amministratori deliberano la distribuzione di acconti
sui dividendi sulla base di un prospetto contabile e di una relazione, dai
quali risulti che la situazione patrimoniale, economica e finanziaria della
società consente la distribuzione stessa. Su tali documenti deve essere
acquisito il parere del collegio sindacale. Il prospetto contabile, la
relazione degli amministratori e il parere del collegio sindacale debbono
restare depositati in copia nella sede della società fino all'approvazione del
bilancio dell'esercizio in corso. I soci possono prenderne visione. Ancorché
sia successivamente accertata l'inesistenza degli utili di periodo risultanti
dal prospetto, gli acconti sui dividendi erogati in conformità con le altre
disposizioni del presente articolo non sono ripetibili se i soci li hanno
riscossi in buona fede. Art. 2434 Azione di responsabilità L'approvazione del
bilancio da parte dell'assemblea non implica liberazione degli amministratori,
dei direttori generali e dei sindaci per le responsabilità incorse nella
gestione sociale (2392 e seguenti, 2633). Art. 2435 Pubblicazione del bilancio
e dell'elenco soci e dei titolari di diritti su azioni Entro trenta giorni
dall'approvazione una copia del bilancio, corredata dalla relazione sulla
gestione, dalla relazione del collegio sindacale e dal verbale di approvazione
dell'assemblea, deve essere, a cura degli amministratori, depositata presso
l'ufficio del registro delle imprese o spedita al medesimo ufficio a mezzo di
lettera raccomandata. Dell'avvenuto deposito deve essere fatta menzione nel
Bollettino delle Società per azioni e a responsabilità limitata. Il bilancio
può essere pubblicato, oltre che in lire, anche in ECU, al tasso di conversione
della data di chiusura dell'esercizio; tale tasso deve essere indicato nella
nota integrativa. Entro trenta giorni dall'approvazione del bilancio le società
non quotate in mercato regolamentato sono tenute altresì a depositare per
l'iscrizione nel registro delle imprese l'elenco dei soci riferito alla data di
approvazione del bilancio, con l'indicazione del numero delle azioni possedute,
nonché dei soggetti diversi dai soci che sono titolari di diritti o beneficiari
di vincoli sulle azioni medesime. L'elenco deve essere corredato
dall'indicazione analitica delle annotazioni effettuate nel libro dei soci a
partire dalla data di approvazione del bilancio dell'esercizio precedente. Art.
2435 bis Bilancio in forma abbreviata Le società possono redigere il bilancio
in forma abbreviata quando, nel primo esercizio o, successivamente, per due
esercizi consecutivi non abbiano superato due dei seguenti limiti: totale
dell'attivo dello stato patrimoniale 3.090 milioni di lire; ricavi delle
vendite e delle prestazioni: 6.180 milioni di lire; dipendenti occupati in
media durante l'esercizio: 50 unità. Nel bilancio in forma abbreviata lo stato patrimoniale
comprende solo le voci contrassegnate nell'art. 2424 con lettere maiuscole e
con numeri romani; dalle voci B I e B II dell'attivo devono essere detratti in
forma esplicita gli ammortamenti e le svalutazioni; nelle voci C II dell'attivo
e D del passivo devono essere separatamente indicati i crediti e i debiti
esigibili oltre l'esercizio successivo. Nella nota integrativa sono omesse le
indicazioni richieste dal n. 10 dell'art. 2426 e dai nn. 2, 3, 7, 9, 10,12,13,
li, 15,16 e 17 dell'art. 2427; le indicazioni richieste dal n. 6 dell'art. 2427
sono riferite all'importo globale dei debiti iscritti in bilancio. Qualora le
società indicate nel primo comma forniscano nella nota integrativa le
informazioni richieste dai nn. 3 e 4 dell'art. 2428, esse sono esonerate dalla
redazione della relazione sulla gestione. Sezione X Delle modificazioni
dell'atto costitutivo Art. 2436 Deposito, iscrizione e pubblicazione delle
modificazioni Le deliberazioni che importano modificazioni dell'atto
costitutivo (att. 211) devono essere depositate e iscritte a norma del primo,
secondo e terzo comma dell'art. 2411 (att. 100) e pubblicate nel BUSARL. Dopo
ogni modifica dell'atto costitutivo o dello statuto deve essere depositato nel
registro delle imprese e pubblicato nel Bollettino ufficiale delle società per
azioni e a responsabilità limitata il testo integrale dell'atto modificato
nella sua redazione aggiornata (2494). Art. 2437 Diritto di recesso I soci
dissenzienti dalle deliberazioni riguardanti il cambiamento dell'oggetto o del
tipo della società, o il trasferimento della sede sociale all'estero (2369)
hanno diritto di recedere dalla società e di ottenere il rimborso delle proprie
azioni, secondo il prezzo medio dell'ultimo semestre, se queste sono quotate in
borsa, o, in caso contrario, in proporzione del patrimonio sociale risultante
dal bilancio dell'ultimo esercizio. La dichiarazione di recesso deve essere
comunicata con raccomandata dai soci intervenuti all'assemblea non oltre tre
giorni dalla chiusura di questa, e dai soci non intervenuti non oltre quindici
giorni (2964) dalla data dell'iscrizione della deliberazione nel registro delle
imprese (2188; att. 100). E' nullo (1421 e seguenti) ogni patto che esclude il
diritto di recesso o ne rende più gravoso l'esercizio. Art. 2438 Aumento di
capitale Non si possono emettere nuove azioni fino a che quelle emesse non
siano interamente liberate (2630). Art. 2439 Sottoscrizione e versamenti I
sottoscrittori delle azioni di nuova emissione devono, all'atto della
sottoscrizione, versare alla società almeno i tre decimi del valore nominale
delle azioni sottoscritte. Se è previsto un sopraprezzo, questo deve essere
integralmente versato all'atto della sottoscrizione. Se l'aumento di capitale
non è integralmente sottoscritto entro il termine che, nell'osservanza di
quelli stabiliti dall'art. 2441, 2° e 3° comma, deve risultare dalla
deliberazione, il capitale è aumentato di un importo pari alle sottoscrizioni
raccolte soltanto se la deliberazione medesima lo abbia espressamente previsto.
Art. 2440 Conferimenti di beni in natura e di crediti Se l'aumento di capitale
avviene mediante conferimento di beni in natura o di crediti si applicano le
disposizioni degli artt. 2342, 2° e 3° comma, e 2343. Art. 2441 Diritto di
opzione Le azioni di nuova emissione e le obbligazioni convertibili in azioni
devono essere offerte in opzione ai soci in proporzione al numero delle azioni
possedute. Se vi sono obbligazioni convertibili il diritto di opzione spetta
anche ai possessori di queste, in concorso con i soci, sulla base del rapporto
di cambio (2420). L'offerta di opzione deve essere pubblicata nel Bollettino
ufficiale delle società per azioni e a responsabilità limitata. Per l'esercizio
del diritto di opzione deve essere concesso un termine non inferiore a trenta
giorni dalla pubblicazione dell'offerta. Coloro che esercitano il diritto di
opzione purché ne facciano contestuale richiesta, hanno diritto di prelazione
nell'acquisto delle azioni e delle obbligazioni convertibili in azioni che
siano rimaste non optate. Se le azioni sono quotate in borsa, i diritti di
opzione non esercitati devono essere offerti in borsa dagli amministratori, per
conto della società, per almeno cinque riunioni, entro il mese successivo alla
scadenza del termine stabilito a norma del secondo comma. Il diritto di opzione
non spetta per le azioni di nuova emissione che, secondo la deliberazione di
aumento del capitale, devono essere liberate mediante conferimenti in natura.
Quando l'interesse della società lo esige, il diritto di opzione può essere
escluso o limitato con la deliberazione di aumento di capitale, approvata da
tanti soci che rappresentino oltre la metà del capitale sociale, anche se la
deliberazione è presa in assemblea di seconda o terza convocazione (2369 e seguenti).
Le proposte di aumento del capitale sociale con esclusione o limitazione del
diritto di opzione, ai sensi del 4° o del 5 comma, devono essere illustrate
dagli amministratori con apposita relazione, dalla quale devono risultare le
ragioni dell'esclusione o della limitazione, ovvero, qualora l'esclusione
derivi da un conferimento in natura, le ragioni di questo e in ogni caso i
criteri adottati per la determinazione del prezzo di emissione. La relazione
deve essere comunicata dagli amministratori al collegio sindacale almeno trenta
giorni prima di quello fissato per l'assemblea. Entro quindici giorni il
collegio sindacale deve esprimere il proprio parere sulla congruità del prezzo
di emissione delle azioni. Il parere del collegio sindacale e la relazione
giurata dell'esperto designato dal presidente del tribunale nell'ipotesi
prevista dal 4° comma devono restare depositati nella sede della società
durante i quindici giorni che precedono l'assemblea e finché questa non abbia
deliberato; i soci possono prenderne visione. La deliberazione determina il
prezzo di emissione delle azioni in base al valore del patrimonio netto,
tenendo conto, per le azioni quotate in borsa, anche dell'andamento delle
quotazioni nell'ultimo semestre. Non si considera escluso né limitato il
diritto di opzione qualora la deliberazione di aumento del capitale preveda che
le azioni di nuova emissione siano sottoscritte da banche o da enti o società
finanziarie soggetti al controllo della Commissione nazionale per la società e
la borsa, con obbligo di offrirle agli azionisti della società in conformità
con i primi tre commi del presente articolo. Le spese di tale operazione sono a
carico della società e la deliberazione di aumento del capitale deve indicarne
l'ammontare. Con deliberazione dell'assemblea presa con la maggioranza
richiesta per le assemblee straordinarie può essere escluso il diritto di
opzione limitatamente a un quarto delle azioni di nuova emissione, se queste
sono offerte in sottoscrizione ai dipendenti della società. L'esclusione
dell'opzione in misura superiore al quarto deve essere approvata con la
maggioranza prescritta nel quinto comma. Art. 2442 Passaggio di riserve a
capitale L'assemblea può aumentare il capitale imputando a capitale la parte
disponibile delle riserve e dei fondi speciali iscritti in bilancio. In questo
caso le azioni di nuova emissione devono avere le stesse caratteristiche di
quelle in circolazione, e devono essere assegnate gratuitamente agli azionisti
in proporzione di quelle da essi già possedute. L'aumento di capitale può
attuarsi anche mediante aumento del valore nominale delle azioni in
circolazione. Art. 2443 Delega agli amministratori L'atto costitutivo può
attribuire agli amministratori la facoltà di aumentare in una o più volte il
capitale fino ad un ammontare determinato e per il periodo massimo di cinque
anni dalla data dell'iscrizione della società nel registro delle imprese
(2381). Tale facoltà può essere attribuita anche mediante modificazione
dell'atto costitutivo, per il periodo massimo di cinque anni dalla data della
deliberazione. Il verbale della deliberazione degli amministratori di aumentare
il capitale deve essere redatto da un notaio e deve essere depositato e
iscritto a norma dell'art. 2436. Art. 2444 Iscrizione nel registro delle
imprese Nei trenta giorni dall'avvenuta sottoscrizione delle azioni di nuova
emissione gli amministratori devono depositare per l'iscrizione nel registro
delle imprese un'attestazione che l'aumento del capitale è stato eseguito (att.
100). L'attestazione deve essere pubblicata a norma dell'art. 2457 bis. Fino a
che l'iscrizione nel registro non sia avvenuta, l'aumento del capitale non può
essere menzionato negli atti della società (2250). Art. 2445 Riduzione del
capitale esuberante La riduzione del capitale, o quando questo risulta
esuberante per il conseguimento dell'oggetto sociale, può (2412) aver luogo sia
mediante liberazione dei soci dall'obbligo dei versamenti ancora dovuti (2344),
sia medianti rimborso del capitale ai soci, nei limiti ammessi dagli artt. 2327
e 2412. L'avviso di convocazione dell'assemblea deve indicare le ragioni e le
modalità della riduzione. La riduzione deve comunque effettuarsi con modalità
tali che le azioni proprie eventualmente possedute dopo la riduzione non
eccedano la decima parte del capitale sociale. La deliberazione può essere
eseguita soltanto dopo tre mesi dal giorno dell'iscrizione nel registro delle
imprese (att.100) purché entro questo termine (2964) nessun creditore sociale
anteriore all'iscrizione abbia fatto opposizione (2623, n 1). Il tribunale,
nonostante l'opposizione, può disporre che la riduzione abbia luogo, previa
prestazione da parte della società di un'idonea garanzia (1179, 2623). 2446
Riduzione del capitale per perdite Quando risulta che il capitale è diminuito
di oltre un terzo in conseguenza di perdite, gli amministratori (2381, 2630)
devono senza indugio convocare l'assemblea per gli opportuni provvedimenti
(2630). All'assemblea deve essere sottoposta una relazione sulla situazione
patrimoniale della società, con le osservazioni del collegio sindacale. La
relazione degli amministratori con le osservazioni del collegio sindacale deve
restare depositata in copia nella sede della società durante gli otto giorni
che precedono l'assemblea, perché i soci possano prenderne visione. Se entro
l'esercizio successivo la perdita non risulta diminuita a meno di un terzo
l'assemblea che approva il bilancio di tale esercizio deve ridurre il capitale
in proporzione delle perdite accertate. In mancanza gli amministratori e i
sindaci devono chiedere al tribunale che venga disposta la riduzione del
capitale in ragione delle perdite risultanti dal bilancio. Il tribunale
provvede, sentito il pubblico ministero, mediante decreto, che deve essere
iscritto nel registro delle imprese a cura degli amministratori (2194, 2626;
att 100). Contro tale decreto e ammesso reclamo alla corte d'appello entro
trenta giorni dall'iscrizione (att. 209). Art. 2447 Riduzione del capitale
sociale al di sotto del limite legale Se, per la perdita di oltre un terzo del
capitale, questo di riduce al di sotto del minimo stabilito dall'art. 2327, gli
amministratori devono senza indugio convocare l'assemblea per deliberare la
riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra
non inferiore al detto minimo, o la trasformazione della società (2448, 2498).
Sezione XI Dello scioglimento e della liquidazione Art. 2448 Cause di
scioglimento La società per azioni si scioglie: per il decorso del termine; per
il conseguimento dell'oggetto sociale o per la sopravvenuta impossibilità di
conseguirlo; per l'impossibilità di funzionamento o per la continuata
inattività dell'assemblea; per la riduzione del capitale al di sotto del minimo
legale (2327), salvo quanto è disposto dall'art. 2447; per deliberazione
dell'assemblea; per le altre cause previste dall'atto costitutivo. La società
si scioglie inoltre per provvedimento dell'autorità governativa nei casi
stabiliti dalla legge, e per la dichiarazione di fallimento se la società ha
per oggetto un'attività commerciale (2195, 2449). Si osservano in questi casi
le disposizioni delle leggi speciali. Art. 2449 Effetti dello scioglimento Gli
amministratori, quando si è verificato un fatto che determina lo scioglimento
della società, non possono intraprendere nuove operazioni. Contravvenendo a
questo divieto, essi assumono responsabilità illimitata e solidale (1292) per
gli affari intrapresi. Essi devono, nel termine di trenta giorni convocare
l'assemblea per le deliberazioni relative alla liquidazione. Gli amministratori
sono responsabili della conservazione dei beni sociali fino a quando non ne
hanno fatto consegna ai liquidatori. Nel caso previsto dal n. 5 dell'art. 2448,
la deliberazione dell'assemblea che decide lo scioglimento della società deve
essere depositata ed iscritta nel registro delle imprese a norma dell'art.
2411, primo, secondo e terzo comma, e pubblicata nel Bollettino ufficiale delle
società per azioni e a responsabilità limitata. Nei casi previsti dai nn. 1, 2,
4 e 6 dell'art. 2448 deve essere depositata ed iscritta nel registro delle
imprese e pubblicata nel Bollettino ufficiale delle società per azioni e a
responsabilità limitata la deliberazione del consiglio di amministrazione che
accerta il verificarsi di una causa di scioglimento. Nel caso previsto dal n. 3
dell'art. 2448 deve essere iscritto e pubblicato a norma del comma precedente
il decreto del presidente del tribunale che, su istanza dei soci, degli
amministratori o dei sindaci accerti l'impossibilità di funzionamento o la
continuata inattività dell'assemblea. Nel caso previsto dall'art. 2448, secondo
comma, il provvedimento dell'autorità governativa e la sentenza dichiarativa di
fallimento devono, a cura degli amministratori, entro quindici giorni dalla
comunicazione del provvedimento o dalla pubblicazione della sentenza, essere
depositati in copia autentica (2703) per l'iscrizione presso l'ufficio del
registro delle imprese e pubblicati nel Bollettino ufficiale delle società per
azioni e a responsabilità limitata (2626). Art. 2450 Nomina e revoca dei
liquidatori La nomina dei liquidatori spetta all'assemblea (2365), salvo
diversa disposizione dell'atto costitutivo. L'assemblea delibera con le
maggioranze prescritte per l'assemblea straordinaria (2368 e seguente). Nel caso
previsto dal n. 3 dell'art. 2448, o quando la maggioranza prescritta non è
raggiunta, la nomina dei liquidatori è fatta con decreto dal presidente del
tribunale su istanza dei soci, degli amministratori o dei sindaci. I
liquidatori possono essere revocati dall'assemblea con le maggioranze
prescritte per l'assemblea straordinaria (2368 e seguente) o, quando sussiste
una giusta causa, dal tribunale su istanza dei soci, dei sindaci o del pubblico
ministero. Le disposizioni del primo, secondo e terzo comma si applicano anche
alla sostituzione dei liquidatori. Art. 2450 bis Pubblicazione della nomina dei
liquidatori La deliberazione dell'assemblea, la sentenza e il decreto del
presidente del tribunale che nomina i liquidatori e ogni atto successivo che
importi cambiamento nelle persone dei liquidatori devono essere, entro quindici
giorni dalla notizia della nomina, depositati in copia autentica a cura dei
liquidatori medesimi per la loro iscrizione presso l'ufficio del registro delle
imprese (2626). I liquidatori devono altresì depositare, presso lo stesso
ufficio, le loro firme autografe. I liquidatori devono inoltre richiedere,
entro quindici giorni dalla iscrizione nel registro delle imprese, la
pubblicazione nel Bollettino ufficiale delle società per azioni e a
responsabilità limitata della deliberazione dell'assemblea o della sentenza o
del decreto di cui al primo comma. Art. 2451 Organi sociali durante la
liquidazione Le disposizioni sulle assemblee e sul collegio sindacale (2363 e
seguenti) si applicano anche durante la liquidazione, in quanto compatibili con
questa. Art. 2452 Poteri, obblighi e responsabilità dei liquidatori Oltre che
agli obblighi di cui all'art. 2450 bis i liquidatori sono soggetti alle
disposizioni degli artt. 2276, 2277, 2279, 2280, primo comma, e 2310 (2625). I
poteri dei liquidatori sono regolati dal primo comma dell'art. 2278, salvo che
l'assemblea con le maggioranze stabilite per l'assemblea straordinaria (2368)
non abbia disposto diversamente. Se i fondi disponibili risultano insufficienti
per il pagamento dei debiti sociali, i liquidatori possono chiedere
proporzionalmente ai soci i versamenti ancora dovuti sulle rispettive azioni Le
disposizioni dell'art. 2450 bis, primo e terzo comma, relative alla pubblicità
della nomina dei liquidatori si applicano anche alla deliberazione
dell'assemblea straordinaria prevista dal secondo comma. Art. 2453 Bilancio
finale di liquidazione Compiuta la liquidazione, i liquidatori devono redigere
il bilancio finale, indicando la parte spettante a ciascuna azione nella
divisione dell'attivo. Il bilancio, sottoscritto dai liquidatori e accompagnato
dalla relazione dei sindaci, è depositato presso l'ufficio del registro delle
imprese (2626). Nei tre mesi successivi all'iscrizione dell'avvenuto deposito,
ogni socio può proporre reclamo davanti al tribunale in contraddittorio dei
liquidatori. I reclami devono essere riuniti e decisi in unico giudizio, nel
quale tutti i soci possono intervenire. La trattazione della causa ha inizio
quando sia decorso il termine suddetto. La sentenza fa stato anche riguardo ai
non intervenuti. Art. 2454 Approvazione tacita del bilancio Decorso il termine
di tre mesi senza che siano stati proposti reclami, il bilancio s'intende
approvato, e i liquidatori, salvi i loro obblighi relativi alla distribuzione
dell'attivo risultante dal bilancio, sono liberati di fronte ai soci.
Indipendentemente dalla decorrenza del termine, la quietanza, rilasciata senza
riserve all'atto del pagamento dell'ultima quota di riparto, importa
approvazione del bilancio. Art. 2455 Deposito delle somme non riscosse Le somme
spettanti ai soci, non riscosse entro tre mesi dall'iscrizione dell'avvenuto
deposito del bilancio a norma dell'art. 2453, devono essere depositate presso
un istituto di credito (att. 251) con l'indicazione del cognome e del nome del
socio o dei numeri delle azioni, se queste sono al portatore. Art. 2456
Cancellazione della società Approvato il bilancio finale di liquidazione, i
liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle
imprese, e la pubblicazione del provvedimento di cancellazione nel Bollettino
ufficiale delle società per azioni e a responsabilità limitata. Dopo la
cancellazione della società i creditori sociali non soddisfatti possono far
valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme
da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti
dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. Art. 2457
Deposito dei libri sociali Compiuta la liquidazione, la distribuzione
dell'attivo o il deposito indicato nell'art. 2455, i libri della società devono
essere depositati (2626) e conservati per dieci anni presso l'ufficio del
registro delle imprese. Chiunque può esaminarli, anticipando le spese. Sezione
XI BIS Art. 2457 bis Pubblicazione nel Bollettino delle società per azioni e a
responsabilità limitata e nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana
Gli amministratori e, se la società è in liquidazione, i liquidatori sono
tenuti a richiedere la pubblicazione nel Bollettino ufficiale delle società per
azioni e a responsabilità limitata o nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana degli atti e fatti per i quali l'una o l'altra pubblicazione sia
prescritta dal presente codice nel termine di un mese dall'iscrizione o dal
deposito dell'atto nel registro delle imprese, salvo che sia previsto un
termine diverso. Art. 2457 ter Effetti della pubblicazione nel Bollettino
ufficiale delle società per azioni e a responsabilità limitata Gli atti per i
quali il codice prescrive, oltre l'iscrizione o il deposito nel registro delle
imprese, la pubblicazione nel Bollettino ufficiale delle società per azioni e a
responsabilità limitata, sono opponibili ai terzi soltanto dopo tale
pubblicazione, a meno che la società provi che i terzi ne erano a conoscenza.
Per le operazioni compiute entro il quindicesimo giorno dalla pubblicazione di
cui al comma precedente, gli atti non sono opponibili ai terzi che provino di
essere stati nella impossibilità di averne conoscenza. In caso di discordanza
tra il contenuto dell'atto depositato o iscritto nel registro delle imprese con
il testo pubblicato nel Bollettino ufficiale delle società per azioni e a
responsabilità limitata, quest'ultimo non può essere opposto ai terzi. Costoro
possono, tuttavia, valersene, salvo che la società provi che i terzi erano a
conoscenza del testo iscritto o depositato nel registro delle imprese (2497
bis). Sezione XII Delle società con partecipazione dello Stato o di enti
pubblici Art. 2458 Società con partecipazione dello Stato o di enti pubblici Se
lo Stato o gli enti pubblici hanno partecipazioni in una società per azioni,
l'atto costitutivo può ad essi conferire la facoltà di nominare uno o più
amministratori o sindaci (2400). Gli amministratori e i sindaci nominati a
norma del comma precedente possono essere revocati soltanto dagli enti che li
hanno nominati. Essi hanno i diritti e gli obblighi dei membri nominati
dall'assemblea. Art. 2459 Amministratori e sindaci nominati dallo Stato o da
enti pubblici Le disposizioni dell'articolo precedente si applicano anche nel
caso in cui la legge o l'atto costitutivo attribuisca allo Stato o a enti
pubblici, anche in mancanza di partecipazione azionaria, la nomina di uno o più
amministratori o sindaci, salvo che la legge disponga diversamente. Art. 2460
Presidenza del collegio sindacale Qualora uno o più sindaci siano nominati
dallo Stato, il presidente del collegio sindacale deve essere scelto tra essi.
Sezione XIII Delle società d'interesse nazionale Art. 2461 Norme applicabili Le
disposizioni di questo capo si applicano anche alle società per azioni
d'interesse nazionale, compatibilmente con le disposizioni delle leggi speciali
che stabiliscono per tali società una particolare disciplina circa la gestione
sociale, la trasferibilità delle azioni, il diritto di voto e la nomina degli
amministratori, dei sindaci e dei dirigenti. Capo VI Della società in
accomandita per azioni Art. 2462 Nozione Nelle società in accomandita per
azioni i soci accomandatari rispondono solidalmente e illimitatamente per le
obbligazioni sociali, e i soci accomandanti sono obbligati nei limiti della
quota di capitale sottoscritta (2250). Le quote di partecipazione dei soci sono
rappresentate da azioni (2346 e seguenti). Art. 2463 Denominazione sociale La
denominazione della società è costituita dal nome di almeno uno dei soci
accomandatari, con l'indicazione di società in accomandita per azioni (2564 e
seguenti). Art. 2464 Norme applicabili Alla società in accomandita per azioni
sono applicabili le norme relative alla società per azioni (2325 e seguenti,
2457 ter), in quanto compatibili con le disposizioni seguenti. Art. 2465 Soci
accomandatari L'atto costitutivo deve indicare i soci accomandatari. I soci
accomandatari sono di diritto amministratori e sono soggetti agli obblighi
degli amministratori delle società per azioni (2380 e seguenti), (escluso
quello della cauzione). NOTA Essendo abrogato l'art. 2387, tale obbligo non è
più previsto per gli amministratori di S p A. Art. 2466 Revoca degli
amministratori La revoca degli amministratori deve essere deliberata con la
maggioranza prescritta per le deliberazioni dell'assemblea straordinaria della
società per azioni (2368 e seguente). Se la revoca avviene senza giusta causa,
l'amministratore revocato ha diritto al risarcimento dei danni. Art. 2467
Sostituzione degli amministratori L'assemblea con la maggioranza indicata
nell'articolo precedente provvede a sostituire l'amministratore che, per
qualunque causa, ha cessato dal suo ufficio. Nel caso di pluralità di
amministratori, la nomina deve essere approvata dagli amministratori rimasti in
carica. Il nuovo amministratore assume la qualità di socio accomandatario dal
momento dell'accettazione della nomina. Art. 2468 Cessazione dall'ufficio di
tutti i soci amministratori In caso di cessazione dall'ufficio di tutti gli
amministratori, la società si scioglie se nel termine di sei mesi non si e
provveduto alla loro sostituzione e i sostituti non hanno accettato la carica.
Per questo periodo il collegio sindacale nomina un amministratore provvisorio
per il compimento degli atti di ordinaria amministrazione. L'amministratore
provvisorio non assume la qualità di socio accomandatario. Art. 2469 Sindaci e
azione di responsabilità I soci accomandatari non hanno diritto di voto per le
azioni ad essi spettanti nelle deliberazioni dell'assemblea che concernono la
nomina e la revoca dei sindaci (2400) e l'esercizio dell'azione di
responsabilità (2392). Art. 2470 Modificazioni dell'atto costitutivo Le
modificazioni dell'atto costitutivo (att. 211) devono essere approvate
dall'assemblea con le maggioranze prescritte per l'assemblea straordinaria
della società per azioni (2368 e seguente), e devono inoltre essere approvate
da tutti i soci accomandatari. Art. 2471 Responsabilità degli accomandatari
verso i terzi La responsabilità dei soci accomandatari verso i terzi è regolata
dall'art. 2304. Il socio accomandatario che cessa dall'ufficio di
amministratore non risponde per le obbligazioni della società sorte
posteriormente all'iscrizione nel registro delle imprese della cessazione
dall'ufficio. Capo VII Della società a responsabilità limitata Sezione I
Disposizioni generali Art. 2472 Nozione Nella società a responsabilità limitata
(att. 216) per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo
patrimonio. Le quote di partecipazione dei soci non possono essere
rappresentate da azioni. Art. 2473 Denominazione sociale La denominazione
sociale, in qualunque modo formata, deve contenere l'indicazione di società a
responsabilità limitata (2564 e seguenti). Art. 2474 Capitale sociale La
società deve costituirsi con un capitale non inferiore a 20 milioni di lire
(2250, 2496). Le quote di conferimento dei soci possono essere di diverso
ammontare, ma in nessun caso inferiori a lire mille (2482, 2500). Se la quota
di conferimento è superiore al minimo, deve essere costituita da un ammontare
multiplo di lire mille. Se il valore di un conferimento in natura non raggiunge
l'ammontare minimo o un multiplo di questo, la differenza deve essere integrata
mediante conferimento in danaro. Art. 2475 Costituzione La società deve
costituirsi per atto pubblico. L'atto costitutivo deve indicare: il cognome e
il nome, la data e il luogo di nascita, il domicilio, la cittadinanza di
ciascun socio; la denominazione, la sede della società e le eventuali sedi
secondarie; l'oggetto sociale (2620, 2630); l'ammontare del capitale
sottoscritto e versato; la quota di conferimento di ciascun socio e il valore
dei beni e dei crediti conferiti le norme secondo le quali gli utili devono
essere ripartiti (2492); il numero, il cognome e il nome, la data e il luogo di
nascita degli amministratori e i loro poteri, indicando quali tra essi hanno la
rappresentanza della società (2384); il numero, il cognome e il nome, la data e
il luogo di nascita dei componenti del collegio sindacale nei casi previsti
dall'art. 2488; la durata della società; l'importo globale, almeno
approssimativo, delle spese per la costituzione poste a carico della società.
Si applicano alla società a responsabilità limitata le disposizioni degli artt.
2328, ultimo comma, 2329, 2330, 2330 bis, 2331 primo e secondo comma, 2332, con
esclusione del n. 8 e 2341. La società può essere costituita con atto
unilaterale. In tal caso, per le operazioni compiute in nome della società
prima della sua iscrizione è responsabile, in solido con coloro che hanno
agito, anche il socio fondatore. Art. 2475 bis Pubblicità Quando le quote
appartengono ad un solo socio o muta la persona dell'unico socio, gli
amministratori devono depositare per l'iscrizione nel registro delle imprese
una dichiarazione contenente l'indicazione del cognome e nome, della data e
luogo di nascita, del domicilio e cittadinanza dell'unico socio. Quando si
costituisce o ricostituisce la pluralità dei soci, gli amministratori ne devono
depositare la dichiarazione per l'iscrizione nel registro delle imprese.
L'unico socio o colui che cessi di essere tale può provvedere alla pubblicità
prevista nei commi precedenti. Le dichiarazioni degli amministratori devono
essere depositate entro quindici giorni dall'iscrizione nel libro dei soci e
devono indicare la data di tale iscrizione. Sezione II Dei conferimenti e delle
quote Art. 2476 Conferimenti ed acquisti della società da fondatori, soci ed
amministratori Si applicano ai conferimenti dei soci e agli acquisti da parte
della società di beni o crediti dei fondatori, dei soci e degli amministratori
le disposizioni degli artt. 2342, 2343 e 2343 bis. In caso di costituzione della
società con atto unilaterale il conferimento in danaro deve essere interamente
versato ai sensi dell'art. 2329, n. 2 Cod. Civ. In caso di aumento di capitale
eseguito nel periodo in cui vi è un unico socio il conferimento in danaro deve
essere interamente versato al momento della sottoscrizione. Se viene meno la
pluralità dei soci, i versamenti ancora dovuti devono essere effettuati entro
tre mesi. Art. 2477 Mancato pagamento delle quote Se il socio non esegue il
pagamento della quota nel termine prescritto, gli amministratori possono
diffidare il socio moroso ad eseguirlo nel termine di trenta giorni. Decorso
inutilmente questo termine, gli amministratori possono vendere, a rischio e per
conto del socio moroso, la sua quota per il valore risultante dall'ultimo
bilancio approvato. I soci hanno diritto di preferenza nell'acquisto. In
mancanza di offerte per l'acquisto, la quota è venduta all'incanto. Se la
vendita non può aver luogo per mancanza di compratori, gli amministratori
possono escludere il socio, trattenendo le somme riscosse, salvo il
risarcimento dei maggiori danni. Il capitale deve essere ridotto in misura
corrispondente. Il socio in mora nei versamenti non può esercitare il diritto
di voto. Art. 2478 Prestazioni accessorie L'atto costitutivo può prevedere
l'obbligo dei soci al compimento di prestazioni accessorie. Si applicano in tal
caso le disposizioni del primo e del terzo comma dell'art. 2345. Le quote a cui
e connesso l'obbligo delle prestazioni anzidette sono trasferibili soltanto con
il consenso degli amministratori (2479, 2480). Art. 2479 Trasferimento della
quota Le quote sono trasferibili per atto tra vivi e per successione a causa di
morte, salvo contraria disposizione dell'atto costitutivo. Il trasferimento
delle quote ha effetto di fronte alla società dal momento dell'iscrizione nel
libro dei soci. L'iscrizione del trasferimento nel libro dei soci ha luogo nei
trenta giorni dal deposito di cui al quarto comma, su richiesta dell'alienante
o dell'acquirente, verso esibizione del titolo da cui risultino il
trasferimento e l'avvenuto deposito. L'atto di trasferimento delle quote, con
sottoscrizione autenticata, deve essere depositato entro trenta giorni per
l'iscrizione, a cura del notaio autenticante, presso l'ufficio del registro
delle imprese nella cui circoscrizione e sta a la sede sociale Art. 2479 bis
Pubblicità dei trasferimenti a causa di morte Il deposito dei trasferimenti a
causa di morte per l'iscrizione nel registro delle imprese e la conseguente
iscrizione nel libro dei soci avvengono verso presentazione della
documentazione richiesta per l'annotazione nel libro dei soci dei
corrispondenti trasferimenti in materia di società per azioni. Il deposito e
l'iscrizione sono effettuati a richiesta dell'erede o del legatario. Art. 2480
Espropriazione della quota La quota può formare oggetto di espropriazione.
L'ordinanza del giudice che dispone la vendita della quota deve essere
notificata alla società a cura del creditore. Se la quota non è liberamente
trasferibile e il creditore, il debitore e la società non si accordano sulla
vendita della quota stessa, la vendita ha luogo all'incanto; ma la vendita è
priva di effetto se, entro dieci giorni dall'aggiudicazione, la società
presenta un altro acquirente che offra lo stesso prezzo. Le disposizioni del
comma precedente si applicano anche nel caso di fallimento di un socio. Art.
2481 Responsabilità dell'alienante per i versamenti ancora dovuti Nel caso di
cessione della quota l'alienante è obbligato solidalmente (1292) con
l'acquirente, per il periodo di tre anni dal trasferimento, per i versamenti
ancora dovuti. Il pagamento non può essere domandato all'alienante se non
quando la richiesta al socio moroso è rimasta infruttuosa. Art. 2482
Divisibilità della quota Salvo contraria disposizione dell'atto costitutivo, le
quote sono divisibili nel caso di successione a causa di morte o di
alienazione, purché siano osservate le disposizioni del secondo e terzo comma
dell'art. 2474. Se una quota sociale diventa proprietà comune di più persone,
si applica l'art. 2347. Art. 2483 Operazioni sulle proprie quote In nessun caso
la società può acquistare o accettare in garanzia le quote proprie, ovvero
accordare prestiti o fornire garanzie per il loro acquisto o la loro
sottoscrizione. Sezione III Degli organi sociali e dell'amministrazione Art.
2484 Convocazione dell'assemblea Salvo diversa disposizione dell'atto
costitutivo, l'assemblea deve essere convocata dagli amministratori con
raccomandata spedita ai soci almeno otto giorni prima dell'adunanza nel domicilio
risultante dal libro dei soci. Nella lettera devono essere indicati il giorno,
il luogo e l'ora dell'adunanza e l'elenco delle materie da trattare. Art. 2485
Diritto di voto Ogni socio ha diritto ad almeno un voto nell'assemblea. Se la
quota è multipla di lire mille (2474), il socio ha diritto a un voto per ogni
mille lire. Art. 2486 Deliberazioni dell'assemblea Salvo diversa disposizione
dell'atto costitutivo, l'assemblea ordinaria delibera (2630) col voto
favorevole di tanti soci che rappresentino la maggioranza del capitale sociale,
e l'assemblea straordinaria delibera col voto favorevole di tanti soci che
rappresentino almeno due terzi del capitale sociale. Alle assemblee dei soci si
applicano le disposizioni degli artt. 2363, 2364, 2365, 2367, 2371, 2372, 2373,
2374, 2375, 2377, 2378 e 2379. Alla società a responsabilità limitata non e
consentita l'emissione di obbligazioni. Art. 2487 Amministrazione Salvo diversa
disposizione dell'atto costitutivo l'amministrazione della società deve essere
affidata a uno o più soci. Si applicano all'amministrazione della società gli
artt. 2381, 2382, 2383, primo, terzo, quarto, quinto, sesto e settimo comma,
2384, 2384 bis, 2385, 2386, 2388, 2389, 2390, 2391 2392, 2393, 2394, 2395, 2396
e 2434. Art. 2488 Collegio sindacale La nomina del collegio sindacale è
obbligatoria se il capitale sociale non è inferiore a duecento milioni di lire
o se è stabilita nell'atto costitutivo. E' altresì obbligatoria se per due
esercizi consecutivi siano stati superati due dei limiti indicati nel primo
comma dell'art. 2435 bis. L'obbligo cessa se, per due esercizi consecutivi, due
dei predetti limiti non vengono superati. Al collegio sindacale si applicano le
disposizioni degli art. 2397 e seguenti. Anche quando manca il collegio sindacale,
si applica l'art. 2409. Art. 2489 Controllo individuale del socio Nelle società
in cui non esiste il collegio sindacale (2488), ciascun socio ha diritto di
avere dagli amministratori notizia dello svolgimento degli affari sociali e di
consultare i libri sociali. I soci che rappresentano almeno un terzo del
capitale hanno inoltre il diritto di far eseguire annualmente a proprie spese
la revisione della gestione (2623). E' nullo ogni patto contrario. Art. 2490
Libri sociali obbligatori Oltre i libri e le altre scritture contabili
prescritti nell'art. 2214, la società deve tenere: il libro dei soci, nel quale
devono essere indicati il nome dei soci e i versamenti fatti sul le quote,
nonché le variazioni nelle persone dei soci; il libro delle adunanze e delle
deliberazioni dell'assemblea, in cui devono essere trascritti anche i verbali
redatti per atto pubblico; il libro delle adunanze e delle deliberazioni del
consiglio di amministrazione; il libro delle adunanze e delle deliberazioni del
collegio sindacale, se questo esiste. I primi tre libri devono essere tenuti a
cura degli amministratori e il quarto a cura dei sindaci. Ai soci spetta il
diritto di esaminare i libri indicati nei numeri 1 e 2, e di ottenerne estratti
a proprie spese. Art. 2490 bis Contratti con il socio unico I contratti tra la
società e l'unico socio o le operazioni a favore dell'unico socio devono, anche
quando non è stata attuata la pubblicità di cui all'art. 2475 bis, essere
trascritti nel libro indicato nel n. 3 del primo comma dell'art. 2490 o
risultare da atto scritto. I crediti dell'unico socio non illimitatamente
responsabile nei confronti della società non sono assistiti da cause legittime
di prelazione. Art. 2491 Bilancio Il bilancio deve essere redatto con
l'osservanza degli art. da 2423 a 2431, disposto dall'art. 2435 bis. Gli
amministratori devono depositare nella sede sociale copia del bilancio, con la
relazione sulla gestione, almeno quindici giorni prima dell'assemblea. Se
esiste il collegio sindacale, si applica l'art. 2429. Art. 2492 Ripartizione
degli utili Salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo, la ripartizione
degli utili ai soci è fatta in proporzione delle rispettive quote di
conferimento. Si applicano inoltre le disposizioni dell'art. 2433. Art. 2493
Pubblicazione del bilancio e dell'elenco dei soci e dei titolari di diritti su
quote sociali Il bilancio approvato dall'assemblea e l'elenco dei soci e degli
altri titolari di diritti su quote sociali devono essere depositati presso
l'ufficio del registro delle imprese a norma dell'art. 2435. Sezione IV Delle
modificazioni dell'atto costitutivo e dello scioglimento Art. 2494
Modificazioni dell'atto costitutivo Alle modificazioni dell'atto costitutivo
(att. 211) si applicano le disposizioni degli artt. 2436 e 2437. Art. 2495
Aumento del capitale In caso di aumento del capitale si applicano in ordine
alle quote le disposizioni degli artt. 2438, 2439, 2140, 2441, primo comma e
2474, ultimo comma. Art. 2496 Riduzione del capitale La riduzione del capitale
ha luogo nei casi e nei modi prescritti per le società per azioni (2445 e
seguenti). Il limite minimo del capitale, agli effetti degli artt. 2445 e 2447,
è quello indicato nell'art. 2474. ln caso di riduzione del capitale per
perdite, i soci conservano i diritti sociali secondo il valore originario delle
rispettive quote (2485). Art. 2497 Scioglimento e liquidazione Allo
scioglimento (2711) e alla liquidazione della società si applicano le
disposizioni degli artt. 2448 e 2457. La maggioranza necessaria per la nomina e
la revoca dei liquidatori è quella richiesta dall'art. 2486 per l'assemblea
straordinaria. In caso di insolvenza della società, per le obbligazioni sociali
sorte nel periodo in cui le quote sono appartenute ad un solo socio, questi
risponde illimitatamente. quando sia una persona giuridica ovvero sia socio
unico di altra società di capitali; quando i conferimenti non siano stati
effettuati secondo quanto previsto dall'art. 2476, secondo e terzo comma; fino
a quando non sia stata attuata la pubblicità prescritta dall'art. 2475 bis.
Art. 2497 bis Pubblicazione nel Bollettino ufficiale delle società per azioni e
a responsabilità limitata Si applicano alla società a responsabilità limitata
le disposizioni degli artt. 2157 bis e ter. Capo VIII Della trasformazione, della
fusione e della scissione delle società Sezione I Della trasformazione delle
società Art. 2498 Trasformazione in società aventi personalità giuridica La
deliberazione di trasformazione (att. 211) di una società in nome collettivo
(2291 e seguenti) o in accomandita semplice (2313 e seguenti) in società per
azioni (2325 e seguenti), in accomandita per azioni (2462 e seguenti) o a
responsabilità limitata (2472 e seguenti) deve risultare da atto pubblico
(2699, 2725) e contenere le indicazioni prescritte dalla legge per l'atto
costitutivo del tipo di società adottato. Essa deve essere accompagnata da una
relazione di stima (2629) del patrimonio sociale a norma dell'art. 2343 e deve
(2194) essere iscritta nel registro delle imprese (2180) con le forme prescritte
per l'atto costitutivo del tipo di società adottato. La società acquista
personalità giuridica con l'iscrizione della deliberazione nel registro delle
imprese e conserva i diritti e gli obblighi anteriori alla trasformazione. Art.
2499 Responsabilità dei soci La trasformazione di una società non libera i soci
a responsabilità illimitata (2291, 2313) dalla responsabilità per le
obbligazioni sociali anteriori alla iscrizione della deliberazione di
trasformazione nel registro delle imprese (2498-2), se non risulta che i
creditori sociali hanno dato il loro consenso alla trasformazione. Il consenso
si presume se i creditori, ai quali la deliberazione di trasformazione sia
stata comunicata per raccomandata, non hanno negato espressamente la loro
adesione nel termine di trenta giorni (2964) dalla comunicazione. Art. 2500
Assegnazione di azioni e quote Nella trasformazione in società per azioni o in
accomandita per azioni di una società di altro tipo ciascun socio ha diritto
all'assegnazione di un numero di azioni proporzionale al valore della sua quota
secondo l'ultimo bilancio approvato. Nella trasformazione di una società di
altro tipo in società a responsabilità limitata l'assegnazione delle quote deve
farsi con l'osservanza dell'art. 2474. Sezione II Della fusione delle società
Art. 2501 Forme di fusione La fusione di più società (att. 211) può eseguirsi
mediante la costituzione di una società nuova, o mediante l'incorporazione in
una società di una o più altre. La partecipazione alla fusione non è consentita
alle società sottoposte a procedure concorsuali né a quelle in liquidazione che
abbiano iniziato la distribuzione dell'attivo. Art. 2501 bis Progetto di
fusione Gli amministratori delle società partecipanti alla fusione redigono un
progetto di fusione, dal quale devono in ogni caso risultare: il tipo, la
denominazione o ragione sociale, la sede delle società partecipanti alla
fusione; l'atto costitutivo della nuova società risultante dalla fusione o di
quella incorporante, con le eventuali modificazioni derivanti dalla fusione; il
rapporto di cambio delle azioni o quote, nonché l'eventuale conguaglio in
denaro; le modalità di assegnazione delle azioni o delle quote della società
che risulta dalla fusione o di quella incorporante; la data dalla quale tali azioni
o quote partecipano agli utili; la data a decorrere dalla quale le operazioni
delle società partecipanti alla fusione sono imputate al bilancio della società
che risulta dalla fusione o di quella incorporante; il trattamento
eventualmente riservato a particolari categorie di soci e ai possessori di
titoli diversi dalle azioni i vantaggi particolari eventualmente proposti a
favore degli amministratori delle società partecipanti alla fusione. Il
conguaglio in denaro indicato nel numero 3) del comma precedente non può essere
superiore al 10% del valore nominale delle azioni o delle quote assegnate. Il
progetto di fusione è depositato per l'iscrizione nel registro delle imprese
del luogo ove hanno sede le società partecipanti alla fusione. Se alla fusione partecipano
società regolate dai capi V, VI e VII, il progetto di fusione è altresì
pubblicato per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana
almeno un mese prima della data fissata per la deliberazione; l'estratto deve
contenere le indicazioni previste ai nn. 1), 3), 4), 5), 6), 7) e 8) del primo
comma e la menzione dell'avvenuta iscrizione del progetto nel registro delle
imprese a norma del precedente comma. Art. 2501 ter Situazione patrimoniale Gli
amministratori delle società partecipanti alla fusione devono redigere la
situazione patrimoniale delle società stesse, riferita ad una data non
anteriore di oltre quattro mesi dal giorno in cui il progetto di fusione è
depositato nella sede della società. La situazione patrimoniale è redatta con
l'osservanza delle norme sul bilancio di esercizio. La situazione patrimoniale
può essere sostituita dal bilancio dell'ultimo esercizio, se questo è stato
chiuso non oltre sei mesi prima del giorno del deposito indicato nel primo
comma. Art. 2501 quater Relazione degli amministratori Gli amministratori delle
società partecipanti alla fusione devono redigere una relazione la quale
illustri e giustifichi, sotto il profilo giuridico ed economico, il progetto di
fusione e in particolare il rapporto di cambio delle azioni o delle quote. La
relazione deve indicare i criteri di determinazione del rapporto di cambio.
Nella relazione devono essere segnalate le eventuali difficoltà di valutazione.
Art. 2501 quinquies Relazione degli esperti Uno o più esperti per ciascuna
società devono redigere una relazione sulla congruità del rapporto di cambio
delle azioni o delle quote, che indichi: il metodo o i metodi seguiti per la
determinazione del rapporto di cambio proposto e i valori risultanti
dall'applicazione di ciascuno di essi; e eventuali difficoltà di valutazione.
La relazione deve contenere, inoltre, un parere sull'adeguatezza del metodo o
dei metodi seguiti per la determinazione del rapporto di cambio e
sull'importanza relativa attribuita a ciascuno di essi nella determinazione del
valore adottato. L'esperto o gli esperti sono designati dal presidente del
tribunale, le società partecipanti alla fusione possono richiedere al
presidente del tribunale del luogo in cui ha sede la società risultante dalla
fusione o quella incorporante la nomina di uno o più esperti comuni. Ciascun
esperto ha diritto di ottenere dalle società partecipanti alla fusione tutte le
informazioni e i documenti utili e di procedere ad ogni necessaria verifica.
L'esperto risponde dei danni causati alle società partecipanti alla fusione, ai
loro soci e ai terzi. Si applicano le disposizioni dell'art. 64 Cod. Proc. Civ.
La relazione, quanto alle società quotate in borsa, è redatta da società di
revisione. Art. 2501 sexies Deposito di atti Devono restare depositati in copia
nella sede delle società partecipanti alla fusione, durante i trenta giorni che
precedono l'assemblea e finché la fusione sia deliberata: il progetto di
fusione con le relazioni degli amministratori indicate nell'art. 2501 quater e
le relazioni degli esperti indicate nell'art. 2501 quinquies; i bilanci degli
ultimi tre esercizi delle società partecipanti alla fusione, con le relazioni
degli amministratori e del collegio sindacale e l'eventuale relazione di
certificazione; le situazioni patrimoniali delle società partecipanti alla
fusione redatte a norma dell'art. 2501 ter. I soci hanno diritto di prendere
visione di questi documenti e di ottenerne gratuitamente copia. Art. 2502
Deliberazione di fusione La fusione deve essere deliberata da ciascuna delle
società che vi partecipano mediante l'approvazione del relativo progetto. Art.
2502 bis Deposito e iscrizione della deliberazione di fusione La deliberazione
di fusione delle società previste nei capi V, VI e VII deve essere depositata
per l'iscrizione nel registro delle imprese, insieme con i documenti indicati
nell'art. 2501 sexies, a norma del primo, secondo e terzo comma dell'art. 2411
e pubblicata altresì per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana; l'estratto deve contenere le indicazioni previste ai nn 1), 3), 4),
5), 6), 7) e 8) dell'art. 2501 bis e la menzione dell'avvenuta iscrizione della
deliberazione nel registro delle imprese. La deliberazione di fusione delle
società previste nei Capi III e IV deve essere depositata per l'iscrizione
nell'ufficio del registro delle imprese, insieme con i documenti indicati
nell'art. 2501 sexies; il deposito va effettuato a norma del primo, secondo e
terzo comma dell'art. 2411 se la società risultante dalla fusione o quella
incorporante è regolata dai Capi V, VI e VII. Art. 2503 Opposizione dei
creditori La fusione può essere attuata solo dopo due mesi dalla iscrizione
ovvero dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana,
ove richiesta, dalle deliberazioni delle società che vi partecipano, salvo che
consti il consenso dei rispettivi creditori anteriore agli adempimenti previsti
nel terzo e quarto comma dell'art. 2 501 bis, il pagamento dei creditori che
non hanno dato il consenso o il deposito delle somme corrispondenti presso un
istituto di credito. Durante il termine suddetto i creditori indicati nel primo
comma possono fare opposizione. Il tribunale, nonostante l'opposizione, può
disporre che la fusione abbia luogo previa prestazione da parte della società
di idonea garanzia. Art. 2503 bis Obbligazioni I possessori di obbligazioni
possono fare opposizione a norma dell'art. 2503, salvo che la fusione sia
approvata dall'assemblea degli obbligazionisti. Ai possessori di obbligazioni
convertibili deve essere data facoltà, mediante avviso da pubblicarsi nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana almeno tre mesi prima della
pubblicazione del progetto di fusione, di esercitare il diritto di conversione
nel termine di un mese dalla pubblicazione dell'avviso. Ai possessori di
obbligazioni convertibili che non abbiano esercitato la facoltà di conversione
devono essere assicurati diritti equivalenti a quelli loro spettanti prima
della fusione, salvo che la modificazione dei loro diritti sia stata approvata
dall'assemblea prevista dall'art. 2415. Art. 2504 Atto di fusione La fusione
deve essere fatta per atto pubblico. L'atto di fusione deve essere depositato
in ogni caso per l'iscrizione, a cura del notaio o degli amministratori della
società risultante dalla fusione o di quella incorporante, entro trenta giorni,
nell'ufficio del registro delle imprese dei luoghi ove è posta la sede delle
società partecipanti alla fusione, di quella che ne risulta o della società
incorporante. Il deposito relativo alla società risultante dalla fusione o di
quella incorporante non può precedere quelli relativi alle altre società
partecipanti alla fusione. Se una delle società partecipanti alla fusione
ovvero la società risultante dalla fusione o quella incorporante è una società
per azioni, in accomandita per azioni o a responsabilità limitata, l'atto di
fusione deve essere altresì pubblicato, per estratto, nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica italiana; l'estratto deve contenere le indicazioni previste ai
nn. l), 3), 4), 5), 6), 7) e 8) dell'art. 2501 bis e la menzione dell'avvenuta
iscrizione dell'atto di fusione nel registro delle imprese. Art. 2504 bis
Effetti della fusione La società che risulta dalla fusione o quella
incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società estinte. La
fusione ha effetto quando è stata eseguita l'ultima delle iscrizioni prescritte
dall'art. 2504. Nella fusione mediante incorporazione può tuttavia essere
stabilita una data successiva. Per gli effetti ai quali si riferisce l'art. 2501
bis, nn. 5) e 6), possono essere stabilite date anche anteriori. Art. 2504 ter
Divieto di assegnazione di azioni o quote La società che risulta dalla fusione
non può assegnare azioni o quote in sostituzione di quelle delle società
partecipanti alla fusione possedute, anche per il tramite di società fiduciarie
o di interposta persona, dalle società medesime. La società incorporante non
può assegnare azioni o quote in sostituzione di quelle delle società
incorporate possedute, anche per il tramite di società fiduciaria o di
interposta persona, dalle incorporate medesime o dalla società incorporante.
Art. 2504 quater Invalidità della fusione Eseguite le iscrizioni dell'atto di
fusione a norma del secondo comma dell'art. 2504, l'invalidità dell'atto di
fusione non può essere pronunciata. Resta salvo il diritto al risarcimento del
danno eventualmente spettante ai soci o ai terzi danneggiati dalla fusione.
Art. 2504 quinquies Incorporazione di società interamente possedute Alla
fusione per incorporazione di una società in un'altra che possiede tutte le
azioni o le quote della prima non si applicano le disposizioni dell'art. 2501
bis, primo comma, nn. 3), 4), 5), e degli art. 2501 quater e 2501 quinquies.
Art. 2504 sexies Effetti della pubblicazione degli atti del procedimento di
fusione nella Gazzetta Ufficiale Alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica italiana disposta dagli art. 2501 bis, 2502 bis e 2504 si
applicano per la disciplina degli effetti le disposizioni dettate dall'art.
2457 ter. Sezione III Della scissione delle società Art. 2504 septies Forme di
scissione La scissione di una società si esegue mediante trasferimento
dell'intero suo patrimonio a più società, preesistenti o di nuova costituzione
e assegnazione delle loro azioni o quote ai soci della prima; la scissione di
una società può eseguirsi altresì mediante trasferimento di parte del suo
patrimonio a una o più società, preesistenti o di nuova costituzione, e
assegnazione delle loro azioni o quote ai soci della prima. La partecipazione
alla scissione non è consentita alle società sottoposte a procedure concorsuali
né a quelle in liquidazione che abbiano iniziato la distribuzione dell'attivo.
Art. 2504 octies Progetto di scissione Gli amministratori delle società
partecipanti alla scissione redigono un progetto dal quale devono risultare i
dati indicati nel primo comma dell'art. 2501 bis ed inoltre l'esatta
descrizione degli elementi patrimoniali da trasferire a ciascuna delle società
beneficiarie. Se la destinazione di un elemento dell'attivo non è desumibile
dal progetto, esso, nell'ipotesi di trasferimento dell'intero patrimonio della
società scissa, e ripartito tra le società beneficiarie in proporzione della
quota del patrimonio netto trasferito a ciascuna di esse, così come valutato ai
fini della determinazione del rapporto di cambio; se il trasferimento del
patrimonio della società è solo parziale, tale elemento rimane in capo alla
società trasferente. Degli elementi del passivo, la cui destinazione non è
desumibile dal progetto, rispondono in solido, nel primo caso, le società
beneficiarie, nel secondo la società trasferente e le società beneficiarie. Dal
progetto di scissione devono risultare i criteri di distribuzione delle azioni
o quote delle società beneficiarie. Il progetto deve prevedere che ciascun
socio possa in ogni caso optare per la partecipazione a tutte le società
interessate all'operazione in proporzione della sua quota di partecipazione
originaria. Il progetto di scissione deve essere pubblicato a norma dell'ultimo
comma dell'art. 2501 bis. Art. 2504 novies Norme applicabili Gli amministratori
delle società partecipanti alla scissione redigono la situazione patrimoniale e
la relazione illustrativa in conformità agli artt. 2501 ter e 2501 quater. La
relazione deve inoltre illustrare i criteri di distribuzione delle azioni o
quote e deve indicare il valore effettivo del patrimonio netto trasferito alle
società beneficiarie e di quello che eventualmente rimanga nella società
scissa. La relazione degli esperti è regolata dall'art. 2501 quinquies. Tale
relazione non e richiesta quando la scissione avviene mediante la costituzione
di una o più nuove società e non siano previsti criteri di attribuzione delle
azioni o quote diversi da quello proporzionale. Sono altresì applicabili gli
artt. 2501 sexies, 2502, 2502 bis, 2503, 2503 bis, 2504, 2504 ter, 2504 quater
e 2504 sexies. Art. 2504 decies Effetti della scissione La scissione ha effetti
dall'ultima delle iscrizioni dell'atto di scissione nell'ufficio del registro
delle imprese in cui sono iscritte le società beneficiarie; può essere tuttavia
stabilita una data successiva, tranne che nel caso di scissione mediante
costituzione di società nuove. Per gli effetti a cui si riferisce l'art. 2501
bis, nn. 5) e 6), si possono stabilire date anche anteriori. Ciascuna società è
solidalmente responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto
ad essa trasferito o rimasto, dei debiti della società scissa non soddisfatti
dalla società a cui essi fanno carico. Capo IX Delle società costituite
all'estero od operanti all'estero Art. 2505 Società costituite all'estero con
sede nel territorio dello Stato Le società costituite all'estero, le quali
hanno nel territorio dello Stato la sede dell'amministrazione ovvero l'oggetto principale
dell'impresa, sono soggette, anche per i requisiti di validità dell'atto
costitutivo, a tutte le disposizioni della legge italiana). Art. 2506 Società
estere con sede secondaria nel territorio dello Stato Le società costituite
all'estero, le quali stabiliscono nel territorio dello Stato una o più sedi
secondarie con rappresentanza stabile, sono soggette, per ciascuna sede, alle
disposizioni della legge italiana sulla pubblicità degli atti sociali. Esse
devono inoltre pubblicare, secondo le medesime disposizioni, il cognome, il
nome, la data e il luogo di nascita delle persone che le rappresentano
stabilmente nel territorio dello Stato, con indicazione dei relativi poteri, e
depositarne nel registro delle imprese le firme autografe. Ai terzi che hanno
compiuto operazioni con la sede secondaria non può essere opposto che gli atti
pubblicati ai sensi dei commi precedenti sono difformi da quelli pubblicati
nello Stato ove è situata la sede principale. Le società costituite all'estero
sono altresì soggette, per quanto riguarda le sedi secondarie alle disposizioni
che regolano l'esercizio dell'impresa o che la subordinano all'osservanza di
particolari condizioni. Negli atti e nella corrispondenza delle sedi secondarie
di società costituite all'estero devono essere contenute le indicazioni
richieste dall'art. 2250; devono essere altresì indicati l'ufficio del registro
delle imprese presso il quale è iscritta la sede secondaria e il numero di
iscrizione. Art. 2507 Società estere di tipo diverso da quelle nazionali Le
società costituite all'estero, che sono di tipo diverso da quelli regolati in
questo codice, sono soggette alle norme della società per azioni, per ciò che
riguarda gli obblighi relativi alla iscrizione degli atti sociali nel registro
delle imprese (2188, 2330, 2411, 2436) e la responsabilità degli amministratori
(2392 e seguenti). Art. 2508 Responsabilità in caso di inosservanza delle
formalità Fino all'adempimento delle formalità sopra indicate, coloro che
agiscono in nome della società rispondono illimitatamente e solidalmente per le
obbligazioni sociali. Art. 2509 Società costituite nel territorio dello Stato
con attività all'estero Le società che si costituiscono nel territorio dello
Stato, anche se l'oggetto della loro attività è all'estero, sono soggette alle
disposizioni della legge italiana). Art. 2510 Società con prevalenti interessi
stranieri Sono salve le disposizioni delle leggi speciali che vietano o
sottopongono a particolari condizioni l'esercizio di determinate attività da
parte di società nelle quali siano rappresentati interessi stranieri. Titolo VI
Delle imprese cooperative e delle mutue assicuratrici Capo I Delle imprese
cooperative Sezione I Disposizioni generali Art. 2511 Società cooperative Le
imprese che hanno scopo mutualistico possono costituirsi come società
cooperative a responsabilità illimitata o limitata secondo le disposizioni
seguenti. Art. 2512 Enti mutualistici Gli enti mutualistici diversi dalle
società sono regolati dalle leggi speciali. Art. 2513 Società cooperative a
responsabilità illimitata Nelle società cooperative a responsabilità illimitata
per le obbligazioni sociali risponde la società con il suo patrimonio e, in
caso di liquidazione coatta amministrativa o di fallimento, rispondono in via
sussidiaria i soci solidalmente e illimitatamente a norma dell'art. 2541 (att.
217). Art. 2514 Società cooperative a responsabilità limitata Nelle società
cooperative a responsabilità limitata per le obbligazioni sociali risponde la
società con il suo patrimonio. Le quote di partecipazione possono essere
rappresentate da azioni. L'atto costitutivo può stabilire che in caso di
liquidazione coatta amministrativa o di fallimento della società ciascun socio
risponda sussidiariamente e solidalmente per una somma multipla della propria
quota a norma dell'art. 2541 (att. 217). Art. 2515 Denominazione sociale La
denominazione sociale, in qualunque modo formata, deve contenere l'indicazione
di società cooperativa a responsabilità illimitata o di società cooperativa a
responsabilità limitata (2564, 2567). L'indicazione di cooperativa non può
essere usata da società che non hanno scopo mutualistico. Art. 2516 Norme
applicabili Alle società cooperative si applicano in ogni caso le disposizioni
riguardanti i conferimenti e le prestazioni accessorie (2342 e seguenti), le
assemblee (2363 e seguenti), gli amministratori (2380 e seguenti), i sindaci
(2397 e seguenti), i libri sociali (2421 e seguente), il bilancio (2423 e
seguenti) e la liquidazione (2448 e seguenti) delle società per azioni, in
quanto compatibili con le disposizioni seguenti e con quelle delle leggi
speciali (att. 205 e seguente, 217 e seguente). Art. 2517 Leggi speciali Le
società cooperative che esercitano il credito, le casse rurali ed artigiane, le
società cooperative per la costruzione e l'acquisto di case popolari ed
economiche e le altre società cooperative regolate dalle leggi speciali sono
soggette alle disposizioni del presente titolo, in quanto compatibili con le
disposizioni delle leggi speciali. Sezione II Costituzione Art. 2518 Atto
costitutivo La società deve costituirsi per atto pubblico. L'atto costitutivo
deve indicare: il cognome e il nome, il luogo e la data di nascita, il
domicilio, la cittadinanza dei soci; la denominazione, la sede della società e
le eventuali sedi secondarie; l'oggetto sociale; se la società è a
responsabilità illimitata o limitata e, in questo caso, se il capitale sociale
è ripartito in azioni e l'eventuale responsabilità sussidiaria dei soci; la
quota di capitale sottoscritta da ciascun socio, i versamenti eseguiti e, se il
capitale è ripartito in azioni, il valore nominale di queste; il valore dei
crediti e dei beni conferiti in natura; le condizioni per l'ammissione dei soci
e il modo e il tempo in cui devono essere eseguiti i conferimenti; le
condizioni per l'eventuale recesso e per l'esclusione dei soci; le norme
secondo le quali devono essere ripartiti gli utili, la percentuale massima
degli utili ripartibili e la destinazione che deve esse re data agli utili
residui; le forme di convocazione dell'assemblea, in quanto si deroghi alle
disposizioni di legge; il numero degli amministratori e i loro poteri,
indicando quali tra essi hanno la rappresentanza sociale; il numero dei
componenti il collegio sindacale; la durata della società; l'importo globale,
almeno approssimativo, delle spese per la costituzione poste a carico della
società. Lo statuto contenente le norme relative al funzionamento della
società, anche se forma oggetto di atto separato, si considera parte integrante
dell'atto costitutivo e deve essere a questo allegato. Art. 2519 Deposito
dell'atto costitutivo e iscrizione della società L'atto costitutivo deve essere
depositato (2626) entro trenta giorni per l'iscrizione nel registro delle
imprese, a cura del notaio che lo ha ricevuto o degli amministratori, a norma
dell'art. 2330. Gli effetti dell'iscrizione e della nullità dell'atto
costitutivo sono regolati rispettivamente dagli artt. 2331 e 2332. Art. 2520
Variabilità dei soci e del capitale La variazione del numero e delle persone
dei soci non importa modificazione dell'atto costitutivo. Il capitale della
società, anche se questa è a responsabilità limitata, non e determinato in un
ammontare prestabilito. Ogni trimestre deve essere depositato per l'iscrizione
presso l'ufficio del registro delle imprese, a cura degli amministratori, un
elenco delle variazioni delle persone dei soci a responsabilità illimitata o di
quelli che hanno assunto responsabilità per una somma multipla dell'ammontare
della propria quota (2626). Sezione III Delle quote e delle azioni Art. 2521
Quote ed azioni Nelle società cooperative nessun socio può avere una quota
superiore a L. 80 milioni, né tante azioni il cui valore nominale superi tale
somma (2532). Il valore nominale di ciascuna quota o azione non può essere
inferiore a L. 50.000 ( 1) Il valore nominale di ciascuna azione non può essere
superiore a L. 1 milione. Alle azioni si applicano le disposizioni degli artt.
2346, 2347, 2348, 2349 e 2354. Tuttavia nelle azioni non è indicato l'ammontare
del ca pitale, né quello dei versamenti parziali sulle azioni non completamente
liberate. Art. 2522 Acquisto delle proprie quote o azioni L'atto costitutivo
può autorizzare gli amministratori ad acquistare o a rimborsare quote o azioni
della società, purché l'acquisto o il rimborso sia fatto nei limiti degli utili
distribuibile e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio
regolarmente approvato. Art. 2523 Trasferibilità delle quote e delle azioni Le
quote e le azioni non possono essere cedute con effetto verso la società, se la
cessione non è autorizzata dagli amministratori. L'atto costitutivo può vietare
la cessione delle quote o delle azioni con effetto verso la società, salvo in
questo caso il diritto del socio di recedere dalla società (2526). Art. 2524
Mancato pagamento delle quote o delle azioni Il socio che non esegue in tutto o
in parte il pagamento delle quote o delle azioni sottoscritte può, previa
intimazione da parte degli amministratori, essere escluso a norma dell'art.
2527. Art. 2525 Ammissione di nuovi soci L'ammissione di un nuovo socio è fatta
con deliberazione degli amministratori su domanda dell'interessato. La
deliberazione di ammissione deve essere annotata a cura degli amministratori
nel libro dei soci (2626). Il nuovo socio deve versare, oltre l'importo della
quota o dell'azione, una somma da determinarsi dagli amministratori per ciascun
esercizio sociale, tenuto conto delle riserve patrimoniali risultanti
dall'ultimo bilancio approvato. Art. 2526 Recesso del socio La dichiarazione di
recesso, nei casi in cui questo è ammesso dalla legge o dall'atto costitutivo,
deve essere comunicata con raccomandata alla società e deve essere annotata nel
libro dei soci a cura degli amministratori. Essa ha effetto con la chiusura
dell'esercizio in corso, se comunicata tre mesi prima e, in caso contrario, con
la chiusura dell'esercizio successivo. Art. 2527 Esclusione del socio
L'esclusione del socio, qualunque sia il tipo della società, oltre che nel caso
indicato nell'art. 2524, può aver luogo negli altri casi previsti dagli artt.
2286 e 2288, primo comma, e in quelli stabiliti dall'atto costitutivo. Quando
l'esclusione non ha luogo di diritto, essa deve essere deliberata
dall'assemblea dei soci o, se l'atto costitutivo lo consente, dagli amministratori,
e deve essere comunicata al socio. Contro la deliberazione di esclusione il
socio può, nel termine di trenta giorni dalla comunicazione, proporre
opposizione davanti al tribunale. Questo può sospendere l'esecuzione della
deliberazione. L'esclusione ha effetto dall'annotazione nel libro dei soci, da
farsi a cura degli amministratori (2626). Art. 2528 Morte del socio In caso di
morte del socio, salvo che l'atto costitutivo disponga la continuazione della
società con gli eredi, questi hanno diritto alla liquidazione della quota o al
rimborso delle azioni secondo le disposizioni dell'articolo seguente. Art. 2529
Liquidazione della quota o rimborso delle azioni del socio uscente Nel caso di
recesso, esclusione o morte del socio, la liquidazione della quota o il
rimborso delle azioni ha luogo sulla base del bilancio dell'esercizio in cui il
rapporto sociale si scioglie limitatamente al socio. Il pagamento deve essere
fatto entro sei mesi dall'approvazione del bilancio stesso. Art. 2530
Responsabilità del socio uscente o dei suoi eredi Il socio che cessa di far
parte della società risponde verso questa per il pagamento dei conferimenti non
versati per due anni dal giorno in cui il recesso, l'esclusione o la cessione
della quota o dell'azione si è verificato. Per lo stesso periodo il socio
uscente è responsabile verso i terzi, nei limiti della responsabilità
sussidiaria stabiliti dall'atto costitutivo (2513 e seguente), per le
obbligazioni assunte dalla società si no al giorno in cui la cessazione della
qualità di socio si è verificata. Nello stesso modo e per lo stesso termine
sono responsabili verso la società e verso i terzi gli eredi del socio defunto.
Art. 2531 Creditore particolare del socio Il creditore particolare del socio,
finché dura la società, non può agire esecutivamente sulla quota e sulle azioni
del socio debitore (2305). In caso di proroga della società il creditore
particolare del socio può fare opposizione a norma dell'art. 2307. Sezione IV
Degli organi sociali Art. 2532 Assemblea Nelle assemblee hanno diritto di voto
coloro che risultano iscritti da almeno tre mesi nel libro dei soci. Ogni socio
ha un voto, qualunque sia il valore della quota o il numero delle azioni.
Tuttavia nelle società cooperative con partecipazione di persone giuridiche
l'atto costitutivo può attribuire a queste più voti, ma non oltre cinque, in
relazione all'ammontare della quota o delle azioni, oppure al numero dei loro
membri. Le maggioranze richieste per la regolarità della costituzione delle
assemblee e per la validità delle deliberazioni sono calcolate secondo il
numero dei voti spettanti ai soci. L'atto costitutivo può determinare le
maggioranze necessarie in deroga agli artt. 2368 e 2369. Il voto può essere
dato per corrispondenza, se ciò è ammesso dall'atto costitutivo. In tal caso
l'avviso di convocazione dell'assemblea deve contenere per esteso la
deliberazione proposta. Art. 2533 Assemblee separate Se la società cooperativa
ha non meno di cinquecento soci e svolge la propria attività in più comuni,
l'atto costitutivo può stabilire che l'assemblea sia costituita da delegati
eletti da assemblee parziali, convocate nelle località nelle quali risiedono
non meno di cinquanta soci. Le assemblee separate devono deliberare sulle
materie che formano oggetto dell'assemblea generale, ed in tempo utile perché i
delegati da esse eletti possano partecipare a questa assemblea. I delegati
devono essere soci. Nell'atto costitutivo devono altresì essere stabilite le
modalità per la convocazione delle assemblee separate, per la nomina dei
delegati all'assemblea generale, nonché per la validità delle deliberazioni
delle assemblee separate e di quella generale. Le stesse disposizioni si
applicano alle società cooperative costituite da appartenenti a categorie
diverse, in numero non inferiore a trecento, anche se non ricorrono le
condizioni indicate nel primo comma. Art. 2534 Rappresentanza nell'assemblea Il
socio non può farsi rappresentare nelle assemblee se non da un altro socio e
nei casi previsti dall'atto costitutivo. Ciascun socio non può rappresentare
più di cinque soci. Art. 2535 Amministratori e sindaci Gli amministratori
devono essere soci o mandatari di persone giuridiche socie. Essi devono
prestare cauzione nella misura e nei modi stabiliti dall'atto costitutivo,
salvo che da questo ne siano esonerati. L'atto costitutivo può prevedere che
uno o più amministratori o sindaci siano scelti tra gli appartenenti alle
diverse categorie dei soci, in proporzione dell'interesse che ciascuna
categoria ha nell'attività sociale. Non si applicano le disposizioni del
secondo e del terzo comma dell'art. 2397. La nomina di uno o più amministratori
o sindaci può essere attribuita dall'atto costitutivo allo Stato o ad enti
pubblici. In ogni caso la nomina della maggioranza degli amministratori e dei
sindaci è riservata all'assemblea dei soci (2518). Art. 2536 Distribuzione
degli utili Qualunque sia l'ammontare del fondo di riserva legale, deve essere
a questa destinata almeno la quinta parte degli utili netti annuali. Una quota
degli utili netti annuali deve essere corrisposta ai fondi mutualistici per la
promozione e lo sviluppo della cooperazione, nella misura e con le modalità
previste dalla legge. La quota di utili che non è assegnata ai sensi dei commi
precedenti e che non è utilizzata per la rivalutazione delle quote o delle
azioni, o assegnata ad altre riserve o fondi, o distribuita ai soci, deve
essere destinata a fini mutualistici. Sezione V Delle modificazioni dell'atto
costitutivo Art. 2537 Modificazioni dell'atto costitutivo Alle deliberazioni
che importano modificazioni dell'atto costitutivo (att. 211) si applicano le
disposizioni dell'art. 2436. Alle deliberazioni che riducono la responsabilità
dei soci verso i terzi si applicano le disposizioni dell'art. 2499. Art. 2538
Fusione e scissione La fusione e la scissione di società cooperative sono
regolate dalle disposizioni degli articoli dal 2501 al 2504 decies. Sezione VI
Dello scioglimento e della liquidazione Art. 2539 Scioglimento La società
cooperativa si scioglie per le cause indicate nell'art. 2448, escluso il n. 4,
nonché per la perdita (2520) del capitale sociale (2711). Art. 2540 Insolvenza
Qualora le attività della società, anche se questa è in liquidazione, risultino
insufficienti per il pagamento dei debiti, l'autorità governativa alla quale
spetta il controllo sulla società può disporre la liquidazione coatta
amministrativa (att. 105). Sono tuttavia soggette al fallimento le società
cooperative che hanno per oggetto una attività commerciale (2195), salve le
disposizioni delle leggi speciali. Art. 2541 Responsabilità sussidiaria dei
soci Nelle cooperative con responsabilità sussidiaria illimitata o limitata
(2513 e seguente) dei soci, questi, sia in caso di liquidazione coatta
amministrativa sia in caso di fallimento, rispondono per il pagamento dei
debiti sociali in proporzione della parte di ciascuno nelle perdite, secondo un
piano di riparto da formarsi dai commissari liquidatori o dal curatore. Nella
stessa proporzione si ripartiscono le somme dovute dai soci insolventi. Dopo la
chiusura della liquidazione coatta amministrativa o del fallimento, a meno che
non sia intervenuto un concordato, resta salva l'azione dei creditori
insoddisfatti nei confronti dei singoli soci nei limiti della loro
responsabilità sussidiaria. Sezione VII Dei controlli dell'autorità governativa
Art. 2542 Controllo sulle società cooperative Le società cooperative sono
sottoposte alle autorizzazioni, alla vigilanza e agli altri controlli sulla
gestione stabiliti dalle leggi speciali. Art. 2543 Gestione commissariale In
caso d'irregolare funzionamento delle società cooperative, l'autorità
governativa può revocare gli amministratori e i sindaci, e affidare la gestione
della società a un commissario governativo, determinandone i poteri e la
durata. Ove l'importanza della società cooperativa lo richieda, l'autorità
governativa può nominare un vice commissario che collabora con il commissario e
lo sostituisce in caso di impedimento. Al commissario governativo possono
essere conferiti per determinati atti anche i poteri dell'assemblea, ma le
relative deliberazioni non sono valide senza l'approvazione dell'autorità
governativa. Art. 2544 Scioglimento per atto dell'autorità Le società
cooperative, che a giudizio dell'autorità governativa non sono in condizione di
raggiungere gli scopi per cui sono state costituite, o che per due anni
consecutivi non hanno depositato il bilancio annuale, o non hanno compiuto atti
di gestione, possono essere sciolte con provvedimento dell'autorità
governativa, da pubblicarsi nella Gazzetta ufficiale della Repubblica e da
iscriversi nel registro delle imprese. Le società cooperative edilizie di
abitazione e i loro consorzi che non hanno depositato in tribunale nei termini
prescritti i bilanci relativi agli ultimi due anni sono sciolti di diritto e
perdono la personalità giuridica. Se vi è luogo a liquidazione, con lo stesso
provvedimento sono nominati uno o più commissari liquidatori. Art. 2545
Sostituzione dei liquidatori In caso d'irregolarità o di eccessivo ritardo
nello svolgimento della liquidazione ordinaria di una società cooperativa,
l'autorità governativa può sostituire i liquidatori o, se questi sono stati
nominati dall'autorità giudiziaria, può chiederne la sostituzione al tribunale.
Capo II Delle mutue assicuratrici Art. 2546 Nozione Nella società di mutua
assicurazione le obbligazioni sociali sono garantite dal patrimonio sociale. I
soci sono tenuti al pagamento di contributi fissi o variabili, entro il limite
massimo determinato dall'atto costitutivo. Nelle mutue assicuratrici non si può
acquistare la qualità di socio, se non assicurandosi presso la società (1884),
e si perde la qualità di socio con l'estinguersi dell'assicurazione, salvo
quanto disposto dall'art. 2548. Art. 2547 Norme applicabili Le società di mutua
assicurazione sono soggette alle autorizzazioni, alla vigilanza e agli altri
controlli stabiliti dalle leggi speciali sull'esercizio dell'assicurazione
(1886), e sono regolate dalle norme stabilite per le società cooperative a
responsabilità limitata, in quanto compatibili con la loro natura (att. 107).
Art. 2548 Conferimenti per la costituzione di fondi di garanzia L'atto
costitutivo può prevedere la costituzione di fondi di garanzia per il pagamento
delle indennità, mediante speciali conferimenti da parte di assicurati o di
terzi, attribuendo anche a questi ultimi la qualità di socio. L'atto
costitutivo può attribuire a ciascuno dei soci sovventori più voti, ma non
oltre cinque, in relazione all'ammontare del conferimento. I voti attribuiti ai
soci sovventori, come tali devono in ogni caso essere inferiori al numero dei
voti spettanti ai soci assicurati. I soci sovventori possono essere nominati
amministratori. La maggioranza degli amministratori deve essere costituita da
soci assicurati. Titolo VII Dell'associazione in partecipazione Art. 2549
Nozione Con il contratto di associazione in partecipazione (att. 219)
l'associante attribuisce all'associato una partecipazione agli utili della sua
impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto.
Art. 2550 Pluralità di associazioni Salvo patto contrario, l'associante non può
attribuire partecipazioni per la stessa impresa o per lo stesso affare ad altre
persone senza il consenso dei precedenti associati. Art. 2551 Diritti ed
obbligazioni dei terzi I terzi acquistano diritti e assumono obbligazioni
soltanto verso l'associante. Art. 2552 Diritti dell'associante e dell'associato
La gestione dell'impresa o dell'affare spetta all'associante. Il contratto può
determinare quale controllo possa esercitare l'associato sull'impresa o sullo
svolgimento dell'affare per cui l'associazione è stata contratta. In ogni caso
l'associato ha diritto al rendiconto dell'affare compiuto, o a quello annuale
della gestione se questa si protrae per più di un anno. Art. 2553 Divisione
degli utili e delle perdite Salvo patto contrario, l'associato partecipa alle
perdite nella stessa misura in cui partecipa agli utili, ma le perdite che
colpiscono l'associato non possono superare il valore del suo apporto (2265).
Art. 2554 Partecipazione agli utili e alle perdite Le disposizioni degli artt.
2551 e 2552 si applicano anche al contratto di cointeressenza agli utili di una
impresa senza partecipazione alle perdite, e al contratto con il quale un
contraente attribuisce la partecipazione agli utili e alle perdite della sua
impresa, senza il corrispettivo di un determinato apporto. Per le
partecipazioni agli utili attribuite ai prestatori di lavoro resta salva la
disposizione dell'art. 2102. Titolo VIII Dell'azienda Capo I Disposizioni generali
Art. 2555 Nozione L'azienda è il complesso dei beni organizzati
dall'imprenditore (2082) per l'esercizio dell'impresa. Art. 2556 Imprese
soggette a registrazione Per le imprese soggette a registrazione (2195, 2200) i
contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà (2565, 2573) o
il godimento dell'azienda devono essere provati per iscritto (2725), salva
l'osservanza delle forme stabilite dalla legge per il trasferimento dei singoli
beni che compongono l'azienda (1350) o per la particolare natura del contratto
(162, 782). I contratti di cui al primo comma, in forma pubblica o per
scrittura privata autenticata, devono essere depositati per l'iscrizione nel
registro delle imprese, nel termine di trenta giorni, a cura del notaio rogante
o autenticante. Art. 2557 Divieto di concorrenza Chi aliena l'azienda deve
astenersi, per il periodo di cinque anni dal trasferimento, dall'iniziare una
nuova impresa che per l'oggetto, l'ubicazione o altre circostanze sia idonea a
sviare la clientela dell'azienda ceduta (2125, 2596). Il patto di astenersi
dalla concorrenza in limiti più ampi di quelli previsti dal comma precedente è
valido, purché non impedisca ogni attività professionale dell'alienante. Esso
non può eccedere la durata di cinque anni dal trasferimento. Se nel patto è
indicata una durata maggiore o la durata non e stabilita, il divieto di
concorrenza vale per il periodo di cinque anni dal trasferimento. Nel caso di
usufrutto o di affitto dell'azienda il divieto di concorrenza disposto dal primo
comma vale nei confronti del proprietario o del locatore per la durata
dell'usufrutto o dell'affitto. Le disposizioni di questo articolo si applicano
alle aziende agricole solo per le attività ad esse connesse (2135), quando
rispetto a queste sia possibile uno sviamento di clientela. Art. 2558
Successione nei contratti Se non è pattuito diversamente, l'acquirente
dell'azienda subentra nei contratti stipulati per l'esercizio dell'azienda
stessa che non abbiano carattere personale (2112, 2610). Il terzo contraente
può tuttavia recedere dal contratto entro tre mesi dalla notizia del
trasferimento, se sussiste una giusta causa, salvo in questo caso la
responsabilità dell'alienante. Le stesse disposizioni si applicano anche nei
confronti dell'usufruttuario e dell'affittuario per la durata dell'usufrutto e
dell'affitto. Art. 2559 Crediti relativi all'azienda ceduta La cessione dei
crediti relativi all'azienda ceduta, anche in mancanza di notifica al debitore
o di sua accettazione (1265 e seguente), ha effetto, nei confronti dei terzi,
dal momento dell'iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese.
Tuttavia il debitore ceduto è liberato se paga in buona fede all'alienante
(att. 100-5). Le stesse disposizioni si applicano anche nel caso di usufrutto
dell'azienda, se esso si estende ai crediti relativi alla medesima. Art. 2560
Debiti relativi all"azienda ceduta L'alienante non è liberato dai debiti,
inerenti all'esercizio dell'azienda ceduta, anteriori al trasferimento, se non
risulta che i creditori vi hanno consentito. Nel trasferimento di un'azienda
commerciale (2195) risponde dei debiti suddetti anche l'acquirente
dell'azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori (2212 e
seguenti). Art. 2561 Usufrutto dell'azienda L'usufruttuario dell'azienda deve
esercitarla sotto la ditta che la contraddistingue. Egli deve gestire l'azienda
senza modificarne la destinazione (985) e in modo da conservare l'efficienza
dell'organizzazione e degli impianti (997) e le normali dotazioni di scorte. Se
non adempie a tale obbligo o cessa arbitrariamente dalla gestione dell'azienda,
si applica l'art. 1015. La differenza tra le consistenze d'inventario
all'inizio e al termine dell'usufrutto è regolata in danaro, sulla base dei
valori correnti al termine dell'usufrutto (2112). Art. 2562 Affitto
dell'azienda Le disposizioni dell'articolo precedente si applicano anche nel
caso di affitto dell'azienda (1615 e seguenti). Capo II Della ditta e
dell'insegna Art. 2563 Ditta L'imprenditore (2082) ha diritto all'uso esclusivo
della ditta da lui prescelta. La ditta, comunque sia formata, deve contenere
almeno il cognome o la sigla dell'imprenditore, salvo quanto è disposto
dall'art. 2565 (att. 221). Art. 2564 Modificazione della ditta Quando la ditta
è uguale o simile a quella usata da un altro imprenditore e può creare
confusione per l'oggetto dell'impresa e per il luogo in cui questa è
esercitata, deve essere integrata o modificata con indicazioni idonee a
differenziarla. Per le imprese commerciali (2195) l'obbligo dell'integrazione o
modificazione spetta a chi ha iscritto la propria ditta nel registro delle
imprese in epoca posteriore. Art. 2565 Trasferimento della ditta La ditta non
può essere trasferita separatamente dall'azienda (2610). Nel trasferimento
dell'azienda per atto tra vivi (2556) la ditta non passa all'acquirente senza
il consenso dell'alienante. Nella successione nell'azienda per causa di morte
la ditta si trasmette al successore, salvo diversa disposizione testamentaria.
Art. 2566 Registrazione della ditta Per le imprese commerciali (2195),
l'ufficio del registro delle imprese deve rifiutare l'iscrizione della ditta
(2189, 2192), se questa non è conforme a quanto è prescritto dal secondo comma
dell'art. 2563 o, trattandosi di ditta derivata, se non è depositata copia
dell'atto in base al quale ha avuto luogo la successione nell'azienda. Art.
2567 Società La ragione sociale e la denominazione delle società sono regolate
dai titoli V e VI di questo libro. Tuttavia si applicano anche ad esse le
disposizioni dell'art. 2564. Art. 2568 Insegna Le disposizioni del primo comma
dell'art. 2564 si applicano all'insegna. Capo III Del marchio Art. 2569 Diritto
di esclusività Chi ha registrato nelle forme stabilite dalla legge un nuovo
marchio idoneo a distinguere prodotti o servizi ha diritto di valersene in modo
esclusivo per i prodotti o servizi per le quali è stato registrato. In mancanza
di registrazione il marchio è tutelato a norma dell'art. 2571. Art. 2570 Marchi
collettivi I soggetti che svolgono la funzione di garantire l'origine, la
natura o la qualità di determinati prodotti o servizi possono ottenere la
registrazione di marchi collettivi per concederne l'uso, secondo le norme dei
rispettivi regolamenti, a produttori o commercianti. Art. 2571 Preuso Chi ha
fatto uso di un marchio non registrato ha la facoltà di continuare ad usarne,
nonostante la registrazione da altri ottenuta, nei limiti in cui anteriormente
se ne e valso. Art. 2572 Divieto di soppressione del marchio Il rivenditore può
apporre il proprio marchio ai prodotti che mette in vendita, ma non può
sopprimere il marchio del produttore. Art. 2573 Trasferimento del marchio Il
marchio può essere trasferito o concesso in licenza per la totalità o per una
parte dei prodotti o servizi per i quali è stato registrato, purché in ogni
caso dal trasferimento o dalla licenza non derivi inganno in quei caratteri dei
prodotti o servizi che sono essenziali nell'apprezzamento del pubblico. Quando
il marchio è costituito da un segno figurativo, da una denominazione di
fantasia o da una ditta derivata, si presume che il diritto all'uso esclusivo
di esso sia trasferito insieme con l'azienda. Art. 2574 Leggi speciali Le
condizioni per la registrazione dei marchi e degli atti di trasferimento dei
medesimi, nonché gli effetti della registrazione sono stabiliti dalle leggi
speciali. Titolo IX Dei diritti sulle opere dell'ingegno e sulle invenzioni
industriali Vedere anche Leggi Speciali, Brevetti Capo I Del diritto di autore
sulle opere dell'ingegno letterarie e artistiche Art. 2575 Oggetto del diritto
Formano oggetto del diritto di autore le opere dell'ingegno di carattere
creativo che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle
arti figurative, all'architettura, al teatro e alla cinematografia, qualunque
ne sia il modo o la forma di espressione. Art. 2576 Acquisto del diritto Il
titolo originario dell'acquisto del diritto di autore è costituito dalla
creazione dell'opera, quale particolare espressione del lavoro intellettuale.
Art. 2577 Contenuto del diritto L'autore ha il diritto esclusivo di pubblicare
l'opera e di utilizzarla economicamente in ogni forma e modo, nei limiti e per
gli effetti fissati dalla legge. L'autore, anche dopo la cessione dei diritti
previsti dal comma precedente, può rivendicare la paternità dell'opera e può
opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione o altra modificazione dell'opera
stessa, che possa essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione.
Art. 2578 Progetti di lavori All'autore di progetti di lavori di ingegneria o
di altri lavori analoghi che costituiscono soluzioni originali di problemi
tecnici, compete, oltre il diritto esclusivo di riproduzione dei piani e
disegni dei progetti medesimi, il diritto di ottenere un equo compenso da
coloro che eseguono il progetto tecnico a scopo di lucro senza il suo consenso.
Art. 2579 Interpreti ed esecutori Agli artisti attori o interpreti di opere o
composizioni drammatiche o letterarie, e agli artisti esecutori di opere o
composizioni musicali, anche se le opere o composizioni sovraindicate sono in
dominio pubblico, compete, nei limiti, per gli effetti e con le modalità
fissati dalle leggi speciali, indipendentemente dall'eventuale retribuzione
loro spettante per la recitazione, rappresentazione od esecuzione, il diritto
ad un equo compenso nei confronti di chiunque diffonda o trasmetta per radio,
telefono od altro apparecchio equivalente, ovvero incida, registri o comunque
riproduca su dischi fonografici, pellicola cinematografica od altro apparecchio
equivalente la suddetta recitazione, rappresentazione od esecuzione. Gli
artisti attori od interpreti e gli artisti esecutori hanno diritto di opporsi
alla diffusione, trasmissione o riproduzione della loro recitazione,
rappresentazione od esecuzione che possa essere di pregiudizio al loro onore e
alla loro reputazione. Art. 2580 Soggetti del diritto Il diritto di autore
spetta all'autore ed ai suoi aventi causa nei limiti e per gli effetti fissati
dalle leggi speciali. Art. 2581 Trasferimento dei diritti di utilizzazione I
diritti di utilizzazione sono trasferibili. Il trasferimento per atto tra vivi
deve essere provato per iscritto (2725). Art. 2582 Ritiro dell'opera dal
commercio L'autore, qualora concorrano gravi ragioni morali, ha diritto di
ritirare l'opera dal commercio, salvo l'obbligo di indennizzare coloro che
hanno acquistato i diritti di riprodurre, diffondere, eseguire, rappresentare o
mettere in commercio l'opera medesima. Questo diritto è personale e
intrasmissibile. Art. 2583 Leggi speciali L'esercizio dei diritti contemplati in
questo capo e la loro durata sono regolati dalle leggi speciali. Capo II Del
diritto di brevetto per invenzioni industriali Art. 2584 Diritto di esclusività
Chi ha ottenuto un brevetto per un'invenzione industriale ha il diritto
esclusivo di attuare l'invenzione e di disporne entro i limiti e alle
condizioni stabilite dalla legge. Il diritto si estende anche al commercio del
prodotto a cui l'invenzione si riferisce. Art. 2585 Oggetto del brevetto
Possono costituire oggetto di brevetto le nuove invenzioni atte ad avere
un'applicazione industriale, quali un metodo o un processo di lavorazione
industriale, una macchina, uno strumento, un utensile o un dispositivo
meccanico, un prodotto o un risultato industriale e l'applicazione tecnica di
un principio scientifico, purché essa dia immediati risultati industriali. In
quest'ultimo caso il brevetto è limitato ai soli risultati indicati
dall'inventore. Art. 2586 Brevetto per nuovi metodi o processi di fabbricazione
Il brevetto concernente un nuovo metodo o processo di fabbricazione industriale
ne attribuisce al titolare l'uso esclusivo. Se il metodo o processo è diretto
ad ottenere un prodotto industriale nuovo, il brevetto si estende anche al
prodotto ottenuto, purché questo possa formare oggetto di brevetto. Art. 2587
Brevetto dipendente da brevetto altrui Il brevetto per invenzione industriale,
la cui attuazione implica quella d'invenzioni protette da precedenti brevetti
per invenzioni industriali ancora in vigore, non pregiudica i diritti dei
titolari di questi ultimi, e non può essere attuato né utilizzato senza il
consenso di essi. Sono salve le disposizioni delle leggi speciali. Art. 2588
Soggetti del diritto Il diritto di brevetto spetta all'autore dell'invenzione e
ai suoi aventi causa. Art. 2589 Trasferibilità I diritti nascenti dalle
invenzioni industriali, tranne il diritto di esserne riconosciuto autore, sono
trasferibili. Art. 2590 Invenzione del prestatore di lavoro Il prestatore di
lavoro ha diritto di essere riconosciuto autore dell'invenzione fatta nello
svolgimento del rapporto di lavoro. I diritti e gli obblighi delle parti
relative all'invenzione sono regolati dalle leggi speciali. Art. 2591 Rinvio
alle leggi speciali Le condizioni e le modalità per la concessione del
brevetto, l'esercizio dei diritti che ne derivano e la loro durata sono
regolati dalle leggi speciali. Capo III Del diritto di brevetto per modelli di
utilità e per modelli e disegni ornamentali Art. 2592 Modelli di utilità Chi,
in conformità della legge, ha ottenuto un brevetto per una invenzione atta a
conferire a macchine o parti di esse, strumenti, utensili od oggetti
particolare efficacia o comodità di applicazione o d'impiego, ha il diritto
esclusivo di attuare l'invenzione, di disporne e di fare commercio dei prodotti
a cui si riferisce. Il brevetto per le macchine nel loro complesso non
comprende la protezione delle singole parti. Art. 2593 Modelli e disegni
ornamentali Chi in conformità della legge, ha ottenuto un brevetto per un nuovo
disegno o modello destinato a dare a determinate categorie di prodotti
industriali uno speciale ornamento, sia per la forma, sia per una particolare
combinazione di linee o di colori, ha il diritto esclusivo di attuare il
disegno o il modello, di disporne e di far commercio dei prodotti in cui il disegno
o il modello è attuato. Art. 2594 Norme applicabili Ai diritti di brevetto
contemplati in questo capo si applicano gli artt. 2588, 2589 e 2590. Le
condizioni e le modalità per la concessione del brevetto, l'esercizio dei
diritti che ne derivano e la loro durata sono regolati dalle leggi speciali.
Titolo X Della disciplina della concorrenza e dei consorzi Capo I Della
disciplina della concorrenza Sezione I Disposizioni generali Art. 2595 Limiti
legali della concorrenza La concorrenza deve svolgersi in modo da non ledere
gli interessi dell'economia nazionale e nei limiti stabiliti dalla legge (e
dalle norme corporative). Art. 2596 Limiti contrattuali della concorrenza Il
patto che limita la concorrenza deve essere provato per iscritto (2725). Esso è
valido se circoscritto ad una determinata zona o ad una determinata attività, e
non può eccedere la durata di cinque anni (2125, 2557). Se la durata del patto
non è determinata o è stabilita per un periodo superiore a cinque anni, il
patto è valido per la durata di un quinquennio (att. 222). Art. 2597 Obbligo di
contrattare nel caso di monopolio Chi esercita un'impresa in condizione di
monopolio legale (1679) ha l'obbligo di contrattare (2932) con chiunque
richieda le prestazioni che formano oggetto dell'impresa, osservando la parità
di trattamento. Sezione II Della concorrenza sleale Art. 2598 Atti di
concorrenza sleale Ferme le disposizioni che concernono la tutela dei segni
distintivi (2563 e seguenti) e dei diritti di brevetto (2584 e seguenti),
compie atti di concorrenza sleale chiunque: usa nomi o segni distintivi idonei
a produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati
da altri, o imita servilmente i prodotti di un concorrente, o compie con
qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con
l'attività di un concorrente; diffonde notizie e apprezzamenti sui prodotti e
sull'attività di un concorrente, idonei a determinare il discredito, o si
appropria di pregi dei prodotti o dell'impresa di un concorrente; si vale
direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi
della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l'altrui azienda. Art.
2599 Sanzioni La sentenza che accerta atti di concorrenza sleale ne inibisce la
continuazione e dà gli opportuni provvedimenti affinché ne vengano eliminati
gli effetti (2600). Art. 2600 Risarcimento del danno Se gli atti di concorrenza
sleale sono compiuti con dolo o con colpa, l'autore è tenuto al risarcimento
dei danni (2056). In tale ipotesi può essere ordinata la pubblicazione della
sentenza. Accertati gli atti di concorrenza, la colpa si presume. Art. 2601
Azione delle associazioni professionali Quando gli atti di concorrenza sleale
pregiudicano gli interessi di una categoria professionale, l'azione per la
repressione della concorrenza sleale può essere promossa anche dalle
associazioni professionali (ora Consigli degli Ordini) e dagli enti che
rappresentano la categoria. Capo II Dei consorzi per il coordinamento della
produzione e degli scambi Sezione I Disposizioni generali Art. 2602 Nozione e
norme applicabili Con il contratto di consorzio più imprenditori istituiscono
un'organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate
fasi delle rispettive imprese (att. 223). Il contratto di cui al precedente
comma è regolato dalle norme seguenti, salve le diverse disposizioni delle
leggi speciali. Art. 2603 Forma e contenuto del contratto Il contratto deve
essere fatto per iscritto sotto pena di nullità (1350, 1418 e seguenti, 2643,
2725). Esso deve indicare: l'oggetto e la durata del consorzio; la sede
dell'ufficio eventualmente costituito; gli obblighi assunti e i contributi
dovuti dai consorziati; le attribuzioni e i poteri degli organi consortili
anche in ordine alla rappresentanza in giudizio; le condizioni di ammissione di
nuovi consorziati; i casi di recesso e di esclusione; le sanzioni per
l'inadempimento degli obblighi dei consorziati. Se il consorzio ha per oggetto
il contingentamento della produzione o degli scambi, il contratto deve inoltre
stabilire le quote dei singoli consorziati o i criteri per la determinazione di
esse. Se l'atto costitutivo deferisce la risoluzione di questioni relative alla
determinazione delle quote ad una o più persone, le decisioni di queste possono
essere impugnate innanzi all'autorità giudiziaria, se sono manifestamente
inique od erronee, entro trenta giorni dalla notizia (1349, 2264, 2964 e
seguenti). Art. 2604 Durata del consorzio In mancanza di determinazione della
durata del contratto, questo è valido per dieci anni. Art. 2605 Controllo
sull'attività dei singoli consorziati I consorziati devono consentire i
controlli e le ispezioni da parte degli organi previsti dal contratto, al fine
di accertare l'esatto adempimento delle obbligazioni assunte. Art. 2606
Deliberazioni consortili Se il contratto non dispone diversamente, le
deliberazioni relative all'attuazione dell'oggetto del consorzio sono prese col
voto favorevole della maggioranza dei consorziati. Le deliberazioni che non
sono prese in conformità alle disposizioni di questo articolo o a quelle del
contratto possono essere impugnate davanti all'autorità giudiziaria entro
trenta giorni (2964 e seguenti). Per i consorziati assenti il termine decorre
dalla comunicazione o, se si tratta di deliberazione soggetta ad iscrizione,
dalla data di questa. Art. 2607 Modificazioni del contratto Il contratto, se
non è diversamente convenuto, non può essere modificato senza il consenso di
tutti i consorziati. Le modificazioni devono essere fatte per iscritto sotto
pena di nullità (1350, 1418 e seguenti 2725). Art. 2608 Organi preposti al
consorzio La responsabilità verso i consorziati di coloro che sono preposti al
consorzio è regolata dalle norme sul mandato (1710 e seguente). Art. 2609
Recesso ed esclusione Nei casi di recesso e di esclusione previsti dal
contratto, la quota di partecipazione del consorziato receduto o escluso si
accresce proporzionalmente a quelle degli altri. Il mandato conferito dai
consorziati per l'attuazione degli scopi del consorzio, ancorché dato con unico
atto, cessa nei confronti del consorziato receduto o escluso (1726). Art. 2610
Trasferimento dell'azienda Salvo patto contrario, in caso di trasferimento a
qualunque titolo dell'azienda, l'acquirente subentra nel contratto di consorzio.
Tuttavia, se sussiste una giusta causa, in caso di trasferimento dell'azienda
per atto fra vivi, gli altri consorziati possono deliberare, entro un mese
dalla notizia dell'avvenuto trasferimento, l'esclusione dell'acquirente dal
consorzio. Art. 2611 Cause di scioglimento Il contratto di consorzio si
scioglie: per il decorso del tempo stabilito per la sua durata; per il
conseguimento dell'oggetto o per l'impossibilità di conseguirlo; per volontà
unanime dei consorziati; per deliberazione dei consorziati, presa a norma
dell'art. 2606, se sussiste una giusta causa; per provvedimento dell'autorità
governativa, nei casi ammessi dalla legge; per le altre cause previste nel
contratto. Sezione II Dei consorzi con attività esterna Art. 2612 Iscrizione
nel registro delle imprese Se il contratto prevede l'istituzione di un ufficio
destinato a svolgere un'attività con i terzi, un estratto del contratto deve, a
cura degli amministratori, entro trenta giorni dalla stipulazione, essere
depositato per l'iscrizione presso l'ufficio del registro delle imprese (att.
108) del luogo dove l'ufficio ha sede: L'estratto deve indicare: la
denominazione e l'oggetto del consorzio e la sede dell'ufficio; il cognome e il
nome dei consorziati; la durata del consorzio; le persone a cui vengono
attribuite la presidenza, la direzione e la rappresentanza del consorzio ed i
rispettivi poteri; il modo di formazione del fondo consortile e le norme
relative alla liquidazione. Del pari devono essere iscritte nel registro delle
imprese le modificazioni del contratto concernenti gli elementi sopra indicati.
Art. 2613 Rappresentanza in giudizio I consorzi possono essere convenuti in
giudizio in persona di coloro ai quali il contratto attribuisce la presidenza o
la direzione, anche se la rappresentanza è attribuita ad altre persone. Art.
2614 Fondo consortile I contributi dei consorziati e i beni acquistati con
questi contributi costituiscono il fondo consortile. Per la durata del
consorzio i consorziati non possono chiedere la divisione del fondo, e i
creditori particolari dei consorziati non possono far valere i loro diritti sul
fondo medesimo. Art. 2615 Responsabilità verso i terzi Per le obbligazioni
assunte in nome del consorzio dalle persone che ne hanno la rappresentanza, i
terzi possono far valere i loro diritti esclusivamente sul fondo consortile.
Per le obbligazioni assunte dagli organi del consorzio per conto dei singoli
consorziati rispondono questi ultimi solidalmente (1292 e seguenti) col fondo
consortile. In caso d'insolvenza nei rapporti tra i consorziati il debito
dell'insolvente si ripartisce tra tutti in proporzione delle quote. Art. 2615
bis Situazione patrimoniale Entro due mesi dalla chiusura dell'esercizio
annuale le persone che hanno la direzione del consorzio redigono la situazione
patrimoniale osservando le norme relative al bilancio di esercizio delle
società per azioni (2423 e seguenti) e la depositano presso l'ufficio del
registro delle imprese. Alle persone che hanno la direzione del consorzio sono
applicati gli artt. 2621, n. 1), e 2626. Negli atti e nella corrispondenza del
consorzio devono essere indicati la sede di questo, l'ufficio del registro
delle imprese presso il quale esso è iscritto e il numero di iscrizione.
Sezione II BIS Art. 2615 ter Società consortili Le società previste nei Capi
III e seguenti del Titolo V possono assumere come oggetto sociale gli scopi
indicati nell'art. 2602. In tal caso l'atto costitutivo può stabilire l'obbligo
dei soci di versare contributi in denaro. Sezione III Dei consorzi obbligatori
Art. 2616 Costituzione Con provvedimento dell'autorità governativa (sentite le
corporazioni interessate), può essere disposta, anche per zone determinate, la
costituzione di consorzi obbligatori fra esercenti lo stesso ramo o rami
similari di attività economica, qualora la costituzione stessa risponda alle
esigenze dell'organizzazione della produzione. Nello stesso modo, ricorrendo le
condizioni di cui al comma precedente, possono essere trasformati in
obbligatori i consorzi costituiti volontariamente (att. 111). Art. 2617
Consorzi per l'ammasso dei prodotti agricoli Quando la legge prescrive
l'ammasso di determinati prodotti agricoli, la gestione collettiva di questi è
fatta per conto degli imprenditori interessati a mezzo di consorzi obbligatori,
secondo le disposizioni delle leggi speciali (837). Sezione IV Dei controlli
dell'autorità governativa Art. 2618 Approvazione del contratto consortile I
contratti previsti nel presente capo, se sono tali da influire sul mercato
generale dei beni in essi contemplati, sono soggetti ad approvazione da parte
dell'autorità governativa, (sentite le corporazioni interessate) (att. 111).
Art. 2619 Controllo sull'attività del consorzio L'attività dei consorzi è
sottoposta alla vigilanza dell'autorità governativa (att. 111). Quando
l'attività del consorzio risulta non conforme agli scopi per cui e stato
costituito l'autorità governativa può sciogliere gli organi del consorzio e
affidare la gestione a un commissario governativo (2636 e seguenti, att. 108)
ovvero, nei casi più gravi, può disporre lo scioglimento del consorzio stesso.
Art. 2620 Estensione delle norme di controllo alle società Le disposizioni di
questa sezione si applicano anche alle società che si contribuiscono per
raggiungere gli scopi indicati nell'art. 2602. L'autorità governativa può
sempre disporre lo scioglimento della società, quando la costituzione di questa
non abbia avuto l'approvazione prevista nell'art. 2618 (att. 111). Titolo XI
Disposizioni penali in materia di società e consorzi Capo I Disposizioni
generali per le società soggette a registrazione Art. 2621 False comunicazioni
ed illegale ripartizione di utili o di acconti sui dividendi Salvo che il fatto
costituisca reato più grave, sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni
e con la multa da L. 2 milioni a L. 20 milioni (2640): i promotori, i soci
fondatori, gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori,
i quali nelle relazioni, nei bilanci o in altre comunicazioni sociali,
fraudolentemente espongono fatti non rispondenti al vero sulla costituzione o
sulle condizioni. economiche della società o nascondono in tutto o in parte
fatti concernenti le condizioni medesime; gli amministratori e i direttori
generali che, in mancanza di bilancio approvato o in difformità da esso o in
base ad un bilancio falso, sotto qualunque forma, riscuotono o pagano utili
fittizi o che non possono essere distribuiti (2433, 2632); gli amministratori e
i direttori generali che distribuiscono acconti sui dividendi: in violazione
dell'art. 2433 bis, 1° comma; ovvero in misura superiore all'importo degli
utili conseguiti dalla chiusura dell'esercizio precedente, diminuito delle
quote che devono essere destinate a riserva per obbligo legale o statutario e
delle perdite degli esercizi precedenti e aumentato delle riserve disponibili;
ovvero in mancanza di approvazione del bilancio dell'esercizio precedente o del
prospetto contabile previsto nell'art. 2433 bis, 5° comma, oppure in difformità
da essi, ovvero sulla base di un bilancio o di un prospetto contabile falsi.
Art. 2622 Divulgazione di notizie sociali riservate Gli amministratori, i
direttori generali, i sindaci e i loro dipendenti, i liquidatori, che, senza
giustificato motivo, si servono a profitto proprio od altrui di notizie avute a
causa del loro ufficio, o ne danno comunicazione, sono puniti, se dal fatto può
derivare pregiudizio alla società, con la reclusione fino ad un anno e con la
multa da L. 200.000 a L. 2 milioni. Il delitto è punibile su querela della
società. Art. 2623 Violazione di obblighi incombenti agli amministratori Sono
puniti con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da L. 400.000 a
L. 2.000.000 gli amministratori che: eseguono una riduzione di capitale o la
fusione con altra società o una scissione in violazione degli artt. 2306, 2445
e 2503; restituiscono ai soci palesemente o sotto forme simulate i conferimenti
o li liberano dall'obbligo di eseguirli, fuori del caso di riduzione del
capitale sociale; impediscono il controllo della gestione sociale da parte del
collegio sindacale o, nei casi previsti dalla legge, da parte dei soci. Art.
2624 Prestiti e garanzie della società Gli amministratori, i direttori
generali, i sindaci e i liquidatori che contraggono prestiti sotto qualsiasi
forma, sia direttamente sia per interposta persona, con la società che
amministrano o con una società che questa controlla o da cui è controllata
(23592), o che si fanno prestare da una di tali società garanzie per debiti
propri, sono puniti con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da L.
400.000 a L. 4.000.000. Per gli amministratori, i direttori generali, i sindaci
e i liquidatori delle società che hanno per oggetto l'esercizio del credito si
applicano le disposizioni delle leggi speciali. Art. 2625 Violazione di
obblighi incombenti ai liquidatori I liquidatori di società che procedono alla
ripartizione dell'attivo sociale fra i soci prima che siano pagati i creditori
o siano accantonate le somme necessarie per pagarli (2280), sono puniti con la
reclusione da uno a tre anni e con la multa da L. 200.000 a L. 2.000.000. Art.
2626 Omissione ed esecuzione tardiva o incompiuta di denunzie, comunicazioni,
depositi Agli amministratori, ai sindaci, ai liquidatori e ai preposti
all'esercizio di sede secondaria nel territorio dello Stato di società
costituite all'estero che omettono di fare, nel termine stabilito, all'ufficio
del registro delle imprese una denunzia, una comunicazione o un deposito a cui
sono dalla legge obbligati, o li eseguono o li fanno eseguire in modo
incompiuto, ovvero omettono di richiedere una pubblicazione nel Bollettino
ufficiale delle società per azioni e a responsabilità limitata, nei casi in cui
detta pubblicazione è prescritta dal codice, si applica la sanzione
amministrativa del pagamento di una somma da L. 100.000 a L. 2 milioni. La
stessa sanzione si applica al notaio nei casi in cui l'obbligo della denunzia,
della comunicazione, del deposito o della pubblicazione è posto dalla legge
anche a di lui carico. Art. 2627 Omissione delle indicazioni obbligatorie Agli
amministratori, ai direttori generali, ai liquidatori e ai preposti
all'esercizio di sede secondaria nel territorio dello Stato di società
costituite all'estero che contravvengono alle disposizioni degli artt. 2250 e
2506, quarto comma, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una
somma da L. 100.000 a L. 1 milione. Capo II Disposizioni speciali per le
società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata e per
le società cooperative Art. 2628 Manovre fraudolente sui titoli della società
Gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori che
diffondono notizie false o adoperano altri mezzi fraudolenti atti a cagionare
nel pubblico mercato o nelle borse di commercio un aumento o una diminuzione
del valore delle azioni della società o di altri titoli ad essa appartenenti,
sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa non inferiore
a L. 600.000 (2640). Art. 2629 Valutazione esagerata dei conferimenti e degli
acquisti della società Sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni e con
la multa da L. 400.000 a L. 4.000.000: i promotori ed i soci fondatori che
nell'atto costitutivo esagerano fraudolentemente il valore dei beni in natura o
dei crediti conferiti; gli amministratori, i promotori, i fondatori e i soci
che nel caso di acquisto di beni o di crediti da parte della società previsto
nell'art. 2343 bis esagerano fraudolentemente il valore dei beni o dei crediti
trasferiti; gli amministratori e i soci conferenti che nel caso di aumento di
capitale esagerano fraudolentemente il valore dei beni in natura o dei crediti
conferiti; gli amministratori che nel caso di trasformazione della società
esagerano fraudolentemente il valore del patrimonio della società che si
trasforma. Art. 2630 Violazione di obblighi incombenti agli amministratori Sono
puniti con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da L. 400.000 a
L. 2.000.000 (2640) gli amministratori, che: emettono azioni o attribuiscono
quote per somma minore del loro valore nominale, ovvero emettono nuove azioni o
attribuiscono nuove quote prima che quelle sottoscritte precedentemente siano
interamente liberate (2346); violano le disposizioni degli artt. 2357, 1°
comma, 2358, 2359 bis, 1° comma, 2360, o quelle degli artt. 2483 e 2522;
influiscono sulla formazione della maggioranza dell'assemblea, valendosi di
azioni o di quote non collocate o facendo esercitare sotto altro nome il
diritto di voto spettante alle proprie azioni o quote, ovvero usando altri
mezzi illeciti. Sono puniti con la reclusione fino ad un anno e con la multa da
L. 200.000 a L. 2.000.000 gli amministratori, che: percepiscono compensi o
partecipazioni in violazione dell'art. 2389; omettono di convocare, nei termini
prescritti dalla legge, l'assemblea dei soci nei casi previsti dagli artt. 2367
e 2446; assumono per conto della società partecipazioni in altre imprese, che
per la misura e per l'oggetto, importano una sostanziale modificazione
dell'oggetto sociale determinato dall'atto costitutivo (2361); violano le disposizioni
degli artt. 2357, secondo, terzo e quarto comma, 2357 bis, secondo comma, 2357
ter, 2359 bis, secondo, terzo, quarto e quinto comma; 2359 ter, primo e secondo
comma, e 2359 quater, secondo e terzo comma. Art. 2630 bis Violazione del
divieto di sottoscrizione di azioni proprie o di azioni o quote della società
controllante Sono puniti con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la
multa da L. 400.000 a 2 milioni i promotori, i soci fondatori e gli
amministratori che violano la disposizione di cui agli artt. 2357 quater, 1°
comma, e .359 quinquies, 1° comma. Art. 2631 Conflitto d'interessi
L'amministratore, che, avendo in una determinata operazione per conto proprio o
di terzi un interesse in conflitto con quello della società, non si astiene dal
partecipare alla deliberazione del consiglio o del comitato esecutivo relativa
all'operazione stessa (2391), è punito con la multa da L. 400.000 a L.
4.000.000. Se dalla deliberazione o dall'operazione è derivato un pregiudizio
alla società, si applica, oltre la multa, la reclusione fino a tre anni. Art.
2632 Violazione di obblighi incombenti ai sindaci Sono puniti con la reclusione
da sei mesi a tre anni e con la multa da L. 200.000 a L. 2.000.000 i sindaci,
che omettono: nel caso previsto dal n. 2 dell'art. 2621, di adempiere gli
obblighi imposti dalla legge, fuori dei casi di concorso nel delitto da esso
previsto; di convocare l'assemblea nei casi previsti dagli artt. 2406 e 2408.
Sono puniti con la reclusione fino ad un anno e con la multa da L. 400.000 a 2
milioni i sindaci che violano gli obblighi previsti dagli artt. 7357, quarto
comma, 2359 ter, secondo comma, e 2359 quater, secondo e terzo comma. Art. 2633
Irregolarità dei titoli azionari o obbligazionari Gli amministratori delle
società per azioni e in accomandita per azioni, che emettono azioni o
certificati provvisori senza l'osservanza dell'art. 2354, oppure emettono
obbligazioni in violazione dell'art. 2413, sono puniti con l'ammenda da L.
100.000 a L. 1.000.000 (Ora sanzione amministrativa). Art. 2634 Rappresentante
comune degli obbligazionisti Il rappresentante comune degli obbligazionisti,
che omette di richiedere l'iscrizione della sua nomina nel registro delle
imprese nei termini previsti dall'art. 2417, è punito con l'ammenda da L. 100.000
a L. 1.000.000 (Ora sanzione amministrativa). Capo III Disposizioni speciali
per i consorzi Art. 2635 Omissione dell'iscrizione nel registro delle imprese
Agli amministratori dei consorzi, che omettono di richiedere nel termine
prescritto le iscrizioni previste dall'art. 2612, si applica la pena prevista
dall'art. 2626. Capo IV Degli amministratori giudiziari e dei commissari
governativi Art. 2636 Amministratori giudiziari e commissari governativi Agli
amministratori giudiziari previsti dagli artt. 2091 e 2409, nonché ai
commissari governativi previsti dagli artt. 2543 e 2619 si applicano le pene
stabilite dagli artt. 2621, 2622, 2623, 2624, 2626, 2627, 2628 e 2630, se
commettono alcuno dei fatti in essi previsti. Nel caso di mancata convocazione
dell'assemblea a norma del quinto comma dell'art. 2409, all'amministratore
giudiziario si applica la pena prevista dal secondo comma dell'art. 2630. Art.
2637 Interesse privato dell'amministratore giudiziario e del commissario
governativo Salvo che al fatto siano applicabili gli artt. 315, 317, 318, 319 e
323 Cod. Pen., l'amministratore giudiziario o il commissario governativo che,
direttamente o per interposta persona o con atti simulati, prende interesse
privato in qualsiasi atto della gestione a lui affidata, è punito con la
reclusione da due a sei anni e con la multa non inferiore a L. 400.000. La
condanna importa l'interdizione dai pubblici uffici. Art. 2638 Accettazione di
retribuzione non dovuta L'amministratore giudiziario o il commissario
governativo che riceve o pattuisce una retribuzione, in denaro o in altra
forma, in aggiunta di quella legalmente attribuitagli, è punito con la
reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da L. 400.000 a L. 2.000.000.
Nei casi più gravi può inoltre essere disposta l'interdizione dagli uffici
direttivi delle persone giuridiche e delle imprese. Art. 2639 Omessa consegna o
deposito di cose detenute a causa dell'ufficio L'amministratore giudiziario o
il commissario governativo che non ottempera all'ordine dell'autorità di consegnare
o depositare somme o altra cosa, da lui detenute a causa del suo ufficio, è
punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa fino a L.
3.000.000. Se il fatto avviene per colpa, si applica la reclusione fino a sei
mesi o la multa fino a L. 600.000. Capo V Disposizioni comuni Art. 2640
Circostanza aggravante Quando dai fatti previsti negli artt. 2621, 2622, 2623,
2628 e 2630, primo comma, deriva all'impresa un danno di gravità rilevante, la
pena e aumentata (Cod. Pen. 64) fino alla metà. Art. 2641 Pene accessorie
(abrogato) Art. 2642 Comunicazione della sentenza di condanna Ogni sentenza
penale pronunziata a carico di amministratori, direttori generali, sindaci,
liquidatori e commissari di qualsiasi impresa per delitti commessi nell'esercizio
od a causa del loro ufficio è comunicata, a cura del cancelliere dell'autorità
giudiziaria che ha emesso la sentenza, per gli eventuali provvedimenti,
all'organo che esercita la funzione disciplinare sugli iscritti nell'albo
professionale al quale essi appartengono. Codice Civile Libro Sesto Della
tutela dei diritti Titolo I Della trascrizione Capo I Della trascrizione degli
atti relativi ai beni immobili Art. 2643 Atti soggetti a trascrizione Si devono
rendere pubblici col mezzo della trascrizione: i contratti che trasferiscono la
proprietà di beni immobili (812); i contratti (1350, 2651) che costituiscono,
trasferiscono o modificano il diritto di usufrutto (978 e seguenti) su beni
immobili, il diritto di superficie (952 e seguenti), i diritti del concedente e
dell'enfiteuta (957 e seguenti); i contratti che costituiscono la comunione
(1100 e seguenti) dei diritti menzionati nei numeri precedenti i contratti che
costituiscono o modificano servitù prediali (1027 e seguenti), il diritto di
uso sopra beni immobili, il diritto di abitazione (1021 e seguenti); gli atti
tra vivi di rinunzia ai diritti menzionati nei numeri precedenti; i
provvedimenti con i quali nell'esecuzione forzata si trasferiscono la proprietà
di beni immobili o altri diritti reali immobiliari (Cod. Proc. Civ. 574, 586,
590), eccettuato il caso di vendita seguita nel processo di liberazione degli
immobili dalle ipoteche a favore del terzo acquirente (2896); gli atti e le
sentenze di affrancazione del fondo enfiteutico (971); i contratti di locazione
(1571 e seguenti) dei beni immobili che hanno durata superiore a nove anni
(1350, 1599, 2923); gli atti e le sentenze da cui risulta liberazione o
cessione di pigioni o di fitti non ancora scaduti (1605), per un termine
maggiore di tre anni (2918); i contratti di società (2247 e seguenti) e di
associazione (14 e seguenti, 2549 e seguenti) con i quali si conferisce il
godimento di beni immobili o di altri diritti reali immobiliari, quando la
durata della società o dell'associazione eccede i nove anni o è indeterminata
(att. 231); gli atti di costituzione dei consorzi (862 e seguenti; 2602 e
seguenti) che hanno l'effetto indicato dal numero precedente (att. 231); i
contratti di anticresi (1960 ss; att. 231); le transazioni (1965 e seguenti)
che hanno per oggetto controversie sui diritti menzionati nei numeri
precedenti; le sentenze (1032, 2932) che operano la costituzione, il
trasferimento o la modificazione di uno dei diritti menzionati nei numeri
precedenti (2932). Art. 2644 Effetti della trascrizione Gli atti enunciati
nell'articolo precedente non hanno effetto riguardo ai terzi che a qualunque
titolo hanno acquistato diritti sugli immobili in base a un atto trascritto o
iscritto (2827, 2848) anteriormente alla trascrizione degli atti medesimi (2650).
Eseguita la trascrizione, non può avere effetto contro colui che ha trascritto
alcuna trascrizione o iscrizione di diritti acquistati verso il suo autore,
quantunque l'acquisto risalga a data anteriore (att. 225). Art. 2645 Altri atti
soggetti a trascrizione Deve del pari rendersi pubblico, agli effetti previsti
dall'articolo precedente, ogni altro atto o provvedimento che produce in
relazione a beni immobili o a diritti immobiliari taluno degli effetti dei
contratti menzionati nell'art. 2643, salvo che dalla legge risulti che la
trascrizione non è richiesta o è richiesta a effetti diversi (Cod. Proc. Civ.
555). Art. 2646 Trascrizione delle divisioni Si devono trascrivere le divisioni
(713, 1111 e seguenti) che hanno per oggetto beni immobili (812), come pure i
provvedimenti di aggiudicazione degli immobili divisi mediante incanto, i
provvedimenti di attribuzione delle quote tra condividenti e i verbali di
estrazione a sorte delle quote (Cod. Proc. Civ. 788 e seguenti). Si devono pure
trascrivere la domanda di divisione giudiziale (Cod. Proc. Civ. 784) e l'atto
di opposizione indicato dall'art. 1113, per gli effetti ivi enunciati (art.
224). Art. 2647 Costituzione del fondo patrimoniale e separazione di beni
Devono essere trascritti, se hanno per oggetto beni immobili, la costituzione
del fondo patrimoniale, le convenzioni matrimoniali che escludono i beni
medesimi dalla comunione tra i coniugi, gli atti e i provvedimenti di
scioglimento della comunione, gli atti di acquisto di beni personali a norma
delle lett. c), d), e) ed f) dell'art. 179, a carico, rispettivamente, dei
coniugi titolari del fondo patrimoniale o del coniuge titolare del bene escluso
o che cessa di far parte della comunione. Le trascrizioni previste dal
precedente comma devono essere eseguite anche relativamente ai beni immobili
che successivamente entrano a far parte del patrimonio familiare o risultano
esclusi dalla comunione tra i coniugi. La trascrizione del vincolo derivante
dal fondo patrimoniale costituito per testamento deve essere eseguita d'ufficio
dal conservatore contemporaneamente alla trascrizione dell'acquisto a causa di
morte. Art. 2648 Accettazione di eredità e acquisto di legato Si devono
trascrivere l'accettazione della eredità (470 e seguenti) che importi acquisto
dei diritti enunciati nei nn. 1, 2 e 4 dell'art. 2643 o liberazione dai
medesimi e l'acquisto del legato (649) che abbia lo stesso oggetto. La
trascrizione dell'accettazione dell'eredità si opera in base alla dichiarazione
del chiamato all'eredità, contenuta in un atto pubblico ovvero in una scrittura
privata (475) con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente (Cod.
Proc. Civ. 220). Se il chiamato ha compiuto uno degli atti che importano
accettazione tacita dell'eredità (476 e seguenti), si può richiedere la
trascrizione sulla base di quell'atto, qualora esso risulti da sentenza, da
atto pubblico o da scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata
giudizialmente (Cod. Proc. Civ. 220). La trascrizione dell'acquisto del legato
si opera sulla base di un estratto autentico (2703) del testamento (att. 225,
228). Art. 2649 Cessione dei beni ai creditori Deve essere trascritta, qualora
comprenda beni immobili, la cessione che il debitore fa dei suoi beni ai
creditori, perché questi procedano alla liquidazione dei medesimi e alla
ripartizione del ricavato (1977 e seguenti; att. 225, 231). Non hanno effetto,
rispetto ai creditori, le trascrizioni o iscrizioni di diritti acquistati verso
il debitore, se eseguite dopo che la cessione è stata trascritta. Art. 2650
Continuità delle trascrizioni Nei casi in cui, per le disposizioni precedenti,
un atto di acquisto è soggetto a trascrizione, le successive trascrizioni o
iscrizioni a carico dell'acquirente non producono effetto, se non è stato
trascritto l'atto.anteriore di acquisto. Quando l'atto anteriore di acquisto e
stato trascritto, le successive trascrizioni o iscrizioni producono effetto
secondo il loro ordine rispettivo, salvo il disposto dell'art. 2644. L'ipoteca
legale a favore dell'alienante e quella a favore del condividente (2817),
iscritte contemporaneamente alla trascrizione del titolo di acquisto o della
divisione, prevalgono sulle trascrizioni q iscrizioni eseguite anteriormente
contro l'acquirente o il condividente tenuto a conguaglio (att. 225, 229). Art.
2651 Trascrizione di sentenze Si devono trascrivere le sentenze da cui risulta
estinto per prescrizione (2934 e seguenti) o acquistato per usucapione (1158 e
seguenti) ovvero in altro modo non soggetto a trascrizione uno dei diritti
indicati dai nn. 1, 2 e 4 dell'art. 2643. Art. 2652 Domande riguardanti atti
soggetti a trascrizione. Effetti delle relative trascrizioni rispetto ai terzi
Si devono trascrivere, qualora si riferiscano ai diritti menzionati nell'art.
2643, le domande giudiziali (Cod. Proc. Civ. 163) indicate dai numeri seguenti,
agli effetti per ciascuna di esse previsti (att. 225 e seguenti): le domande di
risoluzione dei contratti (1453) e quelle indicate dal secondo comma dell'art.
648 e dall'ultimo comma dell'art. 793, le domande di rescissione (1447 e
seguenti), le domande di revocazione delle donazioni (800 e seguenti), nonché
quelle indicate dall'art. 524. Le sentenze che accolgono tali domande non
pregiudicano i diritti acquistati dai terzi in base a un atto trascritto o iscritto
(2827 2848) anteriormente alla trascrizione della domanda; le domande dirette a
ottenere l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo a contrarre (1706, 2932).
La trascrizione della sentenza che accoglie la domanda prevale sulle
trascrizioni e iscrizioni eseguite contro il convenuto dopo la trascrizione
della domanda; le domande dirette a ottenere l'accertamento giudiziale (Cod.
Proc. Civ. 216 e seguenti) della sottoscrizione di scritture private (2702 e
seguenti) in cui si contiene un atto soggetto a trascrizione o a iscrizione. La
trascrizione o l'iscrizione dell'atto contenuto nella scrittura produce effetto
dalla data in cui e stata trascritta la domanda; le domande dirette
all'accertamento della simulazione (1414 e seguenti) di atti soggetti a trascrizione
(2690). La sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i diritti acquistati
dai terzi di buona fede in base a un atto trascritto o iscritto (2827, 2848)
anteriormente alla trascrizione della domanda; le domande di revoca degli atti
soggetti a trascrizione, che siano stati compiuti in pregiudizio dei creditori
(2901). La sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i diritti acquistati
a titolo oneroso dai terzi di buona fede in base a un atto trascritto o
iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda; le domande dirette a
far dichiarare la nullità (1418 e seguenti) o a far pronunziare l'annullamento
(1425 e seguenti) di atti soggetti a trascrizione e le domande dirette a
impugnare la validità della trascrizione. Se la domanda è trascritta dopo
cinque anni dalla data della trascrizione dell'atto impugnato, la sentenza che
l'accoglie non pregiudica i diritti acquistati a qualunque titolo dai terzi di
buona fede in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla domanda.
Se però la domanda è diretta a far pronunziare l'annullamento per una causa
diversa dall'incapacità legale, la sentenza che l'accoglie non pregiudica i
diritti acquistati dai terzi di buona fede in base a un atto trascritto o
iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda, anche se questa è stata
trascritta prima che siano decorsi cinque anni dalla data della trascrizione
dell'atto impugnato, purché in questo caso i terzi abbiano acquistato a titolo
oneroso (1445; att. 227); le domande (533) con le quali si contesta il
fondamento di un acquisto a causa di morte (457). Salvo quanto è disposto dal
secondo e dal terzo comma dell'art. 534, se la trascrizione della domanda è
eseguita dopo cinque anni dalla data della trascrizione dell'acquisto, la
sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i terzi di buona fede che, in
base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della
domanda, hanno a qualunque titolo acquistato diritto da chi appare erede o
legatario (att. 227); le domande di riduzione delle donazioni e delle
disposizioni testamentarie per lesione di legittima (554 e seguenti). Se la
trascrizione è eseguita dopo dieci anni dall'apertura della successione, la
sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i terzi che hanno acquistato a
titolo oneroso diritti in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente
alla trascrizione della domanda (561; att. 227); le domande di revocazione e
quelle di opposizione di terzo contro le sentenze soggette a trascrizione per
le cause previste dai nn. 1, 2, 3 e 6 dell'art. 395 Cod. Proc. Civ. e dal
secondo comma dell'art. 404 dello stesso codice. Se la domanda è trascritta
dopo cinque anni dalla trascrizione della sentenza impugnata, la sentenza che
l'accoglie non pregiudica i diritti acquistati dai terzi di buona fede in base
a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda
(att. 226 e seguenti). Alla domanda giudiziale è equiparato l'atto notificato
con il quale la parte, in presenza di compromesso o di clausola compromissoria,
dichiara all'altra la propria intenzione di promuovere il procedimento
arbitrale, propone la domanda e procede, per quanto le spetta, alla nomina
degli arbitri. Art. 2653 Altre domande e atti soggetti a trascrizione a diversi
effetti Devono parimenti essere trascritti (att. 225 e seguenti): le domande
dirette a rivendicare la proprietà (948 e seguente) o altri diritti reali di
godimento (957, 981, 1021 e seguenti) sui beni immobili e le domande dirette
all'accertamento dei diritti stessi. La sentenza pronunziata contro il
convenuto indicato nella trascrizione della domanda ha effetto anche contro
coloro che hanno acquistato diritti dal medesimo in base a un atto trascritto
dopo la trascrizione della domanda; la domanda di devoluzione del fondo enfiteutico
(972). La pronunzia di devoluzione ha effetto anche nei confronti di coloro che
hanno acquistato diritti dall'enfiteuta in base a un atto trascritto
posteriormente alla trascrizione della domanda; le domande e le dichiarazioni
di riscatto (1500 e seguenti) nella vendita di beni immobili. Se la
trascrizione di tali domande o dichiarazioni è eseguita dopo sessanta giorni
dalla scadenza del termine per l'esercizio del riscatto, restano salvi i
diritti acquistati dai terzi dopo la scadenza del termine medesimo in base a un
atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda o
della dichiarazione (att. 227); le domande di separazione degli immobili dotali
(202 e seguenti) e quelle di scioglimento della comunione tra coniugi avente per
oggetto beni immobili (225). La sentenza che pronunzia la separazione olo
scioglimento non ha effetto a danno dei terzi che, anteriormente alla
trascrizione della domanda, hanno validamente acquistato dal marito diritti
relativi a beni dotali o a beni della comunione; gli atti e le domande (1165 e
seguenti) che interrompono il corso dell'usucapione di beni immobili (2943 e
seguenti). L'interruzione non ha effetto riguardo ai terzi che hanno acquistato
diritti dal possessore in base a un atto trascritto o iscritto, se non dalla
data della trascrizione dell'atto o della domanda (att. 226, 231). Alla domanda
giudiziale e equiparato l'atto notificato con il quale la parte, in presenza di
compromesso o di clausola compromissoria, dichiara all'altra la propria intenzione
di promuovere il procedimento arbitrale, propone la domanda e procede, per
quanto le spetta, alla nomina degli arbitri. Art. 2654 Annotazione di domande o
atti soggetti a trascrizione La trascrizione degli atti e delle domande
indicati dai due articoli precedenti dev'essere anche annotata in margine alla
trascrizione o iscrizione, quando si riferisce a un atto trascritto o iscritto.
Art. 2655 Annotazione di atti e di sentenze Qualora un atto trascritto o
iscritto sia dichiarato nullo (1418 e seguenti) o sia annullato (1425 e
seguenti), risoluto (1453 e seguenti), rescisso (1447 e seguenti) o revocato
(2901 e seguenti) o sia soggetto a condizione risolutiva (1360), la
dichiarazione di nullità e, rispettivamente, l'annullamento, la risoluzione, la
rescissione, la revocazione, l'avveramento della condizione devono annotarsi in
margine alla trascrizione o all'iscrizione dell'atto. Si deve del pari
annotare, in margine alla trascrizione della relativa domanda, la sentenza di
devoluzione del fondo enfiteutico (972). Se tali annotazioni non sono eseguite,
non producono effetto le successive trascrizioni o iscrizioni a carico di colui
che ha ottenuto la dichiarazione di nullità o l'annullamento, la risoluzione,
la rescissione, la revoca o la devoluzione o a favore del quale si è avverata
la condizione. Eseguita l'annotazione, le trascrizioni o iscrizioni già
compiute hanno il loro effetto secondo l'ordine rispettivo. L'annotazione si
opera in base alla sentenza o alla convenzione da cui risulta uno dei fatti sopra
indicati; se si tratta di condizione, può eseguirsi in virtù della
dichiarazione unilaterale del contraente in danno del quale la condizione
stessa si è verificata (2692). Art. 2656 Forme per l'annotazione L'annotazione
si esegue secondo le norme stabilite dagli articoli seguenti per la
trascrizione in quanto applicabili. Art. 2657 Titolo per la trascrizione La
trascrizione non si può eseguire se non in forza di sentenza (Cod. Proc. Civ.
131 e seguenti), di atto pubblico (2699) o di scrittura privata con
sottoscrizione autenticata (2703) o accertata giudizialmente (Cod. Proc. Civ.
215 e seguenti). Le sentenze e gli atti seguiti in paese estero (Cod. Proc.
Civ. 796 e seguenti; 804) devono essere legalizzati (2674). Art. 2658 Atti da
presentare al conservatore La parte che domanda la trascrizione del titolo deve
presentare al conservatore dei registri immobiliari copia autenticata, se si
tratta di atti pubblici o di sentenze, e, se si tratta di scritture private,
deve presentare l'originale, salvo che questo si trovi depositato in un
pubblico archivio o negli atti di un notaio. In questo caso basta la
presentazione di una copia autenticata dall'archivista o dal notaio dalla quale
risulti che la scrittura ha i requisiti indicati dall'articolo precedente. Per
la trascrizione di una domanda giudiziale occorre presentare copia autentica
del documento che la contiene, munito della relazione di notifica alla
controparte. Art. 2659 Nota di trascrizione Chi domanda la trascrizione di un
atto tra vivi deve presentare al conservatore dei registri immobiliari, insieme
con la copia del titolo, una nota in doppio originale, nella quale devono
essere indicati: il cognome ed il nome, il luogo e la data di nascita e il
numero di codice fiscale delle parti, nonché il regime patrimoniale delle
stesse, se coniugate, secondo quanto risulta da loro dichiarazione resa nel
titolo o da certificato dell'ufficiale di stato civile, la denominazione o la
ragione sociale, la sede e il numero di codice fiscale delle persone
giuridiche, delle società previste dai capi II, III e IV del titolo V del libro
quinto e delle associazioni non riconosciute, con l'indicazione, per queste
ultime e per le società semplici, anche delle generalità delle persone che le
rappresentano secondo l'atto costitutivo; il titolo di cui si chiede la
trascrizione e la data del medesimo; il cognome e il nome del pubblico
ufficiale che ha ricevuto l'atto o autenticato le firme, o l'autorità
giudiziaria che ha pronunciato la sentenza; la natura e la situazione dei beni a
cui si riferisce il titolo, con le indicazioni richieste dall'art. 2826. Se
l'acquisto, la rinunzia o la modificazione del diritto sono sottoposti a
termine o a condizione, se ne deve fare menzione nella nota di trascrizione
(2665). Tale menzione non è necessaria se, al momento in cui l'atto si
trascrive, la condizione sospensiva si è verificata o la condizione risolutiva
è mancata ovvero il termine iniziale è scaduto. Art. 2660 Trascrizione degli
acquisti a causa di morte Chi domanda la trascrizione di un acquisto a causa di
morte deve presentare, oltre l'atto indicato dall'art. 2648, il certificato di
morte dell'autore della successione e una copia o un estratto autentico del
testamento, se l'acquisto segue in base a esso. Deve anche presentare una nota in
doppio originale con le seguenti indicazioni: il cognome e il nome, il luogo e
la data di nascita dell'erede o legatario e del defunto; la data di morte; se
la successione è devoluta per legge il vincolo che univa all'autore il chiamato
(536, 565) e la quota a questo spettante; se la successione è devoluta per
testamento, la forma e la data del medesimo, il nome del pubblico ufficiale che
l'ha ricevuto o che l'ha in deposito; la natura e la situazione dei beni con le
indicazioni richieste dall'art. 2826; la condizione o il termine qualora siano
apposti alla disposizione testamentaria, salvo il caso contemplato dal secondo
comma del precedente articolo nonché la sostituzione fidecommissaria, qualora
sia stata disposta a norma dell'art. 692. Art. 2661 Ulteriori trascrizioni in
base allo stesso titolo Quando si domanda la trascrizione di un acquisto a
causa di morte e per la stessa successione è stato già trascritto altro
acquisto in base allo stesso titolo, basta presentare l'atto di accettazione
(470 e seguenti) se si tratta di acquisto a titolo di erede. Deve essere anche
indicata la trascrizione anteriormente eseguita, se si tratta dello stesso
ufficio, e, se si tratta di ufficio diverso, deve essere presentato il
certificato della trascrizione medesima. Se chi ha trascritto anteriormente ha
presentato un estratto del testamento, alla domanda di nuova trascrizione deve
essere allegato, qualora occorra, un altro estratto o la copia dell'intero
testamento. Art. 2662 Trascrizione di acquisto a causa di morte in luogo di
altri chiamati Qualora l'acquisto a causa di morte si colleghi alla rinunzia
(519 e seguenti) o alla morte di uno dei chiamati (479), chi domanda la
trascrizione deve presentare il documento comprovante la morte o la rinunzia,
facendone menzione nella nota. Se invece l'acquisto dipende da altra ragione
che impedisce ad alcuno dei chiamati di succedere (70, 463 e seguenti), non è
necessario esibire un documento che giustifichi la ragione stessa, ma il
richiedente risponde dei danni, quando le sue dichiarazioni non corrispondono a
verità. Qualora alcuna delle cause di impedimento sopra indicate si sia
constatata dopo la trascrizione dell'acquisto a causa di morte, essa si annota
in margine alla trascrizione stessa, purché risulti da regolare documento. Art.
2663 Ufficio in cui deve farsi la trascrizione La trascrizione deve essere
fatta presso ciascun ufficio dei registri immobiliari nella cui circoscrizione
sono situati i beni. Art. 2664 Conservazione dei titoli. Trascrizione e
restituzione della nota Il conservatore dei registri immobiliari deve custodire
negli archivi, in appositi volumi, i titoli che gli sono consegnati e deve
inserire, con numerazione progressiva annuale, nella raccolta delle note
costituente il registro particolare delle trascrizioni uno degli originali
della nota, indicandovi il giorno della consegna del titolo e il numero
d'ordine assegnato nel registro generale. Il conservatore deve restituire al
richiedente uno degli originali della nota, nel quale deve certificare l'eseguita
trascrizione con le indicazioni sopra accennate. Art. 2665 Omissioni o
inesattezze nelle note L'omissione o l'inesattezza di alcuna delle indicazioni
richieste nelle note menzionate negli artt. 2659 e 2660 non nuoce alla validità
della trascrizione, eccetto che induca incertezza sulle persone, sul bene o sul
rapporto giuridico, a cui si riferisce l'atto o, rispettivamente, la sentenza o
la domanda. Art. 2666 Limiti soggettivi dell'efficacia della trascrizione La
trascrizione, da chiunque si faccia, giova a tutti coloro che vi hanno
interesse. Art. 2667 Atti compiuti per persona incapace I rappresentanti di
persone incapaci (320, 357, 409, 424) e coloro che hanno prestato assistenza
alle medesime devono curare che si esegua la trascrizione degli atti, delle sentenze
o delle domande giudiziali che sono soggetti a trascrizione e rispetto ai quali
essi hanno esercitato il loro ufficio. La mancanza della trascrizione può anche
essere opposta ai minori, agli interdetti e a qualsiasi altro incapace (414 e
seguenti), salvo ai medesimi il regresso contro i tutori, gli amministratori o
i curatori che avevano l'obbligo della trascrizione. La mancanza della
trascrizione non può essere opposta dalle persone che avevano l'obbligo di
eseguirla per i propri rappresentati o amministrati né dai loro eredi. Art.
2668 Cancellazione della trascrizione La cancellazione della trascrizione delle
domande enunciate dagli artt. 2652 e 2653 e delle relative annotazioni si
esegue quando è debitamente consentita dalle parti interessate ovvero è
ordinata giudizialmente con sentenza passata in giudicato (Cod. Proc. Civ.
324). Deve essere giudizialmente ordinata, qualora la domanda sia rigettata o
il processo sia estinto per rinunzia o per inattività delle parti (Cod. Proc.
Civ. 306 e seguenti). Si deve cancellare l'indicazione della condizione (1353 e
seguenti) o del termine (1184 e seguenti) negli atti trascritti, quando
l'avveramento o la mancanza della condizione ovvero la scadenza del termine
risulta da sentenza o da dichiarazione, anche unilaterale, della parte in danno
della quale la condizione sospensiva si è verificata o la condizione risolutiva
è mancata ovvero il termine iniziale è scaduto. Art. 2669 Trascrizione
anteriore al pagamento dell'imposta di registro La trascrizione può essere
domandata, quantunque non sia stata ancora pagata l'imposta di registro a cui è
soggetto il titolo, se si tratta di atto pubblico ricevuto nello Stato o di
sentenza pronunziata da un'autorità giudiziaria dello Stato (Cod. Proc. Civ.
131 e seguenti). (In tal caso però il richiedente deve presentare al
conservatore, oltre la nota indicata dall'art. 2659, una copia della medesima,
la quale, a cura del conservatore, deve essere vidimata e trasmessa
immediatamente all'ufficiale incaricato di riscuotere l'imposta suddetta)
(2836). Art. 2670 Spese della trascrizione Le spese della trascrizione devono
essere anticipate da chi la domanda, salvo il diritto al rimborso verso
l'interessato. Se più sono gli interessati, ciascuno di essi deve rimborsare la
persona che ha eseguito la trascrizione della parte di spesa corrispondente
alla quota per cui è interessato. Art. 2671 Obbligo dei pubblici ufficiali Il
notaio o altro pubblico ufficiale che ha ricevuto o autenticato l'atto soggetto
a trascrizione ha l'obbligo di curare che questa venga eseguita nel più breve
tempo possibile, ed è tenuto al risarcimento dei danni in caso di ritardo,
salva l'applicazione delle pene pecuniarie previste dalle leggi speciali, se
lascia trascorrere trenta giorni dalla data dell'atto ricevuto o autenticato.
Rimangono ferme le disposizioni delle leggi speciali che stabiliscono a carico
di altre persone l'obbligo di richiedere la trascrizione di determinati atti e
le relative sanzioni (c. p.c. 555). Art. 2672 Leggi speciali Sono salve le disposizioni
delle leggi speciali che richiedono la trascrizione di atti non contemplati dal
presente capo e le altre disposizioni (484, 507 e seguenti, 854, 1133; Cod.
Proc. Civ. 555, 679) che non sono incompatibili con quelle contenute nel capo
medesimo. Capo II Della pubblicità dei registri immobiliari e della
responsabilità dei conservatori Art. 2673 Obblighi del conservatore Il
conservatore dei registri immobiliari deve rilasciare a chiunque ne fa
richiesta copia delle trascrizioni, delle iscrizioni e delle annotazioni, o il
certificato che non ve ne è alcuna. Deve altresì permettere l'ispezione dei
suoi registri nei modi e nelle ore fissati dalla legge. Il conservatore deve
anche rilasciare copia dei documenti che sono depositati presso di lui in
originale o i cui originali sono depositati negli atti di un notaio o in
pubblico archivio fuori della circoscrizione del tribunale nella quale ha sede
il suo ufficio. Art. 2674 Divieto di rifiutare gli atti del proprio ufficio Il
conservatore può ricusare di ricevere le note e i titoli, se non sono in
carattere intelligibile e non può riceverli quando il titolo non ha i requisiti
stabiliti dagli artt. 2657, 2660, primo comma, 2821, 2835 e 2837 o non è
presentato con le modalità previste dall'art. 2658 e quando la nota non
contiene le indicazioni prescritte dagli artt. 2659, 2660 e 2839, nn. 1), 3),
4) e 7). In ogni altro caso il conservatore non può ricusare o ritardare di
ricevere la consegna dei titoli presentati e di eseguire le trascrizioni,
iscrizioni o annotazioni richieste, nonché di spedire le copie o i certificati.
Le parti possono far stendere immediatamente verbale del rifiuto o del ritardo
da un notaio o da un ufficiale giudiziario assistito da due testi moni. Art.
2674 bis Trascrizione e iscrizione con riserva e impugnazione Al di fuori dei
casi di cui al precedente articolo, qualora emergano gravi e fondati dubbi
sulla trascrivibilità di un atto o sulla iscrivibilità di una ipoteca, il
conservatore, su istanza della parte richiedente, esegue la formalità con
riserva. La parte a favore della quale è stata eseguita la formalità con
riserva deve proporre reclamo all'autorità giudiziaria. Art. 2675
Responsabilità del conservatore (abrogato) Art. 2676 Diversità tra registri,
copie e certificati Nel caso di diversità tra i risultati dei registri e quelli
delle copie o dei certificati rilasciati dal conservatore dei registri
immobiliari, prevale ciò che risulta dai registri. Art. 2677 Orario per le
domande di trascrizione o di iscrizione Il conservatore non può ricevere alcuna
domanda di trascrizione o di iscrizione fuorché nelle ore, determinate dalla
legge, nelle quali l'ufficio è aperto al pubblico. Art. 2678 Registro generale
Il conservatore è obbligato a tenere un registro generale d'ordine in cui
giornalmente deve annotare, secondo l'ordine di presentazione, ogni titolo che
gli è rimesso perché sia trascritto, iscritto o annotato. Questo registro deve
indicare il numero d'ordine, il giorno della richiesta ed il relativo numero di
presentazione, la persona dell'esibitore e le persone per cui la richiesta è
fatta, i titoli presentati con la nota, l'oggetto della richiesta, e cioè se
questa è fatta per trascrizione, per iscrizione o per annotazione, e le persone
riguardo alle quali la trascrizione, la iscrizione o l'annotazione si deve
eseguire. Appena avvenuta l'accettazione del titolo e della nota, il
conservatore ne deve dare ricevuta in carta libera all'esibitore, senza spesa;
la ricevuta contiene l'indicazione del numero di presentazione. Art. 2679 Altri
registri da tenersi dal conservatore Oltre al registro generale, il
conservatore deve tenere, nei modi previsti dall'art. 2664, i registri
particolari: per le trascrizioni; per le iscrizioni; per le annotazioni. Deve
inoltre tenere gli altri registri che sono ordinati dalla legge. Art. 2680
Tenuta del registro generale d'ordine Il registro generale deve essere vidimato
in ogni foglio dal presidente o da un giudice del tribunale nella cui
circoscrizione è stabilito l'ufficio, indicando nel relativo processo verbale
il numero dei fogli e il giorno in cui sono stati vidimati. Questo registro
deve essere scritto di seguito, senza spazi in bianco o interlinee e senza
aggiunte. Le cancellature di parole devono essere approvate dal conservatore in
fine di ciascun foglio con la sua firma e con l'indicazione del numero delle
parole cancellate. Il registro, alla fine di ciascun giorno, deve essere chiuso
con l'indicazione del numero dei titoli annotati e firmato dal conservatore. n
esso si deve rigorosamente osservare la serie delle date, dei fogli e dei
numeri d'ordine. Art. 2681 Divieto di rimozione dei registri I registri sopra
indicati non possono essere rimossi dall'ufficio del conservatore, fuorché per
ordine di una corte d'appello, qualora ne sia riconosciuta la necessità, e
mediante le cautele determinate dalla stessa corte. Art. 2682 Sanzioni contro
il conservatore (abrogato) Capo III Della trascrizione degli atti relativi ad
alcuni beni mobili Sezione I Della trascrizione relativamente alle navi, agli
aeromobili e agli autoveicoli Art. 2683 Beni per i quali è disposta la
pubblicità Devono essere resi pubblici col mezzo della trascrizione (2657 e
seguenti), osservate le altre forme di pubblicità stabilite dalla legge (c.
Nav. 250 e seguenti, 865 e seguenti), gli atti menzionati negli articoli
seguenti, quando hanno per oggetto: le navi e i galleggianti iscritti nei
registri indicati dal codice della navigazione (Cod. Nav. 140 e seguenti); gli
aeromobili iscritti nei registri indicati dallo stesso codice (Cod. Nav. 753 e
seguenti); gli autoveicoli iscritti nel pubblico registro automobilistico. Art.
2684 Atti soggetti a trascrizione Sono soggetti alla trascrizione per gli
effetti stabiliti dall'art. 2644: i contratti che trasferiscono la proprietà
(1480) o costituiscono la comunione (1100; Cod. Nav. 250 e seguenti, 865 e
seguenti); i contratti che costituiscono o modificano diritti di usufrutto (978
e seguenti) o di uso (1021 e seguenti) o che trasferiscono il diritto di
usufrutto; gli atti tra vivi di rinunzia ai diritti indicati dai numeri
precedenti; le transazioni (1965 e seguenti) che hanno per oggetto controversie
sui diritti indicati dai numeri precedenti; i provvedimenti con i quali nel
giudizio di espropriazione si trasferiscono la proprietà o gli altri diritti menzionati
nei meri precedenti (Cod. Nav. 664, 665,1068); le sentenze (2932) che operano
la costituzione, la modificazione o il trasferimento di uno dei diritti
indicati dai numeri precedenti (2688). Art. 2685 Altri atti soggetti a
trascrizione Si devono trascrivere le divisioni e gli altri atti menzionati
nell'art. 2646, la costituzione del fondo patrimoniale (167) e gli altri atti
menzionati nell'art. 2647, l'accettazione dell'eredità e l'acquisto del legato
(470, 649) che importano acquisto dei diritti indicati dai nn. 1 e 2 dell'art.
2684 o liberazione dai medesimi. La trascrizione ha gli effetti stabiliti per i
beni immobili. Art. 2686 Sentenze Devono essere trascritte, agli effetti
dell'art. 2644, le sentenze da cui risulta acquistato, modificato o estinto uno
dei diritti indicati dai nn. 1 e 2 dell'art. 2684 in forza di un titolo non
trascritto. Art. 2687 Cessione dei beni ai creditori Deve essere trascritta,
per gli effetti indicati dall'art. 2649, la cessione che il debitore fa dei
suoi beni ai creditori, perché questi procedano alla liquidazione dei medesimi
e alla ripartizione del ricavato (1977 e seguenti; att. 231). Art. 2688
Continuità delle trascrizioni Nei casi in cui, per le disposizioni precedenti,
un atto di acquisto è soggetto a trascrizione, le successive trascrizioni o
iscrizioni non producono effetto se non e stato trascritto l'atto anteriore di
acquisto. Quando l'atto anteriore di acquisto è stato trascritto, le successive
trascrizioni o iscrizioni producono il loro effetto secondo l'ordine
rispettivo, salvo il disposto dell'art. 2644. Art. 2689 Usucapione Devono
essere trascritte le sentenze da cui risulta acquistato per usucapione (1162)
uno dei diritti indicati dai nn. 1 e 2 dell'art. 2684. Art. 2690 Domande
relative ad atti soggetti a trascrizione Devono essere trascritte, qualora si
riferiscano ai diritti menzionati dall'art. 2684: le domande indicate dai nn.
1, 2, 3, 4 e 5 dell'art. 2652 per gli effetti ivi disposti; le domande dirette
all'accertamento di uno dei contratti indicati dai nn. 1 e 2 dell'art. 2684. La
trascrizione della sentenza che accoglie la domanda prevale sulle trascrizioni
e iscrizioni eseguite contro il convenuto dopo la trascrizione della domanda;
le domande dirette a far dichiarare la nullità (1418 e seguenti) o a far
pronunziare l'annullamento (1425 e seguenti) di atti soggetti a trascrizione e
le domande dirette a impugnare la validità della trascrizione. La sentenza che
accoglie la domanda non pregiudica i diritti acquistati a qualunque titolo dai
terzi di buona fede in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla
trascrizione della domanda medesima, se questa è stata resa pubblica dopo tre
anni dalla data della trascrizione dell'atto che si impugna. Se pero la domanda
è diretta a far pronunziare l'annullamento per una causa diversa
dall'incapacità legale, la sentenza che l'accoglie non pregiudica i diritti
acquistati dai terzi di buona fede in base a un atto trascritto o iscritto
anteriormente alla trascrizione della domanda, anche se questa è stata trascritta
prima che siano decorsi tre anni dalla data della trascrizione dell'atto
impugnato, purché in questo caso i terzi abbiano acquistato a titolo oneroso
(14451; le domande con le quali si contesta il fondamento di un acquisto a
causa di morte. Salvo quanto è disposto dal secondo e dal terzo comma dell'art.
534, se la domanda è trascritta dopo tre anni dalla data della trascrizione
dell'atto impugnato, la sentenza che l'accoglie non pregiudica i terzi di buona
fede che, in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla
trascrizione della domanda, hanno a qualunque titolo acquistato diritti da chi
appare erede o legatario; le domande di riduzione delle donazioni e delle
disposizioni testamentarie per lesione di legittima (554 e seguenti). Se la trascrizione
è eseguita dopo tre anni dall'apertura della successione, (456) la sentenza che
accoglie la domanda non pregiudica i terzi che hanno acquistato a titolo
oneroso diritti in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla
trascrizione della domanda; le domande di revocazione e quelle di opposizione
di terzo contro le sentenze soggette a trascrizione per le cause previste dai
nn. 1, 2, 3, e 6 dell'art. 395 Cod. Proc. Civ. e dal secondo comma dell'art.
404 dello stesso codice. Se la domanda è trascritta dopo tre anni dalla
trascrizione della sentenza impugnata, la sentenza che l'accoglie non
pregiudica i diritti acquistati dai terzi di buona fede in base a un atto
trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda (2654, 2668).
Alla domanda giudiziale è equiparato l'atto notificato con il quale la parte,
in presenza di compromesso o di clausola compromissoria, dichiara all'altra la
propria intenzione di promuovere il procedimento arbitrale, propone la domanda
e procede, per quanto le spetta, alla nomina degli arbitri. Art. 2691 Altre
domande e atti soggetti a trascrizione Devono del pari trascriversi, quando si
riferiscono ai beni menzionati nell'art. 2683, le domande e gli atti indicati
dai nn. 1, 3, 4 e 5 dell'art. 2653, per gli effetti ivi disposti. Alla domanda
giudiziale e equiparato l'atto notificato con il quale la parte, in presenza di
compromesso o di clausola compromissoria, dichiara all'altra la propria
intenzione di promuovere il procedimento arbitrale, propone la domanda e
procede, per quanto le spetta, alla nomina degli arbitri. Art. 2692 Annotazione
della trascrizione delle domande e degli atti La trascrizione delle domande e
degli atti indicati dai due articoli precedenti dev'essere anche annotata
secondo le modalità stabilite dall'art. 2654. Si osservano inoltre le
disposizioni del primo, terzo e quarto comma dell'art. 2655 e quelle dell'art.
2656. Art. 2693 Trascrizione del pignoramento e del sequestro Deve essere
trascritto, dopo la notificazione, il provvedimento che ordina il sequestro
conservativo (Cod. Proc. Civ. 671 e seguenti) per gli effetti disposti
dall'art. 2906. Si deve trascrivere del pari l'atto di pignoramento (Cod. Proc.
Civ. 518) per gli effetti disposti dagli artt. 2913, 2914, 2915 e 2916. Art. 2694
Richiamo di altre leggi Sono salve le disposizioni del codice della navigazione
e delle leggi speciali che richiedono la trascrizione di atti non contemplati
dal presente capo (Cod. Nav. 238 e seguenti, 250 e seguenti, 271 e seguenti,
543, 624, 650, 652, 853 e seguenti, 865 e seguenti, 875, 1009, 1045, 1061,
1063) e le altre disposizioni non incompatibili con quelle contenute nel capo
medesimo. Art. 2695 Forme e modalità della trascrizione Le forme e le modalità
delle trascrizioni previste in questo capo sono regolate dal codice della
navigazione, per quanto riguarda le navi e gli aeromobili (Cod. Nav. 250 e
seguenti; 865 e seguenti), e dalla legge speciale per quanto riguarda gli
autoveicoli. ln mancanza, si osservano le norme concernenti la trascrizione
degli atti relativi ai beni immobili, in quanto sono applicabili. Sezione II
Della trascrizione relativamente ad altri beni mobili Art. 2696 Rinvio Per gli
altri beni mobili per cui è disposta la trascrizione di determinati atti si
osservano le disposizioni delle leggi che li riguardano. Titolo II Delle prove
Capo I Disposizioni generali Art. 2697 Onere della prova Chi vuol far valere un
diritto in giudizio (Cod. Proc. Civ. 163) deve provare i fatti che ne
costituiscono il fondamento (Cod. Proc. Civ. 115). Chi eccepisce l'inefficacia
di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve
provare i fatti su cui l'eccezione si fonda. Art. 2698 Patti relativi all'onere
della prova Sono nulli i patti con i quali è invertito ovvero e modificato
l'onere della prova, quando si tratta di diritti di cui le parti non possono
disporre o quando l'inversione o la modificazione (1341) ha per effetto di
rendere a una delle parti eccessivamente difficile l'esercizio del diritto.
Capo II Della prova documentale Sezione I Dell'atto pubblico Art. 2699 Atto
pubblico L'atto pubblico (2714) è il documento redatto, con le richieste
formalità, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad
attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l'atto è formato. Art. 2700 Efficacia
dell'atto pubblico L'atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso
(Cod. Proc. Civ. 221 e seguenti; Cod. Pen. 476) della provenienza del documento
dal pubblico ufficiale che lo ha formata, nonché delle dichiarazioni delle parti
e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza
o da lui compiuti (Cod. Nav. 178, 775). Art. 2701 Conversione dell'atto
pubblico Il documento formato da ufficiale pubblico incompetente o incapace
ovvero senza l'osservanza delle formalità prescritte, se e stato sottoscritto
dalle parti ha la stessa efficacia probatoria della scrittura privata. Sezione
II Della scrittura privata Art. 2702 Efficacia della scrittura privata La
scrittura privata fa piena prova, fino a querela di falso (Cod. Proc. Civ. 221
e seguenti), della provenienza delle dichiarazioni da chi l'ha sottoscritta, se
colui contro il quale la scrittura è prodotta ne riconosce la sottoscrizione,
ovvero se questa e legalmente considerata come riconosciuta (Cod. Proc. Civ.
214, 215; Cod. Nav. 178, 775). Art. 2703 Sottoscrizione autenticata Si ha per
riconosciuta la sottoscrizione autenticata dal notaio o da altro pubblico
ufficiale a ciò autorizzato. L'autenticazione consiste nell'attestazione da
parte del pubblico ufficiale che la sottoscrizione è stata apposta in sua
presenza. Il pubblico ufficiale deve previamente accertare l'identità della
persona che sottoscrive. Art. 2704 Data della scrittura privata nei confronti
dei terzi La data della scrittura privata della quale non è autenticata la
sottoscrizione non e certa e computabile riguardo ai terzi, se non dal giorno
in cui la scrittura è stata registrata o dal giorno della morte o della
sopravvenuta impossibilità fisica di colui o di uno di coloro che l'hanno
sottoscritta o dal giorno in cui il contenuto della scrittura è riprodotto in
atti pubblici (2699) o, infine, dal giorno in cui si verifica un altro fatto
che stabilisca in modo egualmente certo l'anteriorità della formazione del
documento. La data della scrittura privata che contiene dichiarazioni
unilaterali non destinate a persona determinata può essere accertata con
qualsiasi mezzo di prova. Per l'accertamento della data nelle quietanze (1195,
1199) il giudice, tenuto conto delle circostanze, può ammettere qualsiasi mezzo
di prova (2787). Art. 2705 Telegramma Il telegramma ha l'efficacia probatoria
della scrittura privata, se l'originale consegnato all'ufficio di partenza e
sottoscritto dal mittente, ovvero se e stato consegnato o fatto consegnare dal
mittente medesimo, anche senza sottoscriverlo. La sottoscrizione può essere
autenticata dal notaio. Se l'identità della persona che ha sottoscritto
l'originale del telegramma è stata accertata nei modi stabiliti dai
regolamenti, e ammessa la prova contraria. Il mittente può fare indicare nel
telegramma se l'originale e stato firmato con o senza autenticazione. Art. 2706
Conformità tra originale e riproduzione del telegramma La riproduzione del
telegramma consegnata al destinatario si presume, fino a prova contraria, conforme
all'originale. Il mittente, se ha fatto collazionare il telegramma secondo le
disposizioni dei regolamenti, si presume esente da colpa per le divergenze
verificatesi tra originale e riproduzione. Art. 2707 Carte e registri domestici
Le carte e i registri domestici fanno prova contro chi li ha scritti: quando
enunciano espressamente un pagamento ricevuto; quando contengono la menzione
espressa che l'annotazione è stata fatta per supplire alla mancanza di titolo
in favore di chi 6 indicato come creditore. Art. 2708 Annotazione in calce, in
margine o a tergo di un documento L'annotazione fatta dal creditore in calce,
in margine o a tergo di un documento rimasto in suo possesso fa prova, benché
non sottoscritta da lui, se tende ad accertare la liberazione del debitore. Lo
stesso valore ha l'annotazione fatta dal creditore in calce, in margine o a
tergo di una quietanza o di un esemplare del documento del debito posseduto dal
debitore. Sezione III Delle scritture contabili delle imprese soggette a registrazione
Art. 2709 Efficacia probatoria contro l'imprenditore I libri e le altre
scritture contabili (2214 e seguenti) delle imprese soggette a registrazione
(2195) fanno prova contro l'imprenditore. Tuttavia chi vuol trarne vantaggio
non può scinderne il contenuto (Cod. Nav. 178). Art. 2710 Efficacia probatoria
tra imprenditori I libri bollati e vidimati nelle forme di legge (2214 e
seguenti), quando sono regolarmente tenuti, possono fare prova tra imprenditori
(2082) per i rapporti inerenti all'esercizio dell'impresa. Art. 2711
Comunicazione ed esibizione La comunicazione integrale dei libri, delle
scritture contabili e della corrispondenza può essere ordinata dal giudice solo
nelle controverse relative allo scioglimento della società, alla comunione dei
beni (1100) e alla successione per causa di morte (456). Negli altri casi il
giudice può ordinare, anche d'ufficio, che si esibiscano i libri per estrarne
le registrazioni concernenti la controversia in corso (Cod. Proc. Civ. 212).
Può ordinare altresì l'esibizione di singole scritture contabili, lettere,
telegrammi o fatture concernenti la controversia stessa. Sezione IV Delle
riproduzioni meccaniche Art. 2712 Riproduzioni meccaniche Le riproduzioni (Cod.
Proc. Civ. 261) fotografiche o cinematografiche, le registrazioni fotografiche
e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano
piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono
prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime. Sezione
V Delle taglie o tacche di contrassegno Art. 2713 Taglie o tacche di
contrassegno Le taglie o tacche di contrassegno corrispondenti al contrassegno
di riscontro formano piena prova tra coloro che usano provare in tal modo le
somministrazioni che fanno o ricevono al minuto. Sezione VI Delle copie degli
atti Art. 2714 Copie di atti pubblici Le copie di atti pubblici spedite nelle
forme prescritte da depositari pubblici autorizzati fanno fede come l'originale
(Cod. Proc. Civ. 212). La stessa fede fanno le copie di copie di atti pubblici
originali, spedite da depositari pubblici di esse, a ciò autorizzati. Art. 2715
Copie di scritture private originali depositate Le copie delle scritture
private depositate presso pubblici uffici e spedite da pubblici depositari
autorizzati hanno la stessa efficacia della scrittura originale da cui sono
estratte. Art. 2716 Mancanza dell'atto originale o di copia depositata In
mancanza dell'originale dell'atto pubblico o di una copia di esso presso un
pubblico depositario, le copie spedite in conformità dell'art. 2714 fanno piena
prova; ma se tali copie, o anche la copia esistente presso un pubblico
depositario quando manca l'originale, presentano cancellature, abrasioni,
intercalazioni o altri difetti esteriori, è rimesso al giudice di apprezzarne
l'efficacia probatoria. In mancanza dell'originale scrittura privata, le copie
di essa spedite in conformità dell'art. 2715 fanno egualmente prova; ma se
presentano cancellature, abrasioni, intercalazioni o altri difetti esteriori, è
rimesso parimenti al giudice di apprezzarne l'efficacia probatoria. Resta in
ogni caso salva la questione circa l'autenticità dell'originale mancante. Art.
2717 Valore probatorio di altre copie Le copie rilasciate da pubblici ufficiali
fuori dei casi contemplati dagli articoli precedenti hanno l'efficacia di un
principio di prova per iscritto. Art. 2718 Valore probatorio di copie parziali
Le copie parziali o le riproduzioni per estratto rilasciate nella forma
prescritta da pubblici ufficiali che ne sono depositari e sono debitamente
autorizzati, fanno piena prova solo per quella parte dell'originale che
riproducono letteralmente. Art. 2719 Copie fotografiche di scritture Le copie
fotografiche di scrittura hanno la stessa efficacia delle autentiche, se la loro
conformità con l'originale è attestata da pubblico ufficiale competente ovvero
non è espressamente disconosciuta (Cod. Proc. Civ. 212). Sezione VII Degli atti
di ricognizione o di rinnovazione Art. 2720 Efficacia probatoria L'atto di
ricognizione (969, 1309, 1870, 1988) o di rinnovazione fa piena prova delle
dichiarazioni contenute nel documento originale, se non si dimostra, producendo
quest'ultimo, che vi e stato errore (1428 e seguenti) nella ricognizione o
nella rinnovazione. Capo III Della prova testimoniale Art. 2721 Ammissibilità:
limiti di valore La prova per testimoni dei contratti non è ammessa quando il
valore dell'oggetto eccede le L. 5.000 (att. 233, Cod. Proc. Civ. 224 e
seguenti). Tuttavia l'autorità giudiziaria può consentire la prova oltre il
limite anzidetto, tenuto conto della qualità delle parti, della natura del
contratto e di ogni altra circostanza (Cod. Proc. Civ. 439). Art. 2722 Patti
aggiunti o contrari al contenuto di un documento La prova per testimoni non è
ammessa se ha per oggetto patti aggiunti o contrari al contenuto di un
documento, per i quali si alleghi che la stipulazione e stata anteriore o
contemporanea. Art. 2723 Patti posteriori alla formazione del documento Qualora
si alleghi che, dopo la formazione di un documento, è stato stipulato un patto
aggiunto o contrario al contenuto di esso, l'autorità giudiziaria può
consentire la prova per testimoni soltanto se, avuto riguardo alla qualità
delle parti, alla natura del contratto e a ogni altra circostanza, appare
verosimile che siano state fatte aggiunte o modificazioni verbali. Art. 2724
Eccezioni al divieto della prova testimoniale La prova per testimoni e ammessa
in ogni caso (1417): quando vi è un principio di prova per iscritto: questo e
costituito da qualsiasi scritto, proveniente dalla persona contro la quale è
diretta la domanda o dal suo rappresentante, che faccia apparire verosimile il
fatto allegato; quando il contraente e stato nell'impossibilità morale o
materiale di procurarsi una prova scritta; quando il contraente ha senza sua
colpa perduto il documento che gli forniva la prova. Art. 2725 Atti per i quali
è richiesta la prova per iscritto o la forma scritta Quando, secondo la legge o
la volontà delle parti, un contratto deve essere provato per iscritto (1888, 1928,
1967), la prova per testimoni è ammessa soltanto nel caso indicato dal n. 3
dell'articolo precedente. La stessa regola si applica nei casi in cui la forma
scritta è richiesta sotto pena di nullità (1350 e seguenti). Art. 2726 Prova
del pagamento e della remissione Le norme stabilite per la prova testimoniale
dei contratti si applicano anche al pagamento (1188 e seguenti) e alla
remissione del debito (1236). Capo IV D elle presunzioni Art. 2727 Nozione Le
presunzioni sono le conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto
per risalire a un fatto ignorato (Cod. Proc. Civ. 115). Art. 2728 Prova contro
le presunzioni legali Le presunzioni legali dispensano da qualunque prova
coloro a favore dei quali esse sono stabilite. Contro le presunzioni sul
fondamento delle quali la legge dichiara nulli certi atti o non ammette
l'azione in giudizio non può essere data prova contraria, salvo che questa sia
consentita dalla legge stessa. Art. 2729 Presunzioni semplici Le presunzioni
non stabilite dalla legge sono lasciate alla prudenza del giudice, il quale non
deve ammettere che presunzioni gravi, precise e concordanti. Le presunzioni non
si possono ammettere nei casi in cui la legge esclude la prova per testimoni.
Capo V Della confessione Art. 2730 Nozione La confessione è la dichiarazione
che una parte fa della verità di fatti ad essa sfavorevoli e favorevoli
all'altra parte. La confessione è giudiziale o stragiudiziale. Art. 2731
Capacità richiesta per la confessione La confessione non è efficace se non proviene
da persona capace di disporre del diritto, a cui i fatti confessati si
riferiscono. Qualora sia resa da un rappresentante, è efficace solo se fatta
entro i limiti e nei modi in cui questi vincola il rappresentato (1388). Art.
2732 Revoca della confessione La confessione non può essere revocata se non si
prova che è stata determinata da errore (1428 e seguenti) di fatto o da
violenza (1434). Art. 2733 Confessione giudiziale E' giudiziale la confessione
resa in giudizio (Cod. Proc. Civ. 228). Essa forma piena prova contro colui che
l'ha fatta, purché non verta su fatti relativi a diritti non disponibili. In
caso di litisconsorzio necessario (Cod. Proc. Civ. 102), la confessione resa da
alcuni soltanto dei.litisconsorti è liberamente apprezzata dal giudice. Art.
2734 Dichiarazioni aggiunte alla confessione Quando alla dichiarazione indicata
dall'art. 2730 si accompagna quella di altri fatti o circostanze tendenti a
infirmare l'efficacia del fatto confessato ovvero a modificarne o a estinguerne
gli effetti, le dichiarazioni fanno piena prova nella loro integrità se l'altra
parte non contesta la verità dei fatti o delle circostanze aggiunte. In caso di
contestazione, e rimesso al giudice di apprezzare, secondo le circostanze,
l'efficacia probatoria delle dichiarazioni. Art. 2735 Confessione
stragiudiziale La confessione stragiudiziale fatta alla parte o a chi la
rappresenta ha la stessa efficacia probatoria di quella giudiziale. Se è fatta
a un terzo o se è contenuta in un testamento (587), e liberamente apprezzata
dal giudice. La confessione stragiudiziale non può provarsi per testimoni, se
verte su un oggetto per il quale la prova testimoniale non è ammessa dalla
legge. Capo VI Del giuramento Art. 2736 Specie Il giuramento è di due specie
(Cod. Proc. Civ. 241); è decisorio (Cod. Proc. Civ. 233) quello che una parte
deferisce all'altra per farne dipendere la decisione totale o parziale della
causa; è suppletorio (Cod. Proc. Civ. 240) quello che è deferito d'ufficio dal
giudice a una delle parti al fine di decidere la causa quando la domanda o le
eccezioni non sono pienamente provate, ma non sono del tutto sfornite di prova,
ovvero quello che è deferito al fine di stabilire il valore della cosa
domandata, se non si può accertarlo altrimenti (Cod. Proc. Civ. 241). Art. 2737
Capacità delle parti Per deferire o riferire il giuramento si chiedono le
condizioni indicate dall'art. 2731. Art. 2738 Efficacia Se è stato prestato il
giuramento deferito o riferito (Cod. Proc. Civ. 233 e seguenti), l'altra parte
non 6 ammessa a provare il contrario, ne può chiedere la revocazione della
sentenza qualora il giuramento sia stato dichiarato falso (Cod. Proc. Civ. 395,
n. 2). Può tuttavia domandare il risarcimento dei danni nel caso di condanna
penale per falso giuramento. Se la condanna penale non può essere pronunziata
perché il reato è estinto (Cod. Pen. 150 e seguenti), il giudice civile può
conoscere del reato al solo fine del risarcimento. In caso di litisconsorzio
necessario (Cod. Proc. Civ. 102), il giuramento prestato da alcuni soltanto dei
litisconsorti è liberamente apprezzato dal giudice (1305). Art. 2739 Oggetto Il
giuramento non può essere deferito o riferito per la decisione di cause
relative a diritti di cui le parti non possono disporre, né sopra un fatto
illecito o sopra un contratto per la validità del quale sia richiesta la forma
scritta (1350), ne per negare un fatto che da un atto pubblico risulti avvenuto
alla presenza del pubblico ufficiale che ha formato l'atto stesso (2700). Il
giuramento non può essere deferito che sopra un fatto proprio della parte a cui
si deferisce o sulla conoscenza che essa ha di un fatto altrui e non può essere
riferito qualora il fatto che ne è l'oggetto non sia comune a entrambe le
parti. Titolo III Della responsabilità patrimoniale, delle cause di prelazione
e della conservazione della garanzia patrimoniale Capo I Disposizioni generali
Art. 2740 Responsabilità patrimoniale Il debitore risponde dell'adempimento
delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri. Le limitazioni
della responsabilità non sono ammesse se non nei casi stabiliti dalla legge.
Art. 2741 Concorso dei creditori e cause di prelazione I creditori hanno eguale
diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore, salve le cause legittime
di prelazione. Sono cause legittime di prelazione i privilegi, il pegno (2784 e
seguenti) e le ipoteche (2808 e seguenti). Art. 2742 Surrogazione
dell'indennità alla cosa Se le cose soggette a privilegio, pegno (2784 e
seguenti) o ipoteca (2808 e seguenti) sono perite o deteriorate, le somme
dovute dagli assicuratori per indennità della perdita o del deterioramento
(1905) sono vincolate al pagamento dei crediti privilegiati, pignoratizi o
ipotecari, secondo il loro grado, eccetto che le medesime vengano impiegate a
riparare la perdita o il deterioramento (Cod. Nav. 553, 1026). L'autorità
giudiziaria può, su istanza degli interessati, disporre le opportune cautele
per assicurare l'impiego delle somme nel ripristino o nella riparazione della
cosa. Gli assicuratori sono liberati qualora paghino dopo trenta giorni dalla
perdita o dal deterioramento, senza che sia stata fatta opposizione. Quando
però si tratta di immobili su cui gravano iscrizioni, gli assicuratori non sono
liberati se non dopo che è decorso senza opposizione il termine di trenta
giorni (2964) dalla notificazione ai creditori iscritti (2844) del fatto che ha
dato luogo alla perdita o al deterioramento. Sono del pari vincolate al
pagamento dei crediti suddetti le somme dovute per causa di servitù coattive
(1032 e seguenti) o di comunione forzosa (1117 e seguenti) o di espropriazione
per pubblico interesse (834), osservate, per quest'ultima, le disposizioni
della legge speciale. Art. 2743 Diminuzione della garanzia Qualora la cosa data
in pegno o sottoposta a ipoteca perisca o si deteriori, anche per caso
fortuito, in modo da essere insufficiente alla sicurezza del creditore, questi
può chiedere che gli sia prestata idonea garanzia su altri beni e, in mancanza,
può chiedere l'immediato pagamento del suo credito (1186). Art. 2744 Divieto
del patto commissorio E' nullo il patto (1419) col quale si conviene che, in
mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa
ipotecata o data in pegno passi al creditore. Il patto è nullo anche se
posteriore alla costituzione dell'ipoteca o del pegno (2796 e seguenti). Capo
II Dei privilegi Sezione I Disposizioni generali Art. 2745 Fondamento del
privilegio Il privilegio (att. 234) è accordato dalla legge in considerazione
della causa del credito. La costituzione del privilegio può tuttavia dalla
legge essere subordinata alla convenzione delle parti; può anche essere
subordinata a particolari forme di pubblicità. Art. 2746 Distinzione dei
privilegi Il privilegio è generale o speciale. Il primo si esercita su tutti i
beni mobili del debitore, il secondo su determinati beni mobili o immobili.
Art. 2747 Efficacia del privilegio Il privilegio generale non può esercitarsi
in pregiudizio dei diritti spettanti ai terzi sui mobili (1153) che ne formano
oggetto, salvo quanto è disposto dagli artt. 2913, 2914, 2915 e 2916. Se la
legge non dispone diversamente, il privilegio speciale sui mobili, sempre che
sussista la particolare situazione alla quale è subordinato (2769), può
esercitarsi in pre giudizio dei diritti acquistati dai terzi posteriormente al
sorgere di esso (26837. Art. 2748 Efficacia del privilegio speciale rispetto al
pegno e alle ipoteche Se la legge non dispone altrimenti, il privilegio
speciale sui beni mobili non può esercitarsi in pregiudizio del creditore
pignoratizio (2784 e seguenti; att. 234). I creditori che hanno privilegio sui
beni immobili sono preferiti ai creditori ipotecari se la legge non dispone
diversamente. Art. 2749 Estensione del privilegio Il privilegio accordato al
credito si estende alle spese ordinarie per l'intervento nel processo di
esecuzione (Cod. Proc. Civ. 47.4 e seguenti). Si estende anche agli interessi
dovuti per l'anno in corso alla data del pignoramento (Cod. Proc. Civ. 491 e
seguenti) e per quelli dell'anno precedente. Gli interessi successivamente
maturati hanno privilegio nei limiti della misura legale (1284) fino alla data
della vendita. Art. 2750 Privilegi marittimi, aeronautici e privilegi stabiliti
da leggi speciali I privilegi sulla nave, sul nolo e sulle cose caricate e i
privilegi sull'aeromobile, sul nolo e sulle cose caricate sono regolati dal
codice della navigazione (Cod. Nav. 548 e seguenti, 1022 e seguenti). Ai
privilegi previsti da leggi speciali si applicano le norme di questo capo, se
non è diversamente disposto. Sezione II Dei privilegi sui mobili § 1 Dei
privilegi generali sui mobili Art. 2751 Crediti per spese funebri d'infermità,
alimenti Hanno privilegio generale sui mobili, nell'ordine che segue, i crediti
riguardanti: le spese funebri necessarie secondo gli usi; le spese d'infermità
fatte negli ultimi sei mesi della vita del debitore; le somministrazioni di
vitto, vesti e alloggio, nei limiti della stretta necessità, fatte al debitore
per lui e per la sua famiglia negli ultimi sei mesi; i crediti di alimenti per
gli ultimi tre mesi a favore delle persone alle quali gli alimenti sono dovuti
per legge. Art. 2751 bis Crediti per retribuzioni e provvigioni, crediti dei
coltivatori diretti, delle società od enti cooperativi e delle imprese
artigiane Hanno privilegio generale sui mobili i crediti riguardanti: le
retribuzioni dovute, sotto qualsiasi forma, ai prestatori di lavoro subordinato
e tutte le indennità dovute per effetto della cessazione del rapporto di
lavoro, nonché il credito del lavoratore per i danni conseguenti alla mancata
corresponsione, da parte del datore di lavoro, dei contributi previdenziali ed
assicurativi obbligatori ed il credito per il risarcimento del danno subito per
effetto di un licenziamento inefficace, nullo o annullabile; le retribuzioni
dei professionisti e di ogni altro prestatore d'opera intellettuale dovute per
gli ultimi due anni di prestazione; le provvigioni derivanti dal rapporto di
agenzia dovute per l'ultimo anno di prestazione e le indennità dovute per la
cessazione del rapporto medesimo; i crediti del coltivatore diretto, sia
proprietario che affittuario, mezzadro, colono, soccidario o comunque
compartecipante, per i corrispettivi della vendita dei prodotti nonché i
crediti del mezzadro o del colono indicati dall'art. 2765; i crediti
dell'impresa artigiana e delle società od enti cooperativi di produzione e di
lavoro, per i corrispettivi dei servizi prestati e della vendita dei manufatti;
5 bis. i crediti delle società cooperative agricole e dei loro consorzi per i
corrispettivi della vendita dei prodotti. Art. 2752 Crediti per contributi
diretti dello Stato, per imposta sul valore aggiunto e per tributi degli enti
locali Hanno privilegio generale sui mobili del debitore i crediti dello Stato
per l'imposta sul reddito delle persone fisiche, sul reddito delle persone
giuridiche e per l'imposta locale sui redditi, limitatamente all'imposta o alla
quota d'imposta non imputabile ai redditi immobiliari e a quelli di natura
fondiaria non determinabili catastalmente, iscritti nei ruoli principali
suppletivi, speciali o straordinari posti in riscossione nell'anno in cui si
procede all'esecuzione e nell'anno precedente. Se si tratta di ruoli
suppletivi, e si procede per imposte relative a periodi d'imposta anteriori
agli ultimi due, il privilegio non può esercitarsi per un importo superiore a
quello degli ultimi due anni, qualunque sia il periodo cui le imposte si
riferiscono. Hanno altresì privilegio generale sui mobili del debitore i
crediti dello Stato per le imposte, le pene pecuniarie e le soprattasse dovute
secondo le norme relative all'imposta sul valore aggiunto. Hanno lo stesso
privilegio, subordinatamente a quello dello Stato, i crediti per le imposte,
tasse e tributi dei comuni e delle province previsti dalla legge per la finanza
locale e dalle norme relative all'imposta comunale sulla pubblicità e ai
diritti sulle pubbliche affissioni. Art. 2753 Crediti per contributi di
assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti Hanno
privilegio generale sui mobili del datore di lavoro i crediti derivanti dal
mancato versamento dei contributi ad istituti, enti o fondi speciali, compresi
quelli sostitutivi o integrativi, che gestiscono forme di assicurazione
obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti. Art. 2754 Crediti
per contributi relativi ad altre forme di assicurazione Hanno pure privilegio
generale sui mobili del datore di lavoro i crediti per i contributi dovuti a
istituti ed enti per forme di tutela previdenziale e assistenziale diverse da
quelle indicate dal precedente articolo, nonché gli accessori, limitatamente al
cinquanta per cento del loro ammontare, relativi a tali crediti ed a quelli
indicati dal precedente articolo. § 2 Dei privilegi sopra determinati mobili
Art. 2755 Spese per atti conservativi o di espropriazione I crediti per spese
di giustizia fatte per atti conservativi (2905 e seguenti; Cod. Proc. Civ. 671)
o per l'espropriazione di beni mobili (Cod. Proc. Civ. 513 e seguenti)
nell'interesse comune dei creditori hanno privilegio sui beni stessi. Art. 2756
Crediti per prestazioni e spese di conservazione e miglioramento I crediti per
le prestazioni e le spese relative alla conservazione o al miglioramento di
beni mobili hanno privilegio sui beni stessi, purché questi si trovino ancora
presso chi ha fatto le prestazioni o le spese. Il privilegio ha effetto anche
in pregiudizio dei terzi che hanno diritti sulla cosa, qualora chi ha fatto le
prestazioni o le spese sia stato in buona fede. Il creditore può ritenere la
cosa soggetta al privilegio finché non è soddisfatto del suo credito e può
anche venderla secondo le norme stabilite per la vendita del pegno. Art. 2757
Crediti per somministrazioni e lavori occorrenti per la produzione agricola I
crediti per le somministrazioni di sementi, di materie fertilizzanti e
antiparassitarie e di acqua per irrigazione, come pure i crediti per lavori di
coltivazione e di raccolta dell'annata agricola (821) hanno privilegio sui
frutti, alla cui produzione abbiano concorso. Il privilegio si può esercitare
finché i frutti si trovano nel fondo o nelle sue dipendenze. Si applica la
disposizione del secondo comma dell'art. 2756. Art. 2758 Crediti per tributi
indiretti I crediti dello Stato per i tributi indiretti hanno privilegio sui
mobili ai quali i tributi si riferiscono e sugli altri beni indicati dalle
leggi relative, con l'effetto da esse stabilito. Eguale privilegio hanno i
crediti di rivalsa verso il cessionario ed il committente previsti dalle norme
relative all'imposta sul valore aggiunto, sui beni che hanno formato oggetto
della cessione o ai quali si riferisce il servizio. Il privilegio, per quanto
riguarda l'imposta di successione, non ha effetto in pregiudizio dei creditori
che hanno esercitato il diritto di separazione dei beni del defunto da quelli
dell'erede (512). Art. 2759 Crediti per le imposte sul reddito I crediti dello
Stato per l'imposta sul reddito delle persone fisiche, sul reddito delle
persone giuridiche e per l'imposta locale sui redditi, dovuta per i due anni
anteriori a quello in cui si procede, hanno privilegio, limitatamente
all'imposta o alla quota d'imposta imputabile al reddito d'impresa, sopra i
mobili che servono all'esercizio di imprese commerciali e sopra le merci che si
trovano nel locale adibito all'esercizio stesso o nell'abitazione
dell'imprenditore. Il privilegio si applica sui beni indicati nel comma
precedente ancorché appartenenti a persona diversa dall'imprenditore salvo che
si tratti di beni rubati o smarriti, di merci affidate all'imprenditore per la
lavorazione o di merci non ancora nazionalizzate munite di regolare bolletta
doganale. Qualora l'accertamento del reddito iscritto a ruolo sia stato
determinato sinteticamente ai fini dell'imposta sul reddito delle persone
fisiche, la ripartizione proporzionale dell'imposta, prevista dal primo comma,
viene effettuata sulla base dei redditi iscritti o iscrivibili ai fini
dell'imposta locale sui redditi. Art. 2760 Crediti dell'albergatore I crediti
dell'albergatore per mercedi e somministrazioni verso le persone albergate
hanno privilegio sulle cose da queste portate nell'albergo e nelle dipendenze e
che continuano a trovarvisi (1783 e seguenti). Il privilegio ha effetto anche
in pregiudizio dei terzi che hanno diritti sulle cose stesse, a meno che
l'albergatore fosse a conoscenza di tali diritti al tempo in cui le cose sono
state portate nell'albergo. Art. 2761 Crediti del vettore, del mandatario, del
depositano e del sequestratario I crediti dipendenti dal contratto di trasporto
(1678 e seguenti) e quelli per le spese d'imposta anticipate dal vettore hanno
privilegio sulle cose trasportate finché queste rimangono presso di lui (1702).
I crediti derivanti dall'esecuzione del mandato (1703 e seguenti) hanno
privilegio sulle cose del mandante che il mandatario detiene per l'esecuzione
del mandato (1721, 1860). I crediti derivanti dal deposito (1781) o dal
sequestro convenzionale (1802) a favore del depositario e del sequestratario
hanno parimenti privilegio sulle cose che questi detengono per effetto del
deposito o del sequestro. Si applicano a questi privilegi le disposizioni del
secondo e del terzo comma dell'art. 2756. Art. 2762 Privilegio del venditore di
macchine Chi ha venduto macchine per un prezzo superiore a lire trentamila ha
privilegio per il prezzo non pagato sulle macchine vendute e consegnate, anche
se sono incorporate o congiunte all'immobile di proprietà del compratore o di
un terzo. Il privilegio è subordinato alla trascrizione dei documenti, dai
quali la vendita e il credito risultano, nel registro indicato dal secondo
comma dell'art. 1524. La trascrizione è eseguita presso il tribunale nella
giurisdizione del quale è collocata la macchina. Il privilegio dura per un
triennio dalla data della vendita e ha effetto fino a quando la macchina si
trova in possesso del compratore nel luogo dove è stata eseguita la
trascrizione, salvo il caso di sottrazione fraudolenta. Il privilegio stabilito
in questo articolo spetta anche alle banche autorizzate all'esercizio di
prestiti con garanzia sul macchinario, le quali abbiano anticipato al
compratore il prezzo per l'acquisto. Il privilegio sussiste a condizione che il
documento rilasciato a prova della sovvenzione indichi lo scopo, l'ammontare e
la scadenza del credito, contenga l'esatta designazione della macchina soggetta
al privilegio e sia trascritto a norma del secondo comma di questo articolo. Se
il privilegio della banca concorre con quello del venditore, è preferito il
creditore che ha trascritto per primo. Art. 2763 Crediti per canoni enfiteutici
I crediti del concedente per il canone dovuto dall'enfiteuta per l'anno in
corso e per il precedente (960, 972 n. 2) hanno privilegio sui frutti (820)
dell'anno e su quelli raccolti anteriormente, purché si trovino nel fondo o
nelle sue dipendenze. Art. 2764 Crediti del locatore di immobili Il credito
delle pigioni e dei fitti (1571 e seguenti, 1615 e seguenti) degli immobili ha
privilegio sui frutti (820) dell'anno e su quelli raccolti anteriormente,
nonché sopra tutto ciò che serve a fornire l'immobile o a coltivare il fondo
locato. Il privilegio sussiste per il credito dell'anno in corso,
dell'antecedente e dei successivi, se la locazione ha data certa (2704), e, in
caso diverso, per quello dell'anno in corso e del susseguente. Lo stesso
privilegio ha il credito dipendente da mancate riparazioni le quali siano a
carico del conduttore (1576, 1609, 1621), il credito per i danni arrecati
all'immobile locato, per la mancata restituzione delle scorte (1640 e seguenti)
e ogni altro credito dipendente da inadempimento del contratto. Il privilegio
sui frutti sussiste finché si trovano nel fondo o nelle sue dipendenze. Esso si
può far valere anche nei confronti del subconduttore (1595). Il privilegio
sulle cose che servono a fornire l'immobile locato o alla coltivazione del
fondo sussiste pure se le cose appartengono al subconduttore, nei limiti in cui
il locatore ha azione contro il medesimo. Il privilegio sulle cose che servono
a fornire l'immobile locato ha luogo altresì nei confronti dei terzi, finché le
cose si trovano nell'immobile, salvo che si provi che il locatore conoscesse il
diritto del terzo al tempo in cui sono state introdotte (Cod. Proc. Civ. 621 e
seguenti). Qualora le cose che servono a fornire la casa o il fondo locato
ovvero a coltivare il medesimo vengano asportate dall'immobile senza il
consenso del locatore, questi conserva su di esse il privilegio, purché ne
domandi il sequestro, nei modi stabiliti dal codice di procedura civile per il
sequestro conservativo (Cod. Proc. Civ. 671 e seguenti), entro il termine di trenta
giorni dall'asportazione, se si tratta di mobili che servono a fornire o a
coltivare il fondo rustico, e di quindici giorni, se si tratta di mobili che
servono a fornire la casa. Restano salvi in ogni caso i diritti acquistati dopo
l'asportazione dei terzi che ignoravano l'esistenza del privilegio (1519). Art.
2765 Crediti derivanti dai contratti di mezzadria e di colonia Colui che
concede un fondo a mezzadria (2141 e seguenti) o a colonia (2164 e seguenti) e
il mezzadro o il colono hanno, per i crediti derivanti dal contratto,
privilegio sulla rispettiva parte dei frutti (820) e sulle cose che servono a
coltivare o a fornire il fondo dato a mezzadria o a colonia. Il privilegio sui
frutti sussiste finché questi si trovano nel fondo o nelle sue dipendenze. Si
applicano le disposizioni degli ultimi tre commi dell'art. 2764 (1519). Art.
2766 Crediti degli istituti di credito agrario (abrogato) Art. 2767 Crediti per
risarcimento di danni contro l'assicurato Nel caso di assicurazione della
responsabilità civile (1917), il credito del danneggiato per il risarcimento ha
privilegio, sull'indennità dovuta dall'assicuratore (att. 235). Art. 2768
Crediti dipendenti da reato Per i crediti dipendenti da reato hanno privilegio
sulle cose sequestrate lo Stato e le altre persone indicate dal codice penale
(Cod. Pen. 188 e seguenti), secondo le disposizioni del codice stesso e del
codice di procedura civile (Cod. Proc. Pen. 488 e seguenti, 612 e seguenti).
Art. 2769 Sequestro della cosa soggetta a privilegio Il creditore che ha
privilegio su una cosa mobile, se ha fondati motivi di temere la rimozione
della cosa dalla particolare situazione alla quale è subordinata la sussistenza
del privilegio, può domandarne il sequestro conservativo (Cod. Proc. Civ. 671).
Sezione III Dei privilegi sopra gli immobili Art. 2770 Crediti per atti
conservativi o di espropriazione I creditori per le spese di giustizia fatte
per atti conservativi (2905 e seguente; Cod. Proc. Civ. 671) o per
l'espropriazione di beni immobili (Cod. Proc. Civ. 555 e seguente)
nell'interesse comune dei creditori sono privilegiati sul prezzo degli immobili
stessi. Del pari ha privilegio il credito dell'acquirente di un immobile per le
spese fatte per la dichiarazione di liberazione dell'immobile dalle ipoteche
(2889 e seguenti; Cod. Proc. Civ. 792 e seguenti). Art. 2771 Crediti per le
imposte sui redditi immobiliari I crediti dello Stato per l'imposta sul reddito
delle persone fisiche, per l'imposta sul reddito delle persone giuridiche e per
l'imposta locale sui redditi, limitatamente all'imposta o alla quota
proporzionale di imposta imputabile ai redditi immobiliari, compresi quelli di
natura fondiaria non determinabili catastalmente, sono privilegiati sopra gli
immobili tutti del contribuente situati nel territorio del comune in cui il
tributo si riscuote e sopra i frutti, i fitti e le pigioni degli stessi
immobili, senza pregiudizio dei mezzi speciali di esecuzione autorizzati dalla
legge. Il privilegio previsto nel comma precedente è limitato alle imposte
iscritte nei ruoli principali, suppletivi, speciali o straordinari posti in
riscossione nell'anno in cui si procede all'esecuzione e nell'anno precedente.
Se si tratta di ruoli suppletivi e si procede per imposte relative a periodi
d'imposta anteriori agli ultimi due, il privilegio non può esercitarsi per un
importo superiore a quello degli ultimi due anni, qualunque sia il periodo cui
le imposte si riferiscono. Qualora l'accertamento del reddito iscritto a ruolo
sia stato determinato sinteticamente ai fini dell'imposta sul reddito delle
persone fisiche, la ripartizione proporzionale dell'imposta, prevista dal primo
comma, viene effettuata sulla base dei redditi iscritti o iscrivibili ai fini
dell'imposta locale sui redditi. Art. 2772 Crediti per tributi indiretti Hanno
pure privilegio i crediti dello Stato per ogni tributo indiretto, nonché quelli
derivanti dall'applicazione dell'imposta comunale sull'incremento di valore
degli immobili, sopra gli immobili ai quali il tributo si riferisce. I crediti
dello Stato, derivanti dall'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto,
hanno privilegio, in caso di responsabilità solidale del cessionario, sugli
immobili che hanno formato oggetto della cessione o ai quali si riferisce il
servizio prestato. Eguale privilegio hanno i crediti di rivalsa, verso il
cessionario ed il committente, previsti dalle norme relative all'imposta sul
valore aggiunto, sugli immobili che hanno formato oggetto della cessione o ai
quali si riferisce il servizio. Il privilegio non si può esercitare in pregiudizio
dei diritti che i terzi hanno anteriormente acquistato sugli immobili. Per le
imposte suppletive il privilegio non si può neppure esercitare in pregiudizio
dei diritti acquistati successivamente dai terzi. Lo stesso privilegio, per
quanto riguarda l'imposta di successione, non ha effetto a dan no dei creditori
del defunto che hanno iscritto la loro ipoteca nei tre mesi dalla morte di lui,
né ha effetto a danno dei creditori che hanno esercitato il diritto di
separazione dei beni del defunto da quelli dell'erede (512). Art. 2773
(abrogato) Art. 2774 Crediti per concessione di acque I crediti dello Stato per
i canoni dovuti dai concessionari di acque pubbliche o di acque derivate da
canali demaniali ovvero per i lavori eseguiti d'ufficio sono privilegiati sugli
impianti, in conformità delle leggi speciali. Tale privilegio, per quanto
riguarda i canoni, non è opponibile ai terzi che hanno acquistato diritti sugli
immobili anteriormente all'atto di concessione o, trattandosi di crediti per
lavori, anteriormente al sorgere dei crediti stessi. Art. 2775 Contributi per
opera di bonifica e di miglioramento I crediti per i contributi indicati
dall'art. 864 sono privilegiati sugli immobili che traggono beneficio dalle
opere di bonifica o di miglioramento. La costituzione del privilegio per le
opere di miglioramento è subordinata all'osservanza delle leggi speciali. Art.
2776 Collocazione sussidiaria sugli immobili I crediti relativi al trattamento
di fine rapporto nonché all'indennità di cui all'art. 2118 sono collocati
sussidiariamente, in caso di infruttuosa esecuzione sui mobili, sul prezzo
degli immobili, con preferenza rispetto ai crediti chirografari. I crediti
indicati dagli artt. 2751 e 2751 bis, ad eccezione di quelli indicati al
precedente comma, ed i crediti per contributi dovuti a istituti, enti o fondi
speciali, compresi quelli sostitutivi o integrativi, che gestiscono forme di
assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, di
cui all'art. 2753, sono collocati sussidiariamente, in caso di infruttuosa
esecuzione sui mobili, sul prezzo degli immobili, con preferenza rispetto ai
crediti chirografari, ma dopo i crediti indicati al primo comma. I crediti
dello Stato indicati dal 3° comma dell'art. 2752 sono collocati sussidiariamente,
in caso di infruttuosa esecuzione sui mobili, sul prezzo degli immobili, con
preferenza rispetto ai crediti chirografari, ma dopo i crediti indicati al
comma precedente. Sezione IV Dell'ordine dei privilegi Art. 2777 Preferenza
delle spese di giustizia e di altri crediti I crediti per spese di giustizia
enunciati dagli artt. 2755 e 2770, sono preferiti ad ogni altro credito anche
pignoratizio o ipotecario. Immediatamente dopo le spese di giustizia sono
collocati i crediti aventi privilegio genera le mobiliare di cui all'art. 2751
bis nell'ordine seguente: i crediti di cui all'art. 2751 bis, n. 1; i crediti
di cui all'art. 2751 bis, nn. 2 e 3; i crediti di cui all'art. 2751 bis, nn. 4
e 5. I privilegi che le leggi speciali dichiarano preferiti ad ogni altro
credito sono sempre posposti al privilegio per le spese di giustizia ed ai
privilegi indicati nell'art. 2751 bis. Art. 2778 Ordine degli altri privilegi
sui mobili Salvo quanto è disposto dall'art. 2777, nel concorso di crediti
aventi privilegio generale o speciale sulla medesima cosa, la prelazione si
esercita nell'ordine che segue: i crediti per contributi ad istituti, enti o
fondi speciali compresi quelli sostitutivi o integrativi che gestiscono forme
di assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti,
indicati dall'art. 2753; i crediti per le imposte sui redditi immobiliari,
indicati dall'art. 2771, quando il privilegio si esercita separatamente sopra i
frutti, i fitti e le pigioni degli immobili; (i crediti degli istituti
esercenti il credito agrario, indicati dai due primi commi dell'art. 2766); i
crediti per prestazioni e spese di conservazione e miglioramento di beni
mobili, indicati dall'art. 2756; i crediti per le mercedi dovute ai lavoratori
impiegati nelle opere di coltivazione e di raccolta, indicate dall'art. 2757; i
crediti per sementi e materie fertilizzanti e antiparassitarie e per
somministrazione di acqua per irrigazione, nonché i crediti per i lavori di
coltivazione e di raccolta indicati dall'art. 2757. Qualora tali crediti
vengano in concorso tra loro, sono preferiti quelli di raccolta, seguono quelli
di coltivazione e, infine, gli altri crediti indicati dallo stesso articolo; i
crediti per i tributi indiretti, indicati dall'art. 2758, salvo che la legge speciale
accordi un diverso grado di preferenza, e i crediti per le imposte sul reddito,
indicati dall'art. 2759: i crediti per contributi dovuti a istituti ed enti per
forme di tutela previdenziale e assistenziale indicati dall'art. 27 54, nonché
gli accessori, limitatamente al cinquanta per cento del loro ammontare,
relativi a tali crediti ed a quelli indicati dal precedente n. 1 del presente
articolo; (i crediti degli istituti esercenti il credito agrario, indicati dal
terzo comma dell'art. 2766); i crediti dipendenti da reato, indicati dall'art.
2768, sulle cose sequestrate, nei casi e secondo l'ordine stabiliti dal codice
penale e dal codice di procedura penale; i crediti per risarcimento, indicati
dall'art. 2767; i crediti dell'albergatore, indicati dall'art. 2760; i crediti
del vettore, del mandatario, del depositario e del sequestratario, indicati
dall'art. 2761; i crediti del venditore di macchine o della banca per le
anticipazioni del prezzo, indicati dall'art. 2762: i crediti per canoni
enfiteutici, indica ti dall'art. 2763; i crediti del locatore e i crediti del
concedente dipendenti dai contratti di mezzadria e colonia, indicati
rispettivamente dagli artt. 2764 e 2765; i crediti per spese funebri,
d'infermità, per somministrazioni ed alimenti, nell'ordine indicato dall'art.
2751; i crediti dello Stato per tributi diretti, indicati dal primo comma
dell'art. 2752; i crediti dello Stato indicati dal terzo comma dell'art. 2752;
i crediti degli enti locali per tributi indicati dal quarto comma dell'art. 2752.
Art. 2779 Concorso dei privilegi con ipoteche sugli autoveicoli Se i privilegi
indicati dall'articolo precedente concorrono con le ipoteche sugli autoveicoli,
menzionate nell'art. 2810, queste sono posposte ai privilegi menzionati nei
primi dieci numeri dell'art. 2778 e sono preferite a tutti gli altri. Art. 2780
Ordine dei privilegi sugli immobili Quando sul prezzo dello stesso immobile
concorrono più crediti privilegiati, la prelazione ha luogo secondo l'ordine
seguente: i crediti per le imposte sui redditi immobiliari, indicati dall'art.
2771; i crediti per i contributi, indicati dall'art. 2775; i crediti dello
Stato per le concessioni di acque, indicati dall'art. 2774; i crediti per i
tributi indiretti, indicati dall'art. 2772; i crediti per l'imposta comunale
sul l'incremento di valore degli immobili. Art. 2781 Concorso di privilegi
speciali con crediti pignoratizi Qualora con crediti assistiti da privilegio
speciale concorra un credito garantito con pegno (2784 e seguenti) e uno dei
privilegi debba essere preferito rispetto al pegno, tale privilegio prevale su
quegli altri che devono essere posposti al pegno, anche se anteriori di grado
(att. 234). Art. 2782 Concorso di crediti egualmente privilegiati I crediti
egualmente privilegiati concorrono tra loro in proporzione del rispettivo
importo. La stessa disposizione si osserva quando concorrono tra loro più
crediti privilegiati ai quali le leggi speciali attribuiscono genericamente una
prelazione su ogni altro credito. Art. 2783 Preferenza non determinata dalla
legge Quando dalla legge non risulta il grado di preferenza di un determinato
privilegio speciale, esso prende grado dopo ogni altro privilegio speciale
regolato nel codice (att. 234). Art. 2783 bis Crediti derivanti
dall'applicazione dei prelievi di cui agli articoli 49 e 50 del trattato che
istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio I crediti derivanti
dall'applicazione dei prelievi di cui agli artt. 49 e 50 del Trattato che
istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, nonché dalle
relative maggiorazioni di mora, sono equiparati, ai fini dell'applicazione
delle disposizioni del presente capo, ai crediti dello Stato per l'imposta sul
valore aggiunto. Capo III Del pegno Sezione I Disposizioni generali Art. 2784
Nozione Il pegno è costituito a garanzia dell'obbligazione dal debitore o da un
terzo per il debitore. Possono essere dati in pegno i beni mobili, le
universalità di mobili, i crediti e altri diritti aventi per oggetto beni
mobili. Art. 2785 Rinvio a leggi speciali Le disposizioni del presente capo non
derogano alle leggi speciali concernenti casi e forme particolari di
costituzione di pegno, né a quelle concernenti gli istituti autorizzati a fare
prestiti sopra pegni. Sezione II Del pegno dei beni mobili Art. 2786
Costituzione Il pegno si costituisce con la consegna (2014, 2026) al creditore
della cosa o del documento che conferisce l'esclusiva disponibilità della cosa
(1996). La cosa o il documento possono essere anche consegnati a un terzo
designato dalle parti o possono essere posti in custodia di entrambe, in modo
che il costituente sia nell'impossibilità di disporne senza la cooperazione del
creditore. Art. 2787 Prelazione del creditore pignoratizio Il creditore ha
diritto di farsi pagare con prelazione sulla cosa ricevuta in pegno (2744). La
prelazione non si può far valere se la cosa data in pegno non è rimasta in
possesso del creditore o presso il terzo designato dalle parti. Quando il
credito garantito eccede la somma di lire cinquemila, la prelazione non ha
luogo se il pegno non risulta da scrittura con data certa, la quale contenga
sufficiente indicazione del credito e della cosa (2704, 2800). Se però il pegno
risulta da polizza o da altra scrittura di enti che, debitamente autorizzati,
compiono professionalmente operazioni di credito su pegno, la data della
scrittura può essere accertata con ogni mezzo di prova (att. 237). Art. 2788
Prelazione per il credito degli interessi La prelazione ha luogo anche per gli
interessi dell'anno in corso alla data del pignoramento (Cod. Pen. 492, 518) o,
in mancanza di questo, alla data della notificazione del precetto (Cod. Proc.
Civ. 479 e seguenti). La prelazione ha luogo inoltre per gli interessi
successivamente maturati, nei limiti della misura legale (1284), fino alla data
della vendita. Art. 2789 Rivendicazione della cosa da parte del creditore
pignoratizio Il creditore che ha perduto il possesso della cosa ricevuta in
pegno, oltre le azioni a difesa del possesso (1168), può anche esercitare
l'azione di rivendicazione (948 e seguenti), se questa spetta al costituente.
Art. 2790 Conservazione della cosa e spese relative Il creditore è tenuto a
custodire la cosa ricevuta in pegno (1770) e risponde, secondo le regole
generali, della perdita e del deterioramento di essa (1218 e seguenti, 1760,
1780). Colui che ha costituito il pegno è tenuto al rimborso delle spese
occorse per la conservazione della cosa (att. 237). Art. 2791 Pegno di cosa
fruttifera Se è data in pegno una cosa fruttifera, il creditore, salvo patto
contrario, ha la facoltà di fare suoi i frutti (8211, imputandoli prima alle
spese e agli interessi e poi al capitale. Art. 2792 Divieto di uso e
disposizione della cosa Il creditore non può (Cod. Pen. 646), senza il consenso
del costituente, usare della cosa (1770), salvo che l'uso sia necessario per la
conservazione di essa. Egli non può darla in pegno o concederne ad altri il
godimento. In ogni caso, deve imputare l'utile ricavato prima alle spese e agli
interessi e poi al capitale. Art. 2793 Sequestro della cosa Se il creditore
abusa della cosa data in pegno, il costituente può domandarne il sequestro
(Cod. Proc. Civ. 670 e seguenti). Art. 2794 Restituzione della cosa Colui che
ha costituito il pegno non può esigerne la restituzione, se non sono stati
interamente pagati il capitale e gli interessi e non sono state rimborsate le
spese relative al debito e al pegno (1204). Se il pegno è stato costituito dal
debitore e questi ha verso lo stesso creditore un altro debito sorto dopo la
costituzione del pegno e scaduto prima che sia pagato il debito anteriore, il
creditore ha soltanto il diritto di ritenzione a garanzia del nuovo credito.
Art. 2795 Vendita anticipata Se la cosa data in pegno si deteriora in modo da
far temere che essa divenga insufficiente alla sicurezza del creditore, questi,
previo avviso a colui che ha costituito il pegno, può chiedere al giudice
l'autorizzazione a vendere la cosa (Cod. Proc. Civ. 502). Con il provvedimento
che autorizza la vendita il giudice dispone anche circa il deposito del prezzo
a garanzia del credito. Il costituente può evitare la vendita e farsi
restituire il pegno, offrendo altra garanzia reale che il giudice riconosca
idonea. Il costituente può del pari, in caso di deterioramento o di diminuzione
di valore della cosa data in pegno, domandare al giudice l'autorizzazione a
venderla oppure chiedere la restituzione del pegno, offrendo altra garanzia
reale che il giudice riconosca idonea. Il costituente può chiedere al giudice
l'autorizzazione a vendere la cosa, qualora si presenti un'occasione
favorevole. Con il provvedimento di autorizzazione il giudice dispone le
condizioni della vendita e il deposito del prezzo (Cod. Proc. Civ. 530). Art.
2796 Vendita della cosa Il creditore per il conseguimento di quanto gli è
dovuto può far vendere la cosa ricevuta in pegno secondo le forme stabilite
dall'articolo seguente (2744; Cod. Proc. Civ. 502). Art. 2797 Forme della
vendita Prima di procedere alla vendita il creditore, a mezzo di ufficiale
giudiziario, deve intimare al debitore di pagare il debito e gli accessori,
avvertendo che, in mancanza, si procederà alla vendita. L'intimazione deve
essere notificata anche al terzo che abbia costituito il pegno. Se entro cinque
giorni dall'intimazione non è proposta opposizione, o se questa è rigettata, il
creditore può far vendere la cosa al pubblico incanto, o, se la cosa ha un
prezzo di mercato, anche a prezzo corrente, a mezzo di persona autorizzata a
tali atti (1515, att. 83). Se il debitore non ha residenza o domicilio eletto
nel luogo di residenza del creditore, il termine per l'opposizione è
determinato a norma dell'art. 163 bis Cod. Proc. Civ. Il giudice,
sull'opposizione del costituente, può limitare la vendita a quella tra più cose
date in pegno, il cui valore basti a pagare il debito. Per la vendita della
cosa data in pegno le parti possono convenire forme diverse (2744). Art. 2798
Assegnazione della cosa in pagamento Il creditore può sempre domandare al
giudice che la cosa gli venga assegnata in pagamento (2925 e seguenti; Cod.
Proc. Civ. 505 e seguenti) fino alla concorrenza del debito, secondo la stima
da farsi con perizia o secondo il prezzo corrente, se la cosa ha un prezzo di
mercato (2744). Art. 2799 Indivisibilità del pegno Il pegno è indivisibile e
garantisce il credito finché questo non è integralmente soddisfatto, anche se
il debito o la cosa data in pegno è divisibile (1232). Sezione III Del pegno di
crediti e di altri diritti Art. 2800 Condizioni della prelazione Nel pegno di
crediti la prelazione non ha luogo, se non quando il pegno risulta da atto
scritto (1350, 2725) e la costituzione di esso è stata notificata al debitore
del credito dato in pegno ovvero è stata da questo accettata con scrittura
avente data certa (1265, 2704). Art. 2801 Consegna del documento Se il credito
costituito in pegno risulta da un documento, il costituente è tenuto a
consegnarlo al creditore. Art. 2802 Riscossione di interessi e di prestazioni
periodiche Il creditore pignoratizio è tenuto a riscuotere gli interessi del
credito o le altre prestazioni periodiche, imputandone l'ammontare in primo
luogo alle spese e agli interessi e poi al capitale. Egli è tenuto a compiere
gli atti conservativi del credito ricevuto in pegno. Art. 2803 Riscossione del
credito dato in pegno Il creditore pignoratizio è tenuto a riscuotere, alla
scadenza, il credito ricevuto in pegno e, se questo ha per oggetto danaro o
altre cose fungibili, deve, a richiesta del debitore, effettuarne il deposito
nel luogo stabilito d'accordo o altrimenti determinato dall'autorità
giudiziaria. Se il credito garantito è scaduto, il creditore può ritenere del
denaro ricevuto quanto basta per il soddisfacimento delle sue ragioni e
restituire il residuo al costituente o, se si tratta di cose diverse dal
danaro, può farle vendere o chiederne l'assegnazione secondo le norme degli
artt. 2797 e 2798. Art. 2804 Assegnazione o vendita del credito dato in pegno
Il creditore pignoratizio non soddisfatto può in ogni caso chiedere che gli sia
assegnato in pagamento il credito ricevuto in pegno, fino a concorrenza del suo
credito (2744, 2928). Se il credito non e ancora scaduto, egli può anche farlo
vendere nelle forme stabilite dall'art. 797. Art. 2805 Eccezioni opponibili dal
debitore del credito dato in pegno Il debitore del credito dato in pegno può
opporre al creditore pignoratizio le eccezioni che gli spetterebbero contro il
proprio creditore (1250, 1254). Se il debitore medesimo ha accettato senza
riserve la costituzione del pegno, non può opporre al creditore pignoratizio la
compensazione (1248) verificatasi anteriormente. Art. 2806 Pegno di diritti
diversi dai crediti Il pegno di diritti diversi dai crediti (2352) si
costituisce nella forma rispettivamente richiesta per il trasferimento dei
diritti stessi, fermo il disposto del terzo comma dell'art. 2787. Sono salve le
disposizioni delle leggi speciali. Art. 2807 Norme applicabili al pegno di
crediti Per tutto ciò che non è regolato nella presente Sezione si osservano,
in quanto applicabili, le norme della Sezione precedente (2786 e seguenti).
Capo IV Delle ipoteche Sezione I Disposizioni generali Art. 2808 Costituzione
ed effetti dell'ipoteca L'ipoteca attribuisce al creditore il diritto di
espropriare (1505) anche in confronto del terzo acquirente, i beni vincolati a
garanzia del suo credito (Cod. Proc. Civ. 555 e seguenti) e di essere
soddisfatto con preferenza sul prezzo ricavato dall'espropriazione (518; att.
54, 238; Cod. Proc. Civ. 596 e seguenti). L'ipoteca può avere per oggetto beni
del debitore o di un terzo e si costituisce mediante iscrizione nei registri
immobiliari. L'ipoteca è legale, giudiziale o volontaria. Art. 2809 Specialità
e indivisibilità dell'ipoteca L'ipoteca deve essere iscritta su beni
specialmente indicati e per una somma determinata in danaro. Essa è
indivisibile e sussiste per intero sopra tutti i beni vincolati, sopra ciascuno
di essi e sopra ogni loro parte. Art. 2810 Oggetto dell'ipoteca Sono capaci
d'ipoteca: i beni immobili che sono in commercio con le loro pertinenze (812 e
seguenti); l'usufrutto dei beni stessi (326, 978 e seguenti); il diritto di
superficie (952 e seguenti); il diritto dell'enfiteuta è quello del concedente
sul fondo enfiteutico (957 e seguenti). Sono anche capaci d'ipoteca le rendite
dello Stato nel modo determinato dalle leggi relative al debito pubblico, e
inoltre le navi (Cod. Nav. 565 e seguenti), gli aeromobili (Cod. Nav. 1027 e
seguenti) e gli autoveicoli, secondo le leggi che li riguardano (2742 e
seguente). Sono considerati ipoteche i privilegi iscritti sugli autoveicoli a
norma della legge speciale. Art. 2811 Miglioramenti e accessioni L'ipoteca si
estende ai miglioramenti, nonché alle costruzioni e alle altre accessioni (934
e seguenti) dell'immobile ipotecario, salve le eccezioni stabilite dalla legge
(2873). Art. 2812 Diritti costituiti sulla cosa ipotecata Le servitù (1027 e
seguenti) di cui sia stata trascritta la costituzione (2643) dopo l'iscrizione
dell'ipoteca non sono opponibili al creditore ipotecario, il quale può far
subastare la cosa come libera. La stessa disposizione si applica per i diritti
di usufrutto, di uso e di abitazione (978 e seguenti, 1021 e seguenti). Tali
diritti si estinguono con l'espropriazione del fondo (Cod. Proc. Civ. 555 e
seguenti) e i titolari sono ammessi a far valere le loro ragioni sul ricavato,
con preferenza rispetto alle ipoteche iscritte posteriormente alla trascrizione
dei diritti medesimi. Per coloro che hanno acquistato il diritto di superficie
(952 e seguenti) o il diritto d'enfiteusi (957 e seguenti) sui beni soggetti
all'ipoteca e hanno trascritto l'acquisto posteriormente all'iscrizione
dell'ipoteca, si osservano le disposizioni relative ai terzi acquirenti (2858 e
seguenti). Le cessioni e le liberazioni di pigioni e di fitti non scaduti
(1605), che non siano trascritte o siano inferiori al triennio, sono opponibili
ai creditori ipotecari solo se hanno data certa (2704) anteriore al
pignoramento e per un termine non superiore a un anno dal giorno del
pignoramento (2924). Le cessioni e le liberazioni trascritte non sono
opponibili ai creditori ipotecari anteriori alla trascrizione, se non per il
termine stabilito dal comma precedente (att. 238). Art. 2813 Pericolo di danno
alle cose ipotecate Qualora il debitore o un terzo compia atti da cui possa
derivare il perimento o il deterioramento dei beni ipotecati, il creditore può
domandare all'autorità giudiziaria che ordini la cessazione di tali atti o
disponga le cautele necessarie (Cod. Proc. Civ. 670) per evitare il pregiudizio
della sua garanzia (1186, 2743). Art. 2814 Ipoteca sull'usufrutto e sulla nuda proprietà
Le ipoteche costituite sull'usufrutto si estinguono col cessare di questo (979,
1014 e seguenti). Tuttavia, se la cessazione si verifica per rinunzia o per
abuso da parte dell'usufruttuario ovvero per acquisto della nuda proprietà da
parte del medesimo, l'ipoteca perdura fino a che non si verifichi l'evento che
avrebbe altrimenti prodotto l'estinzione dell'usufrutto. Se la nuda proprietà è
gravata da ipoteca, questa, avvenendo l'estinzione dell'usufrutto, si estende
alla piena proprietà. Ma nei casi in cui, secondo la disposizione del comma
precedente, perdura l'ipoteca costituita sull'usufrutto, l'estensione non
pregiudica il credito garantito con l'ipoteca stessa. Art. 2815 Ipoteca sul
diritto del concedente e sul diritto dell'enfiteuta Nel caso di affrancazione
(971), le ipoteche gravanti sul diritto del concedente si risolvono sul prezzo
dovuto per l'affrancazione; le ipoteche gravanti sul diritto dell'enfiteuta si
estendono alla piena proprietà. Nel caso di devoluzione o di cessazione
dell'enfiteusi (958 e seguenti) per decorso del termine, le ipoteche gravanti
sul diritto dell'enfiteuta si risolvono sul prezzo dovuto per i miglioramenti,
senza deduzione di quanto è dovuto al concedente per i canoni non soddisfatti.
Il prezzo dei miglioramenti, se da atto scritto non risulta concordato con i
creditori ipotecari, deve determinarsi giudizialmente, anche in contraddittorio
dei medesimi. Le ipoteche gravanti sul diritto del concedente si estendono alla
piena proprietà. Quando l'enfiteusi si estingue per prescrizione, si estinguono
le ipoteche che gravano sul diritto dell'enfiteuta. Se per causa diversa da
quelle sopra indicate vengono a riunirsi in una medesima persona il diritto del
concedente e il diritto dell'enfiteuta, le ipoteche gravanti sull'uno e
sull'altro continuano a gravarli separatamente; ma se l'ipoteca grava soltanto
sull'uno o sull'altro diritto, essa si estende alla piena proprietà. Art. 2816
Ipoteca sul diritto di superficie Le ipoteche che hanno per oggetto il diritto
di superficie (952 e seguenti) si estinguono nel caso di devoluzione della
superficie al proprietario del suolo per decorso del termine. Se però il
superficiario ha diritto a un corrispettivo, le ipoteche iscritte contro di lui
si risolvono sul corrispettivo medesimo. Le ipoteche iscritte contro il
proprietario del suolo non si estendono alla superficie. Se per altre cause si
riuniscono nella medesima persona il diritto del proprietario del suolo e
quello del superficiario, le ipoteche sull'uno e sull'altro diritto continuano
a gravare separatamente i diritti stessi. Sezione II Dell'ipoteca legale Art.
2817 Persone a cui compete Hanno ipoteca legale: l'alienante sopra gli immobili
alienati per l'adempimento degli obblighi che derivano dall'atto di
alienazione; i coeredi, i soci e altri condividenti per il pagamento dei
conguagli sopra gli immobili assegnati ai condividenti ai quali incombe tale
obbligo; lo Stato sopra i beni dell'imputato e della persona civilmente
responsabile, secondo le disposizioni del codice penale e del codice di
procedura penale. Sezione III Dell'ipoteca giudiziale Art. 2818 Provvedimenti
da cui deriva Ogni sentenza (Cod. Proc. Civ. 324), che porta condanna al
pagamento di una somma o all'adempimento di altra obbligazione ovvero al
risarcimento dei danni da liquidarsi successivamente è titolo per iscrivere
ipoteca sui beni del debitore. Lo stesso ha luogo per gli altri provvedimenti
giudiziali ai quali la legge attribuisce tale effetto (2836; Cod. Proc. Civ.
655). Art. 2819 Sentenze arbitrali Si può iscrivere ipoteca in base al lodo
degli arbitri, quando e stato reso esecutivo (Cod. Proc. Civ. 825). Art. 2820
Sentenze straniere Si può parimenti iscrivere ipoteca in base alle sentenze
pronunziate dalle autorità giudiziarie straniere, dopo che ne è stata dichiarata
l'efficacia dall'autorità giudiziaria italiana (Cod. Proc. Civ. 797) salvo che
le convenzioni internazionali dispongano diversamente. Sezione IV Dell'ipoteca
volontaria Art. 2821 Concessione d'ipoteca L'ipoteca può essere concessa anche
mediante dichiarazione unilaterale. La concessione deve farsi per atto pubblico
(2699 e seguenti) o per scrittura privata (2702 e seguenti), sotto pena di
nullità. Non può essere concessa per testamento (587). Art. 2822 Ipoteca sui
beni altrui Se l'ipoteca è concessa da chi non è proprietario della cosa,
l'iscrizione può essere validamente presa solo quando la cosa è acquistata dal
concedente. Se l'ipoteca è concessa da persona che agisce come rappresentante
senza averne la qualità, l'iscrizione può essere validamente presa solo quando
il proprietario ha ratificato la concessione (1398 e seguente). Art. 2823
Ipoteca su beni futuri L'ipoteca su cosa futura può essere validamente iscritta
solo quando la cosa è venuta a esistenza (458, 1348). Art. 2824 Ipoteca
iscritta in base a titolo annullabile L'iscrizione d'ipoteca eseguita in virtù
di un titolo annullabile (1425 e seguenti) rimane convalidata con la convalida
(1444) del titolo. Art. 2825 Ipoteca su beni indivisi L'ipoteca costituita
sulla propria quota da uno dei partecipanti alla comunione (1103) produce
effetto rispetto a quei beni o a quella porzione di beni che a lui verranno
assegnati nella divisione (757, 1103). Se nella divisione (1111 e seguenti)
sono assegnati a un partecipante beni diversi da quello da lui ipotecato,
l'ipoteca si trasferisce su questi altri beni, col grado derivante
dall'originaria iscrizione e nei limiti del valore del bene in precedenza
ipotecato, quale risulta dalla divisione, purché l'ipoteca sia nuovamente
iscritta con l'indicazione di detto valore entro novanta giorni dalla
trascrizione della divisione medesima. Il trasferimento però non pregiudica le
ipoteche iscritte contro tutti i partecipanti, né l'ipoteca legale spettante ai
condividenti per i conguagli (2817 n. 2). I creditori ipotecari e i cessionari
di un partecipante, al quale siano stati assegnati beni diversi da quelli
ipotecati o ceduti, possono far valere le loro ragioni anche sulle somme a lui
dovute per conguagli o, qualora sia stata attribuita una somma di danaro in luogo
di beni in natura, possono far valere le loro ragioni su tale somma, con
prelazione determinata dalla data di iscrizione o di trascrizione dei titoli
rispettivi, nel limite però del valore dei beni precedentemente ipotecati o
ceduti. I debitori delle somme sono tuttavia liberati quando le abbiano pagate
al condividente dopo trenta giorni da che la divisione è stata notificata ai
creditori ipotecari o ai cessionari senza che da costoro sia stata fatta
opposizione (757; att. 239). Art. 2826 Indicazione dell'immobile ipotecato
Nell'atto di concessione dell'ipoteca l'immobile deve essere specificamente
designato con l'indicazione della sua natura, del comune in cui si trova,
nonché dei dati di identificazione catastale; per i fabbricati in corso di
costruzione devono essere indicati i dati di identificazione catastale del
terreno su cui insistono. Sezione V Dell'Iscrizione e rinnovazione delle
ipoteche §1 Dell'Iscrizione Art. 2827 Luogo dell'iscrizione L'ipoteca si
iscrive nell'ufficio dei registri immobiliari del luogo in cui si trova
l'immobile. Art. 2828 Immobili su cui può iscriversi ipoteca giudiziale
L'ipoteca giudiziale si può iscrivere su qualunque degli immobili appartenenti
al debitore e su quelli che gli pervengono successivamente alla condanna, a misura
che egli li acquista. Art. 2829 Iscrizione sui beni del defunto L'iscrizione
d'ipoteca sui beni di un defunto può eseguirsi con la semplice indicazione
della sua persona, osservate per il resto le regole ordinarie. Se però risulta
trascritto l'acquisto dei beni da parte degli eredi, l'iscrizione deve
eseguirsi contro costoro. Art. 2830 Ipoteca giudiziale sui beni dell'eredità
beneficiata e dell'eredità giacente Se l'eredità è accettata con beneficio
d'inventario (484 e seguenti) o se si tratta di eredità giacente (528 e
seguenti), non possono essere iscritte ipoteche giudiziali sui beni ereditari,
neppure in base a sentenze pronunziate anteriormente alla morte del debitore.
Art. 2831 Ipoteca a garanzia di obbligazioni all'ordine o al portatore Le
obbligazioni (241) e seguenti risultanti dai titoli all'ordine (2008 e
seguenti) o al portatore (2003 e seguenti) possono essere garantite con
ipoteca. Per i titoli all'ordine l'ipoteca è iscritta a favore dell'attuale
possessore e si trasmette ai successivi possessori; questi non sono tenuti a
effettuare l'annotazione prevista dall'art. 2843. Per i titoli al portatore
l'ipoteca a favore degli obbligazionisti è iscritta con l'indicazione
dell'emittente, della data dell'atto di emissione, della serie, del numero e del
valore delle obbligazioni emesse. In margine all'iscrizione deve essere
annotato il nome del rappresentante degli obbligazionisti, appena questo sia
nominato. Per l'annotazione deve presentarsi copia della deliberazione o del
provvedimento giudiziale di nomina (2845). Artt. 2832-2833 (abrogati) Art. 2834
Iscrizione dell'ipoteca legale dell'alienante e del condividente Il
conservatore dei registri immobiliari, nel trascrivere un atto di alienazione o
di divisione, deve iscrivere d'ufficio l'ipoteca legale che spetta
all'alienante o al condividente a norma dei nn. 1 e 2 dell'art. 2817, a meno
che gli sia presentato un atto pubblico o una scrittura privata con
sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente, da cui risulti che gli
obblighi sono stati adempiuti o che vi è stata rinunzia all'ipoteca da parte
dell'alienante o del condividente. Art. 2835 Iscrizione in base a scrittura
privata Se il titolo per l'iscrizione risulta da scrittura privata (2702 e
seguenti), la sottoscrizione di chi ha concesso l'ipoteca deve essere
autenticata o accertata giudizialmente (Cod. Proc. Civ. 214 e seguenti). Il
richiedente deve presentare la scrittura originale o, se questa è depositata in
pubblico archivio o negli atti d'un notaio, una copia autenticata, con la certificazione
che ricorrono i requisiti innanzi indicati. L'originale o la copia (2774)
rimane in deposito nell'ufficio dei registri immobiliari (2663). Art. 2836
Iscrizione in base ad atto pubblico o a sentenza Se il titolo per l'iscrizione
risulta da un atto pubblico (2699) ricevuto nello Stato o dia una sentenza
(Cod. Proc. Civ.131 e seguenti) o da altro provvedimento giudiziale ad essa
parificato (Cod. Proc. Civ. 655), si deve presentare copia del titolo. (Se non
è stata ancora pagata l'imposta di registro, si osservano le disposizioni
dell'art. 2669). Art. 2837 Atti formati all'estero Gli atti formati in paese
estero (Cod. Proc. Civ. 804) che si presentano per l'iscrizione devono essere
legalizzati. Art. 2838 Somma per cui l'iscrizione è eseguita Se la somma di
danaro non è altrimenti determinata negli atti in base ai quali è eseguita
l'iscrizione o in atto successivo, essa è determinata dal creditore nella nota
per l'iscrizione. Qualora tra la somma enunciata nell'atto e quella enunciata
nella nota vi sia divergenza, l'iscrizione ha efficacia per la somma minore.
Art. 2839 Formalità per l'iscrizione dell'ipoteca Per eseguire l'iscrizione
deve presentarsi il titolo costitutivo insieme con una nota sottoscritta dal
richiedente in doppio originale. La nota deve indicare: il cognome, il nome, il
luogo e la data di nascita e il numero di codice fiscale del creditore, del
debitore e dell'eventuale terzo datore di ipoteca; la denominazione o la
ragione sociale, la sede e il numero di codice fiscale delle persone giuridiche,
delle società previste dai Capi II, III e IV del Titolo V del Libro quinto e
delle associazioni non riconosciute, con l'indicazione, per queste ultime e per
le società semplici, anche delle generalità delle persone che le rappresentano
secondo l'atto costitutivo. Per le obbligazioni all'ordine o al portatore si
devono osservare le norme dell'art. 2831. Per le obbligazioni all'ordine si
deve inoltre esibire il titolo al conservatore, il quale vi annota l'eseguita
iscrizione dell'ipoteca. Per le obbligazioni al portatore si deve presentare
copia dell'atto di emissione e del piano di ammortamento; il domicilio eletto
dal creditore nella circoscrizione del tribunale in cui ha sede l'ufficio dei
registri immobiliari; il titolo, la sua data e il nome del pubblico ufficiale
che lo ha ricevuto o autenticato; l'importo della somma per la quale
l'iscrizione è presa; gli interessi e le annualità che il credito produce; il
tempo della esigibilità; la natura e la situazione dei beni gravati, con le
indicazioni prescritte dall'art. 2826. Art. 2840 Certificato dell'iscrizione
Eseguita l'iscrizione, il conservatore restituisce al richiedente uno degli
originali della nota, certificando, in calce al medesimo, la data e il numero
d'ordine dell'iscrizione. I titoli consegnati al conservatore sono custoditi
secondo quanto è disposto dall'art. 2664. Art. 2841 Omissioni e inesattezze nei
titoli o nelle note L'omissione o l'inesattezza di alcune delle indicazioni nel
titolo, in base al quale è presa l'iscrizione, o nella nota non nuoce alla
validità dell'iscrizione, salvo che induca incertezza sulla persona del
creditore o del debitore o sull'ammontare del credito ovvero sulla persona del
proprietario del bene gravato, quando l'indicazione ne è necessaria, o
sull'identità dei singoli beni gravati. Nel caso di altre omissioni o
inesattezze, si può ordinare la rettificazione a istanza e a spese della parte
interessata. Art. 2842 Variazione del domicilio eletto E in facoltà del
creditore, del suo mandatario o del suo erede o avente causa di variare il
domicilio eletto nell'iscrizione, sostituendone un altro nella stessa
circoscrizione. Il cambiamento deve essere annotato dal conservatore in margine
o in calce all'iscrizione. La dichiarazione circa il cambiamento del domicilio
deve risultare da atto ricevuto o autenticato (2703) da notaio e deve rimanere
depositata nell'ufficio del conservatore. Art. 2843 Annotazione di cessione, di
surrogazione e di altri atti dispositivi del credito La trasmissione o il
vincolo dell'ipoteca per cessione (1260 e seguenti), surrogazione (2856, 1201 e
seguenti), pegno (2800 e seguenti), postergazione di grado o costituzione in
dote (l’inciso "o costituzione in dote" è stato abrogato) del credito
ipotecario, nonché per sequestro (2905 e seguente; Cod. Proc. Civ. 671 e
seguenti), pignoramento (Cod. Proc. Civ. 492 e seguenti) o assegnazione (2925 e
seguenti; Cod. Proc. Civ. 505 e seguenti) del credito medesimo si deve annotare
in margine all'iscrizione dell'ipoteca. La trasmissione o il vincolo dell'ipoteca
non ha effetto finché l'annotazione non sia stata eseguita. Dopo l'annotazione
l'iscrizione non si può cancellare senza il consenso dei titolari dei diritti
indicati nell'annotazione medesima 2879) e le intimazioni o notificazioni che
occorrono in dipendenza dell'iscrizione devono essere loro fatte nel domicilio
eletto. Per l'annotazione deve essere consegnata al conservatore copia del
titolo e, qualora questo sia una scrittura privata o un atto formato in paese
estero, si applicano le disposizioni degli artt. 2835 e 2837. Art. 2844 Azioni
e notificazioni Le azioni cui le iscrizioni possono dar luogo contro i
creditori sono promosse davanti all'autorità giudiziaria competente, per mezzo
di citazione (Cod. Proc. Civ. 163) da farsi alla persona in mani proprie (Cod.
Proc. Civ. 138) o all'ultimo domicilio da essi eletto. La stessa disposizione
si applica per ogni altra notificazione relativa alle dette iscrizioni. Se non
è stata fatta elezione di domicilio o se è morta la persona ovvero e cessato
l'ufficio presso cui si era eletto il domicilio, le citazioni e le
notificazioni possono essere fatte all'ufficio presso il quale l'iscrizione e
stata presa. Se si tratta di giudizio promosso dal debitore contro il suo
creditore per la riduzione dell'ipoteca o per la cancellazione totale o
parziale dell'iscrizione, il creditore deve essere citato nei modi ordinari
stabiliti dal codice di procedura civile. Art. 2845 Notificazioni relative a
iscrizioni per obbligazioni all'ordine e al portatore Se l'iscrizione è presa per
obbligazioni risultanti da titoli all'ordine (2008 e seguenti), le citazioni e
notificazioni previste dall'articolo precedente devono farsi nei confronti di
chi ha preso l'iscrizione a norma degli artt. 2831 e 2839, salvo che dai
registri risulti l'annotazione a favore di un possessore successivo. Se si
tratta di obbligazioni al portatore (2003 e seguenti, 2413 e seguenti), le
citazioni e le notificazioni devono essere fatte al rappresentante degli
obbligazionisti (2410) il cui nome è annotato in margine all'iscrizione (2831).
Le citazioni e le notificazioni devono essere iscritte nel registro delle
imprese (2188 e seguenti) e pubblicate per estratto in un giornale quotidiano
designato dall'autorità giudiziaria. Se manca per qualsiasi causa il rappresentante
o il nome di lui non è stato annotato in margine all'iscrizione dell'ipoteca,
le citazioni e le notificazioni sono fatte nei confronti di un curatore da
nominarsi dall'autorità giudiziaria. Il decreto di nomina del curatore deve
essere pubblicato con le modalità prescritte nel comma precedente. Art. 2846
Spese d'iscrizione Le spese d'iscrizione dell'ipoteca sono a carico del
debitore, se non vi è patto contrario, ma devono essere anticipate dal
richiedente. § 2 Della Innovazione Art. 2847 Durata dell'efficacia
dell'iscrizione L'iscrizione conserva il suo effetto per venti anni dalla sua
data. L'effetto cessa se l'iscrizione non è rinnovata prima che scada detto
termine (att. 240). Art. 2848 Nuova iscrizione dell'ipoteca Nonostante il
decorso del termine indicato dall'articolo precedente, il creditore può
procedere a nuova iscrizione; in tal caso l'ipoteca prende grado dalla data
della nuova iscrizione. La nuova iscrizione non può essere presa contro i terzi
acquirenti dell'immobile ipotecato che hanno trascritto il loro titolo (2644).
Art. 2849 (abrogato) Art. 2850 Formalità per la rinnovazione Per ottenere la
rinnovazione si presenta al conservatore una nota in doppio originale conforme
a quella della precedente iscrizione, in cui si dichiari che s'intende
rinnovare l'iscrizione originaria. In luogo del titolo si può presentare la
nota precedente. Il conservatore deve osservare le disposizioni dell'art. 2840.
Art. 2851 Rinnovazione rispetto a beni trasferiti agli eredi o aventi causa Se
al tempo della rinnovazione gli immobili ipotecati risultano dai registri delle
trascrizioni passati agli eredi del debitore o ai suoi aventi causa, la
rinnovazione deve essere fatta anche nei confronti degli eredi o aventi causa e
la nota deve contenere le indicazioni stabilite dall'art. 2839, se queste
risultano dai registri medesimi. Sezione VI Dell'ordine delle ipoteche Art.
2852 Grado dell'ipoteca L'ipoteca prende grado dal momento della sua
iscrizione, anche se è iscritta per un credito condizionale. La stessa norma si
applica per i crediti che possano eventualmente nascere in dipendenza di un
rapporto già esistente. Art. 2853 Richieste contemporanee d'iscrizione Il
numero d'ordine delle iscrizioni determina il loro grado. Nondimeno, se più
persone presentano contemporaneamente la nota per ottenere iscrizione contro la
stessa persona o sugli stessi immobili, iscrizioni sono eseguite sotto lo
stesso numero, e di ciò si fa menzione nella ricevuta spedita dal conservatore
a ciascuno dei richiedenti. Art. 2854 Ipoteche iscritte nello stesso grado I
crediti con iscrizione ipotecaria dello stesso grado sugli stessi beni
concorrono tra loro in proporzione dell'importo relativo. Art. 2855 Estensione
degli effetti dell'iscrizione L'iscrizione del credito fa collocare nello
stesso grado le spese dell'atto di costituzione d'ipoteca, quelle
dell'iscrizione e rinnovazione e quelle ordinarie occorrenti per l'intervento
nel processo di esecuzione. Per il credito di maggiori spese giudiziali le
parti possono estendere l'ipoteca con patto espresso, purché sia presa la
corrispondente iscrizione. Qualunque sia la specie d'ipoteca, l'iscrizione di
un capitale che produce interessi fa collocare nello stesso grado gli interessi
dovuti, purché ne sia enunciata la misura nell'iscrizione. La collocazione
degli interessi è limitata alle due annate anteriori e a quella in corso al
giorno del pignoramento (Cod. Proc. Civ. 491 e seguenti), ancorché sia stata
pattuita l'estensione a un maggior numero di annualità; le iscrizioni
particolari prese per altri arretrati hanno effetto dalla loro data.
L'iscrizione del capitale fa pure collocare nello stesso grado gli interessi
maturati dopo il compimento dell'annata in corso alla data del pignoramento,
però soltanto nella misura legale (1284) e fino alla data della vendita att.
2411. Art. 2856 Surrogazione del creditore perdente Il creditore che ha ipoteca
sopra uno o più immobili, qualora si trovi perdente perché sul loro prezzo si è
in tutto o in parte soddisfatto un creditore anteriore, la cui ipoteca si estendeva
ad altri beni dello stesso debitore, può surrogarsi nell'ipoteca iscritta a
favore del creditore soddisfatto, al fine di esercitare l'azione ipotecaria su
questi altri beni con preferenza rispetto ai creditori posteriori alla propria
iscrizione. Lo stesso diritto spetta ai creditori perdenti in seguito alla
detta surrogazione. Questa disposizione si applica anche ai creditori perdenti
per causa di privilegi immobiliari (2770 e seguenti). Art. 2857 Limiti della
surrogazione La surrogazione non si può esercitare sui beni dati in ipoteca da
un terzo (2008), ne sui beni alienati dal debitore, quando l'alienazione è
stata trascritta anteriormente all'iscrizione del creditore perdente.
Trattandosi di beni acquistati dal debitore posteriormente a detta iscrizione,
se il creditore soddisfatto aveva esteso a essi la sua ipoteca giudiziale
(2828), il creditore perdente può esercitare la surrogazione anche su tali
beni. Per far valere il diritto alla surrogazione deve essere eseguita
annotazione in margine all'ipoteca del creditore soddisfatto; per l'annotazione
deve presentarsi al conservatore copia dello stato di graduazione dal quale
risulta l'incapienza. Sezione VII Degli effetti dell'ipoteca rispetto al terzo
acquirente Art. 2858 Facoltà del terzo acquirente Il terzo acquirente dei beni
ipotecati, che ha trascritto (2643; att. 242) il suo titolo di acquisto e non è
personalmente obbligato, se non preferisce pagare i creditori iscritti (2827 e
seguenti), può rilasciare i beni stessi ovvero liberarli dalle ipoteche,
osservando le norme contenute nella Sezione XII di questo Capo. In mancanza,
l'espropriazione segue contro di lui secondo le forme prescritte dal codice di
procecedura civile (Cod. Proc. Civ. 602 e seguenti). Art. 2859 Eccezioni
opponibili dal terzo acquirente Se la domanda diretta a ottenere la condanna
del debitore è posteriore alla trascrizione del titolo del terzo acquirente,
questi, ove non abbia preso parte al giudizio, può opporre al creditore
procedente tutte le eccezioni non opposte dal debitore e quelle altresì che
spetterebbero a questo dopo la condanna. Le eccezioni suddette però non
sospendono il corso dei termini stabiliti per la liberazione del bene dalle
ipoteche. Art. 2860 Capacità per il rilascio Può procedere al rilascio (2861 e
seguenti) soltanto chi ha la capacità di alienare. Art. 2861 Termine ed
esecuzione del rilascio Il rilascio dei beni ipotecati si esegue con
dichiarazione alla cancelleria del tribunale competente per l'espropriazione
(Cod. Proc. Civ. 26). La dichiarazione deve essere fatta non oltre i dieci
giorni dalla data del pignoramento (Cod. Proc. Civ. 555 e seguenti, 604). Il
certificato della cancelleria attestante la dichiarazione deve, a cura del
terzo, essere annotato in margine alla trascrizione del l'atto di pignoramento
e deve essere notificato, entro cinque giorni dalla sua data, al creditore
procedente. Sull'istanza di questo o di qualunque altro interessato, il
tribunale provvede alla nomina di un amministratore, in confronto del quale
prosegue il processo di espropriazione. Il terzo rimane responsabile della
custodia dell'immobile fino alla consegna all'amministratore. Art. 2862
Ipoteche e altri diritti reali a carico e a favore del terzo Il rilascio non
pregiudica le ipoteche, le servitù e gli altri diritti reali resi pubblici
contro il terzo prima dell'annotazione del rilascio. Le ipoteche, le servitù e
gli altri diritti reali che già spettavano al terzo prima dell'acquisto
riprendono efficacia dopo il rilascio o dopo la vendita all'incanto eseguita
contro di lui (Cod. Proc. Civ. 576 e seguenti). Del pari riprendono efficacia
le servitù che al momento dell'iscrizione dell'ipoteca esistevano a favore del
fondo ipotecato e a carico di altro fondo del terzo. Esse sono comprese
nell'espropriazione del fondo ipotecato. Art. 2863 Ricupero dell'immobile
rilasciato e abbandono dell'esecuzione Finché non sia avvenuta la vendita, il
terzo può ricuperare l'immobile rilasciato, pagando i crediti iscritti e i loro
accessori, oltre le spese. Qualora la vendita sia avvenuta e, dopo pagati i
creditori iscritti, vi sia un residuo del prezzo, questo spetta al terzo
acquirente. Il rilascio non ha effetto se il processo di esecuzione si estingue
per rinunzia o per inattività delle parti (Cod. Proc. Civ. 629 e seguenti).
Art. 2864 Danni causati dal terzo e miglioramenti Il terzo è tenuto a risarcire
i danni (2043 e seguenti) che da sua colpa grave sono derivati all'immobile in
pregiudizio dei creditori iscritti (2827 e seguenti). Egli non può ritenere
l'immobile per causa di miglioramenti (1152); ma ha il diritto di far separare
dal prezzo di vendita la parte corrispondente ai miglioramenti eseguiti dopo la
trascrizione del suo titolo, fino a concorrenza del valore dei medesimi al
tempo della vendita. Se il prezzo non copre il valore dell'immobile nello stato
in cui era prima dei miglioramenti e insieme quello dei miglioramenti, esso
deve dividersi in due parti proporzionali ai detti valori. Art. 2865 Frutti
dovuti dal terzo I frutti (820) dell'immobile ipotecato sono dovuti dal terzo
(1148) a decorrere dal giorno in cui è stato eseguito il pignoramento (Cod.
Proc. Civ. 555 e seguenti). Nel caso di liberazione dell'immobile dalle
ipoteche i frutti sono del pari dovuti dal giorno del pignoramento o, in
mancanza di pignoramento, dal giorno della notificazione eseguita in conformità
dell'art. 2890. Art. 2866 Diritti del terzo nei confronti del debitore e di
altri terzi acquirenti Il terzo che ha pagato i creditori iscritti ovvero ha
rilasciato l'immobile o sofferto l'espropriazione ha ragione d'indennità verso
il suo autore, anche se si tratta di acquisto a titolo gratuito (1483 e
seguenti). Ha pure diritto di subingresso nelle ipoteche costituite a favore
del creditore soddisfatto sugli altri beni del debitore; se questi sono stati
acquistati da terzi, non ha azione che contro coloro i quali hanno trascritto
il loro acquisto in data posteriore alla trascrizione del suo titolo. Per
esercitare il subingresso deve fare eseguire la relativa annotazione in
conformità dell'art. 2843. Il subingresso non pregiudica l'esercizio del
diritto di surrogazione stabilito dall'art. 2856 a favore dei creditori che
hanno un'iscrizione anteriore alla trascrizione del Titolo del terzo
acquirente. Art. 2867 Terzo debitore di somma in dipendenza dell'acquisto Se il
terzo acquirente, che ha trascritto il suo titolo, è debitore, in dipendenza
dell'acquisto (1498), di una somma attualmente esigibile, la quale basti a
soddisfare tutti i creditori iscritti contro il precedente proprietario,
ciascuno di questi può obbligarlo al pagamento. Se il debito del terzo non è
attualmente esigibile, o e minore o diverso da ciò che è dovuto ai detti
creditori, questi, purché di comune accordo, possono egualmente richiedere che
venga loro pagato, fino alla rispettiva concorrenza, ciò che il terzo deve nei
modi e termini della sua obbligazione. Nell'uno e nell'altro caso l'acquirente
non può evitare di pagare, offrendo il rilascio dell'immobile, ma, eseguito il
pagamento, l'immobile è liberato da ogni ipoteca, non esclusa quella che spetta
all'alienante (2817 n. 1), e il terzo ha diritto di ottenere che si cancellino
le relative iscrizioni (2882 e seguenti). Sezione VIII Degli effetti
dell'ipoteca rispetto al terzo datore Art. 2868 Beneficio di escussione Chi ha
costituito un'ipoteca a garanzia del debito altrui non può invocare il
beneficio della preventiva escussione del debitore, se il beneficio non è stato
convenuto (2910). Art. 2869 Estinzione dell'ipoteca per fatto del creditore
L'ipoteca costituita dal terzo si estingue se, per fatto del creditore, non può
avere effetto la surrogazione del terzo nei diritti, nel pegno, nelle ipoteche
e nei privilegi del creditore (1203). Art. 2870 Eccezioni opponibili dal terzo
datore Il terzo datore che non ha preso parte al giudizio diretto alla condanna
del debitore può opporre al creditore le eccezioni indicate dall'art. 2859.
Art. 2871 Diritti del terzo datore che ha pagato i creditori iscritti o ha
sofferto l'espropriazione Il terzo datore che ha pagato i creditori iscritti o
ha sofferto l'espropriazione ha regresso contro il debitore. Se vi sono più
debitori obbligati in solido il terzo che ha costituito l'ipoteca a garanzia di
tutti ha regresso contro ciascuno per l'intero (1292 e seguenti). Il terzo
datore ha regresso contro i fideiussori (1936 e seguenti) del debitore. Ha
inoltre regresso contro gli altri terzi datori per la loro rispettiva porzione
(1299) e può esercitare, anche nei confronti dei terzi acquirenti, il
subingresso previsto dal secondo comma dell'art. 2866. Sezione IX Della riduzione
delle ipoteche Art. 2872 Modalità della riduzione La riduzione delle ipoteche
si opera riducendo la somma per la quale è stata presa l'iscrizione o
restringendo l'iscrizione a una parte soltanto dei beni (Cod. Proc. Civ. 652).
Questa restrizione può aver luogo anche se l'ipoteca ha per oggetto un solo
bene, qualora questo abbia parti distinte o tali che si possano comodamente
distinguere (att. 243). Art. 2873 Esclusione della riduzione Non è ammessa
domanda di riduzione riguardo alla quantità dei beni né riguardo alla somma, se
la quantità dei beni o la somma è stata determinata per convenzione o per
sentenza. Tuttavia, se sono stati eseguiti pagamenti parziali così da
estinguere almeno il quinto del debito originario, si può chiedere una
riduzione proporzionale per quanto riguarda la somma. Nel caso d'ipoteca
iscritta su un edificio, il costituente che dopo l'iscrizione ha eseguito
sopraelevazioni può chiedere che l'ipoteca sia ridotta, per modo che le
sopraelevazioni ne restino esenti in tutto o in parte, osservato il limite
stabilito dall'art. 2876 per il valore della cautela (att. 243). Art. 2874
Riduzione dell'ipoteca legale e dell'ipoteca giudiziale Le ipoteche legali,
eccettuate quelle indicate dai nn. 1 e 2 dell'art. 2817, e le ipoteche
giudiziali (2818 e seguenti) devono ridursi su domanda degli interessati, se i
beni compresi nell'iscrizione hanno un valore che eccede la cautela da
somministrarsi o se la somma determinata dal creditore nell'iscrizione eccede
di un quinto quella che l'autorità giudiziaria dichiara dovuta. Art. 2875
Eccesso nel valore dei beni Si reputa che il valore dei beni ecceda la cautela
da somministrarsi, se tanto alla data dell'iscrizione dell'ipoteca, quanto
posteriormente, supera di un terzo l'importo dei crediti iscritti, accresciuto
degli accessori a norma dell'art. 2855. Art. 2876 Limiti della riduzione La
riduzione si opera rispettando l'eccedenza del quinto per ciò che riguarda la
somma del credito e l'eccedenza del terzo per ciò che riguarda il valore della
cautela. Art. 2877 Spese della riduzione Le spese necessarie per eseguire la
riduzione anche se consentita dal creditore, sono sempre a carico del
richiedente, a meno che la riduzione abbia luogo per eccesso nella
determinazione del credito fatta dal creditore, nel qual caso sono a carico di
quest'ultimo. Se la riduzione è stata ordinata con sentenza, le spese del
giudizio sono a carico del soccombente, salvo che siano compensate tra le parti
(Cod. Proc. Civ. 91 e seguenti). Sezione X Dell'estinzione delle ipoteche Art.
2878 Cause di estinzione L'ipoteca si estingue (1232): con la cancellazione
dell'iscrizione; con la mancata rinnovazione dell'iscrizione entro il termine
indicato dall'art. 2847; con l'estinguersi dell'obbligazione (1176 e seguenti,
1230 e seguenti, 2930); col perimento del bene ipotecato, salvo quanto è
stabilito dall'art. 2742; con la rinunzia del creditore; con lo spirare del
termine a cui l'ipoteca è stata limitata o col verificarsi della condizione
risolutiva (1353); con la pronunzia del provvedimento che trasferisce
all'acquirente il diritto espropriato e ordina la cancellazione delle ipoteche
(Cod. Proc. Civ. 586). Art. 2879 Rinunzia all'ipoteca La rinunzia del creditore
all'ipoteca deve essere espressa e deve risultare da atto scritto, sotto pena di
nullità (1350). La rinunzia non ha effetto di fronte ai terzi che anteriormente
alla cancellazione dell'ipoteca abbiano acquistato il diritto all'ipoteca
medesima ed eseguito la relativa annotazione a termini dell'art. 2843. Art.
2880 Prescrizione rispetto a beni acquistati da terzi Riguardo ai beni
acquistati da terzi, l'ipoteca si estingue per prescrizione indipendentemente
dal credito, col decorso di venti anni dalla data della trascrizione del titolo
di acquisto, salve le cause di sospensione e d'interruzione (2934 e seguenti).
Art. 2881 Nuova iscrizione dell'ipoteca Salvo diversa disposizione di legge
(1276, 2926, 2927), se la causa estintiva dell'obbligazione è dichiarata nulla
o altrimenti non sussiste ovvero è dichiarata nulla la rinunzia fatta dal
creditore all'ipoteca, e l'iscrizione non è stata conservata, si può procedere
a nuova iscrizione e questa prende grado dalla sua data (2852). Sezione XI
Della cancellazione dell'iscrizione Art. 2882 Formalità per la cancellazione La
cancellazione consentita dalle parti interessate deve essere eseguita dal
conservatore in seguito a presentazione dell'atto contenente il consenso del
creditore. Per quest'atto devono essere osservate le forme prescritte dagli
artt. 2821, 2835 e 2837 (2725). Art. 2883 Capacità per consentire la
cancellazione Chi non ha capacità (320, 374, 394, 424) richiesta per liberare
il debitore non può consentire la cancellazione dell'iscrizione, se non è
assistito dalle persone il cui intervento è necessario per la liberazione. Il
rappresentante legale dell'incapace e ogni altro amministratore, anche se
autorizzati a esigere il credito e a liberare il debitore, non possono
consentire la cancellazione dell'iscrizione, ove il credito non sia
soddisfatto. Art. 2884 Cancellazione ordinata con sentenza La cancellazione
deve essere eseguita dal conservatore quando è ordinata con sentenza passata in
giudicato (Cod. Proc. Civ. 324) o con altro provvedimento definitivo emesso
dalle autorità competenti (Cod. Proc. Civ. 586). Art. 2885 Cancellazione sotto
conduzione Se è stato convenuto od ordinato che la cancellazione non debba aver
luogo che sotto la condizione di nuova ipoteca, di nuovo impiego o sotto altra
condizione, la cancellazione non può esser eseguita se non si fa constare al
conservatore che la condizione è stata adempiuta (499, 2675). Art. 2886
Formalità per la cancellazione Chi richiede la cancellazione totale o parziale
deve presentare al conservatore l'atto su cui la richiesta è fondata. La
cancellazione di un'iscrizione o la rettifica deve essere eseguita in margine
all'iscrizione medesima, con l'indicazione del titolo dal quale è stata
consentita od ordinata e della data in cui si esegue, e deve portare la
sottoscrizione del conservatore. Art. 2887 Cancellazione delle ipoteche a garanzia
dei titoli all'ordine La cancellazione della ipoteca costituita a garanzia
dell'obbligazione risultante da un titolo all'ordine è consentita dal creditore
risultante nei registri immobiliari e l'atto di consenso deve essere presentato
al conservatore insieme con il titolo, il quale è restituito dopo che il
conservatore vi ha eseguito l'annotazione della cancellazione. La cancellazione
dell'ipoteca importa la perdita del diritto di regresso contro i giranti
anteriori alla cancellazione medesima. Art. 2888 Rifiuto di cancellazione
Qualora il conservatore rifiuti di procedere alla cancellazione di
un'iscrizione, il richiedente può proporre reclamo all'autorità giudiziaria
(att. 113; Cod. Proc. Civ. 737). Sezione XII Del modo di liberare i beni dalle
ipoteche Art. 2889 Facoltà di liberare i beni dalle ipoteche Il terzo
acquirente dei beni ipotecati, che ha trascritto il suo titolo e non è
personalmente obbligato a pagare i creditori ipotecari, ha facoltà di liberare
i beni da ogni ipoteca iscritta anteriormente alla trascrizione del suo titolo
di acquisto (att. 244). Tale facoltà spetta all'acquirente anche dopo il
pignoramento (Cod. Proc. Civ. 555 e seguenti), purché nel termine di trenta
giorni (2892) proceda in conformità dell'articolo che segue (Cod. Proc. Civ.
792). Art. 2890 Notificazione L'acquirente deve far notificare, per mezzo di
ufficiale giudiziario (Cod. Proc. Civ. 131), ai creditori iscritti (2827 e
seguenti), nel domicilio da essi eletto (2844), e al precedente proprietario un
atto nel quale siano indicati: il titolo, la data del medesimo e la data della
sua trascrizione; la qualità e la situazione dei beni col numero del catasto o
altra loro designazione, quale risulta dallo stesso titolo; il prezzo stipulato
o il valore da lui stesso dichiarato, se si tratta di beni pervenutigli a
titolo lucrativo o di cui non sia stato determinato il prezzo. In ogni caso, il
prezzo o il valore dichiarato non può essere inferiore a quello stabilito come
base degli incanti dal codice di procedura civile in caso di espropriazione
(Cod. Proc. Civ. 568). Nell'atto della notificazione il terzo acquirente deve
eleggere domicilio nel comune dove ha sede il tribunale competente per
l'espropriazione (Cod. Proc. Civ. 26) e deve offrire di pagare il prezzo o il
valore dichiarato. Un estratto sommario della notificazione è inserito nel
giornale degli annunzi giudiziari. Art. 2891 Diritto dei creditori di far
vendere i beni Entro il termine di quaranta giorni dalla notificazione indicata
dall'articolo precedente, qualunque dei creditori iscritti (2827 e seguenti) o
dei relativi fideiussori (1936 e seguenti) ha diritto di richiedere
l'espropriazione dei beni con ricorso al presidente del tribunale competente a
norma del codice di procedura civile (Cod. Proc. Civ. 792 e seguenti), purché
adempia le condizioni che seguono: che la richiesta sia notificata al terzo
acquirente nel domicilio da lui eletto a norma dell'articolo precedente e al
proprietario anteriore; che contenga la dichiarazione del richiedente di
aumentare di un decimo il prezzo stipulato o il valore dichiarato; che contenga
l'offerta di una cauzione per una somma eguale al quinto del prezzo aumentato
come sopra; che l'originale e le copie della richiesta siano sottoscritti dal
richiedente o da un suo procuratore munito di mandato speciale. L'omissione di
alcuna di queste condizioni produce nullità della richiesta. Art. 2892 Divieto
di proroga dei termini I termini fissati dal secondo comma dell'art. 2889 e dal
primo comma dell'art. 2891 non possono essere prorogati. Art. 2893 Mancata
richiesta dell'incanto Se l'incanto non è domandato nel tempo e nel modo
prescritti dall'art. 2891, il valore del bene rimane definitivamente stabilito
nel prezzo, che l'acquirente ha posto a disposizione dei creditori a norma
dell'art. 2890, n. 3. La liberazione del bene dalle ipoteche avviene dopo che è
stato depositato il prezzo e si è provveduto nei modi indicati dal codice di
procedura civile (Cod. Proc. Civ. 792 e seguenti). Art. 2894 Effetti del
mancato deposito del prezzo Se il terzo acquirente non deposita il prezzo entro
il termine stabilito dall'art. 792 Cod. Proc. Civ., la richiesta di liberazione
del bene dalle ipoteche rimane senza effetto, salva la responsabilità del
richiedente per i danni verso i creditori iscritti. Art. 2895 Desistenza del
creditore La desistenza del creditore che ha richiesto l'incanto non può
impedire l'espropriazione a meno che vi consentano espressamente gli altri
creditori iscritti. Art. 2896 Aggiudicazione al terzo acquirente Se
l'aggiudicazione segue a favore del terzo acquirente (Cod. Proc. Civ. 604), il
decreto di trasferimento deve essere annotato in margine alla trascrizione
dell'atto di acquisto (2643). Art. 2897 Regresso dell'acquirente divenuto
compratore all'incanto Il terzo acquirente al quale è stato aggiudicato
l'immobile ha regresso contro il venditore per il rimborso di ciò che eccede il
prezzo stipulato nel contratto di vendita (2866). Art. 2898 Beni non ipotecati
per il credito per il quale si procede Nel caso in cui il titolo d'acquisto del
terzo acquirente comprende mobili e immobili (812 e seguenti), o comprende più
immobili, gli uni ipotecati e gli altri libe, ovvero non tutti gravati dalle
stesse iscrizioni, situati nella giurisdizione dello stesso tribunale o in
diverse giurisdizioni di tribunali, alienati per un unico prezzo ovvero per
prezzi distinti, il prezzo di ciascun immobile assoggettato a particolari e
separate iscrizioni deve dichiararsi nella notificazione, ragguagliato al
prezzo totale espresso nel titolo. Il creditore che richiede l'espropriazione
non può in nessun caso essere costretto a estendere la sua domanda ai mobili, o
ad altri immobili, fuori di quelli che sono ipotecati per il suo credito, salvo
il regresso del terzo acquirente contro il suo autore per il risarcimento del
danno che venga a soffrire.a causa della separazione dei beni compresi
nell'acquisto e delle relative coltivazioni. Sezione XIII Della rinunzia e
dell'astensione del creditore nell'espropriazione forzata Art. 2899 Divieto di
rinunzia a una ipoteca a danno di altro creditore Il creditore, che ha ipoteca
su vari immobili, dopo che gli è stata atta la notificazione indicata dall'art.
2890 si tratta del processo di liberazione dalle ipoteche, o dopo la
notificazione del provvedimento che dispone la vendita, in caso di
espropriazione, non può rinunziare alla sua ipoteca sopra uno di quegli
immobili né astenersi dall'intervenire nel giudizio di espropriazione (Cod.
Proc. Civ. 563 e seguenti), qualora sia con ciò favorito un creditore a danno
di altro creditore anteriormente iscritto (2852 .), se egli rinunzia o si
astiene, è responsabile dei danni, a meno che vi siano giusti motivi. La stessa
disposizione si applica nel caso in cui la rinunzia o l'astensione favorisca un
terzo acquirente a danno di un creditore con ipoteca anteriore o di un altro
terzo acquirente che abbia un titolo anteriormente trascritto. Capo V Dei mezzi
di conservazione della garanzia patrimoniale Sezione I Dell'azione surrogatoria
Art. 2900 Condizioni, modalità ed effetti Il creditore, per assicurare che
siano soddisfatte o conservate le sue ragioni (2740), può esercitare i diritti
e le azioni che spettano verso i terzi al proprio debitore e che questi
trascura di esercitare, purché i diritti e le azioni abbiano contenuto
patrimoniale e non si tratti di diritti o di azioni che, per loro natura o per
disposizione di legge, non possono essere esercitati se non dal loro titolare
(187, 324, 447, 470, 524, 557, 713, 802, 974, 1015, 1113, 1416, 2789, 2939). Il
creditore, qualora agisca giudizialmente, deve citare anche il debitore al
quale intende surrogarsi (Cod. Proc. Civ. 102, 163). Sezione II Dell'azione
revocatoria Art. 2901 Condizioni Il creditore, anche se il credito è soggetto a
condizione (13531 o a termine, può domandare che siano dichiarati inefficaci
nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio coi quali il
debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni (206, 1113, 2740) quando concorrono
le seguenti condizioni: che il debitore conoscesse il pregiudizio che l'atto
arrecava alle ragioni del creditore o, trattandosi di atto anteriore al sorgere
del credito, l'atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il
soddisfacimento; che, inoltre, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo
fosse consapevole del pregiudizio, e, nel caso di atto anteriore al sorgere del
credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione. Agli effetti della
presente norma, le prestazioni di garanzia (1936, 1960, 2784, 2808), anche per
debiti altrui, sono considerate atti a titolo oneroso, quando sono contestuali
al credito garantito. Non è soggetto a revoca l'adempimento di un debito
scaduto. L'inefficacia dell'atto non pregiudica i diritti acquistati a titolo
oneroso dai terzi di buona fede, salvi gli effetti della trascrizione (2652) della
domanda di revocazione. Art. 2902 Effetti Il creditore, ottenuta la
dichiarazione di inefficacia, può promuovere nei confronti dei terzi acquirenti
le azioni esecutive o conservative sui beni che formano oggetto dell'atto
impugnato. Il terzo contraente, che abbia verso il debitore ragioni di credito
dipendenti dall'esercizio dell'azione revocatoria, non può concorrere sul
ricavato dei beni che sono stati oggetto dell'atto dichiarato inefficace, se
non dopo che il creditore è stato soddisfatto. Art. 2903 Prescrizione
dell'azione L'azione revocatoria si prescrive in cinque anni dalla data
dell'atto (2934 e seguenti). Art. 2904 Rinvio Sono salve le disposizioni
sull'azione revocatoria in materia fallimentare e in materia penale (c.p. 192 e
seguenti). Sezione III Del sequestro conservativo Art. 2905 Sequestro nei
confronti del debitore o del terzo Il creditore può chiedere il sequestro
conservativo (2770) dei beni del debitore, secondo le regole stabilite dal
codice di procedura civile (Cod. Proc. Civ. 671 e seguenti). Il sequestro può
essere chiesto anche nei confronti del terzo acquirente dei beni del debitore,
qualora sia stata proposta l'azione per far dichiarare l'inefficacia
dell'alienazione. Art. 2906 Effetti Non hanno effetto il pregiudizio del creditore
sequestrante le alienazioni e gli altri atti che hanno per oggetto la cosa
sequestrata, in conformità delle regole stabilite per il pignoramento. Non ha
parimenti effetto in pregiudizio del creditore opponente il pagamento eseguito
dal debitore, qualora l'opposizione sia stata proposta nei casi e con le forme
stabilite dalla legge (2742, 2825). Titolo IV Della tutela giurisdizionale dei
diritti Capo I Disposizioni generali Art. 2907 Attività giurisdizionale Alla
tutela giurisdizionale dei diritti provvede l'autorità giudiziaria su domanda
di parte (Cod. Proc. Civ. 99 e seguenti) e, quando la legge lo dispone, anche
su istanza del pubblico ministero o d'ufficio (Cod. Proc. Civ. 69). La tutela
giurisdizionale dei diritti, nell'interesse delle categorie professionali, è
attuata su domanda delle associazioni legalmente riconosciute, nei casi
determinati dalla legge e con le forme da questa stabilite (Cod. Proc. Civ. 409
e seguenti). Art. 2908 Effetti costitutivi delle sentenze Nei casi previsti
dalla legge, l'autorità giudiziaria può costituire, modificare o estinguere
rapporti giuridici, con effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa. Art.
2909 Cosa giudicata L'accertamento contenuto nella sentenza passata in
giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa
(1306, 1595; Cod. Proc. Civ. 324). Capo II Dell'esecuzione forzata Sezione I
Dell'espropriazione §1 Disposizioni generali Art. 2910 Oggetto
dell'esproprazione Il creditore, per conseguire quanto gli é dovuto, può fare
espropriare i beni del debitore, secondo le regole stabilite dal codice di
procedura civile (Cod. Proc. Civ. 483 e seguenti). Possono essere espropriati
anche i beni di un terzo quando sono vincolati a garanzia del credito o quando
sono oggetto di un atto che è stato revocato perché compiuto in pregiudizio del
creditore. Art. 2911 Beni gravati da pegno o ipoteca Il creditore che ha pegno
su beni del debitore non può pignorare altri beni del debitore medesimo, se non
sottopone a esecuzione anche i beni gravati da pegno. Non può parimenti, quando
ha ipoteca, pignorare altri immobili, se non sottopone a pignoramento anche gli
immobili gravati dall'ipoteca (Cod. Proc. Civ. 502, 544). La stessa
disposizione si applica se il creditore ha privilegio speciale su determinati
beni. § 2 Degli effetti del pignoramento Art. 2912 Estensione del pignoramento
Il pignoramento (Cod. Proc. Civ. 491 e seguenti, 513 e seguenti, 555 e
seguenti) comprende gli accessori, le pertinenze (817) e i frutti (820) della
cosa pignorata. Art. 2913 Inefficacia delle alienazioni del bene pignorato Non
hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che
intervengono nell'esecuzione (Cod. Proc. Civ. 498 e seguenti) gli atti di
alienazione dei beni sottoposti a pignoramento, salvi gli effetti del possesso
di buona fede per i mobili (1153 e seguenti) non iscritti in pubblici registri.
Art. 2914 Alienazioni anteriori al pignoramento Non hanno effetto in
pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono
nell'esecuzione (Cod. Proc. Civ. 498 e seguenti), sebbene anteriori al
pignoramento: le alienazioni di beni immobili o di beni mobili iscritti in
pubblici registri (812 e seguenti), che siano state trascritte successivamente
al pignoramento; le cessioni di crediti (1260 e seguenti) che siano state
notificate al debitore ceduto o accettate dal medesimo successivamente al
pignoramento; le alienazioni di universalità di mobili che non abbiano data
certa (2704); le alienazioni di beni mobili di cui non sia stato trasmesso il
possesso anteriormente al pignoramento, salvo che risultino da atto avente data
certa. Art. 2915 Atti che limitano la disponibilità dei beni pignorati Non
hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che
intervengono nell'esecuzione (Cod. Proc. Civ. 498) gli atti che importano
vincoli di indisponibilità (169, 187, 220, 1980), se non sono stati trascritti
prima del pignoramento, quando hanno per oggetto beni immobili o beni mobili
iscritti in pubblici registri (2647 e seguenti, 2685 e seguenti, 2693), e,
negli altri casi, se non hanno data certa (2704) anteriore al pignoramento. Non
hanno del pari effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori
che intervengono nell'esecuzione (Cod. Proc. Civ. 498) gli atti e le domande
per la cui efficacia rispetto ai terzi acquirenti la legge richiede la
trascrizione (2643 e seguenti), se sono trascritti successivamente al
pignoramento. Art. 2916 Ipoteche e privilegi Nella distribuzione della somma
ricavata dall'esecuzione (Cod. Proc. Civ. 509 e seguenti) non si tiene conto:
delle ipoteche (2808 e seguenti), anche se giudiziali, iscritte dopo il
pignoramento; dei privilegi per la cui efficacia e necessaria l'iscrizione
(2762), se questa ha luogo dopo il pignoramento (2745); dei privilegi per
crediti sorti dopo il pignoramento. Art. 2917 Estinzione del credito pignorato
Se oggetto del pignoramento è un credito, l'estinzione di esso per cause
verificatesi in epoca successiva al pignoramento non ha effetto in pregiudizio
del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell'esecuzione (Cod.
Proc. Civ. 498 e seguenti). Art. 2918 Cessioni e liberazioni di pigioni e di
fitti Le cessioni e le liberazioni di pigioni e di fitti (1605) non ancora
scaduti per un periodo eccedente i tre anni non hanno effetto in pregiudizio
del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell'esecuzione (Cod.
Proc. Civ. 498 e seguenti), se non sono trascritte anteriormente al
pignoramento (2643 n. 9). Le cessioni e le liberazioni per un tempo inferiore
ai tre anni e le cessioni e le liberazioni superiori ai tre anni non trascritte
non hanno effetto, se non hanno data certa (2704) anteriore al pignoramento e,
in ogni caso, non oltre il termine di un anno dalla data del pignoramento. § 3
Effetti della vendita forzata e dell'assegnazione Art. 2919 Effetto traslativo
della vendita forzata La vendita forzata (Cod. Proc. Civ. 503 e seguenti)
trasferisce all'acquirente i diritti che sulla cosa spettavano a colui che ha
subito l'espropriazione, salvi gli effetti del possesso di buona fede (1147).
Non sono però opponibili all'acquirente diritti acquistati da terzi sulla cosa,
se i diritti stessi non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante
(2913) e dei creditori intervenuti nell'esecuzione (Cod. Proc. Civ. 498 e
seguenti). Art. 2920 Diritti di terzi sulla cosa mobile venduta Se oggetto
della vendita è una cosa mobile (812), coloro che avevano la proprietà o altri
diritti reali su di essa, ma non hanno fatto valere le loro ragioni sulla somma
ricavata dall'esecuzione (Cod. Proc. Civ. 541 e seguenti), non possono farle
valere nei confronti dell'acquirente di buona fede (1147), né possono ripetere
dai creditori la somma distribuita. Resta ferma la responsabilità del creditore
procedente di mala fede per i danni e per le spese. Art. 2921 Evizione
L'acquirente della cosa espropriata, se ne subisce l'evizione, può ripetere il
prezzo non ancora distribuito, dedotte le spese, e, se la distribuzione è già
avvenuta, può ripeterne da ciascun creditore la parte che ha riscossa e dal
debitore l'eventuale residuo, salva la responsabilità del creditore procedente
per i danni e per le spese. Se l'evizione è soltanto parziale, l'acquirente ha
diritto di ripetere una parte proporzionale del prezzo. La ripetizione ha luogo
anche se l'aggiudicatario, per evitare l'evizione, ha pagato una somma di
danaro. In ogni caso l'acquirente non può ripetere il prezzo nei confronti dei
creditori privilegiati o ipotecari ai quali la causa di evizione non era
opponibile. Art. 2922 Vizi della cosa. Lesione Nella vendita forzata non ha
luogo la garanzia per i vizi della cosa (1490). Essa non può essere impugnata
per causa di lesione (1448). Art. 2923 Locazioni Le locazioni (1571 e seguenti)
consentite da chi ha subito l'espropriazione sono opponibili all'acquirente se
hanno data certa (2704) anteriore al pignoramento (1599), salvo che,
trattandosi di beni mobili, l'acquirente ne abbia conseguito il possesso in
buona fede (1147). Le locazioni immobiliari eccedenti i nove anni che non sono
state trascritte anteriormente al pignoramento (2643 n. 8) non sono opponibili
all'acquirente, se non nei limiti di un novennio dall'inizio della locazione
(1599). In ogni caso l'acquirente non è tenuto a rispettare la locazione
qualora il prezzo convenuto sia inferiore di un terzo al giusto prezzo o a
quello risultante da precedenti locazioni. Se la locazione non ha data certa
(2704), ma la detenzione del conduttore è anteriore al pignoramento della cosa
locata, l'acquirente non è tenuto a rispettare la locazione che per la durata
corrispondente a quella stabilita per le locazioni a tempo indeterminato
(1574). Se nel contratto di locazione è convenuto che esso possa risolversi in
caso di alienazione, l'acquirente può intimare licenza al conduttore secondo le
disposizioni dell'art. 1603. Art. 2924 Cessioni e liberazioni di pigioni e di
fitti Le cessioni e le liberazioni di pigioni e di fitti (1605) non ancora
scaduti non sono opponibili all'acquirente, salvo che si tratti di cessioni o
di liberazioni eccedenti il triennio e trascritte anteriormente al pignoramento
(2643 n. 9) o si tratti di anticipazioni fatte in conformità degli usi locali.
Art. 2925 Norme applicabili all'assegnazione forzata Le norme concernenti la
vendita forzata si applicano anche all'assegnazione forzata (Cod. Proc. Civ.
505 e seguenti), salvo quanto è disposto negli articoli seguenti. Art. 2926
Diritti dei terzi sulla cosa assegnata Se l'assegnazione ha per oggetto beni
mobili, i terzi che ne avevano la proprietà possono, entro il termine di
sessanta giorni dall'assegnazione, rivolgersi contro l'assegnatario che ha
ricevuto in buona fede il possesso (1147), al solo scopo di ripetere la somma
corrispondente al suo credito soddisfatto con l'assegnazione. La stessa facoltà
spetta ai terzi che avevano sulla cosa altri diritti reali, nei limiti del
valore del loro diritto. L'assegnatario conserva le sue ragioni nei confronti
del debitore, ma si estinguono le garanzie prestate da terzi. Art. 2927
Evizione della cosa assegnata L'assegnatario, se subisce l'evizione della cosa,
ha diritto di ripetere quanto ha pagato agli altri creditori, salva la
responsabilità del creditore procedente per i danni e per le spese.
L'assegnatario conserva le sue ragioni nei confronti del debitore espropriato,
ma non le garanzie prestate da terzi. Art. 2928 Assegnazione di crediti Se
oggetto dell'assegnazione è un credito, il diritto dell'assegnatario verso il
debitore che ha subito l'espropriazione non si estingue che con la riscossione
del credito assegnato. Art. 2929 Nullità del processo esecutivo La nullità
degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita o l'assegnazione non ha
effetto riguardo all'acquirente o all'assegnatario, salvo il caso di collusione
con il creditore procedente. Gli altri creditori non sono in nessun caso tenuti
a restituire quanto hanno ricevuto per effetto dell'esecuzione. Sezione II
Dell'esecuzione forzata in forma specifica Art. 2930 Esecuzione forzata per
consegna o rilascio Se non e adempiuto l'obbligo di consegnare una cosa determinata,
mobile o immobile, l'avente diritto può ottenere la consegna o il rilascio
forzati a norma delle disposizioni del codice di procedura civile (Cod. Proc.
Civ. 605 e seguenti). Art. 2931 Esecuzione forzata degli obblighi di fare Se
non è adempiuto un obbligo di fare, l'avente diritto può ottenere che esso sia
eseguito a spese dell'obbligato nelle forme stabilite dal codice di procedura
civile (Cod. Proc. Civ. 612 e seguenti). Art. 2932 Esecuzione specifica
dell'obbligo di concludere un contratto Se colui che è obbligato a concludere
un contratto non adempie l'obbligazione, l'altra parte, qualora sia possibile e
non sia escluso dal titolo, può ottenere una sentenza che produca gli effetti
del contratto non concluso (2908). Se si tratta di contratti che hanno per
oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata o la
costituzione o il trasferimento di un altro diritto, la domanda non può essere
accolta, se la parte che l'ha proposta non esegue la sua prestazione (1208 e
seguenti) o non ne fa offerta nei modi di legge, a meno che la prestazione non
sia ancora esigibile (att. 246). Art. 2933 Esecuzione forzata degli obblighi di
non fare Se non è adempiuto un obbligo di non fare, l'avente diritto può
ottenere che sia distrutto, a spese dell'obbligato, ciò che è stato fatto in
violazione dell'obbligo (Cod. Proc. Civ. 612 e seguenti). Non può essere
ordinata la distruzione della cosa e l'avente diritto può conseguire solo il
risarcimento dei danni, se la distruzione della cosa e di pregiudizio all'economia
nazionale. Titolo V Della prescrizione e della decadenza Capo I Della
prescrizione Sezione I Disposizioni generali Art. 2934 Estinzione dei diritti
Ogni diritto si estingue per prescrizione, quando il titolare non lo esercita
per il tempo determinato dalla legge. Non sono soggetti alla prescrizione i
diritti indisponibili e gli altri diritti indicati dalla legge (248 e seguente,
263, 272, 533, 715, 948,1422). Art. 2935 Decorrenza della prescrizione La
prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto
valere. Art. 2936 Inderogabilità delle norme sulla prescrizione E' nullo ogni
patto diretto a modificare la disciplina legale della prescrizione (1418 e
seguenti). Art. 2937 Rinunzia alla prescrizione Non può rinunziare alla prescrizione
chi non può disporre validamente del diritto. Si può rinunziare alla
prescrizione solo quando questa è compiuta. La rinunzia può risultare da un
fatto incompatibile con la volontà di valersi della prescrizione (1310). Art.
2938 Non rilevabilità d'ufficio Il giudice non può rilevare d'ufficio la
prescrizione non opposta. Art. 2939 Opponibilità della prescrizione da parte
dei terzi La prescrizione può essere opposta dai creditori e da chiunque vi ha
interesse, qualora la parte non la faccia valere. Può essere opposta anche se
la parte vi ha rinunziato (2900). Art. 2940 Pagamento del debito prescritto Non
è ammessa la ripetizione di ciò che è stato spontaneamente pagato in
adempimento di un debito prescritto (2034). Sezione II Della sospensione della
prescrizione Art. 2941 Sospensione per rapporti tra le parti La prescrizione
rimane sospesa (1310): tra i coniugi; tra chi esercita la potestà di cui
all'art. 316 o i poteri a essa inerenti (260, 409) e le persone che vi sono
sottoposte; tra il tutore e il minore (346 e seguenti) o l'interdetto (424)
soggetti alla tutela, finché non sia stato reso e approvato il conto finale
(386), salvo quanto e disposto dall'art. 387 per le azioni relative alla
tutela; tra il curatore e il minore emancipato (390 e seguenti) o l'inabilitato
(424); tra l'erede e l'eredità accettata con beneficio d'inventario (484 e
seguenti); tra le persone i cui beni sono sottoposti per legge o per
provvedimento del giudice all'amministrazione altrui e quelle da cui
l'amministrazione è esercitata, finché non sia stato reso e approvato
definitivamente il conto; tra le persone giuridiche e i loro amministratori,
finché sono in carica, per le azioni di responsabilità contro di essi (18,
2393, 2487); tra il debitore che ha dolosamente occultato l'esistenza del
debito e il creditore, finché il dolo non sia stato scoperto (att. 247 e
seguente). Art. 2942 Sospensione per la condizione del titolare La prescrizione
rimane sospesa: contro i minori non emancipati (316) e gli interdetti per
infermità di mente (414 e seguenti), per il tempo in cui non hanno
rappresentante legale e per sei mesi successivi alla nomina del medesimo o alla
cessazione dell'incapacità; in tempo di guerra, contro i militari in servizio e
gli appartenenti alle forze armate dello Stato e contro coloro che si trovano
per ragioni di servizio al seguito delle forze stesse, per il tempo indicato
dalle disposizioni delle leggi di guerra. Sezione III Dell'interruzione della
prescrizione Art. 2943 Interruzione da parte del titolare La prescrizione è
interrotta (1310) dalla notificazione dell'atto con il quale si inizia un
giudizio, sia questo di cognizione (Cod. Proc. Civ. 163, 638) ovvero
conservativo (Cod. Proc. Civ. 670 e seguente, 688, 700, 703) o esecutivo (Cod.
Proc. Civ. 474 e seguenti). E' pure interrotta dalla domanda proposta nel corso
di un giudizio. L'interruzione si verifica anche se il giudice adito è
incompetente. La prescrizione è inoltre interrotta da ogni altro atto che valga
a costituire in mora il debitore e dall'atto notificato con il quale una parte,
in presenza di compromesso o clausola compromissoria, dichiara la propria
intenzione di promuovere il procedimento arbitrale, propone la domanda e
procede per quanto le spetta alla nomina degli arbitri. Art. 2944 Interruzione
per effetto di riconoscimento La prescrizione è interrotta dal riconoscimento
del diritto da parte di colui contro il quale il diritto stesso può essere
fatto valere. Art. 2945 Effetti e durata dell'interruzione Per effetto
dell'interruzione s'inizia un nuovo periodo di prescrizione. Se l'interruzione
è avvenuta mediante uno degli atti indicati dai primi due commi dell'art. 2943,
la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza
che definisce il giudizio (Cod. Proc. Civ. 324). Se il processo si estingue
(Cod. Proc. Civ. 306), rimane fermo l'effetto interruttivo e il nuovo periodo
di prescrizione comincia dalla data dell'atto interruttivo. Nel caso di
arbitrato la prescrizione non corre dal momento della notificazione dell'atto
contenente la domanda di arbitrato sino al momento in cui il lodo che definisce
il giudizio non è più impugnabile o passa in giudicato la sentenza resa
sull'impugnazione. Sezione IV Del termine della prescrizione §1 Della
prescrizione ordinaria Art. 2946 Prescrizione ordinaria Salvi i casi in cui la
legge dispone diversamente, i diritti si estinguono per prescrizioni con il
decorso di dieci anni (att. 248 e seguenti). § 2 Delle prescrizioni brevi Art.
2947 Prescrizione del diritto al risarcimento del danno Il diritto al
risarcimento del danno derivante da fatto illecito (2043 e seguenti) si
prescrive in cinque anni dal giorno in cui il il fatto si è verificato. Per il
risarcimento del danno prodotto a circolazione dei veicoli di ogni specie
(2054) il diritto si prescrive in due anni. In ogni caso, se il fatto è
considerato dalla legge come reato e per il reato è stabilita una prescrizione
più lunga, questa si applica anche all'azione civile. Tuttavia, se il reato è
estinto per causa diversa dalla prescrizione (Cod. Pen. 150 e seguenti) o e
intervenuta sentenza irrevocabile nel giudizio penale (Cod. Proc. Pen. 576), il
diritto al risarcimento del danno si prescrive termini indicati dai primi due
commi con decorrenza dalla data di estinzione del lato o dalla data in cui la
sentenza è divenuta irrevocabile. Art.2948 Prescrizione di cinque anni Si
prescrivono in cinque anni: le annualità delle rendite perpetue (1861) o
vitalizie (1872); 1 bis. il capitale nominale dei titoli del debito pubblico
emessi al portatore; le annualità delle pensioni alimentari 33 e seguenti) le
pigioni delle case, i fitti dei beni rustici e ogni altro corrispettivo di
locazioni (1571) gli interessi (1282) e, in generale, tutto ciò che deve
pagarsi periodicamente ad anno in termini più brevi (dichiarato illegittimo
dalla Corte Costituzionale); le indennità spettanti per la cessazione del
rapporto di lavoro (1751, 2118 e seguenti). Art. 2949 Prescrizione in materia
di società Si prescrivono in cinque anni i diritti che derivano dai rapporti
sociali, se la società è iscritta nel registro delle imprese (2188 e seguenti).
Nello stesso termine si prescrive l'azione di responsabilità che spetta ai
creditori sociali verso gli amministratori nei casi stabiliti dalla legge
(2394, 2487). Art. 2950 Prescrizione del diritto del mediatori Si prescrive in
un anno il diritto del mediatore al pagamento della provvigione (1755). Art.
2951 Prescrizione in materia di spedizione e di trasporto Si prescrivono in un
anno i diritti derivanti dal contratto di spedizione (1737) e dal contratto di
trasporto (1678). La prescrizione si compie con il decorso di diciotto mesi se
il trasporto ha inizio o termine fuori d'Europa. Il termine decorre dall'arrivo
a destinazione della persona o, in caso di sinistro, dal giorno di questo,
ovvero dal giorno in cui è avvenuta o sarebbe dovuta avvenire la riconsegna
della cosa al luogo di destinazione. Si prescrivono parimenti in un anno dalla
richiesta del trasporto i diritti verso gli esercenti pubblici servizi di linea
indicati dall'art. 1679. Art. 2952 Prescrizione in materia di assicurazione Il
diritto al pagamento delle rate di premio si prescrive in un anno dalle singole
scadenze (1882 e seguenti). Gli altri diritti derivanti dal contratto di
assicurazione (1882 e seguenti) si prescrivono in un anno e quelli derivanti
dal contratto di riassicurazione (1928 e seguenti) in due anni dal giorno in
cui si è verificato il fatto su cui il diritto si fonda. Nell'assicurazione
della responsabilità civile (1917), il termine decorre dal giorno in cui il
terzo ha richiesto il risarcimento all'assicurato o ha promosso contro di
questo l'azione. La comunicazione all'assicuratore della richiesta del terzo
danneggiato o dell'azione da questo proposta sospende il corso della
prescrizione finché il credito del danneggiato non sia divenuto liquido ed
esigibile oppure il diritto del terzo danneggiato non sia prescritto. La
disposizione del comma precedente si applica all'azione del riassicurato verso
il riassicuratore per il pagamento dell'indennità (1928 e seguenti). Art. 2953
Effetti del giudicato sulle prescrizioni brevi I diritti per i quali la legge
stabilisce una prescrizione più breve di dieci anni, quando riguardo ad essi è
intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato (Cod. Proc. Civ. 324), si
prescrivono con il decorso di dieci anni. §3 Delle prescrizioni presuntive Art.
2954 Prescrizione di sei mesi Si prescrive in sei mesi il diritto degli
albergatori e degli osti per l'alloggio e il vitto che somministrano, e si
prescrive nello stesso termine il diritto di tutti coloro che danno alloggio
con o senza pensione. Art. 2955 Prescrizione di un anno Si prescrive in un anno
il diritto: degli insegnanti, per la retribuzione delle lezioni che
impartiscono a mesi o a giorni o a ore; dei prestatori di lavoro, per le
retribuzioni corrisposte a periodi non superiori al mese (2099) (dichiarato
illegittimo dalla Corte Cost.); di coloro che tengono convitto o casa di
educazione e di istruzione per il prezzo della pensione e dell'istruzione;
degli ufficiali giudiziari, per il compenso degli atti compiuti nella loro
qualità; dei commercianti, per il prezzo delle merci vendute a chi non ne fa
commercio; dei farmacisti, per il prezzo dei medicinali. Art. 2956 Prescrizione
di tre anni Si prescrive in tre anni il diritto: dei prestatori di lavoro, per
le retribuzioni corrisposte a periodi superiori al mese (2099); dei
professionisti, per il compenso dell'opera prestata e per il rimborso delle
spese correlative (2233 e seguenti); dei notai, per gli atti del loro
ministero; degli insegnanti, per la retribuzione delle lezioni impartite a
tempo più lungo di un mese. Art. 2957 Decorrenza delle prescrizioni presuntive
Il termine della prescrizione decorre dalla scadenza della retribuzione
periodica o compimento della prestazione. Per le competenze dovute agli
avvocati, ai procuratori e ai patrocinatori legali il termine e decorre dalla
decisione della lite (Cod. Proc. Civ. 324), dalla conciliazione delle parti o
dalla revoca del mandato (Cod. Proc. Civ. 85); per gli affari non terminati, la
prescrizione decorre dalla l'ultima prestazione. Art. 2958 Corso della
prescrizione La prescrizione decorre anche se vi è stata continuazione di
somministrazioni o di prestazioni. Art. 2959 Ammissioni di colui che oppone la
prescrizione L'eccezione è rigettata, se chi oppone la prescrizione nei casi
indicati dagli artt. 2954, 2955 e 2956 ha comunque ammesso in giudizio che
l'obbligazione non è stata estinta. Art. 2960 Delazione di giuramento Nei casi
indicati dagli artt. 2954, 2955 e 2956, colui al quale la prescrizione è stata
opposta può deferire all'altra parte il giuramento per accertare se si è
verificata l'estinzione del debito (2736 e seguenti; Cod. Proc. Civ. 233). Il
giuramento può essere deferito al coniuge superstite e agli eredi o ai loro
rappresentanti legali per dichiarare se hanno notizia dell'estinzione del
debito. Art. 2961 Restituzione di documenti I cancellieri, gli arbitri, gli
avvocati, i procuratori e i patrocinatori legali sono esonerati dal rendere
conto degli incartamenti relativi alle liti dopo tre anni da che queste sono
state decise o sono altrimenti terminate. Tale esonero si verifica, per gli
ufficiali giudiziari, dopo due anni dal compimento degli atti ad essi affidati.
Anche alle persone designate in questo articolo può essere deferito il
giuramento perché dichiarino se ritengono o sanno dove si trovano gli atti o le
carte. Si applica in questo caso il disposto dell'art. 2959. § 4 Del computo
dei termini Art. 2962 Compimento della prescrizione In tutti i casi contemplati
dal presente codice e dalle altre leggi, la prescrizione si verifica quando è
compiuto l'ultimo giorno del termine. Art. 2963 Computo dei termini di
prescrizione I termini di prescrizioni contemplati dal presente codice e dalle
altre leggi si computano secondo il calendario comune (Cod. Proc. Civ. 155).
Non si computa il giorno nel corso del quale cade il momento iniziale del
termine e la prescrizione si verifica con lo spirare dell'ultimo istante del
giorno finale. Se il termine scade in giorno festivo, è prorogato di diritto al
giorno seguente non festivo (1187). La prescrizione a mesi si verifica nel mese
di scadenza e nel giorno di questo corrispondente al giorno del mese iniziale.
Se nel mese di scadenza manca tale giorno, il termine si compie con l'ultimo
giorno dello stesso mese. Capo II Della decadenza Art. 2964 Inapplicabilità di
regole della prescrizione Quando un diritto deve esercitarsi entro un dato
termine sotto pena di decadenza, non si applicano le norme relative all'interruzione
della prescrizione (2943 e seguenti). Del pari non si applicano le norme che si
riferiscono alla sospensione (2941 e seguenti), salvo che sia disposto
altrimenti (245, 489, 802). Art. 2965 Decadenze stabilite contrattualmente E'
nullo il patto (1418 e seguenti) con cui si stabiliscono termini di decadenza
che rendono eccessivamente difficile a una delle parti l'esercizio del diritto.
Art. 2966 Cause che impediscono la decadenza La decadenza non è impedita se non
dal compimento dell'atto previsto dalla legge o dal contratto. Tuttavia, se si
tratta di un termine stabilito dal contratto o da una norma di legge relativa a
diritti disponibili, la decadenza può essere anche impedita dal riconoscimento
del diritto proveniente dalla persona contro la quale si deve far valere il
diritto soggetto a decadenza. Art. 2967 Effetto dell'impedimento della
decadenza Nei casi in cui la decadenza è impedita, il diritto rimane soggetto
alle disposizioni che regolano la prescrizione (2934 e seguenti). Art. 2968
Diritti indisponibili Le parti non possono modificare la disciplina legale
della decadenza né possono rinunziare alla decadenza medesima, se questa è
stabilita dalla legge in materia sottratta alla disponibilità delle parti. Art.
2969 Rilievo d'ufficio La decadenza non può essere rilevata d'ufficio dal
giudice, salvo che, trattandosi di materia sottratta alla disponibilità delle
parti, il giudice debba rilevare le cause d'improponibilità dell'azione.
Disposizioni di attuazione e transitorie Regio Decreto 30 marzo 1942, n. 318
Disposizioni per l'attuazione del Codice Civile e disposizioni transitorie Capo
I Disposizioni di attuazione Sezione I Disposizioni relative al Libro I Art. 1
L'esercizio delle facoltà attribuite all'autorità governativa nel titolo II del
libro I del codice può dal Governo essere delegato in tutto o in parte ai
prefetti per gli enti che esercitano la loro attività nell'ambito di una
provincia. Art. 2 La domanda per il riconoscimento di una persona giuridica
(Cod. Civ. 12 e seguenti) deve essere accompagnata dalla copia autentica
dell'atto costitutivo e dello statuto e da quegli altri documenti che possono,
secondo le circostanze, servire a dimostrare lo scopo dell'ente e i mezzi
patrimoniali per provvedervi. Il riconoscimento delle fondazioni può essere
concesso dall'autorità governativa anche d'ufficio. Art. 3 Il notaio che
interviene per la stipulazione di atti tra vivi ovvero per la pubblicazione di
testamenti (Cod. Civ. 620 e seguente), con i quali si dispongono fondazioni o
si fanno donazioni o lasciti in favore di enti da istituire (Cod. Civ. 600,
786), è obbligato a farne denunzia al prefetto entro trenta giorni. La denunzia
deve contenere gli estremi essenziali dell'atto, il testo letterale concernente
la liberalità, la indicazione degli eredi e della loro residenza. Il prefetto è
autorizzato a promuovere, nei modi e nei casi stabiliti dalla legge, gli atti
conservativi che reputa necessari per l'esecuzione della disposizione sia nei
confronti degli eredi, sia nei confronti dei terzi. Può anche chiedere al
tribunale, in caso di urgenza o di necessità, la nomina di un amministratore
provvisorio dei beni. Il tribunale provvede con decreto in camera di consiglio
(Cod. Proc. Civ. 737). Art. 4 La domanda per ottenere l'approvazione (Cod. Civ.
16) delle modificazioni dell'atto costitutivo e dello statuto deve essere
accompagnata da una copia autentica della deliberazione relativa e dai
documenti necessari per dimostrare l'osservanza delle condizioni prescritte dal
secondo comma dell'art. 21 del codice. Gli amministratori della persona
giuridica devono chiedere l'approvazione entro trenta giorni dalla
deliberazione. Art. 5 La domanda per ottenere l'autorizzazione prevista
nell'art. 17 del codice deve essere presentata al prefetto della provincia in
cui la persona giuridica ha la sua sede (Cod. Civ. 46) e accompagnata dai
documenti necessari per dimostrare l'entità, le condizioni, l'opportunità
dell'acquisto, nonché la destinazione dei beni. Il prefetto raccoglie le
opportune informazioni, sente, quando trattasi di atti di ultima volontà,
coloro ai quali per successione sarebbero devoluti i beni lasciati alla persona
giuridica e, ove non sia delegato a concedere la chiesta autorizzazione,
trasmette la domanda al ministero competente secondo l'attività che la persona
giuridica svolge. In tal caso l'autorizzazione è data con decreto del
Presidente della Repubblica. Durante il procedimento i rappresentanti della
persona giuridica possono compiere gli atti che tendono a conservarne i
diritti. Art. 6 L'acquisto di beni immobili in seguito a subastazione (Cod.
Civ. 2919; Cod. Proc. Civ. 586 e seguenti) effettuata a carico di un debitore
della persona giuridica non è soggetto alla necessità dell'autorizzazione.
Tuttavia entro trenta giorni dall'acquisto i rappresentanti della persona
giuridica devono darne comunicazione al prefetto. Art. 7 Il notaio che
interviene per la stipulazione di atti tra vivi ovvero per la pubblicazione
(Cod. Civ. 620 e seguente) di testamenti, nei quali si dispongono donazioni o
lasciti in favore di una persona giuridica, deve darne notizia entro trenta
giorni al rappresentante della persona giuridica e al prefetto della provincia
in cui questa ha la sua sede. Art. 8 La convocazione dell'assemblea delle
associazioni (Cod. Civ. 20) deve farsi nelle forme stabilite dallo statuto e,
se questo non dispone, mediante avviso personale che deve contenere l'ordine
del giorno degli argomenti da trattare. Se non è vietato dall'atto costitutivo
o dallo statuto, gli associati possono farsi rappresentare nell'assemblea da
altri associati mediante delega scritta anche in calce all'avviso di
convocazione. Art. 9 Nell'ipotesi prevista dal quarto comma dell'art. 23 del
codice il provvedimento di sospensione deve essere comunicato agli
amministratori, i quali possono entro quindici giorni proporre reclamo. In tal
caso l'autorità governativa, se non ritiene di revocare il provvedimento, ne da
comunicazione al pubblico ministero, il quale promuove l'azione di annullamento
della deliberazione (Cod. Civ. 23). Art. 10 Il provvedimento con il quale
l'autorità governativa dichiara l'estinzione o dispone la trasformazione (Cod.
Civ. 27 e seguente) della persona giuridica è comunicato agli amministratori e
al presidente del tribunale, il quale ne ordina l'iscrizione nel registro delle
persone giuridiche (Cod. Civ. 22, 33 e seguenti). Art. 11 Quando la persona
giuridica è dichiarata estinta (Cod. Civ. 27) o quando l'associazione è
sciolta, il presidente del tribunale, su istanza degli amministratori, dei
soci, dei creditori, del pubblico ministero o anche d'ufficio, nomina uno o più
commissari liquidatori, salvo che l'atto costitutivo o lo statuto non preveda
una diversa forma di nomina e a questa si proceda entro un mese dal
provvedimento. La preventiva designazione dei liquidatori nell'atto costitutivo
o nello statuto non ha effetto (Cod. Civ. 30). Quando lo scioglimento
dell'associazione e deliberato dall'assemblea, la nomina può essere fatta
dall'assemblea medesima con la maggioranza prevista dall'art. 21 del codice.
Possono essere nominati liquidatori anche gli amministratori uscenti. In ogni
caso la nomina fatta dall'assemblea o nelle forme previste nell'atto
costitutivo o nello statuto deve essere comunicata immediatamente al presidente
del tribunale. Art. 12 I liquidatori esercitano la loro funzione sotto la
diretta sorveglianza del presidente del tribunale e si considerano ad ogni
effetto di legge pubblici ufficiali (Cod. Pen. 357). Essi possono essere
revocati e sostituiti in ogni tempo anche di ufficio dallo stesso presidente
con provvedimento non soggetto a reclamo. I liquidatori deliberano a
maggioranza. Art. 13 I liquidatori, entro quindici giorni dalla comunicazione
avutane, devono procedere all'annotazione della loro nomina nel registro dove
la persona giuridica è iscritta (Cod. Civ. 33), e richiedere agli
amministratori la consegna dei beni e delle scritture della persona giuridica.
All'atto della consegna è redatto inventario, di cui è trasmessa copia al
presidente del tribunale. Se gli amministratori si rifiutano di procedere alla
consegna, il presidente del tribunale autorizza il rilascio coattivo con
decreto non soggetto a reclamo. In questo caso l'inventario e redatto
dall'ufficiale giudiziario procedente. Art. 14 Entro trenta giorni dalla
formazione dell'inventario i liquidatori, dopo avere determinato la consistenza
dell'attivo e del passivo dell'ente, se riconoscono che il patrimonio non è
sufficiente al pagamento integrale delle passività, devono iniziare la
liquidazione generale dei beni nell'interesse di tutti i creditori, dandone
avviso mediante annotazione nel registro delle persone giuridiche. Il medesimo
avviso deve essere dato nel caso in cui i liquidatori non ritengono di dover
procedere alla liquidazione generale, essendovi eccedenza dell'attivo sul passivo.
In quest'ultimo caso i creditori dell'ente possono fare opposizione entro
trenta giorni dall'annotazione chiedendo la liquidazione generale del
patrimonio. Le opposizioni si propongono davanti al presidente del tribunale.
Contro il provvedimento di questo è ammesso reclamo davanti al presidente della
corte nel termine di quindici giorni. Il provvedimento definitivo è annotato
nel registro a cura dei liquidatori. Art. 15 Quando non sono intervenute
opposizioni ai sensi dell'articolo precedente o queste sono state rigettate con
provvedimento definitivo, i liquidatori provvedono a riscuotere i crediti
dell'ente, a convertire in danaro, nei limiti in cui è necessario, i beni e a
pagare i creditori a misura che si presentano. I liquidatori possono provvedere
al pagamento anche dei creditori il cui credito non è attualmente esigibile, e
devono provvedere alle cautele necessarie per assicurare il pagamento dei
creditori condizionali. Soddisfatti i creditori, i liquidatori formano
l'inventario dei beni residuati e rendono conto della gestione al presidente
del tribunale. Copia dell'inventario e del rendiconto approvato dal presidente
del tribunale deve essere trasmessa all'autorità governativa. I liquidatori
distribuiscono i beni residuati a norma dell'art. 31 del codice, provocando,
quando è necessario, le disposizioni dell'autorità governativa. Art. 16 Quando
è disposta la liquidazione generale del patrimonio dell'ente si osservano, in
quanto applicabili, le disposizioni degli artt. 201, 207, 208, 209, 210, 212 e
213 del Rd 16 marzo 1942, n. 267, salve le disposizioni seguenti. Art. 17 I
termini, che secondo le disposizioni richiamate nell'articolo precedente.
decorrono dalla data del provvedimento di liquidazione o di nomina dei
liquidatori o dalla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, decorrono dalla
data in cui è stato annotato nel registro il provvedimento che dispone la
liquidazione generale della persona giuridica ai sensi del precedente art. 14.
Art. 18 La pubblicità del provvedimento che ordina la liquidazione e del
bilancio finale di liquidazione si attua mediante annotazione nel registro
delle persone giuridiche a cura dei liquidatori. Nei casi in cui le norme
richiamate nell'art. 16 richiedono il deposito di atti nella cancelleria del
tribunale, il deposito si deve effettuare presso la cancelleria in cui è tenuto
il registro delle persone giuridiche. Art. 19 Le attribuzioni, che secondo le
norme sulla liquidazione coatta amministrativa sono demandate all'autorità che
ha nominato il liquidatore, spettano al presidente del tribunale. Art. 20
Chiusa la liquidazione, il presidente del tribunale ordina la cancellazione
dell'ente dal registro delle persone giuridiche. Il provvedimento di
cancellazione è annotato d'ufficio nel registro a cura della cancelleria del
tribunale. Art. 21 La competenza per i provvedimenti relativi alla liquidazione
spetta al tribunale del capoluogo della provincia in cui e registrata la
persona giuridica. Art. 22 Il registro delle persone giuridiche (Cod. Civ. 33 e
seguenti) è istituito presso la cancelleria del tribunale di ogni capoluogo di
provincia ed e tenuto sotto la diretta sorveglianza del presidente del
tribunale. Art. 23 Il registro consta di due parti, l'una generale e l'altra
analitica. Nella prima parte del registro sono iscritte le persone giuridiche
con la sola indicazione della loro denominazione. L'iscrizione è contrassegnata
da un numero d'ordine, ed e accompagnata dall'indicazione della data, del nome
del richiedente, delle pagine riservate nella parte analitica alla stessa
persona giuridica e del volume in cui sono contenuti lo statuto e l'atto
costitutivo. Alla fine della parte generale il registro è munito di una rubrica
alfabetica contenente il nome della persona giuridica, il numero della pagina
in cui la stessa è iscritta e il riferimento alla parte analitica del registro.
Nella seconda parte del registro, distintamente per ogni persona giuridica,
sono iscritti tutti gli elementi e i fatti indicati nel secondo comma dell'art.
33 e del primo comma dell'art. 34 del codice. Ogni iscrizione è contrassegnata
da un numero d'ordine e deve contenere l'indicazione della data, del nome del
richiedente, del volume in cui sono raccolti l'atto costitutivo e lo statuto e
di quello dove sono raccolte le copie delle deliberazioni e dei provvedimenti
iscritti nel registro. Ad ogni persona giuridica è riservato nella seconda
parte del registro un intero foglio costituito da due pagine contrapposte. Le
iscrizioni successive si fanno nello stesso foglio. Quando il foglio riservato
per una persona giuridica è esaurito, le iscrizioni sono fatte in un foglio
successivo. La continuazione deve risultare chiaramente dalla pagina esaurita.
Art. 24 Le iscrizioni si eseguono nel registro tenuto nel capoluogo della
provincia, nella quale è la sede (Cod. Civ. 46) della persona giuridica. Al
richiedente deve essere rilasciata ricevuta in carta libera della richiesta
d'iscrizione. Art. 25 Per ottenere l'iscrizione della persona giuridica, il
richiedente deve presentare copia autentica in carta libera del decreto di
riconoscimento, dell'atto costitutivo e dello statuto (Cod. Civ. 33). Quando il
riconoscimento è avvenuto per decreto del Presidente della Repubblica, è
sufficiente l'esibizione del numero della Gazzetta Ufficiale nel quale il decreto
è stato pubblicato. L'atto costitutivo e lo statuto rimangono depositati nella
cancelleria e sono ordinati in volumi muniti di rubrica alfabetica. Art. 26 Per
ottenere l'iscrizione dei fatti indicati nell'art. 34 del codice, il
richiedente deve presentare copia autentica in carta libera della deliberazione
o del provvedimento da iscrivere. Tali copie restano depositate in cancelleria
e sono ordinate in volumi muniti di rubrica alfabetica. Art. 27 L'obbligo di
richiedere le iscrizioni nel registro delle persone giuridiche deve essere
adempiuto dagli amministratori e dai liquidatori nel termine di giorni quindici
(Cod. Civ. 35). Per le iscrizioni previste nell'art. 33 del codice, il termine
decorre dalla data di pubblicazione del decreto del Presidente della Repubblica
di riconoscimento nella Gazzetta Ufficiale e, se il riconoscimento è concesso
con decreto del prefetto, dalla data di comunicazione del provvedimento
prefettizio. Per gli amministratori, che al momento della pubblicazione o della
comunicazione del decreto di riconoscimento non erano in carica, il termine
decorre dal momento in cui essi hanno accettato la nomina. Per le iscrizioni
previste nell'art. 34 del codice, il termine decorre, se trattasi di
provvedimenti dell'autorità, dalla data della loro comunicazione, se di
deliberazioni dell'ente o dei suoi organi dalla data delle medesime. Quando la
deliberazione e soggetta ad approvazione dell'autorità governativa a norma
dell'art. 16 del codice, il termine decorre dalla data in cui l'approvazione è
comunicata. Art. 28 La registrazione della persona giuridica prevista nell'art.
33 del codice può essere richiesta da coloro che hanno fatto istanza per il
riconoscimento. La registrazione di ufficio prevista nel terzo comma dell'art.
33 del codice può essere disposta dal pubblico ministero presso il tribunale
dove è tenuto il registro. Art. 29 Il registro e i documenti relativi possono
essere esaminati da chiunque ne fa richiesta. La cancelleria deve rilasciare
gli estratti e i certificati che sono richiesti. Art. 30 Il registro, prima di
essere posto in uso, deve essere numerato e vidimato in ciascun foglio dal
presidente del tribunale o da un giudice del tribunale delegato dal presidente
con decreto da iscriversi nella prima pagina del registro. Nell'ultima pagina
del registro il presidente o il giudice delegato indica il numero dei fogli di
cui e composto il registro. Art. 31 Il trasferimento della residenza (Cod. Civ.
43 e seguente) si prova con la doppia dichiarazione fatta al comune che si
abbandona e a quello dove s'intende fissare la dimora abituale. Nella
dichiarazione fatta al comune che si abbandona deve risultare il luogo in cui è
fissata la nuova residenza. Art. 32 Il pubblico ministero deve essere sempre
sentito nei procedimenti di volontaria giurisdizione riguardanti il fondo
patrimoniale. Art. 33 Nel caso previsto dall'art. 183 del codice, il tribunale,
in camera di consiglio, provvede con decreto, su istanza dell'altro coniuge, e
sentito il pubblico ministero. Art. 34 Sulla domanda del figlio naturale per
ottenere il mantenimento, l'istruzione e l'educazione di cui all'art. 279,
primo comma, del codice provvede il tribunale per i minorenni. Art. 34 bis Il
notaio rogante deve, nel termine di 30 giorni dalla data del matrimonio o dalla
data dell'atto pubblico di modifica delle convenzioni, ovvero di quella
dell'omologazione del caso previsto dal secondo comma dell'art. 163 del codice,
richiedere l'annotazione a margine dell'atto di matrimonio della convenzione
matrimoniale dell'atto di modifica della stessa. Nello stesso termine deve
richiedere l'annotazione di cui all'ultimo comma dell'art. 163 del codice. Art.
35 Il riconoscimento di cui al secondo comma dell'art. 251 del codice e
autorizzato dal tribunale per i minorenni se il figlio da riconoscere e minore.
Sulla domanda di legittimazione, di adozione e di revoca dell'adozione di
minore di età provvede il tribunale per i minorenni. Art. 36 La rinunzia alla
cittadinanza di cui all'art. 143 ter del codice deve essere fatta dinanzi
all'ufficiale di stato civile del luogo dove la rinunziante risiede, ed è
trascritta nei registri di cittadinanza. Qualora la rinunziante risieda
all'estero, la rinunzia deve essere fatta dinanzi all'agente diplomatico o
consolare del luogo di residenza. L'agente la trascrive in apposito registro e
ne rimette immediatamente copia al Ministero dell'interno che ne cura, a mezzo
dell'autorità competente, la trascrizione nei registri di cittadinanza. Art. 37
L'iscrizione nel registro previsto nell'art. 314 del codice si esegue senza
spese. L'iscrizione della sentenza che revoca l'adozione deve essere altresì
annotata in margine all'iscrizione del decreto di adozione. Art. 38 Sono di
competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli
artt. 84, 90, 171, 194, comma secondo, 250, 252, 262, 264, 316, 317 bis, 330,
332, 333, 334, 335 e 371, ultimo comma, nonché nel caso di minori dall'art.
269, primo comma, Cod. Civ. Sono emessi dal tribunale ordinario i provvedimenti
per i quali non e espressamente stabilita la competenza di una diversa autorità
giudiziaria. In ogni caso il tribunale provvede in camera di consiglio sentito
il pubblico ministero. Quando il provvedimento è emesso dal tribunale per i
minorenni il reclamo si propone davanti alla sezione di corte di appello per i
minorenni. Art. 39 L'omologazione prevista negli artt. 406 e 412 del codice è
di competenza del tribunale per i minorenni. Art. 40 La domanda per
l'interdizione del minore emancipato (Cod. Civ. 414) e quella per
l'interdizione o l'inabilitazione del minore nell'ultimo anno della minore età
(Cod. Civ. 416) devono essere proposte davanti al tribunale per i minorenni.
Art. 41 I provvedimenti previsti nell'art. 145 del codice sono di competenza
del pretore del mandamento del luogo in cui è stabilita la residenza familiare
(Cod. Civ. 144) o, se questa manchi, del pretore del mandamento del luogo del
domicilio di uno dei coniugi. Art. 42 I provvedimenti indicati nell'art. 423
del codice e le sentenze di revoca previste nell'art. 429 del codice stesso
devono essere trasmessi in copia in carta libera, entro dieci giorni dalla
pubblicazione, al giudice tutelare a cura del cancelliere dell'autorità
giudiziaria che li ha pronunziati. Art. 43 I provvedimenti del giudice tutelare
(Cod. Civ. 344 e seguenti) sono emessi con decreto. Nei casi urgenti la
richiesta di un provvedimento può essere fatta al giudice anche verbalmente.
Art. 44 Il giudice tutelare può convocare in qualunque momento il tutore, il
protutore e il curatore allo scopo di chiedere informazioni, chiarimenti e
notizie sulla gestione della tutela (Cod. Civ. 357 e seguenti) o della curatela
(Cod. Civ. 394 e seguenti) e di dare istruzioni inerenti agli interessi morali
e patrimoniali del minore. Art. 45 La competenza a decidere dei reclami avverso
i decreti del giudice tutelare spetta al tribunale ordinario quando si tratta
dei provvedimenti indicati negli artt. 320, 321, 372, 373, 374, 376, secondo
comma, 386, 394 e 395 del codice. La competenza spetta al tribunale per i
minorenni in tutti gli altri casi. Nell'ipotesi prevista nell'art. 386, ultimo
comma, del codice l'autorità giudiziaria competente provvede in sede
contenziosa. Art. 46 Tutti gli atti della procedura della tutela (Cod. Civ. 343
e seguenti), compresi l'inventario, i conti annuali e il conto finale, sono
esenti da tasse di bollo e di registro. Sono del pari esenti da tasse di bollo
e di registro gli atti previsti nel titolo XI del libro I del codice. Art. 47
Presso l'ufficio del giudice tutelare sono tenuti un registro delle tutele dei
minori e degli interdetti e un altro delle curatele dei minori emancipati e
degli inabilitati (Cod. Civ. 343 e seguenti, 400 e seguenti, 414 e seguenti).
Art. 48 Nel registro delle tutele, in un capitolo speciale per ciascuna di
esse, si devono annotare a cura del cancelliere: il giorno in cui si è aperta
la tutela; la data e gli estremi essenziali della sentenza che ha pronunziato
la interdizione se trattasi di interdetti il nome, il cognome, la condizione e
il domicilio del tutore e del protutore, la data della loro nomina e della
prestazione del giuramento da parte del tutore; le risultanze dell'inventario e
del conto annuale l'esonero e la rimozione del tutore o del protutore e in
generale tutti i provvedimenti che portano modificazioni allo stato personale e
patrimoniale della persona sottoposta a tutela; la chiusura della tutela e la
menzione del provvedimento che ne ha provocato la chiusura; le risultanze del
rendiconto definitivo. Art. 49 Nel registro delle curatele, in un capitolo
speciale per ciascuna di esse, si devono annotare a cura del cancelliere: la
data e gli estremi essenziali del provvedimento che concede l'emancipazione o
della sentenza che pronunzia la inabilitazione; il nome, il cognome, la
condizione, l'età e il domicilio della persona emancipata o inabilitata; il
nome, il cognome, la condizione e il domicilio del curatore nominato
all'emancipato o all'inabilitato; la data del provvedimento che revoca
l'emancipazione o della sentenza che revoca la inabilitazione. Art. 50 Il
giudice tutelare vigila sulla tenuta dei registri, che sono da lui numerati e
vidimati prima di essere posti in uso. Alla fine di ogni anno fa rapporto sulla
tenuta medesima al procuratore della Repubblica. Art. 51 Nel registro delle
tutele devono essere annotati, in capitoli speciali per ciascun minore, i
provvedimenti emanati dal tribunale per i minorenni ai sensi degli artt. 252,
262, 279, 316, 317 bis, 330, 332, 333, 334 e 335 del codice. A tal fine la
cancelleria del tribunale che ha emesso il provvedimento deve trasmettere copia
in carta libera entro dieci giorni all'ufficio del giudice tutelare del luogo
in cui il minore ha il domicilio per la prescritta annotazione. Sezione II
Disposizioni relative al Libro II Art. 52 Presso la cancelleria di ogni pretura
e tenuto, a cura del cancelliere e sotto la sorveglianza del pretore, il
registro delle successioni. In questo registro sono inseriti gli estremi degli
atti e delle dichiarazioni indicati dalla legge (Cod. Civ. 484, 507 e seguenti,
519, 528, 702). L'inserzione e fatta di ufficio dal cancelliere, se si tratta
di dichiarazioni da lui ricevute o di provvedimenti del pretore; su istanza
della parte e dietro produzione di copia autentica dell'atto, negli altri casi.
Il registro è diviso in tre parti. Nella prima sono registrati le dichiarazioni
di accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario (Cod. Civ. 484) e tutti
gli atti e le indicazioni relativi al beneficio d'inventario e
all'amministrazione e liquidazione delle eredità beneficiate, comprese le
nomine del curatore previste dagli artt. 508 e 509 del codice e la menzione
della pubblicazione dell'invito ai creditori per la presentazione delle
dichiarazioni di credito (Cod. Civ. 4983). Nella seconda sono registrate le
dichiarazioni di rinunzia all'eredità (Cod. Civ. 519). Nella terza sono
registrati i provvedimenti di nomina dei curatori delle eredità giacenti (Cod.
Civ. 528), nonché gli atti relativi alla curatela (Cod. Civ. 392, 424) e le
dichiarazioni di accettazione o di rinunzia degli esecutori testamentari (Cod.
Civ. 702). Il registro deve essere alla fine munito di una rubrica alfabetica
contenente l'indicazione del nome delle persone la cui successione si è aperta
e il riferimento alla pagina nella quale sono contenute le diverse indicazioni.
Art. 53 Il registro, prima di essere posto in uso, deve essere numerato e
vidimato in ciascun foglio dal pretore. Nell'ultima pagina il pretore indica il
numero dei fogli di cui esso è composto. Il registro può essere esaminato da
chiunque ne faccia domanda e la cancelleria deve rilasciare gli estratti e i
certificati che sono richiesti. Art. 54 I creditori e i legatari non
separatisti, se hanno proposto domanda giudiziale allo scopo di far valere
sugli immobili separati il diritto loro attribuito dal secondo comma dell'art.
514 del codice, possono fare annotare tale domanda in margine all'iscrizione in
separazione. Eseguita l'annotazione della domanda di concorso, il vincolo della
separazione non può cessare se non col consenso di coloro che hanno eseguito
l'annotazione, salvo che la loro pretesa sia stata giudizialmente esclusa. Art.
55 Le copie dei verbali e dei testamenti, che sono trasmesse alla cancelleria
della pretura secondo l'art. 622 del codice, devono, a cura del cancelliere,
essere raccolte in appositi volumi e annotate in una rubrica alfabetica
generale. Le copie possono essere esaminate da chiunque ne faccia richiesta.
Sezione III Disposizioni relative al Libro III Art. 56 Il provvedimento
dell'autorità amministrativa con il quale si dispone che si proceda
all'espropriazione a norma dell'art. 838 del codice è dato con decreto motivato
del ministro competente. Il decreto deve contenere la designazione precisa del
bene soggetto a espropriazione e deve essere notificato all'interessato, il
quale può impugnarlo con ricorso al consiglio di Stato. Si osservano
nell'espropriazione, in quanto applicabili, le norme della legge generale
sull'espropriazione per pubblica utilità. Art. 57 Le azioni previste dagli
artt. 848 e 849 del codice sono di competenza del tribunale, qualunque sia il
valore della causa. Nel caso regolato dall'art. 849 il giudice fissa con
ordinanza l'udienza per la comparizione del rappresentante dell'associazione
professionale, il quale può delegare altra persona. Si osservano nel resto, in
quanto applicabili, le disposizioni dettate dal codice di procedura civile per
i consulenti tecnici (Cod. Proc. Civ. 61 e seguenti). Art. 58 Le modalità e gli
effetti dell'affrancazione (Cod. Civ. 971) del fondo enfiteutico sono regolati
dalle disposizioni della L. 11 giugno 1925, n. 998, e del Rd 7 febbraio 1926,
n. 426. Il prezzo di affrancazione può essere corrisposto anche in titoli del
debito pubblico consolidato di qualsiasi specie, osservate, per la
determinazione del loro valore, le disposizioni dell'art. 9 della legge
anzidetta. Le disposizioni del primo comma del presente articolo si applicano
anche alla riduzione in misura fissa dei canoni enfiteutici, dei censi e di
altre prestazioni perpetue consistenti in una quota di prodotti naturali. Art.
59 La domanda per la nomina dell'amministratore o per la designazione
dell'istituto di credito nei casi previsti dall'art. 1003 del codice, se non è
proposta in corso di giudizio, si propone con ricorso al presidente del
tribunale: nel caso di nomina dell'amministratore, al presidente del tribunale
del luogo in cui si trovano gli immobili o si trova la parte più rilevante di
essi. Il presidente del tribunale provvede con decreto, sentita l'altra parte.
Contro tale provvedimento si può proporre reclamo al presidente della corte
d'appello nel termine di dieci giorni dalla notificazione. Art. 60 Gli uffici
tecnici che devono essere sentiti a norma del terzo comma dell'art. 1092 del
codice sono l'ufficio locale del genio civile e il locale ispettorato
dell'agricoltura. Art. 61 Qualora un edificio o un gruppo di edifici
appartenenti per piani o porzioni di piano a proprietari diversi si possa
dividere in parti che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi, il
condominio può essere sciolto e i comproprietari di ciascuna parte possono
costituirsi in condominio separato. Lo scioglimento è deliberato dall'assemblea
con la maggioranza prescritta dal secondo comma dell'art. 1136 del codice, o e
disposto dall'autorità giudiziaria su domanda di almeno un terzo dei comproprietari
di quella parte dell'edificio della quale si chiede la separazione. Art. 62 La
disposizione del primo comma dell'articolo precedente si applica anche se
restano in comune con gli originari partecipanti alcune delle cose indicate
dall'art. 1117 del codice. Qualora la divisione non possa attuarsi senza
modificare lo stato delle cose e occorrano opere per la sistemazione diversa
dei locali o delle dipendenze tra i condomini, lo scioglimento del condominio
deve essere deliberato dall'assemblea con la maggioranza prescritta dal quinto
comma dell'art. 1136 del codice stesso. Art. 63 Per la riscossione dei
contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea (Cod.
Civ. 1123), l'amministratore può ottenere decreto di ingiunzione immediatamente
esecutivo, nonostante opposizione (Cod. Proc. Civ. 642). Chi subentra nei
diritti di un condominio e obbligato, solidalmente con questo (Cod. Civ. 1292 e
seguenti), al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello
precedente. In caso di mora (Cod. Civ. 1219) nel pagamento dei contributi, che
si sia protratta per un semestre, l'amministratore, se il regolamento di
condominio ne contiene l'autorizzazione, può sospendere al condomino moroso
l'utilizzazione dei servizi comuni che sono suscettibili di godimento separato.
Art. 64 Sulla revoca dell'amministratore, nei casi indicati dal terzo comma
dell'art. 1129 e dall'ultimo comma dell'art. 1131 del codice, il tribunale
provvede in camera di consiglio, con decreto motivato, sentito l'amministratore
medesimo. Contro il provvedimento del tribunale può essere proposto reclamo
alla corte d'appello nel termine di dieci giorni dalla notificazione (Cod.
Proc. Civ. 137). Art. 65 Quando per qualsiasi causa manca il legale
rappresentante dei condomini, chi intende iniziare o proseguire una lite contro
i partecipanti a un condominio può richiedere la nomina di un curatore speciale
ai sensi dell'art. 80 Cod. Proc. Civ. Il curatore speciale deve senza indugio
convocare l'assemblea dei condomini per avere istruzioni sulla condotta della
lite. Art. 66 L'assemblea, oltre che annualmente in via ordinaria per le
deliberazioni indicate dall'art. 1135 del codice, può essere convocata in via
straordinaria dall'amministratore quando questi lo ritiene necessario o quando ne
è fatta richiesta da almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore
dell'edificio. Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, i detti
condomini possono provvedere direttamente alla convocazione. In mancanza
dell'amministratore, l'assemblea tanto ordinaria quanto straordinaria può
essere convocata a iniziativa di ciascun condomino. L'avviso di convocazione
deve essere comunicato ai condomini almeno cinque giorni prima della data
fissata per l'adunanza. Art. 67 Ogni condomino può intervenire all'assemblea
anche a mezzo di rappresentante. Qualora un piano o porzione di piano
dell'edificio appartenga in proprietà indivisa a più persone, queste hanno
diritto a un solo rappresentante nella assemblea, che è designato dai
comproprietari interessati; in mancanza provvede per sorteggio il presidente.
L'usufruttuario di un piano o porzione di piano dell'edificio esercita il
diritto di voto negli affari che attengono all'ordinaria amministrazione e al
semplice godimento delle cose e dei servizi comuni. Nelle deliberazioni che
riguardano innovazioni, ricostruzioni od opere di manutenzione straordinaria
delle parti comuni dell'edificio il diritto di voto spetta invece al
proprietario. Art. 68 Per gli effetti indicati dagli artt. 1123, 1124, 1126 e
1136 del codice, il regolamento di condominio deve precisare il valore
proporzionale di ciascun piano o di ciascuna porzione di piano spettante in
proprietà esclusiva ai singoli condomini (69). I valori dei piani o delle
porzioni di piano, ragguagliati a quello dell'intero edificio, devono essere
espressi in millesimi in apposita tabella allegata al regolamento di
condominio. Nell'accertamento dei valori medesimi non si tiene conto del canone
locatizio, dei miglioramenti e dello stato di manutenzione di ciascun piano o
di ciascuna porzione di piano. Art. 69 I valori proporzionali dei vari piani o
porzioni di piano possono essere riveduti o modificati, anche nell'interesse di
un solo condomino, nei seguenti casi: quando risulta che sono conseguenza di un
errore; quando, per le mutate condizioni di una parte dell'edificio, in
conseguenza della sopraelevazione di nuovi piani, di espropriazione parziale o
di innovazioni di vasta portata, è notevolmente alterato il rapporto originario
tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano. Art. 70 Per le infrazioni
al regolamento di condominio può essere stabilito, a titolo di sanzione, il
pagamento di una somma fino a lire cento. La somma è devoluta al fondo di cui
l'amministratore dispone per le spese ordinarie. Art. 71 Il registro indicato
dal quarto comma dell'art. 1129 e dal terzo comma dell'art. 1138 del codice è
tenuto presso l'associazione professionale dei proprietari di fabbricati. Art.
72 I regolamenti di condominio non possono derogare alle disposizioni dei precedenti
artt. 63, 66, 67 e 69. Sezione IV Disposizioni relative al Libro IV Art. 73 Gli
atti di offerta reale e quelli di deposito previsti dagli artt. 1209, primo
comma, 1212 e 1214 del codice, sono eseguiti da un notaio o da un ufficiale
giudiziario. Le offerte per intimazione, previste dagli artt. 1209, secondo
comma, e 1216, primo comma, sono eseguite con atto di ufficiale giudiziario.
Art. 74 Il processo verbale dell'offerta reale deve essere redatto in
conformità delle disposizioni dell'art. 126 Cod. Proc. Civ. e deve in
particolare contenere la specificazione dell'oggetto dell'offerta e le
dichiarazioni del creditore. Quando l'offerta è accettata, il pubblico
ufficiale esegue il pagamento e riceve le dichiarazioni del creditore per
quietanza e per liberazione dalle garanzie. Se il creditore non è presente
all'offerta, il processo verbale deve essergli notificato nelle forme
prescritte per la citazione. L'intimazione prescritta dall'art. 1212, n. 1, del
codice, può essere fatta con lo stesso atto di notificazione del verbale
dell'offerta. In ogni caso tra l'intimazione e il deposito deve trascorrere un
termine non minore di giorni tre. Art. 75 L'atto di intimazione, nei casi
previsti dagli artt. 1209, secondo comma, e 1216, primo comma, del codice, deve
contenere l'indicazione del giorno, dell'ora e del luogo in cui il debitore
intende procedere alla consegna delle cose mobili o al rilascio dell'immobile a
favore del creditore, con rispetto di un intervallo non minore di giorni tre.
La mancata comparizione del creditore o il suo rifiuto di accettare l'offerta
sono accertati con verbale redatto da un notaio o da un ufficiale giudiziario
nel luogo, nel giorno e nell'ora indicati nell'atto di intimazione, con tutte
le altre indicazioni prescritte dal primo comma dell'articolo precedente, e da
tale giorno decorrono gli effetti della mora. Art. 76 I depositi che hanno per
oggetto titoli di credito o somme di danaro (1212) debbono essere eseguiti
presso la cassa dei depositi e prestiti secondo le norme della legge speciale
oppure presso un istituto di credito (251). Art. 77 Il deposito di cose mobili
diverse dal danaro e di titoli di credito, nei casi previsti dagli artt. 1210,
primo comma, e 1214 del codice e in ogni altro caso in cui esso sia prescritto
dalla legge o dal giudice (Cod. Civ. 1513 e seguente, 1686), ovvero sia voluto
dalle parti, si esegue presso stabilimenti di pubblico deposito a norma delle
leggi speciali. Qualora non esistano stabilimenti di pubblico deposito nel
luogo in cui deve essere eseguita la prestazione, o se ricorrono particolari
ragioni, il pretore del luogo predetto, su ricorso della parte interessata, può
autorizzare con decreto il deposito presso altro locale idoneo. Art. 78 Il
pubblico ufficiale, che a norma dell'art. 1210 del codice procede al deposito
di danaro, di titoli di credito o di altre cose mobili, deve redigere processo
verbale della relativa operazione in conformità del successivo art. 1212, n. 3,
e dell'art. 126 Cod. Proc. Civ., e consegnarne copia al depositario, nonché al
creditore comparso, se la richiede. Se il creditore non è stato presente, deve
essergli notificata copia del processo verbale nelle forme prescritte per gli
atti di citazione (Cod. Proc. Civ. 137). Art. 79 Il sequestratario
dell'immobile, nel caso previsto dal secondo comma dell'art. 1216 del codice, è
nominato, se non vi è giudizio pendente, dal presidente del tribunale del luogo
in cui si trova l'immobile. Il presidente del tribunale provvede con decreto,
sentito il creditore. Contro tale decreto è ammesso reclamo al presidente della
corte di appello, entro dieci giorni dalla notificazione. La consegna
dell'immobile al sequestratario deve risultare da processo verbale redatto da
un notaio o da un ufficiale giudiziario. Copia del processo verbale deve essere
notificata al creditore che non sia stato presente. Art. 80 L'atto di
intimazione previsto dall'art. 1217 del codice, se non è determinato il tempo
in cui la prestazione deve essere eseguita, e in ogni caso se la prestazione
medesima deve effettuarsi in località diversa dal domicilio del creditore, deve
contenere l'indicazione del giorno, dell'ora e del luogo in cui il debitore
intende eseguire la prestazione, col rispetto di un intervallo di almeno tre
giorni, a meno che la natura del rapporto non imponga un intervallo minore. Il
mancato ricevimento della prestazione da parte del creditore nel giorno
stabilito può essere accertato nelle forme di uso e da tale giorno decorrono
gli effetti della mora (Cod. Civ. 1206 e seguenti). Art. 81 Nei casi previsti dagli
artt. 1286, terzo comma e 1287, terzo comma, del codice, l'istanza per la
fissazione del termine entro il quale deve essere fatta la scelta e quella per
la scelta della prestazione da parte del giudice si propongono, se non vi e
giudizio pendente, davanti l'autorità giudiziaria del luogo in cui la
prestazione deve eseguirsi, osservate le disposizioni previste rispettivamente
dagli artt. 749 e 750 Cod. Proc. Civ. Art. 82 L'istanza per la nomina del terzo
nei casi previsti dal secondo comma dell'art. 1473 del codice, qualora non vi
sia giudizio in corso, si propone con ricorso al presidente del tribunale del
luogo in cui deve eseguirsi la consegna della cosa a norma dell'art. 1510 del
codice. Il ricorso deve essere notificato alle altre parti interessate e al
terzo. Il presidente del tribunale provvede con decreto; contro di questo è
ammesso reclamo al primo presidente della corte di appello entro dieci giorni
dalla notificazione. La nomina deve cadere normalmente su persona esperta
iscritta in albi o elenchi o ruoli istituiti a norma di legge. Art. 83 Sono
autorizzati alle operazioni di vendita con o senza incanto a norma dell'art.
1515 del codice, o alle operazioni di compra a norma del successivo art. 1516
(2797): gli agenti di cambio, per i valori pubblici e per i titoli di credito
specificati nelle leggi sulle borse; i mediatori in merci iscritti presso (i
consigli provinciali delle corporazioni (Ora Camere di Commercio), per le merci
e le derrate. La vendita all'incanto deve essere annunziata con le forme di una
pubblicità commerciale adeguata alla natura ed al valore delle cose poste in
vendita. Il verbale d'incanto è depositato nella cancelleria della pretura del
luogo in cui si è proceduto alla vendita. Le operazioni di vendita senza
incanto e quelle di compra devono essere documentate mediante certificato,
fattura o fissato bollato, in doppio esemplare, uno dei quali e consegnato alla
parte richiedente e l'altro, vistato da questa, e conservato dalla persona che
ha eseguito l'incarico. Il compenso dovuto alla persona predetta, se non esiste
una tariffa approvata, è stabilito con decreto del pretore del luogo in cui
l'incarico e stato eseguito. Art. 84 Il contratto di vendita con riserva di
proprietà di macchine per prezzo superiore a lire trentamila, deve essere
iscritto, agli effetti previsti dal secondo comma dell'art. 1524 del codice,
nel registro istituito presso la cancelleria del tribunale nella cui
giurisdizione la macchina viene collocata. Le sottoscrizioni delle parti devono
essere autenticate, se il contratto non risulta da atto pubblico. Sezione V
Disposizione relative al libro V Art. 85-91 (abrogati) Art. 92 La sentenza che
nomina l'amministratore incaricato di assumere la gestione dell'impresa priva
l'imprenditore, dalla sua data, dell'amministrazione dell'impresa nei limiti
dei poteri conferiti all'amministratore giudiziario (Cod. Civ. 2091-2). Salvo
che la sentenza disponga diversamente, l'amministratore giudiziario non può
compiere atti eccedenti l'ordinaria amministrazione senza l'autorizzazione del
presidente della magistratura del lavoro. Entro i limiti dei poteri
conferitigli l'amministratore sta in giudizio nelle controversie, anche in
corso, relative alla gestione dell'impresa. Se, trattandosi di società, sono
conferiti all'amministratore per determinati atti anche i poteri
dell'assemblea, le relative deliberazioni non sono efficaci senza
l'approvazione del presidente della magistratura del lavoro. Il compenso
dell'amministratore è determinato dal presidente della magistratura del lavoro
all'atto della nomina o successivamente. Art. 93 L'amministratore giudiziario
è, per quanto attiene all'esercizio delle sue funzioni, pubblico ufficiale.
Art. 94 L'amministratore giudiziario deve adempiere con diligenza i doveri del
proprio ufficio e può essere revocato dalla magistratura del lavoro con decreto
in ogni tempo su richiesta del pubblico ministero o di chiunque vi abbia
interesse. L'amministratore che cessa dal suo ufficio deposita nella
cancelleria del tribunale del luogo, ove è la sede principale dell'impresa, il
conto della gestione. L'avvenuto deposito e comunicato immediatamente
all'imprenditore. Il presidente del tribunale con decreto fissa l'udienza, in
termine non inferiore a quindici giorni dal deposito, nella quale le parti
possono presentare le loro osservazioni, e nomina un giudice per la procedura.
Non sono ammesse contestazioni relative ai criteri tecnici della gestione nei
limiti dei poteri conferiti all'amministratore. Si applicano le disposizioni
degli artt. 263, secondo comma, e seguenti Cod. Proc. Civ. Art. 95 Quando le
leggi (o le norme corporative) non dispongono, l'appartenenza alla categoria
d'impiegato o di operaio (Cod. Civ. 2095) è determinata dal Rdl 13 novembre
1924, n. 1825, convertito nella L. 18 marzo 1926, n. 562. Art. 96
L'imprenditore deve far conoscere al prestatore di lavoro, al momento
dell'assunzione, la categoria e la qualifica che gli sono assegnate in
relazione alle mansioni per cui e stato assunto (Cod. Civ. 2103). Le qualifiche
dei prestatori di lavoro, nell'ambito di ciascuna delle categorie indicate
nell'art. 2095 del codice, possono essere stabilite e raggruppate per gradi
secondo la loro importanza nell'ordinamento dell'impresa. Il prestatore di
lavoro assume il grado gerarchico corrispondente alla qualifica e alle
mansioni. I contratti collettivi di lavoro possono stabilire che, nel caso di
divergenza tra l'imprenditore e il prestatore di lavoro circa l'assegnazione
della qualifica, l'accertamento dei fatti rilevanti per la determinazione della
qualifica venga fatto da un collegio costituito da un funzionario
dell'ispettorato corporativo (Ora ispettorato del Lavoro) che presiede, e da un
delegato di ciascuna delle associazioni (professionali) che rappresentano le
categorie interessate. Sui fatti rilevanti per la determinazione della
qualifica che hanno formato oggetto dell'accertamento compiuto con tali forme,
non sono ammesse nuove indagini o prove, salvo che l'accertamento sia viziato
da errore manifesto. Art. 97 Nel caso previsto dall'art. 2106 del codice, ai
prestatori di lavoro addetti alle imprese esercitate da enti pubblici
inquadrati sindacalmente, le sanzioni disciplinari stabilite nei regolamenti
emanati dagli enti medesimi si applicano solo in quanto compatibili con le
particolari disposizioni dei contratti collettivi a cui gli enti sono soggetti.
Art. 98 Nei rapporti d'impiego inerenti all'esercizio dell'impresa, in mancanza
(di norme corporative o) di usi più favorevoli, per quanto concerne il
trattamento cui ha diritto l'impiegato nei casi d'infortunio, di malattia, di
gravidanza o di puerperio, la durata del periodo feriale, del periodo di
preavviso, la misura dell'indennità sostitutiva di questo e l'ammontare
dell'indennità di anzianità in caso di cessazione del rapporto (Cod. Civ. 2120),
si applicano le corrispondenti norme del Rdl 13 novembre 1924, n. 1825,
convertito nella L. 18 marzo 1926, n. 562 (Cod. Civ. 2109 e seguente). Le
richiamate norme si applicano altresì ai rapporti d'impiego dei dipendenti di
enti pubblici anche se non inquadrati sindacalmente, in quanto il rapporto non
sia diversamente disciplinato da leggi o regolamenti speciali, nonché ai
rapporti d'impiego non inerenti all'esercizio di un'impresa, in quanto non
esistano convenzioni od usi più favorevoli al prestatore di lavoro. Art. 99 Le
disposizioni relative all'istituzione del registro delle imprese previsto
dall'art. 2188 del codice saranno emanate con decreto del Presidente della
Repubblica. Tale decreto stabilirà altresì la data di attuazione del registro
delle imprese, nonché le condizioni per l'iscrizione delle imprese individuali
e sociali esistenti in tale momento. Art. 100 Fino all'attuazione del registro
delle imprese gli atti di autorizzazione alla continuazione dell'esercizio di
una impresa commerciale nell'interesse di un minore o di un interdetto (Cod.
Civ. 320, 424), gli atti di autorizzazione all'esercizio di una impresa
commerciale da parte di un minore emancipato o di un inabilitato (Cod. Civ.
397, 425), i provvedimenti di revoca delle autorizzazioni stesse, le procure
institorie, le nomine di procuratori (Cod. Civ. 2206, 2209) nonché gli atti e i
fatti relativi alle società, per i quali il codice stabilisce l'iscrizione nel
registro delle imprese, sono soggetti alla iscrizione nei registri di cancelleria
presso il tribunale secondo le modalità stabilite dalle leggi anteriori.
Tuttavia il contenuto degli atti da iscrivere, i termini per l'iscrizione e gli
effetti della medesima sono determinati dal codice. Fino all'attuazione del
registro delle imprese non sono soggetti a registrazione gli imprenditori
individuali e gli enti pubblici che esercitano un'attività commerciale, salvo
quanto disposto dal primo comma del presente articolo. Non si applicano inoltre
le disposizioni contenute nel secondo comma dell'art. 2556 e dell'art. 2559 del
codice. Art. 101 Fino all'attuazione del registro delle imprese i depositi di
atti o documenti, che secondo il codice devono eseguirsi presso l'ufficio del
registro delle imprese, si eseguono presso la cancelleria del tribunale. Le
attribuzioni del giudice del registro spettano al presidente del tribunale o a
un giudice da lui delegato. Art. 101 bis Copia integrale o parziale di ogni
atto per il quale è prescritta l'iscrizione o il deposito nel registro delle
imprese deve essere rilasciata a chi ne faccia richiesta, anche per
corrispondenza, senza che il costo di tale copia possa eccedere il costo
amministrativo. Art. 101 ter Ai fini della pubblicità prescritta dagli artt.
2506 e 2507 Cod. Civ. la società richiedente deve allegare agli atti e
documenti ivi previsti la traduzione giurata in lingua italiana e deve indicare
gli estremi della pubblicità attuata nello Stato ove è situata la sede
principale. Dell'avvenuto deposito dei documenti deve essere fatta menzione nel
Bollettino ufficiale delle società per azioni e a responsabilità limitata. Art.
101 quater Le società soggette alla legislazione di un altro Stato appartenente
alla Comunità economica europea, le quali stabiliscono nel territorio dello
Stato più sedi secondarie con rappresentanza stabile, possono attuare la
pubblicità dell'atto costitutivo, dello statuto e dei bilanci nell'Ufficio del
registro delle imprese di una soltanto delle sedi secondarie depositando negli
altri l'attestazione dell'eseguita pubblicità. Art. 102 Le norme per la
formazione del ruolo, per la nomina e per la disciplina dei revisori ufficiali
dei conti e quelle per la vigilanza e per la disciplina dei sindaci delle
società saranno emanate con decreto del Presidente della Repubblica. Fino
all'entrata in vigore di tale decreto continueranno ad applicarsi le
disposizioni anteriori. Art. 103 I provvedimenti del tribunale previsti
dall'art. 2409 del codice sono disposti con decreto, il quale deve essere
comunicato a cura del cancelliere, entro cinque giorni, all'ufficio del
registro delle imprese per l'iscrizione e, fino a che questo non sia istituito,
alla cancelleria del tribunale per l'iscrizione nel registro delle società.
L'amministratore giudiziario, nominato dal tribunale a norma dell'art. 2409 del
codice, e scelto possibilmente fra gli iscritti (nel ruolo degli amministratori
giudiziari) . A lui si applicano gli artt. 92, 93 e 94 di queste disposizioni,
intendendosi sostituiti nei poteri della magistratura del lavoro e del
presidente della magistratura del lavoro rispettivamente quelli del tribunale e
del presidente del tribunale. Art. 104 Il presidente del tribunale, prima di
procedere alla nomina del rappresentante degli obbligazionisti prevista
dall'art. 2417 del codice, deve sentire gli amministratori delle società. Le
funzioni di rappresentante degli obbligazionisti possono essere attribuite alle
società fiduciarie. Art. 105 La liquidazione coatta amministrativa delle
società cooperative (Cod. Civ. 2540) è regolata dalle norme generali sulla liquidazione
coatta amministrativa delle società, salvo che le leggi speciali dispongano
diversamente. Art. 106 Le norme degli artt. 92, 93 e 94 di queste disposizioni
si applicano anche al commissario governativo incaricato della gestione della
società cooperativa a norma dell'art. 2543, intendendosi sostituiti nei poteri
della magistratura del lavoro e del presidente della magistratura del lavoro,
per quanto riguarda le disposizioni dei precedenti artt. 92 e 94, primo comma,
l'autorità governativa che ha nominato il commissario. Art. 107 Alle mutue
assicuratrici regolate da leggi speciali le disposizioni del capo II del titolo
VI del libro V del codice (2546 e seguenti) si applicano in quanto compatibili
con le leggi medesime. Art. 108 Fino all'attuazione del registro delle imprese
l'iscrizione dei contratti di consorzio prevista dall'art. 2612 del codice deve
essere eseguita nel registro delle società presso la cancelleria del tribunale
nella cui circoscrizione ha sede l'ufficio, e pubblicata nel foglio degli annunzi
legali. Per le modalità dell'iscrizione si osservano le norme stabilite per le
società, in quanto applicabili. Al commissario governativo, nominato
dall'autorità governativa in sostituzione degli organi del consorzio a norma
dell'art. 2619 del codice, si applica l'art. 106 di queste disposizioni. Art.
109 Per le società per azioni soggette al Rdl 25 ottobre 1941, n. 1148 e per la
durata di tale decreto non si applicano le disposizioni del libro V del codice
relative alle azioni al portatore (2355). Art. 110 La competenza dell'autorità
governativa nell'esercizio dei poteri ad essa demandati dal libro V del codice
è determinata dalle leggi speciali. Art. 111 Le norme per l'attuazione delle
disposizioni contenute nelle sezioni III e IV del capo II del titolo X del
libro V del codice saranno emanate con decreto del Presidente della Repubblica.
Fino all'entrata in vigore di tale decreto la disciplina dei consorzi
obbligatori e i controlli dell'autorità governativa sui consorzi volontari
continuano ad essere regolati dalle leggi anteriori. Sezione VI Disposizioni
relative al Libro VI Art. 112 (abrogato) Art. 113 Il reclamo menzionato
nell'art. 2888 del codice si propone al tribunale, il quale provvede con
decreto motivato in camera di consiglio, sentiti il conservatore e il pubblico
ministero. Contro il provvedimento che non accoglie la domanda il richiedente
può proporre reclamo alla corte d'appello. Il tribunale o la corte può ordinare
che la domanda di cancellazione sia proposta nelle forme ordinarie in contraddittorio
delle persone che ritiene abbiano interesse contrario alla cancellazione
medesima. Art. 113 bis Il conservatore, nel caso in cui non riceva i titoli e
le note ai sensi dell'art. 2674 del codice, indica sulle note i motivi del
rifiuto e restituisce uno degli originali alla parte richiedente. La parte può
avvalersi del procedimento stabilito nell'art. 745 Cod. Proc. Civ. Dello stesso
procedimento la parte può avvalersi per il ritardo nel rilascio di certificati
o di copie. Il pubblico ministero comunica al Ministero di grazia e giustizia e
al Ministero delle finanze la decisione adottata. Art. 113 ter Il reclamo
previsto nell'art. 2674 bis del codice si propone con ricorso, entro il termine
perentorio di trenta giorni dalla esecuzione della formalità, davanti al
tribunale nella cui circoscrizione è stabilita la conservatoria; entro lo
stesso termine il ricorso deve essere notificato al conservatore, a pena di
improcedibilità. Il tribunale provvede in camera di consiglio, con decreto
motivato, immediatamente esecutivo, sentiti il pubblico ministero, il
conservatore e le parti interessate. Contro il provvedimento del tribunale e
consentito reclamo alla corte d'appello, con ricorso notificato, a pena di
improcedibilità, anche al conservatore. A margine della formalità eseguita con
riserva il conservatore annota la proposizione del reclamo, il decreto
immediatamente esecutivo del tribunale e il decreto definitivo. Quando il
reclamo non è proposto o e rigettato definitivamente, la formalità perde ogni effetto.
Capo II Disposizioni transitorie Sezione I Disposizioni relative al Libro I
Art. 114 La pronunzia di immissione nel possesso definitivo dei beni
dell'assente, emessa a termine degli artt. 36 e 38 del codice del 1865,
equivale a tutti gli effetti alla dichiarazione di morte presunta prevista
nell'art. 58 del nuovo codice. Fino al 30 giugno 1942 non può essere dichiarata
la morte presunta nell'ipotesi prevista nell'art. 58 del nuovo codice, se non
quando concorrono le condizioni indicate negli artt. 36 e 38 del codice del
1865 per la pronunzia di immissione definitiva nei beni dell'assente. Art. 115
Il termine di tre mesi, previsto nel secondo comma dell'art. 14 della L. 27
maggio 1929, n. 847, è ridotto a un mese. Il capo primo della legge suddetta è abrogato.
Art. 116 L'impugnazione prevista nell'art. 123, primo comma, del codice non può
essere proposta dal coniuge impotente per i matrimoni anteriori al 1° luglio
1939. I matrimoni che sono stati celebrati anteriormente al 1° luglio 1939
davanti ad un ufficiale dello stato civile incompetente o senza la presenza dei
testimoni non si possono più impugnare (Cod. Civ. 137). Art. 117 Se il
matrimonio è stato annullato prima del 1° luglio 1939 ed è stata riconosciuta
la mala fede di entrambi i coniugi, i figli nati o concepiti durante il
matrimonio possono acquistare lo stato di figli naturali riconosciuti ai sensi
dell'art. 128, ultimo comma, del codice con effetto dal giorno della domanda
giudiziale proposta in contraddittorio dei genitori o dei loro eredi. Art. 118
Gli atti di costituzione di dote aventi per oggetto beni futuri, stipulati
prima del 1° luglio 1939, conservano la loro efficacia anche rispetto ai beni
che pervengono alla moglie dopo tale data (Cod. Civ. 179). Art. 119 I lucri
dotali in favore del coniuge sopravvivente, stipulati prima del 1° luglio 1939,
conservano la loro efficacia. Conservano parimenti la loro efficacia le
ipoteche iscritte a garanzia dei lucri medesimi. Art. 120 L'azione di
disconoscimento di paternità è soggetta ai termini e alle cause di decadenza
previsti nel nuovo codice (Cod. Civ. 235, 244), anche quando si tratta di
impugnare la legittimità di figli nati prima dell'entrata in vigore dello
stesso codice, sempre che l'azione non sia già estinta a norma delle
disposizioni del codice del 1865. Art. 121 Le azioni di reclamo di stato di
figlio legittimo, spettanti agli eredi che non siano discendenti del figlio a
norma dell'art. 178 del codice del 1865, possono essere continuate quando la
domanda è stata proposta prima del 1° luglio 1939 (Cod. Civ. 249). Art. 122 Le
disposizioni del codice relative al riconoscimento dei figli naturali (Cod.
Civ. 250 e seguenti) si applicano anche ai figli nati o concepiti prima del 1°
luglio 1939. Il riconoscimento di figli naturali, compiuto prima di tale data
fuori dei casi in cui era ammesso secondo le leggi anteriori, non può essere
annullato, se al momento in cui fu fatto concorrevano le condizioni per cui
sarebbe ammissibile secondo le disposizioni del codice. Tale riconoscimento
vale anche agli effetti delle successioni aperte prima del 1° luglio 1939,
purché i diritti successori del figlio non siano stati esclusi con sentenza
passata in giudicato o non sia intervenuta transazione tra le parti interessate
o non siano trascorsi tre anni dall'apertura della successione senza che il
figlio abbia fatto valere alcuna ragione ereditaria sui beni della successione.
Art. 123 (Commi 1 e 2 dichiarati illegittimi dalla Corte Costituzionale)
L'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità può essere proposta dai
figli nati prima del 1° luglio 1939 solo nel caso in cui ricorrono le
condizioni previste dall'art. 189 del codice del 1865. L'azione può essere
proposta, sempre che ricorrano tali condizioni, anche dai figli adulterini per
i quali è ammessa dall'art. 278 nel nuovo codice. I figli naturali che si
trovano nelle condizioni previste nei nn. 1 e 4 dell'art. 269 del codice, ma
che non possono ottenere la dichiarazione giudiziale di paternità perché nati
prima del 1° luglio 1939, possono agire soltanto per ottenere gli alimenti. Nei
casi in cui l'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità è ammessa
secondo le norme del codice del 1865, essa è soggetta al termine stabilito
dall'art. 271 del nuovo codice. Le disposizioni del codice relative alle forme
dei giudizi per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità
naturale (Cod. Civ. 273 e seguenti) si applicano anche ai figli nati o
concepiti prima del 1° luglio 1939. I giudizi relativi alla dichiarazione di
paternità o di maternità naturale proposti prima del 1° luglio 1939 non possono
essere proseguiti se non è intervenuto il decreto contemplato dall'art. 274 del
codice stesso, salvo il caso che si sia già ottenuta una sentenza anche se
interlocutoria. Art. 124 La disposizione dell'art. 286 del codice e applicabile
anche per la legittimazione dei figli naturali, i cui genitori sono morti prima
del 1° luglio 1939. Art. 125 La disposizione dell'art. 287 del codice è
applicabile anche ai casi in cui era ammessa, secondo le leggi anteriori, la
celebrazione del matrimonio per procura. Art. 126 La disposizione del secondo
comma dell'art. 293 del nuovo codice è applicabile anche alle adozioni
costituite prima del 1° luglio 1939, a meno che siano state già impugnate ai
sensi dell'art. 205 del codice del 1865. Art. 127 Le disposizioni del codice
sulla revoca dell'adozione (Cod. Civ. 305 e seguenti) si applicano anche alle
adozioni costituite prima del 1° luglio 1939. Art. 128 (abrogato) Art. 129 Le
norme del codice in materia di tutela e di curatela (Cod. Civ. 344 e seguenti)
si applicano anche alle tutele e alle curatele che si sono aperte prima del 1°
luglio 1939. Tuttavia i tutori, i protutori e i curatori già nominati
conservano l'ufficio, salve le disposizioni degli artt. 383, 384 e 393 del codice,
e sempre che non ricorrano cause d'incapacità previste dal codice stesso (Cod.
Civ. 350, 393) Art. 130 La disposizione dell'art. 428 del codice e applicabile
anche se gli atti in essa contemplati sono stati compiuti prima del 1° luglio
1939. Art. 131 Le ipoteche legali sui beni del tutore iscritte a norma degli
artt. 292, 293 e 1969, n. 3, del codice del 1865 possono essere cancellate
quando il tutore ne fa istanza al giudice tutelare, il quale, se ordina la
cancellazione, provvede secondo l'art. 381 del nuovo codice. Sezione II
Disposizioni relative al Libro II Art. 132 L'erede col beneficio d'inventario
(Cod. Civ. 484) può promuovere la procedura di liquidazione ai sensi dell'art.
503 del codice anche se l'accettazione, è stata fatta prima del 21 aprile 1940.
Art. 133 La rinunzia all'eredità (Cod. Civ. 519) o al legato (Cod. Civ. 649),
fatta dopo il 21 aprile 1940, produce tutti gli effetti previsti dal codice,
ancorché si tratti di successione apertasi anteriormente a quella data (Cod.
Civ. 519 e seguenti). Art. 134 La disposizione dell'art. 528 del codice è
applicabile anche per le successioni apertesi prima del 21 aprile 1940, se il
chiamato non ha ancora accettato e non è nel possesso di beni ereditari.
L'obbligo del curatore di procedere alla liquidazione dell'eredità giacente
(Cod. Civ. 5302) incombe anche sui curatori già nominati, se, in caso di
opposizione dei creditori o legatari, il pretore ritiene opportuno disporre la
liquidazione. Art. 135 Le norme sulla riduzione delle donazioni (Cod. Civ. 555
e seguenti) sono applicabili anche alle donazioni fatte anteriormente al 21
aprile 1940, purché la successione si sia aperta dopo. Tali donazioni sono
soggette a riduzione, avuto riguardo alla misura dei diritti riservati ai
legittimari stabilita dal codice (Cod. Civ. 537 e seguenti). La medesima
disposizione si applica per le regole stabilite dal codice sulla collazione
(Cod. Civ. 737 e seguenti), sull'imputazione (Cod. Civ. 564) e sulla riunione
fittizia (Cod. Civ. 556). Tuttavia per le donazioni di beni mobili fatte
anteriormente al 21 aprile 1940, si tiene conto del valore risultante dalla
stima annessa all'atto di donazione. Art. 136 Le disposizioni degli artt. 580 e
594 del codice si applicano anche alle successioni apertesi prima del 21 aprile
1940, se i diritti dei figli naturali non riconoscibili o non riconosciuti non
sono stati definiti con sentenza passata in giudicato (Cod. Proc. Civ. 324) o
mediante convenzione. Possono inoltre valersi delle disposizioni degli artt.
580 e 594 i figli naturali che si trovano nelle condizioni previste dai nn. 1 e
4 dell'art. 269 del codice, ma che non possono ottenere la dichiarazione
giudiziale di paternità perché nati anteriormente al 1° luglio 1939 (Comma
dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale). I figli naturali indicati
dal comma precedente hanno facoltà di chiedere l'assegno vitalizio (Cod. Civ.
594) anche per le successioni già aperte, ma non oltre cinque anni prima del 21
aprile 1940; l'assegno in questo caso deve essere calcolato con riguardo allo
stato e al valore che i beni ereditari avevano a tale data. Art. 137 Non
possono essere promosse né proseguite azioni per la dichiarazione di nullità,
per vizio di forma, per incapacità a ricevere o per altre cause, di
disposizioni testamentarie e di donazioni che sono valide secondo il codice. La
nullità ammessa anche da questo non può essere pronunziata se non nei limiti da
esso previsti. Art. 138 Le condizioni di vedovanza (Cod. Civ. 636) ammesse
dall'ultimo comma dell'art. 850 del codice del 1865, relative alle successioni
apertesi prima del 21 aprile 1940, conservano la loro efficacia. Art. 139 I
diritti derivanti da una disposizione testamentaria sotto condizione sospensiva
si trasmettono agli eredi dell'onorato, se questi muore dopo il 21 aprile 1940
senza che la condizione si sia verificata. Art. 140 Ancorché la divisione sia
stata già effettuata, si applica la norma dell'art. 759 del codice, se
l'evizione ha luogo dopo il 21 aprile 1940. Art. 141 Le norme sulla revocazione
per ingratitudine (Cod. Civ. 801 e seguente) sono applicabili alle donazioni
anteriori, se la causa di revocazione si è verificata dopo il 21 aprile 1940.
Tuttavia la norma del secondo comma dell'art. 802 del codice è applicabile
anche se la causa di revocazione è anteriore. Sezione III Disposizioni relative
al Libro III Art. 142-149 (abrogati) Speciali XII, 3. Art. 150 Per l'acquisto
dei frutti al termine dell'usufrutto, se questo ha avuto inizio anteriormente
al 28 ottobre 1941, si osserva il disposto dell'art. 480 del codice del 1865.
Art. 151 Le disposizioni dell'art. 999 del codice si applicano anche alle
locazioni concluse dall'usufruttuario anteriormente al 28 ottobre 1941. Art.
152 Il diritto di ritenzione ammesso dagli artt. 1006 e 1011 del codice spetta
all'usufruttuario anche per le somme a lui dovute in dipendenza di
anticipazioni effettuate prima del 28 ottobre 1941. Art. 153 La disposizione
dell'art. 1023 del codice si applica anche ai diritti di uso e di abitazione
costituiti prima del 28 ottobre 1941. Art. 154 Se l'interclusione del fondo si
è verificata per effetto di vendita anteriore al 28 ottobre 1941, il compratore
non è tenuto a dare il passaggio senza indennità (Cod. Civ. 1054). Art. 155 Le
disposizioni concernenti la revisione dei regolamenti di condominio e la
trascrizione di essi (Cod. Civ. 1138) si applicano anche ai regolamenti formati
prima del 28 ottobre 1941. Cessano di avere effetto le disposizioni dei
regolamenti di condominio che siano contrarie alle norme richiamate nell'ultimo
comma dell'art. 1138 del codice e nell'art. 72 di queste disposizioni. Art. 156
I condomini costituiti in forma di società cooperativa possono conservare tale
forma di amministrazione. Ai rapporti di condominio negli edifici di
cooperative edilizie le quali godono del contributo dello Stato nel pagamento
degli interessi sui mutui si applicano le disposizioni delle leggi speciali.
Art. 157 Per i diritti spettanti al possessore, all'usufruttuario o
all'enfiteuta a causa di riparazioni, di miglioramenti o di addizioni eseguite
anteriormente al 28 ottobre 1941 si applicano le norme del codice del 1865,
salvo quanto è stabilito dall'art. 152 di queste disposizioni. Art. 158 Il
termine per l'usucapione delle servitù discontinue apparenti (Cod. Civ. 1061)
comincia a decorrere dal 28 ottobre 1941. La disposizione dell'art. 1075 del
codice si applica se la prescrizione del modo della servitù non si è compiuta
prima del 28 ottobre 1941. Sezione IV Disposizione relative al Libro IV Art.
159 Il luogo in cui devono essere adempiute le obbligazioni che scadono dopo
l'entrata in vigore del codice si determina in conformità dell'art. 1182 del
codice stesso, anche se si tratta di obbligazioni sorte anteriormente. Art. 160
Le disposizioni del codice relative alla mora del creditore (Cod. Civ. 1206 e
seguenti), all'inadempimento e alla mora del debitore (1218 e seguenti) si
applicano anche se si tratta di obbligazione sorta prima dell'entrata in vigore
del codice stesso, se l'offerta di pagamento sia stata compiuta ovvero
l'inadempimento o la mora si sia verificato posteriormente. Art. 161 I crediti
di somme di danaro che siano divenuti esigibili prima dell'entrata in vigore
del nuovo codice (Cod. Civ. 1282), producono, da questa data, interessi di
pieno diritto, anche se tale effetto non si verificava secondo le disposizioni
del codice del 1865. Gli interessi legali che si maturano dopo la data predetta
devono essere computati al saggio stabilito dall'art. 1284 del nuovo codice.
Art. 162 La disposizione dell'art. 1283 del codice si applica anche se si
tratta di obbligazioni sorte anteriormente all'entrata in vigore del codice
stesso, quando gli interessi sono dovuti per almeno sei mesi. Art. 163 Il
giudice può ridurre la penale manifestamente eccessiva (Cod. Civ. 1384) anche
se il contratto sia stato concluso anteriormente all'entrata in vigore del
codice e anche se il pagamento della penale sia stato giudizialmente domandato
e il giudizio sia pendente alla data suddetta. Art. 164 Le disposizioni del
secondo e terzo comma dell'art. 1385 del codice si applicano anche se il
contratto sia stato concluso anteriormente al giorno dell'entrata in vigore del
codice stesso, e anche se a tale data sia stato già iniziato il giudizio e
questo sia tuttora pendente. Art. 165 Gli effetti dell'annullamento (Cod. Civ.
1445) o della risoluzione (Cod. Civ. 1453) dei contratti rispetto ai terzi sono
regolati dalle disposizioni del codice civile del 1865 se la domanda sia stata
proposta anteriormente all'entrata in vigore del nuovo codice. Art. 166 Per le
vendite immobiliari stipulate anteriormente all'entrata in vigore del codice,
la rescissione a causa di lesione e regolata dalle disposizioni del codice del
1865. Art. 167 Le disposizioni dell'art. 1462 del codice si applicano anche se
la clausola ivi prevista sia inserita in un contratto stipulato prima del
giorno dell'entrata in vigore del codice stesso, quando l'eccezione del
debitore sia opposta dopo o, se proposta prima, il relativo giudizio sia ancora
pendente alla data predetta. Art. 168 Le disposizioni relative agli effetti
dell'eccessiva onerosità sopravvenuta (Cod. Civ. 1467 e seguenti) si applicano
anche per i contratti conclusi prima dell'entrata in vigore del codice se le
circostanze e gli avvenimenti da cui deriva l'eccessiva onerosità si siano
verificati dopo. Art. 169 Le disposizioni che regolano le conseguenze del
sopravvenuto mutamento nelle condizioni patrimoniali del debitore (Cod. Civ.
1461) si applicano anche quando si tratti di contratti anteriori all'entrata in
vigore del codice, se il mutamento si avveri posteriormente. Art. 170 Le
disposizioni del secondo comma dell'art. 1473 del codice si applicano anche ai
contratti di vendita conclusi anteriormente all'entrata in vigore del codice
stesso, se il rifiuto o l'impedimento del terzo ad accettare l'incarico si
verificano dopo. Art. 171 Le disposizioni degli artt. 1478, 1479 e 1480 del
codice si applicano anche ai contratti di vendita conclusi anteriormente al
giorno dell'entrata in vigore di esso, se a tale data non ne era stato
domandato in giudizio l'annullamento. Art. 172 Le disposizioni che impongono la
denuncia dei vizi o della mancanza di qualità della cosa venduta e stabiliscono
i termini per farla (Cod. Civ. 1495 e seguenti), si applicano anche se il
contratto sia stato concluso anteriormente all'entrata in vigore del codice,
purché la consegna o il ricevimento della cosa abbiano avuto luogo
posteriormente. Art. 173 Le disposizioni relative al riscatto convenzionale nel
contratto di vendita tranne quella del primo comma dell'art. 1501, si applicano
anche ai contratti conclusi anteriormente all'entrata in vigore del codice
quando il diritto di riscatto venga esercitato posteriormente. Art. 174 Le
disposizioni dell'art. 1512 del codice si applicano ai contratti di vendita
anteriori all'entrata in vigore di esso se il difetto di funzionamento sia
scoperto posteriormente. Art. 175 Qualora secondo le leggi anteriori i
contratti di vendita di cose mobili con riserva di proprietà fossero opponibili
ai creditori o ai terzi aventi causa dal compratore indipendentemente dai
requisiti prescritti dall'art. 1524 del codice, le formalità relative,
trattandosi di contratti conclusi anteriormente al giorno dell'entrata in
vigore di esso, devono essere adempiute entro tre mesi dalla data medesima. In
mancanza, la riserva di proprietà non può essere opposta ai creditori del
compratore che abbiano pignorato la cosa e ai terzi aventi causa dal medesimo
che abbiano acquistato diritti sulla cosa stessa posteriormente alla data
anzidetta. Art. 176 Le disposizioni degli artt. 1525 e 1526 del codice si
applicano ai contratti conclusi anteriormente al giorno dell'entrata in vigore
di esso e anche se la risoluzione per inadempimento sia stata giudizialmente
domandata e il giudizio sia tuttora pendente alla data suddetta. Art. 177 Le
disposizioni degli artt. 1531, secondo comma e 1550, secondo comma, del codice,
relative all'esercizio del diritto di voto, si applicano anche ai contratti di
vendita a termine o di riporto di titoli di credito, che siano in corso di
esecuzione all'entrata in vigore del codice stesso. Art. 178 La prescrizione
stabilita dall'art. 1541 del codice si applica anche se si tratta di contratto
di vendita anteriore alla data dell'entrata in vigore del codice stesso qualora
la consegna dell'immobile sia stata eseguita posteriormente e al momento della
consegna non sia già decorso il termine stabilito dall'art. 1478 del codice del
1865. Art. 179 I patti di preferenza previsti dall'art. 1566 del codice che
alla data dell'entrata in vigore di questo devono ancora durare oltre cinque
anni, sono validi nei limiti di un quinquennio computabile da tale data. Le
modalità per l'esercizio del diritto di preferenza stabilite dal secondo comma
dell'art. 1566 predetto, si osservano se l'esercizio medesimo ha luogo dopo
l'entrata in vigore del codice, anche se il patto sia stato stipulato
anteriormente. Art. 180 I rapporti di locazione in corso al giorno dell'entrata
in vigore del nuovo codice sono regolati dal codice del 1865. Tuttavia si
applicano, con effetto da tale data, le disposizioni del nuovo codice
dichiarate inderogabili, o che siano comunque di ordine pubblico, e tutte le
altre che regolano fatti o situazioni non previste specificamente dalla legge
anteriore. Art. 181 Le disposizioni degli artt. 1665, 1666, 1667 e 1668 del
codice si applicano anche per i contratti anteriori, se l'opera o singole
partite di essa siano compiute o comunque alla loro consegna si addivenga dopo
l'entrata in vigore del codice stesso. Art. 182 Le disposizioni dell'art. 1694
e della seconda parte dell'art. 1698 del codice si osservano anche se il
contratto sia anteriore all'entrata in vigore del codice stesso. Art. 183 Le
disposizioni degli artt. 1706 e 1707 del codice si applicano anche se il
mandato sia stato conferito anteriormente all'entrata in vigore del codice
stesso. Art. 184 Le cause di estinzione del mandato (Cod. Civ. 1722 e seguenti)
sono regolate dal codice se si verificano dopo l'entrata in vigore di questo,
anche se si tratta di mandato conferito anteriormente. Art. 185 La disposizione
del secondo comma dell'art. 1815 del codice si applica anche se il contratto di
mutuo sia anteriore all'entrata in vigore del codice stesso. Art. 186 Il
creditore di una rendita e di ogni altra prestazione annua costituita
anteriormente all'entrata in vigore del nuovo codice, può pretendere dal
debitore il rilascio di un nuovo documento secondo la disposizione dell'art.
1870 del codice stesso, ma il termine di nove anni decorre dall'entrata in
vigore di questo se non scada prima il termine di ventotto anni stabilito
dall'art. 2136 del codice del 1865. Art. 187 Le disposizioni degli artt. 1888,
secondo e terzo comma, 1889, 1902, 1903, secondo comma, 1930 e 1931 del codice
si applicano anche ai contratti in corso. Si applicano parimenti ai contratti suddetti
le disposizioni degli artt. 1897, 1898 e 1926, quando le modificazioni del
rischio da esse previste si verificano dopo l'entrata in vigore del codice, la
disposizione del secondo comma dell'art. 1899, se la proroga tacita non e già
avvenuta anteriormente all'entrata in vigore medesima, le disposizioni
dell'art. 1901 relativamente ai premi che scadono dopo l'entrata in vigore
medesima, le disposizioni degli artt. 1914, secondo comma e 1915, secondo
comma, per i sinistri verificatisi dopo l'entrata in vigore medesima. Art. 188
Le disposizioni dell'art. 1921 del codice si applicano alle dichiarazioni di
revoca posteriori all'entrata in vigore di esso, anche se il contratto di
assicurazione sia stato concluso anteriormente. Qualora i fatti che producono la
decadenza del beneficiario o che autorizzano la revoca del beneficio si siano
verificati dopo l'entrata in vigore predetta, si applicano le disposizioni
dell'art. 1922 del codice, anche se il contratto di assicurazione sia
anteriore. Art. 189 Le disposizioni del primo comma dell'art. 1943 del codice
si osservano quando la presentazione del fideiussore avviene posteriormente
all'entrata in vigore del codice stesso, anche se l'obbligazione di dare un
fideiussore sia sorta anteriormente. La disposizione del precedente comma non
si applica se l'obbligazione di dare un fideiussore deriva da un contratto.
Art. 190 La disposizione dell'art. 1957 del codice si applica anche alle
fideiussioni anteriori all'entrata in vigore del codice stesso se
l'obbligazione principale scade dopo. Se l'obbligazione è già scaduta, il
termine di sei mesi stabilito dal primo comma dell'art. 1957 decorre
dall'entrata in vigore suddetta. Art. 191 La disposizione del secondo comma
dell'art. 1962 del codice si applica anche ai contratti di anticresi anteriori,
ma il termine di dieci anni decorre dall'entrata in vigore del codice stesso.
Art. 192 Il debitore può valersi della facoltà accordatagli dall'art. 1964 del
codice, anche se il contratto di anticresi sia anteriore all'entrata in vigore
del codice stesso. Art. 193 Le disposizioni degli artt. 1979, 1980, 1982, 1983,
1984 e 1985 del codice si applicano anche ai contratti di cessione dei beni ai
creditori, conclusi anteriormente all'entrata in vigore di esso. Art. 194 Le
disposizioni degli artt. 2045, 2057 e 2058 del codice si applicano anche se i
fatti da cui deriva la responsabilità del loro autore sono avvenuti
anteriormente all'entrata in vigore del codice stesso. Sezione V Disposizioni
relative al Libro V Art. 195 Le disposizioni contenute nelle sezioni III e IV
del capo I del titolo II del libro V del codice (Cod. Civ. 2096 e seguenti) e
quelle contenute ne))e sezioni ll, III, IV e V de) capo 11 dello stesso titolo
(Cod. Civ. 2141 e seguenti) si applicano anche ai rapporti in corso al momento
dell'entrata in vigore del codice, salvo quanto e stabilito negli articoli
seguenti. Art. 196 Nei contratti di lavoro a tempo determinato in corso al
giorno dell'entrata in vigore del codice, che devono ancora durare per un
periodo superiore a quello indicato dall'ultimo comma dell'art. 2097 (ora
abrogato) del codice stesso, il prestatore di lavoro può recedere dal
contratto, decorso il quinquennio o il decennio dal giorno suddetto. Art. 197
Le rinunzie e le transazioni successive alla cessazione del rapporto di lavoro
previste dall'art. 2113 del codice, che hanno avuto luogo nei tre mesi
anteriori all'entrata in vigore del codice, sono impugnabili a norma
dell'articolo medesimo, e il termine per l'impugnazione decorre dalla data
predetta. Art. 198 I patti di non concorrenza previsti dall'art. 2125 del
codice, che al giorno dell'entrata in vigore del codice devono ancora durare
per un periodo superiore a quello stabilito nell'articolo stesso, sono efficaci
per il periodo previsto nella detta disposizione a decorrere dalla data
predetta. Art. 199 L'inabilitato, che al giorno dell'entrata in vigore del
codice esercita un'impresa commerciale, non può continuarla se non con
l'autorizzazione prevista dall'art. 425 del codice stesso. Questa
autorizzazione produce effetto fin dal detto giorno qualora sia pubblicata,
secondo le nuove disposizioni, entro tre mesi successivi. Art. 200 Le
disposizioni del codice, relative alla tenuta delle scritture contabili (Cod.
Civ. 2214 e seguenti) e alla redazione del bilancio (Cod. Civ. 2217, 2423 e
seguenti) per gli imprenditori che esercitano un'attività commerciale (Cod.
Civ. 2195) e per le società soggette a registrazione (Cod. Civ. 2200),
entreranno in vigore il 1° gennaio 1943. Fino a tale data le scritture
contabili si considerano regolarmente tenute a tutti gli effetti previsti dal
codice in quanto siano regolarmente tenute secondo le leggi anteriori. Fino
all'attuazione delle disposizioni relative al registro delle imprese (99), la
numerazione, la bollatura e la vidimazione dei libri contabili prescritte dal
codice saranno eseguite dal cancelliere del tribunale o della pretura, o da un
notaio secondo le leggi anteriori, e le relative richieste dovranno essere
annotate nel registro dei libri di commercio istituito presso la cancelleria
del tribunale a norma delle leggi anteriori. Art. 201 Ai contratti d'opera
stipulati prima dell'entrata in vigore del codice non si applica la decadenza
prevista nel secondo comma dell'art. 2226 del codice, salvo che la consegna
dell'opera avvenga posteriormente all'entrata in vigore del codice stesso. Art.
202 Le disposizioni contenute nel capo II del titolo III del libro V del codice
(Cod. Civ. 2229 e seguenti) si applicano anche ai rapporti di prestazione
d'opera intellettuale in corso al giorno dell'entrata in vigore del codice
stesso, salva l'osservanza delle leggi speciali. Art. 203 Le disposizioni
contenute nel capo II del titolo IV del libro V del codice (Cod. Civ. 2240 e
seguenti) si applicano anche ai rapporti di lavoro domestico in corso al giorno
dell'entrata in vigore del codice stesso. Art. 204 Le società civili a tempo
determinato, esistenti al giorno dell'entrata in vigore del codice, continuano
ad essere soggette alle leggi anteriori per la durata del contratto, purché questa
risulti da atto scritto di data anteriore al 27 febbraio 1942. Le società
civili a tempo indeterminato e quelle, il cui termine di durata non risulta da
atto scritto di data anteriore al 27 febbraio 1942, sono soggette alle norme
del codice sulle società semplici (Cod. Civ. 2251 e seguenti) a partire dal 1°
luglio 1945. Tuttavia anche dopo tale data le obbligazioni sociali sorte
antecedentemente alla data suddetta sono regolate dalle disposizioni delle
leggi anteriori. Alle società civili costituite in forma di società per azioni,
esistenti al giorno dell'entrata in vigore del codice, si applicano le
disposizioni relative a questo tipo di società (205 e seguenti; Cod. Civ. 2325
e seguenti). Art. 205 Le società commerciali (Cod. Civ. 2195) e le società cooperative,
esistenti al giorno dell'entrata in vigore del codice, ma non legalmente
costituite secondo le leggi anteriori, devono adempiere, entro il 31 dicembre
1942, le formalità stabilite dal codice secondo le norme dettate dall'art. 100
di queste disposizioni. Art. 206 Le società commerciali e le società
cooperative, legalmente costituite al giorno dell'entrata in vigore del codice,
devono provvedere ad uniformare l'atto costitutivo e lo statuto alle nuove
disposizioni entro il 30 giugno 1945. Fino a questa data le disposizioni
dell'atto costitutivo e dello statuto, in vigore al momento dell'attuazione del
codice, conservano la loro efficacia, anche se non sono a questo conformi,
salve le norme degli articoli seguenti. Art. 207 Non è necessario il consenso
del socio receduto o degli eredi del socio defunto, richiesto dal secondo comma
dell'art. 2292 del codice, se il socio è receduto o defunto almeno un anno
prima dell'entrata in vigore del codice stesso, ed il suo nome è stato
conservato nella ragione sociale senza opposizione del socio receduto o degli
eredi del socio defunto. Art. 208 L'incapace, che sia socio di una società in
nome collettivo o socio accomandatario di una società in accomandita, deve
ottenere le autorizzazioni previste dagli artt. 320, 371, 397, 424 e 425 del
codice entro tre mesi dall'entrata in vigore di questo. Se entro tale termine
non sono state ottenute le autorizzazioni prescritte, l'incapace può essere
escluso a norma dell'art. 2286 del codice. Art. 209 Hanno immediata applicazione
con l'entrata in vigore del codice, anche per le società esistenti a tale data,
nonostante ogni contraria disposizione dell'atto costitutivo o dello statuto,
gli artt. 2357 a 2362, 2367, 2373, 2377 a 2379, 2389, 2391 a 2396, 2398 a 2409,
2422 e 2446, nonché le disposizioni del titolo XI del libro V del codice (Cod.
Civ. 2621 e seguenti). Le società, che anteriormente al giorno dell'entrata in
vigore del codice hanno investito in tutto o in parte il proprio capitale in
difformità delle disposizioni degli artt. 2359 e 2360, devono uniformarsi alle
disposizioni stesse entro il 30 giugno 1945. Art. 210 L'emissione di
obbligazioni da parte di società per azioni, esistenti al giorno dell'entrata
in vigore del codice, è regolata dalle nuove disposizioni (Cod. Civ. 2410 e
seguenti). Gli artt. 2415, 2416, 2417, 2418, 2419 e 2420 del codice si
applicano anche alle obbligazioni emesse anteriormente alla suddetta data. Art.
211 Le modificazioni dell'atto costitutivo e dello statuto delle società
commerciali e delle società cooperative, esistenti al giorno dell'entrata in
vigore del codice, nonché la trasformazione e la fusione delle società stesse
sono regolate dalle nuove disposizioni (Cod. Civ. 2300, 2306, 2307, 2436 e
seguenti, 2470, 2494 e seguenti, 2537, 2498-2504). Art. 212 Le azioni a voto
plurimo, esistenti al 27 febbraio 1942, nonché quelle emesse a norma
dell'ultimo comma, potranno essere conservate per tutta la durata della società
emittente prevista dall'atto costitutivo o dalle modificazioni di questo anteriori
alla data suindicata. Dalla data predetta sono vietate anche per le società
esistenti le emissioni di azioni a voto plurimo (Cod. Civ. 23513). Sono nulle
altresì le deliberazioni con le quali si attribuisce alle azioni a voto plurimo
esistenti un maggior numero di voti. Le disposizioni del comma precedente non
si applicano alle azioni a voto plurimo, emesse in occasione di aumenti di
capitale deliberati prima dell'entrata in vigore del codice e dirette a
mantenere inalterato il rapporto tra le varie categorie di azioni. Art. 213
Salvo contraria disposizione dell'atto costitutivo o dello statuto, la durata
dell'ufficio degli amministratori delle società esistenti al giorno
dell'entrata in vigore del codice, resta regolata dalla legge anteriore sino al
30 giugno 1945. Gli amministratori in carica a questa data decadono
dall'ufficio alla prima scadenza, per decorrenza del termine, di uno o più
amministratori, successiva alla data stessa, salva la disposizione del secondo
comma dell'art. 2385 del codice. Art. 214 Le disposizioni dell'art. 2387 del
codice non si applicano agli amministratori in carica al giorno dell'entrata in
vigore del codice stesso per la durata della loro nomina. Art. 215 Le società
per azioni, che al giorno dell'entrata in vigore del codice hanno un capitale
non inferiore a cinquecentomila lire, possono conservare la forma della società
per azioni per il tempo stabilito per la loro durata antecedentemente al 27
febbraio 1942. Le società per azioni, che al giorno dell'entrata in vigore del
codice, hanno un capitale inferiore a cinquecentomila lire e che entro il 30
giugno 1945 non abbiano provveduto a conformarsi a uno dei tipi sociali
previsti dal codice, sono sciolte, e gli amministratori devono entro un mese
convocare l'assemblea per le deliberazioni relative alla liquidazione secondo
le norme stabilite dal codice stesso. Art. 216 Le società a garanzia limitata,
esistenti al giorno dell'entrata in vigore del codice nella Venezia Giulia e
Tridentina, a norma del Rd 4 novembre 1928, n. 2325, se non hanno provveduto a
conformarsi al codice entro il 30 giugno 1945, sono soggette a decorrere dal 1°
luglio 1945 alle nuove disposizioni sulle società a responsabilità limitata
(Cod. Civ. 2472 e seguenti). Art. 217 Le società cooperative in nome collettivo
e quelle per azioni, esistenti al giorno dell'entrata in vigore del codice,
sono soggette alle disposizioni dettate dal codice stesso rispettivamente per
le società cooperative a responsabilità illimitata e per le società cooperative
a responsabilità limitata, salvo quanto disposto dagli artt. 206 e seguenti di
queste disposizioni. Le società cooperative in accomandita, esistenti al giorno
dell'entrata in vigore del codice che entro il 30 giugno 1945 non abbiano
provveduto a conformarsi al medesimo, devono essere poste in liquidazione. Le
disposizioni di questo articolo si applicano anche ai consorzi conservati in
vigore nella Venezia Giulia e Tridentina a norma del primo comma dell'art. 41
del RD. 4 novembre 1928, n. 2325. Art. 218 Le società commerciali e
cooperative, poste in liquidazione con atto pubblicato nel foglio degli annunzi
legali prima dell'entrata in vigore del codice, sono liquidate secondo le leggi
anteriori. Le società commerciali e cooperative, poste in liquidazione con atto
pubblicato nel foglio degli annunzi legali dopo l'entrata in vigore del codice,
sono liquidate secondo le nuove disposizioni. Art. 219 I rapporti di
associazione in partecipazione (Cod. Civ. 2549 e seguenti) costituiti
anteriormente all'entrata in vigore del codice sono regolati dalle leggi
anteriori. Art. 220 La disposizione del secondo comma dell'art. 2560 del codice
non si applica ai trasferimenti di azienda anteriori all'entrata in vigore del
codice. Art. 221 L'imprenditore deve, entro il 30 giugno 1945, uniformare alla
disposizione dell'art. 2563 del codice la ditta costituita anteriormente
all'entrata in vigore del codice stesso. Art. 222 La disposizione dell'art.
2596 del codice non si applica ai patti limitativi della concorrenza conclusi
anteriormente al 27 febbraio 1942. Tuttavia i patti limitativi della
concorrenza, conclusi prima del 27 febbraio 1942 per tempo indeterminato, o che
alla data di entrata in vigore del codice devono ancora durare per oltre cinque
anni, hanno efficacia entro i limiti di un quinquennio da quest'ultima data
Art. 223 I contratti di consorzio prevista dal capo II del titolo X del libro V
del codice, stipulati anteriormente all'entrata in vigore del codice stesso,
sono soggetti alle nuove disposizioni a partire dal 1° luglio 1945. Entro il 30
giugno 1945 tali contratti devono essere uniformati alle disposizioni stesse:
le relative deliberazioni sono prese con il voto favorevole della maggioranza
dei consorziati e possono essere impugnate davanti all'autorità giudiziaria dai
consorziati assenti o dissenzienti entro trenta giorni dalla data della
deliberazione. In mancanza il consorzio e sciolto. Sezione VI Disposizioni
relative al Libro VI Art. 224 Salvo quanto è disposto dagli articoli seguenti,
la trascrizione di un atto, eseguita in conformità delle leggi anteriori a
effetti diversi da quelli stabiliti dal codice, produce gli effetti previsti
dal codice stesso, a decorrere dal giorno dell'entrata in vigore di questo.
Art. 225 Le disposizioni del codice che regolano gli effetti dell'omissione
della trascrizione o dell'annotazione (Cod. Civ. 2644 e seguenti, 2843) non si
applicano agli atti anteriori all'entrata in vigore del codice stesso, per i
quali la trascrizione non era richiesta secondo le leggi precedenti o era
richiesta a effetti diversi (242). Art. 226 La trascrizione delle domande
giudiziali prevista dagli artt. 2652 e 2653 del codice, anche se eseguita prima
dell'entrata in vigore di questo, non pregiudica in nessun caso i diritti
acquistati dai terzi prima di tale entrata in vigore, se essi erano fatti salvi
dalle leggi anteriori. Art. 227 Le disposizioni del codice, secondo le quali la
trascrizione di una domanda giudiziale eseguita oltre un certo termine non
pregiudica i diritti acquistati dai terzi (Cod. Civ. 2652), non si applicano ai
diritti che sono stati acquistati anteriormente all'entrata in vigore del
codice stesso e che non erano fatti salvi dalle leggi anteriori, a meno che i
diritti medesimi siano resi pubblici prima della trascrizione della domanda e
il termine stabilito dal codice per la loro salvezza sia decorso dal giorno
dell'entrata in vigore di questo. Art. 228 La trascrizione del testamento o del
certificato di denunciata successione, eseguita a norma delle leggi anteriori,
produce dal giorno dell'entrata in vigore del codice gli stessi effetti che
questo attribuisce alla trascrizione dell'accettazione dell'eredità (Cod. Civ.
2648). Art. 229 Le disposizioni degli artt. 2650 e 2834 del codice relative
all'ipoteca legale a favore del condividente non si applicano alle divisioni
stipulate prima dell'entrata in vigore del codice stesso, ancorché trascritte
successivamente. Art. 230 Salvo quanto è disposto dai successivi artt. 231 e
232, le norme del RD. 28 marzo 1929, n. 499, e della legge sui libri fondiari
nel testo allegato al decreto medesimo, fino a che non sarà provveduto al loro
coordinamento con le disposizioni del codice, continuano ad avere vigore nei
territori delle nuove province, e in luogo delle disposizioni del codice del
1865 s'intendono richiamate le corrispondenti disposizioni del nuovo codice.
Art. 231 Formano oggetto di annotazione, secondo le disposizioni della legge
sui libri fondiari, anche: gli atti menzionati dai nn. 10, 11 e 12 dell'art.
2643 del codice agli effetti previsti dall'art. 19 della legge sui libri
fondiari; gli atti di costituzione del patrimonio familiare agli effetti
previsti dalle disposizioni del codice (Cod. Civ. 169, 2647); la cessione dei
beni ai creditori (Cod. Civ. 1977 e seguenti) agli effetti previsti dalle
disposizioni del codice stesso (Cod. Civ. 2649); le domande e gli atti indicati
dagli artt. 2652 e 2653 del codice agli effetti disposti dagli articoli
medesimi, in quanto non siano incompatibili con gli effetti stabiliti dalla
legge sui libri fondiari. Art. 232 L'annotazione del vincolo dotale e della
comunione dei beni tra coniugi prevista dall'art. 19, lett. c, della legge sui
libri fondiari o l'omissione dell'annotazione medesima produce dal giorno
dell'entrata in vigore del codice gli effetti da questo stabiliti (Cod. Civ.
2647). Art. 232 bis A decorrere dal 25 novembre 1973, la responsabilità per
danni del conservatore dei registri immobiliari è regolata dalle norme relative
agli impiegati civili dello Stato, salvo che per i rapporti definiti con
sentenza passata in giudicato, con transazione, o comunque esauriti. Art. 233
Le disposizioni del codice relative alle prove (Cod. Civ. 2697 e seguenti si
applicano anche nei giudizi pendenti, se non e stata pronunziata sentenza
definitiva, ancorché di primo grado. La prova testimoniale (Cod. Civ. 2721 e
seguenti; Cod. Proc. Civ. 244) per gli atti eseguiti anteriormente all'entrata
in vigore del codice rimane tuttavia ammissibile anche nei casi in cui non è da
questo consentita, se essa poteva essere ammessa a norma del Codice Civile del
1865 o del codice di commercio del 1882. Art. 234 Le disposizioni del codice
relative ai diritti dei creditori privilegiati, all'ordine dei privilegi e
all'efficacia di questi rispetto al pegno, alle ipoteche e agli altri diritti
reali (Cod. Civ. 2745 e seguenti) si osservano anche per i privilegi sorti
anteriormente all'entrata in vigore del codice stesso, se sono fatti valere
posteriormente. Art. 235 La disposizione dell'art. 2767 del codice si applica
anche ai crediti per risarcimento sorti prima dell'entrata in vigore del codice
stesso, se l'indennità dovuta dall'assicuratore non è stata ancora corrisposta.
Art. 236 Quando un credito al quale le leggi speciali attribuiscono il
privilegio del creditore pignoratizio viene in concorso con i crediti indicati
dall'art. 2778 del codice, esso è preferito a quelli di cui ai nn. 12 e
seguenti dello stesso articolo e posposto agli altri. Art. 237 Se il pegno è
stato costituito anteriormente all'entrata in vigore del codice, le condizioni
per l'efficacia della prelazione sono determinate dalle leggi anteriori. Si
osservano invece le disposizioni del codice per ciò che concerne i poteri e gli
obblighi del creditore pignoratizio (Cod. Civ. 2800 e seguenti). Continua
tuttavia ad applicarsi la disposizione del secondo comma dell'art. 1888 del
codice del 1865, se il secondo credito è divenuto esigibile anteriormente
all'entrata in vigore del nuovo codice. Art. 238 L'opponibilità ai creditori
ipotecari dei diritti costituiti sulla cosa ipotecata e delle cessioni o
liberazioni di pigioni o di fitti è regolata dalle disposizioni del codice
(Cod. Civ. 2812), quantunque si tratti di diritti sorti o di cessioni o
liberazioni effettuate anteriormente all'entrata in vigore del codice stesso,
sempre che il pignoramento sia eseguito posteriormente. Art. 239 Le
disposizioni dell'art. 2825 del codice si applicano anche alle ipoteche
costituite e alle cessioni effettuate anteriormente all'entrata in vigore del
codice stesso, se la divisione ha luogo posteriormente. Art. 240 Le ipoteche
iscritte prima dell'entrata in vigore del codice conservano la loro efficacia
per venti anni dall'entrata in vigore del codice stesso, a meno che per la
cessazione di tale efficacia (Cod. Civ. 2847), secondo le disposizioni del
codice del 1865, rimanga a decorrere un termine più breve. Art. 241 La
disposizione dell'ultimo comma dell'art. 2855 del codice non si applica alle
ipoteche iscritte prima dell'entrata in vigore del codice stesso. L'estensione
degli effetti dell'iscrizione continua a essere regolata dalle leggi anteriori.
Art. 242 Le disposizioni del codice, secondo le quali l'esercizio di
determinate facoltà del terzo acquirente dell'immobile ipotecato è subordinato
alla trascrizione del titolo (Cod. Civ. 2858 e seguenti), non si applicano a
coloro il cui acquisto e anteriore all'entrata in vigore del codice stesso, se
a norma del codice del 1865 la trascrizione non era a quell'effetto richiesta.
Art. 243 Le disposizioni degli artt. 2872, secondo comma, e 2873, secondo e
terzo comma, del codice si applicano anche alle ipoteche iscritte anteriormente
all'entrata in vigore del codice stesso. Art. 244 Se il processo di liberazione
dei beni dalle ipoteche (Cod. Civ. 2889 e seguenti; Cod. Proc. Civ. 795) è in
corso all'entrata in vigore del codice, esso prosegue secondo le norme delle
leggi anteriori, ma, per quanto concerne l'espropriazione, si osservano le
disposizioni dell'art. 222 delle norme di attuazione e transitorie relative al
codice di procedura civile, approvate con Rd 18 dicembre 1941, n. 1368. Art.
245 Gli effetti del sequestro conservativo (Cod. Civ. 2906) e del pignoramento
(Cod. Civ. 2912 e seguenti) eseguiti anteriormente all'entrata in vigore del
nuovo codice sono determinati dalle disposizioni del codice del 1865. Art. 246
Le disposizioni dell'art. 2932 del codice si applicano anche se l'obbligo di
concludere il contratto è sorto anteriormente all'entrata in vigore del codice
stesso, purché l'inadempimento si verifichi posteriormente. Art. 247 Cessano di
avere effetto dalla data dell'entrata in vigore del codice le cause di
sospensione della prescrizione che non sono da questo ammesse (Cod. Civ. 2941 e
seguenti). Art. 248 Rimangono immutate le disposizioni vigenti circa il termine
della prescrizione nei riguardi dei buoni del tesoro ordinari e pluriennali,
dei titoli del debito pubblico, delle cartelle della sezione autonoma del
credito comunale e provinciale, dei libretti postali di risparmio, dei buoni
postali fruttiferi e di quelli della cassa depositi e prestiti. Rimangono parimenti
immutate le disposizioni delle leggi speciali che stabiliscono termini di
prescrizione diversi da quello ordinario (Cod. Civ. 2946). Capo III
Disposizioni generali e finali Art. 249-250 (abrogati) Art. 251 Quando nel
codice o in queste disposizioni si fa riferimento a istituti di credito (76),
in detta espressione s'intendono comprese, oltre l'istituto d'emissione, le
imprese autorizzate e controllate, a norma delle leggi vigenti,
dall'ispettorato per la difesa del risparmio e per l'esercizio del credito.
Art. 252 Quando per l'esercizio di un diritto ovvero per la prescrizione o per
l'usucapione il codice stabilisce un termine più breve di quello stabilito
dalle leggi anteriori, il nuovo termine si applica anche all'esercizio dei
diritti sorti anteriormente e alle prescrizioni e usucapioni in corso, ma il
nuovo termine decorre dal 1° luglio 1939 se esso è stabilito dal I libro del
codice, dal 21 aprile 1940, se è stabilito dal II libro, dal 28 ottobre 1941 se
è stabilito dal III libro e dall'entrata in vigore del codice stesso se è
stabilito dagli altri libri, purché, a norma della legge precedente, non
rimanga a decorrere un termine minore. La stessa disposizione si applica in
ogni altro caso in cui l'acquisto di un diritto è subordinato al decorso di un
termine più breve di quello stabilito dalle leggi anteriori. Art. 253 Le
trascrizioni e le annotazioni di vincolo previste dal codice e da queste
disposizioni, quando si tratta di rendite del debito pubblico o di altri beni
per i quali leggi speciali stabiliscano determinate forme di pubblicità, si
eseguono con l'osservanza di dette leggi. Art. 254 I modelli dei registri delle
persone giuridiche, delle legittimazioni, per decreto del Presidente della
Repubblica, delle adozioni, delle tutele e curatele, delle successioni e di
quello previsto dal secondo comma dell'art. 1524 del codice sono determinati
con decreto del Ministro di grazia e giustizia. Art. 255 Per la tenuta del
registro previsto dal secondo comma dell'art. 1524 del codice e per le formalità
della trascrizione, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni degli
artt. 2658, primo comma, 2659, 2664 2673, 2677 e 2680, primo, secondo e quarto
comma del codice stesso. Le trascrizioni devono essere eseguite giornalmente al
momento della presentazione della nota e dell'atto da trascriversi. Il numero
d'ordine della trascrizione è quello progressivo del registro delle
trascrizioni. Il cancelliere deve formare un fascicolo per ogni trascrizione
secondo le disposizioni stabilite per i fascicoli di cancelleria dall'art.
36del Rd 18 dicembre 1941, n. 1368. Art. 256 Quando nelle leggi e nei
regolamenti sono richiamate le disposizioni del Codice Civile del 1865 e del
codice di commercio del 1882 s'intendono richiamate le disposizioni
corrispondenti del nuovo codice.